introduzione - Retorica Biblica e Semitica

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introduzione - Retorica Biblica e Semitica
Roland MEYNET, L’analisi retorica, BiBi(B) 8, Queriniana, Brescia 1992, p. 13-18.
INTRODUZIONE
Il termine «analisi retorica» è recentissimo: in Francia ha appena compiuto dieci
anni1. Non è molto più anziano nel mondo anglosassone, poiché solo dieci anni prima
James Muilenburg aveva proposto il termine equivalente di rhetorical criticism. Nel
suo intervento del 18 dicembre 1968 al congresso annuale della Society of Biblical
Literature, tenutosi presso l’università di California (Berkeley), egli dichiarava: «Ciò
che m’interessa prima di tutto è capire la natura della composizione letteraria ebraica,
aggiornare le strutture utilizzate per modellare un’unità letteraria, sia essa in poesia o in
prosa, e distinguere i numerosi e svariati mezzi con cui si esprimono e si organizzano in
un tutto coerente i discorsi. Qualificherò come retorica questa impresa e chiamerò la
metodologia corrispondente analisi retorica (rhetorical criticism)»2.
L’analisi retorica americana che si rifà a Muilenburg è in verità cosa assai diversa da
ciò che noi abbiamo chiamato «analisi retorica». Le diverse tendenze del «rhetorical
criticism” sono profondamente segnate dal ricorso alle categorie della retorica classica
greco-latina3. Così come l’intendiamo e la pratichiamo noi, l’analisi retorica cerca di
reperire le leggi specifiche di organizzazione dei testi biblici e si propone d’identificare
la retorica che ha presieduto alla redazione di questi testi, di cui si può fondatamente
pensare che essa si differenzia in larga misura dalla retorica classica greco-latina.
D’altronde, contrariamente alla retorica classica, intesa in ogni caso sotto forma di
quei cataloghi di figure a cui essa si era ridotta, l’analisi retorica si propone
esclusivamente di delineare le strutture di composizione dei testi. È come se, delle tre
parti principali della retorica classica (l’inventio o [p. 14] ricerca delle idee, la
dispositio o organizzazione delle idee in una composizione e l’elocutio o ornatus, cioè
la maniera di adornare il discorso con le figure4, l’analisi retorica facesse sua solo la
seconda, vale a dire la dispositio o composizione del discorso.
1
Esso appare per la prima volta in R. MEYNET, Quelle est donc cette Parole? Lecture
«Rhétorique» de l’Évangile de Luc (1-9 et 22-24), Parigi 1979.
2
«Form Criticism and beyond», JBL 88 (1969) 8. Queste righe di Muilenburg sono citate tanto
spesso da sembrare la citazione feticistica del «rhetorical criticism», che segna la nascita del nuovo
metodo. Si potrebbe così dimenticare che E. BLACK aveva pubblicato nel 1965 un’opera intitolata
Rhetorical Criticism. A Study in Method (Macmillan, New York).
3
G. KENNEDY, autore di tre grandi opere sula storia della retorica classica, è forse uno degli autori
più significativi di questa scuola; vedi W. WUELLNER, «Where is Rhetorical Criticism Taking us?»,
CBQ 49 (1987) 448-463.
4
Per un’esposizione chiara e sintetica, vedi G. MOUNIN, «Rhétorique», Encyclopoedia Universalis.
2
L’analisi retorica
Se il termine «analisi retorica» è recente, non è però nuova la sua metodologia5. Non
si tratta di una cosa diversa dall’«analyse structurelle» di Albert Vanhoye6, al seguito di
Paul Lamarche7 e di Enrico Galbiati8. Molti ricercatori odierni hanno adottato il termine
«analyse structurelle”, come Marc Girard9 et Pierre Auffret i cui numerosi articoli sono
quasi tutti così intitolati10, per citare solo due dei tanti nomi. La coesistenza dei due
termini, «structurelle» e «retorica» manifesta che l’unica metodologia da essi designata
muove ancora i primi passi11.
In attesa di sapere quale dei due termini prenderà il sopravvento, vorrete permettere a
colui che è reo di aver introdotto in francese il termine «retorico» di difendersi
esponendo le sue ragioni! Questa difesa non farà forse trionfare il termine, ma servirà
almeno a precisarne un po’ la definizione. Si deve in primo luogo riconoscere che il
termine francese structurel è un termine indovinato, trasparente, perché questo genere
di analisi porta alla luce proprio delle strutture, cioè delle forme che strutturano i testi,
strutture che si possono tutte ricondurre a due forme di base, strutture parallele e
strutture concentriche. Ma il termine structurel presenta due grossi svantaggi. È troppo
vicino all’altro termine francese structural, con l’enorme rischio di confondere l’analisi
structurelle con l’analisi structurale, che si configura come una metodologia assai
diversa12. Inoltre la distinzione già sottile in francese tra i [p. 15] due termini structurel
et structural non si rende con facilità in altre lingue come l’inglese, l’italiano o lo
spagnolo (forse si potrebbe tradurre structurel con «strutturale» e structural con
«strutturalistico»). Pur essendo meno trasparente di structurel, il termine «retorico»
permette però di evitare la confusione tra structurel e structural (strutturale e
strutturalistico) e permette di evitare pure un’altra confusione: infatti l’aggettivo
«letterario», pure se accostato a «struttura» in «struttura letteraria di...», può far pensare
alla critica «letteraria», che sta ad indicare un altro metodo ancora, che cerca di
distinguere in un testo le sue diverse fonti13.
Alcuni avrebbero forse preferito a «retorica», vecchia parola ormai screditata, il
termine «stilistica». Ma quest’ultimo rischiava di evocare solo i cataloghi di «figure di
5
Il titolo di quest’opera è dunque un po’ mendace, ma doveva obbedire agli imperativi commerciali che riprendono le leggi della retorica classica: la captatio benevolentiae non è riservata all’introduzione, ma ha inizio fin dal titolo!
6
La structure littéraire de l’Épître aux Hébreux, Parigi 1963 (19762).
7
Zacharie IX-XIV, structure littéraire et messianisme, Parigi 1961.
8
La struttura letteraria dell’Esodo, Roma 1956.
9
Les Psaumes. Analyse structurelle et interprétation, vol. 1: Ps 1-50, Montréal – Parigi 1984.
10
Un elenco dei suoi articoli si trova nella bibliografia di M. GIRARD, Les Psaumes.
11
Infatti, sul nascere, ogni nuova realtà riceve spesso nomi diversi. È compito dei terminologi
registrarli, consigliarne uno a preferenza di altri anche se l’ultima parola spetta in fin dei conti all’uso,
che è il solo a decidere.
12
Vedi, ad esempio, D. et A. PATTE, Pour une exégèse structurale, Parigi 1978.
13
Vedi ad esempio M.-E. BOISMARD et A. LAMOUILLE, La Vie des évangiles: initiation à la
critique des textes, Parigi 1980.
Introduzione
3
stile», a cui ormai si limitavano gli ultimi trattati di retorica. D’altronde, la parola
«stile» richiama troppo spesso ciò che è proprio di un autore. Pare che «retorica»
esprima meglio ciò che caratterizza non un individuo, ma una cultura e una tradizione.
«Retorica» presenta infine il vantaggio di fare da ponte tra il metodo moderno
dell’analisi retorica e la grande tradizione classica della scienza del discorso nata in
Grecia venticinque secoli orsono14.
Col nome di analisi retorica, structurelle, o senza una particolare denominazione, gli
studi su testi, biblici o meno, che applicano questa metodologia si stanno moltiplicando
in modo spettacolare negli ultimi anni. Alcuni testi sono stati sottoposti a questo genere
di analisi da più autori. Pare che il record competa al Prologo di Giovanni (Gv 1,1-18)
con quindici strutturazioni concentriche, che differiscono tra loro più o meno tutte15. Le
divergenze tra gli esegeti sulla composizione del Prologo di Giovanni, del Benedictus,
del Magnificat, del Cantico di Anna e di tanti altri testi non sorprendono se si prende
coscienza del fatto così evidente che la metodologia, pur essendo applicata da molti, si
trova comunque allo stadio iniziale. Thomas Boys scriveva già nel 1824 che essa si
trovava ancora in fasce16.
Si deve riconoscere che questa costatazione resta ancora valida oggi. Qualche
tentativo di sistematizzazione è stato certo già presentato negli ultimi [p. 16] anni, da
parte di K. Bailey17, di W. Watson18, di M. Girard19. Nella mia tesi sul Vangelo di
Luca20, avevo anch’io ripreso, in forma più sviluppata e rigorosa, ciò che già avevo
esposto in due pubblicazioni precedenti21. La seconda parte del presente lavoro è un
ulteriore affinamento di quella esposizione metodologica migliorata grazie alle costanti
critiche dei lettori della mia tesi, in primo luogo di colui che mi ha onorato di comporre
la prefazione di questo libro.
14
L’opera di S. GLASS, Philologia Sacra, Leipzig 1725 (16361), specialmente il quinto libro, dal
titolo Rhetorica Sacra, si potrebbe considerare come una specie di passaggio tra la retorica classica,
applicata alla Bibbia, e gli studi inaugurati da Lowth: tutto ciò che sarebbe stato inventato in seguito
pare già vi si trovi, almeno in germe: il «parallelismo dei membri» di Lowth, sotto il nome di «pleonasmus» (col. 1230-35) e ciò che chiamiamo «figure di composizione» era già nel capitolo che egli intitola «De schematibus seu figuris» (col. 1990-96).
15
Vedi R. MEYNET, «Analyse rhétorique du Prologue de Jean», RB 96 (1989) 481-510.
16
Tactica Sacra. An attempt to develope, and to exhibit to the eye by tabular arrangements, a
general rule of composition prevailing in the Holy Scriptures, Londra 1824, 4.
17
K. E. BAILEY, Poet and Peasant & Trough Peasant Eyes, A Literary Approach to the Parables in
Luke, Grand Rapids, Michigan 1983.
18
W.G.E. WATSON, Classical Hebrew Poetry; A Guide to its Techniques, JSOT Suppl. Series 26,
Sheffield 1984.
19
M. GIRARD, Les Psaumes, analyse structurelle et interprétation, Op. cit.
20
L’Évangile de Luc et la rhétorique biblique, tesi presentata alla Facoltà di Lettere d’Aix-enProvence, 3 vol., 1986.
21
Quelle est donc cette Parole?, vol. A, 21-68; Initiation à la rhétorique biblique, «Qui donc est le
plus grand?», Parigi 1982.
4
L’analisi retorica
Questa nuova presentazione del metodo ha certo tratto vantaggio da un’accresciuta
esperienza e da una riflessione più spinta; ma se essa ha fatto progressi notevoli, è stato
pure per la ricerca che ho condotto contemporaneamente sullo sviluppo storico del
metodo. Molte cose che si crede siano state scoperte di recente erano già state esposte
assai bene all’inizio del secolo scorso. Ma nel migliore dei casi gran parte dei
ricercatori contemporanei conosce solo il celebre Chiasmus in the New Testament di
Nils W. Lund22. A loro discolpa, si deve dire che le opere più importanti dei suoi
predecessori, John Jebb, Thomas Boys, John FORBES, sono praticamente inaccessibili23.
Questa raccolta vuol colmare la lacuna mettendo a disposizione del ricercatore i testi
fondanti dell’analisi retorica. Non ci si equivocherà tuttavia sul valore e la portata di
queste pagine: il loro autore non è uno storico di mestiere per cui non ha potuto
applicare le tecniche di questa scienza per rintracciare la storia della metodologia.
Questo sarebbe certo compito di un uomo del mestiere. Si prenda dunque questo studio
per ciò che è: l’indagine genealogica di un dilettante, curioso delle sue origini, felice di
ritrovare gli antenati, ma che soprattutto ha tratto un enorme vantaggio dal ficcare il
naso nel tesoro accumulato dalle generazioni passate, spesso stupito per avervi riconosciuto delle perle che pensava ingenuamente di aver scoperto lui! [p. 17]
Si devono ancora enunciare brevemente i criteri che hanno presieduto alla scelta dei
testi. Si è data la priorità ai testi più antichi. Per più di un motivo: perché sono i testi
fondanti e perché è sempre utile riappropriarsi alla fonte delle intuizioni originali,
perché questi testi sono spesso – perdonatemi – più ricchi dei contemporanei, infine
perché, contrariamente ad altri più recenti, sono inaccessibili alla maggioranza. Il
lettore si renderà subito conto che le pagine scelte sono essenzialmente presentazioni ed
analisi di testi biblici; questa scelta non è arbitraria, poiché ciò che caratterizza tutti i
ricercatori di quella che si può chiamare «la scuola retorica» è proprio la rapidità del
discorso metodologico e, in compenso, l’abbondanza di esempi ed analisi. Chi si
meraviglierebbe che un certo numero di esse sia erroneo? Analogamente non ci si
dovrà meravigliare di trovare qui solo quelli che sono sembrati più saldi a colui che ha
goduto del piacere di cercarli ed è responsabile di averli scelti.
22
Chapel Hill 1942.
Non le ho trovate né in Francia, né in Italia, né in Israele, neppure nelle migliori biblioteche
specializzate, quelle del Pontificio Istituto Biblico di Roma e dell’École Biblique et Archéologique
Française di Gerusalemme, ma solo alla Bodleian Library di Oxford.
23
Introduzione
5
[p. 18]
RINGRAZIAMENTI
Sento il dovere di ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato a portare a buon fine
quest’opera:
I membri della commissione della mia tesi:
la sig.ra Joëlle GARDES-TAMINE,
il sig. Jean MOLINO,
il sig. Georges MOUNIN,
tutti e tre professori della Facoltà di Lettere d’Aix-en-Provence;
il p. Albert VANHOYE,
Rettore del Pontificio Istituto Biblico di Roma;
il p. Paul BEAUCHAMP,
professore al Centro Sèvres di Parigi.
Gli amici che si sono prestati a leggere il manoscritto, arricchendomi con le loro
osservazioni:
il p. Pietro BOVATI,
il p. Pierre PROULX,
professori del Pontificio Istituto Biblico di Roma;
Gerusalemme, il 19 marzo 1989
Il traduttore italiano
don Lucio SEMBRANO.
Roma, il 19 marzo 1991
SIGLE E ABBREVIAZIONI
Le abbreviazioni dei libri della Bibbia sono tratte dalla Bibbia CEI. La numerazione dei Salmi
segue la Bibbia ebraica.
Le sigle delle riviste sono quelle dell’ Elenchus Bibliographicus Biblicus pubblicato dal Pontificio
Istituto Biblico di Roma.
© Queriniana per la prima traduzione italiana
Roland Meynet per la presente edizione
[28 ottobre 2005]