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Redazione: Lucia Mancini
Progetto grafico e impaginazione: Cinzia Chiari
Si ringraziano tutti coloro che hanno consentito la citazione di testi e traduzioni di
loro proprietà:
Edizioni Voland, Roma per Taccuini 1919-1921 di Marina Cvetaeva, 2014;
Marisilio Editori, Venezia per L’arte di amare di Francesco Alberoni, © 2012 Sonzogno;
Ugo Mursia Editore s.r.l., Milano per Qualche lontano amore di Carla de Bernardi, 2011.
Il passo tratto da Manna e miele, ferro e fuoco di Giuseppina Torregrossa, © 2015
Mondadori Libri S.p.A., Milano, è pubblicato per gentile concessione dell’autore e
dell’editore.
L’autrice ringrazia inoltre Francesco Alberoni per l’Introduzione, e Valeria Carola,
Alessandra Pesaturo, Paola Piumazzi e Marco Rossi e per i loro contributi.
L’editore si dichiara disponibile a regolare eventuali spettanze degli aventi diritto che
non sia stato possibile rintracciare.
www.giunti.it
© 2017 Giunti Editore S.p.A.
Via Bolognese 165 - 50139 Firenze - Italia
Piazza Virgilio 4 - 20123 Milano - Italia
Prima edizione: gennaio 2017
Stampato presso Nuovo Istituto Italiano d’Arti Grafiche – Bergamo
Lucia Giulia Picchio
A mia madre, la mia prima editor
Cercando le parole si trovano i pensieri
Joseph Joubert
sommario
INTRODUZIONE
di Francesco Alberoni
13
PROLOGO 15
A
Adolescenza di ritorno 19
Adulterio 21
Afrodisiaco 23
Amante 24
Amante donna 26
Amanti 27
Amica28
Amiche 30
Amico 31
Amore 32
Anno sabbatico 34
34
Attenzione Autoconsapevolezza 36
Autoreggenti 37
Autostima 37
8
B
Baricentro Beccacciona Bellezza Benessere Bilanci Bolla Book fotografico Boudoir fotografico
Braccia C
Calo del desiderio Cambiamento Capelli Carriera Casa Casalinga Cazzimma Ceretta Chirurgia estetica Ciclo mestruale 38
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44
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46
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57
58
sommario
Cinquant’anni Cinquantenni Codardia Colloqui con i professori Colpi di fulmine Complicità Comprensione Condivisione Coraggio Corna Corsa Coscienza elastica Cougar Crisi Cucina Curvy Delusioni Denaro Dieta Dilf Divorzio Donna D
E
E-book Egoismo Elogio della solitudine Equilibrio Ergoterapia Erotismo 60
61
61
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69
70
71
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76
77
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79
80
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83
85
86
86
87
F
Famiglia 89
Fascino 90
91
Felicità Fidanzato 92
Figa di legno 93
95
Figa moscia Figli 96
Fitness97
Flirtare 98
Frigidità 100
101
Fuga G
Gatta morta Ginnastica facciale Giochi Giro di boa Gusti Gusto della vita Ho Horror vacui H
102
103
104
105
106
107
108
109
I
I migliori anni
della nostra vita Innamoramento Insofferenza Invidia iPhone 110
111
112
112
113
9
sommario
J
Junk food K
Ke ka$$o vuoi? Koinè
Konjac
115
116
117
117
L
Male Mamma Marito Maschio alfa Matrimonio Maturità Menopausa Mezza età Milf Monogamia Nail addicted Noia 10
N
138
140
O
L’altra 119
Lettura120
Liberatorio 120
Libri 121
122
Lingerie 123
Look therapy M
No man’s land Nonna 125
125
127
129
131
132
132
134
135
136
137
138
Occasioni Orgasmi Orologio biologico
in scadenza
Oversharing P
Parole Parole d’amore Parrucchiere cinese Passioni Patata Pausa di riflessione Pazienza Pensiero positivo Persone Piacere Profumiera Punto G Punturine 142
143
144
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146
147
148
150
151
153
154
154
155
156
156
157
158
Q
Quarantenni (I) 160
Quarantenni (VS Trentenni) 161
Reciprocità R
164
sommario
Resilienza Richiamino Ricrescita Rimpianti Rischi Risotto Rughe 165
166
166
167
168
168
169
S
Salma Scelte Seconde nozze Selfie Sesso Sesso e amore Sesso (quello raccontato
dagli uomini) Sex toys Sincerità Single per scelta Smagliatura Social network Sogni Sogni nel cassetto Sorellanza Speed date Stronzamica Suocera Tacco 12 Taglia 42 T
170
170
171
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176
178
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181
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184
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189
190
191
Tattoo Tempo Tette Tickling Toy boy Tradimento Trombamico Uomini Uomo ideale Vacanza Vecchiaia Velleitario Viagra Viagra rosa Yogurt 191
193
194
195
195
196
197
U
V
Y
Z
Zagna Zoccola Zumba, salsa e bachata 199
200
202
202
203
204
205
206
207
208
209
Ringraziamenti210
Le tue parole
211
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Introduzione
di Francesco Alberoni
Nell’arco di cinquant’anni, grazie ad alcune importanti scoperte e a pro-
gressi nutrizionali e medici, sono avvenute trasformazioni radicali nel
mondo femminile. La prima riguarda l’aspettativa di vita che, per le italiane, è intorno agli ottantacinque anni: questo vuol dire che metà di loro
arriverà a un’età più avanzata. Un bel cambiamento, se pensiamo che
all’inizio del Novecento, nelle realtà rurali e operaie, una donna arrivata
alla menopausa era considerata (e si considerava) vecchia. La seconda
investe invece il modo di vivere la sessualità. Solo negli anni Trenta, in-
fatti, il giapponese Ogino e l’austriaco Knaus hanno identificato, studiando il ciclo mestruale, il periodo in cui la donna aveva minori probabilità
di rimanere incinta. Ma la vera rivoluzione è avvenuta negli anni Cinquanta, quando Gregory Goodwin Pincus “inventò” il primo contraccettivo
orale. La pillola Pincus è stata la premessa della rivoluzione sessuale degli
anni Sessanta che ebbe come protagonista il movimento studentesco ame-
ricano e come simbolo l’orgia musicale-erotica di Woodstock nell’agosto
del ’69. Pochi anni prima Betty Friedan aveva scritto la Mistica della femminilità, il libro che proclamava la fine del mito della donna angelicata
dedita unicamente alla cura della casa, del marito e dei figli. Un testo che
faceva del lavoro pionieristico di Simon De Beauvoir, Il secondo sesso, una
bandiera di rivolta. Nasceva così il femminismo radicale secondo cui maschi e femmine devono avere gli stessi diritti in tutto perché hanno le
stesse capacità. È in questo momento che anche la donna inizia a praticare una sessualità separata non solo dal matrimonio o dal fidanzamento,
ma anche dall’amore, e in cui rivendica il diritto di avere un figlio suo
senza aver bisogno di un compagno. Nei decenni successivi, con l’innal-
13
Introduzione
zarsi della durata della vita, molte donne che avevano superato i quarant’anni, con i figli già grandi e vent’anni di matrimonio alle spalle, sco-
privano di essere ancora piene di possibilità, di vita e di desiderio. Erano
solo a metà della vita e avevano davanti altri quarant’anni in cui potevano
soddisfare voglie, speranze, sogni, curiosità cui avevano rinunciato. Potevano addirittura ricominciare un’altra vita. Alcune avevano effettivamente l’impressione di uscire da una prigione o di nascere una seconda volta.
Lucia Giulia Picchio parla di Adolescenza di ritorno, con gli slanci, le incertezze, le ansie dell'adolescenza. Ma per gli anni a cui si affacciano queste
nuove adolescenti quarantenni non ci sono adulti a farti da modello, a
darti consigli, e nemmeno istituzioni a guidarti. Questa seconda vita le
donne se la devono scoprire da sole attraverso tentativi, errori, difficoltà,
ostacoli, pregiudizi. È per queste donne che Lucia Giulia Picchio ha scritto questo vocabolario di sopravvivenza, mostrando come le parole che
usano quotidianamente abbiano cambiato significato. La sua rilettura
svela gli inganni, gli equivoci, le falsità, le ipocrisie che continuiamo a
portarci dal passato. In particolare l’autrice compie un’opera di disincantamento del mondo erotico e dei sui miti. Lo fa perché è sicura che, se si
vuol procedere, bisogna riconoscere i fatti, riuscire a guardare la realtà
per quella che è, senza abbellirla e senza suscitare speranze infondate. E
bisogna saper dare a ogni fatto, a ogni relazione, a ogni esperienza il
nome appropriato, per poterne parlare e poter ragionare su di essi. Questo
il compito che Lucia Giulia Picchio si è imposta, e oggi con questo libro lo
offre come dono a tutte le donne.
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Prologo
Vocabolario di salvataggio dopo i quaranta:
istruzioni per l’uso
C’è stato un giorno, più o meno quattro o cinque anni fa, in cui ho cominciato a realizzare che un sacco di cose erano cambiate nella mia vita. Almeno da un paio di anni a quella parte.
Più o meno da quando ho iniziato ad inoltrarmi sul sentiero che dai qua-
ranta mi vedeva avviarmi verso i cinquanta, convinta di essere ormai con
un piede nella fossa.
La mia vita era sempre la stessa, ma ero io a non starci più dentro.
Mi stava stretto il mio tempo, tiranneggiato da un orologio biologico “in
scadenza" e continuamente invaso da lavoro, marito e figli. E di conse-
guenza cominciavano a starmi strette anche le parole con cui ero abituata a “nominare” la mia vita di tutti i giorni. Quelle con cui nel mio immaginario avevo sempre definito situazioni, oggetti, persone e cose che ora
non gli corrispondevano più.
A quelle parole corrispondevano ormai situazioni, oggetti, persone e cose
con una valenza decisamente diversa.
Insieme al mio aspetto, al numero dei miei anni e dei miei capelli bianchi
e alle mie idee sulla vita, anche le parole che usavo per descriverla sem-
bravano essere cresciute senza che me ne fossi accorta e soprattutto sen-
za che a deciderlo fossi stata io. Casa, marito, figli, carriera, sogni e passioni... tutte parole antiche nel mio vocabolario, che avevano conservato
lo stesso suono ma in cui io, come in un paio di scarpe strette, facevo fatica a stare dentro.
15
Prologo
Come una vecchia amica che si è completamente rifatta e fai fatica a riconoscere in una faccia e un corpo nuovi, allo stesso modo ho dovuto
ri-conoscere la mia vita in una serie di parole che anziché la faccia avevano cambiato l’anima.
E tutte erano finite in un cul de sac con un’unica via di uscita: prenderne
atto e andare a fare la conoscenza del nuovo che si era annidato nel vec-
chio. Un nuovo che rispondeva, parola per parola, a quel nuovo e prepo-
tente desiderio di bene per me che ormai da tempo stava giustiziando un
sacco di vecchie abitudini. Parole “nuove” che erano la cartina di tornaso-
le di una rivoluzione che era solo all’inizio. Di un viaggio per cui ero appena partita e da cui non avevo alcuna intenzione di tornare.
Un viaggio in un paese straniero in cui, anziché le parole, a cambiare
fossero i loro significati che improvvisamente avevano iniziato ad arric-
chirsi di sfumature diverse e a legarsi a priorità, prospettive e aspettative
completamente rinnovate.
Un esempio per tutte: la parola figli. Per tanto tempo l’inizio e la fine di
ogni mio pensiero e di ogni mio gesto, i miei figli negli ultimi anni aveva-
no rivendicato con prepotenza un’autonomia che non poteva non farmi
ricordare del diritto alla mia. Quei figli, inizio e fine di tanti pensieri,
chiedendomi di non vivere nella loro vita, mi hanno ricordato la necessi-
tà di andare a vedere dove fosse finita la mia. Era tutto fin troppo chiaro:
la mia mappa necessitava di veder ridisegnare i propri confini. Confini e
toponomastica: i nomi dei posti e delle presenze nella mia vita di sempre
avevano cambiato di segno. Io avevo cambiato di segno.
Ho cominciato a guardare alla mia vita con occhi e parole nuove, a ri-nominare per ri-conoscere spazi, persone e cose.
E tra il nuovo che avanzava, una serie di new entry, di parole mai usate
prima: autoconsapevolezza, adolescenza di ritorno, orologio biologico in
scadenza, social network, tacco 12... Al termine quarantenni ho assegnato
il compito di designare le forty, le donne come me “dopo i quaranta”, e
quello strano mix di irrequietezza, quella voglia di nuovo e di bene per sé
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Prologo
che dai quarant’anni in poi inizia a dettare nuove leggi nella nostra vita.
Donne che, arrivate a questo giro di boa, ripercorrono le tappe precedenti e programmano le successive con il desiderio di ritrovarsi e di ritrovare,
in quello che fanno e in quello che sono, il meglio di sé.
Un termine a cui ho affidato il compito di sottrarci alla condanna di essere assimilate alla categoria di milf e cougar, parole a me del tutto scono-
sciute fino a quando, a furia di trovarmele tra i piedi, sono andata a indagare sul motivo per cui le sentissi così spesso abbinate a donne della mia
età. Per scoprire che svolgono a mezzo servizio il compito di raccontarci,
e anche in malo modo, unicamente per quel desiderio di conferme e di
conquista e per quella sensualità scoperta o riscoperta che a questa età
sembra palesarsi in modo prepotente. E che, come ogni campagna di
conquista, prevede la discesa in campo con tutta l’artiglieria.
Ma la forty va al di là della paccottiglia di perizoma, guepière e tacco 12
con cui milf e cougar interpretano il ruolo della ultraquarantenne rampante in un immaginario da Sex and the city, che poco ha a che spartire con
la complessità delle donne che da questa età si aspettano e decidono di
vivere il meglio.
Un progetto che assomiglia quasi a una missione condivisa. Ci basta guar-
darci per riconoscerci. Parlare la nostra lingua per capirci. E saper scegliere e decodificare le parole per trovarci dentro una ricetta, una suggestione e una soluzione.
Parole nuove, quelle da dire e quelle che vorremmo sentirci dire. Quelle
da cancellare e quelle che ci aiutano a capire e a farci capire. Quelle che
fanno parte della nostra vita di tutti i giorni, quelle che le mie amiche e
tutte le donne che ho avuto la fortuna di incontrare mi hanno regalato
attraverso i loro racconti e le loro storie o i lemmi che alcune di loro hanno scritto per questo vocabolario. E quelle infine che sono scritte nei libri
di chi, parola dopo parola, mi ha aiutata a trovare una chiave di lettura
di questa nuova epoca della nostra vita.
Ho preso le nostre parole, e alla maniera dei francesi che scrissero la prima
17
Prologo
enciclopedia, le ho messe in fila e le ho aperte una per una come fossero
scatole. E di quello che a prima vista sembrerebbe un glossario ho fatto il
nostro manuale di sopravvivenza, a cui affido il compito di riordinare, di
catalogare una parola dopo l’altra, il nostro mondo.
La nostra enciclopedia del cuore, la summa di una saggezza condivisa ma
mai codificata. Un manuale di istruzioni per mariti, amanti, genitori e figli
perché lo sappiano: quelle quattro rughe in più sui nostri volti sono solo
i nuovi confini di un territorio off limits. Difficile entrare. Un’impresa uscirne vivi. Che vogliate viverci o sopravviverci, sappiatelo tutti: Siamo così!
18
Adolescenza di ritorno
A
Adolescenza di ritorno
C’è un tempo nella vita di ognuna di noi in cui, proprio quando stai per
convincerti che i gelati sono finiti, non solo il gelataio ripassa per un secondo giro, ma sei tu quella che torna bambina, nell’età migliore per ri-
cominciare a fare abbuffate di gelati. Questo periodo esiste e per palesarsi richiede solo di essere assecondato. Si chiama adolescenza di ritorno.
A scatenarla, di solito dopo i quarant’anni, è il desiderio fortissimo di recuperare spazi, tempi, situazioni ed emozioni che durante l’adolescenza, quel-
la vera, capita di aver vissuto senza troppa consapevolezza o di cui figli,
mariti, lavoro e carriera ci hanno fatto venire una nostalgia inestinguibile.
Quale che sia la motivazione, a ciascuna la sua, quell’improvviso desiderio
di fuga che a questo punto della nostra vita si insinua nella nostra testa,
presto o tardi finisce per trovare il suo sbocco. E quello che inizia come
un desiderio latente, si ripristina come uno stile di vita in cui
la PAROLA D’ORDINE
torna a essere leggerezza.
19
Adolescenza di ritorno
Che a vivere in leggerezza sia una ragazzina di sedici anni che indulga al
gusto della vida loca, a cominciare dal look per finire con l’ottimizzazione
egoriferita dei tempi, ci può stare, ed è storia di tutti i giorni in molte
delle nostre case, in cui di sedicenni ne girano a iosa. Il problema arriva
invece quando l’adolescente veramente incontenibile è quella di quarantaquattro anni.
Talvolta penso che a salvarmi dagli effetti più devastanti della mia adolescenza di ritorno sia stato il fatto di non avere figlie femmine con cui
contendermi i leggins in pelle e il piegaciglia. Ho visto scoppiare battaglie
sanguinose per un mascara e figlie segregate in casa in punizione per aver
sottratto dai cassetti della madre completini intimi panterati al grido di
«Ma tanto tu, mamma, dove ci devi andare?».
Per i nostri figli non deve essere certo così facile vedere di punto in
bianco quella che sono abituati a considerare come la mamma
chioccia e apprensiva che fa da taxi, cuoca e maestra di sostegno,
trasformata in una vamp in tacco 12, continuamente connessa e
sempre più disconnessa dai fornelli e dall’asse da stiro.
Un ribaltamento talmente imprevisto e repentino che i nostri figli fanno
fatica a metabolizzare in tempi rapidi e che vede il suo percorso lastricato
di impietosi apprezzamenti al vetriolo.
E non sembrano prenderla molto meglio neppure i mariti che, tra un
aperitivo del venerdì e una partitella a calcetto del sabato, sono lì che si
interrogano sulla strana metamorfosi di mogli che da petulanti casalinghe disperate, pronte ad accoglierli tutte le sere in tuta e ciabatte, con
il mestolo in una mano e l’elenco delle malefatte dei figli nell’altra, si
ritrovano a incrociarle sul pianerottolo mentre approfittano del loro rientro per uscire con le amiche. Che si vedono costretti a chiedergli l’a-
micizia su Facebook per vederle almeno in fotografia e chiedere aggior-
20
Adulterio
namenti sui fatti di casa almeno in chat. E a cui, tra andare e tornare,
forse sfugge l’essenza di quella leggerezza che, come scriveva Italo Calvino, non è superficialità ma è planare sulle cose dall’alto, non avere
macigni sul cuore.
Adulterio
«Mi dispiace è finita.»
«C’è un altro?»
«No, c’è un’altra.»
«La conosco?»
«No.»
«Dimmi chi è…»
«Sono io.»
In questo brano tratto da Qualche lontano amore di Carla de Bernardi (Mur-
sia 2011), la protagonista si fa interprete di un’intuizione straordinaria:
non si
TRADISCE per l’ amore
verso qualcun ALTRO,
ma per appagare un amore per sé. Ho scelto di passare attraverso il libro
di un’altra donna per provare a spiegare questo termine, dal suono così
severo e dal significato così carico di una valenza negativa, perché questa
storia restituisce a questa parola la sua pienezza e la sua complessità:
l’adulterio come appagamento di un desiderio di sé e non necessariamente del desiderio di un altro. Come gesto di amore verso se stessi e non
contro qualcun altro.
Proprio questo sembrerebbe essere l’adulterio nella vita di tanti uomini e
21
Adulterio
donne che, parliamoci chiaro, dopo i quaranta non sono più gli stessi che
hanno contratto dieci o venti anni prima un matrimonio al cui interno,
senza che sia necessariamente colpa di nessuno, finiscono per non ritrovare più tanto di quello che c’era all’inizio. E che sempre più spesso vanno
a cercare fuori. Senza dover necessariamente pensare di scegliere tra il
dentro e il fuori. Ma nell’ottica dell’integrazione. Una tendenza talmente
diffusa e condivisa da diventare oggetto di seminari e tavole rotonde,
sulla scappatella come scappatoia.
E se tradire converrebbe più che divorziare, arrivano anche i consigli su
come farsi scoprire perché, udite udite, l’adulterio non solo viene sdoganato, ma addirittura rivisitato e nobilitato quale espediente per salvare un
matrimonio in crisi e rimescolare, insieme alle carte, nuove dinamiche e
nuove energie.
Un’interpretazione dell’adulterio solo apparentemente originale e pere-
grina, se si pensa che in alcuni paesi islamici, al fine di istituzionalizza-
re questa possibilità di andirivieni evitando di definirla con un termine
così sgradevole, si sono inventati il “matrimonio di godimento”. Si trat-
terebbe di un matrimonio temporaneo celebrato da musulmani sposati
e particolarmente osservanti e religiosi, per salvare capra e cavoli, là
dove la loro “osservazione” si sposti dai principi del Corano al desiderio
sessuale per donne che non sono la loro moglie. È sorprendente come
talvolta le parole possano andare oltre i fatti e ne modifichino addirittura l’essenza. A tal punto che, mentre tutte le società occidentali e
monogame vivono le corna nel peccato, la Sharia, attraverso l’invenzio-
ne di questa parola che cambia di nome alle corna (vedi Corna e anche
Tradimento) e all’amante occasionale, offre all’individuo (maschile) la
possibilità di appagare il suo desiderio senza peccare. Bertrand Russel
prima di me era arrivato a scoprire questa chicca della cultura mediorientale e ne era restato così positivamente colpito da sostenere che se
il mondo intero adottasse questo modello di matrimonio, non vi sarebbero problemi tra i sessi. Io ci ragionerei.
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