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2009 - volume 63 - n. 2
ISSN 1972-0122
La Rivista dei
Combustibili
e dell’Industria Chimica
a cura della Stazione Sperimentale per i Combustibili
www.ssc.it
Ricerca & Sviluppo per
il rispetto dell’ambiente
La Rivista dei
Combustibili
e dell’Industria Chimica
Volume 63
Fascicolo 2
Anno 2009
SOMMARIO
a cura della Stazione Sperimentale per i Combustibili
ATTIVITÀ SSC – Studi & Ricerche
Impiego di una miscela gasolio/biodiesel al 30% (B30) nei motori diesel: effetto sulle
emissioni inquinanti
di F. Avella, D. Faedo, A. Macor . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2
Problemi di sicurezza derivanti dal contatto dell’idrogeno con superfici metalliche
di S. Marengo, G. Migliavacca, A. Maggioni, C. Morreale . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 16
ATTIVITÀ SSC – Normazione
Numero di Cetano Derivato: l’evoluzione del metodo di prova
La SSC al Diesel Ignition Quality Workshop
di D. Faedo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 22
Miscele biodiesel/gasolio - Un parametro importante: la Filtrabilità
di A. Gallonzelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 24
Revisione delle Linee Guida per la distribuzione del gas
di P. Comotti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 25
NOTIZIE dalla SSC
Corso della SSC sulla normazione dei prodotti petroliferi
di D. Faedo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28
Integrazione dell’accordo di collaborazione tra ARPA Lombardia e SSC
di C. Pasturenzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28
Collaborazione tra ASL-MI2 e SSC
di C. Pasturenzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28
La SSC al WG2 del CEN/TC 238
di F. Hugony . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28
Particolato Ultrafine: Misura on line in tempo reale della distribuzione e
del numero di nanoparticelle in aerosol
di S. Bertagna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 29
ATTIVITÀ SSC – Analisi & sperimentazioni
Validazione di un metodo di prova per la determinazione di PVC su filtri per
campionatori personali
di M. Priola, S. Bianchi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 30
NOTIZIE
Forum Italiano Sicurezza Gas 2009
di P. Comotti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 36
European Safety Meeting – Calorimetric Techniques in Process Hazard Assessment
di C. Pasturenzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 36
Il ruolo delle biomasse legnose nello sviluppo delle bioenergie
di S. Bertagna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 38
Qualità del pellet
di F. Hugony . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 43
Biocombustibili Gassosi e Liquidi
di F. Hugony . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 44
AGGIORNAMENTO LEGISLATIVO (APRILE-GIUGNO 2009) . . . . . . . . . pag. 45
Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009
ssc
attività - studi & ricerche
Impiego di una miscela gasolio/biodiesel al 30% (B30) nei
motori diesel: effetto sulle emissioni inquinanti
Utilization of 30% vol biodiesel/diesel fuel blends (B30) in diesel engines:
effects on pollutant emissions
F. Avella, D. Faedo (*), A. Macor (°)
(*) Stazione Sperimentale per i Combustibili – San Donato Milanese Viale A. De Gasperi, 3
20097 San Donato Milanese (MI) Tel. 02516041; Fax 02514286; e-mail: [email protected]
(°) Dipartimento di Tecnica e Gestione dei sistemi Industriali- Università di Padova,
Stradella San Nicola 3, 36100 - Vicenza
RIASSUNTO
Vengono presentati i risultati di una sperimentazione finanziata da CNA
(Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa), svolta
con l’obiettivo di valutare gli effetti sull’emissione di specie inquinanti non regolamentate determinati dalla sostituzione del gasolio convenzionale (EN 590) con una miscela
al 30% di biodiesel in gasolio (B30) per alimentare due autoveicoli commerciali leggeri
(categoria N1) Euro 3, dotati di DOC ed EGR. I due autoveicoli sono stati provati in
laboratorio secondo i due cicli di guida standard UDC ed EUDC, e il ciclo di guida
“Urban” sviluppato nel Progetto europeo ARTEMIS.
I risultati ottenuti hanno indicato un comportamento analogo dei due autoveicoli provati: è stata messa in evidenza la tendenza verso l’aumento dell’emissione dell’ossido di
carbonio, degli idrocarburi incombusti e della formaldeide quando erano alimentati con
la miscela B30 rispetto al gasolio. Viceversa, i due autoveicoli hanno emesso una minore quantità di particolato totale, di particolato fine (PM10) misurato in termini di numero
di particelle/km, e delle specie IPA di maggiore interesse dal punto di vista tossicologico. Le conclusioni del programma sono risultate generalmente in linea con quanto riportato in altre pubblicazioni della letteratura tecnica specializzata.
SUMMARY
The results of an experimental work funded by CNA, (National Confederation of Crafts
and Small and Medium-Sized Enterprises) are presented.
The aim was the evaluation of the effects on non-regulated emissions by fuelling two
Euro 3 commercial trucks (class N1) with a 30% v/v biodiesel/diesel blend (B30) in comparison with the conventional diesel fuel. Test vehicles were equipped with DOC and
EGR. They were tested in laboratory under standard driving conditions (UDC and
EUDC driving cycles) and the “Urban” test cycle developed in the European ARTEMIS
Project.
The results showed a similar behaviour between the two testing vehicles: it was evidenced the tendency towards an increase of carbon monoxide, total hydrocarbons and formaldehyde emissions when they were fuelled by the B30 blend in comparison with the
diesel fuel. Whereas the two vehicles emitted a lower emission of total particulate, fine
particles (PM10) and of the most interesting PAH species under the toxicological view.
The conclusions of the test program were generally in agreement with the results reported in other specialized technical reports.
2
La Rivista dei Combustibili
ssc
1. INTRODUZIONE
Il biodiesel impiegato quale combustibile per alimentare i motori diesel rappresenta una
promettente alternativa al gasolio convenzionale. Una delle più importati peculiarità del
biodiesel è l’origine da fonti rinnovabili e biodegradabili, poiché prodotto dal trattamento degli oli vegetali con alcoli leggeri (metanolo, etanolo) per formare monoesteri.
Attualmente l’interesse maggiore per il biodiesel come combustibile è determinato dal
fatto che un suo impiego esteso nei trasporti può contribuire in modo significativo a
risolvere il problema dell’effetto serra determinato fondamentalmente dalla forte
immissione nell’atmosfera di anidride carbonica generata dalla combustione dei combustibili fossili.
Infatti, l’analisi sull’intero ciclo di vita (LCA) mostra che il biodiesel produce 2–2,5 J
di energia per ogni Joule di energia fossile consumata nella sua produzione e che la
quantità di anidride carbonica prodotta dalla sua combustione è assorbita dall’ambiente al 50–80%. In altri termini, la sostituzione di 1 kg di gasolio con 1 kg di biodiesel
consente un risparmio di 2,5–2,9 kg di anidride carbonica [1–3].
A livello europeo l’impiego dei biocombustibili (biodiesel e bioetanolo) nel settore trasporti è stato imposto dalla Commissione ai paesi membri con l’emanazione recente
della direttiva 2009/30/CE [4].
L’adattabilità del biodiesel nei motori attuali, caratterizzati da sistemi di alimentazione
tecnologicamente avanzati, è stata ampiamente indagata nel corso degli ultimi anni.
Questo ha portato alla definizione da parte del CEN della norma tecnica EN 14214 [5]
che definisce i requisisti minimi di qualità del biodiesel e i metodi di riferimento per la
sua caratterizzazione in laboratorio. Attualmente in Europa il biodiesel destinato ad alimentare i motori è miscelato con gasolio fino al 30% volume (B30), però soltanto le
miscele fino al 7% volume (B7) sono considerate intercambiabili col combustibile convenzionale. Comunque, attraverso un’indagine eseguita in ambito CUNA, è stato rilevato che molti modelli di autoveicoli in circolazione in Italia possono essere alimentati con miscele fino al 30% volume senza richiedere interventi sul motore.
Molti studi e sperimentazioni sono stati svolti per indagare gli effetti sulle emissioni e
sulle prestazioni degli autoveicoli diesel quando alimentati con biodiesel puro o in
miscela con gasolio. I risultati, però, sono molto dispersi e spesso contrastanti, a causa
delle variabilità delle caratteristiche dei motori provati, delle modalità di prova adottate e dalla materia prima di provenienza del biodiesel. Nonostante questa variabilità, si
possono individuare alcune tendenze generali, almeno nei riguardi delle emissioni regolamentate e delle prestazioni.
In linea generale l’emissione dell’ossido di carbonio, degli idrocarburi incombusti e del
particolato tende a diminuire in modo proporzionale alla concentrazione di biodiesel
nel gasolio, mentre quella degli ossidi di azoto tende a crescere fino ad un massimo di
10%. [6-9].
Ancora più difficile è la valutazione globale relativa all’emissione di specie inquinanti
non regolamentate, quali i composti carbonilici, gli IPA e i N-IPA, data la scarsità di
dati sperimentali disponibili in letteratura. E’ noto che alcuni membri della famiglia di
idrocarburi policiclici aromatici e nitro–aromatici sono considerate come “probably
carcinogenic to humans” dallo IARC [10]. Le poche informazioni raccolte indicano
una tendenza verso la riduzione dell’emissione degli IPA e dei N-IPA e verso l’incremento di quella delle aldeidi, con particolare riferimento alla formaldeide e all’acroleina [3, 6, 11, 12].
Il più basso contenuto energetico del biodiesel rispetto al gasolio determina un maggior
consumo di combustibile nell’esercizio dell’autoveicolo, anche se il rendimento globale del motore non subisce apprezzabili variazioni [3]. Effetti negativi, talvolta osservati in prove di durata su motore al banco-freno o su autoveicoli in esercizio prolungato
alimentati con miscele gasolio/biodiesel, si riconducono alla formazione eccessiva
Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009
3
ssc
attività - studi & ricerche
(rispetto al gasolio) di depositi sugli iniettori e sulle valvole e di lacche che provocano
l’incollaggio delle fasce elastiche dei pistoni.
Questi effetti, naturalmente, sono ascrivibili ai particolari tipi di biodiesel impiegati
nelle indagini sperimentali, non conformi alle norme di qualità (EN 14214, ASTM
D6751) a cui fanno riferimento i prodotti commerciali. Infatti, le suddette norme prescrivono i limiti di accettabilità anche delle caratteristiche chimico-fisiche (densità,
viscosità, contenuto di solidi sospesi, residuo carbonioso, stabilità all’ossidazione, glicerolo libero, valore di acidità) implicate nella insorgenza dei fenomeni indesiderati.
Queste condizioni sono necessarie affinché un prodotto commerciale possa essere
impiegato nei motori, anche quelli delle ultime generazioni dotati di apparati di iniezione sofisticati, senza provocare gli effetti segnalati.
Il presente lavoro è il risultato di una ricerca finanziata dalla Confederazione Nazionale
dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa – Associazione Provinciale di Venezia,
svolta con lo scopo di determinare gli effetti provocati dalla sostituzione del gasolio con
una miscela gasolio/biodiesel al 30% volume sugli inquinanti regolamentati e di alcune specie non regolamentate emessi da autoveicoli diesel leggeri. Con questo lavoro si
intende fornire un contributo alla valutazione dei benefici di natura ambientale che conseguono all’utilizzo di miscele di gasolio arricchite in biodiesel negli autoveicoli.
2. PARTE SPERIMENTALE
2.1 - Autoveicoli di prova
La sperimentazione è stata eseguita con due autoveicoli LD (categoria N1) Euro 3, rappresentativi della categoria di autoveicoli commerciali (furgoni) che costituiscono il parco circolante in Italia (tabella 1).
Il livello di omologazione Euro 3 degli esemplari provati è stato scelto perché si ritiene che
questi possano rappresentare al meglio la maggior parte degli autoveicoli di questa categoria nel tempo attuale e nei prossimi 4 – 5 anni.
Uno degli autoveicoli selezionati era equipaggiato con un motore diesel di cilindrata 1900
cc, l’altro con un motore di cilindrata 2400 cc. Entrambi erano dotati di sistema di iniezione common rail, di catalizzatore ossidante (DOC) e di sistema di ricircolazione dei gas di
scarico (EGR).
2.2 - Combustibili di prova
Gli autoveicoli sono alimentati inizialmente con un gasolio commerciale
livello di omologazione
Euro 3
Euro 3
targa
DC423BJ
CT147PX
preso come combustibile di riferimenchilometraggio
~ 66.000 km
~ 101.000 km
to (B0) e, successivamente, con una
cilindrata
2463 cc
1870 cc
miscela (B30) costituita dallo stesso
N. cilindri / N. valvole/cil
4/4
4/2
gasolio e, per il 30% in volume, da un
potenza max
84 kW @ 3500 rpm
74 kW @ 3500 rpm
biodiesel commerciale derivato da
coppia max
290 Nm @ 1600 rpm
240 Nm @ 2000 rpm
olio di colza. Prima della miscelazioaspirazione
TC
TC
ne sia il gasolio di riferimento che il
sistema di alimentazione
common rail
common rail
biodiesel erano stati caratterizzati in
dispositivi antinquinamento
catalizzatore ossidante
catalizzatore ossidante
laboratorio con le principali determiTabella 1
nazioni
analitiche
per
verificarne
la
conformità
con
le
rispettive norme di riferimento euroPrincipali
caratteristiche pee EN 590 [13] ed EN 14214 [5] (tabella 2).
degli autoveicoli Anche la miscela B30 impiegata per le prove era risultata conforme alla norma CUNA NC
di prova 637-02 [14] che esprime i requisiti minimi di qualità delle miscele gasolio/biodiesel fino
al 30% volume distribuite sul mercato nazionale (tabella 3).
Il numero di cetano del combustibile ottenuto dopo la miscelazione del gasolio col biodiesel è aumentato di poco più di un punto (N.C. = 54), mentre il contenuto di zolfo si è abbassato di circa 10 mg/kg rispetto ai corrispondenti valori del gasolio di riferimento.
4
Autoveicolo
Renault MASTER
Renault TRAFIC
modello
120 dCi
100 dCi
La Rivista dei Combustibili
ssc
parametro
u.m.
Metodo
GASOLIO
BIODIESEL
(gasolio / biodiesel)
valore
trovato
Limiti
EN 590-04
valore
trovato
Limiti
EN 14214
Densità @ 15 °C
kg/m3
UNI EN ISO 12185
838,4
820 - 845
883,8
860 - 900
Viscosità @ 40°C
mm2/s
UNI EN ISO 3104
3,220
2,00– 4,50
4,381
3,50 – 5,00
Contenuto di zolfo
mg/kg
30,7
≤ 50
3,0
≤ 10,0
Idrocarburi monoaromatici
% m/m
EN 12916
20,9
-
-
-
Idrocarburi diaromatici
% m/m
EN 12916
4,2
-
-
-
Idrocarburi triaromatici
% m/m
EN 12916
0,7
-
-
-
Idrocarburi poliaromatici
% m/m
EN 12916
4,9
≤ 11
-
-
Idrocarburi aromatici totali
% m/m
EN 12916
25,8
-
-
-
Contenuto di acqua
mg/kg
90
≤ 200
150
≤ 500
Contenuto di FAME
% vol
< 1,7
≤5
96,3
≥ 96,5
Residuo carbonioso (10% residuo)
Contaminazione totale
Contenuto di ceneri
UNI EN ISO 20884 /
UNI EN ISO 20846
ISO 12937 /
ISO 6296
UNI EN 14078 /
EN 14103-03
% m/m
UNI EN ISO 10370
< 0,01
≤ 0,30
0,22
≤ 0,30
mg/kg
EN 12662
4,7
≤ 24
4,5
≤ 24
% m/m
EN ISO 6245
< 0,001
≤ 0,01
< 0,001
≤ 0,02
-
UNI EN ISO 5165
53,7
≥ 51,0
52,6
≥ 51,0
°C
ISO 3405
363,2
≤ 360
-
-
Numero di cetano
T95 (il 95% in vol. evapora @…)
E250 °C (evaporato @ 250 °C)
% vol
24,9
≤ 65
-
-
E350 °C (evaporato @ 350 °C)
% vol
92,0
≥ 85
-
-
Contenuto di fosforo
mg/kg
UNI EN 14107
-
-
<4
≤ 10,0
Contenuto di esteri
% m/m
EN 14103-03
-
-
96,3
≥ 96,5
Contenuto di monogliceridi
% m/m
EN 14105-03
-
-
0,68
≤ 0,80
Contenuto di digliceridi
% m/m
EN 14105-03
-
-
0,12
≤ 0,20
Contenuto di trigliceridi
% m/m
EN 14105-03
-
-
0,01
≤ 0,20
Contenuto di glicerolo libero
% m/m
EN 14105-03
-
-
0,007
≤ 0,02
Contenuto di glicerolo totale
% m/m
EN 14105-03
-
-
0,200
≤ 0,25
Metilestere acido linolenico
% m/m
EN 12916
-
-
8,3
≤ 12,0
Contenuto di metanolo
% m/m
EN 14110-03
-
-
0,19
≤ 0,20
mgKOH/g
EN 14104-03
-
-
0,45
≤ 0,50
Acidità
Numero di iodio calcolato
-
EN 14214-03
-
-
119
≤ 120
Stabilità all’ossidazione @ 110°C
h
EN 14112-03
-
-
8,9
≥ 6,0
Contenuto di Na + K
mg/kg
UNI EN 14538
-
-
4,9
≤ 5,0
Contenuto di Mg + Ca
mg/kg
UNI EN 14538
-
-
<1
≤ 5,0
Tabella 2
Principali
caratteristiche dei
componenti della
miscela B30
La concentrazione di idrocarburi policiclici aromatici si è ridotta in modo proporzionale al
contenuto di biodiesel nella miscela (30%).
2.3 - Modalità operative
Il protocollo di prova prevedeva l’esecuzione di tre prove ripetute nelle medesime condizioni sperimentali in due fasi distinte per ciascun autoveicolo. Nella prima fase l’autoveicolo è stato alimentato con il gasolio di riferimento, nella seconda con la miscela B30.
In ogni condizione sperimentale sono stati campionati e analizzati i gas di scarico emessi
in marcia simulata su un banco dinamometrico a rulli secondo la sequenza dei cicli di
guida (figura 1):
• ciclo di guida urbano standard europeo (UDC = Urban Driving Cycle)
• ciclo di guida extra-urbano standard europeo (EUDC = Extra Urban Driving Cycle)
Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009
5
ssc
attività - studi & ricerche
• ciclo di guida CADC “Urban”, sviluppato nell’ambito del Progetto europeo ARTEMIS
per una rappresentazione più realistica delle condizioni di guida in ambiente urbano di
una tipica città europea, caratterizzata da frequenti cambi di marcia e accelerazioni più
spinte [15].
Tabella 3
Principali
caratteristiche
chimico-fisiche
della miscela B30
MISCELA B30
parametro
Densità @ 15 °C
valore
trovato
Limiti
CUNA
NC 637-02
UNI EN ISO 12185
851,9
820 – 860
u.m.
metodo
kg/m3
2
Viscosità @ 40°C
mm /s
UNI EN ISO 3104
3,494
2,00 – 4,60
Contenuto di zolfo
mg/kg
UNI EN ISO 20884
19,8
≤ 50
Idrocarburi monoaromatici
% m/m
EN 12916
14,6
-
Idrocarburi diaromatici
% m/m
EN 12916
2,9
-
Idrocarburi triaromatici
% m/m
EN 12916
0,5
-
Idrocarburi poliaromatici
% m/m
EN 12916
3,4
≤ 11
Idrocarburi aromatici totali
% m/m
EN 12916
18,0
-
Contenuto di acqua
mg/kg
ISO 12937
90
≤ 200
Contenuto di FAME
% vol
UNI EN 14078
31,5
20 - 30
Residuo carbonioso (10% residuo)
% m/m
UNI EN ISO 10370
0,09
≤ 0,30
Contaminazione totale
mg/kg
EN 12662
12
≤ 24
-
EN ISO 2160
1a
Classe 1
% m/m
EN ISO 6245
< 0,001
≤ 0,01
-
UNI EN ISO 5165
54,8
≥ 51,0
T95 (il 95% in vol. evapora @…)
°C
ISO 3405
356,5
≤ 360
E250 °C (evaporato @ 250 °C)
% vol
ISO 3405
13,5
≤ 65
E350 °C (evaporato @ 350 °C)
% vol
ISO 3405
95,3
≥ 85
Corrosione su rame (3h @ 50 °C)
Contenuto di ceneri
Numero di cetano
120
velocità [km/h]
100
80
60
40
20
0
0
Fig. 1
Sequenza e
caratteristiche
dei cicli di guida
6
500
ciclo UDC
Durata
Velocità media
Velocità massima
Lunghezza di percorso
tempo a regime minimo
1000
ciclo EUDC
s
km/h
km/h
km
%
UDC
780
19,0
50,0
4,052
30,8
1500
2000
ciclo URBAN
EUDC
400
62,6
120,0
6,955
10,0
Tempo, s
URBAN
993
17,7
57,7
4,87
28
La Rivista dei Combustibili
ssc
Il campionamento dei gas di scarico è stato effettuato dopo l’avviamento del motore alla
temperatura ambiente del laboratorio per determinare:
- le emissioni inquinanti regolamentate (CO, HC, NOX)
- l’emissione del particolato totale (PM)
- la frazione soot del particolato emesso
- la distribuzione dimensionale del particolato emesso inferiore a 10 µm (PM10)
- l’emissione delle aldeidi
- l’emissione degli idrocarburi policiclici aromatici (IPA)
- il consumo di combustibile.
Lo schema delle apparecchiature per il campionamento e l’analisi dei gas di scarico è
riportato nella figura 2.
Le emissioni regolamentate sono state determinate in ogni fase del ciclo di guida complessivo tramite un sistema di analisi Signal MaxSys costituito da analizzatori NDIR per la
misura delle concentrazioni di ossido di carbonio e di anidride carbonica, un analizzatore
HCLA per quella degli ossidi di azoto e un analizzatore HFID per la concentrazione degli
idrocarburi incombusti.
Il particolato totale è stato campionato prelevando una porzione di gas di scarico diluito col
sistema CVS dal tunnel di diluizione, raccogliendo le particelle su membrane Pallflex
T60A20 previamente condizionate.
La caratterizzazione dimensionale dell’emissione del particolato fine e ultrafine è stata eseguita con un impattore elettrostatico a bassa pressione (ELPI) campionando una piccola
quantità di gas di scarico diluiti dal tunnel di diluizione del sistema CVS. Il campionamento è stato eseguito tramite una sonda apposita e relativo sistema FPS Dekati per un’ulteriore diluizione degli stessi con aria. I dati registrati alla frequenza di 1 Hz sono stati riportati come curve di ripartizione dei diametri aerodinamici medi (Dm) su scala logaritmica nel
campo di valori compresi tra 18 nm e 6 µm.
Un’ulteriore porzione di gas di scarico diluiti prelevata dal tunnel di diluizione è stata analizzata con lo strumento Microsoot Sensor AVL per determinare l’emissione della frazione carboniosa del particolato.
Per determinare l’emissione delle aldeidi nella fase gassosa è stato adottato il metodo EPA
N. TO-11A. Una piccola porzione di gas di scarico diluiti è stata convogliata durante ogni
prova su fiale Waters SEP-PAK contenenti DNPH supportata da gel di silice. Gli idrazoni
Fig. 2
Schema generale
del sistema di
campionamento e
di analisi delle
emissioni
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7
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attività - studi & ricerche
formati sono stati estratti con acetonitrile e analizzati tramite un cromatografo liquido
WATERS 990 con rilevatore a rete di diodi. I valori inferiori al limite di rilevabilità strumentale, non definiti, sono stati convenzionalmente imposti pari alla metà del valore limite analizzabile con l’HPLC. Questo criterio è quello maggiormente accreditato dalla comunità scientifica internazionale, secondo quanto riportato nel Rapporto ISTISAN N. 04/15
"Trattamento dei dati inferiori al limite di rilevabilità nel calcolo dei risultati analitici",
preparato dall’Istituto Superiore di Sanità.
La determinazione dell’emissione degli IPA è stata eseguita associando la frazione costituita dalle specie più leggere (IPA a 2 – 3 anelli) dispersa nella fase gassosa con quella
delle specie a peso molecolare più elevato (IPA a 3 – 4 anelli) presente nella frazione solubile del particolato (SOF) raccolto sulle membrane Pallflex. Un’aliquota dei gas di scarico è stata convogliata in fiale contenenti resina adsorbente XAD2 per intrappolare le specie nella fase gassosa. La resina e le membrane sono state trattate con toluene in modalità
A.S.E. (Soxhlet Warm) per 12 ore a ~7 cicli/ora per estrarre le specie poliaromatiche su
fase solida utilizzando colonne SPE Silica, 1g 6ml (Restek 24038). La purificazione degli
analiti è stata eseguita con lavaggi ripetuti con toluene e n.esano, lasciando evaporare l’eccesso di solventi in corrente di azoto e portare a un volume finale di 1 ml. Infine, i campioni sono stati analizzati mediante tecnica GC-MS, impiegando la tecnica SIM e aggiungendo 20 ng di Perilene D12 come standard interno.
3. RISULTATI E DISCUSSIONE
Nei paragrafi successivi saranno presentati e discussi i risultati ottenuti nel programma
sperimentale. I valori riportati sono la media dei risultati di quattro prove eseguite nelle
medesime condizioni sperimentali. Per ogni parametro di emissione rilevato è stata calcolata la variazione del suo valore medio relativo all’alimentazione con la miscela B30 rispetto all’alimentazione con il gasolio. Data l’entità esigua del numero di autoveicoli provati
la sperimentazione ha consentito soltanto di valutare in termini di tendenza gli effetti provocati dall’aggiunta di elevate quantità di biodiesel nel gasolio.
3.1 - Emissioni inquinanti regolamentate
Il livello di emissione dell’ossido di carbonio e degli idrocarburi incombusti è risultato
significativamente più elevato nel ciclo UDC quando era in atto il transitorio termico del
motore rispetto a quello rilevato nei due cicli EUDC ed Urban. Infatti, durante lo svolgimento di questi due cicli l’abbassamento del livello di emissione era determinato dalla conversione dei due inquinanti sul catalizzatore ossidante pienamente attivato. L’effetto è stato
osservato con entrambi gli autoveicoli provati.
La sostituzione del gasolio con la miscela B30 ha determinato un incremento dell’emissione
dell’ossido di carbonio (intorno al 20% per entrambi gli autoveicoli) e di idrocarburi incombusti (20% per il modello Master e 40% per il modello Trafic) particolarmente rilevante nel
ciclo di guida urbano standard UDC, quando era in atto il transitorio termico del motore.
Variazioni più modeste sono state osservate nelle altre due condizioni di guida (figura 3).
L’emissione degli ossidi di azoto è risultata più elevata nel ciclo di guida Urban, poiché questo ciclo, pur avendo una velocità media paragonabile rispetto a quella del ciclo standard
UDC, è rappresentativo di condizioni di guida più gravose (maggiore numero di fasi di accelerazione). In tutte le condizioni di guida l’impiego del combustibile sperimentale non ha
causato alcuna variazione apprezzabile dell’emissione degli ossidi di azoto (figura 4).
3.2 - Caratterizzazione del particolato
Il particolato è il parametro di emissione maggiormente investigato in questa sperimentazione, data l’importanza che gli autoveicoli diesel assumono attualmente come sorgenti di
emissione di questo inquinante.
Nonostante l’elevato numero di chilometri accumulati dagli esemplari provati, il livello di
8
La Rivista dei Combustibili
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Fig. 3
Variazione
dell’emissione
dell’ossido di
carbonio e degli
idrocarburi
incombusti dopo
la sostituzione del
gasolio con la
miscela B30
Fig. 4
Variazione
dell’emissione
degli ossidi di
azoto dopo la
sostituzione del
gasolio con la
miscela B30
particolato emesso da entrambi, valutato come media pesata dei valori delle due fasi (UDC
ed EUDC) dell’intero ciclo standard di riferimento europeo NEDC, è risultato prossimo al
valore limite di omologazione imposto dalla Direttiva 98/69/CE.
La natura del combustibile e le condizioni di guida influenzano significativamente l’emissione del particolato e della sua frazione carboniosa. Quando i due autoveicoli erano alimentati con la miscela B30 l’emissione del particolato totale è diminuita sensibilmente,
mediamente del 20%, nei cicli standard UDC ed EUDC e poco più del 30% nel ciclo di
guida Urban rispetto all’alimentazione a gasolio. Il maggior numero di fasi di accelerazione che caratterizza questo ciclo di guida rispetto a quelli standard di omologazione spiegherebbe la diversa diminuzione osservata.
Al contrario, l’emissione della frazione carboniosa del particolato (soot) è diminuita di un
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9
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attività - studi & ricerche
valore intorno al 25% per effetto dell’aggiunta di biodiesel nel gasolio, indipendentemente dalle condizioni di guida e dal modello di autoveicolo provato. La frazione soot costituiva in media circa l’80% del particolato totale emesso dal Renault Master e circa il 70%
di quello emesso dal Renault Trafic in ogni condizione sperimentale. Sulla base dei dati
raccolti, quindi, si è potuto stabilire l’assenza di variazioni significative del rapporto
PMsoot/PM. Questa osservazione ha indicato, quindi, che la costituzione chimica macroscopica del particolato totale emesso dai due autoveicoli è rimasta pressoché immutata quando il gasolio è stato sostituito con la miscela B30 (figura 5).
Fig. 5
Variazione
dell’emissione del
particolato e del
rapporto
PMsoot/PM dopo
la sostituzione del
gasolio con la
miscela B30
L’analisi dimensionale del particolato eseguita con l’ELPI ha riguardato il numero di particelle emesse in dodici classi dimensionali comprese complessivamente nell’intervallo di
diametri aerodinamici 7 nm - 9,36 µm. La somma dei valori del numero di particelle emesse in ciascuna classe può essere considerata equivalente all’emissione della frazione < 10
µm del particolato totale, nota comunemente come PM10.
Il numero totale medio di particelle emesse per km percorso da entrambi gli autoveicoli è
diminuito significativamente, dal 10% al 15% circa in dipendenza delle condizioni di
guida, dopo la sostituzione del gasolio con la miscela B30 (figura 6).
Inoltre, l’analisi modale dell’emissione del PM10 ha indicato come questa specie sia stata
emessa in modo preponderante in corrispondenza delle fasi di accelerazione e nelle fasi a
velocità costante dei cicli di guida. L’andamento si è mantenuto praticamente invariato
sostituendo il gasolio con la miscela B30 per entrambi gli autoveicoli. Il livello di emissione più elevato è stato registrato in condizioni di guida urbana (cicli UDC e Urban) per il
modello Master 120 dCi alimentato con i due combustibili, mentre il modello Trafic 100
dCi è risultato un emettitore maggiore di particelle in condizioni di guida a velocità elevata (ciclo EUDC). L’aggiunta di biodiesel nel gasolio non ha determinato alcuna variazione
10
La Rivista dei Combustibili
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Fig. 6
Livello medio di
emissione del
PM10 (numero di
particelle per km
percorso) dopo la
sostituzione del
gasolio con la
miscela B30
sensibile del profilo di distribuzione dimensionale del particolato emesso dai due autoveicoli. Questo è stato determinato come media delle distribuzioni registrate in ogni ciclo di
guida. L’andamento si è presentato unimodale con entrambe le alimentazioni con un picco
di emissione in corrispondenza del diametro aerodinamico medio (Dm) posizionato intorno a 40 nm (figura 7). Questo risultato è in accordo con quelli di altre sperimentazioni [7]
e indica che la maggior parte delle particelle emesse da due autoveicoli era in modo
“nucleazione”.
Con entrambi i combustibili la quasi totalità del numero di particelle emesse (99,9%) ha
presentato un diametro aerodinamico medio inferiore a 1 µm (PM1), indipendentemente
dalle condizioni di guida, mentre il 90% era costituito da particelle con diametro aerodinamico inferiore a 0,1 µm.
L’emissione delle particelle con diametro aerodinamico compreso nell’intervallo di valori
24 nm – 9,36 µm, corrispondente a quasi tutto lo spettro dimensionale rilevabile con l’ELPI,
Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009
Fig. 7
Confronto della
distribuzione
media del
particolato fine
(PM10) emesso dai
due autoveicoli
alimentati col
gasolio e con la
miscela B30
11
ssc
attività - studi & ricerche
è diminuita sensibilmente (dal 10 al 40% circa) quando gli autoveicoli erano alimentati con
la miscela B30. Viceversa, nessuna variazione apprezzabile è stata osservata per l’emissione delle particelle ultrafini (7 nm < Dp < 24 nm).
3.3 – Emissione dei composti carbonilici
I composti carbonilici rappresentano una classe di sostanze presenti nei gas di scarico degli
autoveicoli prodotte dalla parziale ossidazione degli idrocarburi. Esse sono caratterizzate
da elevata tossicità e azione cancerogena, specialmente le specie più semplici, quali la formaldeide e l’acetaldeide.
Nella presente sperimentazione sono state determinate quattordici specie differenti. Di
queste soltanto la formaldeide e l’acetaldeide hanno presentato un livello medio di emissione apprezzabile, mentre quello di tutte le altre è risultato prossimo al limite di rilevabilità strumentale (HPLC), corrispondente a un valore di emissione pari a 0,02 mg/km. Valori
così bassi sono stati determinati nei gas di scarico dei due autoveicoli anche durante il transitorio termico del motore, quando l’attivazione del catalizzatore ossidante dei due autoveicoli non era pienamente sviluppata. Questo effetto è stato rilevato sia con l’alimentazione a gasolio che con la miscela B30. La sostituzione del gasolio con la miscela B30 ha
determinato un incremento sensibile (circa 45% nel ciclo UDC e intorno a 30% negli altri
due cicli) dell’emissione della formaldeide nei gas di scarico dei due autoveicoli (figura 8).
Al contrario, gli stessi autoveicoli hanno manifestato un comportamento contrapposto, non
spiegato, riguardo all’emissione dell’acetaldeide, quando erano alimentati con la miscela
B30, indipendentemente dalle condizioni di guida.
La tendenza verso un incremento dell’emissione della formaldeide, osservato in questa
sperimentazione quando gli autoveicoli erano alimentati con il combustibile contenente
biodiesel (miscela B30), è risultato in linea con le conclusioni di altre sperimentazioni [11,
12]. L’entità delle variazioni riscontrate tra una sperimentazione e l’altra è determinata,
Fig. 8
Confronto del
livello medio di
emissione della
formaldeide e
dell’acetaldeide
nei gas di scarico
dei due autoveicoli
alimentati col
gasolio e con la
miscela B30
12
La Rivista dei Combustibili
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ovviamente, dalle diverse condizioni sperimentali (motore, condizioni di prova) e dalle
caratteristiche chimiche (origine) del biodiesel impiegato.
3.4 – Emissione degli IPA
Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) sono distribuiti in parte nella fase gassosa e in
parte nella frazione solubile (SOF) del particolato. La ripartizione tra le due fasi è regolata dalla volatilità relativa delle specie: quelle meno volatili (a quattro e più anelli) tendono
a concentrarsi in fase condensata nel SOF.
E’ stata determinata l’emissione di undici specie differenti. Le specie più interessanti sono
quelle a quattro anelli e più perché incidono significativamente sulla salute umana, essendo caratterizzate da azione cancerogena e mutagena. Di queste il benzo(a)pirene è classificato carcinogenic to humans dallo IARC (classe 1); il benzo(a)antracene e il
dibenzo(a,h)antracene sono classificati “probably carcinogenic to humans” (classe 2A) [10].
In tutte le condizioni di prova il livello di emissione delle specie considerate nei gas di scarico dei due autoveicoli alimentati sia con il gasolio che con la miscela B30, è risultato
molto basso, inferiore a 1 µg/km. In alcune condizioni sperimentali, quando il motore era
a regime termico, l’emissione delle specie a peso molecolare più elevato, come il
benzo(a)antracene e il benzo(a)pirene, ha presentato valori inferiori anche al limite di rilevabilità strumentale (GC/MS).
Data la forte variabilità dei valori di emissione misurati degli IPA non è stato possibile
quantificare l’effetto provocato dalla presenza di biodiesel in elevate concentrazioni nel
gasolio. E’ stato possibile, però, dedurre in modo qualitativo che la sostituzione del gasolio con la miscela B30 non ha determinato alcuna variazione apprezzabile dell’emissione
delle quattro specie più volatili (fenantrene, antracene, fluorantene e pirene). Viceversa, è
stata osservata la tendenza verso la diminuzione dell’emissione di alcune specie IPA a
quattro anelli condensati (figura 9). L’effetto è risultato più marcato durante il transitorio
termico del motore (ciclo di guida UDC), quando l’efficienza di conversione del catalizzatore ossidante non era pienamente sviluppata.
3.5 – Emissione di anidride carbonica e consumo energetico
La presenza di biodiesel nel gasolio (miscela B30) non ha causato alcuna apprezzabile
variazione per l’emissione dell’anidride carbonica, in tutte le condizioni di guida.
Viceversa, è stato riscontrato un incremento di consumo di combustibile, valutabile in media
intorno al 2,5% per il modello Master e al 4% circa per il modello Trafic. L’effetto era determinato dalla presenza nella miscela B30 di una quantità relativamente elevata di biodiesel,
un combustibile caratterizzato da un contenuto energetico inferiore (PCI ~ 37250 kJ/kg) a
quello del gasolio minerale (valore medio indicativo del PCI ~ 42900 kJ/kg).
4. CONCLUSIONI
Il programma sperimentale è stato svolto su due autoveicoli diesel con tecnologia motoristica Euro 3, equipaggiati con motori di differente cilindrata e potenza e alimentati inizialmente con un gasolio commerciale a norma EN 590 e poi con una miscela costituita da
30% volume di biodiesel (conforme alla norma EN 14214) nello stesso gasolio (miscela
B30). Le tecnologie antinquinamento adottate sui due autoveicoli erano tali da mantenere
le emissioni inquinanti (regolamentate e non) a livelli molto bassi.
La sostituzione del gasolio con la miscela B30 ha determinato un incremento sensibile
delle emissioni di ossido di carbonio e di idrocarburi incombusti, ma nessuna variazione
apprezzabile di quella degli ossidi di azoto. Viceversa, l’emissione del particolato totale e
della sua frazione carboniosa (soot) ha subito una riduzione sensibile, ma il rapporto percentuale tra i due parametri è rimasto praticamente immutato (tra 70 e 80%).
Analogamente, è stata riscontrata una diminuzione significativa dell’emissione del numero di
particelle in tutto l’intervallo di dimensioni misurabili con l’ELPI (7 nm – 9,6 µm), mentre
Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009
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attività - studi & ricerche
Fig. 9
Confronto del
livello medio di
emissione del
crisene,
benzo(b)+benzo(k)
-fluorantene e del
benzo(a)pirene nei
gas di scarico dei
due autoveicoli
alimentati col
gasolio e con la
miscela B30
l’andamento unimodale delle curve di distribuzione dimensionale è rimasto invariato: più del
90% delle particelle emesse avevano un diametro aerodinamico medio < 0,1 µm.
A riguardo dell’emissione degli inquinanti non regolamentati la sperimentazione non ha
consentito di trarre un’indicazione ben definita, dato il livello molto basso e la forte variabilità delle misure. Dopo la sostituzione del gasolio con la miscela B30 è stata riscontrata
la tendenza verso l’incremento dell’emissione della formaldeide degli IPA a 3 anelli, e una
diminuzione di quelli con peso molecolare più elevato (4 – 5 anelli).
L’impiego della miscela B30 in sostituzione del gasolio non ha determinato alcuna variazione dell’emissione di anidride carbonica. Viceversa, è stato riscontrato un incremento del
consumo di combustibile, come era prevedibile, determinato dal più basso potere energetico del biodiesel.
I risultati ottenuti hanno indicato che, per valutare gli effetti determinati dall’aggiunta di
elevate quantità di biodiesel nel gasolio sull’emissione degli inquinanti non regolamentati,
14
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andrebbe svolto un programma sperimentale di più ampia portata, esteso a più autoveicoli di modello diverso e con caratteristiche motoristiche maggiormente differenziate.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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le emissioni di gas a effetto serra, modifica la direttiva 1999/32/CE del Consiglio per
quanto concerne le specifiche relative al combustibile utilizzato dalle navi adibite ala
navigazione interna e abroga la direttiva 93/12/CE
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grassi (FAME) per motori diesel – Requisiti e metodi di prova - (2008)
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biodiesel–diesel blends: Sampling optimization and emissions profile – Atmospheric
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Atmospheric Environment, 42 (2008), 769–775
[13] Norma europea EN 590 – Combustibili per autotrazione - Gasolio per motori diesel
- Requisiti e metodi di prova – (2009)
[14] Norma CUNA NC 637-02 – Combustibili per autotrazione – Miscela di esteri metilici
di acidi grassi (FAME) al 20-30 % v/v in gasolio – requisiti e metodi di prova – (2003)
[15] André M. – The ARTEMIS European driving cycles for measuring car pollutant emissions – Science of the Total Environment, 334-335, (2004), 73-84
RICONOSCIMENTI E RINGRAZIAMENTI
Un ringraziamento particolare al Segretario Provinciale della Confederazione Nazionale
dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa - Associazione Provinciale di Venezia
Dott. Renato Fabbro per il finanziamento della ricerca e al Prof. Alberto Mirandola del
Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’Università di Padova, per il supporto dato
durante il lavoro.
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attività - studi & ricerche
Problemi di sicurezza derivanti dal contatto dell’idrogeno con
superfici metalliche
Safety issues involving the interaction of hydrogen with metallic surfaces
S. Marengo, G. Migliavacca, A. Maggioni, C. Morreale
Stazione Sperimentale per i Combustibili
Viale A. De Gasperi, 3 20097 San Donato Milanese (MI)
Tel. 02516041; Fax 02514286; e-mail:[email protected]
RIASSUNTO
Sono qui riportati alcuni dei risultati più significativi di una ricerca finanziata dal Ministero
del Lavoro con l’obiettivo di valutare i rischi derivanti dall’uso estensivo dell’idrogeno
come vettore energetico. A tale scopo sono state investigate le interazioni tra il gas e le
superfici calde e si è evidenziato l’effetto catalitico che alcuni metalli possono avere sulla
reazione di ossidazione. La sperimentazione si è basata sull’utilizzo di tecniche di micro
gascromatografia e di termografia infrarossa.
Parole chiave: idrogeno, innesco su superfici calde, sicurezza
SUMMARY
This paper reports some significant results of a study, funded by the Italian Ministry of
Labour and Social Security, aiming at evaluating the risks associated with a wide-spread
use of hydrogen as an energy carrier. The interaction of hydrogen with hot surfaces has
been investigated, and the catalytic effect of some metals on hydrogen oxidation has been
outlined. Micro gas chromatographic techniques and infrared thermography have utilized
throughout the experimental tests.
Key words: hydrogen, hot surface ignition, safety.
INTRODUZIONE
Negli ultimi anni si è fatta sempre più consistente la ricerca di fonti energetiche alternative ai combustibili fossili. Questo in seguito sia alle previsioni negative riguardo alla futura disponibilità di petrolio e gas naturale, sia a causa del forte impatto ambientale prodotto dalla combustione di questi ultimi in termini di polveri sottili, di inquinanti gassosi e di
contributo all’effetto serra. L’idrogeno, attraverso il suo impiego nelle celle a combustibile o mediante combustione diretta, è considerato uno dei vettori energetici più promettenti per il futuro poiché la sua combustione non genera ossidi di carbonio, zolfo e particolato. Per questo motivo se ne stanno approfondendo le possibili applicazioni in diversi settori, come quello dei trasporti, del riscaldamento e dell’elettronica. E’ quindi prevedibile che
a breve termine sarà realizzato un numero sempre crescente di impianti e attrezzature per
generare, trasportare, immagazzinare e utilizzare idrogeno.
Tuttavia, nonostante la sua combustione “pulita”, l’idrogeno presenta aspetti peculiari di
sicurezza legati alle sue caratteristiche chimico-fisiche [1,2] che è importante tenere in
considerazione nella prospettiva di una sua diffusione su larga scala.
Il progetto*, da poco concluso presso la Stazione Sperimentale per i Combustibili e finanzia-
* Ricerca realizzata con il contributo del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, Progetto N. 1296.
16
La Rivista dei Combustibili
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to dal Ministero del Lavoro, ha come finalità quelle di valutare i principali aspetti di sicurezza legati alla produzione e impiego di questo gas per uso energetico, con particolare riguardo
alla reattività di miscele idrogeno-aria in presenza di materiali metallici ad alta temperatura.
Casistica degli incidenti connessi all’uso dell’idrogeno
Da analisi di carattere generale, riportate in database accessibili sulla rete WEB [3,4], si
evince che il rilascio accidentale di idrogeno è all’origine del 95% degli incidenti riportati in letteratura. Come mostrato in Figura 1, nel 77%
dei casi si verifica l’innesco della miscela, che porta
nella metà dei casi ad incendi e nell’altra metà ad
esplosioni di entità più o meno consistente.
Un dato significativo che si ricava dall’analisi dei dati
sulle sorgenti di accensione è che, nella maggior parte
dei casi, si ignora quale sia la sorgente di innesco dell’esplosione o della fiamma. Questo rimarca il fatto
che, in condizioni normali, le sorgenti che possono
avere energia sufficiente per accendere una miscela
aria-idrogeno sono molteplici e non sempre nell’analisi a posteriori è possibile discriminare quella effettiva.
In Figura 2 si vede che, dove è stato possibile risalire
alla sorgente di innesco, il contributo maggiore si ha da scintille ed elettricità statica, una
sorgente piuttosto comune in tutti gli scenari di applicazione dell’idrogeno. Una discreta
percentuale dei casi di accensione è riconducibile alla presenza di fiamme (incendi generati da altri combustibili, fiamme libere, saldatori) oppure al rilascio di idrogeno in presenza di superfici calde o catalitiche. Una percentuale molto bassa è data dall’autoaccensione
della miscela e dal verificarsi di eventi naturali (fulmini).
Figura 1
Ripartizione degli
eventi di
accensione,
esplosione
o rilascio durante
incidenti con
idrogeno
APPARATO SPERIMENTALE E METODI
L’ossidazione dell’idrogeno è stata studiata utilizzando un reattore tubolare a flusso in zaffiro sintetico, lungo 180 mm e di diametro 8 mm. Questo materiale è stato scelto, oltre che per
le sue proprietà chimiche, per la sua resistenza meccanica e per le sue caratteristiche ottiche
che lo rendono particolarmente adatto a misure nel campo infrarosso. Si è operato con due
diverse metodologie. Nella prima all’interno del reattore sono stati posti di volta in volta i
campioni dei metalli da analizzare. Il reattore è stato racchiuso in un fornetto metallico dotato di apposite finestre ottiche trasparenti alla radiazione infrarossa. La temperatura del forno
è stata regolata attraverso un controller esterno con il
quale è stata impostata per ogni prova una rampa di
temperatura che andava da 25°C a 450°C, con una
velocità di circa 3°C/min.
La temperatura del gas è stata monitorata attraverso
una termocoppia posta all’interno del reattore e posizionata in prossimità del campione di metallo.
Durante la prova è stata inviata in continuo una
miscela di aria e idrogeno all’interno del reattore; le
portate dei gas sono state regolate da flussimetri elettronici (Mass Flow Controller Brooks) e la concentrazione iniziale dei gas, prima di iniziare la prova, è
stata verificata attraverso un Micro GC CP-4900
della Varian con due colonne capillari, una per gas permanenti e l’altra per composti polari.
La concentrazione dei gas in uscita dal reattore era monitorata campionando il flusso di gas
e inviandolo al micro GC per l’analisi; la misura avveniva in modo sequenziale alla frequenza di un’analisi ogni 2 minuti in modo da verificare costantemente l’andamento della
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Figura 2
Sorgenti di
accensione negli
incidenti con
idrogeno
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reazione in funzione della temperatura misurata mediante la termocoppia. Uno schema del
sistema è riportato in Figura 3, mentre i materiali investigati sono riportati in Tabella 1.
In una seconda fase della sperimentazione, per studiare l’effetto delle superfici metalliche
in condizioni più rappresentative delle situazioni reali, sono state fatte prove di accensione di miscele idrogeno/aria inviando una miscela a temperatura ambiente su una lamina
metallica riscaldata con un circuito elettrico di intensità regolabile dall’esterno. Il sistema
è stato posto all’interno del reattore in zaffiro nel quale è stato inviato il flusso di aria e
idrogeno alla concentrazione voluta. La miscela in ingresso è stata controllata mediante
Figura 3
Apparato
sperimentale
composto da a)
flussimetri
elettronici; b)
sistema di
riscaldamento a
temperatura
programmata,
all’interno del
quale è posto il
reattore c) Micro
GC
b
c
a
Tabella 1
Denominazione
materiale
Dimensioni
Tubo zaffiro
sintetico
lunghezza 180 mm
diametro interno 8 mm
Quarzo
Acciaio Inox
AISI 304
C
Mn
Cr
Ni
Mo
Cu
Al2O3
-
-
-
-
-
-
granelli 0,2-0,8 mm
SiO2 Merck
pro analysis
-
-
-
-
-
-
foglio 30x5 mm; spessore 0.06 mm
-
0.03
1.63
18.3
8.2
1
0.30
-
0.02
1.32
18
10.1
3
0.32
-
-
0.04
0.22
Acciaio Inox
Lunghezza 140 mm diametro int. 5 mm
AISI 316
Acciaio al
foglio 145x27 mm; spessore 0.07 mm
carbonio
Figura 4
a) lamina di
acciaio al
carbonio ossidata
riscaldata
elettricamente;
b) sistema di
misura con in
primo piano
l’apparecchio di
termografia
infrarossa.
18
a
Composizione chimica %
b
-
0.12 max 0.6 max
controllori di flusso elettronici e
analizzata mediante micro-gascromatografo, in modo analogo ai test
di reattività sopra descritte. La
misura accurata della temperatura
della superficie metallica è stata
effettuata con un Thermovision SC
4000 della FLIR, che consente di
localizzare la zona più calda della
superficie e di costruire una mappa
di temperatura per l’area prescelta.
In Figura 4 è illustrata la strumentazione utilizzata.
La Rivista dei Combustibili
ssc
RISULTATI
Reattività dell’idrogeno in presenza di diversi materiali solidi
In queste prove sono state utilizzate miscele idrogeno-aria con concentrazione al di sotto
del limite inferiore di infiammabilità. Questo perché le informazioni che si intendeva ottenere non richiedevano l’uso di miscele infiammabili, consentendo così di ridurre almeno
in parte i rischi della sperimentazione.
Inizialmente è stata valutata, in funzione della temperatura, la reattività dell’idrogeno in
aria all’interno del reattore in zaffiro vuoto. Sono state utilizzate due concentrazioni di
idrogeno: 2,5% e 3,1% con tempi di residenza rispettivamente di 21s (flusso 20 ml/min) e
5s (flusso 100 ml/min). Come si può
osservare in Figura 5, l’idrogeno inizia
a reagire con l’ossigeno, per tempi di
residenza elevati, a temperature prossime ai 200°C. Con tempi di residenza di
5 s la reazione avviene solo oltrepassando la soglia dei 320°C.
Il parziale riempimento del reattore con
dei granelli di quarzo, usati in seguito
come supporto per i materiali di studio,
ha portato ad un incremento della reattività rispetto al reattore vuoto. In
Figura 6 è mostrato l’aumento della
conversione dell’idrogeno per i due
tempi di residenza.
Per un flusso di 20 ml/min la reazione
Figura 5
avviene a partire da temperature prossime ai 200°C, ma la conversione a 400°C aumenta
Reattività
dell’idrogeno con
da 9,1% a 17,7%.
aria all’interno
Sono stati successivamente inseriti nel reattore i campioni metallici da analizzare, posizionandel reattore in
doli sopra il letto di quarzo. Il primo materiale analizzato è un foglio di acciaio AISI 304
zaffiro
(Figura 7). In questo caso non si verifica alcun effetto catalitico e la conversione a 400°C è
a due diversi
minore di quella in assenza del metallo; questo lascia supporre che sulla superficie metallica
tempi di
si abbia un’inibizione della propagazione radicalica della reazione. Un simile risultato si è
residenza: 5
ottenuto utilizzando un acciaio AISI 316 di forma tubolare (Figura 8).
secondi e 21
Rivestendo le pareti del reattore con un acciaio al carbonio- un materiale più comune e meno
secondi.
costoso - si osserva invece un forte effetto catalitico che porta, a 400°C, ad una conversione
del 36% per tempi di residenza di 21 s (Figura 9).
Poiché questo tipo di acciaio è soggetto
a corrosione, si è scelto di studiare gli
effetti che l’ossidazione superficiale
prodotta dalla corrosione potrebbe
avere sulle proprietà catalitiche del
materiale. A tal fine si è simulato un
invecchiamento del metallo in ambiente corrosivo con un trattamento in acido
solforico all’1% in peso per 4 ore a
temperatura ambiente. Il metallo è poi
stato lavato con acqua distillata ed
essiccato in stufa per 1 ora.
In presenza di questo materiale, come
mostrato in Figura 10, la conversione
dell’idrogeno supera l’80% a 430°C Figura 6 - Reattività dell’idrogeno in presenza di particelle di quarzo nel
per tempi di residenza di 21 sec; per reattore per tempi di residenza di 21 s e 5 s.
Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009
19
ssc
attività - studi & ricerche
flussi di gas più elevati la conversione
raggiunge comunque il 40-60%.
Prove di accensione di miscele idrogeno/aria su superfici metalliche scaldate elettricamente
La conoscenza della soglia di accensione di miscele idrogeno-aria in presenza
di superfici calde è molto utile ai fini
della sicurezza, anche perché non sono
disponibili dati sperimentali ottenuti in
condizioni rappresentative dei possibili
scenari incidentali prefigurabili. Al
Figura 7 - Conversione percentuale dell’idrogeno in funzione della
riguardo, per definire una temperatura
temperatura in presenza di acciaio AISI 304 con tre differenti portate di
limite di sicurezza, si assumono come
gas (100ml indica una portata di 100 ml/min pari a un t.r. di 5 s).
riferimento i valori di autoaccensione
dell’idrogeno determinati in sistemi di
reazione omogenei, in cui il meccanismo
di accensione è alquanto diverso da quello prodotto da una sorgente localizzata.
In questa ricerca, una lamina metallica
che rappresenta la potenziale fonte di
accensione è stata sospesa all’interno di
un reattore tubolare in materiale trasparente alla radiazione IR, in cui fluiva
una miscela controllata idrogeno-aria.
La mappa termica della superficie era
registrata in continuo utilizzando il
sistema di termografia infrarossa ad alta
velocità di acquisizione.
Figura 8 - Conversione percentuale dell’idrogeno in funzione della
In Figura 11 è riportata una tipica
temperatura in presenza di acciaio AISI 316 a due differenti portate di gas.
immagine IR della lamina posta nel
reattore e riscaldata elettricamente
secondo un gradiente prestabilito. Il
grafico di Figura 12 mostra l’andamento della temperatura di un campione di
acciaio al carbonio ossidato, pochi
istanti prima e dopo l’accensione della
reazione idrogeno-aria. Dal grafico si
può notare che la mappa termica del
campione viene acquisita ed elaborata
ad intervalli inferiori ad un secondo. In
questa prova si era inviata una miscela
idrogeno 6,5% -aria, con una portata di
50 ml/min. La freccia mostra il momento esatto dell’accensione della miscela,
Figura 9 - Conversione percentuale dell’idrogeno in funzione della
rivelato da un improvviso innalzamento
temperatura in presenza di acciaio al carbonio a tre differenti portate di gas. della temperatura della lamina con una
velocità di salita calcolata in 35°C al
secondo. La temperatura della lamina al momento dell’innesco era di 720°C. La caduta
rapida dopo il picco di temperatura corrisponde all’interruzione del riscaldamento della
lamina, effettuata per impedire danni non solo alla lamina (fusione) ma anche alle apparecchiature. Inviando sulla stessa lamina una miscela contenete 5.7% di idrogeno, si veri20
La Rivista dei Combustibili
ssc
fica ancora l’accensione ma ad una
temperatura più elevata (circa 800 °C).
Quando si sono ripetute le prove con gli
altri materiali (acciaio inox e acciaio al
carbonio non trattato), che erano risultati meno attivi nell’ossidazione in reattore a flusso, non si è mai verificata l’accensione anche con concentrazioni
maggiori di idrogeno: si è arrivati alla
concentrazione dell’8% e a temperature
superficiali oltre 800 °C.
Queste prove di accensione hanno consentito di raffigurare per la prima volta
la sequenza temporale degli effetti ter- Figura 10 - Conversione percentuale dell’idrogeno in funzione della
mici che portano all’accensione di una temperatura in presenza di acciaio al carbonio ossidato a tre differenti
miscela idrogeno-aria in presenza di portate di gas.
una superficie surriscaldata. I risultati,
Figura 11
ottenuti in condizioni rappresentative di
Immagine IR di
possibili situazioni reali, confermano le
una lamina
metallica
informazioni precedentemente ottenute
all’interno
con le miscele preriscaldate: la reattividel reattore in
tà dell’idrogeno a contatto con superfizaffiro
durante la
ci ossidate di acciaio al carbonio è
prova di innesco.
alquanto maggiore che in presenza di
acciaio inox.
CONCLUSIONI
La vasta sperimentazione condotta sulla
reattività dell’idrogeno in aria, in presenza di materiali metallici ad alta temperatura, ha fornito un contributo alla
valutazione dei principali aspetti di
sicurezza legati alla produzione e
impiego dell’idrogeno per uso energetico. Sono stati presi in considerazione
diversi tipi di leghe metalliche: acciai
inox e acciai al carbonio; si è potuto
osservare che le superfici in acciaio
inox non promuovono la reazione tra
idrogeno e ossigeno, mentre gli acciai
al carbonio rivelano attività catalitiche nell’ossidazione dell’idrogeno a temperature molto
inferiori a quelle di autoaccensione riportate in letteratura. Questa elevata reattività può
portare, in determinate condizioni, ad inaspettate accensioni delle miscele idrogeno/aria.
Questo effetto è ulteriormente incrementato dall’ossidazione della superficie metallica.
Figura 12
Temperatura
della superficie
metallica
nell’innesco
dell’idrogeno.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1] P. Cardillo “È l’idrogeno un combustibile sicuro?”(2003) La Rivista dei Combustibili
e dell’Industria Chimica, vol 57 n° 2, 139-155.
[2] Basic consideration for the safety of hydrogen systems, ISO/TR 15916 (2004).
[3] www.hysafe.org
[4] www.h2incidents.org
Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009
21
ssc
attività - normazione
Numero di Cetano Derivato: l’evoluzione del metodo di prova
La SSC al Diesel Ignition Quality Workshop
Davide Faedo
Il workshop si è tenuto il 9 giugno 2009 nella sede dell’Energy Institute a Londra.
L’incontro, alla cui organizzazione ha contribuito anche la SSC, ha cercato di stimolare una
discussione tra compagnie petrolifere, costruttori di strumenti e case automobilistiche sul
futuro della determinazione del numero di cetano in ambito europeo.
All’interno della specifica EN590 (diesel), il numero di cetano (CN, Cetane Number) è
sicuramente uno dei parametri di maggiore interesse poiché fornisce informazioni sulla
qualità di accensione del combustibile diesel. Il metodo di prova standard EN ISO 5165
prescrive una speciale apparecchiatura che nel panorama degli strumenti impiegati per le
prove di laboratorio in campo petrolifero è sicuramente una delle più “datate”. Il motore
monocilindrico utilizzato risale infatti agli anni ’30, e segue di pochi anni lo sviluppo di un
motore analogo ad accensione comandata per la determinazione del numero di ottano delle
benzine. Entrambi i motori, chiamati convenzionalmente motori CFR, sono stati sviluppati negli Stati Uniti su indicazioni della Cooperative Fuels Research (CFR) Comitee, e vennero messi a punto dalla Waukesha Motor Company. Nel motore CFR cetano si regola il
rapporto di compressione fissando un valore definito di ritardo di accensione sia per il campione che per due combustibili di riferimento a numero di cetano noto: il CN del campione viene calcolato per interpolazione dei valori di compressione. Nel corso degli anni sono
state introdotte alcune modifiche al motore originario, che ha però mantenuto molte delle
caratteristiche che aveva inizialmente: per ovvie ragioni, quindi, i motori diesel moderni
sono molto diversi dal motore CFR. Soltanto ultimamente, negli ultimi dieci anni circa, è stato sviluppato un metodo alternativo alla determinazione del
numero di cetano, basato sulla misura del ritardo di
accensione di un combustibile diesel in una camera
di combustione a volume costante. Attraverso
un’equazione di correlazione tra ritardo di accensione e numero di cetano misurato con il motore CFR si
calcola il numero di cetano derivato (DCN, Derived
Cetane Number). Gli strumenti per determinare il
DCN vengono chiamati CVCC (Constant Volume
Combustion Chamber): fino ad ora ne sono stati sviluppati tre differenti. Il primo ad essere stato sviluppato è l’IQT, il cui metodo di prova europeo EN
15195 è entrato da quest’anno nella specifica EN
590 come alternativa al metodo motoristico EN ISO
5165. Successivamente sono stati sviluppati altri due
strumenti, il FIT (metodo ASTM D7170 e IP 567) e
il PAC CETANE ID510. Quest’ultimo è ancora in
una fase iniziale di messa a punto del metodo di
prova ASTM. Rispetto al motore CFR, gli strumenti
CVCC si sono dimostrati un’alternativa valida fornendo la stessa informazione (la qualità di accensione del combustibile diesel) ma in minor tempo, a
costi inferiori e con una precisione migliore. Nella
produzione del gasolio in raffineria una miglior pre22
La Rivista dei Combustibili
ssc
cisione consente l’impiego di minori quantitativi di cetane improver e quindi un minore
give-away sul numero di cetano. Inoltre questi strumenti presentano meno problemi operativi quando il combustibile di prova è un B100 (FAME puro).
Nella prima parte del workshop i costruttori hanno fornito una panoramica delle tecnologie
attualmente a disposizione e degli sviluppi previsti a breve termine; il quadro è stato completato con due contributi a supporto della discussione, uno di Kenneth Rose (Concawe)
sulle prossime sfide nel campo dei biocombustibili, e uno di Sofia Chrysafi e David Wheare
(Ford Motor Co.) sul punto di vista dei costruttori. In particolare in quest’ultima presentazione si è ribadito come il motore CFR, nonostante sia molto diverso dai motori diesel
moderni, è considerato a tutti gli effetti un motore e come tale è ancora accettato dai
costruttori, poco inclini, almeno per il momento, ad abbandonarlo completamente. Inoltre
la situazione attuale, in cui i singoli strumenti CVCC possiedono uno specifico metodo di
prova e una diversa equazione di correlazione tra il ritardo di accensione e il numero di
cetano, rende difficile la scelta. A tale proposito il WG 24 del CEN/TC19 si è espresso
recentemente a favore dello sviluppo di un metodo comune per la misura del DCN da inserire nella specifica EN 590, piuttosto che una serie di metodi alternativi tra loro.
Tuttavia, da parte della Ford, è stata anche riconosciuta la potenzialità che offrono questi
nuovi strumenti: una possibile strada verso l’abbandono progressivo della misura motoristica potrebbe essere ancorare, anche per le apparecchiature CVCC, il risultato ad una scala
di cetano. Per la determinazione del CN si impiegano infatti due combustibili di riferimento primari: il n.cetano che presenta ottime caratteristiche di accensione e al quale viene
attribuito un CN pari a 100 e l’eptametilnonano che presenta scarse caratteristiche di
accensione e un CN pari a 15. Il numero di cetano attribuito ad un campione è pari alla percentuale di n-cetano nella miscela n-cetano/eptametilnonano.
Alle presentazioni è seguita una tavola rotonda per la definizione di una strategia condivisa per il prossimo futuro, a cui hanno partecipato i chairman dei gruppi di lavoro
dell’Energy Institute coinvolti: Brian Logan (SC-B1), Nigel Elliott (SC-B2), Peter
Berentsen e Davide Faedo (SC-B13), & Harry Read
(SC-B).
E’ stato deciso di affidare al gruppo SC-B13 lo sviluppo di un metodo generico per le apparecchiature
CVCC, che possa consentire l’uso di due o più strumenti, e che una volta pronto sarà sottoposto al ballottaggio nell’ambito del CEN TC/19 affinché diventi norma europea. In particolare tale metodo dovrà
prevedere una sezione in cui si individueranno dei
requisiti comuni e una serie di sezioni dedicate ai
singoli strumenti (procedure, calibrazione, precisione…). Lo sviluppo di un tale metodo consentirà tra
le altre cose di decidere se passare attraverso una
procedura di inquadramento del campione con due
combustibili di riferimento, come per il CN, e quali
combustibili di riferimento adottare (composti chimici puri).
E’ stata altresì sottolineata l’importanza dei circuiti
di correlazione, in atto ormai da diversi anni, che
consentono di valutare la performance del singolo
laboratorio e anche l’eventuale miglioramento della
precisione dei diversi metodi di prova. In particolare
per i metodi CVCC sono attivi attualmente un circuito americano, gestito dal NEG, un circuito europeo,
organizzato dall’EI e un circuito italiano gestito
dalla SSC per conto della CUNA.
Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009
23
ssc
attività - normazione
Miscele biodiesel/gasolio
Un parametro importante: la Filtrabilità
Andrea Gallonzelli
Figura 1
Valore di FBT di
una serie di circa
450 campioni di
gasolio per
autotrazione
analizzati presso
la SSC durante i
primi mesi del
2009.
24
In questi ultimi tempi, con il progressivo aumento della concentrazione di biodiesel nel gasolio per autotrazione, sono stati evidenziati problemi legati alla filtrabilità del combustibile.
Questi problemi si verificano lungo la catena di distribuzione del combustibile (produzione, trasporto e stoccaggio), e in particolare presso le stazioni di servizio e in fase di erogazione del combustibile nel serbatoio degli autoveicoli. Una scarsa filtrabilità del combustibile può ripercuotersi in una cattiva erogazione al motore. Le cause alla base di questi fenomeni non sono state ancora identificate in maniera univoca e, al momento, si ritiene che
essi possano dipendere sia dalla presenza di particolari composti provenienti dalle diverse
materie prime utilizzate per la produzione di biodiesel o derivanti dal processo di transesterificazione dei trigliceridi, sia dalla interazione tra i componenti di origine petrolifera e
quelli provenienti dal biodiesel.
La filtrabilità del combustibile diesel viene quindi seguita con particolare attenzione, impiegando un metodo sviluppato dall’Energy Institute, l’IP 387/07, che permette di valutare la
capacità di intasamento dei filtri da parte di un combustibile, descritta attraverso una grandezza adimensionale definita come Filter Blocking Tendency (FBT), che cresce all’aumentare della tendenza del combustibile ad intasare il filtro.
Per seguire l’attività sperimentale in questo settore, la Stazione Sperimentale per i
Combustibili si è dotata di uno strumento automatico che consente la misura della filtrabilità secondo il metodo IP 387. Oltre a valutare la filtrabilità del combustibile diesel distribuito presso le stazioni di servizio, vengono condotte misure su miscele gasolio-biodiesel
appositamente preparate per stabilire le cause dei problemi di filtrabilità.
La determinazione del valore di FBT è eseguita mediante lo strumento Seta MFT Multi
Filtration Tester modello 91600. Durante l’analisi il campione viene automaticamente pompato in condizioni di flusso costante attraverso un filtro di bassissima porosità e contemporaneamente vengono monitorate la differenza di pressione attraverso il filtro, il tempo, il
volume di campione analizzato e la temperatura. Al termine dell’analisi il risultato FBT è
calcolato valutando la differenza di pressione dopo che un determinato volume di campione è passato attraverso il filtro oppure tenendo conto del volume di campione analizzato
quando la differenza di pressione ha raggiunto un certo valore.
Il grafico riportato in Figura 1 mostra il valore di FBT di una serie di circa 450 campioni di
gasolio per autotrazione analizzati presso la SSC
durante i primi mesi del 2009. L’analisi dei risultati mette in evidenza come la maggior parte dei
campioni (circa il 94%) presenta un valore di
FBT minore di 2.
Per mantenere elevato il livello di aggiornamento
tecnico nazionale in questo settore, la funzione
Normazione della SSC partecipa all’attività del
gruppo di lavoro europeo WG 31 del Comitato
Tecnico 19 Prodotti Petroliferi del CEN, incaricato di sviluppare una norma europea a partire dalle
esperienze acquisite in ambito nazionale, e all’attività del gruppo di lavoro B7 dell’Energy Institute
incaricato di aggiornare il metodo IP 387 in base
Campione n°
alle esigenze tecniche del settore petrolifero.
La Rivista dei Combustibili
attività - normazione
ssc
Revisione delle Linee Guida per la distribuzione del gas
Paola Comotti
Con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 164/00 “Attuazione della Direttiva
98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144” (Decreto Letta) è iniziato il processo di liberalizzazione del mercato del gas in Italia. Da qui è nata la necessità di regolamentare le
modalità con le quali interagiscono tra di loro i soggetti che a vario titolo partecipano al
mercato del gas. AEEG è l’organismo incaricato di regolamentare, per l’Italia, il settore
dell’energia elettrica ed il gas.
Per quanto riguarda l’ambito della sicurezza di distribuzione del gas, l’arco temporale che
parte dal 2001 ed arriva al 2012 è stato suddiviso in tre Periodi di Regolazione della durata di 4 anni ciascuno; ogni Periodo ha, come principale riferimento, tre diverse e successive Delibere emanate da AEEG.
Il I Periodo di Regolazione (2001-2004) si attiene alla Delibera AEEG 236/00 “Adozione
di direttiva concernente la disciplina della sicurezza e della continuità del servizio di
distribuzione del gas”, mentre il II Periodo di Regolazione (2005-2008) fa riferimento alla
Delibera AEEG 168/04 “Testo integrato delle disposizioni dell’Autorità per l’Energia
Elettrica e il Gas in materia di Qualità dei servizi di distribuzione, misura e vendita del
gas”; le successive modificazioni ed integrazioni alle sopracitate Delibere sono divenute
parte integrante delle stesse.
AEEG
(Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas)
L'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas (AEEG) è un'Autorità Indipendente istituita nel
1995 dalla Legge 481/95 che le assegna le funzioni di regolazione e di controllo per i settori dell'energia elettrica e del gas.
AEEG è operativa dall’aprile 1997 con la pubblicazione in GU del regolamento di organizzazione e funzionamento mediante il quale le sono state trasferite le funzioni fino ad allora esercitate da altre amministrazioni pubbliche.
L'Autorità ha il compito di perseguire le finalità indicate dalla legge N. 481 del 1995 con cui
si vuole "garantire la promozione della concorrenza e dell'efficienza" nei settori dell'energia elettrica e del gas, nonché "assicurare adeguati livelli di qualità" dei servizi.
In base alla legge istitutiva, quindi, AEEG ha, tra le altre, competenze in materia di qualità
del servizio che può riguardare aspetti di natura sia contrattuale (es. tempestività di intervento e risposta a reclami), sia tecnica (continuità dei servizi, sicurezza) ivi comprese le
verifiche ed i controlli delle condizioni di svolgimento dei servizi.
Le altre competenze di AEEG riguardano:
- le forme di mercato, la concorrenza;
- le concessioni;
- la separazione contabile ed amministrativa delle diverse fasi dei servizi dell’energia elettrica e del gas;
- la valutazione di reclami, istanze e segnalazioni;
- la risoluzione di controversie;
- l’informazione e la trasparenza
AEEG è inoltre preposta ad intrattenere relazioni bilaterali con tutti i regolatori europei e gli
organismi internazionali interessati al tema dell'apertura dei mercati energetici e a materie
correlate alle sue attività istituzionali. Il processo di integrazione europea e di realizzazione del mercato unico rende infatti decisive le politiche sovranazionali e il coordinamento
degli organismi comunitari anche nel caso dei mercati dell'elettricità e del gas.
Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009
25
ssc
attività - normazione
Nel corso del 2008 AEEG ha pubblicato il provvedimento per il III Periodo di Regolazione
(2009-2012) della distribuzione del gas e cioè il “Testo Unico delle disposizioni della regolazione della qualità e delle tariffe dei servizi di distribuzione e misura del gas per il periodo di regolazione 2009-2012” (TUDG) la cui Parte I è costituita dalla Delibera ARG/gas
120/08 “Regolazione della qualità dei servizi di distribuzione e misura del gas per il periodo di regolazione 2009-2012” (RQDG).
Il TUDG è entrato in vigore il 1 gennaio 2009 contemporaneamente alla Parte II che tratta la regolazione delle tariffe dei servizi di distribuzione e misura (RTDG); quest’ultima è
contenuta nella Delibera ARG/gas 158/08.
Sia la Delibera ARG/gas 120/08 che la Delibera ARG/gas 158/08 sono state pubblicate il
3 gennaio 2009 in Gazzetta Ufficiale (GU) Serie Generale n°2.
Il Titolo V della Delibera ARG/gas 120/08 si occupa di Norme Tecniche per la sicurezza e
la continuità del servizio di distribuzione, ed in particolare all’Art. 28.2 fa riferimento agli
organismi tecnici a cui è demandata la competenza per colmare vuoti normativi, ed in particolare “nel caso in cui risultino mancanti norme tecniche, specifiche tecniche o rapporti
tecnici applicabili, vengono adottate linee guida definite dagli organismi tecnici competenti CIG e APCE, pubblicate dall’UNI”. Viene così rafforzato e confermato quanto già
definito con la Delibera AEEG 236/00 e, successivamente, dalla Delibera AEEG 168/04
integrata dalla Delibera AEEG 108/06.
CIG
(Comitato Italiano Gas)
Nel 1953 nasce il Comitato Italiano Gas (CIG) che inizialmente ha lo scopo di
migliorare la sicurezza e l’efficienza nell’uso dei gas combustibili per gli usi civili e
similari (ivi compreso il riscaldamento di ambienti nel terziario, nell'artigianato e nell'industria) e per gli usi Industriali di larga e consolidata diffusione.
Produttori e distributori di gas, costruttori di apparecchi e dispositivi di utilizzazione
sono i promotori della nascita di CIG. Successivamente, nel 1960, il CIG diventa l'organo ufficiale italiano per l’unificazione normativa nel settore dei gas combustibili
entrando a far parte dell'UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) come Ente
Federato.
Momento saliente nella storia di CIG è la promulgazione, nel 1971,della Legge 1083
"Norme per la sicurezza dell’impiego del gas combustibile (Gazzetta Ufficiale n. 320
del 20 dicembre 1971), dove, nell’articolo 3 si fa riferimento al fatto che “I materiali,
gli apparecchi, le installazioni,e gli impianti, alimentati con gas combustibile per uso
domestico e l’odorizzazione del gas, realizzati secondo le norme specifiche per la
sicurezza, pubblicate dall’Ente Nazionale di Unificazione (UNI) in tabelle con la
denominazione UNI-CIG, si considerano effettuati secondo le regole della buona
tecnica per la sicurezza. Le predette norme sono approvate con decreto del
Ministero per l’Industria, il Commercio e l’Artigianato”.
In forza della Legge 1083/71, quindi, le norme elaborate da Gruppi di Lavoro e
Commissioni CIG vengono riconosciute, per atto del Governo, salvaguardanti la
sicurezza secondo le Regole di Buona Tecnica. I Gruppi di Lavoro e le Commissioni
permanenti del CIG sono costituiti dai rappresentanti da Enti e Associazioni che, a
vario titolo, operano nel settore del gas combustibile, nonché da rappresentanti dei
Ministeri.
Attualmente CIG oltre al lavoro in ambito nazionale svolge, quale rappresentante di
UNI per i settori di competenza, anche un ruolo internazionale in ambito sia CEN
che ISO.
1
26
Associazione Tecnica Italiana del Gas (scioltasi nel 2006)
La Rivista dei Combustibili
ssc
In conseguenza a questo mandato, dal 2002 ad oggi CIG e, precedentemente, ATIG1 (sia
autonomamente sia in collaborazione con CIG), hanno pubblicato 14 Linee Guida che si
sono rese necessarie, per colmare in tempi brevi, aspetti non coperti o non sufficientemente regolamenti da norme tecniche nazionali o europee su argomenti specifici al fine di uniformare il comportamento tra i distributori di gas.
In particolare una serie di Linee Guida è stata dedicata al servizio di distribuzione del gas
e fa riferimento, per i primi due Periodi di Regolazione, all’applicazione della Delibera
AEEG 236/00 e successivamente della Delibera AEEG 168/04.
Per il III Periodo di Regolazione, alla luce dell’esperienza maturata nei primi due precedenti Periodi di Regolazione, è stata avvertita la necessità di aggiornare alcune Linee
Guida, così da allinearle all’evoluzione tecnica e normativa nel loro campo di applicazione. Tali Linee Guida si dovranno inoltre armonizzare con i contenuti della Delibera AEEG
ARG/gas 120/08 di cui rappresentano la parte tecnica applicativa.
APCE
(Associazione per la Protezione dalle Corrosioni Elettrolitiche)
APCE è un’Associazione libera senza finalità di lucro fondata nel 1981 da ENEL, SIP
(oggi Telecom Italia) e SNAM (oggi SNAM Rete Gas).
APCE nasce dalle esigenze degli Enti proprietari di strutture nel sottosuolo ed ha lo
scopo di promuovere e coordinare iniziative per attuare la collaborazione tra Enti per
incrementare i livelli di sicurezza e qualità dei servizi.
Scopo di APCE è lo studio e la risoluzione delle problematiche connesse con la protezione delle strutture metalliche derivante anche dalle interferenze elettriche che possono sorgere tra le varie strutture. È infatti indispensabile che ciascun Ente si accordi
con gli altri quando preveda che le proprie strutture provochino o possono subire interferenze elettriche.
A tale scopo il CIG nel 2008 ha istituito un Gruppo di Progetto che ha ravvisato la necessità di aggiornare 8 delle 14 Linee Guida per la Distribuzione attualmente in vigore; per
raggiungere l’obiettivo in tempi brevi è stato deciso di suddividere il lavoro a seconda degli
ambiti di competenza fra 3 Gruppi di Lavoro, a cui è stata assegnata la revisione delle
Linee Guida raggruppate per argomenti omogenei.
Le Linee Guida attualmente in corso di revisione sono:
- L’applicazione della Delibera AEEG 236/00. Il controllo dell’odorizzazione del gas negli
impianti di distribuzione (2002)
- La Gestione delle Emergenze da gas combustibile (2003)
- La Gestione degli Incidenti da gas combustibile sull’impianto di distribuzione (2004)
- La Gestione degli Incidenti da gas combustibile sull’impianto del cliente finale (2005)
- L’Esecuzione delle attività di Pronto Intervento Gas (2006)
- Classificazione delle Dispersioni di gas (2006)
- Esecuzione delle Ispezioni Programmate della rete per gas con densità >0.8 (2006)
- Esecuzione delle Ispezioni Programmate della rete per gas con densità ! 0.8 (2006)
Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009
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ssc
CORSO DELLA SSC SULLA NORMAZIONE DEI PRODOTTI PETROLIFERI
La funzione normazione della SSC ha tenuto dal 16
al 18 giugno, e per il secondo anno consecutivo, un
corso di formazione per la Total Italia S.p.A., presso
la sede di via Arconati 1 a Milano. Il corso aveva lo
scopo di fornire un quadro generale sull’attività normativa nel settore petrolifero, con particolare riguardo alla definizione delle norme tecniche e dei metodi
di prova dei combustibili autotrazione.
Durante i tre giorni del corso, seguito da circa quindici persone, alcuni argomenti trattati sono stati
l’analisi delle specifiche tecniche dei combustibili, la
verifica della conformità dei prodotti e la risoluzione
delle non conformità, la cross contamination e la
denaturazione dei prodotti petroliferi.
Una certa rilevanza è stata data alle problematiche
relative all’aumento della concentrazione di biocarburanti nei combustibili tradizionali, una necessità
imposta da direttive comunitarie.
Davide Faedo
INTEGRAZIONE DELL’ACCORDO DI
COLLABORAZIONE TRA ARPA LOMBARDIA E SSC
L’accordo di collaborazione tra ARPA Lombardia e
Stazione Sperimentale per i Combustibili, iniziato nel
corso del 2006 per fornire un supporto tecnico nelle
procedure di rilascio delle AIA (Autorizzazione
Integrata Ambientale) ed attualmente in vigore per
l’esecuzione di attività di monitoraggio presso alcune
categorie di impianti soggetti a normativa IPPC, è
stato recentemente integrato con aspetti legati alla
sicurezza industriale.
A seguito dell’accordo, SSC si impegnerà ad organizzare per il personale ARPA dei corsi di formazione
volti ad identificare e valutare i pericoli connessi con
le reazioni fuggitive e con l’utilizzo di gas, vapori e
polveri infiammabili.
Gli aspetti formativi riguarderanno anche il corretto
dimensionamento dei dispositivi di sfogo delle sovrapressioni e l’analisi di incidenti e quasi-incidenti
avvenuti sul territorio lombardo. SSC si impegnerà
inoltre a svolgere attività di consulenza e sperimentazione per valutazioni sulla sicurezza di processi e
prodotti effettuando studi sperimentali sulla reattività
delle sostanze, sulle caratteristiche di infiammabilità
delle stesse e sulla conduzione in sicurezza dei processi di sintesi.
Christian Pasturenzi
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notizie dalla ssc
COLLABORAZIONE TRA ASL-MI2 E SSC
La continua collaborazione tra ASL-MI2 ed SSC,
sancita negli ultimi anni da convenzioni puntualmente rinnovate, ha portato alla conduzione di importanti ricerche sulla sicurezza industriale (“Progetto
runaway: controllo a campione di imprese soggette
al rischio di eventi catastrofici generati da reazioni
fuggitive”, “Indagine sulla pericolosità dei fumi di
combustione che si possono sviluppare in caso di
incendio in un’azienda del comparto aziende grafiche”, “Indagine sulla incompatibilità dei prodotti
utilizzati in processi chimici industriali in caso di
miscelazione e/o di fuoriuscita accidentale”). A margine delle suddette convenzioni vengono anche organizzati dei corsi di formazione; nei mesi di
maggio/giugno 2009 esperti della SSC hanno illustrato ai tecnici della prevenzione di ASL quali sono
i rischi di natura termica connessi alle operazioni chimiche industriali e quali sono i pericoli legati all’infiammabilità di gas, vapori e polveri. Nel corso delle
stesse giornate tecnici di Federchimica hanno spiegato come varieranno le schede di sicurezza di prodotto (SDS) e l’etichettatura dei prodotti alla luce del
Global Harmonized System (GHS), il sistema globale armonizzato riguardante la classificazione e l’etichettatura delle sostanze chimiche, volto a migliorare
la protezione della salute umana e dell’ambiente
attraverso un sistema internazionale relativo alla
comunicazione dei pericoli.
Christian Pasturenzi
LA SSC AL WG2 DEL CEN/TC 238
La Stazione Sperimentale per i Combustibili è rappresentante per il CIG (Comitato Italiano Gas) al
gruppo di lavoro di normazione europeo denominato
WG2 del CEN/TC 238: “Emission measurments
from gas burners”.
Il 1 Aprile a Bruxelles si è tenuta la prima riunione
del gruppo che ha come obiettivo l’aggiornamento
del CR 1404: “Determination of emissions from
appliances burning gaseous fuels during typetesting” che risale al 1994 e che costituisce il riferimento per le normative specifiche di prodotto emanate in seguito.
L’esigenza di costituire il gruppo era scaturita dal
fatto che la Commissione Europea sembrava essere
intenzionata a fissare il limite di emissioni di NOx per
i bruciatori a gas, applicati a qualsiasi impianto di
qualsiasi potenza, a valori molto bassi, dell’ordine
dei 20 mg/kWh. Era dunque importante definire una
procedura aggiornata sul campionamento e la determinazione di questo valore. Infatti, il CR1404, riporLa Rivista dei Combustibili
ssc
ta, tra le altre cose, la formula per la correzione del
valore di NOx in base alla temperatura e umidità dell’aria comburente, valida per valori compresi tra 50
mg/kWh e 300mg/kWh. Per ovviare al problema di
poter fornire una misura esatta di NOx al di fuori di
tale range, l’Unione Europea ha proposto infine di
fissare il limite anche per i bruciatori a gas a
50mg/kWh, rientrando, anche se di poco, nel range di
misurabilità del valore.
Francesca Hugony
PARTICOLATO ULTRAFINE: MISURA
ON LINE IN TEMPO REALE DELLA
DISTRIBUZIONE E DEL NUMERO DI
NANOPARTICELLE IN AEROSOL
Alla SSC di recente è stato acquistato un nuovo
strumento, attualmente in dotazione al laboratorio
Combustione – Ambiente, denominato Fast
Mobility Particle Sizer (FMPS). L’FMPS misura la
distribuzione e il numero di particelle ultrafini
(espresse come [#/cm3]) nel range da 5,6 a 560 nm
attraverso 32 canali di risoluzione. La risoluzione
temporale massima è di un secondo; grazie a questa
Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009
è possibile monitorare in tempo reale la distribuzione delle particelle anche durante fasi di combustione transitorie. Questo tipo di strumento è solitamente impiegato anche negli studi di formazione e
agglomerazione di particelle, in campagne ambientali e tossicologiche e in misurazioni in canyon
urbani. Questo contatore di particelle submicroniche si basa sulla mobilità elettrica delle particelle, la
cui carica viene misurata mediante una serie di elettrometri posti sul canale in cui viene fatto passare il
flusso di aria o gas campionato. FMPS lavora a
pressione ambiente per evitare l’evaporazione di
eventuali componenti volatili o semivolatili e ad un
flusso tale (10 l/min) da minimizzare le perdite per
diffusione (moti browniani) del particolato ultrafine
e del nanoparticolato campionato.
Attualmente il contatore di particelle ultrafini viene
impiegato per la valutazione di emissione del particolato prodotto dalla combustione di biomasse
legnose e vegetali in impianti di diversa potenzialità installati presso il laboratorio Combustione della
SSC.
Questo strumento si aggiunge al contatore di particelle (UFP, Ultrafine Particle Monitor) già in uso
per il monitoraggio della qualità dell’aria.
Silvia Bertagna
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ssc
attività - analisi & sperimentazioni
Validazione di un metodo di prova per la determinazione di
PVC su filtri per campionatori personali
Marco Priola, Sara Bianchi
Stazione Sperimentale per i Combustibili
Viale A. De Gasperi, 3 - 20097 San Donato Milanese (MI)
Tel. 02516041; Fax 02514286; e-mail: [email protected]
RIASSUNTO
Lo scorso anno la Stazione Sperimentale per i Combustibili si è dotata di un
combustore/assorbitore accoppiato ad un cromatografo ionico, da impiegare per le analisi
di routine di fluoro, cloro e zolfo in biomasse e carboni.
Lo strumento è stato però impiegato anche per la determinazione della quantità di polvere
di PVC deposta su filtri per campionatori personali. Il committente di quest’analisi ha
richiesto la validazione della procedura analitica secondo un proprio protocollo.
L’articolo riassume i risultati dell’esercizio di validazione che, oltre ad essere stato impiegato per valutare i risultati analitici delle analisi effettuate, è stato utile anche per la stesura dei documenti per le prove accreditate eseguite con lo strumento.
ABSTRACT
During last year, Stazione Sperimentale per i Combustibili bought a combustor / absorber
coupled to a ion chromatograph, to be used for routine analysis of fluorine, chlorine and
sulphur in biomasses and coal.
This instrument was also employed for the determination of the quantity of PVC dust collected onto filters for personal samplers.
The customer asked for validation of the analytical procedure following a protocol of his own.
This paper summarizes the results of the validation exercise that, besides having been used
to evaluate the results of the analysis, has been useful to draw up quality control documents for all the analysis done with this instrument.
INTRODUZONE
Figura 1 - Sistema combustore/assorbitore AQF100 (destra)
accoppiato con il cromatografo ionico ICS2000 (sinistra).
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Nell’agosto 2008, in concomitanza con
l’acquisto da parte della Stazione
Sperimentale per i Combustibili del sistema di combustione e assorbimento
Mitsubishi AQF100, accoppiato ad un cromatografo ionico Dionex ICS 2000, è stata
avanzata la richiesta di determinare la
quantità di polvere di PVC depositato su
filtri per campionatori personali impiegati,
presso alcune aziende che producono questo polimero, per monitorare le condizioni
degli ambienti di lavoro.
Il limite di quantificazione richiesto era
pari a 20 µg di PVC per filtro.
Il committente ha inizialmente proposto
La Rivista dei Combustibili
ssc
una propria metodica analitica che è stata però parzialmente modificata in funzione delle
peculiari caratteristiche del nostro sistema.
La metodica originale, infatti, prevedeva una fase iniziale di dissoluzione totale del filtro
(in esteri di cellulosa) e della polvere di PVC in tetraiderofurano (THF) mediante sonicazione.
Successivamente, l’intera quantità di solvente doveva essere trasferita in una navicella di
incenerimento, dove il solvente veniva fatto evaporare. La navicella era quindi introdotta
in un tubo di combustione dove, in corrente di ossigeno, tutta la materia organica veniva
decomposta e il cloro del PVC, trasformato in acido cloridrico, veniva successivamente
assorbito in una soluzione alcalina. Il contenuto di cloro della soluzione veniva in ultimo
determinato colorimetricamente mediante le reazioni:
2 Cl- + Hg(SCN)2
Fe3+ + 3 SCN-
HgCl2 ↓ + 2 SCNFe(SCN)3 (rosso bruno)
Dal contenuto in cloro della soluzione, per calcolo, si risaliva infine alla quantità di PVC
deposto sul filtro (assumendo un contenuto del 57 % di cloro nel PVC).
Le due principali modifiche apportate hanno riguardato le modalità di preparazione del
campione e quelle di analisi della soluzione.
Il nostro combustore ha infatti navicelle di dimensioni sufficienti a contenere un filtro intero, è necessario solamente piegarlo in due, evitando così i passaggi di solubilizzazione ed
evaporazione del solvente, che potrebbero portare facilmente ad inquinamenti del campione.
Inoltre il campione non viene sottoposto ad una vera combustione ma, piuttosto, ad una
piroidrolisi [1, 2]. Nel tubo di pirolisi / combustione viene infatti inviato, oltre al gas (argon
o ossigeno) anche del vapore acqueo che serve a trasformare i composti alogenati in acidi
alogenidrici [3].
L’analisi della soluzione assorbente è stata invece eseguita in cromatografia ionica, una
tecnica molto più sensibile e meno interferita della titolazione oltre che completamente
automatizzabile [4].
Contestualmente alla richiesta delle analisi, è stata formulata anche la richiesta di validare
il metodo secondo una procedura di validazione che il committente aveva sviluppato e
impiegava per le proprie analisi.
CONDIZIONI SPERIMENTALI
Le analisi sono state effettuate impiegando il combustore / assorbitore AQF 100 della
Mitsubishi.
Il tubo di pirolisi, in ceramica ad alto contenuto di allumina (mullite), mantenuto ad una
temperatura di 900°C presso l’imboccatura e di 1000°C nella parte finale, è flussato con
argon (nella fase di pirolisi) o ossigeno (nella fase di combustione).
La soluzione assorbente contiene 900 mg/l di acqua ossigenata e 10 mg/l di ione fosfato,
impiegato come standard interno nell’analisi cromatografica.
Il cromatografo ionico ICS 2000 impiega, per la separazione degli anioni, una precolonna
IonPac AG19 (4x50 mm) e una colonna IonPac AS19 (4x250 mm).
L’eluente, prodotto automaticamante dal cromatografo ionico, è una soluzione di KOH con
una concentrazione che varia secondo l’andamento riportato nella Figura 2; il flusso è pari
a 1 ml/min.
Il loop d’iniezione del cromatografo è da 50 µl.
La taratura è stata effettuata impiegando una soluzione di PVC (alto peso molecolare,
Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009
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ssc
attività - analisi & sperimentazioni
Sigma) in THF, in modo da ovviare la stima
del contenuto in cloro del PVC stesso.
Procedura sperimentale
Tutta la procedura di validazione è basata
sul limite massimo accettabile di esposizione per la polvere di PVC definito dal
committente. Considerando i volumi di
aria campionabili con i campionatori personali, questo limite si è tradotto in una
quantità di 200 µg di PVC per filtro.
Figura 2
Andamento della
concentrazione di
KOH nell’eluente
durante l’analisi.
Come fase preliminare è stato richiesto di
valutare il rapporto segnale / rumore per l’introduzione dello standard della retta di taratura a più bassa concentrazione. Tale valore è risultato pari a 388, ben superiore al valore
minimo richiesto pari a 10.
Si è poi passati alla taratura, effettuata
introducendo, in doppio, quantità di soluzione di PVC corrispondenti al 10, 20, 50,
100, 200, 500, 1000% del limite di riferimento. La retta di taratura è quindi risultata compresa fra 20 e 2000 µg di PVC.
Il coefficiente di correlazione della retta
interpolante i punti è normalmente migliore di 0.9995, a fronte della richiesta di essere migliore di 0.99 (Figura 3).
Figura 3
Esempio di retta
di taratura.
Una volta stabilita la taratura, la procedura
di validazione prevedeva la valutazione dei
bianchi.
Considerando la complessa procedura analitica sono stati analizzati tre diversi bianchi: una navicella nuova e condizionata
(bianco di sistema, per valutare il livello zero dello strumento), una navicella usata per gli
standard della retta di taratura (per verificare l’assenza di effetti memoria) e, infine, i filtri
nuovi impiegati per il campionamento.
Come già detto, per valutare il bianco di sistema è stata sottoposta al processo di piroidrolisi una navicella nuova e vuota, preventivamente condizionata (“prebaked”). Il risultato
ottenuto per tale navicella è stato pari a 0.22 µg di PVC.
Successivamente è stata sottoposta alla piroidrolisi la navicella che era stata impiegata per
le introduzioni degli standard di taratura.
Il risultato ottenuto (0.78 µg di PVC) ha mostrato sia l’assenza di effetti memoria sulle
navicelle sia la completa decomposizione degli standard nel corso del processo analitico:
bisogna infatti ricordare che l’ultimo standard corrisponde all’introduzione di 2000 µg di
PVC.
Sono stati successivamente analizzati sei filtri nuovi. La media dei risultati, pari a 0.81 µg,
risulta superiore al bianco di sistema e paragonabile al livello riscontrato nelle navicelle
usate. Questo valore è comunque nettamente inferiore al limite di quantificazione richiesto
dal committente (20 µg) ed è stato pertanto considerato soddisfacente.
Dopo queste prove iniziali per verificare le prestazioni dello strumento, si è poi passati alla
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La Rivista dei Combustibili
ssc
valutazione della ripetibilità: la procedura prevedeva l’effettuazione di sei introduzioni
dello standard a 200 µg di PVC, verificando che lo scarto massimo dei valori ottenuti dalla
media fosse inferiore al 5% del valore della media stessa.
Nel caso del nostro strumento, lo scarto massimo dalla media è stato di 7.66 µg, inferiore
allo scarto massimo ammissibile, pari a 9.98 µg.
Come ultima fase è stata valutata l’accuratezza dell’analisi, effettuando sei introduzioni
ciascuno di due standard (a 50 e 200 µg di PVC). Le concentrazioni lette sulla retta di taratura sono state poi elaborate secondo quanto definito dalla norma UNI EN 482 per il calcolo dell’incertezza [5].
In particolare è stata applicata la formula al punto 3.7 della norma:
U% =
|μ-V| + 2σ
V
100
dove:
dove:
U% = Uincertezza
percentuale
percentuale
% = incertezza
μ = media
dei
valori
sperimentali
? = media dei valori sperimentali
σ = scarto
tipo dei
sperimentali
? = scarto
tipovalori
dei valori
sperimentali
V = valore
di riferimento
dellodello
standard
V = valore
di riferimento
standard
I valori ottenuti per i due standard (9.82 e 4.65% rispettivamente) si sono rivelate inferiori a quelli richiesti dal committente (50 e 30% rispettivamente).
CONCLUSIONI
La sperimentazione effettuata ha permesso di verificare che il nuovo strumento, pensato
fondamentalmente per l’analisi di prodotti petroliferi e carboni, presenta una buona versatilità consentendo l’analisi di campioni di grandi dimensioni (filtri del diametro di 25 mm)
e possedendo un intervallo di linearità molto ampio.
L’esercizio di validazione è stato poi un utile test per la preparazione della documentazione necessaria per la stesura dei documenti della qualità relativi all’analisi di cloro e zolfo
in biomasse secondo il metodo UNI CEN/TS 15289 [6].
BIBLIOGRAFIA
[1] ASTM D 5987: Standard test method for total fluorine in coal and coke by pyrohydrolytic extraction and ion selective electrode or ion chromatograph methods.
[2] ISO 11724: Solid mineral fuels. Determination of total fluorine in coal coke and fly
ash.
[3] Decomposicao de coque, residuo de vacuo e petrolio extrapesado por piroidrolise para
a determinacao de cloro, F.Goldschmidt Antes, Universidade Federal des Santa Maria,
Brasil.
[4] ISO 10304-1 Water quality. Determination of dissolved anions by liquid chromatography of ions.
[5] UNI EN 482: Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Requisiti generali per le prestazioni
dei procedimenti di misurazione degli agenti chimici.
[6] UNI CEN/TS 15289 Biocombustibili solidi. Determinazione del contenuto totale di
zolfo e di cloro.
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notizie - sicurezza gas
Forum Italiano Sicurezza Gas 2009
“Gas Combustibili - Fare sistema per una sicurezza sostenibile”
Nelle giornate del 10 e 11 giugno 2009 si è tenuto a Milano presso l’Università Cattolica
del Sacro Cuore il Forum Italiano Sicurezza Gas 2009 “Gas Combustibili - Fare sistema
per una sicurezza sostenibile” giunto, nell’attuale strutturazione, alla seconda edizione ed
organizzato da CIG (Comitato Italiano Gas) e dal Gruppo Italia Energia.
Lo svolgimento del Forum ha rappresentato un momento di confronto tra i vari operatori
ed ha focalizzato l’attenzione su alcune delle problematiche rilevanti per il settore gas.
Il Forum si è articolato in 4 sessioni tecniche, due delle quali si sono svolte in forma di
Tavola Rotonda. I temi trattati sono stati:
• Come armonizzare gli interventi dei soggetti istituzionali: legislatore, regolatore e normatore.
• La statistica incidenti gas: osservatorio indispensabile per il miglioramento della sicurezza.
• Regole e nuove tecnologie: sinergie tra istituzioni, distributori, venditori, installatore e
costruttori per coniugare sostenibilità e sicurezza.
• C’è volontà di “Fare Sistema”? La parola agli operatori.
Estremamente particolare e legato ad un avvenimento non programmabile è stato il tema
trattato nella relazione tenuta da Enel Rete Gas sulle modalità
con cui è stata gestita l’emergenza gas nell’impianto dell’Aquila
lo scorso 6 aprile 2009 in occasione del sisma dell’Abbruzzo. La
relazione, non ipotizzabile nella programmazione iniziale del
Forum, è scaturita dall’esperienza maturata nell’affrontare le
situazioni “sul campo” ed ha permesso anche una verifica dei
piani di emergenza. E’ stata quindi una relazione di particolare
attualità seguita con estremo interesse e massima partecipazione
da parte dei presenti.
Alla Tavola Rotonda di apertura, incentrata sull’armonizzazione
degli interventi tra legislatore, regolatore e normatore hanno partecipato rappresentanti di spicco di AEEG (Malaman), MSE
(Bortoni), UNI (Santoro), CIG (Ronchi) SNAM Rete Gas
(Malacarne), nonché società estere quali RWE Transnetz Gas
(Homann).
Tra i concetti emersi risulta significativo l’obiettivo del raggiungimento di una sicurezza sostenibile dove i risultati possano
essere mantenuti nel tempo; per questo motivo bisogna fare formazione ed informazione, oltre che puntare ad avere regole certe
e ampiamente condivise.
E’ infatti vista come possibile una armonizzazione tra legislatore, regolatore e normatore
in quanto la legge deve delineare i principi generali e disciplinare a livello primario indicando gli strumenti attuativi nonché fissare i ruoli dei soggetti attuatori; successivamente
il soggetto regolatore, con cui il livello legislativo deve mantenere una stretta interdipendenza, ha il compito di seguire maggiormente l’evoluzione tecnica e prefiggersi obiettivi
di controllo per mantenere un equilibrio tra gli operatori del settore.
La regolamentazione, a sua volta, viene fatta sulla base di norme e di regole tecniche; anche
se la sicurezza non deve essere vista come qualcosa fatta solo da regole che vengono imposte dall’alto, ma deve essere integrata e migliorata attraverso scelte e regole aziendali.
Infine il normatore tecnico, che si prefigge obiettivi di sicurezza, deve trovare equilibrio
con il regolatore nell’individuare regole di confronto, infatti la normazione rappresenta una
autoregolamentazione del mercato.
Per AEEG tutti i soggetti che si occupano di sicurezza ai vari livelli nei vari stadi della filie34
La Rivista dei Combustibili
ra sono importanti. Per quanto riguarda il settore della sicurezza, esistono standard minimi da rispettare, ma il regolatore prevede che vengano erogati incentivi se vengono incrementati i livelli di sicurezza in ottemperanza al raggiungimento di obiettivi precedentemente stabiliti.
Nel corso del Forum è stata presentata la statistica incidenti da gas del 2008, in cui si è
riscontrato un leggero incremento degli incidenti da gas rispetto all’anno precedente dopo
una serie di annate in cui era stata registrata una stazionarietà o una diminuizione degli
incidenti stessi.
Il Gruppo di Lavoro CIG, che ha elaborato la statistica, ha valutato che nelle cause di incidenti coesistono come elementi di rischio, tra gli altri, due fenomeni che da tempo vengono segnalati e cioè il rapido cambiamento della situazione sociale nazionale e gli effetti
dovuti alla carenza di manutenzione. E’ stata ravvisato inoltre che un miglioramento della
comunicazione verso i clienti finali possa essere di aiuto.
Nel corso del Forum è stata sottolineata, a più riprese e da vari soggetti intervenuti, la
necessità della qualificazione degli installatori e del personale delle aziende di distribuzione; l’argomento è stato completato con la presentazione, da parte di CIG (Castorina), delle
ultime evoluzioni a livello normativo e legislativo in ambito europeo e nazionale.
Ha destato notevole interesse la relazione dedicata alla “Fire Investigation” tenuta dal
Nucleo Investigativo Antincendi del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (D’Angelo) che
ha descritto le modalità di approccio per individuare le possibili cause di un incidente da
gas.
Per garantire sicurezza e sostenibilità vanno create e
mantenute sinergie tra istituzioni, distributori, venditori, installatori e costruttori attraverso il rispetto di
regole pur avendo una costante apertura verso le
nuove tecnologie. Questo può essere ottenuto attraverso un processo regolatorio che indichi regole da seguire, nonché da un attento monitoraggio della qualità del
gas circolante e dell’impatto che una variazione di
quest’ultima potrà avere sulla sicurezza di utilizzo
delle apparecchiature. In questa ottica anche la regolazione del servizio di misura gas, a tutti i livelli, non
ultimo anche con l’introduzione del sistema di telegestione e della telelettura dei contatori, va in direzione di una migliore sicurezza delle reti.
Non sono stati trascurati i risvolti e le responsabilità giuridiche che la gestione della filiera del gas implica; questo è stato il motivo per cui è stato sentito il punto di vista della
Magistratura attraverso una relazione sul tema tenuta dal Sostituto Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Milano (Benedetti).
Il Forum si è chiuso con una Tavola Rotonda in cui è stata data la parola ad un nutrito gruppo di Operatori della Filiera Gas per monitorare la volontà reciproca di “Fare Sistema”. Tra
gli organismi che hanno partecipato al dibattito figurano Ceced, Anima, IMQ,
,Assogasliquidi, Assogas, ENI Gas&Power, Federutility, Anigas, Confartigianato
Bruciatoristi, Libere Associazioni Artigiane Italiane.
Dal dibattito è emersa con forza la necessità di:
- fare una campagna di informazione e sensibilizzazione dell’utente finale, soprattutto
civile
- garantire una qualificazione degli installatori fatta anche attraverso la creazione di un
“registro degli installatori” che assicuri inoltre un loro continuo aggiornamento tecnico
e professionale;
- prevedere la sostituzione degli apparecchi di cottura obsoleti privi di “termocoppia” sensibilizzando anche il Ministero competente affinché promuova un piano di rottamazione
Paola Comotti
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notizie - sicurezza industriale: un convegno alla ssc
European Safety Meeting - Calorimetric Techniques
in Process Hazard Assessment
Ormai da decenni la Stazione Sperimentale per i Combustibili opera nel settore della sicurezza industriale lavorando ogni giorno a fianco delle maggiori aziende chimiche italiane
ed europee. Dal quotidiano confronto con esperti del process safety è emersa la necessità
di rapportarsi con il resto della comunità scientifica che ha a cuore la sicurezza nell’industria chimica.
E’ nata così l’idea di un incontro che permettesse di mettere in contatto gli esperti delle
aziende, tra di loro in primo luogo, ma anche con alcuni importanti centri di ricerca europei del settore. La SSC quindi, in collaborazione con la SETARAM di Lione e la HEL di
Londra, ha iniziato a programmare l’evento per la primavera del 2009. La decisione di
organizzare la giornata sottoforma di workshop ha riscosso il pieno consenso degli addetti ai lavori, e non è quindi stato difficile trovare dei relatori di alto livello. Il 5 maggio 2009,
presso la sala conferenze della Stazione sperimentale per i Combustibili si è così svolto lo
“European Safety Meeting – Calorimetric Techniques in Process Hazard Assessment”.
L’iniziativa è stata accolta con entusiasmo da un gran numero di ricercatori e, con circa 60
iscrizioni, si è arrivati alla capienza massima
della sala utilizzata.
L’introduzione ai lavori è stata affidata a
Lucia Gigante (SSC) e Yannice Ricci
(Setaram) che hanno spiegato il perchè dell’evento, passando poi a ringraziare gli organizzatori della giornata, i partecipanti ed i
relatori.
Il primo intervento è stato affidato a Bertrand
Roduit della AKTS, azienda svizzera con
sede a Siders. Con la sua presentazione
Roduit ha voluto mostrare le potenzialità dei
software AKTS per lo studio della cinetica
delle reazioni chimiche; in particolar modo ha
evidenziato come da poche prove sperimentali effettuate mediante strumenti come la DSC
e il C80 è possibile effettuare uno studio cinetico con lo scopo di valutare il TMRad, ossia
il tempo all’esplosione in condizioni adiabatiche, e la SADT (self-accelerating decomposition temperature): parametri fondamentali da
conoscere quando vengono utilizzate o trasportate merci pericolose.
Il secondo relatore è stato Christian
Pasturenzi della Stazione sperimentale per i
Combustibili. Dopo aver genericamente parlato del REACH e dei test chimico-fisici da
esso richiesti, Pasturenzi si è soffermato sui metodi attualmente utilizzati per la determinazione delle proprietà ossidanti (directive n. 440/2008 (CEE) – sections A.17 – A.21) delle
sostanze. In prima battuta ha esposto le limitazioni di questi metodi standard ed in seguito
ha proposto un nuovo metodo basato sull’uso della DSC. I principali vantaggi del metodo
suggerito sono: la velocità delle prove, l’utilizzo di una piccola quantità di sostanza (fatto
da non trascurare quando si stanno trattando materie dall’alto valore aggiunto), capacità di
ottenere informazioni quantitative su temperature di ossidazione ed entalpia di ossidazione, con la possibilità quindi di poter comparare diverse sostanza tra loro ed infine l’applicabilità sia a sostanze liquide che solide.
36
La Rivista dei Combustibili
L’ultimo relatore della sessione mattutina è stato Remì Andre della Setaram di Lione, che
ha esposto qual è lo stato dell’arte relativamente alle tecniche calorimetriche utilizzate per
studi di sicurezza; non essendoci tempo sufficiente per parlare in modo approfondito di
tutte le tecniche oggi esistenti, ha deciso di analizzare in modo preciso e puntuale solamente due di esse: DSC e C80. Oltre ad aver spiegato la teoria che sta alla base di queste tecniche, ha mostrato alcuni esempi ed applicazioni di interesse industriale.
Il primo intervento del pomeriggio è stato effettuato dallo svizzero Pierre Reuse dello
Swiss Safety Institute di Basilea. Con la sua presentazione Reuse ha convinto tutti che oggi
è necessario ridimensionare le quantità dei campioni da analizzare, e questo ormai può
essere fatto senza andare a peggiorare la qualità dei risultati. L’utilizzo di minori masse di
campioni è sicuramente utile in caso di poca disponibilità di materiale, ma anche dal punto
di vista della sicurezza ci si può guadagnare molto, basti pensare al trasporto di merci pericolose o alla manipolazione di sostanze altamente reattive.
Paolo De Carli ha spiegato qual è il punto di vista della HEL di Londra relativamente a
come condurre studi di sicurezza sui processi chimici. Lo sviluppo di una sintesi chimica
prevede il trasferimento delle ricette sviluppate in laboratorio ad una scala industriale: se
questo passaggio di scala non viene effettuato nel modo corretto e con le giuste precauzioni è possibile arrivare a conseguenze indesiderate. De Carli ha così evidenziato come sia
possibile effettuare uno studio di sicurezza mediante l’uso di strumenti come la TSU, per
valutare la stabilità termica delle sostanze, e come il Calorimetro di reazione, per studiare
ed ottimizzare la reazione desiderata.
La giornata si è conclusa con l’intervento di Marco Dellavedova della SSC, che ha proposto un metodo per evitare danni dovuti a sovrapressione: il cosiddetto “Batch-size approach”. Il metodo è utile soprattutto per le piccole/medie imprese che hanno in dotazione
reattori multipurpose con dispositivi di sfogo delle sovrapressioni preinstallati e non modificabili. Questo metodo è basato sul calcolo del grado di riempimento ottimale del reattore al fine di ottenere, in caso di evento incidentale, un efflusso monofase vapore/gas che
può essere sfogato dal dispositivo di protezione.
Il programma ha previsto solamente sei interventi, in modo da lasciare ampio spazio a
domande e discussioni: in questo modo, sia durante i lavori sia durante il pranzo, si è potuto avere il desiderato confronto tra i vari gruppi di lavoro.
Christian Pasturenzi
Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009
37
notizie - energie e ambiente: le biomasse legnose
Il ruolo delle biomasse legnose nello sviluppo delle
bioenergie
L’utilizzo delle bioenergie consente di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili per la produzione di energia e di contribuire alla riduzione di emissioni di anidride carbonica, responsabile dell’aumento dell’effetto
serra, oltre a permettere un recupero sostenibile di
diverse risorse derivanti da attività produttive con un
notevole conseguente vantaggio in termini non solo
ambientali ma anche economici e sociali. I biocombustibili derivano infatti da prodotti, rifiuti e residui dell’agricoltura, della silvicoltura, della zootecnia, dell’industria, nonché da colture energetiche dedicate.
II ruolo delle bioenergie è determinato secondo l’Ing.
Caserta, Presidente di ITABIA, in Italia come nel resto
d’Europa, da tre fattori fondamentali: la policy, la ricerca e l’imprenditoria. Nel nostro paese, mentre la policy si rivela piuttosto frammentata,
mutevole e disorganica e la ricerca, ben avviata alla fine degli anni ’90 con attività che
hanno largamente anticipato gli attuali orientamenti delle istituzioni europee, non ha avuto
quello sviluppo che ci si aspettava, l’imprenditoria, per contro, mostra solide basi tecnologiche ed ingegneristiche, frutto delle quali sono i molteplici interventi impiantistici realizzati lungo tutto il territorio nazionale; questa spinta imprenditoriale potrebbe con probabilità avere ancora potenzialità di crescita se fosse meglio supportata da una ricerca votata
all’innovazione di prodotti e processi e da una policy adeguata [1].
Ad oggi, le iniziative per una razionalizzazione della legislazione sulle fonti rinnovabili di
energia sono ancora in divenire. Gli unici strumenti utili per apportare qualche innovazione
sono le Leggi Finanziarie, necessariamente parziali e temporanee.
Vediamo dunque al momento qual è la legislazione che governa la complessa materia relativa alle biomasse, con particolare riferimento ai sistemi di incentivazione di cui esse godono.
Le biomasse sono una fonte di energia “pulita”
su cui l’Unione Europea ha scelto di investire,
riconoscendo loro un ruolo strategico per contribuire al raggiungimento dell’obiettivo comunitario di produrre entro il 2020 il 20% di energia da
fonti rinnovabili.
Il giorno 12 maggio 2009 si è tenuta presso la
sede FAST di Milano, grazie al coordinamento
scientifico e il patrocinio di ITABIA (Italian
Biomass Association) una giornata formativa dal
titolo “Lo sviluppo delle bioenergie: vantaggi
ambientali ed economici” dedicata al tema delle
biomasse e del loro impiego all’interno del panorama energetico nazionale.
IL CONTESTO NORMATIVO SULLE BIOMASSE: INCENTIVAZIONI
La Direttiva sulle Fonti Rinnovabili considera come biomasse “la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dalla agricoltura (incluse le sostanze vegetali e animali) dalla silvicoltura e dalle
industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, nonché la frazione biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”.
In Italia è stato introdotto uno specifico regime per gli incentivi legati alla produzione di
energia elettrica tramite impianti a biomasse.
Gli incentivi a favore dell’utilizzo di questa fonte sono dettati dal prezzo CIP 6 (in via di
esaurimento) e dal regime dei Certificati Verdi (CV), introdotti dal cosiddetto Decreto
Bersani - Dlgs 79/1999 - e recentemente modificati dalla Finanziaria 2008; quest’ultima
in particolare ha contribuito, insieme al cosiddetto “collegato” alla Finanziaria stessa,
(decreto legge 159/07 convertito in Legge 29/11/2007 n. 222), a dare una notevole spinta
nell’ultimo anno allo sviluppo delle bioenergie grazie ad una riforma del sistema dei certificati verdi e a gettare le basi per imprimere un deciso impulso al settore bioenergetico
ed, in particolare, alle agroenergie.
I punti salienti della riforma dei CV sono:
• riconoscimento dei CV per un periodo di 15 anni;
• viene assegnato un CV per ogni MWh prodotto;
38
La Rivista dei Combustibili
• sono emessi in numero pari alla produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile per
un coefficiente moltiplicativo che per le biomasse ha valore 1,1;
• per gli impianti di potenzialità fino a 1MW è possibile scegliere il riconoscimento dei
CV (con coefficiente 1,1) oppure, in alternativa, il riconoscimento di una tariffa in conto
energia stimata attualmente in 0,22 €/kWh
• la percentuale obbligatoria di energia prodotta da FER obbligatoria per il periodo
2007/2012 viene elevata ogni anno dello 0,75%.
Le misure di applicazione della Finanziaria sono previste dal Decreto del Ministero dello
Sviluppo Economico del 18 dicembre 2008.
I certificati verdi (CV) sono titoli emessi dal
GSE (Gestore del Servizio Elettrico) che
attestano la produzione di energia da fonti
rinnovabili; nel mercato dei CV la domanda
è determinata dall’obbligo per i produttori /
importatori di energia di immettere ogni
anno una certa quota di energia prodotta da
FER. L’offerta è invece rappresentata dalle
aziende in possesso della qualificazione
IAFR, che sono principalmente le aziende
che producono energia elettrica e termica in
cogenerazione e esclusivamente energia
elettrica da biomassa. Il prezzo del CV è
determinato dalla differenza tra un valore di
riferimento (180 € /MWh nel 2008) e il valore medio annuo del prezzo di cessione dell’energia (67,12 €/MWh secondo delibera
ARG/elt24/08)
I certificati bianchi, o Titoli di Efficienza
Energetica (TEE), sono stati istituti da con
decreto dal Min. delle Attività Produttive di
concerto con il Min. dell’Ambiente; essi
sono emessi dal GME a favore delle società operanti nel campo dei servizi energetici
per certificare la riduzione dei consumi
ottenuta mediante progetti ed interventi di
incremento dell’efficienza energetica.
I TEE possono essere di tre tipi, a seconda
che il risparmio di energia primaria sia conseguito:
I) attraverso riduzione dei consumi finali di
energia elettrica
II) attraverso interventi di riduzione del consumo di gas naturale
III) attraverso interventi diversi dai precedenti
Un caso particolare: la “filiera corta”.
In base a quanto stabilito nell’ultima Finanziaria, la produzione di energia elettrica da biomasse da filiera corta (prodotta cioè entro un raggio di 70 km) o derivante da intese di filiera, viene incentivata con un coefficiente di maggiorazione dei certificati verdi pari a 1.8,
superiore a quello introdotto per tutte le altre fonti rinnovabili. Un’altra importante novità
è inoltre l’incentivazione dell’energia prodotta da impianti di potenza inferiore a 1 MW,
che, in alternativa ai certificati verdi, può beneficiare di una tariffa fissa omnicomprensiva
di 0,30 €/kWh.
La norma relativa alla regolamentazione della filiera corta ha immediatamente suscitato
l’entusiasmo di molti: con un coefficiente 1.8 gli impianti potrebbero agevolmente permettersi di pagare la raccolta e il trasporto della biomassa da parte degli agricoltori, costo (si
parla di costi di approvvigionamento dell’ordine di 40-60 €/tonnellata) che ha notevole
incidenza su un prodotto a basso valore aggiunto quale è la biomassa.
Gli operatori e i tecnici del settore temono però che tale incentivazione sarà probabilmente modificata in un immediato futuro in relazione alle obiezioni mosse a riguardo in seno
alla Commissione Europea; questa, interessata al principio della libera circolazione delle
merci, teme forse che con incentivi di siffatta caratura si possano determinare fenomeni di
produzione agro-energetiche eccessivamente legate a individualismi locali, in un ambito
territoriale troppo ristretto. In realtà, come è stato suggerito dai relatori partecipanti al
seminario, il riconoscimento di una tariffa omnicomprensiva di 0,30 €/kWh non voleva
avere carattere protezionistico ma soprattutto carattere ambientale. La proposta prevista nel
DDL sulla competitività nel settore agro-alimentare proporrà, in alternativa alla precedente, una tariffa omnicomprensiva per gli impianti di potenzialità non superiore a 1 MW pari
a 0,28 €/kWh. Come si intuisce, la materia è in piena e continua evoluzione e a giorni
potrebbero essere emanate nuove direttive a riguardo.
Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009
39
notizie - energie e ambiente: le biomasse legnose
Finanziaria 2008: novità
Valore unitario del certificato verde (CV) pari a 1MW
Emissione di CV in numero pari alla produzione netta di energia elettrica moltiplicata
per un coefficiente 1,1 per le biomasse e 1,8 per le biomasse da filiera corta
Estensione della durata dei CV a 15 anni
Incremento annuo della quota di energia da FER 0,75% nel periodo 2007-2012
Per impianti di potenza < 1MW la possibilità di richiedere in luogo dei CV una tariffa
fissa omnicomprensiva (0,30 /kWh per biomasse da filiera corta, 0,22 /kWh per le
altre biomasse (*)
Definizione di soglie al di sottole quali è sufficiente una DIA (dichiarazione inizio attività) per la realizzazione degli impianti: 200 kW per le biomasse, 250 kW per il biogas
(*) tariffa soggetta a probabile revisione in tempi brevi
Tra gli strumenti messi in campo a favore delle bioenergie, dedicati, in particolare, al settore agricolo, si segnalano inoltre le ingenti risorse stanziate dai Programmi di Sviluppo
Rurale regionali per il periodo 2007- 2013 ed il recente bando del Ministero PAAF per promuovere studi di fattibilità per progetti agro-energetici “innovativi”, che ha portato alla
selezione di oltre 130 progetti per una capacità superiore ai 150 MW [2].
LA DIFFUSIONE DELLE BIOMASSE SUL TERRITORIO NAZIONALE
L’Italia è stata una delle prime nazioni europee a dotarsi nel 1998 di
un Programma Nazionale Energia Rinnovabile da Biomasse e nel
1999, in ottemperanza alla delibera CIPE n. 137 del 19.11.98 “Linee
guida per le politiche e misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra”, di un Programma Nazionale per la Valorizzazione
delle Biomasse Agricole e Forestali. Da quella data però nessun
nuovo Piano organico è stato concepito per adattare gli interventi
alle diverse situazioni che nel frattempo si sono venute a creare;
ITABIA ha appena terminato di redigere, per conto del Ministero
dell’Ambiente e in collaborazione con la campagna “Sustainable
Energy for Europe”, il Rapporto 2008 sulla Bioenergia in Italia (di
prossima pubblicazione sul sito www.itabia.it), del quale sono stati
anticipati dati e informazioni forniti durante l’intensa giornata formativa e di seguito riassunti. In questo Rapporto sono contenuti
alcuni importanti elementi di valutazione per esaminare gli aspetti di
congruenza tra possibili obiettivi nazionali, direttive europee e globali, ed effettiva potenzialità del settore in Italia, valutando la distanza tra la situazione attuale e i traguardi del prossimo decennio e indicando gli strumenti politici e tecnici per colmare tale distanza [3].
La legge, come previsto dal DPCM
8 marzo 2002 (All.III, punto 1 e
succ.) definisce biomasse legnose
i combustibili solidi di origine vegetale; il materiale vegetale è proveniente da colture dedicate, dalla gestione dei boschi e dalle potature, dalle
lavorazioni esclusivamente meccaniche del legno e di prodotti agricoli.
40
Teleriscaldamento. In base al censimento fatto in occasione della
stesura del Rapporto 2008 sulla Bioenergia in Italia, si può affermare che (dati di dicembre 2008) le centrali di teleriscaldamento
alimentate con biomasse vergini presenti in Italia sono circa 130,
la quasi totalità a servizio di una utenza diffusa sul territorio e
gestite da diversi operatori tra cui società pubbliche, cooperative e
private.
La potenza complessivamente installata sfiora i 400 MWt, con un
consumo stimato che si aggira attorno alle 300.000 t/anno di biomasse. Di questi impianti solo pochi (6 impianti) producono anche
La Rivista dei Combustibili
energia elettrica per un totale di circa 5 MWe di potenza elettrica cogenerata.
Dal un punto di vista della diffusione sul territorio, questi impianti sono localizzati, per
motivi fortemente legati a fattori climatici, per la maggior parte nelle regioni del CentroNord Italia. In particolare, è stato possibile individuare distinti “distretti energetici”, caratterizzati dal fatto che in essi la presenza di questi impianti assume una significativa valenza energetica, ambientale ed economica.
Questi distretti sono:
• il distretto altoatesino-trentino;
• il distretto lombardo-valtellinese;
• il distretto piemontese-valdostano;
• il distretto friulano.
Di seguito vengono riportati in sintesi alcuni dati riguardanti i diversi distretti in termini di
numero di impianti realizzati, potenze installate e utenze servite [3].
Altoatesino-trentino
Numero di centrali
Potenza termica
installata (MWt)
Utenze allacciate
Abitanti serviti
Piemontesevaldostano
13
Friulano
61
Lombardovaltellinese
12
220
77
53
5
12850
38000
1000
13000
-
-
15
Nota: dal conteggio sono escluse le caldaie ad uso di singoli soggetti privi di rete di distribuzione collettiva del
calore (es. condomini privati)
Nel resto di Italia sono presenti 5 impianti in Toscana, 3 in Liguria, e 1 in Emilia Romagna,
Marche Campania e Basilicata.
Ricordiamo che per quanto riguarda gli impianti di teleriscaldamento a biomassa legnosa,
il D.Lgs. n.115/08 ha sancito che agli impianti di teleriscaldamento a biomassa legnosa
vengano assegnati certificati bianchi di tipo II, che di fatto hanno molto più mercato del
tipo III, e che hanno contribuito a rilanciare gli investimenti nel settore del teleriscaldamento da impianti alimentati con questo tipo di biomassa.
Produzione di Energia elettrica.
Un altro gruppo di centrali a biomassa da considerare riguarda quelle dedicate alla produzione di energia elettrica; oltre ai 6 casi citati in precedenza, che presentano un assetto cogenerativo, sull’intero territorio nazionale ve ne sono 19 ad esclusiva produzione di
energia elettrica. Questi impianti sono generalmente alimentati con sole biomasse, di
origine agricola e industriale oppure da un insieme di biomasse e CDR. Il consumo di
biomassa in questo caso viene stimato in circa 3 milioni di tonnellate/anno per circa 300
MW di potenza elettrica installata. Al contrario della tipologia impiantistica precedente,
la distribuzione di questi impianti sul territorio è più diffusa, come riportato nella tabella seguente:
Regione
Lombardia
Piemonte
Veneto
Emilia Romagna
Friuli Venezia Giulia
Toscana
Umbria
Molise
Puglia
Calabria
Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009
N. impianti
6
3
2
2
1
1
1
2
2
5
Potenza elettrica (Mwe)
47.3
26.8
25
23.2
2.5
19.5
10
16
15
90.5
Biomasse utilizzate (t/anno)
589.000
279.000
239.000
313.000
21.000
120.000
90.000
205.000
128.000
1.026.000
41
notizie - energie e ambiente: le biomasse legnose
SVILUPPI FUTURI
La produzione di energia elettrica da biomasse è attestata intorno a 3 Mtep (dati 2006),
mentre è stato stimato che il suo potenziale possa triplicare entro il 2020; questo è l’obiettivo dichiarato nel “Position Paper” presentato dal governo italiano nel Documento programmatico sulle energie rinnovabili emanato nel 2007.
Il ciclo di produzione di energia elettrica da biomasse, anche a causa del non elevato rendimento elettrico lordo degli impianti a biomassa (inferiore al 25%), diventa economicamente sostenibile solo per impianti di taglia superiore a 1MWe; risulta fondamentale allora da un punto di vista economico, e auspicabile da un punto di vista ambientale, il recupero del calore di processo mediante la cogenerazione. La massima efficienza dell’utilizzo della biomassa legnosa si raggiunge dunque attraverso la produzione di energia termica o dalla combinazione energia termica – elettrica. In quest’ottica, nelle conclusioni dei
relatori, una soluzione impiantistica di piccola – media taglia (5-10MWt, 1-2 MWe), che
possa rifornirsi mediante una filiera corta appare la più adatta per ottimizzare l’efficienza
energetica senza sprechi e senza oneri di raccolta e trasporto particolarmente gravosi. Altri
fattori che concorrono ad ostacolare la diffusione di impianti a biomassa sul nostro territorio sono, oltre alla già detta situazione normativa, la precarietà dei bacini territoriali di produzione della biomassa e la scarso riguardo alle condizioni dei suoli agricoli e forestali,
che non permette ancora di operare in modo efficace e continuo nella fase di approvvigionamento e sfruttamento a fini energetico della biomassa [4]. Da non trascurare, infine, la
barriera al pieno riconoscimento dell’importanza delle bioenergie da biomassa costituita
da un errata concezione degli impianti a biomassa da una parte dell’opinione pubblica, che
troppo di frequente identifica questo tipo di impianti con quelli di trattamento e smaltimento dei rifiuti, spesso osteggiati in modo pregiudiziale e strumentale.
Silvia Bertagna
RIFERIMENTI
[1] Giuseppe Caserta, Guida alle Biomasse, supplemento a La Termotecnica, dicembre
2008.
[2] Aldo Abenavoli, Il contesto normativo sulle biomasse, Atti del corso “Lo sviluppo
delle bioenergie: vantaggi ambientali ed economici”, Milano, 12 maggio 2009
[3] Walter Merzagora, Lo stato dell’arte e le prospettive di sviluppo delle biomasse agroforestali per utilizzo energetico, Atti del corso “Lo sviluppo delle bioenergie: vantaggi ambientali ed economici”, Milano, 12 maggio 2009
[4] Walter Merzagora, Guida alle Biomasse, supplemento a La Termotecnica, dicembre
2008.
42
La Rivista dei Combustibili
notizie - biocombustibili
Qualità del pellet
Mai come in queste settimane i proprietari di stufe a pellet si saranno chiesti se esista una
qualche regolamentazione per la produzione di questo combustibile che permetta loro di
fare sonni tranquilli!
A tale proposito, in tempi non sospetti, il 17 Aprile 2007 Progetto Fuoco ha organizzato,
alla fiera di Verona, un incontro tecnico sui piccoli impianti di riscaldamento a biomassa
concentrandosi su quelli alimentati a pellet.
Durante l’incontro, oltre ad un’ampia carrellata sulla legislazione e normativa italiana
riguardo i limiti di emissione prescritti per questo tipo di apparecchiatura, c’è stata la presentazione di un progetto finanziato dall’Unione Europea nel programma Intelligent
Energy. Il progetto è intitolato Biomass Trade Center (www.biomasstradecentre.eu) e ha
visto, nella propria partnership, l’Associazione Italiana Energie Agroforestali (AIEL).
All’incontro tecnico è stato presentato uno dei risultati del progetto: un manuale sull’utilizzo del pellet, scritto in modo tale da essere alla portata di tutti, affinché qualunque utente possa stabilire, a seconda della propria realtà e situazione, quale impianto installare nella
propria abitazione e quale combustibile risulti più conveniente utilizzare.
Inoltre, l’Associazione ha realizzato un marchio di certificazione volontario, nominato
“pellet gold”, che garantisce un buon sfruttamento energetico del prodotto marchiato,
massimizzando la vita degli impianti in cui viene utilizzato. Il pellet-gold cura anche gli aspetti ambientali, attestando l’impiego di legno proveniente solo da
foreste correttamente gestite.
Nel 2007 anche l’UNI (Ente Nazionale di
Unificazione), con delega al CTI (Comitato
Termotecnica Italiano) si è occupato di combustibile
da biomassa legnosa, emanando due norme tecniche
per la caratterizzazione di pellet, legna da ardere, bricchette
e
cippato:
UNI/TS
11263:2007,
“Biocombustibili solidi – Caratterizzazione del pellet
a fini energetici”, ed UNI/TS 11264:2007,
“Biocombustibili solidi – Caratterizzazione di legna
da ardere, bricchette e cippato”.
Le due specifiche tecniche definiscono una caratterizzazione in funzione della materia
prima di origine e delle caratteristiche fisiche e chimiche del combustibile finito, prendendo spunto dal lavoro del comitato tecnico n. 335 del CEN (il comitato europeo di normazione), che ha poi dato vita alla specifica tecnica CEN/TS 14961.
Nella normativa italiana vengono anche definite le materie prime di origine specificando,
nel caso del pellet, che possa provenire anche da biomassa erbacea, da semi e frutti, da
miscele e miscugli di diversa origine, ponendo come vincolo che si tratti solo di biomassa
vegetale trattata in modo esclusivamente meccanico.
Il mercato italiano vede una produzione di pellet nazionale solo al 53% della propria capacità di consumo; non viene esportato, ma ne viene importato una grande quantità, specialmente dai Paesi dell’Est.
La materia prima principale da cui si ricava è la segatura, per questo risulta in forte competizione con altri settori industriali importanti quali la fabbricazione di pannelli e l’industria della carta. Questo è anche il motivo per cui i prezzi sono abbastanza variabili. Oggi,
il costo di una tonnellata di pellet è di 150 €, che non è il prezzo più alto raggiunto, considerato che, nel Dicembre 2008, si era toccata la vetta dei 180 €/t.
Francesca Hugony
Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009
43
notizie - biocombustibili
Biocombustibili Gassosi e Liquidi
Dall’11 al 14 Maggio, la Fast (Federazione delle Associazioni Scientifiche e Tecniche) ha
organizzato, a Milano, un corso sui biocombustibili diviso in tre moduli (uno per ogni giorno): le biomasse legnose (vedi articolo Bertagna), il biogas e i biocombustibili liquidi.
Biogas (Presentazione a cura del CRPA, Centro di Ricerche Produzioni Animali, di Reggio
Emilia).
I processi di produzione del biogas sono diversi a seconda della materia prima a disposizione e del loro impiego. Il biogas può essere bruciato direttamente in caldaia, per la produzione di energia termica, o in gruppi elettrogeni, per generare energia elettrica, altrimenti utilizzarlo in un cogeneratore. In Svezia, Germania, Svizzera ed Austria viene utilizzato anche per
l’autotrazione.
La materia prima da cui ricavare il biogas si ricava dagli scarti dell’agricoltura e dell’agroindustria. In particolare dagli effluenti zootecnici, dalla trasformazione delle produzioni animali (industria del latte e macellazione) dalla preparazione dell’ortofrutta per il consumo fresco
e dalla trasformazione dei prodotti ortofrutticoli (pomodori, frutta e vegetali). Vi sono però
anche colture energetiche dedicate, come quella del mais che, inserendosi nel mercato in
competizione con le coltivazioni per uso alimentare, sono ultimamente oggetto di contestazione. Anche i produttori di scarti rientrano tra i principali fornitori di materia prima da cui
ricavare il biogas. Le imprese di servizi che gestiscono i rifiuti solidi urbani, intesi come
FORSU (Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani) e come fanghi da depurazione, sono
tra i principali attori che rendono la produzione di questo tipo di combustibile maggiormente ecocompatibile e solidale con gli altri settori agroindustriali.
Vi è dunque un’estrema variabilità del materiale da cui poter produrre biogas e va conosciuto bene per poter progettare un adeguato ed efficiente sistema di produzione del combustibile. Ciò che accomuna tutte le tipologie di impianto rendendoli “antipatici” ai vicini abitanti,
sono sicuramente gli odori!
Biocombustibili Liquidi (Presentazione a cura del Sibe, Sistemi Innovativi Biomasse
Energetiche, di Ancona)
Molte sono le coltivazioni energetiche (Girasole, Mais e Soia tra le più diffuse) dalle quali
ottenere biocombustibili liquidi che, a seconda del processo di lavorazione a cui vengono sottoposte, possono generare prodotti da impiegare come oli in motori e turbine, oppure come
biodiesel per autotrazione e riscaldamento.
L’Italia è il 3° produttore europeo di biodiesel con 447.000 t/anno. La precedono Germania
(2.662.000 t) e Francia (743.000 t). La produzione commercializzata, a livello nazionale, è
circa il 40%, il restante 60% viene esportato in Europa (Germania, Francia ed Austria).
Il punto cruciale rimane però la problematicità della competizione del settore con quello
agroalimentare. Per ovviare a tale problema e per ottenere una resa di prodotto maggiore,
sono allo studio i cosiddetti “biocombustibili liquidi di seconda generazione”.
Il processo per ottenere tali combustibili vede coinvolta tutta la pianta (non solo la frazione
oleaginosa, tipicamente i semi) da cui si ottiene, attraverso processi termochimici, il prodotto finito. Il processo che porta alla produzione di queste nuove fonti energetiche risulta però
molto complesso e realizzabile sono in grossi impianti di scala industriale (le bioraffinerie).
Attualmente solo alcune grandi compagnie petrolifere hanno avviato delle sperimentazioni
per la produzione di combustibili di seconda generazione all’interno delle proprie raffinerie.
Una volta testato il processo, si potrà utilizzare una maggiore varietà di materia prima, concentrandosi sugli scarti vegetali e non entrando in competizione con nessun altro settore industriale. Una schematica descrizione dei processi di produzione dei biocombustibili di prima
e seconda generazione, gassosi e liquidi, si può trovare sul sito della SSC all’indirizzo
http://www.ssc.it/it/documentazione/documentazione_tecnica/comb_alternativi/bio_ssc_bio
energia.pdf
Francesca Hugony
44
La Rivista dei Combustibili
aggiornamento legislativo - aprile – giugno 2009
A cura dello Sportello Ambiente della SSC
AMBIENTE
Estremi
Titolo
MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL
MARE - COMUNICATO
Indicazioni relative all’acquisizione delle informazioni ex articolo 5 del Regolamento (CE)
n. 166/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo all’istituzione di un Registro
europeo delle emissioni e dei trasferimenti di inquinanti.
Novità chiave
Sono state pubblicate sul sito WEB del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (http://www.minambiente.it) le modalità in base alle quali i soggetti interessati devono adempiere, per quel che riguarda le informazioni relative all’anno 2008, agli
obblighi previsti dall’art. 5 del Regolamento (CE) n. 166/2006 del Parlamento europeo
e del Consiglio relativo all’istituzione di un Registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di inquinanti e che modifica le direttive 91/689/CEE e 96/61/CE del Consiglio.
Riferimento
Gazzetta Ufficiale n. 98 del 29/04/2009
Link
http://www.ingegneri.info/legge/17432.html
Estremi
MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL
MARE - DECRETO 25 novembre 2008
Titolo
Disciplina delle modalità di erogazione dei finanziamenti a tasso agevolato ai sensi dell’articolo 1, comma 1110-1115, della legge 27 dicembre 2007, n. 296 - Fondo Rotativo per il
finanziamento delle misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto.
Novità chiave
Disciplina delle modalità di erogazione dei finanziamenti da concedersi a valere sulle
risorse del Fondo Kyoto, a sostegno delle misure finalizzate all’attuazione del Protocollo
di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto
a Kyoto l’11 dicembre 1997, reso esecutivo dalla legge 1° giugno 2002, n. 120
Riferimento
GU n. 92 del 21-4-2009 - Suppl. Ordinario n.58
Link
http://chimici.tecnici.it/default.php?cartel=leggi&page=result&id=17412
Estremi
MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL
MARE - COMUNICATO
Titolo
Approvazione della deliberazione n. 9/2009 del Comitato nazionale di gestione e attuazione della direttiva 2003/87/CE
Novità chiave
E’ stata pubblicata sul sito web del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio
e del mare (http://www.minambiente.it) la Deliberazione n. 9/2009 inerente l’assegnazione e rilascio delle quote di CO2 per il periodo 2008-2012 agli impianti «nuovi entranti» ai sensi del decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216 e successive modifiche e integrazioni.
Riferimento
Comunicato n° 09A03695
Link
http://agronomi.tecnici.it/default.php?cartel=leggi&page=result&id=17376
Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009
45
aggiornamento legislativo - aprile – giugno 2009
Estremi
MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL
MARE - COMUNICATO
Titolo
Realizzazione degli interventi per il miglioramento della qualità dell’aria e il potenziamento del trasporto pubblico.
Novità chiave
E’ stato approvato il bando di cofinanziamento per la diffusione di azioni finalizzate al
miglioramento della qualità dell’aria nelle aree urbane ed al potenziamento dei trasporto
pubblico rivolto ai comuni non rientranti nelle aree metropolitane. Il testo integrale del
bando è consultabile presso il sito del Ministero al seguente indirizzo: www.minambiente.it
Riferimento
GU n. 67 del 21-3-2009
Link
http://www.ingegneri.info/legge-scheda-17336.html
Estremi
DECRETO LEGISLATIVO 3 Marzo 2009
Titolo
Attuazione del finanziamento straordinario per l’installazione di dispositivi per l’abbattimento delle emissioni di particolato dei gas di scarico.
Novità chiave
Le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano comunicano al Ministero
dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, Direzione generale per la ricerca
ambientale e lo sviluppo, il numero dei veicoli incentivabili di cui all’art. 1 comma 11
del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, distinti per categoria (M3 ed N3), nonché eventuali misure economiche, regionali o locali, per l’installazione di dispositivi per
l’abbattimento delle emissioni di particolato dei gas di scarico.
Riferimento
GU n. 65 del 19-3-2009
Link
http://www.tecnici.it/?cartel=novita&page=vedilex&ex=1&id=17328
Estremi
DECRETO LEGISLATIVO 20 Febbraio 2009
Titolo
Attuazione della direttiva 2006/117/Euratom, relativa alla sorveglianza e al controllo delle
spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito
Novità chiave
Modifiche al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230; nel nuovo D.Lgs. viene ora esplicitamente introdotto il termine di “combustibile nucleare esaurito” accanto a quello di
“materiale radioattivo” e vengono definiti chiaramente gli adempimenti autorizzativi e pratici per gli operatori che si occupano di attività concernenti le spedizioni, importazioni ed
esportazioni di suddetti materiali.
Riferimento
Gazzetta Ufficiale n. 68 del 23/03/2009
Link
http://www.ingegneri.info/legge/17337.html
Estremi
DECRETO LEGISLATIVO 16 Marzo 2009 n.30
Titolo
Attuazione della direttiva 2006/118/CE, relativa alla protezione delle acque sotterranee
dall’inquinamento e dal deterioramento
Il presente decreto si applica ai corpi idrici sotterranei identificati sulla base dei criteri tecnici riportati all’Allegato 1 del documento in oggetto. Esso definisce misure specifiche per
prevenire e controllare l’inquinamento ed il depauperamento delle acque sotterranee, quali:
Novità chiave
46
La Rivista dei Combustibili
a) criteri per l’identificazione e la caratterizzazione dei corpi idrici sotterranei;
b) standard di qualità per alcuni parametri e valori soglia per altri parametri necessari alla
valutazione del buono stato chimico delle acque sotterranee;
c) criteri per individuare e per invertire le tendenze significative e durature all’aumento dell’inquinamento e per determinare i punti di partenza per dette inversioni di tendenza;
d) criteri per la classificazione dello stato quantitativo;
e) modalità per la definizione dei programmi di monitoraggio quali-quantitativo.
Il Piano di Tutela delle Acque (art.121) deve definire misure atte a conseguire determinati
obiettivi entro il termine ultimo del 22 dicembre 2015; in particolare:
a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e sotterranei l’obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di “buono”;
b) sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualita’ ambientale “elevato” come definito
nell’Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
c) siano mantenuti o raggiunti altresì per i corpi idrici a specifica destinazione di cui all’art.
79 gli obiettivi di qualità per specifica destinazione di cui all’Allegato 2 alla parte terza del
presente decreto, salvi i termini di adempimento previsti dalla normativa previgente.
Qualora per un corpo idrico siano designati obiettivi di qualità ambientale e per specifica
destinazione che prevedono per gli stessi parametri valori limite diversi, devono essere
rispettati quelli piu’ cautelativi; anche per essi, l’obbligo di rispetto decorre dal 22 dicembre 2015.
Le regioni possono definire obiettivi di qualità ambientale più elevati, nonché individuare
ulteriori destinazioni dei corpi idrici e relativi obiettivi di qualità, mentre per alcuni corpi
idrici, possono stabilire di conseguire obiettivi ambientali meno rigorosi rispetto a quelli di
cui al comma 4 del decreto, qualora, a causa delle ripercussioni dell’impatto antropico (e
in presenza di particolari condizioni, specificate all’art.77 comma 7) non sia possibile o sia
esageratamente oneroso il loro raggiungimento.
Riferimento
Gazzetta Ufficiale n. 79 del 04/04/2009
Link
http://www.ambientenergia.info/12/04/2009/6624/1/decreto_legislativo_16_marzo_2009_
n_30_(gu_n_79_del_4-4-2009).html
Estremi
COMUNICATO DELLA COMMISSIONE EUROPEA IN MATERIA IPPC
Titolo
Adozione del documento di riferimento in relazione alla direttiva 2006/21/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive - modifica della direttiva 2004/35/CE
Novità chiave
Il comunicato da notizia dell’avvenuta adozione, in data 7 gennaio 2009, del testo completo del documento di riferimento relativo ai rifiuti delle industrie estrattive.
Riferimento
GUUE 4 aprile 2009, n. C81
Link
www.eippcb.jrc.es
Estremi
Titolo
DIRETTIVA 2009/30/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO 23/04/09
Direttiva che modifica la direttiva 98/70/CE per quanto riguarda le specifiche relative a
benzina, combustibile diesel e gasolio nonché l’introduzione di un meccanismo inteso a
controllare e ridurre le emissioni di gas a effetto serra, modifica la direttiva 1999/32/CE del
Consiglio per quanto concerne le specifiche relative al combustibile utilizzato dalle navi
adibite alla navigazione interna e abroga la direttiva 93/12/CEE
Novità chiave
La presente direttiva stabilisce, per i veicoli stradali, le macchine mobili non stradali (com-
Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009
47
aggiornamento legislativo - aprile – giugno 2009
prese le navi adibite alla navigazione interna quando non sono in mare), i trattori agricoli
e forestali e le imbarcazioni da diporto quando non sono in mare:
per ragioni di tutela della salute e dell’ambiente, le specifiche tecniche relative ai carburanti da utilizzare nei veicoli con motore ad accensione comandata e motore ad accensione per compressione, tenendo conto delle prescrizioni tecniche di tali motori;
un obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra prodotte durante il ciclo di
vita dei carburanti.
Riferimento
G.U.C.E. del 05 giugno 2009 - n. L 140
Link
http://www.ingegneri.info/legge-scheda-17516.html
Estremi
DIRETTIVA 2009/29/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO 23/04/09
Titolo
Direttiva che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra
Novità chiave
La direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio GU L 275 del
25.10.2003, pag. 32. istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissione dei gas a
effetto serra nella Comunità (sistema comunitario) al fine di favorire le riduzioni delle
emissioni di tali gas all’insegna dell’efficacia dei costi e dell’efficienza economica.
La direttiva 2003/87/CE è modificata disponendo che le riduzioni delle emissioni dei gas
a effetto serra aumentino al fine di contribuire ai livelli di abbattimento ritenuti necessari,
dal punto di vista scientifico, per evitare cambiamenti climatici pericolosi.
La presente direttiva stabilisce inoltre disposizioni per la valutazione e l’attuazione di un
impegno più rigoroso della Comunità in materia di riduzioni, superiore al 20 %, da applicare previa approvazione da parte della Comunità di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici che conduca a riduzioni delle emissioni dei gas a effetto serra superiori a
quelle previste all’articolo 9, come risulta dall’impegno di riduzione del 30% approvato
dal Consiglio europeo del marzo 2007.
Riferimento
G.U.C.E. del 05 giugno 2009 - n. L 140
Link
http://www.ingegneri.info/legge-scheda-17515.html
Estremi
MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL
MARE – DECRETO 14 APRILE 2009, N° 56
Titolo
Regolamento recante «Criteri tecnici per il monitoraggio dei corpi idrici e l’identificazione delle condizioni di riferimento per la modifica delle norme tecniche del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante Norme in materia ambientale, predisposto ai sensi dell’articolo 75, comma 3, del decreto legislativo medesimo».
Novità chiave
Con tale Decreto sono fissate, tra le altre novità, le condizioni di riferimento tipo-specifiche per i corpi idrici superficiali.
Per ciascun tipo di corpo idrico superficiale sono definite:
a) le condizioni idromorfologiche e fisico-chimiche tipo-specifiche che rappresentano i
valori degli elementi di qualità idromorfologica e fisico-chimica che l’Allegato 1, punto
A.1 alla parte terza del decreto legislativo in questione, stabilisce per tale tipo di corpo idrico superficiale in stato ecologico elevato, quale definito nella pertinente tabella
dell’Allegato 1, punto A.2;
b) le condizioni biologiche di riferimento tipo-specifiche che rappresentano i valori degli
elementi di qualità biologica che l’Allegato 1, punto A.1 specifica per tale tipo di corpo
48
La Rivista dei Combustibili
idrico superficiale in stato ecologico elevato, quale definito nella pertinente tabella
dell’Allegato 1, punto A.2.
Riferimento
GU n. 124 del 30-05-2009 Suppl. ord. N°83
Link
http://www.ingegneri.info/legge-scheda-17503.html
Estremi
MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL
MARE – DECRETO 31 MARZO 2009
Titolo
Impiegabilità in mare di prodotti composti da materiali inerti di origine naturale o sintetica, ad azione assorbente, per la bonifica dalla contaminazione da idrocarburi petroliferi.
Novità chiave
I prodotti composti da materiali di cui all’elenco riportato nell’allegato 1 al decreto in
questione, in considerazione della loro intrinseca innocuità nei confronti dell’ambiente marino, sono direttamente impiegabili in mare per la bonifica dalla contaminazione da
idrocarburi petroliferi, solo qualora siano rispettate le seguenti condizioni:
il materiale che compone il prodotto deve risultare inerte dal punto di vista chimico e
biologico anche a seguito di eventuali trattamenti;
il prodotto non deve contenere altre sostanze chimiche additive rispetto ai materiali di
cui all’art. 1, fatta eccezione per l‘involucro esterno che dovrà, esso stesso, essere del
tutto inerte;
il prodotto non deve svolgere azione affondante nei confronti degli idrocarburi petroliferi;
il materiale che compone il prodotto non deve essere utilizzabile in forma libera ma deve
essere contenuto in un involucro esterno.
Riferimento
GU n. 114 del 19-5-2009
Link
http://www.tecnici.it/?cartel=novita&page=vedilex&ex=1&id=17485
ENERGIA
Estremi
LEGGE 9 APRILE 2009 N. 33
Titolo
Legge di conversione del DL 10 febbraio 2009 n. 5 “Misure urgenti a sostegno dei settori
industriali in crisi”
Novità chiave
Riferimento
Tra le altre disposizioni riportate dalla legge, agli artt. 1 e 5-bis vengono indicate le disposizioni relative agli “incentivi al rinnovo del parco circolante e incentivi all’acquisto di veicoli ecologici” e alla “riconversione di impianti di produzione di energia elettrica”
Suppl. Ordinario della Gazzetta Ufficiale n.85 del 11/04/2009
Link
http://www.autorita.energia.it/docs/09/030-09arg.htm
Estremi
AUTORITA’ PER L’ ENERGIA ELETTRICA E IL GAS - Delibera ARG/elt 30/09
Titolo
Determinazioni in materia di riconoscimento, ai sensi del titolo II, punto 7 bis, del provvedimento Cip n. 6/92, degli oneri derivanti dall’articolo 11 del decreto legislativo n. 79/99
per gli anni 2005, 2006 e 2007
Novità chiave
La delibera determina, ai fini dell’applicazione della deliberazione n. 113/06, il valore Vm
riconosciuto per ogni certificato verde:
per l’obbligo dell’anno 2005, pari a 53,40 €/MWh;
Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009
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aggiornamento legislativo - aprile – giugno 2009
per l’obbligo dell’anno 2006, pari a 36,06 €/MWh;
per l’obbligo dell’anno 2007, pari a 38,17 €/MWh. Riferimento Suppl. Ordinario n. 55
della Gazzetta Ufficiale n.91 del 20/04/2009 Link
Link
http://www.autorita.energia.it/docs/09/030-09arg.htm
Estremi
AUTORITA’ PER L’ ENERGIA ELETTRICA E IL GAS - Delibera ARG/elt 34/09
Titolo
Disposizioni urgenti per la determinazione delle partite economiche relative al servizio di
dispacciamento dell’energia elettrica prelevata e immessa nell’anno 2007 e nell’anno 2008.
Novità chiave
La delibera stabilisce che Terna determini le partite di conguaglio del servizio di dispacciamento con riferimento all’energia elettrica immessa e prelevata nell’anno 2007 da ciascun utente del dispacciamento, utilizzando i medesimi corrispettivi unitari di sbilanciamento effettivo già utilizzati per le fatturazioni del settlement mensile.
Riferimento
Suppl. Ordinario n. 55 della Gazzetta Ufficiale n.91 del 20/04/2009
Link
http://www.autorita.energia.it/docs/09/034-09arg.pdf
Estremi
MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL
MARE - DELIBERAZIONE 10 aprile 2009
Titolo
Disposizioni di attuazione della decisione della Commissione europea 2007/589/CE istitutiva delle linee guida per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.
(Deliberazione n. 14/2009)
Novità chiave
I gestori degli impianti in possesso dell’autorizzazione a emettere gas serra effettuano
il monitoraggio delle emissioni di gas a effetto serra secondo le disposizioni di cui alla
decisione della Commissione 2007/589/CE del 18 luglio 2007. I gestori hanno facoltà
di applicare le disposizioni della decisione della Commissione europea 2007/589/CE a
partire dal 1° gennaio 2009.
I gestori degli impianti in possesso dell’autorizzazione a emettere gas serra o che, alla data
di pubblicazione della presente deliberazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana non sono in possesso dell’autorizzazione ad emettere gas ad effetto serra, ma hanno
presentato relativa domanda, trasmettono a questo Comitato il piano di monitoraggio di cui
al paragrafo 4.3 della decisione della Commissione 2007/589/CE, predisposto secondo il
formato elettronico disponibile nella sezione dedicata all’attuazione della direttiva
2003/87/CE del sito www.minambiente.it , entro novanta giorni dalla data di pubblicazione della presente deliberazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
Riferimento
Gazzetta Ufficiale n. 127 del 04/06/2009
Link
http://www.tecnici.it/?cartel=novita&page=vedilex&ex=1&id=17510
Estremi
DIRETTIVA 2009/28/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO 23/04/09
Titolo
Direttiva sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e
successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE
Novità chiave
Il controllo del consumo di energia europeo e il maggiore ricorso all’energia da fonti rinnovabili, congiuntamente ai risparmi energetici e ad un aumento dell’efficienza energetica,
costituiscono parti importanti del pacchetto di misure necessarie per ridurre le emissioni di
50
La Rivista dei Combustibili
gas a effetto serra e per rispettare il protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle
Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e gli ulteriori impegni assunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra oltre il 2012. Tali
fattori hanno un’importante funzione anche nel promuovere la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel favorire lo sviluppo tecnologico e l’innovazione e nel creare posti di
lavoro e sviluppo regionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate.
La presente direttiva stabilisce un quadro comune per la promozione dell’energia da fonti
rinnovabili. Fissa obiettivi nazionali obbligatori per la quota complessiva di energia da fonti
rinnovabili sul consumo finale lordo di energia e per la quota di energia da fonti rinnovabili nei trasporti. Detta norme relative ai trasferimenti statistici tra gli Stati membri, ai progetti comuni tra gli Stati membri e con i paesi terzi, alle garanzie di origine, alle procedure
amministrative, all’informazione e alla formazione nonché all’accesso alla rete elettrica per
l’energia da fonti rinnovabili. Fissa criteri di sostenibilità per i biocarburanti e i bioliquidi.
Riferimento
G.U.C.E. del 05 giugno 2009 - n. L 140
Link
http://www.ingegneri.info/legge-scheda-17514.html
COMBUSTIBILI
Estremi
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO - DECRETO 29 gennaio 2009
Titolo
Revoca della massimizzazione delle importazioni di gas. (09A03519)
Novità chiave
E’ revocato l’obbligo di completo utilizzo delle capacità di trasporto conferite ai punti di
entrata della rete nazionale dei gasdotti, come previsto dall’art. 1, comma 1, del decreto
ministeriale 7 gennaio 2009.
Riferimento
Gazzetta Ufficiale n. 78 del 03/04/2009
Link
Estremi
AUTORITA’ PER L’ ENERGIA ELETTRICA E IL GAS - Delibera ARG/gas 29/09
Titolo
Riferimento
Proroga dei termini per la trasmissione dei dati necessari alle determinazioni tariffarie relative alla distribuzione del gas naturale e di gas diversi dal gas naturale per l’anno 2009.
Viene prorogato al 30 aprile 2009 il termine per la trasmissione dei dati necessari alla
determinazione tariffaria per l’anno 2009, di cui all’articolo 2, comma 1, della deliberazione dell’Autorità 6 novembre 2008, ARG/gas 159/08.
Suppl. Ordinario n. 55 della Gazzetta Ufficiale n.91 del 20/04/2009
Link
http://www.autorita.energia.it/docs/09/029-09arg.htm
Estremi
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO - DECRETO 24 APRILE 2009
Titolo
Determinazione delle scorte obbligatorie di prodotti petroliferi per l’anno 2009
Novità chiave
Nel decreto vengono emanati i quantitativi di prodotti petroliferi, divisi per categoria, da
considerare come scorta derivante dalle immissioni al consumo del 2008 e quella invece
costituente una quota aggiuntiva per il 2009. Il decreto è attuativo dal 1° Luglio 2009.
Riferimento
G.U. del 01 giugno 2009 - n. L 125
Link
http://chimici.tecnici.it/?cartel=leggi&page=result&id=17506
Novità chiave
Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009
51
ssc
La Rivista dei Combustibili – anno 2009, volume 63, fascicolo 2.
Periodico trimestrale della Stazione Sperimentale per i Combustibili, Viale A. De Gasperi 3 - 20097 San Donato
Milanese (MI), tel. 02 516041, fax 02 514286 - e-mail: [email protected] , sito www.ssc.it
Direzione e redazione:
Stazione sperimentale per i combustibili
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Copyright La Rivista dei Combustibili. La riproduzione e/o l’impiego di informazioni pubblicate sulla Rivista è
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