Sostenibilità e competenze professionali
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Sostenibilità e competenze professionali
PROGETTO I&S TEXTILE - INNOVAZIONE E SOSTENIBILITA’ NEL SETTORE TESSILE Progetto realizzato con il concorso di risorse dell’Unione Europea, dello Stato Italiano e di Regione Lombardia a valere sull’iniziativa «Lombardia Plus 2016-2018» a sostegno delle politiche integrate di istruzione, formazione e lavoro. Sostenibilità e competenze professionali Dicembre 2016 Premessa Per quanto sia solitamente definito come maturo e tradizionale, il comparto tessile e della moda conferma con 52,4 miliardi di Euro di produzione nel 2015 e 402.700 occupati la sua importanza economica, oltre che culturale e sociale. Il settore, è bene ricordarlo, genera un surplus della bilancia commerciale secondo soltanto a quello della meccanica e si conferma il terzo esportatore mondiale dopo Cina e Germania. Naturalmente negli ultimi decenni l’industria tessile e della moda ha subito cambiamenti tecnologici e organizzativi significativi che hanno connotato le funzioni professionali coinvolte di nuove caratteristiche. Un processo -che in realtà ha coinvolto tutti i settori produttivi- cui non sempre il sistema della formazione ha saputo adeguarsi per tempo consentendo così alle imprese di avvalersi di competenze adeguate ai trend d’innovazione in atto. In particolare, negli ultimi anni l’industria tessile e della moda si è avvicinata al tema della sostenibilità. E’ a partire dagli anni ‘90 infatti che il comparto impara a misurare e valutare i prodotti secondo nuovi parametri grazie alla diffusione dei sistemi di certificazione volontaria. Tuttavia, l’acquisizione di una cultura d’impresa orientata alla prevenzione e non solo all’internalizzazione di costi ambientali, precedentemente ritenuti a carico della società (emissioni in primis), è una conquista recente. Il nuovo approccio - reso inevitabile dall’applicazione del regolamento comunitario Reach e in parte sollecitato dai movimenti ambientalisti e dalla loro capacità di orientare l’opinione pubblica- ha messo le imprese di fronte a esigenze di adeguamento organizzativo e di potenziamento del proprio patrimonio di competenze. Non sorprende quindi che a fronte di obiettivi di recente acquisizione (la riduzione dell’impatto ambientale dei processi, l’adozione di pratiche sostenibili nella propria catena del valore) non si registrino soluzioni organizzative consolidate e standardizzabili. La letteratura stessa non è al momento in grado di supportare con studi mirati la definizione di professionalità impegnate in strategie di sostenibilità nel comparto tessile e della moda. Tuttavia, l’analisi della letteratura e il confronto con opinion leader ha suggerito l’affermarsi di un nesso sempre più stretto tra strategie commerciali-innovazione di prodotto coerentemente con le nuove tendenze socioculturali riduzione dell’impatto ambientale dei processi e dei prodotti, gestione di strumenti documentali finalizzati alla tracciabilità e alla sicurezza chimica. Il nuovo scenario nel quale le imprese operano è infatti caratterizzato -oltre che dalle dinamiche internazionali connesse ai trend di consumo, alle politiche di esportazione e alla delocalizzazione di fasi produttive- dall’emergere del tema della sostenibilità dei propri processi e prodotti. Uno scenario dove l’innovazione tecnologica e scientifica si configura come la condizione ineludibile per individuare ed adottare soluzioni vincenti e strategie di competitività. In collaborazione con Progetto I&S –Sostenibilità e competenze professionali – rev.0 1 Obiettivi dello studio Scopo principale dello studio è stato quello di raccogliere ed elaborare informazioni utili a delineare nuove figure professionali coerenti con il contesto evidenziato. Ciò consentirà di mettere in evidenza connessioni organizzative, conoscenze e abilità delle professionalità interessate e di sviluppare quindi percorsi formativi idonei a soddisfare le esigenze delle imprese, innalzare il grado di occupabilità di persone a oggi escluse dal mercato del lavoro, aggiornare le competenze di operatori già inseriti nei processi produttivi. Infatti, la concezione dell’azienda come organismo con dinamiche vitali strettamente connesse agli scenari economici, sociali e tecnico-scientifici dove opera, rende necessaria un’azione di monitoraggio costante delle innovazioni organizzative che consenta di intercettarle tempestivamente armonizzando le dinamiche interne al mercato del lavoro. Un punto di vista che mette al centro la persona, il suo background, le sue aspettative quali elementi che l’azienda innovativa utilizza come fattori fondamentali della catena del valore1 coerentemente con quanto espresso dall’Unione Europea con le Strategie di Lisbona. Inoltre si è voluto raccogliere il parere su due specifiche figure professionali (Progettista di prodotti sostenibili e Responsabile della sicurezza chimica) emerse dall’attività di analisi dei fabbisogni che Centrocot conduce nell’ambito delle proprie attività e specificamente: il Comitato Tecnico Scientifico del progetto “I&S Textile”; il tavolo Tematico Tessile della Fondazione ITS Cosmo; la Piattaforma Tecnologica Nazionale per il Tessile. A tali strutture partecipano, oltre ai responsabili delle azioni formative di Centrocot, imprenditori, formatori, progettisti, e rappresentanti di enti di riferimento per le sue politiche formative (UNIVA, LIUC, SMI, ad esempio), esperti in grado di monitorare i trend di innovazione in atto. Considerando peraltro che le congiunture di questi momenti siano tali da consentire di affrontare iniziative innovative per prodotti e processi, con lo studio si è voluto anche raccogliere dallo stesso gruppo di aziende coinvolte impressioni sulla situazione attuale in merito alla crisi degli ultimi anni e alla sua capacità manifatturiera. Metodologia della ricerca La metodologia della ricerca è consistita in una prima fase di raccolta d’informazioni dalla letteratura sul tema. Successivamente, è stato individuato un panel di opinion leader scelto per distribuzione territoriale e dimensioni di impresa. Il panel è stato quindi suddiviso in tre focus group che hanno dato luogo ad altrettanti workshop, per la raccolta delle varie opinioni e l’illustrazione e la distribuzione del questionario per rilevare i dati utili allo studio. A complemento dell’indagine sono state svolte anche alcune interviste mirate di imprenditori e manager. La letteratura considerata La ricerca e la consultazione di testi in grado di supportare la ricerca e di inquadrare le problematiche che vi sono affrontate, si è focalizzata soprattutto sugli studi relativi al rapporto tra innovazione sostenibile, nuovi modelli di business e professionalità. Un nesso ineludibile, ampiamente sottolineato nei summit globali della green economy e che hanno posto lo sviluppo di competenze tecnico scientifiche e la diffusione di conoscenze tra le strategie per la mitigazione delle alterazioni climatiche2 . 1 http://www.strategiadilisbonalazio.it/documenti.asp?categoria=13&sottocategoria=51 La Conferenza di Parigi Cop21 ha ampiamente sottolineato la necessità di formare competenze e professionalità per gestire la transizione verso l’ uso di energie alternative, strategia indispensabile al contenimento delle emissioni nei parametri indicati dall’accordo. 2 2 In particolare sono stati considerati lavori relativi ai trend di innovazione sostenibile e ai cambiamenti nell’ambito delle professionalità indotti dalla diffusione del paradigma Industria 4.0. Il panel degli opinion leader Alla luce di questa considerazione si è quindi scelto di condurre la ricerca raccogliendo l’opinione e le esigenze di un panel di imprenditori e manager di imprese del comparto tessile e moda impegnate su questo fronte. Il panel è stato composto individuando un gruppo di società in rappresentanza delle varie componenti della filiera produttiva. Hanno infatti partecipato al progetto 21 imprese così distinte per tipologia produttiva: - Filature 2 - Tessiture e Maglifici 5 - Nobilitazione 3 - Confezioni 3 3 - Verticalizzate 5 - Altre tipologie (Industria chimica, 3 meccano tessile, produttore di piumini) Le aziende produttrici di coloranti e ausiliari e di tecnologie meccano tessile sono state inserite nei gruppi di lavoro per considerare anche l’opinione di fornitori di tecnologie . Distribuzione territoriale e dimensione di impresa Le aziende selezionate sono in maggior parte in provincia di Varese (11); le altre in province limitrofe. Fatta eccezione per 2 imprese di grandi dimensioni (oltre 250 addetti e fatturato superiore ai 40 milioni di euro), il panel è composto da PMI. Tra queste 11 hanno meno di 50 addetti. Soggetti coinvolti nel workshop Alla ricerca hanno partecipato 13 imprenditori/amministratori delegati e 11 manager, tutti coinvolti direttamente nei programmi di sostenibilità aziendali. I focus group Per lo svolgimento dell’indagine è stata scelta una modalità di interazione tra gli opinion leader individuati e i ricercatori. Sulla base di una griglia di intervista, i partecipanti ai workshop sono stati sollecitati ad esprimere opinioni sui trend in atto e a condividere la propria esperienza in merito alle politiche di sostenibilità sviluppate nell’azienda di appartenenza. Le informazioni e i pareri raccolti e sintetizzati con il supporto di un questionario appositamente progettato, sono stati elaborati integrandoli con i contenuti emersi nel corso del dibattito e ritenuti attinenti l’argomento. I focus group si sono tenuti alla LIUC secondo il seguente calendario di attività: lunedì 17 ottobre dalle 16 alle 18,30, aziende coinvolte: filature e tessiture con 11 partecipanti, mercoledì 26 ottobre dalle ore 16 alle 18,30, aziende coinvolte: imprese della nobilitazione e della chimica tessile con 5 partecipanti, venerdì 28 ottobre dalle ore 16 alle 18,30, aziende coinvolte: confezioni e brand con 5 partecipanti. Tre imprenditori, non avendo potuto partecipare agli incontri, sono stati intervistati dall’esperta incaricata di elaborare i dati acquisiti per la ricerca. 3 Con questa definizione si intendono imprese che contemplano al proprio interno più step produttivi . 3 Il questionario/la traccia di intervista Il materiale appositamente predisposto allo scopo di raccogliere il maggior numero di informazioni è strutturato in una serie di 19 domande chiuse integrate da aree aperte dove i partecipanti ai lavori hanno potuto aggiungere proprie riflessioni e informazioni. Per raccogliere le caratteristiche delle figure professionali individuate sono state invece predisposte sulla base delle informazioni tratte dalla letteratura disponibile, due tabelle riportanti i principali descrittivi relativi al saper fare delle figure individuate (compiti, responsabilità, aree di competenze) e a una serie di conoscenze ritenute fondamentali allo svolgimento delle funzioni descritte. E’ stato quindi chiesto ai partecipanti di attribuire importanza ai vari contenuti con valori da 0 (nulla) a 5 (contenuto indispensabile). I partecipanti sono stati inoltre sollecitati a integrare con propri suggerimenti gli elenchi predisposti. Dal punto di vista dei contenuti il questionario è stato strutturato in 4 aree finalizzate a cogliere: - il sentiment degli intervistati rispetto allo stato di ripresa del comparto e alle caratteristiche che lo stesso avrà nel 2020, - le azioni avviate in tema di sostenibilità d’impresa, - le ricadute della azioni per la sostenibilità sul sistema organizzativo e le professionalità coinvolte, - le competenze e le conoscenze del ‘Progettista di prodotti sostenibili’ e del ‘Responsabile della gestione della sicurezza chimica’ ritenute indispensabili. I risultati dello studio 1. Il tessile/moda oggi Competitor globali e crisi finanziaria hanno pesato sull’industria tessile italiana che ha registrato la perdita di 5800 aziende e di oltre 52.000 addetti nel periodo 2010-2015 per quanto il fatturato abbia riportato dopo qualche flessione, segnali positivi4. Come evidenzia la letteratura sul tema, il comparto ha subito nei decenni una profonda trasformazione perdendo la sua connotazione labor intensive sia a causa delle innovazioni tecnologiche introdotte, sia per i processi di delocalizzazione produttiva in aree a maggior vantaggio di costo. Ciò nonostante l’industria tessile e della moda italiana mantiene una propria connotazione manifatturiera, a differenza di quanto avvenuto nei Paesi di prima industrializzazione. Ma come valutano le imprese l’attuale situazione? Solo un intervistato pensa che la crisi sia ormai alle spalle, mentre 8 pensano che pur non essendo ancora superata ci siano segnali tangibili di ripresa. La maggioranza degli intervistati (13) pensa che l’uscita dal tunnel sia ancora lontana (vedi fig. 1). Crisi superata 4% Non superata 54% Segnali di ripresa 34% Non risponde 8% Figura 1 Sentiment dei partecipanti ai workshop sullo stato di salute del settore 4 Dati: Sistema Moda Italia 4 A parte una certa cautela nel proporre una visione troppo ottimistica del problema, non manca tra i partecipanti ai workshop chi sottolinea come non si tratti tanto di una crisi ma di un processo di cambiamento nel modo stesso di fare impresa. Proprio la gestione del cambiamento e l’innovazione sono state alla base delle strategie che hanno permesso alle imprese di mantenersi sul mercato nei momenti più duri della crisi. L’innovazione di prodotto è indicata dalla maggior parte degli intervistati come la mossa vincente seguita dalle innovazioni tecnologiche di processo, dal mantenimento di livelli alti di qualità di prodotto e di servizio e dalla sostenibilità ambientale. Il tutto in un contesto di internazionalizzazione delle azioni commerciali: determinante è considerata infatti la capacità di presidiare i mercati con adeguate strategie di marketing (vedi tabella 1). Preoccupano però i margini sempre più ridotti con cui le imprese della filiera “a monte” si trovano ad operare. Un segnale, a detta di alcuni lo confermerebbe: le aziende investono meno in impianti e strutture (nuovi stabilimenti, riconversioni produttive) concentrando gli investimenti sull’aggiornamento e l’incremento delle tecnologie disponibili. Ordine di importanza 1 2 3 4 5 Strategia d’impresa Innovazione di prodotto Export, strategie di marketing e commerciali mirate all’esportazione Innovazione di processo, investimenti in nuove tecnologie Capacità di soddisfare il mercato con prodotti di alta qualità Prodotti a contenuto green Personalizzazione del prodotto e del servizio Ottimizzazione risorse/contenimento costi Tabella: 1 Importanza delle strategia d’impresa Il tessile/moda al 2020 Per quanto gli effetti della crisi pesino ancora sul settore, il futuro si presenta con tinte non troppo fosche. Il 50% dei partecipanti ai workshop immagina che la capacità manifatturiera del comparto si manterrà stabile nei prossimi 4 anni mentre aumenterà solo per un opinion leader. Altri 5 hanno un’opinione decisamente pessimista. Il tema è certamente complesso e infatti 6 partecipanti ai tavoli di lavoro preferiscono non esprimere previsioni (vedi fig. 2). Ridotta 21% Stabile 50% In aumento 4% Non risponde 25% Figura 2: Previsioni sulla capacità manifatturiera del settore nel 2020 Le caratteristiche che l’impresa italiana del tessile e della moda avrà nel 2020 sono state oggetto di un’articolata riflessione durante i workshop. L’accordo è pressoché unanime sul fatto che l’industria del futuro dovrà dare peso maggiore alle capacità progettuali e gestionali, dovrà essere attenta alle tematiche ambientali, in grado cioè di innovare continuamente il parco prodotti ma anche di monitorare flussi complessi di dati e di processi decisionali. Per quanto riguarda i mercati di riferimento anche se l’area del lusso manterrà un’importanza decisiva soprattutto nelle filiere produttive specificatamente orientate al fashion, crescerà l’area dei tessili tecnici con prodotti che metteranno alla prova le capacità di progettazione e di testing delle imprese. 5 Nel frattempo vi è consapevolezza dei cambiamenti nei modelli stessi di business adottati dal comparto e delle risposte organizzative che gli stessi sollecitano: cresceranno le start up legate soprattutto all’offerta di servizi digitali e alla creatività giovanile ma assumerà crescente interesse anche la produzione customizzata (artigianato evoluto) in grado di offrire al cliente prodotti e servizi personalizzati e di nicchia soprattutto nell’ambito del capo confezionato di fascia alta. Sarà sempre più necessario costruire reti di imprese e network progettuali anche se non necessariamente si concretizzeranno nella forma ben conosciuta dei distretti industriali. La possibilità che lavorazioni oggi esternalizzate rientrino in Italia convince invece poco (17%) (vedi tabella 2). Ordine di importanza 1 2 3 4 5 6 7 Fattori di successo dell’industria tessile e della moda del 2020 Ricerca e innovazione dei prodotti, incremento delle funzioni di progettazione e prototipazione Managerialità, adozione di sistemi gestionali in grado di gestire la complessità della filiera Riduzione dell’impatto ambientale delle lavorazioni Funzionalizzazione e ingegnerizzazione dei materiali per il mercato dei tessili tecnici Personalizzazione prodotti e servizio per i trend del lusso Diffusione di start up creative e digitali a supporto/integrazione della manifattura Sinergie di filiera, reti di imprese Back reshoring Tabella 2 Fattori di successo dell’industria tessile e della moda del 2020 6 2. Sostenibilità e competitività Il panel di imprese coinvolte nella ricerca ha in attivo iniziative importanti finalizzate a ridimensionare il costo ambientale dei processi produttivi e a incrementare il grado di sostenibilità dei manufatti.5 Tra le aziende considerate 18 offrono già ai loro clienti prodotti con contenuti green e le 3 restanti si stanno dedicando a quest’obiettivo (vedi fig. 3). Aziende che già realizzano prodotti sostenibili 86% aziende che contano di realizzare presto prodotti green 14% Figura 3: Attuale impegno delle aziende sulla sostenibilità dei manufatti Come emerge dalle interviste, si tratta in alcuni casi di azioni intraprese in risposta a specifiche sollecitazioni dei clienti (e riguardanti in particolare l’assenza di sostanze chimiche critiche), nel tentativo di migliorare l’offerta progettuale o per entrambi i motivi (66%) (vedi fig. 4). pressione dei clienti 20% Scelta aziendale 14% entrambi i motivi 66% Figura 4: Motivazioni alla base delle scelte di sostenibilità I partecipanti ai workshop sono stati inoltre invitati a esprimere un giudizio complessivo sulle tendenze di innovazione sostenibile confrontando il livello attuale di interesse relativamente ad aspetti specifici della sostenibilità con il grado di importanza che gli stessi temi avranno nei prossimi anni per le imprese del settore. L’attenzione delle imprese verso soluzioni volte a contenere i consumi energetici, idrici e gli sprechi, oggi già alte per il loro 54%, nel prossimo futuro peseranno “molto” per il 34% e “moltissimo” per il 50% a conferma dell’importanza che questo tema manterrà in futuro. Il contenuto green dei prodotti al momento è giudicato poco importante dal 54% delle aziende poiché il mercato ancora non premia le produzioni green ma in futuro la situazione sarà migliore per la quasi totalità degli intervistati. 5 Molte delle imprese partecipanti ai workshop sono state citate nei rapporti GreenItaly 2015 e 2016 per le buone pratiche ambientali sviluppate 7 Anche l’attenzione alla costruzione e al mantenimento di una reputazione di impresa sostenibile è valutata in crescita. Se oggi è considerata importante da parte di 12 intervistati e molto importante solo da un partecipante al tavolo di lavoro, in futuro la competitività di un’impresa si giocherà molto anche su fattori reputazionali. Quasi tutti gli intervistati ritengono infatti che questo aspetto sarà un elemento decisivo nelle strategie di affermazione aziendale. In altre parole il trend è chiaro: ciò che oggi tocca in misura contenuta i comportamenti e le scelte aziendali è destinato a diventare un approccio comune e condiviso. I trend di innovazione sostenibile E’ allora interessante, in funzione delle finalità dello studio, comprendere quali trend di innovazione sostenibile sono previsti nelle strategie delle aziende considerate. I temi sui quali convergono i maggiori sforzi da parte delle imprese riguardano in primo luogo aspetti tecnologici: processi chimici e materie prime. La possibilità di produrre semilavorati e capi finiti senza utilizzare sostanze chimiche critiche e senza rinunciare ad alti livelli di qualità e performance e agli effetti estetici richiesti è un obiettivo “irrinunciabile” per la quasi totalità degli intervistati. Quello del rischio chimico è infatti un tema di grande attualità nel settore. Pur operando nel rispetto del regolamento Reach le imprese del b2b tessile devono rispondere agli standard richiesti dai brand, a loro volta incalzati dall’opinione pubblica e dai movimenti ambientalisti che sollecitano l’eliminazione dai processi di classi di sostanze e formulati tossici. Un obiettivo che richiede, per essere raggiunto, la messa a punto di coloranti e ausiliari alternativi e più ecofriendly . In merito alla sicurezza chimica tutti i partecipanti ai tavoli di lavoro concordano nel ritenere si tratti di un trend, del quale beneficerà l’ambiente (79%), destinato a durare e che richiede, per essere affrontato con cognizione di causa e possibilità concrete di successo, un impegno in termini di ricerca da parte di tutti i soggetti coinvolti (92%). Poiché le richieste dei brand si sovrappongono a quelle del Reach e alle politiche di certificazioni, la gestione delle azioni concrete e formali di adozione degli standard richiesti rappresenta un’ulteriore complicazione per le imprese, specie le più piccole e meno strutturate che devono dedicare alla gestione del problema specifiche risorse e sostenere costi aggiuntivi per analisi e test (96%). Quasi tutti gli intervistati sollecitano quindi una maggior integrazione tra fornitori e clienti relativamente agli standard richiesti e alla terminologia tecnica utilizzata oltre a un premio di prezzo a copertura delle spese sostenute dal fornitore. Al secondo posto per importanza i partecipanti ai workshop tra le iniziative da intraprende indicano il controllo della supply chain, sia relativamente ai comportamenti dei fornitori in termini di rispetto ambientale, sia relativamente all’assicurazione dei principi di equità sociale nelle relazioni con i lavoratori e con le comunità coinvolte dai processi produttivi. La possibilità di tracciare la filiera dandone visibilità ai propri clienti mediante, per esempio, uso di tecnologie smart, tag, NFC6 e altri sistemi di connettività, è indicata tra le tendenze innovative più interessanti e utili. Centrale è comunque il prodotto cui si deve attribuire caratteristiche green a partire dalla selezione delle materie prime utilizzate nelle collezioni e nei campionari: da fonti rinnovabili, biologiche o second life, ottenute cioè da riciclo di scarti post produzione o post consumo. L’importanza di materiale ottenuto da riciclo di scarti non è però solo uno standard di acquisto dei materiali di base. Tra i trend di innovazione prioritari gli intervistati segnalano le azioni di recupero e riciclo di scarti 6 NFC (Near Field Communication), tecnologie evoluta da una combinazione d'identificazione senza contatto o RFID (Radio Frequency Identification – Identificazione a Radio Frequenza) e altre tecnologie di connettività. Permette una comunicazione bidirezionale: quando due apparecchi NFC (lo initiator e il target) vengono accostati entro un raggio di pochi centimetri, viene creata una rete tra i due ed entrambi possono inviare e ricevere informazioni. 8 di produzione, coerentemente con i dettami dell’economia circolare, materiali (filacci, cimosse, sfridi, prove di stampa, etc) prevalentemente destinati alla discarica e che meritano invece di essere inseriti in un processo di rivalorizzazione. Questa esigenza si traduce in uno sforzo di ricerca di soluzioni tecnologiche che intervengano sulle criticità non ancora risolte nei processi di riciclo tessile (per esempio: separazione di materiali di diversa composizione fibrosa) e organizzative dalla raccolta alla logistica, dall’analisi delle caratteristiche chimiche al riciclo vero. In questa logica è diffusa tra i partecipanti ai workshop la consapevolezza che il problema della destinazione dei prodotti a fine ciclo debba essere impostata fin dalla progettazione favorendone il riciclo o incrementando la biodegradabilità dei materiali di origine sintetica. Attenzione è dedicata anche al welfare degli animali fornitori di materia prima e alla possibilità di indicare il prodotto come privo di materiale di origine animale o ottenuto con pratiche che ne garantiscano il benessere (vedi tab. 3). Le tendenze innovative relative ai processi produttivi indicano tra le priorità la depurazione e il riciclo delle acque reflue. E’ una segnalazione ancor più significativa se si considera che non tutte le imprese presenti al tavolo di discussione effettuano lavorazioni a umido e sono quindi direttamente interessate dalla problematica. Il dato conferma come il valore dell’acqua come risorsa da preservare sia un punto fermo nelle politiche di sostenibilità ambientale. Minor centralità è data invece ai trend relativi alla produzione di energia da fonte rinnovabile o da cogenerazione. Sono invece le tecnologie a basso consumo energetico o il recupero di vapore o acque calde da una fase del processo all’altro a incontrare maggior interesse. Automazione e robotica sono da tempo considerate cardini della tendenza innovativa nel comparto. Negli ultimi decenni molte mansioni operaie sono state sostituite da sistemi automatici e questa tendenza è tra le cause della riduzione del numero complessivo degli addetti nel tessile come in ogni altro settore industriale. Non sorprende quindi che l’automazione sia considerata di totale attualità insieme alla digitalizzazione dei processi produttivi e al controllo in remoto delle tecnologie. Un’evoluzione cui i programmi per la formazione delle future leve tecniche devono prestare molta attenzione. Dal punto di vista organizzativo desta interesse il fenomeno dell’e-commerce non più solo destinato al cliente finale ma estendibile, seppur con parecchi distinguo, anche alla filiera del business to business. Risposte più tiepide ma in ogni caso significative sono registrate da trend di innovazione più legati alla digitalizzazione dei processi e connessi all'industria 4.0. Intendiamo con questa definizione l’ondata di innovazione tecnologica introdotta dallo sviluppo dell’intelligenza artificiale e dalla digitalizzazione dei processi e finalizzata a incrementare la connessione delle risorse (asset fisici, persone e informazioni) usate nei processi operativi, sia interne alla fabbrica sia distribuite lungo la catena del valore. 7 Nello scenario dell’Industria 4.0 la Smart Manufacturing ha un ruolo fondamentale consentendo il potenziamento delle capacità produttive nei tradizionali contesti manifatturieri e la connessione tra fabbrica e catene dei fornitori e dei clienti. Le tecnologie coinvolte si riferiscono a due macro insiemi, il primo più vicino all’IT è formato da Internet of Things, Big Data e Cloud Computing. L’altro, più eterogeneo e assimilabile al livello operativo si concretizza in software gestionali e automatismi avanzati, robotica, stampanti 3D, interazioni uomo-macchina, smart textile, strumenti per il potenziamento della percezione sensoriale (realtà aumentata). E’ pronta l’industria tessile moda ad usufruire delle potenzialità offerte dall’Industria 4.0? Per quanto le imprese intervistate godano di un alto standard di innovazione tecnologica solo un numero limitato tra i manager e gli imprenditori intervistati pensa che questo trend sarà presente in modo significativo nelle strategie aziendali dei prossimi anni. Infine, come era facile presupporre, stampanti 3D, 7 La 4^ fase segue la 1^ fase che ebbe inizio nella prima metà dell’ 800 e trasformò economie agricole ed artigianali nel sistema industriale, la 2^ fase coincide con la diffusione dell’energia elettrica (primi decenni del 900) e la 3^ con l’introduzione dell’informatica e dei calcolatori (anni 80). 9 plasma, trattamenti nano tecnologici, stampa inkjet incontrano interesse solo dalle imprese con processi tecnologici che possono trarre direttamente vantaggio da queste tecnologie. Strumenti metodologici (quali per esempio il Life Cycle Assessment) che consentano di individuare le criticità ma anche di valorizzare i risultati ottenuti grazie alle azioni di mitigazione dell’impatto ecologico, vengono considerati come un trend in crescita solo da meno della metà degli intervistati mentre gli altri ritengono che queste metodologie siano utili ma in alcuni casi di difficile applicazione nelle imprese di piccole dimensioni e quindi meno strutturate e in quelle che sviluppano una vasta moltitudine di prodotti non standardizzabili (vedi tab. 3). Ordine di importanza 1 2 3 4 5 6 7 1 2 3 4 5 6 Trend innovazione/prodotto Azioni volte a eliminare dai processi le sostanze chimiche critiche sostituendole con altre sicure, integrazione di filiera Controllo della supply chain, Sistemi per la tracciabilità della filiera produttiva a vantaggio di clienti e consumatori (smart label, sensori, tag..) Selezione di materie prime sostenibili (da fonte rinnovabile, da riciclo) Tecnologie per il riciclo degli scarti post produzione e post consumer Progettazione del prodotto in funzione del destino a fine vita (riciclabilità, biodegradazione) Strumenti di monitoraggio dell’impatto ambientale del ciclo di vita Welfare animale Trend di innovazione/processi Depurazione/riuso delle acque di processo Automazione e robotica e-commerce Risparmio energetico, cogenerazione, energia da fonti rinnovabili Sensoristica nei processi industriali, controllo in remote, interconnessioni tra macchine Stampa 3D, inkjet, realtà aumentata, trattamenti nano tecnologici, processi al plasma Tabella 3 Trend di innovazione prodotto e processi 10 3. Gli effetti della sostenibilità sull’organizzazione aziendale Iniziative come quelle descritte incidono anche sull’organizzazione del lavoro e sulla distribuzione di ruoli e funzioni aziendali. Un’azienda che progetta prodotti sostenibili, che rinnova le proprie tecnologie per ridurre consumi ed emissioni deve acquisire competenze e conoscenze specifiche, coinvolgere e motivare i propri dipendenti (ma anche i fornitori) in merito agli obiettivi prefissati e ai comportamenti da acquisire. Il tutto senza ridurre la propria capacità progettuale e produttiva. Come si sono organizzate le imprese coinvolte nel tavolo di lavoro? Solo due aziende hanno optato per una gestione interna dei programmi di sostenibilità incaricando propri addetti, negli altri casi (19 aziende) si è scelto di promuovere gruppi di lavoro misti, formati cioè da dipendenti e da consulenti esterni. Dieci aziende che scelgono gruppi di lavoro misti collaborano con esperti di università e centri ricerca. In particolare 18 aziende si sono organizzate delegando una specifica figura professionale al coordinamento dei progetti green. A parte un’impresa di grandi dimensioni che si avvale di un manager dedicato, negli altri casi si tratta di figure ibride, che si occupano anche di altre problematiche (per esempio, la sicurezza in azienda). In 3 casi, entrambi piccole imprese, la funzione è assolta da un manager. Tre aziende hanno scelto di intervenire su specifici aspetti (es: depurazione, sviluppo prodotto…) incaricando di volta in volta tecnici esperti (vedi fig. 5). Un partecipante ai workshop ha infine suggerito, per facilitare le PMI, di promuovere figure esperte condivise tra più imprese, meglio se della stessa filiera. Questo consentirebbe di rafforzare le sinergie in una logica di contenimento dei costi. Le figure incaricate di coordinare le iniziative green sono prevalentemente laureate. Figure dedicate 5% figure ibride 67% Manager 14% Tecnici in funzione dei singoli aspetti 14% Figura 5: Chi gestisce i progetti green in azienda Per la complessità dei temi trattati la sostenibilità non può essere delegata comunque a un ufficio specifico e ancor meno a una singola persona e sono pertanto molteplici le funzioni aziendali coinvolte. A partire dalla direzione e dalla produzione, indicate entrambe da 18 aziende. A seguire vengono citati l’area controllo qualità (16 aziende), l’ufficio acquisti (15 aziende) e la ricerca & sviluppo (14 aziende). Il coinvolgimento dell’ufficio marketing è previsto in 11 aziende (e solo 7 pensano che il coinvolgimento dell’area commerciale possa essere utile).L’ufficio stile ha un ruolo importante ovviamente nelle aziende che sviluppando campionari e collezioni possiedono questa competenza (7 aziende). Solo 7 imprese indicano l’area personale/gestione risorse umane come funzionale al raggiungimento di obiettivi sostenibili (vedi fig. 6). 11 20 direzione produzione 15 qualità uff. acquisti 10 R&S Marketing 5 Uff. Stile Commerciale 0 Uff.personale, gestione RU Figura 6: Aree aziendali coinvolte nei progetti di sostenibilità La complessità dei temi sollevati dalle politiche per la sostenibilità aziendale e il legame con le tendenze di innovazione, richiedono che l’azienda si apra a collaborazioni con realtà esterne: soggetti di filiera (clienti e fornitori) e stakeholder. Un’apertura ritenuta fondamentale dal 62% degli intervistati, utile da altri 5 e ritenuta da alcuni di “difficile attuazione” (8%). Dagli interventi nel corso dei dibattiti e dall’esperienza svolta dalle aziende nell’ambito della sostenibilità e descritta si comprende come l’apertura dell’azienda verso realtà esterne partecipante alla catena del valore o tecnologicamente utili sia riconosciuto comunque un approccio arricchente e da intensificare nel nuovo modo di essere impresa (vedi fig. 7). Fondamentale 62% Utile 22% di difficile attuazione 8% da intesificare 8% Figura 7: Valutazione della collaborazione con enti esterni La positività del coinvolgimento di soggetti esterni ma legati all’impresa viene confermata quanto ci si interroga sull’apporto che i fornitori possono portare al raggiungimento degli obiettivi ambientali. I giudizi espressi sono multipli: la maggior parte degli intervistati (18) attribuisce ai fornitori un ruolo fondamentale, altri 4 credono sia quantomeno utile. In ogni caso, perché la collaborazione sia efficace, servono strumenti adeguati per la condivisione dei dati, l’armonizzazione degli approcci, il monitoraggio dei risultati. L’immagine che emerge dalle descrizioni di quanto già avviene e dalle aspettative dagli intervistati propone un modello organizzativo dinamico. Quando si tratta di sostenibilità le aziende del comparto non si ritengono autosufficienti, sono anzi fortemente motivate a dialogare e collaborare con enti di ricerca, ad avvalersi di competenze esterne (un manager ha per esempio proposto di formare figure professionali esperte e condivise tra più aziende, una sorta di competenza di “rete”). Nel rapporto con i fornitori, specie quando questi sono terzisti cui l’azienda subappalta specifiche lavorazioni, prevale un approccio finalizzato al controllo e al monitoraggio anche utilizzando le opportunità tecniche offerte dai nuovi sistemi informatici. Ma quali strumenti hanno adottato le aziende per gestire e dare visibilità alle proprie strategie di sostenibilità? Al primo posto compaiono le certificazioni di prodotto (indicate da 14 aziende) e tra queste la più diffusa è la certificazione STANDARD 100 by OEKO-TEX®; 8 aziende dispongono di certificazioni ambientali come Iso 14001 e STeP by OEKO-TEX® e 6 hanno ottenuto certificazioni di sistema. 12 5 aziende hanno inoltre attivato LCA per monitorare gli effetti delle proprie strategie green e, in alcuni casi, per ottenere la certificazione di III tipo EPD per alcuni prodotti ad alto contenuto green. MRSL8 e specifici capitolati sono inoltre predisposti da 13 aziende allo scopo di garantire il rispetto dei propri protocolli di sicurezza chimica da parte dei propri fornitori. 3 aziende hanno inoltre redatto un proprio bilancio di sostenibilità allo scopo di condividere con i propri stakeholder le strategie di sostenibilità adottate e i risultati conseguiti (vedi fig. 8). 16 14 Cert.Prodotto 12 Cert.Ambientale 10 Cert.Sistema 8 LCA 6 Capitolati, MRSL 4 Bilancio sostenibilità 2 SA8000 0 Figura 8: Strumenti adottati dalle imprese 4. Qualche osservazione Il quadro che emerge dalle dichiarazioni e dalle riflessioni dei partecipanti ai workshop mostra come la cultura della sostenibilità si stia facendo strada nelle strategie dell’industria tessile e della moda sia in risposta a pressioni di mercato sia come modalità per accrescere competitività. Per quanto permanga preoccupazione per il persistere degli effetti negativi della crisi o meglio, per gli ancora insoddisfacenti segnali di ripresa, la maggioranza degli intervistati non è pessimista in merito al destino della manifattura che manterrà un ruolo nell’economia del Paese. E’ opinione diffusa che le aziende che hanno retto durante la crisi devono questo importante risultato alla propria capacità di innovazione sia relativa ai prodotti che alle tecnologie di processo, oltre che alle politiche di internazionalizzazione delle proprie attività commerciali. Una lezione da dove partire per disegnare il tessile 2020. In questa visione la sostenibilità, identificata soprattutto con le caratteristiche green dei prodotti e con la riduzione dell’impatto ambientale della produzione, diviene una strategia competitiva in grado di sostenere i nuovi modelli di business, siano essi orientati a una rivitalizzazione della presenza dell’impresa nel segmento del lusso o nel comparto più high tech dei tessili tecnici. Le nuove filiere, costruite in funzione di prodotti con un grado di sostenibilità documentato e tracciabile, privilegiano i rapporti con i clienti e i fornitori e si aprono alle collaborazioni con università e centri ricerca. Importanti anche gli strumenti metodologici (alcune imprese si misurano con metodi rigorosi come l’LCA) e le certificazioni anche se il nuovo scenario ha introdotto nelle dinamiche commerciale capitolati e MRSL ispirati a protocolli di sicurezza chimica proposti in alcuni casi dai movimenti ambientalisti. Come si inserisce in questo contesto l’innovazione? Di fatto un’innovazione organizzativa è già in atto. Le aziende sono ben consapevoli di dover accrescere il proprio livello di competenza in merito alle tematiche trattate e che il successo delle azioni intraprese dipenda soprattutto dalle interazioni di filiera e dalle sinergie attivate. Sistemi di monitoraggio, gestione di dati, tracciabilità dei processi, smart label sono strumenti già entrati nel gergo, se non ancora nella pratica delle imprese, e in grado di valutare e comunicare in modo oggettivo le caratteristiche green dei prodotti o gli effetti positivi sull’ambiente degli investimenti tecnologici. 8 Manufacturing Restricted Substances List 13 Forse è ancora presto per adottare i sistemi più avanzati della smart manufacturing ma la disponibilità a comprenderne i possibili vantaggi è dichiarata. Nel frattempo la concentrazione è focalizzata su temi quali riciclo e riciclabilità, biodegradabilità, riduzione del rischio chimico, risparmio energetico. Coerentemente con questo scenario sono state delineate due potenziali figure professionali che potranno contribuire a sviluppare prodotti in una logica sostenibile e alla gestione della sicurezza chimica dell’azienda. Suggerimenti per delineare due greenjob A. Progettista di prodotti tessili sostenibili Il peso che l’industria della moda ha assunto nel nostro Paese e la nascita di scuole, università e enti formativi finalizzati alla preparazione di stilisti e designer hanno consentito di sviluppare molteplici contenuti in merito alle competenze delle professionalità creative. Il tema della sostenibilità comincia a delinearsi anche in queste analisi. Isfol, ad esempio, consapevole dei nuovi trend di innovazione sostenibile introdotti nell’industria tessile e della moda, così definisce il designer di materiali tessili: ‘la qualificazione dei prodotti quale fattore di competitività aziendale sarà perseguita anche attraverso l’assunzione da parte del disegnatore di un ruolo più completo che lo porterà a relazionarsi con tematiche qualitative, con le metodologie dell’eco design e con criteri di valutazione del grado di industrializzazione dell’idea. 9 Si tratta di una chiave di lettura interessante che aggiunge al valore della creatività come sviluppo estetico il peso valoriale della sostenibilità che deve caratterizzare il prodotto fin dalla sua ideazione. Questo approccio porta anche a superare la tradizionale parcellizzazione di funzioni solitamente adottata nelle imprese di grande dimensione ma inadeguata a descrivere i bisogni di polifunzionalità delle imprese meno strutturate né la specificità degli uffici stile operanti nell’ambito del btob, sottoposti da un lato alle tensioni dei mercato (clienti) e dall’altro ai vincoli produttivi della propria impresa e della supply chain di riferimento. Un approccio trasversale è ricavabile dallo studio realizzato nell’ambito di un progetto Equal nel 200710 e che colloca le singole professionalità nell’ambito di aree di innovazione. Tra queste emerge il Fashion designer “un progettista a cavallo tra logiche di marketing e industrializzazione del prodotto, capace di sviluppare progetti innovativi e originali applicando in modo ottimale anche materiali di diversa origine”. Inoltre “considerato in una logica di progettazione integrata (comprensiva cioè dell’intero ciclo di vita del prodotto), il Fashion designer può assumere funzioni di Green manager incaricandosi cioè di progettare prodotti non aggressivi nei confronti dell’ambiente né nelle fasi di produzione, né di utilizzo (per esempio, sicuri a contatto con la pelle), né al termine dell’uso (riciclabili o biodegradabili)”11. Sulla base di questi stimoli è stato costruita una bozza di descrittivo professionale che ha fornito la base di discussione durante i focus group e nel corso delle interviste. I risultati sono qui indicati per ordine di importanza attribuita dagli opinion leader: 1. La conoscenza dei materiali di base (funzionalità, estetica, impatto ambientale, aspetti sociali). Che le fibre tessili, i materiali usati per gli accessori, coloranti e ausiliari abbiano un costo ambientale e raccontino spesso di disuguaglianze sociali è un fatto acquisito dagli intervistati di aziende che danno ampio rilievo ai criteri di scelta degli input produttivi. Il progettista deve quindi possedere un’ampia conoscenza della chimica tessile, delle materie prime naturali e man made, delle strutture e delle performance dei vari materiali. Deve valutare le potenzialità dei 9 http://fabbisogni.isfol.it/dati/tessile/3.1.3.7.2_%20Disegnatori%20tessili%20_TAC_2011.pdf Industria Tessile e della Moda: nuovi scenari, nuove professionalità, Progetto UE Equal, Città Studi Biella 11 Opera citata, pag. 25 10 14 materiali prodotti da filiere green e etiche e agire in una logica di eco design, considerando la vita stessa del prodotto fino al termine del suo ciclo di utilizzo (riciclabilità e biodegradazione). 2. Il processo produttivo e la filiera La visione d’insieme richiesta al progettista abbraccia i processi di lavorazione cui i materiali sono stati e saranno sottoposti al fine di individuare le criticità e scegliere i processi e tecnologie a minor impatto ambientale. Una competenza che richiede una formazione tecnica relativa all’intera filiera, aspetto solitamente non considerato nei percorsi didattici per la formazione di figure creative. 3. Gli strumenti e i protocolli Il progettista dovrà tenere in debita considerazione i vincoli legislativi e dei regolamenti vigenti in materia di sicurezza ambientale e di prodotto, sia nazionali che internazionali (fondamentali questi ultimi nel caso di imprese che esportano). Perché le caratteristiche sostenibili dei materiali selezionati e le azioni adottate per ridurre l’impatto ambientale dei prodotti siano documentate e oggettive (evitando così il rischio di greenwashing) il progettista deve orientarsi nel campo delle certificazioni e delle MRSL, individuando anche le modalità di comunicazione dei prodotti più idonee alle strategie aziendali. 4. Creatività ma anche valutazione del grado di industrializzazione del prodotto Per quanto sia irrinunciabile l’accento sugli apporti di creatività che il progettista saprà inserire nelle sue proposte, una particolare attenzione deve essere data alla capacità di valutare l’industrializzazione del prodotto sia relativamente alle risorse interne che alla catena dei sub fornitori. Anche l’attenzione alla sostenibilità economica del progetto è una caratteristica premiante. 5. Mercati e identità aziendale Progettare significa anche intercettare i trend di innovazione, i gusti e le sensibilità dei propri clienti. Una sensibilità che pone il progettista in stretta connessione con l’ufficio marketing e con l’area commerciale con i quali deve sapersi confrontare. Il tutto valorizzando le caratteristiche distintive dell’azienda, la sua identità e i suoi principali target di riferimento. 6. Progettare e innovare La caratteristica innovativa della figura individuata emerge anche da un altro elemento. Secondo alcuni intervistati è necessario che il progettista partecipi alle iniziative orientate all’innovazione dei prodotti e dei processi aziendali anche individuando bandi a sostegno dei programmi di innovazione. Poiché filati e tessuti non sono destinati solo al mondo del fashion ma anche alle molteplici applicazioni tecniche (dall’industria al medicale, dall’automotive all’edilizia etc), il progettista dovrà sviluppare competenze settoriali specifiche per rendere efficace e coerente la sua azione. Un’informazione in merito alla difesa della proprietà intellettuale è inoltre apprezzata. 7. Le relazioni e la capacità di fare squadra La figura che emerge dal confronto con i partecipanti ai workshop è ben lontana da quella di un creativo isolato nel proprio ufficio a concepire disegni geniali. Stiamo parlando piuttosto di un tecnico con sensibilità e competenze estetiche ma capace di interagire con aree diverse e complementari dell’azienda allo scopo di sviluppare proposte realizzabili, coerenti con i trend del mercato e sostenibili. Tra le sue abilità emergono quindi aspetti psicologici-relazionali quali la capacità di condividere, ascoltare e motivare colleghi e fornitori. Importante sarà quindi anche l’attitudine a mantenersi aggiornato in merito ai driver di innovazione (materiali, stili, consumi emergenti etc). 8. Uso dei supporti informatici Che progettisti di tessuti, designer e stilisti utilizzino sistemi CAD per la progettazione e software per l’archiviazione dei dati è dato acquisito tanto da indurre i partecipanti ai workshop a non enfatizzare questo aspetto. Nuovi e interessanti supporti alla creatività possono essere stampanti 3D e sistemi di 15 prototipazione rapida per imprese che sviluppano prodotti come calzature, complementi d’arredo, bottoni, fibbie etc). Titolo di studio maggiormente idoneo: Laurea nell’ambito del design e dello stile supportata da percorsi formativi adeguati. Direzione Ricerca e sviluppo Produzione Progettista di prodotti tessili sostenibili Controllo qualità Acquisti Marketing / commerciale Fig.9 Le relazioni con le altre funzioni aziendali 16 B. Responsabile della sicurezza chimica L’attenzione alla sicurezza chimica e la complessa gestione di capitolati, MRSL, schede tecniche, test e rapporti di prova hanno registrato un ruolo crescente nelle imprese del Tessile e della moda. Si tratta di una problematica che cresce di importanza nelle aziende che, effettuando lavorazioni a umido (nobilitazione tessile), utilizzano un’ampia quantità di sostanze chimiche e formulati e che sono quindi tenute a dare tracciabilità documentale tanto degli input (acque e sostanze chimiche in ingresso) quanto degli output (emissioni in atmosfera e nelle acque reflue, scarti di produzione). Il tema è però solo apparentemente meno importante nelle fasi a monte (filature e tessiture) non solo perché in base alla tipologie di materia prima utilizzata può variare e diventare significativo l’uso di sostanze chimiche, ma perché queste imprese devono negoziare con i propri terzisti le modalità di trattamento chimico dei materiali sottoposti a nobilitazione. Confezioni e brand, non possedendo lavorazioni a umido e utilizzando sostanze chimiche solo in relazioni a specifiche azioni di perfezionamento del capo (smacchiatura e apprettatura), interpretano la sicurezza chimica dei prodotti acquistati come argomento di negoziazione commerciale nella relazione con la propria catena di fornitori emettendo MRSL e capitolati allo scopo di assicurarsi prodotti privi di criticità e scaricando la responsabilità di eventuali non conformità sui fornitori. Il tema è in ogni caso nell’agenda delle aziende che hanno aderito a un sistema di certificazione volontaria o che esportano in Paesi dotati di specifici protocolli per gli scambi commerciali. Gestire questo flusso di richieste e documenti tecnici richiede competenze e risorse dedicate a tutti i livelli della filiera. Se le aziende “a monte” sono direttamente chiamate in causa nella determinazione del grado di sicurezza del prodotto e devono quindi porsi il problema della formazione tecnica degli addetti dedicati a questa attività, anche i clienti (brand, grande distribuzione nel sistema della moda, altre industrie nel sistema dei tessili tecnici) devono migliorare la preparazione dei propri incaricati sia per quanto riguarda le caratteristiche tecniche dei materiali che i processi cui gli stessi sono sottoposti. Inoltre emerge la consapevolezza che solo dalla condivisione di linguaggi e approcci metodologici nasceranno le condizioni per accrescere il contenuto di sostenibilità nella catena del valore. Anche in questo caso si è proceduto consultando la letteratura esistente. La figura professionale più affine è quella dell’Addetto al controllo qualità. La sua funzione nelle dinamiche aziendali è così descritta da Isfol 12: “La complementarietà di step della filiera a monte e a valle ha reso più completo e complesso il range di competenze del tecnico di controllo qualità. Nel medio termine il suo ruolo sarà caratterizzato da maggiore interdisciplinarietà tecnico scientifica e si svolgerà in stretta connessione con clienti, fornitori, strutture esterne di ricerca ed enti di certificazione. L’incremento di leggi e normative di prodotto e processo, il crescente peso dell’etichettatura e delle certificazioni richiederanno capacità di costante aggiornamento. Questa figura dovrà inoltre utilizzare sempre di più materiali non standardizzabili (nuove strutture polimeriche e nuovi processi di funzionalizzazione) e relazionarsi con aziende di altri comparti, centri di ricerca e università. Il peso crescente della sostenibilità dei processi produttivi e del ciclo di vita del prodotto richiederà inoltre un ampliamento delle conoscenze tecnico scientifiche e una costante attenzione all’innovazione dei flussi produttivi”. Una chiave di lettura che coglie l’evoluzione della figura stessa non più circoscrivibile solo nel laboratorio d’analisi. Sulla base di questi input è stata costruita una prima bozza di descrittivo professionale proposta quindi come base di discussione durante i focus group e nel corso delle interviste. 12 http://professionioccupazione.isfol.it/nup06//dati/tessile/3.1.5.2.0_Tecnici%20del%20controllo%20della%20qualit%C 3%A0%20industriale_TAC_2011.pdf 17 Le caratteristiche principali emerse sono qui indicate per ordine di importanza attribuita dagli opinion leader: 1. E’ una figura trasversale Non un semplice analista, il Responsabile della gestione del rischio chimico supporta più funzioni aziendali nell’assunzione di scelte in materia di sicurezza chimica e deve essere in grado di valutare il contenuto di sostenibilità di materie prime e chemicals coinvolti nei processi di produzione. Per questo è importante che riceva una formazione approfondita relativamente a: chimica e chimica tessile (coloranti, ausiliari, additivi), fibre, polimeri e materiali complessi, processi di lavorazione e criticità ambientali delle stesse. Importante il suo contributo nella realizzazione di prodotti e processi green e nell’adozione di metodologie per l’analisi del ciclo di vita del prodotto (LCA). 2. Gestione dei protocolli di sicurezza chimica Capitolati, normative, schede tecniche, MRSL hanno la funzione di determinare le caratteristiche del materiale considerato dal punto di vista della presenza di sostanze chimiche critiche. L’entrata in scena di molteplici soggetti istituzionali e privati (Echa, enti di normazione, Greenpeace, brand) ha moltiplicato i protocolli e i format documentali costringendo le imprese a dedicare risorse alla gestione dei dati e dei rapporti di prova. Il responsabile della gestione del rischio chimico dovrà quindi, nel caso di impresa fornitrice, interpretare i protocolli dei propri clienti supportando il management di produzione nel realizzare prodotti coerenti, selezionando prodotti chimici rispondenti alle MRSL. Qualunque sia la collocazione nella filiera oltre a interpretare, compilare e aggiornare schede tecniche dovrà sviluppare capitolati per i propri fornitori coerenti con i protocolli di riferimento e la tipologia del prodotto richiesto. Le conoscenze richieste per questa funzione riguarderanno quindi i requisiti normativi del mercato di destinazione, l’applicazione del regolamento comunitario Reach, i protocolli per l’esportazione, gli standard delle principali certificazioni di prodotto ed ambientali, i vari protocolli collettivi e MRSL dei clienti. 3. Test e referti di prova La determinazione della coerenza tra un prodotto e lo standard richiesto è compito specifico del responsabile della gestione del rischio chimico che, a seconda della dimensione e organizzazione dell’azienda, potrà avvalersi di collaboratori e di attrezzature adeguate. In questo caso sarà in grado di predisporre i campioni, svolgere i test e interpretarne i risultati comparandoli ai protocolli di riferimento. In assenza di attrezzature idonee sarà in grado di selezionare il laboratorio più efficiente collaborando con gli analisti incaricati di effettuare i test. 4. Il rischio chimico e l’azienda La figura individuata non esaurisce la sua funzione nella determinazione del grado di sicurezza chimica di prodotto ma esprime le sue competenze anche nel supportare il management dell’azienda nell’adozione di misure per ridurre l’impatto ambientale delle lavorazioni (emissioni) ed eliminare ogni rischio per la salute dei lavoratori coinvolti nei processi. Sulla base dei requisiti di legge ambientale (D.L. 152/2006) individuerà e segnalerà le criticità e le non conformità nell’ambiente di lavoro. Sarà inoltre in grado di valutare i risultati di test volti a determinare la presenza di inquinanti nelle acque pre e post produzione e post depurazione. 5. Raccolta e trasferimento di informazioni “Coscienza critica” dell’azienda a questa figura è affidato anche il compito di tenere aggiornato il management su nuovi standard e leggi in merito alla sicurezza chimica, sensibilizzare i colleghi in merito ai comportamenti da assumere nella gestione di materiali pericolosi, supportare la direzione nella stesura di documenti e informative rivolte agli stakeholder. Questi ultimi aspetti qualificano ulteriormente il responsabile della gestione della sicurezza chimica come una figura chiave nella politica della sostenibilità dell’impresa. Titolo di studio maggiormente idoneo: Laurea a indirizzo chimico /tecnico scientifico (ad esempi: chimica industriale, ingegneria). 18 Direzione Impianto di depurazione Ricerca e sviluppo/ ufficio stile Resp. gestione sicurezza chimica Responsabile sicurezza Controllo qualità Marketing / commerciale Laboratori di analisi esterni Fornitori Figura 10 Le relazioni con le altre funzioni/aree aziendali 19 Bibliografia e sitografia Isfol Orienta. Manuale per gli operatori, Area Tessile, abbigliamento, cuoio, Franco Angeli 2003 http://orienter.regione.emilia-romagna.it https://www.cliclavoro.gov.it/Progetti/Green_Jobs/Documents/EcoInnovazioni/scheda1%20CHIMICO.pdf Marco Gisotti, Tessa Gelisio, Guida ai green jobs. Come l'ambiente sta cambiando il mondo del lavoro, Ed.Ambiente, 2009 Michela Grana, Cristiana Ottaviano, Professioni della moda e percorsi formativi, Etas 2002 Emilio Luongo, Green Job, Lavorare nella Green Economy, Hoepli 2010 Giulio Xhaet Le nuove professioni del web, Hoepli 2012 www.isforl.it Symbola, Unioncamere Rapporto GreenItaly 2015 e 2016 Tessuto Locale, Industria tessile e della moda, nuovi scenari, nuove professionalità, a cura di Aurora Magni, Città Studi Biella , 2007 Si ringraziano: A. Molina & C. Spa, Alfredo Grassi Spa, Besani Srl, Candiani Spa, Cibitex Srl, Cotonificio Olcese Spa, Eurojersey Spa, G.Tosi Spa, Giovanni Clerici & Figli Spa, Maglificio Ripa Spa, Manifattura Sesia Srl, Mimoska Spa, Nearchimica SpA, Radici Group Spa, Rivolta Carmignani Spa, Tessitura Attilio Imperiali Spa, Tessitura Sironi Sas, Tiba Tricot Srl, TMR Cederna Fodere Spa, Vago Srl. Studio a cura di: Aurora Magni (Scuola di Ingegneria Gestionale, Liuc Università Cattaneo) Realizzato nell’ambito del Progetto “I&S Textile: innovazione e sostenibilità nel settore tessile” finanziato a valere sull’avviso Lombardia Plus 2016-2018 della Regione Lombardia. Per informazioni: Centro Tessile Cotoniero e Abbigliamento S.p.A., Area Formazione Tel. 0331 696711; [email protected] 20