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D. Notaro
NESSO DI CAUSALITÀ E COLPA ALLA PROVA DELLE DINAMICHE “INCERTE”.
OSSERVAZIONI A MARGINE DEL PROCESSO SUL TERREMOTO DELL’AQUILA
di Domenico Notaro *
(professore associato di diritto penale nel Dipartimento di Giurisprudenza
dell’Università di Pisa)
SOMMARIO: 1. Il giudice penale dinanzi a vicende “complesse”. – 2. Responsabilità individuali e
dinamiche multifattoriali “incerte”. – 3. Profili critici dell’accertamento causale. Le interazioni psichiche fra individui. – 3.1. Il rinvenimento di leggi scientifiche di spiegazione causale. – 3.2. L’invocazione di massime di esperienza e l’accertamento della causalità individuale in caso di parametro esplicativo “debole”. – 4. Concause dell’evento e ruolo condizionante delle condotte: “debolezza” del parametro esplicativo e interferenze del rimprovero colposo. – 5. L’“impedibilità” degli eventi mediante i “comportamenti alternativi leciti”: dalla dimensione cautelare alla visione precauzionale del rischio. – 5.1. L’“agente modello” implicante saperi “speciali”.
1. La vicenda processuale seguita al terremoto dell’Aquila del 2009 1, come per altri
disastri naturali occorsi in passato2, segna la pretesa degli strumenti giuridici di gestire temi “complessi”. Complice la pretesa di tutto conoscere, indotta dal progresso
tecnologico3, tramonta ogni atteggiamento di fatalismo rispetto ad accadimenti nefasti dalla difficile previsione4: spasmodica e parossistica è la ricerca di un principio di
spiegazione razionale ed “umana” in ogni ambito in cui si agitano rilevanti interessi
dei consociati.
* Le osservazioni sulla sentenza di primo grado risalgono al convegno “Il nuovo sistema europeo di
protezione civile e il suo impatto nell’ordinamento italiano: prevenzione, preparazione e risposta alle
catastrofi naturali”, svoltosi a Modena il 13.5.2013 e organizzato dal Dipartimento di Giurisprudenza
dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Gli atti confluiranno nel volume “Disastri, protezione civile e diritto: nuove prospettive nell’Unione europea e in ambito penale”, a cura di M. Gestri, in corso di
pubblicazione.
1
Per una più approfondita ricostruzione delle questioni sottese alla sentenza del G.u.p. dell’Aquila,
oltre a D. Notaro, “A ciascuno il suo”: nesso di causalità (e colpa) in materia penale fra scienza, ragione ed emozione, in CM 2013, 531 ss.; alcune riflessioni sono state sviluppate in D. Notaro, Scientists
and earthquake risk prediction: “ordinary” liability in an extraordinary case?, in European Journal of
Risk and Regulation 2014, 159 ss., v. C. Valbonesi, Scienza, “grandi rischi” e responsabilità penale, in IP
2013, 525 ss.; Ead., La colpa trema: il terremoto di L’Aquila e la condanna agli scienziati della commissione grandi rischi, in GP 2013 (II), 403.
2
Da ricordare la frana di Sarno del 1998 (su cui Cass. 12.3.2010, n. 16761, in FI 2011 [II], 482 e in CP
2011, 82) e il crollo della scuola elementare di San Giuliano di Puglia nel 2002 (su cui Cass. 27.1.2010,
n. 24732, in CP 2011, 3790), entrambi provocati da scosse sismiche. Sulle responsabilità penali legate a
disastri naturali v. L. Fornari, Descrizione dell’evento e prevedibilità del decorso causale: “passi avanti”
della giurisprudenza sul terreno dell’imputazione colposa, in RIDPP 1999, 722 ss.
3
U. Beck, La società del rischio. Verso una seconda modernità, Roma 2000, 230, 242 e 273.
4
C. Piergallini, Il paradigma della colpa nell’età del rischio: prove di resistenza del tipo, in RIDPP 2005,
1685.
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Emerge in tale contesto la relazione ancipite fra l’apporto delle conoscenze scientifiche, da un lato, e la sfera di libero convincimento (se non di intime convinction) del
giudice5, dall’altro. Se alla scienza si appella il magistrato per rafforzare l’apparato
motivazionale delle sue decisioni, d’altra parte, quando mancano parametri sicuri,
l’impiego di canoni probabilistici e di generalizzazioni empiriche e/o di senso comune rende più incerto e meno controllabile il ragionamento6. Dinanzi a temi controversi si tratta di capire quali condizioni rendano “scientifici” i principi di conoscenza
utilizzabili dal giudice e, in secondo luogo, se questi possa rimettersi a parametri di
valutazione che scontano un modesto tasso di affidabilità 7. Può il giudice richiamarsi
a massime di esperienza e a generalizzazioni empiriche in contesti di complessità
tecnico-scientifica per verificare l’integrazione del nesso causale e per formulare il
rimprovero colposo?
2. Agli esperti imputati dinanzi al Tribunale dell’Aquila è stato contestato di avere
valutato approssimativamente la situazione “rischiosa” corrente in Abruzzo e di avere
improvvidamente diramato messaggi “rassicuranti” alla popolazione civile. Tali informazioni avrebbero indotto alcuni abitanti della zona ad abbandonare ogni precauzione onde fronteggiare gli effetti delle scosse, così da soggiacere al crollo degli
edifici ed ivi trovare la morte o riportare lesioni personali. Agli esperti sono state,
quindi, imputate plurime ipotesi di omicidi e lesioni colpose. Un insieme di fattori
complica, tuttavia, la ricostruzione giuridica della vicenda: a) gli imputati, chiamati a
prestare un contributo di natura “consultiva”, occupano una posizione distante dalla
verificazione degli eventi lesivi; b) il loro coinvolgimento nelle dinamiche ipotizzate
passa per il condizionamento psichico di altri soggetti; c) molteplici variabili concorrono a determinare gli eventi insieme alle condotte contestate; d) mancano parametri
certi onde riferire gli eventi agli imputati.
5
O. Dominioni, In tema di nuova prova scientifica, in DPP 2001, 1064; M. Nobili, Storie d’una illustre
formula: il “libero convincimento” negli ultimi trent’anni, in RIDPP 2003, 72 e 76; M. Taruffo, Conoscenza scientifica e decisione giudiziaria: profili generali, in AA.VV., Decisione giudiziaria e verità
scientifica, Milano 2005, 6; C. Piergallini, La regola dell’“oltre ragionevole dubbio” al banco di prova di
un ordinamento di civil law, in RIDPP 2007, 603; G. Ubertis, La prova scientifica e la nottola di Minerva, in AA.VV., La prova scientifica nel processo penale, a cura di M. de Cataldo Neuburger, Padova
2007, 86.
6
F. Stella, Giustizia e modernità. La protezione dell’innocente e la tutela delle vittime, Milano 2001, 32
ss.; F. Centonze, Scienza “spazzatura” e scienza “corrotta” nelle attestazioni e valutazioni dei consulenti tecnici nel processo penale, in RIDPP 2001, 1250; F. D’Alessandro, La certezza del nesso causale:
la lezione “antica” di Carrara e la lezione “moderna” della Cassazione sull’“oltre ogni ragionevole dubbio”, in RIDPP 2002, 745 e 756; Id., L’oltre ogni ragionevole dubbio nella valutazione del nesso causale
e della colpa: passi avanti della più recente giurisprudenza di merito e di legittimità, in CP 2006, 2679
s.; A. Manna, I rapporti tra sapere scientifico e sapere giudiziario, in CP 2009, 3638.
7
G. Canzio, L’“oltre il ragionevole dubbio” come regola probatoria e di giudizio nel processo penale, in
RIDPP 2004, 306 e 308; Id., Prova scientifica, ricerca della «verità» e decisione giudiziaria nel processo
penale, in AA.VV., Decisione cit., 69; G. Spangher, Brevi riflessioni, sparse, in tema di prova tecnica, in
AA.VV., Scienza e processo penale. Nuove frontiere e vecchi pregiudizi, a cura di C. Conti, Milano 2011,
30.
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La natura consultiva del compito degli esperti emerge dalla rassegna degli obblighi
imposti dalle norme sulle attribuzioni della C.G.R. quale interlocutrice della Protezione Civile. La genericità e onnicomprensività con cui sono configurati dalla legge
tali obblighi8, favoriscono una confusione fra l’indicazione delle mansioni e la predisposizione di regole cautelari9. Esse influiscono in ogni caso sulla ricostruzione delle
responsabilità individuali, poiché tanto la natura degli accadimenti riconducibili nello spettro delle previsioni normative, quanto la tipologia dei comportamenti contestati possono venire a dipendere da una valutazione di “rilevanza” effettuata “a posteriori”. Balena, quindi, una logica “del senno di poi” 10, perché, se gli eventi si sono verificati nonostante l’intervento dei soggetti obbligati, facilmente può essere considerata inadeguata alla pretesa normativa la condotta tenuta e può essere ravvisata una
modalità alternativa di esecuzione dell’incarico.
Di un simile rischio si è avuta dimostrazione nel pronunciamento per il disastro di
Sarno, per il quale la Corte di Cassazione11 ha affermato che «non è sufficiente, nella
valutazione della prevedibilità di eventi dannosi, riferirsi ai terremoti verificatisi in
passato ma occorre fare riferimento alla possibilità che se ne verifichino di più devastanti»; e ancora: «la valutazione sulla prevedibilità ha sempre caratteristiche predittive quindi da adottare con un giudizio a priori – sul quale ciò che è avvenuto in passato costituisce un elemento di conoscenza rilevantissimo e ineliminabile – che non
può prescindere dalla valutazione su che cosa può avvenire in futuro a meno che le
caratteristiche del fenomeno non siano da sole idonee a fondare un giudizio di esclusione di più gravi conseguenze». Chiaro l’approccio “precauzionale” adottato dal Supremo Collegio in quel caso12: «Se di un fenomeno naturale (o anche cagionato
8
F. Giunta, Il reato colposo nel sistema delle fonti, in AA.VV., Reato colposo e modelli di responsabilità
penale: le forme attuali di un paradigma classico, a cura di M. Donini e R. Orlandi, Bologna 2013, 88.
9
G. Civello, La “colpa eventuale” nella società del rischio. Epistemologia dell’incertezza e “verità soggettiva” della colpa, Torino 2013, 52.
10
C. Piergallini, Il paradigma cit., 1695 ss.; V. Attili, L’agente-modello “nell’era della complessità”: tramonto, eclissi o trasfigurazione?, in RIDPP 2006, 1242 s., 1269 e 1279; D. Pulitanò, Colpa ed evoluzione
del sapere scientifico, in DPP 2008, 654; A. Massaro, «Concretizzazione del rischio» e prevedibilità
dell’evento nella prospettiva della doppia funzione della colpa, in CP 2009, 4713; R. Martini, Incertezza
scientifica, rischio e prevenzione. Le declinazioni penalistiche del principio di precauzione, in AA.VV.,
Responsabilità penale e rischio nelle attività mediche e d’impresa (un dialogo con la giurisprudenza), a
cura di R. Bartoli, Firenze 2010, 586 s.; A. Gargani, La “flessibilizzazione” giurisprudenziale delle categorie classiche del reato di fronte alle esigenze di controllo penale delle nuove fenomenologie di rischio,
in LP 2011, 403 ss. e 419 ss.; D. Castronuovo, Principio di precauzione e diritto penale. Paradigmi
dell’incertezza nella struttura del reato, Roma 2012, 143 e 146.
11
Cass. 12.3.2010, n. 16761, cit.
12
«L’agente modello in una situazione quale quella descritta è quello in grado di ipotizzare le conseguenze più gravi di un fenomeno ricorrente; non quello che si adagia su esperienze precedenti senza
che esistano elementi di conoscenza che consentano di escludere che i fenomeni possano avere carattere di maggior gravità». «E allora, su questo punto, il giudizio di prevedibilità andava compiuto
tenendo certamente conto dell’esperienza del passato ma senza ignorare l’esistenza di una possibilità
di evoluzione del fenomeno e ipotizzando quindi la più distruttiva ipotesi che potesse verificarsi o
che il fenomeno disastroso poteva comportare. Non è conforme alla condotta esigibile dall’agente
modello il comportamento di chi da per scontata (in mancanza di alcun elemento di conferma)
l’ipotesi che un fenomeno ripetitivo si verifichi nelle stesse dimensioni e con le stesse caratteristiche
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dall’uomo) non si conoscono le caratteristiche fondamentali – in particolare le cause,
le possibilità di evoluzione, gli effetti possibili – la cautela che occorre usare
nell’affrontarlo per eliminarne o ridurne le conseguenze deve essere ancor maggiore
proprio perché non si possono escludere, con valutazione ex ante fondata su conoscenze scientifiche affidabili, gli effetti maggiormente distruttivi». In questo modo,
tuttavia, complice l’elaborazione di un “agente modello” particolarmente elevato, sono inficiate l’individuazione della condotta penalmente rilevante, la misurazione del
nesso causale e la verifica dell’evitabilità degli eventi tramite il rispetto delle cautele
imposte13.
Di tali inconvenienti si è avveduta la Corte di Appello dell’Aquila, che ha censurato
le conclusioni del G.u.p. nella vicenda del terremoto del 2009. Secondo la Corte, avere ricercato il comportamento da tenere, muovendo dai contenuti generici delle prescrizioni richiamate e ipotizzando la prevedibilità-evitabilità di un generico e astratto
rischio inteso quale «giudizio di valore» («attinente a tutte le tipologie di rischio ipotizzabili»), ha indotto alla «ricerca ex post della regola cautelare dell’evento assolutamente particolare verificatosi a L’Aquila il 6 aprile 2009, in contrasto con i principi
di legalità e colpevolezza che impongono di identificarla a mezzo di un processo di
natura ricognitiva e non creativa»14.
3. Particolari difficoltà d’indagine investono, in particolare, l’accertamento del nesso causale tra la condotta “valutativa” degli scienziati e il condizionamento delle scelte delle vittime (indotte ad abbandonare ogni precauzione), prima, e gli eventi finali
di morte o lesione, poi; difficoltà che si devono, anzitutto, alla connotazione “psichica” dell’evento intermedio ricollegato alla condotta degli imputati.
Secondo l’ipotesi formulata dai magistrati, gli esperti, in esito alla riunione ricognitiva indetta dalla Protezione Civile per monitorare la consistenza del rischio ipotizzato, avrebbero inopinatamente lanciato messaggi rassicuranti, tali da “condizionare”15
le vittime che hanno deciso di rimanere nelle proprie abitazioni, nonostante i segnali
di allarme correnti. Per la verità, mentre per il G.u.p., gli scienziati riuniti dalla Protezione Civile avrebbero formulato un giudizio di inesistenza di un serio rischio per la
città dell’Aquila, secondo la Corte d’appello, invece, la riunione (che non aveva carattere di ufficialità) sarebbe consistita in una ricognizione della situazione, senza pretesa di informare la popolazione. Previsioni di tono rassicurante sarebbero state, invece, effettuate da un esponente della Protezione Civile nel corso di un’intervista giordi gravità di quelli già verificatisi negli anni precedenti, tanto più che anche il livello di gravità di
questi precedenti fenomeni non era stato identico».
13
Cfr. A. Verrico, Le insidie al rispetto di legalità e colpevolezza nella causalità e nella colpa: incertezze
dogmatiche, deviazioni applicative, possibili confusioni e sovrapposizioni, in CP 2011, 109 ss.
14
App. L’Aquila, 10.11.2014, Barberi e altro, in www.penalecontemporaneo.it 16.2.2015, 202 s. Sul problema cfr. D. Pulitanò, Gestione del rischio da esposizioni professionali, in CP 2006, 780.
15
Per l’incidenza delle “condizioni” (anziché delle “cause”), quando si tratti dell’interazione fra individui, v. M. Donini, Il garantismo della condicio sine qua non e il prezzo del suo abbandono, in RIDPP
2011, 498, 507 ss., 523 e 526; A. Vallini, “Cause sopravvenute da sole sufficienti” e nessi tra condotte.
Per una collocazione dell’art. 41, comma 2, c.p. nel quadro teorico della causalità “scientifica”, in
AA.VV., Studi in onore di Franco Coppi, Padova 2011, 385 ss.
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nalistica rilasciata a margine della riunione; soltanto nei suoi confronti si è posto,
quindi, il tema delle modalità di comunicazione del rischio e della sua possibile influenza sul contegno della popolazione16.
Rispetto ai fenomeni di condizionamento psichico, un indirizzo consolidato assume non potersi adottare un metro di efficienza causale 17 , perché, a causa
dell’imprevedibilità delle scelte di autodeterminazione individuale, l’influenza sugli
altrui comportamenti non sarebbe riducibile ad una logica deterministica spiegabile
in forza di rigorosi parametri di conoscenza scientifica18. Il G.u.p. dell’Aquila ha invece ritenuto di ravvisare il condizionamento delle vittime in forza di una legge di copertura scientifica.
Sembra, in verità, ai più che in questo settore sia pressoché inevitabile fare ricorso
alle massime di esperienza19. Tali parametri, essendo costruiti tenendo conto della
capacità di fattori specifici di determinare in maniera tendenzialmente regolare eventi altrettanto specifici20, si prestano a supportare accertamenti che sottendono un alto
grado d’individualizzazione dell’indagine laddove non sono disponibili sicuri parametri scientifici. D’altronde, un utilizzo delle massime di esperienza è stato ammesso
dalle Sezioni Unite della Cassazione per corroborare l’integrazione del nesso causale.
Alle massime di esperienza, ci si affida per accertare i profili psichici che definiscono
la colpevolezza del reo ai fini dell’esistenza del reato21. E un impiego delle massime di
esperienza è normalmente necessario, per desumere il collegamento fra il fatto rappresentato da un mezzo di prova e l’inferenza della commissione del reato da parte
dell’imputato22. Alle massime di esperienza si rivolge, in effetti, la Corte di Appello
16
Cfr. sul tema, di recente, AA.VV., Terremoti, comunicazione, diritto. Riflessioni sul processo alla
“Commissione Grandi Rischi”, a cura di A. Amato, A. Cerase e F. Galdini, Milano, 2015, 1 ss., nonché,
in prospettiva più ampia, S. Chakraborty, Risk Communication, in European Journal of Risk and Regulation 2014, 238 ss.
17
O. Di Giovine, Lo statuto epistemologico della causalità penale tra cause sufficienti e condizioni necessarie, in RIDPP 2002, 680; M. Ronco, Le interazioni psichiche nel diritto penale: in particolare sul
concorso psichico, in IP 2004, 815 ss.; D. Castronuovo, Fatti psichici e concorso di persone. Il problema
dell’interazione psichica, in AA.VV., La prova dei fatti psichici, a cura di G. De Francesco, C. Piemontese ed E. Venafro, Torino 2010, 190 ss.; F. Cingari, La causalità psichica in ambito monosoggettivo,
ivi, 244 ss.; G. De Francesco, Diritto penale. 2. Forme del reato, Torino 2013, 130.
18
A. Sereni, Istigazione al reato e auto-responsabilità, Padova, 2000, passim; O. Di Giovine, Il contributo della vittima nel delitto colposo, Torino 2003, 303 ss.; M. Ronco, op. cit.; F. Cingari, Presupposti e
limiti della responsabilità penale dello psichiatra per gli atti etero-aggressivi del paziente, in RIDPP
2009, 449 s.
19
F. Cingari, La causalità psichica cit., 249; C. Brusco, Rapporto di causalità: prassi e orientamenti,
Milano 2012, 165 e 225. Più ampi sono i parametri per M. Donini, Il garantismo, cit., 523. Per G. De
Francesco, Il concorso di persone e il dogma causale: rilievi critici e proposte alternative, in CP 2012,
3913 ss., invece, domina qui il criterio della “strumentalità” dell’atto.
20
M. Ronco, Aporie scientiste e certezza logico razionale: note in tema di nesso causale, in DPP 2007,
249 s.
21
S. Fiore, Il dolo, in AA.VV., La prova dei fatti psichici, cit., 58 ss.; F. Marenghi, Contraddizione su Il
dolo, ivi, 67 ss.; R. Bartoli, La prova delle componenti psichiche: volontà, conoscenza, conoscibilità, ivi,
223; M. Pelissero, I limiti del diritto penale sostanziale nella prova dei fatti psichici, ivi, 282.
22
O. Dominioni, La prova penale scientifica. Gli strumenti scientifico-tecnici nuovi o controversi e di
elevata specializzazione, Milano 2005, 59 ss.; C. Brusco, La valutazione della prova scientifica, in
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dell’Aquila nella vicenda in esame per sostenere l’efficienza causale della comunicazione rassicurante propalata dal Vice Capo della Protezione Civile prima del terremoto distruttivo.
Ciò non toglie che il parametro invocato debba essere capace di spiegare il condizionamento psichico intersoggettivo e che si debba pretendere un accertamento tanto più rigoroso delle risultanze processuali da parte del giudice quanto meno questi
possa disporre di una legge scientifica a carattere universale o comunque altamente
esplicativa23: alla fine, è questo l’insegnamento impartito dalle Sezioni Unite in tema
di causalità24.
3.1. Per stabilire se gli imputati abbiano indotto le vittime del terremoto a non allontanarsi dagli edifici poi crollati, il G.u.p. dell’Aquila si è chiesto se esista un principio di conoscenza per il quale le affermazioni di esponenti di Istituzioni preposte alla
gestione del rischio possano condizionare le scelte della popolazione civile.
Secondo le elaborazioni della dottrina25, prima, e delle Sezioni Unite della Corte di
Cassazione26, poi, il giudice può riconoscere il nesso eziologico solo facendo appello a
regole scientifiche, eventualmente supportate da massime di esperienza qualora non
esistano leggi scientifiche o queste non siano sufficienti a spiegare la dinamica del
fatto27. Il Tribunale dell’Aquila si uniforma a questa indicazione, intendendola tuttavia nel suo significato più estensivo, incline a “processualizzare” la fisionomia del requisito del reato28. La possibilità di un impiego delle massime di esperienza per corroborare l’esistenza del nesso causale è, infatti, profilata come soluzione pressoché
equipollente all’utilizzo di leggi scientifiche; e l’affidabilità dell’uno o dell’altro parametro sarebbe comunque rimessa ad una riconsiderazione logico-razionale del caso
AA.VV., La prova scientifica, cit., 34 s.; P. Tonini, Dalla perizia “prova neutra” al contraddittorio sulla
scienza, in AA.VV., Scienza e processo, cit., 19.
23
M. Romano, Nesso causale e concretizzazione delle leggi scientifiche in diritto penale, in AA.VV.,
Scritti per Federico Stella, Napoli 2007, 906; R. Blaiotta, Il sapere scientifico e l’inferenza causale, in
AA.VV., Responsabilità penale, cit., 151; A. Dell’Osso, Probabilità logica e “logiche” giurisprudenziali
della mera probabilità: la Cassazione ribadisce i “veri” principi della sentenza Franzese, in RIML 2013,
873.
24
G. Canzio, La causalità tra diritto e processo penale: modelli cognitivi e ragionamento probatorio, in
AA.VV., La prova scientifica, cit., 123.
25
F. Stella, Leggi scientifiche e spiegazione causale nel diritto penale, Milano 1975. Più di recente, Id.,
Etica e razionalità nel processo penale nella recente sentenza sulla causalità delle Sezioni Unite della
Suprema Corte di Cassazione, in RIDPP 2002, 767 ss.; Id., Verità, scienza e giustizia: le frequenze medio-basse nella successione di eventi, ivi 2002, 1215 ss.; Id., Causalità omissiva, probabilità, giudizi controfattuali. L’attività medico-chirurgica, in CP 2005, 1062 ss.
26
Cass. S.U. 10.7.2002, n. 30328, Franzese, in FI 2002 (II), 598, con nota di O. Di Giovine, La causalità
omissiva in campo medico-chirurgico al vaglio delle Sezioni Unite; in DPP, 2003, 50, con nota di A. di
Martino, Il nesso causale attivato da condotte omissive, tra probabilità, certezza e accertamento. Sulla
sentenza v. anche G. Canzio, La causalità tra diritto e processo penale: un’introduzione, in CP 2006,
1972 ss. e 1975 ss.
27
P. Tonini, Manuale di procedura penale8, Milano 2007, 234.
28
O. Di Giovine, Il concetto scientifico e il concetto giuridico di probabilità: il grado di certezza da raggiungere nel giudizio sul fatto, in AA.VV., La prova scientifica cit., 201 ss.
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concreto. Passa, così, in secondo piano la verifica della fondatezza in sé dei parametri
adoperati. Ciò che conta, è che il giudice possa convincersi della rilevanza eziologica
delle condotte contestate, in virtù del modo con cui i fatti si sono sviluppati.
Tale approccio corrisponde alle sollecitazioni che in ambito giurisprudenziale si
avvertono sotto la spinta dell’esigenza di risolvere casi che presentano infinite variabili di realizzazione e che sfuggono a classificazioni consone a regole di conoscenza
precostituite. Nondimeno, autorevole dottrina 29 contesta che il ricorso a leggi scientifiche dalla bassa capacità esplicativa o a indefinite massime di esperienza permetta
davvero di raggiungere la prova della colpevolezza “oltre ogni ragionevole dubbio” 30.
L’impiego di leggi statistiche a bassa percentuale vede, infatti, accrescere il margine
di fallibilità cui deve porre rimedio il giudice in sede d’indagine concreta31, mentre il
ricorso alle massime di esperienza (qualora non vantino corrispondenza scientifica)
può indurre il giudice ad arbitrii in sede di loro configurazione generale 32. Se ne ricava che – tanto più quando s’invochino parametri dalla capacità esplicativa meno
stringente – il giudice è chiamato a osservare saldi presupposti metodologici, se si
vuole tenere fede all’obiettivo di superare la presunzione di non colpevolezza
dell’imputato attraverso un accertamento razionalmente convincente.
Così, in primo luogo, la valutazione del giudice in punto di razionalità, se si nutre
di massime di esperienza o di regole scientifiche (di logica), non può sostituirsi al parametro di conoscenza che esprime in termini generali la plausibilità del collegamento causale33. La valutazione del nesso eziologico in concreto non può surrogare
l’indagine sulla configurabilità della causalità in astratto 34. Tale rischio si materializza, invece, in alcuni orientamenti giurisprudenziali 35. Allo stesso si espone la sentenza del Tribunale dell’Aquila nel gestire l’utilizzo delle conoscenze scientifiche per inquadrare il fatto. Di queste il Giudice ammette la dimensione soltanto statistica, senza, peraltro, indagarne i presupposti di validazione. In questi termini, il loro richiamo
appare poco più che esornativo, assorbito dalla premessa del ragionamento, secondo
29
F. Stella, Fallacie e anarchia metodologica in tema di causalità, in RIDPP 2004, 26 s., 36 e 41; Id., Verità, scienza e giustizia cit., 1234 ss.; Id., Causalità omissiva cit., 1081. Dello stesso parere F.
D’Alessandro, La certezza del nesso causale, cit., 753 ss.; A. Manna, op. cit., 3641.
30
F. Caprioli, L’accertamento della responsabilità penale “oltre ogni ragionevole dubbio”, in RIDPP
2009, 51.
31
R. Bartoli, Il problema della causalità penale. Dai modelli unitari al modello differenziato, Torino
2010, 65.
32
M. Taruffo, Senso comune, esperienza e scienza nel ragionamento del giudice, in Id., Sui confini.
Scritti sulla giustizia civile, Bologna 2002, 137 ss. e 142 ss.; A. Gargani, La “flessibilizzazione”, cit., 413;
R. Bartoli, Paradigmi giurisprudenziali della responsabilità medica. Punti fermi e tendenze evolutive in
tema di causalità e colpa, in AA.VV., Responsabilità penale, cit., 109.
33
G. Canzio, La valutazione della prova scientifica fra verità processuale e ragionevole dubbio, in
AA.VV., Scienza e processo penale, cit., 64; E. Di Salvo, Esposizione a sostanze nocive, leggi scientifiche e rapporto causale nella pronuncia della Cassazione sul caso “Porto Marghera”, in CP 2009, 2879
ss.; A. Verrico, La prova scientifica e il libero convincimento del giudice nell’applicazione del criterio
della “probabilità logica” nell’accertamento causale, in CP 2011, 3808 ss.
34
F. Stella, Causalità omissiva, cit., 1062. Per un approccio vicino a quello del G.u.p. dell’Aquila, v. O.
Di Giovine, Lo statuto, cit., 659 e 671.
35
Per tutti C. Brusco, Applicazioni concrete del criterio della probabilità logica nell’accertamento della
causalità, in CP 2008, 1876 ss.; Id., Rapporto di causalità, cit., 134 e 161 ss.
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cui in tema di influenze fra individui non sovvengono conoscenze scientificamente
sicure, sicché determinante risulta la valutazione di “credibilità razionale” effettuata
dal giudice nel caso concreto.
In secondo luogo, la configurabilità (in astratto) del nesso causale non dovrebbe
prescindere da un vaglio di fondatezza del parametro scientifico invocato; vaglio da
condursi secondo un insieme di criteri elaborati dalle Corti Superiori degli U.S.A.36. Il
giudice deve, così, verificare che l’elaborazione scientifica segua un metodo sperimentabile, che la regola sia stata sottoposta a tentativi di smentita, che la stessa sia
stata presentata al controllo della comunità scientifica di riferimento e quale sia il
tasso di errore che la teoria accusa; infine, egli deve chiarire se il principio di conoscenza goda di generale accettazione fra gli esperti del settore. Attraverso queste
“meta-regole” il giudice può motivare l’attendibilità del parametro utilizzato per ricostruire l’eziologia dei fatti37. Al di fuori di tali canoni, egli non può asseverare la teoria
scientifica tramite la sua applicazione nel processo38.
La verifica dell’attendibilità delle conoscenze scientifiche utilizzate per affermare a
livello astratto la configurabilità della relazione causale ipotizzata, è mancata nella
motivazione della sentenza di primo grado sul terremoto dell’Aquila. A dispetto delle
eccezioni sollevate dalle difese, il Magistrato ha mostrato di aderire pressoché acriticamente all’esposizione del consulente dell’accusa circa la validità dell’enunciato,
senza dare conto delle obiezioni mosse all’attendibilità del parametro scientifico invocato. E della mancanza di tali riscontri si duole la Corte d’appello nella pronuncia
di secondo grado.
Un approccio elusivo delle esigenze di attendibilità “scientifica” del ragionamento
inferenziale, riemerge con una certa frequenza fra le giurisdizioni di merito 39, e non
solo in Italia40. È vero che col tempo sono emerse l’insidiosità e la manipolabilità dei
percorsi di verifica della fondatezza delle conoscenze tecniche utilizzate in giudizio 41
36
Sono state, in particolare, la Corte Distrettuale della Columbia nel caso Frye v. United States del
1923 e la Suprema Corte Federale Daubert v. Merrel Dow Pharmaceuticals, Inc. del 1993, su cui v. A.
Dondi, Paradigmi processuali, ed “expert fitness testimony” nel diritto statunitense, in RTrimDProcCiv
1996, 278; M. Taruffo, Le prove scientifiche nella recente esperienza statunitense, ivi, 230 ss.; C. Sterlocchi, Gli standards di ammissibilità della prova penale scientifica nel processo statunitense, in
AA.VV., Scienza e processo penale, cit., 400 s.
37
F. Caprioli, La scienza “cattiva maestra”: le insidie della prova scientifica nel processo penale, in CP
2008, 3522; D. Vicoli, Riflessioni sulla prova scientifica: regole inferenziali, rapporti con il sapere comune, criteri di affidabilità, in RIML 2013, 1245.
38
O. Dominioni, La prova penale, cit., 306. Solo successiva – e comunque distinta – è la valutazione
complessiva dei fatti, da condursi secondo logica ed esperienza: cfr. C. Brusco, Il vizio di motivazione
nella valutazione della prova scientifica, in DPP 2004, 1414; F. D’Alessandro, Le frequenze medio-basse
e il nesso causale tra omissione ed evento, in CP 2007, 4837 s. V. anche Cass. 10.5.2012, n. 22347, Greco
e altri, in www.penalecontemporaneo.it 31.1.2013; Cass. 10.6.2010, n. 38891, Quaglierini e altri, in DPP
2011, 185.
39
Cfr. C. Brusco, La valutazione della prova, cit., 41; D. Vicoli, op. cit., 1240 s.
40
Per tale fenomeno negli U.S.A. v. O. Dominioni, La prova penale, cit., 157; C. Sterlocchi, op. cit., 410
s.
41
F. Centonze, op. cit., 1243 ss.; O. Dominioni, La prova penale, cit., 120 ss. e 140 ss.
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e che le correzioni apprestate42 non hanno tacitato rilievi ed obiezioni43. Ciò nondimeno, la necessità di affidare il ragionamento causale a rigorosi presupposti argomentativi, è stata affermata dalla più recente giurisprudenza italiana di legittimità, la
quale ha anzi arricchito il novero dei criteri con cui verificare l’attendibilità delle conoscenze insinuate nel processo44. Né si può ritenere che, siccome si tratta di criteri
orientativi45, da adattare alle peculiarità del fenomeno da accertare 46, il giudice sia
autorizzato ad ignorarli, se indotto dalle particolarità del caso sottoposto alla sua attenzione47.
3.2. L’esigenza di una verifica processuale di attendibilità del parametro invocato,
d’altronde, non sembra destinata ad arrestarsi o a recedere dinanzi all’impiego di
massime di esperienza. Per taluni esponenti della dottrina processualpenalistica 48,
anzi, la necessità di sottoporre le massime di esperienza a tentativi di falsificazione
sarebbe «resa ancora più impellente dalle caratteristiche di queste ultime, che non
42
Cfr. le pronunce della Corte Suprema USA nel caso Joiner v. General Electric Co. del 1997, e nel caso
Kumho Tire Company, Ltd v. Carmichael del 1999, su cui O. Dominioni, La prova penale, cit., 182 s. e
194 ss.; M.T. Collica, Ruolo del giudice e del perito nell’accertamento del vizio di mente, in AA.VV., La
prova dei fatti psichici, cit., 15 s.; C. Sterlocchi, op cit., 401 s.
43
M.H. Graham, The Expert Witness Predicament: Determining “Reliable” Under the Gatekeeping Test
of Daubert, Khumo, and Proposed Amended Rule 702 of the Federal Rules of Evidence, in University of
Miami Law Review 2000, 317 ss.; D.L. Mogck, Are we there yet? Redefining the test for expert testimony
through Daubert, Kumho Tire and Proposed Federal Rules of Evidence 702, in Connecticut Law Review
2000, 303 ss.; C.L. Montz, Trial Judges as scientific gatekeepers after Daubert, Joiner, Kumho Tire and
amended rule 702: is anyone still seriously buying this?, in University of West Los Angeles Law Review
2001, 87 ss.; E. Swift, One hundred years of evidence law reform: Thayer’s triumph, in California Law
Review 2000, 2472; D. Crump, The trouble with Daubert-Kumho: Reconsidering the Supreme Court’s
Philosophy of Science, in Missouri Lew Review 2003, 1 ss.
44
Per Cass. 10.6.2010, n. 38891, Quaglierini e altri, cit., il giudice deve tenere conto di «tre parametri
di valutazione: il ragionamento epistemologico deve essere ancorato ad una preventiva dialettica tra
le varie opinioni; il giudice non crea la legge, ma la rileva; il riconoscimento del legame causale deve
essere affermato al di là di ogni ragionevole dubbio», mentre per Cass. 17.9.2010, n. 43786, Cozzini e
altri, in CP 2011, 1679, il giudice deve esaminare le basi fattuali degli studi, l’ampiezza, il rigore e
l’oggettività della ricerca, il grado di riscontro dei fatti, la discussione critica che li ha preceduti,
l’attitudine esplicativa dell’elaborazione teorica e il consenso formatosi, nonché l’autorità e
l’indipendenza degli studiosi e le finalità perseguite. Tali indici riecheggiano elaborazioni
d’Oltreoceano: cfr. F. Tagliaro – E. D’Aloja – P.S. Smith Frederick, L’ammissibilità della «prova scientifica» in giudizio e il superamento del Frye standard: note sugli orientamenti negli Usa successivi al caso Daubert v. Merrel Dow Pharmaceuticals, Inc., in RIML 2000, 719. A essi si è richiamata Ass. App.
Roma 27.4.2012, Busco, in CP 2013, 1606, con nota di P. Felicioni, Processo penale e prova scientifica:
verso un modello integrato di conoscenza giudiziale. Critica la praticabilità di tali criteri C. Brusco,
Rapporto di causalità, cit., 177 s.
45
O. Dominioni, La prova penale, cit., 169.
46
O. Dominioni, In tema di nuova prova, cit., 1063; C. Sterlocchi, op. cit., 413.
47
Sottolinea tale necessità G. De Francesco, L’imputazione della responsabilità in campo medicochirurgico: un breve sguardo d’insieme, in RIML 2012, 966. Ne convengono C. Brusco, Il vizio di motivazione cit., 1415; F. Caprioli, Scientific evidence e logiche del probabile nel processo per il “delitto di
Cogne”, in CP 2009, 1871.
48
P. Tonini, Dalla perizia, cit., 18 s.
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sono “sperimentabili” e non sono “generali”, perché le regole del comportamento
umano ammettono eccezioni»49.
Il G.u.p. dell’Aquila, nondimeno, elude anche tale passaggio ed elenca i parametri
di conoscenza esperienziale da utilizzare in giudizio, dandone per acclarata la fondatezza. Né molto di più fa la Corte d’Appello, la quale, se, da un lato, individua nelle
massime di esperienza generalizzazioni empiriche «indipendenti dal caso concreto,
fondate su ripetute esperienze ma autonome»50, dall’altro, poi, ricava l’attendibilità
della regola esperienziale (per cui un’incidenza avrebbero le affermazioni di esponenti delle istituzioni preposte alla gestione del rischio) dagli intendimenti dei protagonisti della vicenda concreta e dall’importanza che gli esperti stessi attribuivano
all’autorevolezza delle loro esternazioni.
Ed invece, la via per un controllo sul parametro di senso comune, è legata
all’attuazione seria ed effettiva del contraddittorio fra le parti nel processo 51. Se a
questo ci si affida per valutare l’attendibilità delle conoscenze tecnico-scientifiche
(concepite secondo metodi e criteri che ne consentono un’oggettiva controllabilità)52,
a maggior ragione tale strada deve essere perseguita quando si tratta delle acquisizioni di comune esperienza53: essendo queste accessibili a chiunque, le stesse possono essere da chiunque confutabili in forza della rappresentazione di esperienze alternative54.
Quanto agli strumenti del controllo, poi, è vero che – come talora ammesso dalla
dottrina d’Oltreoceano55 – i criteri elaborati per l’attendibilità dei parametri scientifici invocati, stentano ad adattarsi alle regole di conoscenza di matrice esperienziale.
Ma com’è stato rilevato per le acquisizioni non (ancora) scientifiche56, anche quelle di
senso comune il giudice potrebbe vagliare singulatim l’adattabilità e la pertinenza dei
“meta-criteri” in tema di Rules of evidence57. In tal modo sarebbe rafforzato l’apparato
argomentativo della sentenza.
Tali questioni si ripercuotono sulla tenuta dell’accertamento concreto del legame
eziologico postulato nella vicenda in esame. Al fine di verificare se l’informazione resa dagli imputati abbia agito sulla psiche delle vittime, il giudice di primo grado si ripromette di indagare: a) quale fosse l’abituale comportamento delle vittime di fronte
alla minaccia di scosse sismiche fino al 30 marzo 2009 (e in particolare se esse fossero
solite abbandonare le abitazioni al maturare di segnali di allarme); b) se e quale per49
P. Tonini, La Cassazione accoglie i criteri Daubert sulla prova scientifica. Riflessi sulla verifica delle
massime di esperienza, in DPP 2011, 1346.
50
In tal senso Cass. 6.12.2013, n. 51818, in CEDCass, m. 258117; Cass. 9.10.2012, n. 1775, in CEDCass, m.
254196.
51
C. Conti, La prova del rapporto di causalità, in AA.VV., La prova scientifica, cit., 152; C. Brusco, La
valutazione della prova, cit., 35 e 45.
52
O. Dominioni, La prova penale, cit., 265. V. anche F. Centonze, op. cit., 1261; P. Felicioni, op. cit.,
1646.
53
P. Piras, Il giudizio causale in assenza di leggi scientifiche, in CP 2004, 2386.
54
M. Ronco, Aporie, cit., 252.
55
R.J. Allen, Expertise and the Supreme Court: what is the problem?, in Seton Hall Law Review 2003, 1.
56
Cfr., ad es., di recente, P. Felicioni, op. cit., 1630.
57
The Harvard Law Association, Reliable evaluation of expert testimony, in Harvard Law Review 2003,
2142 ss.
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cezione le vittime abbiano avuto dell’esito della riunione della C.G.R. del 31 marzo
2009; c) quale sia stato il comportamento tenuto dalle vittime di fronte
all’eventualità di terremoti dopo la conoscenza della riunione predetta e, in particolare, se esse abbiano cessato di abbandonare le abitazioni nonostante le scosse o se (secondo quanto aggiunge la Corte di Appello) esse, pur continuando ad uscire da casa,
abbiano assunto l’abitudine di rientrarvi subito, anziché trattenersi fuori per scongiurare il rischio di un più forte sisma.
L’approccio seguito dai magistrati in simile frangente appare corretto, siccome rispondente, fra l’altro, alle sollecitazioni di quella parte della dottrina che si è sforzata
di individuare criteri per accertare il condizionamento psichico dell’agire altrui 58.
Sennonché, pur in quell’ambito si sottolinea come, in mancanza di adeguati parametri (almeno massime di esperienza), il rischio che si corre guardando «esclusivamente
al contesto è che il legame eziologico sia desunto su basi meramente psicologiche,
avendo cioè riguardo all’esperienza personale dei soggetti coinvolti, e addirittura dal
mero svolgimento dei fatti e segnatamente dalla loro successione temporale»59. Se ad
indici esteriori non si può non guardare per desumere «una relazione penalmente rilevante tra la condotta di un soggetto, valutata sul piano comunicativo, e il processo
motivazionale di un altro soggetto sfociante nella decisione di realizzare un fatto tipico»60, d’altronde, non appare corretto confinare il richiamo ai principi di regolarità
tratti dall’esperienza ad «un ruolo poco più che argomentativo» (a prescindere dalla
circostanza che un ruolo argomentativo, se ben assolto, consoliderebbe non poco
l’apparato logico-razionale della sentenza).
Permane, così, la questione dell’affidabilità del parametro spendibile per misurare
l’interazione psichica fra individui61. L’asseverazione processuale delle regole sociali
invocate è condizione per non vanificare l’accertamento svolto dal giudice 62. E una
tale esigenza dovrebbe avvertirsi maggiormente quando i tratti tipici modali del fatto
non siano selezionati dalla norma che descrive il reato di evento (causalmente orientato), dal momento che alla massima di esperienza si chiede di concorrere a individuare la condotta rilevante tramite la sua efficienza per l’evento 63: questa è appunto
la condizione delle esternazioni attribuite ai membri della C.G.R. o della Protezione
Civile.
4. La mancanza di parametri affidabili per accertare l’efficienza delle condotte
ascritte agli imputati, fa sentire i suoi effetti quando si passa a valutare l’incidenza
(esimente) di fattori concausali, rispetto agli eventi finali delle morti (o delle lesioni)
delle vittime sotto il crollo degli edifici colpiti dal terremoto. Secondo la prospetta58
D. Castronuovo, Fatti psichici, cit., 200; F. Cingari, La causalità psichica, cit., 246.
F. Cingari, op. ult. cit., 246 s.
60
D. Castronuovo, op. loc. ult. cit.
61
L. Risicato, La causalità psichica tra determinazione e partecipazione, Torino 2007, 74 ss.; R. Bartoli,
Il problema della causalità, cit., 67 s.; S. Billet, Fatti psichici e concorso di persone. Il problema
dell’interazione psichica, in AA.VV., La prova dei fatti psichici, cit., 205.
62
C. Brusco, Il vizio di motivazione, cit., 1413 ss.
63
F. Cingari, op. ult. cit., 248.
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zione del Tribunale, il rilievo causale delle condotte degli scienziati sarebbe da escludere rispetto alla produzione della morte o delle lesioni delle vittime, qualora la verificazione del terremoto distruttivo e/o il crollo degli edifici fossero da considerarsi
eventi imprevedibili in ragione dell’entità della scossa intervenuta in considerazione
dello stato di “resistenza” degli stabili investiti.
La possibilità di un ruolo eziologico delle condotte degli scienziati insieme ad altri
fattori efficienti è, in linea di massima, consentita dall’art. 41 Cp. Com’è noto, questa
disposizione esclude il collegamento eziologico (solo) quando un fattore successivo
alla condotta sopravvenga ad orientare la dinamica verso esiti imprevedibili secondo
le migliori conoscenze disponibili al momento del giudizio (secondo comma) 64. Da
essa i giudici ricavano che il nesso fra la condotta degli imputati e la morte delle vittime sussisterebbe alla condizione che lo stato precario degli edifici crollati e
l’intensità della scossa sismica, apparissero obbiettivamente “non imprevedibili” e
non eccezionali.
Non imprevedibile è, anzitutto, ritenuta la condizione statica degli edifici, perché
risultante da studi di settore concernenti lo stato edilizio della città dell’Aquila, che
gli imputati avrebbero dovuto conoscere come esperti della materia. Va nondimeno
precisato che, per la condizione statica degli edifici crollati, il richiamo all’art. 41 co. 2
Cp non sembra appropriato. Come riconosciuto dal Tribunale, infatti, quel fattore
rappresenta un elemento pre-esistente alla condotta, sicché il suo inserimento fra le
concause in grado di escludere il nesso causale non potrebbe ammettersi se non in
forza di un’interpretazione analogica (in bonam partem) della suddetta norma65; in
alternativa, bisognerebbe ricorrere alla controversa figura del caso fortuito (art. 45
Cp)66. Nessuna di queste soluzioni è, però, evocata dai giudici abruzzesi per spiegarne il rilievo67.
Secondo i criteri generali, poi, la verificazione del terremoto dovrebbe escludere la
rilevanza eziologica delle condotte degli imputati alla condizione che lo stesso appaia
oggettivamente imprevedibile, secondo la miglior scienza ed esperienza del momento storico. Sta di fatto che la sismologia non offre un quadro di conoscenze
dell’astratta prevedibilità dei terremoti. Assumendo una prospettiva “astratta”, si dovrebbe, quindi, escludere sempre l’integrazione del nesso causale per l’ineluttabile
imprevedibilità di fenomeni sismici, a meno di non sindacare margini comunque
“superiori” di previsione, ricostruibili con l’ausilio di particolari sensibilità evincibili
nel contesto sociale per ipotizzare una teorica, quanto residuale ed implausibile, possibilità di previsione; ma quest’ultima soluzione celerebbe un approccio “precauzionale”, che si è visto essere stato adottato nel processo per il disastro di Sarno e che
condurrebbe ad imbastire “processi alla scienza”.
64
Per un diverso significato della norma v. G. De Francesco, Diritto penale. I fondamenti2, Torino
2011, 233.
65
F. Antolisei, Manuale di diritto penale. Parte generale13, Milano 1994, 229.
66
F. Mantovani, Diritto penale. Parte generale5, Padova 2007, 149; G. De Francesco, Diritto penale. I
fondamenti, cit., 234 e 435.
67
Esse, d’altronde, si esporrebbero ad obiezioni note: v. T. Padovani, Diritto penale8, Milano 2006,
129.
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A fronte delle alternative prospettate, il G.u.p. ha inteso “contestualizzare”
l’indagine ai dati di fatto conoscibili dagli scienziati. Si è voluto, così, evitare di contestare agli imputati di aver agito in maniera non conforme a quanto essi avrebbero
potuto supporre solo trascendendo dai dati a loro disposizione. Ecco, però, che
l’avvicinamento dell’indagine ai profili personali della vicenda, surrettiziamente sposta l’accertamento dal piano del nesso causale a quello del rimprovero colposo.
Di quest’implicazione è consapevole il G.u.p. il quale precisa che, quanto al nesso
causale, «il giudizio di prevedibilità dell’evento, pur procedendo in parte sui medesimi binari dell’atteggiamento psicologico, caratterizza direttamente la serialità causale e rende la disciplina degli sviluppi (con)causali conforme ai principi costituzionali di necessaria soggettività della responsabilità penale». La precisazione non schiva, tuttavia, l’obiezione opponibile alle teorie che hanno inteso interpretare in chiave
“normativa”68, di apprezzabile “rischiosità” dell’evento, gli esiti dell’accertamento
causale-naturalistico, ossia che «la misura del c.d. “rischio consentito”, della prevedibilità e della prevenibilità dell’evento, non può che variare da classe di individui a
classe di individui; sicché, da un punto di vista penalistico, quella misura non può che
interessare il giudizio di colpevolezza»69.
E non è dubbio che il G.u.p. dell’Aquila ricolleghi il rilievo eziologico delle condotte a un “aumento del rischio” riprovato dall’ordinamento 70. Come a riferimento della
dinamica offensiva è preso, non il prodursi della morte o delle lesioni delle vittime in
conseguenza del terremoto né lo scatenamento del sisma, ma il “rischio” di tali accadimenti, così, per il Tribunale la rilevanza penale delle condotte si lega alla loro propensione (valutata ex ante) ad aumentare le possibilità di quegli eventi. Sennonché
(considerando le sole implicazioni sul piano obiettivo dell’imputazione) una tale impostazione forza la tenuta dei principi di legalità e di responsabilità penale personale71, favorisce ricostruzioni delineabili solo “a posteriori” 72 e giunge a ritenere espressiva di una lesione un’imputazione surrettiziamente costruita sui binari del pericolo73. Tali inconvenienti si riflettono nell’accertamento del nesso casuale nel caso in
esame.
68
E. Di Salvo, Nesso di causalità e giudizio controfattuale, in CP 2003, 3799 ss.
A. Vallini, op. cit., 371 (corsivi dell’Autore). Nello stesso senso E. Morselli, Il problema della causalità nel diritto penale, in IP 1998, 888 s.; G. Canzio, La causalità tra diritto e processo penale: modelli
cognitivi e ragionamento probatorio, cit., 118; M. Ronco, Interruzione, cit., 823 ss.
70
M. Donini, Imputazione oggettiva dell’evento. “Nesso di rischio” e responsabilità per fatto proprio,
Torino, 2006, 45 ss. e 69 s.; K. Summerer, Causalità, cit., passim.
71
F. Stella, L’allergia alle prove della causalità individuale. Le sentenze sull’amianto successive alla sentenza Franzese, in RIDPP 2004, 383.
72
F. D’Alessandro e L. Pistorelli, in AA.VV., Protezione civile, cit., 24 e 36. V. App. L’Aquila, 10.11.2014,
Barberi e altro, cit.
73
F. Angioni, Note sull’imputazione dell’evento colposo con particolare riferimento all’attività medica,
in AA.VV., Studi in onore di Giorgio Marinucci, a cura di E. Dolcini e C.E. Paliero, Milano 2006, 1311;
G. Marinucci, Causalità reale e causalità ipotetica nell’omissione impropria, in RIDPP 2009, 532 e 535;
Id., La responsabilità colposa: teoria e prassi, ivi 2012, 17; A. Gargani, La “flessibilizzazione”, cit., 405.
Contra F. Viganò, Riflessioni sulla cosiddetta “causalità omissiva” in materia di responsabilità medica,
in AA.VV., Responsabilità penale, cit., 256.
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Nel valutare se la scossa del 6 aprile 2009 possa considerarsi straordinaria ed eccezionale, il Tribunale dell’Aquila considera quel che gli imputati avrebbero potuto ragionevolmente prevedere nel contesto abruzzese di quel periodo in ragione degli
elementi di conoscenza a loro accessibili. Un accertamento che indubbiamente è facilitato dalla circostanza che gli imputati sono ritenuti portatori delle migliori capacità
ed esperienze “sulla piazza”. Dal punto di vista del giudice, ritenere “ordinario” il fenomeno sismico prodottosi, richiede che per il prototipo di scienziati incaricati di valutare il rischio di terremoti in Abruzzo, l’eventualità di una scossa di intensità pari a
quella verificatasi in Abruzzo non potesse escludersi. Ma, lungo tale percorso, non
mancano gli ostacoli da superare: su tutti la necessità di delimitare gli elementi da
considerare per definire il prototipo di scienziato; e quindi la possibilità per il decidente di riscontrare con la verificazione degli eventi la concretizzazione di ciò che
poteva essere preveduto.
Non privo di ambiguità è, anzitutto, il richiamo del giudice alla circostanza che,
durante la riunione di fine marzo 2009, gli scienziati abbiano manifestato dubbi circa
la possibilità di ipotizzare il prossimo verificarsi di un terremoto, quando alcuni di
loro in passato avevano invece spiegato a livello scientifico la teorica prevedibilità di
scosse sulla base della storia sismo-geologica del territorio e dei “precursori sismici”.
Può dirsi che l’esperienza personale di un esperto, persino se eminente scienziato,
rappresenti elemento per una delimitazione oggettiva, seppur “contestualizzata”, della situazione di rischio realmente esistente in una certa area in un dato momento, se
la stessa è suscettibile di essere contraddetta da altri studi che ne smentiscono
l’attendibilità? Non è forse da mettere in conto che il percorso professionale dei singoli esperti possa non apparire riproducibile in seno ad un organo pubblico che deve
abbracciare l’interesse della collettività coinvolta, secondo lo stato sintetico e complessivo dell’intero dibattito scientifico fra i migliori esponenti? E non rimane da
spiegare se, sulla base del patrimonio di conoscenze scientifiche correnti (a prescindere dalla posizione dell’esperto coinvolto), potesse dirsi esistente una condizione di
rischio prevedibile nel contesto abruzzese? Tali domande celano il dubbio che si sia
venuta anteponendo (e sostituendo) l’indagine sulla colpa a quella sulla causalità.
E ancora: non persuasiva è la spiegazione della prevedibilità degli eventi occorsi (la
scossa e, quindi, il crollo degli edifici e la morte delle vittime) alla luce delle evidenze
scientifiche disponibili. Un’indagine oggettiva della portata della scossa imporrebbe
di confrontare l’intensità della magnitudo con i dati matematici utilizzabili per i modelli scientifici di prevedibilità riguardanti il territorio abruzzese. Non è questa, tuttavia, la strada perseguita dal giudice, anche perché non glielo consentono i riscontri
(in parte contraddittori) dell’intensità sismica rilevata il 6 aprile 2009. Di fronte a dati che in alcuni casi hanno attestato un’intensità sismica eccedente i valori mediomassimi della zona e di fronte alla constatazione che solo alcuni degli edifici “vulnerabili” sono crollati e non necessariamente nei luoghi in cui la scossa ha fatto registrare la sua maggiore intensità, il giudice è indotto a procedere secondo “logica” e
“ragionevolezza” per desumere la prevedibilità dell’evento distruttivo da parte degli
imputati74.
74
Alla luce dei dati scientifici, infatti, certe argomentazioni provano troppo: segnatamente quella che
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Difficile, allora, tacitare il dubbio che il percorso argomentativo seguito intacchi
l’affidabilità del parametro “scientifico” in base al quale valutare la prevedibilità della
scossa. Ed insopprimibile appare l’impressione che il Giudice possa aver ceduto ad
una prospettiva ricostruttiva “del senno di poi”. Da un lato, infatti, il G.u.p. utilizza il
dato bassissimo (1%) di edifici crollati fra quelli accomunati dalla stessa posizione urbanistica e da omologhe caratteristiche tecniche, per escludere la portata davvero
straordinaria della scossa, nonostante questa sia stata misurata come superiore agli
standard preventivabili. Lo stesso dato percentuale, però, non è considerato per mettere in dubbio l’astratta vulnerabilità degli edifici crollati; nulla si dice delle condizioni in cui si trovavano gli immobili rimasti in piedi e del perché questi avrebbero
resistito. Eppure, per la comune condizione di “vulnerabilità” di questi ultimi, si potrebbe sostenere che il crollo di una percentuale tanto bassa di fabbricati «con una
distribuzione spaziale casuale» sottenda l’incidenza determinante di una scossa (risultata) di portata comunque superiore agli standards preventivabili anche dai migliori esperti. Insomma, stante la “ribaltabilità logica” della conclusione, la valutazione del giudice, non schiva l’impressione di una certa sua “congetturalità” 75. Di qui le
preoccupazioni per i possibili “abusi” del ragionamento logico-razionale utilizzato
per “risolvere” la complessità delle dinamiche multifattoriali 76.
5. Che l’indagine sul nesso eziologico nella vicenda dell’Aquila si presti ad anticipare valutazioni attenenti ai profili di colpevolezza, emerge, altresì, dai criteri per addebitare agli imputati la violazione cautelare propedeutica alla verificazione degli
eventi lesivi, innescata dalla sottovalutazione del rischio e dalla sua improvvida
esternazione alla popolazione civile. È da considerare, a questo proposito, l’efficacia
impeditiva dei “comportamenti alternativi leciti” che gli scienziati avrebbero potuto e
dovuto tenere a L’Aquila dinanzi alla scossa del 6 aprile 2009.
esclude l’affidabilità della gran parte delle rilevazioni superiori agli standards prefigurati (che, perciò,
non vengono conteggiate), ora perché le stazioni sismologiche (c.d. accelerometriche) erano collocate in una posizione per cui “verosimilmente” sarebbero state incapaci di rendere fedeli rilevazioni,
ora perché le registrazioni «potrebbero essere state influenzate da effetti locali ed essendo la stazione stessa abbastanza distante dal centro dell’Aquila». Con tutto ciò, i (restanti) valori misurati continuerebbero a risultare superiori a quelli stimati come prevedibili; nondimeno gli stessi sono intesi
come «paragonabili» e «compatibili» con questi ultimi.
75
Del bisogno di dotare il ragionamento di un fondamento “logico-razionale” è eloquente il richiamo
del G.u.p. al pronunciamento della Corte d’Appello di Campobasso per il crollo della scuola di San
Giuliano di Puglia nel 2002. Secondo la Corte molisana, per rinvenire il nesso causale, «sarebbe bastato applicare la logica al materiale probatorio presente in atti» per evidenziare che solo quello stabile (oltre ad altri due “ammalorati”) era collassato, mentre nessun altro edificio nel paese era crollato: tanto dovrebbe bastare a dimostrare che la scossa non è stata d’intensità straordinaria e che il
crollo si doveva alla concomitanza di fattori preesistenti e conoscibili da parte degli imputati. «Ed
invece, il Primo Giudice è andato alla ricerca dell’ausilio della scienza in questioni cui non competeva alla scienza (o, per lo meno, ad un’astrazione di tipo scientifico) dare una risposta».
76
Cfr. G. Licci, Teorie causali e rapporto di imputazione, Napoli 1998, 505; F. Stella, Fallacie e anarchia, cit., 29 s.; G. Fiandaca, Appunti su causalità e colpa nella responsabilità medica, in AA.VV., Responsabilità penale, cit., 181; K. Summerer, Premesse, cit., 81; A. Dell’Osso, Probabilità logica, cit., 869
ss.
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Tale verifica incontra i primi “scogli” nell’individuazione dei comportamenti “virtuosi” la cui mancata adozione sia rimproverabile agli imputati. L’ampia formulazione dei riferimenti normativi che impongono precauzioni ai membri della C.G.R. e
della Protezione Civile, pone il problema di identificare: a) quali eventi i soggetti obbligati dovrebbero prevenire; b) quali le modalità di intervento pretese
dall’ordinamento.
Particolarmente delicata appare l’identificazione delle modalità con le quali gli
scienziati sono chiamati a fronteggiare il “rischio”. La generica indicazione della legge
comporta, infatti: a) una minore capacità di orientamento dei soggetti tenuti ad intervenire; b) un più ampio margine di discrezionalità del giudice nel ricostruire le
cautele doverose in ragione della loro efficacia impeditiva; c) la necessità di disporre
di conoscenze scientifiche o esperienziali onde riconoscere l’astratta prevedibilità
dell’evento e la sua evitabilità tramite l’osservanza del comportamento dovuto. La
pretesa legislativa rivolta agli esperti della Protezione Civile (ma riferibile anche agli
scienziati della C.G.R. che operino per conto di questa) di «ridurre al minimo la possibilità che si verifichino danni conseguenti agli eventi» ivi indicati (art. 3 l. 24.2.1992
n. 225 ), rimandando surrettiziamente ai canoni della colpa generica77, rimette al giudice di delineare la cautela esigibile, in contrasto con l’esigenza di chiarezza e precisione delle regole giuridiche mediante cui fronteggiare situazioni rischiose 78.
La questione assume rilevanza nel caso in esame. Uno scarto sussiste, infatti, fra il
tipo di comportamenti che, secondo il giudice di primo grado, gli imputati avrebbero
dovuto assumere e il tenore delle indicazioni normative richiamate, che richiedono
genericamente lo studio dei dati per l’identificazione del rischio. Ognuno dei partecipanti alla riunione del 31 marzo 2009 avrebbe dovuto esporre quanto sapeva in tema di rilevanza dei fattori di rischio incombenti nell’Aquilano e avrebbe dovuto condividere «le conoscenze specifiche derivanti dalla propria peculiare formazione ed
esperienza professionale», consentendo «un’opera di raccordo e di approfondimento
complessivo delle specifiche conoscenze e dei singoli “saperi”». La pretesa della “condivisione dei saperi”, del “raccordo fra le conoscenze” (per la quale non si ritiene sufficiente la mera esposizione dei dati tecnici) valorizza la dimensione precauzionale
delle prescrizioni legislative. Simile “lettura” trova d’altronde “sponda” nel riferimento delle norme al «rischio quale giudizio di valore»79, qual è inteso dal giudice di
primo grado.
Ma in qual modo debba risolversi questo “giudizio di valore” e quale livello di cautele esso tragga con sé, è difficile a dirsi quando domini l’incertezza scientifica. E comunque, richiamare uno scienziato a seguire spicciole metodiche nell’attività di valutazione, è pretesa non esigibile né suscettibile di cristallizzazione in prescrizioni di
77
F. Palazzo, Morti da amianto e colpa penale, in DPP 2011, 190.
F. Giunta, La normatività della colpa. Lineamenti di una teorica, in RIDPP 1999, 90 e 92; Id., Il reato
colposo, cit., 72; D. Castronuovo, La colpa penale, cit., 181 e 337; G. De Francesco, Note minime sulla
responsabilità omissiva nell’esercizio della professione medica, in AA.VV., Responsabilità penale, cit.,
214.
79
Sull’impalpabilità del “rischio” quale termine offensivo cfr. C. Perini, Il concetto di rischio nel diritto
penale moderno, Milano 2010, 45 s.
78
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stampo cautelare80. Invocare a supporto aggiuntive indicazioni cautelari di “colpa generica” (come fa il Tribunale) o la valenza cogente di un principio di precauzione 81, se
può fornire elementi argomentativi al giudice, in realtà, non riduce l’incertezza sul livello di cautele pretendibili82: quali, infatti, i tratti del “buon scienziato” o del “buon
operatore pubblico” chiamato ad operare in contesti di rischio (relativamente) nuovi
e suscettibili di sviluppi imprevisti? Quale il numero di dati o di informazioni da raccogliere e da trattare e che può essere considerato sufficiente per assolvere alla cautela imposta? Quale lo standard d’intervento “possibile” per il contenimento del rischio
(considerato, oltretutto, che al singolo scienziato compete solo una parte
dell’individuazione e dei suggerimenti per la gestione della situazione, nell’ambito di
dinamiche collaborative collegiali)? Quale, quindi, il tenore delle comunicazioni che
si possono pretendere dalle autorità preposte a fronteggiare il rischio?
Ben poco si ricava dalle norme richiamate, le quali si limitano a enumerare il tipo
di interesse da proteggere e il macro-evento da scongiurare (la morte, la lesione, il
danneggiamento), tratteggiando in termini generali il novero dei comportamenti richiesti ai soggetti obbligati. Così, qualora di quelle regole si allunghi il raggio cautelare a coprire qualunque rischio ipotizzabile, anche la verifica di “concretizzazione”
dell’evento sfuggirebbe a un reale vaglio selettivo83. E insieme alla tenuta “legalistica”
della fattispecie incriminatrice 84 , sarebbe compromesso il giudizio di evitabilità
dell’evento attraverso il comportamento alternativo lecito. Non è, infatti, da escludere che il giudice individui la condotta dovuta, immaginando già la sua efficacia impeditiva alla luce delle circostanze di fatto verificatesi85. Siffatta operazione è, oltretutto, “semplificata”, se si assume sufficiente la capacità della condotta doverosa di diminuire il rischio in evoluzione, sicché l’elusione delle cautele deve avere viceversa
aumentato le chances di verificazione dell’evento.
Né è sufficiente affidarsi alla considerazione logico-razionale delle circostanze intervenute. Queste rilevano soltanto per l’ascrizione in concreto del fatto 86, una volta
verificatosi, mentre, ai fini dell’individuazione di un’idonea regola cautelare preventiva, si deve mantenere una prospettiva ex ante. Se, mancando una sufficiente delimitazione di quest’ultimo profilo, è soprattutto dall’indagine in concreto che si ricava
l’assetto di cautele che nel frangente in esame si sarebbe dovuto pretendere dai soggetti agenti87, si lasciano penetrare nel tipo colposo i “tentacoli” del ragionamento “a
posteriori”. Ma non è tutto.
80
App. L’Aquila, 10.11.2014, Barberi e altro, cit.
C. Ruga Riva, Principio di precauzione e diritto penale. Genesi e contenuto della colpa in contesti di
incertezza scientifica, in AA.VV., Studi in onore di Giorgio Marinucci, cit., 1759.
82
F. Giunta, Il diritto penale e le suggestioni del principio di precauzione, in Criminalia 2006, 241 s.
83
L. Gizzi, Il criterio della concretizzazione del rischio tra causalità della condotta e causalità della
colpa, in CP 2005, 1539 s.
84
C. Piergallini, Il paradigma, cit., 1696 s.; D. Castronuovo, La colpa penale, cit., 172 ss.
85
K. Summerer, Causalità, cit., 89 s.
86
L. Gizzi, Il comportamento alternativo lecito nell’elaborazione giurisprudenziale, in CP 2005, 4141.
87
P. Piras, Le modalità dell’evento medico: la Cassazione aggiunge il quomodo all’hic et nunc, in
www.penalecontemporaneo.it 29.3.2012, 2 ss.
81
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Secondo l’opinione dominante88, onde misurare il contegno colposo in contesti
d’incertezza nomologica (caratterizzati da regole cautelari “improprie”), sarebbe consentito accontentarsi di una prognosi probabilistica di evitabilità dell’evento89, con la
conseguenza che quest’ultimo «può essere imputato anche a prescindere dalla certezza o quasi che il comportamento alternativo lecito avrebbe evitato quel risultato
lesivo»90. E, dinanzi a fattispecie commissive colpose causalmente orientate, sarebbe
da «assumere una connotazione “debole”» del nesso causale colposo, essendo presupposto che il giudice accerti previamente che la condotta positiva abbia causato la
verificazione dell’evento hic et nunc91. Ma un simile presupposto vacilla (e con esso la
tenuta della conclusione in punto di colpa), quando l’accertamento del nesso materiale sia a sua volta affidato a parametri esplicativi “deboli”, intrisi di “probabilità logica” e di “aumento del rischio”. Ecco che l’interferenza fra l’accertamento del nesso
causale materiale e la verifica dell’impedibilità dell’evento colposo appare più stretta
di quanto ipotizzato nella sentenza del Tribunale dell’Aquila. Il rischio di un “corto
circuito”– di una reciproca influenzabilità – fra i due profili d’imputazione non è remoto, attese l’incertezza esplicativa dei parametri per misurare l’eziologia della dinamica causale, da un lato, e la genericità delle prescrizioni cautelari da cui ricavare i
comportamenti pretendibili dai soggetti agenti, dall’altro.
5.1. L’inclinazione estensiva dei tratti di rimproverabilità colposa della condotta
degli imputati è, infine, favorita dal parametro spendibile per misurare la c.d. “motivabilità”92 degli agenti nel caso in esame. Essendo chiamati i massimi esperti del settore, il G.u.p. (riesumando i criteri delineati dalla Cassazione per il disastro di Sarno)
osserva che il parametro di esigibilità «non è (non può essere) genericamente ed ipoteticamente quello dell’homo eiusdem professionis et condicionis, ma è, più specificamente, quello tipico dell’agente in grado di svolgere il compito affidato nel modo
migliore possibile e che coincide, proprio per la particolarità del caso qui in trattazione, con le figure degli imputati». Perciò, agli imputati è richiesto «di non limitare
l’esame agli elementi che appaiono certi alla loro percezione, ma [di] ipotizzare
l’esistenza di situazioni non direttamente e immediatamente percepibili, ma la cui esistenza non possa essere esclusa nella situazione contingente con una condotta di pre-
88
G. Forti, Colpa ed evento nel diritto penale, Milano 1990, 692.
G. De Francesco, Colpa e prevenzione del rischio nel campo delle malattie professionali, in DDP
2012, 668.
90
P. Veneziani, Causalità della colpa e comportamento alternativo lecito, in CP 2013, 1235. Diff. G. Marinucci, Non c’è dolo, cit., 24; L. Gizzi, Il comportamento, cit., 4135. In tema cfr. G. Amara, Fra condotta attiva e condotta omissiva: nuovi criteri distintivi e reali conseguenze sul piano dell’imputazione
dell’evento, in CP 2007, 2806; K. Summerer, Causalità, cit., 163.
91
P. Veneziani, op. loc. cit.; ma in questo senso già M. Donini, La causalità omissiva e l’imputazione
“per l’aumento del rischio”. Significato teorico e pratico delle tendenze attuali in tema di accertamenti
eziologici probabilistici e decorsi causali ipotetici, in RIDPP 1999, 41 ss. Non condividono l’assunto F.
Angioni, op. cit., 1292; K. Summerer, Causalità, cit., 305.
92
F. Palazzo, Corso di diritto penale. Parte generale4, Torino 2011, 470.
89
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visione adeguata alle loro qualità»93. In casi come questo, secondo il Tribunale, opera
un metro di esigibilità «particolarmente elevato», perché connotato dalla disponibilità di conoscenze e da abilità superiori a quelle di altri gruppi di riferimento 94.
Questo stesso parametro, come si è visto, è evocato dal Giudice già per stabilire il
carattere non imprevedibile e non eccezionale degli eventi concausali. Nondimeno,
nei due frangenti – l’individuazione di fattori escludenti il nesso causale e
l’attribuibilità della violazione delle cautele prescritte –, il prototipo di agente modello non dovrebbe rivestire i medesimi contenuti; più specifico e particolareggiato
(esteso «alle situazioni transeunti e contingenti, di ordine tanto oggettivo quanto
soggettivo, capaci di condizionare la conoscenza del fatto e l’apprensione della regola
cautelare») dovrebbe risultare l’homo eiusdem professionis in gioco per la “misura
soggettiva” della colpa95.
In questa sede potrebbero assumere un peso “individualizzante”: a) le sollecitazioni dell’autorità politica a rappresentare una situazione quanto più possibile tranquillizzante; b) la concitazione di quei giorni, suscitata da opinioni e da dati contrastanti
quanto ad an, quando e quomodo della verificazione di una forte scossa sismica; c)
l’urgenza a provvedere cagionata dal ritardo con cui l’autorità politica ha investito del
compito la C.G.R.96. Inoltre, le incertezze circa il luogo ove si sarebbe potuto verificare il terremoto, minacciavano l’efficacia delle misure da prendere, minando, così,
l’esigibilità stessa della prescrizione cautelare: la sollecitazione della popolazione a
spostarsi in aree contigue a quelle investite dal rischio stimato, infatti, avrebbe potuto ingenerare addirittura maggiori criticità, qualora proprio nelle aree di destinazione
si fosse poi sviluppata la scossa. Anche il contenuto delle cognizioni scientifiche più
elevate, quando non univoco, dovrebbe rappresentare elemento da considerare per
un’esatta individualizzazione del rimprovero.
Di tutto ciò, invece, il Tribunale non dà conto (se non al fine di commisurare le responsabilità ad un grado «particolarmente elevato»), confermando una certa ritrosia
della giurisprudenza a valorizzare le potenzialità “personalizzanti” dell’illecito colposo 97 . Al contrario, prospettando una figura di “agente modello” che, grazie
all’accentuazione di alcuni suoi tratti formali qualificanti e in parte svincolati dal
contesto di azione, appare «ansiosamente protesa a reperire i segnali di allarme» 98, il
93
(Corsivi originali). Sulla percezione dei “segnali di allarme” v. N. Pisani, La “colpa per assunzione”
nel diritto penale del lavoro. Tra aggiornamento scientifico e innovazioni tecnologiche, Napoli 2012, 163
ss.
94
F. Basile, Fisionomia e ruolo dell’agente modello ai fini dell’accertamento processuale della colpa generica, in AA.VV., La prova, cit., 99 s.
95
F. Palazzo, Corso, cit., 474. Così pure (nel quadro di ricostruzioni tese a “individualizzare” e a “personalizzare” il rimprovero) D. Castronuovo, La colpa penale, cit., 562 ss.; Id., La colpa “penale”. Misura soggettiva e colpa grave, in RIDPP 2014, 1729 s.; A. Canepa, L’imputazione soggettiva della colpa. Il
reato colposo come punto cruciale nel rapporto tra illecito e colpevolezza, Torino 2011, 155, 162 e 189;
M. Donini, L’elemento soggettivo della colpa. Garanzie e sistematica, in RIDPP 2013, 147 ss. Scettico
sulla funzionalità di tale parametro F. Giunta, La normatività, cit., 109; Id., Il reato colposo, cit., 75 e
90 s.
96
Per analoghe indicazioni v. D. Castronuovo, La colpa penale, cit., 589 s.
97
D. Castronuovo, La colpa penale, cit., 573 ss.; F. Giunta, Il reato colposo, cit., 75 s.
98
V. Attili, op. cit., 1287.
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giudice finisce con l’allontanare il rimprovero colposo dalle capacità dell’imputato
esigibili al momento del fatto99.
Certo, l’eccezionale abilità dell’agente concreto è, in linea di massima, elemento di
maggiore “esigibilità” dell’attuazione dei precetti cautelari, così come la titolarità di
funzioni pubbliche apicali impegna l’interessato a sfruttare al massimo le proprie conoscenze nello svolgimento del compito. E tuttavia, il prototipo di “agente modello”
deve reagire diversamente quando si abbia a che fare con settori incerti, controversi e
in via di consolidamento scientifico, e quando la condotta si dipani in contesti altamente problematici per la situazione di fatto confusa in cui si viene chiamati ad intervenire.
Ad una tale esigenza presta maggiore attenzione la Corte d’Appello dell’Aquila,
nell’escludere la responsabilità degli scienziati per non avere “previsto” come “possibile” il terremoto. Il Collegio stigmatizza, in particolare, la scelta «di parametrare la
colpa degli imputati al loro stesso patrimonio conoscitivo, o meglio alle pubblicazioni
di alcuni di loro, alcune delle quali risalenti agli anni ‘90 del secondo scorso, pur in
assenza di una conferma scientifica sulla permanente attendibilità di quegli studi»100.
Attendibilità che, invece, per la Corte, non sarebbe loro da riconoscere per definire lo
stato di conoscenze correnti all’epoca, essendo stati quegli stessi studi nel frattempo
sottoposti a smentita. In tal modo il Collegio di secondo grado esclude che gli imputati fossero depositari di un sapere superiore alle conoscenze dei loro colleghi in materia e che, dunque, si potesse da loro pretendere qualche cosa di più.
Sennonché, l’approdo dei giudici lascia residuare il dubbio che gli stessi studi potessero invece rilevare per definire le condizioni di rischio, nell’eventualità che essi
non avessero (ancora) trovato smentita (perché non ancora decorso il periodo di latenza ipotizzato). E una tale ipotesi porrebbe il problema di chiarire se un esperto
chiamato nella veste di consulente pubblico debba pronunciarsi sulla base
dell’insieme delle conoscenze della materia specialistica o se debba, piuttosto, intervenire come ricercatore impegnato in pioneristiche indagini presentate alla comunità
scientifica, ma in attesa di definitiva conferma.
La questione si è posta per i decessi conseguenti all’attività del Petrolchimico di
Porto Marghera101, per i quali la Corte di Cassazione102 ebbe ad affermare che, per definire la prevedibilità dell’evento e, quindi, la pretesa normativa delineabile tramite
l’agente modello di riferimento, si sarebbero dovute considerare anche le conoscenze
disponibili più recenti e innovative, quantunque non ancora patrimonio comune e
99
R. Bartoli, Colpevolezza: tra personalismo e prevenzione, Torino 2005, 204.
Tale verifica rappresenta «questione di non poco conto in un ambito quale quello della scienza sismologica che, come è emerso, non solo offre ben poche certezze […], ma avvalendosi di dati di natura prettamente empirica e statistica, procede “per salti”, sulla base degli incrementi di conoscenze
che vengono dai forti terremoti».
101
Sulla vicenda, oltre alle osservazioni di R. Guariniello, Tumori professionali a porto Marghera, in FI
2007 (II), 551 ss., sia consentito rinviare a D. Notaro, Il caso del Petrolchimico di Porto Marghera:
esposizione a sostanze tossiche e colpa, in AA.VV., Casi di diritto penale dell’economia, II, Impresa e
sicurezza (Porto Marghera, Eternit, Ilva, ThyssenKrupp), a cura di L. Foffani e D. Castronuovo, Bologna 2015, 51 ss.
102
Cass. 17.5. 2006, n. 4675, in FI 2007 (II), 550.
100
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non ancora applicate, «a meno che si tratti di studi isolati ancora privi di conferma»103. Sotto gli occhi è, tuttavia, la difficoltà di tracciare la distinzione tra rischio incerto, eppur delineato da ricerche serie e fondate, ancorché non acquisite a patrimonio conoscitivo, e situazioni di rischio profilate da «studi isolati e privi di conferma»104. L’ambiguità della distinzione non si scioglie col precisare che, per aversi la
prevedibilità dell’evento lesivo, non basta «la mera possibilità che lo stesso si verifichi», ma occorre «una possibilità concreta e non meramente astratta» 105. Per la Corte
di Cassazione, infatti, «il rischio diviene concreto quando – sia pure in base a ricerche
non ancora complete o prive di requisiti di generale applicabilità o anche soltanto in
base a serie generalizzazioni empiriche – viene individuata la possibilità dell’idoneità
lesiva di una condotta commissiva od omissiva che dunque diviene prevedibile» 106.
Dietro tale affermazione si cela un’idea della funzione cautelare protesa a contrastare gli «elementi fattuali premonitori tali da far ritenere che, in determinate situazioni, si possa creare un rischio per la salute» o per la sicurezza dei soggetti portatori
degli interessi deboli107. Sennonché, se tale prognosi prescinde dall’esame della fondatezza degli indici di allarme, la soluzione si presta a soddisfare istanze di stampo
“precauzionale”108: istanze per le quali dovrebbe assumere preminente rilievo la
scienza allarmistica, rispetto a quella più scettica o dubbiosa, per il solo fatto che essa
prospetta più insistenti chances di tutela dei consociati. E allora, potrebbero rilevare
le conoscenze ristrette di uno o più esponenti quando queste siano ancora suscettibili di risultare corrette, sebbene manchi un loro accoglimento in seno alla comunità
scientifica.
Ma un tale approdo sconfesserebbe l’esigenza di “umanizzare” il rimprovero colpo109
so , trascurando il vantaggio di avvalersi di cautele realmente efficaci ad impedire
l’evento110. Quando poi la materia trattata sia incerta, la disputa circa l’individuazione
del sapere “attendibile” investe il versante delle conoscenze accessibili a ciascun appartenente alla cerchia degli specialisti. E si pone, quindi, il tema della possibilità del
professionista di adempiere il dovere di approfondimento informativo, al fine di raccogliere e valutare i segnali di allarme111: cioè, quanto si chiedeva di fare agli esperti
della C.G.R. in occasione della riunione indetta dalla Protezione Civile. In simili frangenti anche la qualificazione di un “segnale di allarme” può essere opinabile.
103
Cass. 17.5.2006, n. 4675, cit. Cfr. R. Guariniello, op. cit., 553.
C. Piergallini, Il paradigma, cit., 1700 ss.; V. Attili, op. cit., 1257; D. Petrini, Rischi di responsabilità
oggettiva nell’accertamento della colpa del datore di lavoro, in AAVV., Responsabilità penale, cit., 304.
105
C. Brusco, Brevi considerazioni sulla prevedibilità dell’evento nel reato colposo, in AA.VV., Responsabilità penale, cit., 493.
106
Cass. sez. IV, 17 maggio 2006 n. 4675, cit.
107
C. Brusco, Brevi considerazioni, cit., 494.
108
Cfr. sul punto i lucidi richiami di G. De Francesco, Colpa e prevenzione, cit., 668.
109
F. Giunta, I tormentati rapporti fra colpa e regola cautelare, in DPP 1999, 1296; Id., Il reato colposo,
cit., 75; V. Attili, op. cit., 1289; A. Massaro, Principio di precauzione e diritto penale: nihil novi sub sole?, in www.penalecontemporaneo.it 9.5.2011, 18 s.; D. Petrini, op. cit., 305.
110
R. Bartoli, Paradigmi giurisprudenziali, cit., 122.
111
A. Perin, La crisi del “modello nomologico” fra spiegazione e prevedibilità dell’evento nel diritto penale. Note introduttive e questioni preliminari sul fatto tipico colposo, in RIDPP 2014, 1380 s.
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Com’è noto, a comporre la fisionomia dell’homo eiusdem professionis ac condicionis concorrono tutte le caratteristiche personali dell’autore del fatto, purché suscettibili di standardizzazione o di oggettivazione112: tra queste, anche le superiori conoscenze specialistiche, le quali, tuttavia, per delineare il modello, debbono essere suscettibili di generalizzazione; debbono, cioè, vantare un riconoscimento
nell’ambiente di elezione dell’agente concreto. Ecco che riappare su questo versante
l’esigenza di chiarire se per l’intera comunità scientifica il tema trattato dagli imputati
presenti connotati d’incertezza o se, invece, consegni elementi per un più preciso assolvimento dell’incarico istituzionale.
A tale questione si affaccia la Corte di Appello dell’Aquila. Esclusa la possibilità di
appellarsi alle sole esperienze di studio degli imputati nel procedimento, i giudici
non hanno mancato di guardare allo stato delle conoscenze sismologiche generalmente disponibili, onde verificare se la valutazione d’imprevedibilità di evoluzione
(compiuta in seno alla riunione del 31 marzo 2009) rispondesse alla miglior scienza
incarnata (non già dagli imputati soltanto, ma) dal complesso dell’elaborazione di
settore. Si trattava di dimostrare che non esistessero validi studi in grado di teorizzare la significativa rischiosità sismica di situazioni paragonabili a quelle maturate in
Abruzzo nei mesi precedenti il terremoto. Sulla scorta di apporti scientifici anche di
respiro internazionale, si doveva trarre la ragionevole convinzione dell’impossibilità
per gli scienziati di effettuare una diversa valutazione rispetto a quella da loro compiuta a L’Aquila. E dalle deposizioni tecniche nel processo, pur oscillanti nei contenuti, non sono emersi elementi scientificamente fondati a sostegno di una diversa e
più allarmata considerazione del rischio in corso a L’Aquila.
Per giungere a tale convincimento, la Corte ha dato peso alla maggiore puntualità
e accuratezza dei riferimenti posti dagli esperti che hanno rappresentato la tendenziale non prevedibilità del sisma, rispetto ai colleghi che si sono invece pronunciati
per un possibile aggravamento del rischio. A guidare il Collegio è stato, dunque, un
metodo di ragionamento basato su elementi di coerenza logica ad argomentativa (interna) delle deposizioni tecniche rilasciate: un metodo, peraltro, che, oltre a rispondere ai compiti del giudice quale “custode del metodo scientifico”, appare l’unico
davvero alla portata del magistrato che si accosta a materie altamente specialistiche113. Spetta ai tecnici interpellati esprimersi in termini chiari, convincenti, onde
rappresentare lo stato delle conoscenze in un certo ambito. Al giudice si deve chiedere, piuttosto, di valorizzare le deposizioni in ragione della loro capacità di affermarsi
razionalmente sugli orientamenti dialetticamente contrapposti. E a tale risultato si
giunge grazie anche alla capacità delle parti di alimentare il confronto con elementi
che per il giudice sono suscettibili di valutazione.
112
113
S. Canestrari, La doppia misura della colpa nella struttura del reato colposo, in IP 2012, 23.
F. Palazzo, Morti, cit., 185.
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29.1.2016