Questionario Germano D Arcangeli

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Questionario Germano D Arcangeli
Germano D’Arcangeli, Oltre a una parentesi “giovanile” alla Dinamo, società da lui
stesso creata, e in Petriana prima come aiuto allenatore di Fabrizio Fabbri e poi
allenatore della serie B2, allena da sempre alla Stella Azzurra, di cui è il factotum.
Oltre a curare personalmente i giocatori, ha quasi sempre allenato la prima squadra
(ormai militante da molti anni in serie B2), dove ha fatto esordire e maturare molti
giovani cresciuti in società e che oggi calcano i parquet di Serie A e B. Su tutti
ricordiamo Andrea Bargnani, oggi nella NBA come prima scelta assoluta dei Toronto
Raptors, Andrea Iannilli, Franko Bushati, Mauro Liburdi e Matteo Rossetti, solo per
ricordare quelli approdati alla massima serie.
Ha partecipato a 7 finali nazionali giovanili.
-----------------------------------------------------------------------------------------Fascia d’età 16-19 anni
Che tipo di ambiente crei come allenatore di questa fascia d’età? Qual è il
tuo approccio con i ragazzi, come li tratti e ci stai insieme?
Sto molto spesso con loro durante il giorno. Mi preoccupo di come vanno a scuola
o di cosa succede abitualmente nella loro vita. Tutto ciò mi aiuta a capirli meglio
quando li alleno, a dare alle loro esigenze anche durante una gara risposte più
precise. Spesso quando si innalza il livello di competizione e di stress hanno
bisogno di essere guidati e così mi è più facile. Ho anche la fortuna che alcuni di
quelli che alleno vivono nella nostra foresteria e quindi “dipendono” da me in
tutto e per tutto. L’ambiente formativo è però ai limiti. Li spingiamo sempre più in
alto e sempre più duramente. Il nostro motto è “senza più scuse” e quindi non ci
piacciono giocatori fannulloni o con l’approccio morbido alle nostre cose.
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Quali sono gli obiettivi del tuo lavoro? che tipo di contenuti proponi e
quale metodologia adotti?
L’obiettivo principale è quello di rendere il ragazzo il più vicino possibile “al
professionista di alto livello” per attitudine, tecnica, fisico e senso di
responsabilità. Trascuriamo un po’ la tattica del gioco. I ragazzi fanno
allenamento tutti i giorni senza pausa. Gli proponiamo sempre cose diverse e
“alla giusta distanza”. Dire ad un ragazzo che … deve schiacciare nel traffico
perché così trasformerà il tratto del carattere conseguente in aggressività pura è
secondo noi sbagliato perché forse non è alla giusta distanza è come se
chiedessimo ad un bambino che gattona solamente, di calciare una palla o
inseguirla mentre rotola. Si stuferà immediatamente. Gli chiediamo invece di
entrare in un laboratorio dove può anche contribuire a trasformare la realtà di
quel momento in un’altra cosa partendo da un modello teorico di riferimento.
Utilizziamo spesso
il video e la visualizzazione oltre che un numero di
allenamenti individuali sempre crescente a partire da gennaio dopo l’adattamento
alla stagione in corso.
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I fondamentali: quali, come e quando li insegni?
I fondamentali ovviamente tutti con particolare predilezione sul tiro e sul
palleggio. Soprattutto su quest’ultimo insistiamo molto. La palla deve essere
come una diretta emanazione del corpo..una propaggine. Li inseriamo in tutti gli
allenamenti della settimana, almeno mezz’ora al giorno e in tutte le forme magari
anche con la musica.
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Insegni tutto a tutti? Quando cominciare a differenziare per ruoli?
Insegno tutto a tutti senza distinzioni. Anzi il mix tra un esterno e un lungo in
alcuni esercizi per esempio, aiuta l’uno a risolvere il problema come farebbe
l’altro e viceversa. E l’aiuta anche a capire le difficoltà che un certo tipo di
giocatore vive giocando. La differenza tra gli uni e gli altri l’alleniamo soprattutto
così. Il tipo di giocatore che produciamo deve saper giocare in più ruoli possibili.
Anche se a questo proposito se ci rendiamo conto che un giocatore di 198 cm ha
in sé i prodromi del pivot ne facciamo da subito un pivot invece di traghettarlo
verso qualcosa che non sarà mai. Meglio un pivot di serie C che un disadattato
che smette.
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Che indicazioni dai ai ragazzi/e per l’attacco? Qual è il tuo sistema di
gioco?
Il nostro sistema di gioco molto libero è pensato per garantire a tutti la possibilità
di recitare da protagonisti. L’indicazione che diamo più spesso è quella di “vincere
la sfida” sia con la palla sia senza contro il proprio avversario. Questa ovvietà
caratterizza il nostro lavoro. Il giocatore sente quindi di potersi prendere delle
responsabilità. Accetta la sfida! E per poterlo fare migliora necessariamente la
tecnica, senza la quale te “la dai in faccia” altrimenti.
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Che indicazioni dai per la difesa?
Per la difesa stimoliamo anche qui l’idea di vincere la sfida e ripetiamo loro in
continuazione di prendere una iniziativa. Questo rende imprevedibile il nostro
modo di difendere e assolutamente partecipato. Do delle regole all’inizio ma
chiedo loro di decidere quando farle scattare. Sempre o mai dipende chiaramente
dalla consistenza fisica di ognuno dei ragazzi. Comunque difendiamo a uomo e
molto spesso a tutto campo ma soprattutto aggressivamente. Così la nostra
difesa diventa il nostro modo migliore di attaccare. Sarà l’attaccante a
proteggersi dal difensore e non viceversa.
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La tattica: cosa insegni e quanto deve essere importante?
La tattica che insegno è quella individuale: per esempio quando e come prendere
la palla, quando e come prendere un tiro. Spesso più in allenamento che in
partita. In gara li lascio alla verifica agonistica delle cose che sanno fare. Infatti
non siamo un modello di gioco da esportare… ma i giocatori stanno arrivando
dove noi vogliamo. Alla fine ci penseranno altre persone nella loro attività senior
a pretendere dai ragazzi certe cose che appartengono alla loro filosofia. E i
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ragazzi saranno pronti a tutto. Noi siamo infatti un istituto professionale, un
transito che li prepara.
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Effettui un lavoro specifico per la parte atletica?
La parte atletica è di competenza oramai da 8 anni del professor Urrutia. I
ragazzi di questa fascia hanno tre sedute di pesi e due di lavoro organico a
settimana, che fanno prima del lavoro tecnico. Fanno con il preparatore cose che
servono anche per giocare come il lavoro propriocettivo e di reattività. Il lavoro
con i pesi è soprattutto con il bilanciere olimpico. Strappi, girate e slanci sono il
loro pane quotidiano. Tra l’altro essendo cose particolare e bisognose di una certa
tecnica, cominciamo ad insegnargliele da subito senza carichi.
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In questa fascia d’età quali sono secondo te gli errori più comuni che
vengono commessi?
Gli errori che più frequentemente vengono compiuti sono spesso legati alla scarsa
sensibilità sul pallone. L’incapacità di battere l’uomo avendo quindi la necessità di
abusare del palleggio è quello che appare di più. E le problematiche sul tiro che
spesso ha bisogno di un palleggio per essere in equilibrio.
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Sono ormai molti anni che lavori su gruppi di ragazzi/e di questa fascia
d’età. Che cambiamenti hai notato nei ragazzi/e di oggi rispetto a quelli
del passato, e come è cambiato, se è cambiato, il tuo approccio nei loro
confronti?
Il mio rapporto con loro non è cambiato negli anni. Sono esigente a costo di farli
soffrire ma a questo non mi arrendo. Loro sanno dove li vogliamo portare anche
perché glielo diciamo all’inizio. E quindi a costo di essere ripetitivi non voglialo
scuse. Scoprire i propri limiti e lavorarci su è il nostro must. Rispetto al passato
infatti è proprio il loro senso di responsabilità collettiva che è peggiorato. Sono
molto competitivi, un po’ egocentrici, molto autonomi ma con una peggiore
capacità di collaborare per una soluzione comune. Magari ti chiedono scusa cento
volte ma di quel tiro lì ne prendono altri mille. Il senso del dovere si modifica in
base alla fatica molto meno di quanto invece incide la forza di volontà.
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