solemi02: speciale_3d-b_impresa
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le operazioni finanziarie le aziende usa nella penisola gli ostacoli da superare I private equity statunitensi studiano l’industria italiana Impieghi a 25 miliardi, 591 le imprese presenti Fisco, giustizia e burocrazia i nodi visti da oltreoceano Servizio – pag. 40 Marco Valsania – pag. 41 Servizi – pag. 42 BUSINESS ITALIA-USA Mercoledì 6 Febbraio 2013 www.ilsole24ore.com RAPPORTI 24 / IMPRESA Investimenti americani in Italia LA SFIDA Scatta l’operazione fiducia La comunità imprenditoriale in campo per raccontare le opportunità del «made in Italy» NEW YORK. Dal nostro corrispondente Gli ultimi dati disponibili per una valutazione dello stock di investimenti diretti americano in Italia sono preoccupanti. Il nostro Paese è fanalino di coda nel contesto dei grandi Stati europei, al 26esimo posto, dietro molti Paesi in alcuni casi di dimensioni più piccole. Si potrà disquisire su quanto l’investimento diretto americano sia importante per il nostro Sistema Paese. E nell’attuale dibattito politico elettorale ci saranno anche opinioni contrarie. Ma resta un dato di fatto: gli investimenti diretti americani sono sempre un punto di riferimento per tutti glialtriattoriinternazionalie ovunquevengono incoraggiati. Perché rappresentano la possibilità di ricevere apporti di capitale per importanti investimenti industriali (si veda il caso recente di General Electric con Avio), ma anche perché agevolano spesso l’inserimento di realtà economiche italiane in un circuito globale che può consentire crescita del fatturato e stabilità, non solo per la forza lavoro ma anche per gli indotti locali. L’apertura, quindi, è sempre meglio della chiusura. La circolazione di idee e di capitale è sempre meglio dell’aria stantia di un guscio che presenta sicurezze effimere. Con il Rapporto24 Business Italia-Usa di oggi, Il Sole 24 Ore intende lanciare un dibattito programmatico, un manifesto per favorire l’investimento diretto americano in Italia. Hanno aderito all’iniziativa alcuni dei più importanti manager italiani: Fedele Confalonieri auspica che si rafforzi la comunicazione in lingua inglese sia interna sia esterna per superare gap culturali, Fulvio Conti chiede di guardare oltre la crisi assorbendoindicazionidiriformeenergetiche in arrivo dagli Usa ma offrendo a nostravoltai progressitecnologiciitaliani, PaoloScaronisottolineache l’Italia è un porto sicuro ma evidenzia che si devono dare sempre dimostrazioni di affidabilità. Enrico Cucchiani ricorda che il sistema finanziario italiano è pronto ad appoggiare investimentiesteri,cheil «sellItaly»ègiàdiventatoun«buy»,conunraccomandazione:internazionalizzarsi e non mollare la presa. C’èun denominatorecomuneche condividiamo in queste posizioni: quello della fiducia. La fiducia è figlia della certezza. E se c’è un punto fermo che abbiamo recepito nella preparazione di questo inserto, parlando con interlocutori americani, riguarda proprio un prevalere delle incertezze sulle certezze quando si decide di entrare con investimenti diretti nel nostro Paese. La questione è centrale. Guardando in avanti, le sfide che attendono il prossimo Governo per il contenimento dello spread sul nostro debito e per l’incoraggiamento degli investimenti di portafoglio, riguardano anche gli investimenti diretti. Sono sfidechevannoraccolte perfavorirela crescitadellanostraeconomia.L’investimentodiretto, per definizione, riguarda un investimento che assume il controllo di un’azienda o di una attività imprenditoriale; quello di portafoglio riguarda in genere l’acquisto di azioni o obbligazioni sul mercato. E rappresenta il primo livello di fiducia: se lo spread sale, se i problemi strutturali che riguardano il disavanzo o il debito salgono, se le riforme restano monche, la fiducia cala, l’investimento di portafoglio si riduce e il terreno dove seminare con una certa regolarità investimenti diretti si restringe. Ma ci sono anche provvedimenti più mi- IL SISTEMA PAESE A Sostenere Un rapporto la voglia che può aiutare di dimostrarsi a creare affidabili sviluppo In un’Europa che cambia l’Italia è un porto sicuro Vantaggi reciproci dagli accordi fra imprese di Paolo Scaroni di Fulvio Conti l rapporto tra Italia e Stati Uniti ha attraversato in questi decenni diversefasi e l’amicizia tra i due Paesi è stata celebrata in vari modi: per il legame culturale e storico che unisce le due sponde dell’Atlantico; per il contributo che gli italiani hanno dato al successopoliticoedeconomicoamericano; per il fascino magnetico che tuttociò che arrivada oltreoceanoesercita su di noi. Eppure resta una sfida: le aziende italiane, ma anche i loro rappresentanti istituzionali e accademici, devono far conoscere meglio la loro natura di imprese leader, di ricercatori d’eccellenza, di responsabili della vita pubblica di un Paese che ha voglia di dimostrarsi affidabile, solido e capace di innovare. I ttirare l’interesse e flussi di investimento della business community statunitense verso quel che di meglio oggi può offrire l’Italia deve essere un obiettivo concreto per favorire il superamento dell’attuale crisi strutturale. Dobbiamo, inoltre, seguire con attenzione i nuovi sviluppi per l’innovazione e la strategia economica in arrivo dagli Usa. In particolare per il settore energetico, dove peraltro l’Italia può dare un contributo innovativo questa volta verso l’America. Non c’è intervento di Obama, non c’è analisi geopolitica che oggi non menzioni la scelta di indipendenza energetica americana come uno dei driver più potenti che stanno spostando gli assi della competizione economica e degli equilibri mondiali. Gli Stati Uniti si pongono co- IL VALORE AGGIUNTO FORTI POTENZIALITÀ Il nostro Paese ha molto da dire (e da dare) al mondo, soprattutto grazie alla vitalità del suo tessuto di piccole e medie imprese eccellenti Il comparto energetico traccia la via: l’Italia può dare un contributo importante anche agli Stati Uniti, in termini di innovazione rati all’investimento diretto: senza modificare procedure che lasciano gli americani perplessi (la consegna dei bilanci in tribunaleola figuradelnotaio),lagiustizia, i rimborsi fiscali, la burocrazia, i permessi sia a livello nazionale che locale sono i punti debolievidenziatidai nostriintelocutoriamericani. Aggiungiamo che l’investimento diretto non è monolitico e va suddiviso in almeno quattro categorie: 1) l’acquisto di un’azienda italiana da parte di un gruppo americano che investe con prospettive di lungo termine; 2) l’acquisto da parte di un private equity che investe con prospettive a 5-7 anni e con l’obiettivo di "risistemare" l’aziendaperpoterlapoi cedereoaungruppo industriale o al mercato; 3) l’apertura di impianti produttivi nel nostro Paese; 4) l’apertura di uffici anche importanti per lacommercializzazionedei prodottirealizzati all’estero. Eppure, dalla nostra inchiesta, in questo rapporto emerge che per ora il numero più elevato di aziende americane stabilite in Italia riguarda gli uffici commerciali o di rappresentanza. In un’Europa che sta cambiando profondamente, l’Italia è un porto sicuro. La sua economia ha molto da dire e da dare per la vitalità del suo tessuto di piccole e medie imprese, il cui modello negli Usa è largamente studiato. Il Presidente Obama, nell’inaugurare il suo secondo mandato alla Casa Bianca, ha parlato di “rinascimento della manifattura” e di ritorno alla produzione per limitare i danni inferti all’economia americana dall’eccessiva “finanziarizzazione”. In questa vocazione manifatturiera noi italiani abbiamo molto da insegnare. La complessità delle sfide ci accomuna. Nessun Paese, oggi, può pensare di affrontare da solo le molte crisi che attraversano l’economia, la politica, la società. Occorrono alleanze solide e affidabili, partnership economiche in grado di favorire relazioni sempre più strette tra paesi e imprese. me modello per una strategia energetica coerente, parte integrante della politica di Governo. Un volano per la ripresa e che si articola su più pilastri: sviluppare e rendere sicure le forniture energetiche, offrire ai consumatori strumenti innovativi per ridurre i costi e risparmiare energia, promuovere innovazione e clean energy. Al 2025 gli Usa si sono posti l’ambizioso obiettivo di ridurre le importazioni di petrolio ad un terzo del valore attuale. Parallelamente l’industria statunitense dello shale gas, alimentata in partenza anche da fondi pubblici per la ricerca, è cresciuta dal 2005 al 2010 costantemente del 45% l’anno, tanto che oggi il 24% del gas americano è prodotto con metodi non convenzionali. Le città sostenibili del futuro sono un punto cardine della “vision” di Obama: il Recovery Act ha stanziato 4,5 miliardi di dollariper lo sviluppo delle smart grids (le reti intelligenti) e 2,4 miliardi per favorire l’industria dei componenti e delle batterie per auto elettriche. Continua u pagina 42 Continua u pagina 41 Continua u pagina 41 ILLUSTRAZIONE DI PIERLUIGI LONGO Mario Platero A IL GAP DA COLMARE Promuovere i brand tricolori con orgoglio e consapevolezza Il vero spread è culturale: stereotipi dannosi sul Belpaese di Enrico Cucchiani di Fedele Confalonieri lla fine del 2011 l’Italia era nell’"eurociclone": lo spread toccava 575, l’ordine di scuderia per tutti gli asset manager suonava "sell Italy", il mercato wholesale interbancario era bloccato, la liquidità del sistema bancario (non solo italiano) saliva a livelli di guardia. Fast forward ai nostri giorni: lo spread si è più che dimezzato, la sopravvivenza dell’euro non è più in questione, il sistema bancario si è considerevolmenterafforzato siapatrimonialmente sia in termini dei liquidità, il "sell Italy" è diventato un"buy". Un riscontro diretto l’abbiamo avuto nella nostra banca. Una recente LE OPPORTUNITÀ emissione di obbligazioni, denominate in dollari Usa, si prefiggeva un target di raccolta di 1,5 miliardi circa: ebbene, la domanda è stata superiore a 11 miliardi, per più del 70% provenientedall’estero,conparticolareinteressedegli istituzionali americani, cinesi e del Golfo. Questa metamorfosi riflette da un lato i provvedimenti della Bce e la leadership di Mario Draghi nonché l’azione incisiva dell’attuale governo che, quanto meno, ha riscosso il deciso apprezzamento dei mercati. Non solo: rifletteancheibuonifondamentalimacroeconomici del nostro Paese. Continua u pagina 40 N e ho conferma ogni volta che sono all’estero per i road show finanziari, soprattutto negli Stati Uniti: gli investitori non hanno una visione reale, aggiornata del nostro Paese. Certo, mangiano italiano, vestono italiano, arredano con design italiano e molti di loro sognano o posseggono supercar italiane. Hannosimpatia per ilnostro paesee la sua creatività, ma non provate ad approfondire. E’ quasi sempre una delusione: quando va bene hanno in mente il paese in bianco e nero della “DolceVita” odi “VacanzeRomane”, quando va male la sottocultura degli immigrati italiani del Novecento, i “Guidos”, come dicono loro. Un chiaro spread culturale tra quello che siamo davvero, inefficienze comprese, e l’idea che hanno di noi. Le cause sono tante, ma in primo luogo pesa l’assenza di una nostra vera comunicazioneinlingua inglese.Nelmondo cisonocirca 2 miliardi di individui che leggono in inglese eche perfarsi unaopinionesucosastiaaccadendo in Italia devono affidarsi alle uscite episodiche e spesso a senso unico delle grandi testate britanniche o americane. I nostri grandi giornali hanno introdotto, nella versione online, un “tab” in inglese, ma traducono articoli costruiti da italiani per italiani per prosa,sintassi e ritmo. Continua u pagina 42 Edizione 2012 Rapporto sul mondo Non Alimentare Consulta il sommario su www.markup.it Acquistabile solo online su www.shopping24.it IN COLLABORAZIONE CON Il Sole 24 Ore Mercoledì 6 Febbraio 2013 - N. 36 40 500 BUSINESS ITALIA-USA Gli investimenti finanziari Il private equity? È strategico Cresce l’interesse da parte dei fondi americani per il manifatturiero italiano, ma serve continuità di Mario Platero ingresso di Carlyle in Moncler avviene nell’agosto del 2008: il gruppo di private equity Usa acquistail48% dellacasadimoda che produce articoli sportividilusso, fracui i celeberrimipiumini. Valutazione di Moncler in base all’operazione, circa 400 milioni di euro. In meno di tre anni l’Ebidta raddoppia, il numero dei negozi sale a 50 in Europa ,Asia e Nord America e Carlyle nel giugno del 2011 vende il 31% del suo pacchetto al private equity francese Eurazeo e riduce la sua posizione al 17,8%; Remo Ruffini il presidente, uomo chiave per la gestione, passa da un pacchetto del 38% al 32 per cento. L’impostazione strategica resta quella dell’espansione internazionale; il messaggio importante: puntare sul lusso (punto di forza italiano) nel 2008, quando le nuvole della crisi si erano già addensate, era giusto. Maquel checolpiscei mercati è lavalutazione di Moncler: dai 400 milioni di euro del 2008 è già passata in tre anni a 1,2 miliardi di euro. Questo per dire che nonostante le mille difficoltà di cui si parla sempre quando ci riferisce al nostro Paese (rigidità strutturali, un mercato del lavoro impervio, fisco aggressivo, mille burocrazie) per un fondo americano è possibile investire, muoversi con agilità, e incassare in tempi breviprofittichefannoinvidiaairitornimedi dei private equity a livello internazionale. Di storie simili ce ne sono altre. Patriarch Partners, ad esempio, compra Ansaldo sistemi industriali per 10 milioni di euro nel 2005 e la rivende nel 2012 a 400 milioni di euro. Un profitto di 40 volte in sette anni ha dell’eccezionale,anche inunsettoreabituato a storie di successo. Il problema? Le operazioni sono ancora molto poche rispetto alla media europea. Non si apprezza fino in fondo il ruolo “intermedio” del private equity e anzi, dopo la campagna elettorale americana con Romney, fondatore di Bain and Co, nel mirino i sospetti sono semmai L’ aumentati. Le accuse le conosciamo: mano pesante per estrarre valore finanziario a scapitodelvaloreindustriale.Avoltesuccede. Ma non è la regola. Anzi, la funzione dell’investimento diretto intermedio svolta dal private equity resta uno svincolo importante anche in Italia. Il private equity è, in genere, snello, rapido, meno burocratico di un grande gruppo e ottiene agevolmente un recupero di efficenza e competitività. Il gruppo giapponese Nidec che paga un premio strepitosto per l’Ansaldo di Patriach Partners è un esempio. Un altro è la vendita recente di Avio alla General Electric. Il gruppo americano era ben felice di aggiungere alla sua divisione motori aerei un’azienda risanata, in grado di contribuire alla crescita della divisione e del gruppo. Con un’azienda rimessa a posto era anche più facile decidere da parte della Ge un investimento per migliorare le dinamiche industriali, stimato in un miliardo di dollari. Un flusso di capitale fresco cheporterànuovavitalità, stabilità neltempo per l’Avio e arricchimento per l’indotto locale. All’orgine di questa operazione, di nuovoCarlyle,unodeifondipiùattiviinItalia. Ma la storia, in questo caso, ci mostra uno dei limiti che possono essere impliciti inun’operazione“italiana”nonsemprefunziona l’orizzonte di cinque sette anni, tipico per una exit strategy definitivada parte di un private equity. Carlyle ha venduto a un altro fondo il quale ha poi venduto a Ge; durata complessiva dell’operazione, oltre dieci anni. Per l’«Azienda Italia» sarebbe stato meglio avere l’ingresso di General Electrice dei suoi massicciinvestimenti industriali prima piuttosto che dopo. Fra le operazionirecentipossiamocitareCvcCapital, un fondo tra i più grandi del mondo con base a Londra e operazioni America che ha acquistato per un miliardo di dollari Cerved da Bain Capital e da Clessidra. Un’altra operazione importante: nel 2006 Blackstone acquista Gardaland dal private equity italiano Investindustrial di AndreaBonomi per un cifra che sfiora i 500 Operazione riuscita su Moncler Per i più giovani. Lo stile casual e sportivo del brand Moncler Gamme Blue per la stagione autunno-inverno 2013/2014 1,2miliardi Dopo l’intervento di Carlyle Intreanni,dal2008al2011,èquesta lavalutazioneraggiuntadaMoncler milioni di euro. Fra gli altri fondi americani chehannomostratointeresseohannoeffettuato operazioni in Italia vi sono alcuni dei punti di riferimento più importanti per il settore:Apollo,Kkr,Aea,FirtReserveCapital,Tpg, Rohn Group, Lincolnshire, Vision, Warburg Pincus, Vestar, Trilantic, l’anglosassone Terra Firma, solo per citarne alcuni. In questo quadro il problema che salta agli occhi è che le operazioni concluse e di successo non sono molte. A parte i problemi di rigidità c’è una dimensione culturale che frena l’investitore americano: le aziende sono in genere medio piccole, forse troppo piccole per un importante investimento internazionale. Spesso, sono a conduzione famigliare con unmanagement debole,poco adattoalpassaggionellemani di ungruppodiprofessionistidellariorganizzazione;avolte cambiano senza preavviso i termini dell’accordo. Prendiamo la Lincolshire, un private equity americano con sede a New York. È interessata all’Italia, tenta l’acquisto di Plastiape, azienda italiana specializzata nella produzione di apparecchi per spray nasali. Alla Lincolnshire ci sono perplessità per le fragilità del contesto eurozona e per l’Italia in particolare, ma il caso sembra di quelli che consentirebbero di superare le incertezze di fondo. Ma ecco l’ostacolo: l’azionista Plastiape chiede un improvviso rialzo del prezzo, quando gli accordi sono già stati raggiunti. A quel punto Lincolshire abbandona.Se non ci fosseroalcune incrostazioni di fondo strutturali, se non ci fossero retaggi culturali che frenano, il nostro Paese potrebbe, grazie alla miriade di imprese fortinellaloronicchiaalivelloglobale,svolgereun ruolomolto piùaggressivo nelcontesto internazionale. Potrebbe godere di consolidamenti settoriali, potrebbe attirare investimenti di capitale per migliorare l’investimento diretto. Accontentarsi di alcune storie di successo non basta. I successi spot sono interessanti, ma non cambiano il sistema Paese. © RIPRODUZIONE RISERVATA Milioni Sfiora questa cifra l’investimento che nel 2006 viene realizzato dal fondo Blackstone per acquistare Gardaland dal private equity italiano Investindustrial di Andrea Bonomi: una delle più celebri operazioni Usa-Italia Non solo export Promuovere i brand tricolori con orgoglio di Enrico Cucchiani Continua u da pagina 39 A fronte di un rapporto debito Pil elevato (ma non troppo distante da quello degli Usa e decisamente inferiore a quello giapponese), il livello di debito privato (famiglie e imprese) risulta assai contenuto, in linea con i parametri tedeschi. Il rapporto ricchezza Pil è ben al di sopra della media europea, americana e giapponese ed il deficit di bilancio è una frazione di quello Usa o del Giappone; in aggiunta, l’Italia - insieme alla Germania - è uno dei pochissimi Paesi industrializzati che può vantare un avanzo primario. I buoni dati macroeconomici sono supportati da un’economia reale che poggia su basi solide. Il tessuto industriale del nostro Paese è assai ricco e diversificato e l’Italia ha un peso assai rilevante nell’industrial belt europea che si estende da Amburgo a Firenze. Il tasso di crescita medio dell’export nel triennio 2010-2012 è pari al 6,5%, assai prossimo ai livelli tedeschi e quasi doppio rispetto al Regno Unito. In alcuni distretti e poli tecnologici, come emerge dalle analisi granulari e puntuali del nostro Ufficio Studi, la crescita è addirittura a doppia cifra, nonostante l’andamento recessivo dell’economia nazionale. L’Italia conta su grandi marchi, che declinano gli standard di un lifestyle che è un riferimento e un’aspirazione in tutto il mondo; ma la solidità industriale poggia anche sui settori "tecnici", sull’innovazione di prodotto e di processo, tipica della nostra media industria, vibrante, ricca di energie imprenditoriali e in pieno sviluppo. L’Italia non è solo un Paese di brand ma è - essa stessa - un brand di grande forza, affidabilità e richiamo. Lo tocchiamo con mano nell’attività quotidiana: in Intesa Sanpaolo ci sentiamo dei veri "connector" fra le opportunità offerte dall’economia globale e l’imprenditorialità diffusa sul pianeta. La grande sfida è quella di sfruttare pienamente il nostro network mondiale, presente in tutti gli hub dove la crescita mondiale trova spinte nuove, sempre più vigorose. Aiutare le nostre imprese ad internazionalizzarsi e intercettare i flussi d’investimento "da" e "verso" l'Italia è parte integrante della nostra mission e, soprattutto, del nostro impegno strategico. Un’altra opportunità di sviluppo per l’economia del Paese, prioritaria per noi, è quella di favorire la nascita di una nuova generazione di imprenditori: a tal fine, Intesa Sanpaolo è impegnata a creare un "ecosistema" per lo sviluppo di start-up basate sulle nuove tecnologie. In Italia disponiamo di centri di ricerca di fama internazionale e i giovani talenti sono numerosi: una risorsa e un patrimonio unico per lo sviluppo e l’affermazione del nostro Paese. La nostra è una grande banca, con una presenza internazionale importante e ramificata; solidità patrimoniale, livelli di liquidità e performance si collocano ai massimi livelli in Europa e questi punti di forza sono al servizio dei nostri clienti: Intesa Sanpaolo costituisce un ponte che collega tutte le opportunità di crescita, a beneficio delle imprese italiane e dei player internazionali. Crediamo nel brand Italia, siamo infrastruttura finanziaria del brand Italia, ci riteniamo alfieri nel mondo del brand Italia. L’autore è Consigliere delegato e Chief executive officer di Intesa Sanpaolo © RIPRODUZIONE RISERVATA AGGIORNA LE TUE COMPETENZE CON GLI ESPERTI DEL SOLE 24 ORE CALENDARIO MILANO E ROMA, Gennaio - Giugno 2013 ADVANCE BOOKING PROGRAMMI E OFFERTE COMMERCIALI www.formazione.ilsole24ore.com EXECUTIVE MBA EXECUTIVE24 MASTER CON DIPLOMA MASTER24 CON DIPLOMA Formula Blended: aula, distance learning, tutoring on line Executive MBA - Master in Business Administration Milano, dal 16 maggio - 1a ed. 20 mesi - 3 giorni al mese in collaborazione con Università Cattolica del Sacro Cuore Formula Blended: aula, distance learning, tutoring on line Strategic Human Resources Management Milano - dal 24 ottobre - 3a ed. 7 mesi - 3 giorni al mese Strategic Marketing Management Milano - dal 24 ottobre 7 mesi - 3 giorni al mese Luxury Management Milano dal 21 novembre - 1a ed. 7 mesi - 3 giorni al mese Direzione e Strategia d’Impresa Milano, dal 21 novembre - 8a ed. 13 mesi - 3 giorni al mese Finance for Executive: Corporate Finance & Banking Milano, dal 21 novembre - 6a ed. 7 mesi - 3 giorni al mese Gestione e Strategia d’impresa per imprenditori e manager Milano, dal 17 maggio - 10a ed. 13 weekend - 13 mesi Leadership LAB: laboratorio di Leadership e Empowerment + distance learning Milano, dal 17 maggio - 4a ed. 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Anche se, purtroppo, sono tuttora un’eccezione anziché la norma: il totale di questi impieghi è fermo a 25,34 miliardi di dollari, alle spalle di tutti i principali paesi europei, meno della metà di paesi come la Spagna, la cui crisi del debito è piu’ grave, o del Belgio. D LA TOP TEN Il giro d’affari delle principali presenze statunitensi nel nostro Paese è sui 50 milioni di dollari. In totale, però, l’Italia attira solo l’1,1% dei capitali Usa in Europa RAPPRESENTANZE COMMERCIALI La maggior parte delle attività rimane perlopiù confinata a uffici di rappresentanza, di marketing o commerciali. Ma è forte l’interesse per il manifatturiero italiano Di piu’: la maggior parte delle attività della Corporate America nella penisola rimane troppo spesso oggi ancora confinata a uffici di rappresentanza, di marketing o commerciali, non si estende a fabbriche e impianti. I grandi nomi della Corporate America mostrano di essere sensibili e interessati alle possibilita' offerte dall'Italia. La classifica del giro d’affari generato nellapenisolavedein testalareginadell’oronero Exxon Mobil, con la Esso Italia capace di vendite per ben 17,4 miliardi di dollari l’anno.Segue la General Electric, che hamesso a segno autentici investimenti diretti di grande rilievo: solo tra Nuovo Pignone e Avio, il gruppo aerospaziale che ha da poco acquisito, dovrebbe superare gli otto miliardi di girod'affari. Ford italia vanta 4,3 miliardi e General Motors 2,5, facendo lievitare l’auto a untotalediquasisettemiliardi, ancheselatitano le catene di montaggio e lo sforzo è soprattutto commerciale. Nell’informatica IbmItalia vanta3,9miliardi econi 2,4miliar- didiHewlett-Packardportala coppiadell’hitech oltre i sei miliardi. Il gruppo media Sky Italia, di News Corp, è assestato a 3,8 miliardi. La farmaceutica è un altro punto di forza della presenza statunitense: Pfizer (2 miliardi) e Abbott (1,7 miliardi) fanno quasi quattro miliardi. Seguiti dal turismo: Carnival, nelle crociere, con due marchi quali Costa e Mercurio supera i 3,5 miliardi. La prima finanziaria è al momento JP Morgan,con 1,2 miliardi.E altriesempiarrivano dalla new economy, dalla Power One, protagonistadelfotovoltaicochehadatovita anche a un nuovo polo di ricerca sull'energia rinnovabile in Toscana. E da Amazon, nell’e-commerce, che in Sardegna ha ideato un centro per i servizi ai consumatori.Ne'e'assenteuntessutodioperazionipassate piu' in sordina: dalla Agco che da dueanni controlla il produttore dimietitrebbie Laverda alla Dow Italia, che l’anno scorso ha investito in un nuovo impianto per la produzione di copolimeri UPS vicino a Lodi e ha aperto un centro globale di ricerca e sviluppo dei poliuretani nei pressi di Reggio Emilia. Heinz, il leader del ketchup, ha investito 30 milioni nello stabilimento Plasmon di Latina. L’Italia, pero’, rappresenta tuttora soltanto l’1,1% dei capitali a stelle e strisce con destinazioni europee e lo 0,61% di quelli con mete globali. Raffrontata al Pil, la presenza statunitense resta limitata. Gli investimenti contribuiscono l’1,24% rispetto al 3,2% in Germania, al 3,5% in Francia e al 4,3% in Spagna. Non basta: un paese come il minuscolo Lussemburgo(avvantaggiatodalruolodiparadiso fiscale e patria di holding finanziarie) batte l’Italia anche nel settore strettamente manifatturiero, 9,7 miliardi a 8,2 miliardi stando alle statistiche compilate dal governoamericano.Unparagonecheillustrailnodo degli investimenti corporate nel paese: tra le 923 unità locali di 591 imprese statunitensicensitedaInfocamere,abbondanouffici di rappresentanza e marketing e si contano sedi per la distribuzione commerciale. Ben piu’ raramente spuntano fra loro nuovi impianti produttivi. Quando una simile presenza esiste è spesso ereditata, grazie all’acquisizione di un protagonista consolidato, non il risultato del lancio di neonate attività. Esquilibri negli investimenti esistono quandosiosservalaloroconcentrazionesulterritorio: nonostante siano formalmente diffusi in 73 province, 405 delle 923 unità locali si trovano tutte nella provincia di Milano. Gli Ide nei sistemi produttivi La situazione attuale Settori innovativi INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI USA ALL’ESTERO Primi dieci Paesi e Italia. Dati 2011 in miliardi di dollari La doppia metamorfosi Asi un business andato a buon fine 1 Olanda 595 2° Regno Unito 549 3 Lussemburgo 335 4° Bermuda 327 di Mario Platero 5° Canada 319 6° Irlanda 188 C 7° Caraibi (GB) 181 8° Australia 136 9° Svizzera 125 10° Singapore 117 26° Italia 25 ° ° INVESTIMENTI DIRETTI USA IN ITALIA PER SETTORE Stock in milioni di dollari 2009 26.482 725 1.265 HOLDING SERVIZI PROFESSIONALI ASSICURAZIONI, FINANZA 4.959 2010 2011 25.465 25.338 861 1.371 870 1.443 +5,3% 3.107 3.005 -3,3% 181 161 Sport & immobiliare +1,0% 282 +55,8% INFORMATICA E TLC 2.732 2.978 3.006 +0,9% COMMERCIO ALL'INGROSSO 2.214 2.340 2.157 -7,8% ALTRO 5.873 6.431 6.222 -3,2% 108 INDUSTRIA ESTRATTIVA INDUSTRIA MANIFATTURIERA 863 967 406 1.621 1.315 -12 378 2.908 +60,4% 8.173 8.085 8.445 Alimentari e bevande Chimici e derivati Metalli e prodotti Meccanica Elettronica e computer Componenti elettrici Mezzi di trasporto Altro 178 111 353 765 459 1.523 1.166 -32 560 3.292 +1,1% +8,9% +13,3% +13,1% +15,4% +8,2% +8,3% +17,7% +6,2% n.d. 833 517 1.429 1.526 -56 n.d. n.d. © RIPRODUZIONE RISERVATA 36 Le imprese targate Usa censite da Infocamere Sono distribuite sul territorio italiano su 923 unità locali. Nonostante siano formalmente diffuse in 73 province, 405 insediamenti su 923 sono ubicati nella provincia di Milano 33 COMMERCIO ALL’INGROSSO LOGISTICA E TRASPORTI 11 COSTRUZIONI 22 16 ALTRI SERVIZI Fonte: elaborazioni Agenzia-Ice New York su dati Reprint L’orgoglio da ritrovare Le eccellenze da valorizzare Un rapporto utile Sostenere la voglia di dimostrarsi affidabili per andare oltre la crisi di Paolo Scaroni Continua u da pagina 39 L a grande sfida del futuro è quella di ricompattare l’Occidente scosso dalla crisi e magari di promuovere, finalmente, il grande sogno di un’area di libero scambio euro-atlantica. Vogliamo dare il nostro contributo di riflessione sul ruolo dell’Italia e su quanto il nostro Paese rimanga strategico e ricco di opportunità. Oltre a questa iniziativa del Sole 24 Ore per aprire agli investimenti americani in Italia, un’occasione ci sarà anche il prossimo 11 febbraio, a New York, con “Italy Meets the Usa”: l’Italia sarà al centro dei riflettori al Council on foreign relations. IL LEGAME CON GLI USA Chiediamo fiducia e rispetto. Noi italiani abbiamo dei limiti, ma vogliamo che nessun pregiudizio scalfisca le nostre indiscutibili capacità Non viviamo l’occasione del Forum come una semplice “vetrina”: ci sono altre occasioni per questo tipo di promozione. La viviamopiuttostocome unmomentodi sincera dimostrazione di amicizia. Agliamici disolito siconfessano glierrori, ma si chiede anche fiducia e rispetto. Noi vogliamo, nella relazione speciale con gli amiciamericani, checisiaesattamentequesto sentimento. Noiitalianiabbiamodeilimiti,ma vogliamo che nessun pregiudizio scalfisca le nostre indiscutibili capacità. Lo sappiamo bene noi di Eni, che portiamo in alto il nome e la reputazione dell’Italia nel mondo. Siamo ormai un’azienda globale, che mantiene però con orgoglio lapropria testa e il proprio cuore in Italia. Siamo convinti di avere tutte le caratteristiche che meglio raccontano l’Italia di oggi: competenza, innovazione, passione. Lanostra sarà quindi una testimonianza viva e sincera del ruolo dell’Italia in Europa e nel mondo. L’autore è amministratore delegato di Eni © RIPRODUZIONE RISERVATA di Fulvio Conti Continua u da pagina 39 I l Governo Usa ha previsto un milione di autoveicoli elettrici entro il 2015 e le rinnovabili hanno un ruolo fondamentale in questo scenario. Ma non si può ancora fare a meno di nucleare e di carbone. Ne è provacheèripresalacostruzionedicentrali nucleari e che il Recovery Act ha stanziato3,4miliardi didollari percleancoal eCcs. Le importazioni di petrolio sono diminuite del 20% in 3 anni. Anchein Italia il ruolo dell’energia perla crescitaètornatoal centrodel dibattito, soprattutto dopo la presentazione della Strategia energetica nazionale. Siamo in prima OBIETTIVO ITALIA Il nostro Paese può contare su una tradizione industriale solida e su una capacità di innovare e intraprendere che meritano grande attenzione A Roma via libera allo stadio delle occasioni sprecate Q uando Thomas DiBenedetto, James Pallotta, Michael Ruane e RichardD’Amorecompranol’As Roma, nell’estate del 2011, promettono un rilancio internazionale della squadra di calcio capitolina e la costruzione di uno stadio di proprietà. Funzionale allo scopo è anche uno sviluppo immobiliare, con shopping mall e palazzine residenziali. In America non ci sono troppe restrizioni per operazioni immobiliari a livello locale di questo tipo, specie se si profila un grosso investimento che porta lavoro. Invece, in Italia, l’operazione Roma si complica: di permessi non si parla, passa un anno e non succede nulla e gli investitori si dileguano. Uno di questi, che opera nel settore del calcio in America, ma anche in quello immobiliare, poteva essere la soluzio- linea nello sviluppo delle smart grids, della mobilità elettrica, delle fonti rinnovabili e di progetti di innovazione tecnologica. Ed Enel è “esportatrice” di eccellenza anche nelmondoamericano.Abbiamo conquistato credibilità e interesse per il “saper fare” italiano. Siamo presenti in Usa e Canada con 90 impianti tra idroelettrici, geotermici, eolici, solari e biomasse per oltre 1,2 GW. Abbiamo esportato la nostra competenza sulla geotermia, con i gli impianti innovativi in Nevada; il contatore elettronico, tassello indispensabile per le smart grids, ha destato grande attenzione. In quest’ottica partecipiamo al dibattito del Sole 24 Ore, e l’11 febbraio al forum “Italy Meets The United States of America” a New York. Sono due occasioni per rifletteresu riforme possibili eper dimostrare agli investitori americani come, al di là dei luoghi comuni, il nostro Paese possa contare su una tradizione manifatturiera e su una capacità di innovare e intraprendere che meritano la massima attenzione. L’autore è amministratore delegato e dg di Enel © RIPRODUZIONE RISERVATA ne perfetta. E in effetti era molto interessato: «Avrei attivato sinergie interessanti con i miei progetti negli Usa dice al Sole 24 Ore, chiedendo riservatezza sul suo nome -. Poi ho capito che il progetto stadio era molto lontanto e ho lasciato. Inutile investire nell’incertezza». Certo, ora il progetto pare sbloccato: è stato annunciato l’inizio dei lavori nel 2014, con calcio d’avvio nel 2016. Ma le difficoltà finanziarie restano: Luca Parnasi, il costruttore romano che si è aggiudicato la commessa, ha al momento più debiti che ricavi. E l’investitore interpellato nel frattempo è rimasto fuori. Ha immobilizzato i suoi fondi in altro modo. Chi pagherà? M.P. © RIPRODUZIONE RISERVATA Riqualificazioni urbane Nella trasformazione di Milano pulsa un cuore statunitense I COMPOSIZIONE SETTORIALE IMPRESE ITALIANE PARTECIPATE DA SOCIETÀ USA Dati in percentuale INFORMATICA E TLC © RIPRODUZIONE RISERVATA -0,5% BANCHE INDUSTRIA MANIFATTURIERA 591 Crescita % 10/11 i sono anche storie di investimenti Usacomplessi,nellerelazionidibusinessconl’Italia.Èlastoriachehacambiato volto ad Ansaldo sistemi industriali (ora Nidec Asi), società con stabilimenti a Milano, Genova, Monfalcone e Montebello vicentinoe da aprile dell’annoscorso inmano al colosso giapponese Nidec. Un salvataggio favorito dal management guidato dall’amministratore delegato, Claudio Andrea Gemme (anche presidente di Anie Confindustria, la federazione delle oltre 1.200 imprese dell’elettronica ed elettrotecnica italiana, da settembre 2011). Tutto comincia all’inizio del 2000, quando la High voltage engineering, specializzata in sistemi per il funzionamento di motori elettrici e per l’automazione industriale, acquisisce la vecchia Ansaldo industria di Finmeccanica. L’iniziativadella società guidata da Clifford Press e Lawrence Levy – un investimento da 20 milioni di euro – non ha, però,unbuonesitoe,nel2005,Ansaldosistemi industriali trova altri americani disposti a scommettere sul suo sviluppo. L’azienda, in liquidazione, viene infatti acquisita nel 2005 a un prezzo conveniente, 10 milioni di euro,dalfondoPatriarchPartners,specializzatonell’acquisizioneenelrilanciodiaziendeindifficoltà,dicuièceoLynnTilton.Crescono i fatturati, migliora l’Ebidta. La Nidec ritiene strategica l’acquisizione e convince il fondo americano a vendere a un prezzo che appare stratosferico: intorno ai 400 milioni di euro. Con un bonus per l’Italia: la signora Lynn ha reinvestitoi suoi profitti personali in una villa sul lago di Como (si dice costata 40 milioni di dollari). Anche questo si chiama investimento diretto. nvestimento diretto significa anche investimento immobiliare. Gruppi americani hanno comprato in Italia catene di alberghi, la Ciga ad esempio, o hanno impegnatofondiingrossipatrimoni immobiliari, come quando banche d’affari americane rilevaronoimportanti benidemanialio privati subito prima della crisi del 2007-2008. Ma il progetto regina resta quello delle VaresineaMilano.Quileautoritàlocalihanno bloccato il terreno, ostaggio della burocrazia e della politica, per decenni. Poi la questione si è sbloccata ed è intervenuto il fondo americano Gerald Hines, pronto a investire in uno dei progetti di riqualificazione più importanti a livello europeo. Le stime dell’investimento parlando di una cifra vicina ai 4 miliardi di dollari: complessivamente, un progetto portatore di occupazione (2mila operai, altre 10mila persone nell’indotto), di lavoro per le imprese (oltre 100 aziende italiane) e per studi di architetti (20)suidiversiprogetti.Si trattadiunmotoreimportanteperl’economiaregionaleenazionale e di un investimento di medio lungo periodo per gli investitori che potranno mantenere in portafoglio la partecipazione nel fondo successivamente al completamento del progetto. La struttura di partecipazionevede Hineseuropean development fundal 17,3%,Hines Monte PaschiRealestate crescita al 17,3%, Hines core opportunities Fund al 20%, Galotti al 17,3% e Fondiaria Sai al 28 per cento. Quando sara’ terminato lo sviluppo di Porta Nuova Garibaldi/Isola/Varesine, l’area diventerà un benchmark europeo con utilizzo misto tipico dei grandi progetti urbanistici moderni: residenziale, uffici, spazi espositivi, centro moda eccetera. Peccato non averlo iniziato vent’anni fa. M.P. © RIPRODUZIONE RISERVATA Manifattura di tradizione Tappezzerie di alta gamma lungo l’asse Venezia-New York L’ investimento diretto non è solo flusso di private equity o di grandi aziende industriali. Può anche avereilromanticismo diuninvestimento vecchio stile, con sapore nostalgico che rompe ogni schema moderno di approccio al business: valori e tradizione prevalgono sul profitto. È il caso della Fortuny, un piccolo produttore di tessuti a Venezia con un grande passato. Mickey Riad e il fratello Mike, gestiscono l’azienda, acquistata dal padre nel 1988 tra New York e Venezia: un’impresa piccola, artigianale, con 26 dipendenti nel capoluogo veneto e 9 nella metropoli Usa, dove è stata costituita la Fortuny Inc. A Venezia si producono tessuti per tappezzerie, tende, parati, secondo i metodi dicentoannifa eleformulesegrete percolori e stampa ideate dal fondatore Maria- noFortuny. Conunlegameamericano che risale agli anni Venti: fu la Contessa Elsie Lee Gozzi, a “scoprire” Fortuny e a portarlo a New York nella sua distribuzione negli anni Trenta. Fu lei a rilevare la fabbrica quando Fortuny morì e a stabilirsi a Veneziadovesposòunveneziano, ilConteGozzi. Fu lei a vendere al padre di Mickey nel 1988 che seguiva da sempre i suoi affari legali. Continuò, però, a gestire la fabbrica finoallamorte, nel1994 a 103anni.Poi hanno cominciato ad occuparsene i figli di Riad. «Faremmo certamente più profitti producendo altrove – dice Mickey – ma la nostra storia è qui, i vecchi telai sono qui, gli artigiani son qui e abbiamo deciso di cresceresenzaperderequellechesonoormai diventate nostre radici». M.P. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il Sole 24 Ore Mercoledì 6 Febbraio 2013 - N. 36 42 3,3 BUSINESS ITALIA-USA I nodi italiani da sciogliere Un freno da fisco e giustizia La comunità finanziaria americana: in Italia servono riforme urgenti che favoriscano lo sviluppo di Marco Valsania ta che persino le filiali più piccole in Italia devono presentare bilanci in tribunale e alla Cameradi commerciolasciaperplessi».Echediredellaburocrazia?: «Dai verbali delleassembleeche vannoredatti inpresenza d’unnotaio ai diritti per depositare atti in tribunale, fino a problematicheminori,qualilasigladiognipaginadiuncontratto.Costiegestionequotidiana sono laboriosi». SalvoArena,dello studio legaleChiomenti, concorda: «La complessità burocratica che un investitore straniero si trova ad affrontare riguarda ogni settore e l’intero ciclo di vita di un’impresa. A partire dal semplice avvio di un’attivitàimprenditoriale–sipensiallacostituzione di società e al rilascio di titoli autorizzativi, dove in America bastano 48 ore – fino allagestioneinconformità acontinueefrastagliatevariazioninellanormativa».Resta,inoltre, grave «la diffidenza verso l’amministrazionedellagiustizia,perlalunghezzadelladurata media del processo civile e l’incertezza dei suoi risvolti». Né può essere sottovalutata «l’importanza di poter confidare in procedure di esecuzione e attuazione dei contratti tempestive,trasparentiedeconomiche».Arena offre una ricetta: «Serve una riforma strutturale» delle norme sui procedimenti giudiziari,«unariformadellapubblicaamministrazione che renda più fluido ed efficiente il funzionamento delle diverse autorità pubbliche preposte al rilascio di provvedimenti autorizzativi» e garantisca uniformità. Eunsistema di incentivi fiscaliche, a fronte dell’alta tassazione, «favorisca l’insediamentodi nuove impresestraniere».Igiudizi internazionali,risultatodisimiliproblematiche,sono sotto gli occhi di tutti. L’ultimo rapporto del Dipartimento di Stato americano conclude perentoriamente: «Le vecchie sfide continuano a scoraggiare gli investitori, compresa la presenza del crimine organizzato. L’Italia è alle spalle di quasi tutti i suoi pari nell’Unione europeanelleclassifichesullatrasparenzadellaregolamentazioneesullafacilitàdifarebusiness. Non a caso gli italiani investono di più all’estero di quanto gli stranieri in Italia». isco elevato e giustizia lenta: sono le zavorre strutturali che gli investitori americani indicano nella graduatoria degli aspetti che possono scoraggiare un impegno nel nostro Paese. E un giro d’opinioni mostra un fattore di rischio, in particolare: l’esposizione a ispezioni improvvise del fisco e a determinazioni unilateralidi multegiudicate eccessive.Se leimposte effettive sono più alte, la vera minaccia è, però, considerata l’imprevedibilità del comportamento delle autorità fiscali, padre di quell’anatema del business che è l’incertezza. Lastradadeiricorsièpercorribile, maentra in gioco un’altra variabile imponderabile: la lentezza del sistema giudiziario. «Il patteggiamento diventa necessario, perchè l’incognita d’una multa non risolta è peggio che pagarne subitounapiùmodesta»,affermauninvestitore americano che preferisce mantenere l’anonimato. Alcuni elementi di rigidità della realtaà italianaappaiono noti ecalcolabili - qualiil costo del lavoro – ma i rapporti con l’erario sfuggono a facili classificazioni. «Sono un vaso di Pandora per l’investitore americano – spiega MaurizioAmeri,partnerdellostudiocontabileFunaroa NewYork–Iltimore èdiscontrarsi con un atteggiamento che ti considera colpevole finché non provi la tua innocenza. Il fisco americano tende a essere più prevedibile e meno aggressivo, a meno di risvolti penali. Stupisce scoprire come la Guardia di finanza possa fare irruzione nell’ufficio del contribuente». Nel mirino oggi ci sono aspetti controversi del business internazionale, quali i prezzi intercompany accusati di "trafugare" profitti. Ma il fisco non è il solo ostacolo a sorpresa o ritenuto imprevedibile. In ambito “contabile” un tema caldo sono i principi seguiti dalle società. «Non sempre nelle aziende di minori dimensionie non quotate sono quelli europei, un aspetto che può complicare le acquisizioni», dice Ameri. Ancora: «La preoccupazione dellaprivacy èaltrettanto presente,la scoper- F © RIPRODUZIONE RISERVATA L’operazione Avio-General Electric U PERCORSO PIÙ LUNGO CHE IN AMERICA Negli Stati Uniti il private equity tiene le redini di un’azienda fra i cinque e i sette anni prima di cercare di riconsegnarla a un partner industriale; nel caso di Avio i passaggi sono stati due defondoamericano diprivate equityCarlyle, che rilevò una quota del 70%, con la partecipazione di Finmeccanica che ricevette il 30 per cento. Nel 2006 un secondo passaggio: per 2,6 miliardi di euro la Avio fu rilevata da un altro protagonista del private equity, il fondo britannico Cinven, con la Finmeccanica che mantenne circa il 14 per cento. Lo scorso dicembre il passo conclusivo del ciclo: l’americana General Electric, attraverso la divisione Ge Aviation che rappresenta quasi un settimo del giro d’affari totale della conglomerata statunitense, ha conquistato Avio per 3,3 miliardi di euro. Un’acquisizione, quest’ultima, che ha una logica prettamente industriale: Ge, il cui quartier generale è in Connecticut, è il maggior produttore di motori per velivoli al mondo e sforna, inoltre, sistemi elettronici e meccanici per il settore aereo. L’aggiunta di Avio al suo portafoglio, frutto della maggiore acquisizione decisa da Ge nel settore dal 2007, porta in dote un rafforzamento di questo business con risvolti sia civili che militari. LaGeAviation,oltretutto,rappresentava già oltre la metà degli ordini di Avio nell’aviazione,inqualitàdigrandefornitoredicomponentiperimotori diultimagenererazione, i Genx. E la nuova casa ma- È la cifra con cui l’americana General Electric, attraverso la divisione Ge Aviation che rappresenta quasi un settimo del giro d’affari totale della conglomerata statunitense, ha conquistato Avio Il gap linguistico Lo spread è culturale: stereotipi dannosi I problemi di chi fa impresa nella penisola di Fedele Confalonieri Continua u da pagina 39 C IL PESO DEL FISCO I COSTI DELLA BUROCRAZIA LE LENTEZZE DELLA GIUSTIZIA 68,6% 23,1 miliardi 7 anni Totale tasse sulle imprese Il peso annuo della burocrazia sulle Pmi in euro Tempi medi di durata di una causa civile +24,4% 48 miliardi 1.210 giorni Carico di tasse e contributi sulle imprese rispetto alla media Ue Ammontare debiti in euro della Pa verso le imprese Durata media in tribunale delle cause commerciali 285 ore 16% 1.066 giorni Tempo medio necessario a imprese per pagamenti fisco Peso dell’avvio di un’attività sui costi aziendali Durata media di un processo di primo grado 60 Autorizzazioni necessarie per avviare un’impresa Fonte: Confindustria; Cgia Mestre i sono delle eccezioni, Radiocor del gruppo Sole 24 Ore, che ha un servizio in tempo reale scritto direttamente in inglese, e “This Is Italy”, edito da Panorama: il primo web magazine online in inglese concepito, disegnato e scritto in Italia espressamente per un pubblico anglosassone. Ma si tratta, appunto, di eccezioni. Anche la saggistica sconta questo deficit: i migliori libri di storia, economia, sociologia, che illustrano il percorso complesso dell’Italia dall’unificazione ai giorni nostri, sono scritti in italiano e non disponibili in inglese. Nel 2011, 150˚anniversario dell’Unità d’Italia, le principali pubblicazioni in lingua inglese sull’Italia sono state curate da studiosi stranieri. L’Italia è un Paese isolato nel suo splendido idioma, non comunica in inglese con il resto del mondo e si lascia raccontare passivamente dagli anglofoni. Persino la sciovinista Francia nonchè la Russia, la Cina e il Medio Oriente hanno testate e canali televisivi in lingua inglese non solo per interrompere il monopolio di intermediazione anglosassone, ma per attrarre investimenti. E proprio venendo agli aspetti economici, giudico un buon segno che il Sole 24 Ore abbia lanciato questa iniziativa per dibattere dell’importanza di investire in Italia e che l’Italian Business & Investment Initiative lanci l’11 febbraio a New York il summit “Italy Meets the United States of America”, iniziativa che Mediaset ha deciso di sostenere. In pratica, l’organizzazione guidata da Fernando Napolitano invita importanti leader dell’industria e della politica italiana a presentarsi a New York - con l’appoggio del sindaco Michael Bloomberg - e dialogare direttamente con coloro che forgiano l’opinione mondiale e che decidono, in un senso o nell’altro, cospicui investimenti. Primo obiettivo dell’iniziativa è chiarire ai decisori americani che l’Italia ha un ruolo chiave nelle politiche per la soluzione della crisi dell’Eurozona. E dimostrare con i numeri che la percezione di rischio attribuita dagli investitori Usa al nostro Paese è peggiore di quanto sia nella realtà. La nostra è un’economia che, pur attraversata da una crisi MIOPIA INTERNAZIONALE La percezione di rischio attribuita dagli investitori Usa al nostro Paese è peggiore di quanto la realtà non racconti. Quella italiana è (e resterà) un’economia solida vera e profonda, rimane solida. Perché basata non su finanza speculativa ma su un’industria manifatturiera di qualità che produce beni tangibili. E lo fa con una vocazione all’export resa competitiva, anche nel caso di molte Pmi, da investimenti in alte tecnologie. Ma ho l’impressione che tutto questo sia sottostimato nelle stanze dei bottoni internazionali. Ecco perché la missione dei leader italiani a New York, ripetuta regolarmente ogni anno, può colmare lo spread culturale di corretta informazione sull’Italia. I nostri manager e imprenditori di successo possono essere i migliori ambasciatori per stabilire un dialogo diretto di business. Un dialogo nuovo e soprattutto concreto. L’autore è presidente di Mediaset © RIPRODUZIONE RISERVATA DA PAG. 39 Investire bene in Italia? Si può ma con pazienza n’operazionedamanuale.Un’azienda passa per le mani del private equity, viene valorizzata e torna in seguito in mano a un gruppo industriale, che la considera di importanza strategicaed è pronto a far scattare ingenti nuovi investimenti. Un’operazione, si potrebbe dire, all’americana. Eppure è avvenuta in Italia, nonostante tutti gli ostacoli: protagonista è stata la Avio. Lo storico gruppo aerospaziale di Torino fu inizialmente ceduto nel 2003 da una Fiat in difficoltà, di cui era stata divisione aeronautica fin dalla nascita nel 1908: dieci anni or sono venne valutato 1,5 miliardi dieurodaunacordata capitanatadalgran- Miliardi di euro dre statunitense ha immediatamente reso noti piani per valorizzare la neoacquisita: ha in programma di iniettare nel gruppo 1,1 miliardi di dollari nell’arco dei prossimi dieci anni e di espandere il suo raggio d’azione a prodotti e servizi rivolti a centrali energetiche e al petrolio. Oggi Avio, sempre affidata all’ad Francesco Caio, ha 5.300 dipendenti, 4.500 dei quali sono in Italia (questo al netto di rumors di cessioni delle attività spaziali). L’operazioneAvio èstata quasiall’americana. La sua vicenda mostra che anche gliinvestimentipiù riuscitipossonoscontare incertezze in Italia. Se spesso negli StatiUniti sarebbebastatounsolopassaggio per le mani del private equity, che abitualmente tiene le redini di un’azienda per periodi compresi fra i cinque e i sette anni prima di cercare di riconsegnarla a un partner industriale e realizzare il suo guadagno, nelcaso diAvio i passaggisono stati due. E il periodo necessario per approdare sotto il controllo del nuovo proprietario industriale, General Electric, è stato di oltre una decina d’anni. Cinven avevainiziatoi preparativiperuna cessionecon pianiper un collocamentosulmercato azionario prima che le tensioni in Borsa e l’arrivo di offerte per Avio, compresa quella vincente della Ge, facessero cambiare i piani. M.Val. © RIPRODUZIONE RISERVATA BUSINESS ITALIA - USA RAPPORTI 24 / IMPRESA rapporti24 / impresa a cura di Laura La Posta (caporedattore) Marco Mancini (caposervizio) Adriano Moraglio rapporti24/business italia-usa A cura della redazione di New York Coordinamento: Mario Platero In redazione: Marco Valsania redazione grafica Cristiana Acquati Jolanda Maggiora Vergano Clara Mennella Operazione fiducia La scelta del nostro Paese come meta perl’aperturadiunnuovoimpiantoproduttivo da parte di un’azienda americana è molto rara. Dovendo scegliere di investire in impianti manifatturieri in Europa, ci sono molti Paesi (ad esempio in Europa dell’Est,inGermaniama anchein Spagna o Francia)che si collocanodavanti al nostro. Statichevengonopercepiticomepiù"amichevoli"nei confronti del business. Restanogli investimenti diretti diventatipiù tipici negli ultimivent’anni: quelli del grande gruppo industriale o del private equity. L’inchiesta del Sole 24 Ore dimostrachemoltidegliinvestitorihannoavuto grandi soddisfazioni, sia nel private equity sia nell’investimento del grande gruppo. Ciòconfermacheilmeccanismocherimetteun’aziendadifficileinpiediperpoicederlaaunagrandemultinazionalehafunzionato.Abbiamoancherilevatochevièapprezzamento per alcune delle riforme messe a puntodal Governo Monti (inparticolare la riforma delle pensioni) ma che restano dubbi per la riforma del mercato del lavoro. Non manca l’esplicitazione dei tipici problemiitaliani;maletradizionalirigidità strutturali (burocrazia, lavoro, compliance) sono superabili se, come ci ha detto un investitore, «il gioco vale la candela». Il problema più serio riguarda le difficoltà di valutare ad esempio il rischio "contenziosofiscale". Il tema è caldo. Già venerdì 8 febbraio, il ministrodell’Economiaedellefinanze,Vittorio Grilli, sarà al Consolato italiano a New York per parlare del nostro Paese a opinionleaderamericani.Lunedì,lostesso Grilli, Giuliano Amato e numerosi importanti manager italiani (fra cui coloro che hannoscrittosuquestenostre pagine)parteciperannoa un dibattito organizzatodalla Italian Business & Investment Initiative, una organizzazione fondata da Fernando Napolitano.UnitalianochesièdapocostabilitoaNewYorkechevuoleproprioincoraggiareilflussodiinvestimentiversoilnostroPaese.Inquelcontestopotremoverificare le convergenze sui parametri di apertura da una parte e di riforma dall’altra che sono indispensabili per migliorare quella posizionedi26esimopostonellagraduatoria degli investimenti americani in Italia. E magari,chissà,lanostrainchiesta,gliappelli che pubblichiamo e i risultati del dibattito di lunedì potranno anche rimbalzare in una campagna elettorale italiana che di questi problemi si occupa molto poco. Mario Platero © RIPRODUZIONE RISERVATA