ricordando achille castiglioni. conversazione con

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ricordando achille castiglioni. conversazione con
Ricordando Achille Castiglioni.
Conversazione con Giovanna Castiglioni
L’essenza del fare progettuale di Achille Castiglioni l’ho colta più volte studiandola, ma l’ho compresa realmente visitando il suo studio
qualche anno addietro. Dal 2006, infatti, le cinque stanze di Piazza
Castello, per merito della collaborazione tra gli eredi Castiglioni e la
Triennale di Milano, sono state aperte al pubblico diventando uno studio museo in cui si prosegue il lavoro intenso di archiviazione sulla
proficua attività dell’architetto. Nella stanza di questi un grande specchio fornisce una visione globale del suo studio, c’è un grande tavolo,
dove si disegnava e si discuteva, con tante sedie ognuna diversa
dall’altra, ognuna un progetto. Ci sono tanti libri, riviste settoriali
(quelle “storiche”), modelli, squadre, righe, timbri, nessun personal
computer per disegnare, biglietti appesi e alcuni acuti e divertentissimi
pensieri scambiati con Sottsass (si giocava molto tra i due nomi: Achille ed Ettore…). Si trovano molti oggetti collezionati durante i suoi
viaggi che sono riposti ma visibili, “ognuno con un’intelligenza da
succhiare”, direbbe lui. Le sue opere appaiono, come fossero tanti personaggi: le lampade Taraxacum (1960), ispirata agli esperimenti di
George Nelson negli anni Cinquanta, Toio (1962) in cui la fonte luminosa è un fanale d’auto da 300 watt, Taccia (1962), versione capovolta di una lampada da soffitto, Snoopy (1967), Parentesi (1970), Gibigiana (1980), Arco (1962), nata osservando un lampione per strada, lo
sgabello Mezzadro (1957) che sfrutta il sedile e la barra di un trattore,
la seduta Sella (1957) rotante su di un perno e ancora il modello del
divano Hilly (1992) che prende spunto dalla collina, le diverse forme
da budino che Castiglioni sottrasse alle amiche della moglie per trovare quella che sagomasse il cappello Borsalino (1980), in feltro di pelo
di coniglio, il posacenere Spirale (1971) costituito da una ciotola di
acciaio con una molla estraibile e tantissimi altri. Sono tutti progetti
eseguiti per la comunità, lavoro diverso da quello dell’artista che offre
le sue creazioni a piccoli gruppi.
Achille Castiglioni nacque nel 1918 a Milano figlio di papà, Giannino,
scultore di cui ricordiamo alcune opere importanti del capoluogo lombardo come la fontana di San Francesco, in piazza Sant’Angelo, e una
porta del Duomo di Milano che descrive in maniera realistica la vita di
Sant’Ambrogio. Laureatosi in Architettura al Politecnico di Milano, si
orientò verso un’architettura funzionalista e razionalista lavorando
prima in uno studio in Corso di Porta Nuova poi nel già citato studio
di Piazza Castello a Milano, con i due fratelli maggiori Livio e Pier
Giacomo. I tre esercitarono insieme non solamente nella progettazione
architettonica ma anche in quella urbanistica e soprattutto nel product
design, finché, nel 1952, Livio andò a lavorare come consulente per la
Brionvega e Achille proseguì insieme a Pier Giacomo fino alla scomparsa di quest’ultimo nel 1968.
Fu uno dei principali fondatori dell’ADI (Associazione Italiana del Disegno Industriale) nel 1956. Dal 1969 al 1980, insegnò Progettazione
artistica per l’industria alla Facoltà di Architettura di Torino e, dal
1981 al 1993, fu Professore ordinario di Arredamento degli interni per
l´indirizzo di disegno industriale e arredamento al Politecnico di Milano.
Tra le principali opere di architettura rammentiamo:
la Torre del Palazzo della Permanente, Milano (1952-53). Di esso si
rilevano: l’interessante trattamento di facciata (tamponata da pareti in
litoceramica alternate regolarmente da coperture a tutta altezza), le finestre costituite da tre telai in profilato metallico (di cui quello inferiore fisso e i superiori apribili a saliscendi) e davanzale in lastra di marmo, l’illuminazione naturale ben distribuita sia negli spazi minori che
maggiori ricavati dalla regolarità della progettazione. La Chiesa di
San Gabriele Arcangelo in Mater Dei, Milano (1956), che si allontana
dall’immagine tradizionalmente proposta per gli edifici di culto presentando un prospetto che si armonizza perfettamente con le case costruite ai lati. La Camera di commercio, industria e agricoltura, Milano (1958), intervento delicato, all’interno di un palazzo ottocentesco
semidistrutto dal secondo conflitto mondiale di cui è stato ricostruita
la facciata e trasformato l’interno, in cui si evidenziano le soluzioni
dei soffitti illuminati. La Birreria Splugen-Brau, Milano (1960), in
una costruzione progettata da Luigi Caccia Dominioni, dove gli impianti tecnici sono lasciati a vista modificando del tutto lo spazio. Il
celebre Negozio Omega in Piazza Duomo, Milano 1968, situato nello
storico complesso architettonico della Galleria Vittorio Emanuele
progettato da Giuseppe Mengoni, che è un perfetto inserimento di uno
spazio concepito e attrezzato modernamente. La casa privata Castiglioni, Milano (1969).
Tra le importanti opere di design evidenziano:
Sella, sedile per Zanotta (1957); Mezzadro, sedile per Zanotta (1957);
Sanluca, poltrona per Gavina (successivamente Knoll, Bernini, Poltrona Frau) (1960); Taraxacum, Viscontea, lampade per Heisenkeil
(oggi collezione Flos) (1960); Gatto, Gatto Piccolo, lampade per Heisenkeil (oggi collezione Flos) (1962); Sleek, cucchiaini per barattoli
per Kraft e Alessi (1962); Toio, lampada a terra per Flos (1962); Taccia, lampada a tavolo per Flos (1962); Arco, lampada a terra per Flos
(1962); Splüghen Braü, lampada da sospensione per Flos (1962); Orseggi, servizio di bicchieri, caraffa e decanter per Arnolfo di Cambio e
Alessi (1965); Firenze, orologio a parete per Lorenz e Alessi (1965);
Allunaggio, sedile per Zanotta (1966); Snoopy, lampada da tavolo per
Flos (1967) (collaborazione con Pier Giacomo Castiglioni); Interruttore rompitratta, per VLM (1968); Primate, sedile per Zanotta (1970);
Parentesi, lampade per Flos (1970); Spirale, posacenere per Alessi
(1971); Lampadina, lampada da tavolo per Flos (1972); Noce, lampada da tavolo e parete per Flos (1972), Aoy, lampada da tavolo per Flos
(1975); Bibip, lampada da terra per Flos (1976); Cumano, tavolo a tre
gambe per Zanotta (1977); Frisbi, lampada da sospensione per Flos
(1978); Gibigiana, lampada da tavolo per Flos (1980); Dry, servizio di
posate per Alessi (1982); Moni, lampada per Flos (1982); Giovi, lampada per Flos (1982); Paro, calice per Danese (1983); Stylos, lampada
da terra per Flos (1984); Taraxacum 88, lampada per Flos (1988); Record, orologio da polso per Alessi (1989); Joy, mobili per Zanotta
(1990); Brera, lampada per Flos (1992); Fruttiera Scolatoio, per Alessi (1995); Tavolo 95, per De Padova (1995); Mate, Supremate e Minimate, vassoi per De Padova (1995); Scrittarello, tavolo scrittoio per
De Padova (1996); Fucsia, lampada a sospensione per Flos (1996);
Bavero, servizio per la tavola per Alessi (1997); Diabolo, lampada per
Flos (1998).
Tra gli allestimenti:
Colori e forme nella casa d'oggi a Villa Olmo, Como 1957; Le vie
d'acqua da Milano al mare a Palazzo Reale, Milano 1963; La casa abitata a Palazzo Strozzi, Firenze 1965; Achille Castiglioni
all’Österreichisches Museum für Angewandte Kunst, Vienna 1984; Le
città del mondo e il futuro delle metropoli nella XVII Triennale Palazzo dell'arte, Milano1988; Alla Castiglioni al Centre d'Art Santa Monica, Barcellona 1995.
Tra i riconoscimenti ricordiamo:
premio Compasso d'oro per la lampada Luminator (1955); premio
Compasso d'oro per la sedia T 12 Palini (1960); premio Compasso
d'oro per la macchina da caffè Pitagora (1962); premio Compasso
d'oro per lo spillatore per birra Spinamatic (1964); premio Compasso
d'oro per la lampada Parentesi (1979); premio Compasso d'oro per il
letto d'ospedale Omsa (1979); premio Compasso d'oro per le posate
Dry (1984); Membro d'Onore del Comitee of Advisors all’Art Center
College of Design di Pasadena in California e di Montreaux in Svizzera (1985); Membro d'Onore del Faculty of Royal Designers for Industry della Royal Society of Art di Londra (1986); Laurea Honoris
Causa dal Royal College of Art di Londra (1987); Compasso d'Oro
Menzione speciale: per aver innalzato, attraverso la sua insostituibile
esperienza, il design ai valori più alti della cultura (1989); Premio
annuale The Chartered Society of Designer di Londra (1993); Premio
Primavera del Design dal Dipartimento di Cultura di Catalunya
(1994); Premio Art sur Table dal Conseil National des Art Culinaire
di Parigi (1995); Premio IF Design Wettbewerb dal Industrie Forum
Design di Hannover (1996); Premio Longevity-Lanlebigkeit dal Design Center di Stoccarda (1996); premio Domus/INARCH 1998 alla
carriera da INARCH (1999); Premio Targa d'Oro Unione Italiana per
il Disegno dalla Facoltà di Architettura di Genova (1999); Primo posto al Concorso Sostegni per l'Ambiente indetto dall'ENEL, con l'arch.
Michele De Lucchi (1999); Laurea honoris causa in Disegno Industriale dal Politecnico di Milano (2001).
Le opere di Achille Castiglioni sono esposte nei più importanti musei
dal MoMA di New York ai Victoria and Albert Museum di Londra,
Kunstgewerbe Museum di Zurigo, Staatliches Museum fur Angewandte Kunst di Monaco, Museo del Design di Prato, Uneleckoprumyslo-
ve Museo di Praga, Israel Museum di Gerusalemme, The Denver Art
Museum, Vitra Design Museum di Weil am Rhein, Agewandte Kunst
Museum di Amburgo e di Colonia.
È deceduto nel 2002 a Milano.
Oggi ho l’opportunità di incontrare la figlia Giovanna per parlare di
lui.
Giovanna la ringrazio per avere accolto l’invito. Come ricorda suo
padre?
Rispondere a questa domanda è estremamente difficile, ogni giorno
trascorso con lui riservava sorprese, novità e avventure. Con lui ho
giocato tutti i giorni, fino ai miei 30 anni. Non siamo mai cresciuti,
siamo rimasti due giovani amici che scherzavano in continuazione in
modo spensierato e serio allo stesso tempo, in modo estremamente costruttivo. Mi ha insegnato a osservare il mondo con curiosità. Devo a
lui il mio carattere solare e l’allegria che mi porto nel cuore tutti i
momenti. Cerco di trasmettere questo atteggiamento positivo ai visitatori dello Studio Museo Achille Castiglioni e mi entusiasmo quando
scopro oggetti o progetti nuovi e intelligenti. Trovo che la vita sia
straordinaria e che Achille, con i suoi oggetti, sia sempre presente in
ogni luogo anche quando meno me lo aspetto.
Che rapporto aveva con l’architettura? Mi spiego meglio, è stato
uno dei più grandi Maestri del design, mi piacerebbe sapere, però,
se parlava dei suoi progetti architettonici e della sua formazione
alla Facoltà di Architettura; non saprei, ad esempio, aveva qualche ricordo di Portaluppi, allora Preside della sua scuola, o faceva
riferimento a qualche architetto che lo aveva appassionato o in
qualche modo influenzato?
In casa non parlava molto del suo lavoro. Ogni tanto ricordava
l’architetto Portaluppi più per i suoi modi di fare o dire che per i suoi
progetti. Achille ricordava spesso l’architetto Ponti, mentre da giovane studente non lo aveva ben capito e apprezzato.
Cosa riteneva fondamentale nella sua vita di uomo e di progettista
e che rapporto aveva con il tempo?
Riteneva fondamentale la curiosità per tutto ciò che lo circondava e
per il modo di vivere delle persone in generale. Credo che il tempo
non fosse un problema se non per il rispetto delle scadenze dei lavori
che doveva consegnare.
Come viveva nella sua città e con che occhi la osservava? Gli piaceva Milano, lo riteneva un ambiente stimolante?
Amava di Milano i luoghi nascosti e poco noti se non a pochi milanesi: i cortili, le rogge, le piccole chiese, cappelle, edicole votive, sparse
per la città e anche i particolari di architetture sia contemporanei che
antichi. Spesso trovava qualsiasi occasione per perdersi in Milano e
dintorni con la mamma e me, in macchina. I luoghi stimolanti a Milano erano vari, tra tutti la Triennale di Milano è sempre stato un luogo
dove trovarsi per vedere una mostra e confrontarsi con altri progettisti.
Era un grande collezionista di oggetti; cosa, invece, non avrebbe
mai raccolto o detestava?
Gli oggetti gli interessavano tutti, ma soprattutto i più attuali o quelli
che considerava kitsch o molto legati allo “styling”; cercava, infatti, di
capire il perché di questi progetti a volte tanto assurdi, tanto decorativi, tanto inutili. Non era mai critico nei confronti degli oggetti strani,
riusciva sempre a darne una ragione e soprattutto se erano anonimi, eri
sicuro li nobilitasse. Irma, mia madre, cita sempre una frase ricorrente
che Achille diceva quando trovava oggetti interessanti e non: “metti lì
che poi matura!”
Come era organizzato lo studio, come si lavorava, che peso dava ai
suoi collaboratori e come li coinvolgeva?
Lo Studio era molto organizzato, ma in un modo del tutto particolare.
Poteva, infatti, apparire assolutamente confuso e disordinato perché
facilmente si seguivano due o tre progetti contemporaneamente. I collaboratori erano sempre pochissimi e sempre coinvolti. Vi basti pensare che le due collaboratrici storiche che hanno lavorato con lui a stretto contatto per circa 25 anni, sono ancora con noi oggi per aiutarci,
con la loro memoria, nel lavoro di archivio di tutti i progetti esistenti
in studio. Dal 2006 questo luogo è diventato lo Studio Museo Achille
Castiglioni e si avvale quotidianamente del sapiente e impegnativo lavoro di riordino, digitalizzazione e memoria delle due collaboratrici
dando un valore aggiunto a questo museo così speciale. Antonella
Gornati e Dianella Gobbato sono il cuore pulsante di questo studio!
Nello stesso tempo se mia madre Irma non avesse insistito tanto per
tenere aperto questo luogo tutto sarebbe finito in un freddo magazzino
o perso come è avvenuto in passato per altri studi di architettura.
Dall’inizio di questa avventura, mia madre, io e i miei due fratelli
supportiamo e sosteniamo le attività dello studio. Attualmente operative in studio siamo quattro donne a cui è stato affidato il compito di
tenere vivo il ricordo di Achille e dei suoi fratelli, condividendo, durante le visite guidate, con tutte le persone che passano a trovarci, il
modus vivendi e operandi “alla Castiglioni”.
Ci fu qualche progetto di cui non restò molto soddisfatto e che avrebbe voluto continuare a migliorare ma non lo fece, magari, per
delle difficoltà incontrate?
È ovvio che non fosse convinto di tutti i progetti, ma faceva comunque di tutto perché fossero il più possibile funzionali e semplici. Achille ha sempre pensato: “un progetto non finisce mai. Finisce solo
per motivi commerciali, perché il committente alla fine realizza il progetto o lo mette in produzione.”.
Concludendo, come arginava le delusioni che inevitabilmente ciascuno di noi incontra nel corso dell’esistenza, e cosa auspicava per
il futuro professionale delle generazioni a venire?
Le eventuali delusioni le superava con l’ironia e l’ottimismo e cercava
di buttarsele dietro le spalle, non senza averle però analizzate.
Per le generazioni future sperava che mantenessero vive sia gli ideali
che la serietà e la curiosità con quella spinta allegra che rendeva, soprattutto Milano, una città vivace e sempre in movimento. Una sua
frase che trovate appesa a una parete dello Studio Museo Achille Castiglioni riporta: <<Il mio più grosso successo sarà quello di superare
il 2000 con lo stesso piacere che io ho oggi nell’affrontare i problemi
di famiglia e di lavoro di domani mattina.>>.
Figura 21. Ingresso, Studio Museo Achille Castiglioni, 2011 © Studio Museo Achille Castiglioni
Figura 22. Stanza dei prototipi, Studio Museo Achille Castiglioni, 2011 © Studio
Museo Achille Castiglioni
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Figura 23. Stanza tecnigrafi con visitatori, Studio Museo Achille Castiglioni, 2011
© Studio Museo Achille Castiglioni
Figura 24. Meeting room, Studio Museo Achille Castiglioni, 2011 © Studio Museo
Achille Castiglioni
Note biografiche di Giovanna Castiglioni
Giovanna Castiglioni dal 2006 coordina il lavoro di archivio nello
Studio Museo Achille Castiglioni e si occupa delle visite guidate. Collabora con il Politecnico di Milano compiendo interventi riguardanti
la didattica e il modo di progettare di Achille Castiglioni. Tiene contatti con le Università e scuole straniere, si occupa di promuovere con
conferenze in Italia e all’estero lo Studio Museo Achille Castiglioni.
Questo permette di continuare a tenere viva una storia iniziata negli
anni Sessanta, sviluppatasi per 40 anni, la quale rientra, oggi, come
luogo autentico in grado di raccontare la storia del disegno industriale
italiano e della città di Milano. Visto il successo di pubblico di questi
cinque anni, più di 22.000 visitatori, la famiglia di Achille Castiglioni
desidera continuare a condividere con i visitatori il luogo e le storie in
esso custodite. Per questo motivo e per gli innumerevoli progetti in cui
è coinvolto, lo Studio Museo Achille Castiglioni sta intraprendendo
l’iter necessario per trasformarsi nella Fondazione Achille Castiglioni.