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IAB ITALIA Rassegna Stampa del 08/12/2014 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. INDICE IAB ITALIA 08/12/2014 Corriere Economia Come attirare clic sul mio sito 15 06/12/2014 Faz - Frankfurter Allgemeine Zeitung ZAHL DER WOCHE 16 05/12/2014 Engage.it PayClick: con Intent Dem e video email riscuote successi a IAB Forum 17 07/12/2014 Huffington Post Dan Wright: "Amazon ha modificato il modo di fare acquisti". Parla il direttore del sito europeo del colosso digitale di Bezos 18 ADVERTISING ONLINE 06/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale Sempre connessi L'eterno presente che ci tiene stretti 20 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Il marketing nell'era del social 22 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Acquisti e lavoro nella Rete 25 08/12/2014 La Repubblica - Nazionale La Cancelliera alza il tiro contro Roma e Parigi "Non rispettate le scadenze dovete fare molto di più" 27 08/12/2014 La Stampa - Nazionale "Addio spot e raccolte punti Si cresce solo con la qualità" *** 29 08/12/2014 Il Messaggero - Nazionale Privacy e fisco nodi irrisolti del web 31 06/12/2014 ItaliaOggi Loison sceglie clienti e chef come testimonial sul web 33 06/12/2014 ItaliaOggi Altri 150 mln a chi opera nell'Ict 35 08/12/2014 Corriere Adriatico - Macerata Tanta voglia di favole 37 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza Ciber Monday a sorpresa male gli Usa, bene l'Italia 38 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza Buhlmann: "Pubblicità una crescita limitata al digitale" * 39 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza Ma a sorpresa il "made in Japan" diventa nel 2014 il brand-nazione più forte del mondo 41 08/12/2014 Corriere Economia Internet Google e Apple vanno in radio 42 06/12/2014 Milano Finanza Le armi segrete di Apple contro Google & C. 44 06/12/2014 Industria e Finanza CONFCOMMERCIO E FIPE, ECCO L'ACCORDO CON TRIPADVISOR 46 07/12/2014 Corriere della Sera - La Lettura Google senza pubblicità non diventa più libero 47 04/12/2014 ADV Express ComScore investe in Italia con la MMx Multi-platform per la misurazione integrata delle audience online e vCE 2.0 per l'adv online. Pronta per la gara Audiweb 49 05/12/2014 ADV Express Aboca porta in tv e sul web il nuovo Neo Bianacid. Pianifica Vizeum 50 05/12/2014 ADV Express InstaBrand: a novembre 18 campagne attive su clienti italiani 51 05/12/2014 e20express.it Conapi, quando l'evento è educational. Intervista a Nicoletta Maffini 52 05/12/2014 Engage.it Coca-Cola affida a un pool di agenzie di WPP la comunicazione per UEFA EURO 2016 54 05/12/2014 Engage.it Casa.it insegna a scegliere l'agente immobiliare con una campagna e una nuova sezione sul sito 55 05/12/2014 Engage.it Aboca punta su tv e web per il lancio di Neo Bianacid. Pianificazione di Vizeum 56 05/12/2014 Il Sole 24 Ore Online Raffica di piani per il web 57 05/12/2014 Primaonline.it 10:10 Il 56,1% delle pubblicità digitali non viene visto, lo dice una ricerca di Google (INFOGRAFICA) 58 04/12/2014 Primaonline.it 05:10 Per il 2015 Google sta preparando Chrome e YouTube in versione per bambini fino a 12 anni. In formato kids anche il motore di ricerca (VIDEO) 59 05/12/2014 Primaonline.it 03:37 Mastercucina.net, il portale di edizioni master dedicata alla cucina 60 05/12/2014 Pubblicitaitalia.it 11:34 ComScore, 1 triliardo di interazioni ogni mese provenienti da 172 Paesi diversi 61 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO 06/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale salvataggio costoso e inutile 63 06/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale Renzi: userò questo giudizio per accelerare 64 06/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale «Il debito cresce troppo, Italia declassata» 66 06/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale Quella tentazione di superare il 3% E l'attesa per l'esame dei mercati 68 06/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale Visco: sì agli acquisti Bce, deflazione rischio gravissimo 70 06/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale La paura del futuro blocca l'Italia Il 60% teme di diventare povero 71 07/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale «Giustizia, più tempo per le Nomine» 73 07/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale 1 elettore su 3 «Sarà Meglio senza grillo» 75 07/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale Renzi e l'occasione per prendere la Capitale, roccaforte ancora ostile 77 07/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale «Evasione fiscale, i calcoli sbagliati del sottosegretario» 79 07/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale le riforme che rischiano di peggiorare la crisi 80 07/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale «La rete Metroweb a Telecom? Prima il piano industriale» 82 08/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale «Troppi Scioperi Il governo medi» 84 08/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale «Alemanno porta soldi in Argentina In aeroporto passa al varco riservato» 86 08/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale Caccia al guru per il restyling del sindaco 88 08/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale «Quei politici accanto a criminali che mangiano pesce freschissimo Diventerebbe marcia anche Oslo» 89 08/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale «Pronto a lasciare la Camera Ma prima sentirò la base» 91 08/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale L'infelice illusione di una decrescita felice 92 06/12/2014 Il Sole 24 Ore I giudizi delle agenzie e le pagelle dei mercati 93 06/12/2014 Il Sole 24 Ore Roberti: per i corrotti le pene dei mafiosi 95 06/12/2014 Il Sole 24 Ore Padoan: debito italiano sostenibile, scenderà dal 2016 97 06/12/2014 Il Sole 24 Ore Se la valuta europea «vede» quota 1,20 99 06/12/2014 Il Sole 24 Ore «Italia deludente sul dossier Made in» 100 06/12/2014 Il Sole 24 Ore «Imprese all'estero con il supporto di Confindustria» 101 06/12/2014 Il Sole 24 Ore Unire la finanza, per unire l'Europa 103 07/12/2014 Il Sole 24 Ore Il vento sta cambiando ma forse è troppo tardi 105 07/12/2014 Il Sole 24 Ore Le operazioni sospette con San Marino 106 07/12/2014 Il Sole 24 Ore Ciucci: privatizzazione dell'Anas nel 2016 108 07/12/2014 Il Sole 24 Ore «Ci sono corruzione e intimidazione» 112 07/12/2014 Il Sole 24 Ore Adesso i territori delusi dalla politica cercano nuove radici 114 07/12/2014 Il Sole 24 Ore Una politica per la ricerca 116 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Chance in Albania per le nostre Pmi 118 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Tessile e alimentare, distretti al femminile 120 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Se la crisi manda in tilt indicatori e statistiche 122 08/12/2014 Il Sole 24 Ore La disclosure punta anche all'Italia 124 08/12/2014 Il Sole 24 Ore La frenata del commercio: i negozi sfitti salgono del 16% 126 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Dal petrolio al cotone, la discesa dei prezzi fa respirare l'industria 128 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Se l'economia piange quando ride il risparmio 130 06/12/2014 La Repubblica - Nazionale La poltrona ereditaria 131 06/12/2014 La Repubblica - Nazionale Orfini: "Bloccare le tessere? Potrei chiudere i circoli 132 06/12/2014 La Repubblica - Nazionale "Le tribù si scatenano in campagna elettorale" 133 06/12/2014 La Repubblica - Nazionale "Pizzarotti non creda di cambiare il Movimento Grillo resta il Garante" 134 06/12/2014 La Repubblica - Nazionale "Da noi troppe ambiguità sul salvataggio di Azzollini" 135 06/12/2014 La Repubblica - Nazionale Usa, boom di nuovi posti mai cosi tanti dal 1999 e i mercati festeggiano 136 06/12/2014 La Repubblica - Nazionale Addio aumento di risorse per i contratti di solidarietà Sel e Fiom contro il governo 138 06/12/2014 La Repubblica - Nazionale ESSERE CATTIVI EUROPEI 139 07/12/2014 La Repubblica - Nazionale "Io, linciata per le vanterie di due mafiosi" 141 07/12/2014 La Repubblica - Nazionale LA BANCA CENTRALE E L'ACQUISTO DI BOND I VERI OBIETTIVI DI DRAGHI E QUELLI DI RENZI 142 07/12/2014 La Repubblica - Nazionale Ultimo scandalo Ior il Papa fa indagare l'erede di Marcinkus * 145 07/12/2014 La Repubblica - Nazionale Province, l'ora del caos per i ventimila esuberi porte chiuse dalle Regioni e paghe a rischio nel 2015 147 07/12/2014 La Repubblica - Nazionale Al secondo round dei maxi-prestiti Bce le banche europee potrebbero chiedere fino a 170 miliardi 149 07/12/2014 La Repubblica - Nazionale Alfredo Reichlin 150 07/12/2014 La Repubblica - Bologna "Non c'è il rischio banlieue ma la tensione sociale unisce studenti e dannati" 154 08/12/2014 La Repubblica - Nazionale Papa Francesco "I 7 impedimenti che vanno tolti ai divorziati" 156 08/12/2014 La Repubblica - Nazionale Italia-Germania, è scontro 158 08/12/2014 La Repubblica - Nazionale Cantone: non si può arrestarli tutti 160 08/12/2014 La Repubblica - Nazionale Ecco le prove delle tangenti "In due anni 44 bonifici per pagare 226mila euro" 162 08/12/2014 La Repubblica - Nazionale "Mai fatto pressioni per favorire Buzzi ma nel Pd un degrado impressionante" 164 08/12/2014 La Repubblica - Nazionale M5S, la sfida di Pizzarotti "Autocritica e niente espulsioni Grillo è già un passo indietro" Il leader: io più vivo che mai 165 08/12/2014 La Repubblica - Nazionale LA DEBOLE POLITICA ESTERA DELL'ITALIA 167 06/12/2014 La Stampa - Nazionale E I MERCATI ORA CHIEDONO RISULTATI 169 06/12/2014 La Stampa - Nazionale Dal doping alla protezione Divi della tv e calciatori si rivolgevano a De Carlo 170 06/12/2014 La Stampa - Nazionale Pd diviso Per Renzi la strada è ora più complicata 172 06/12/2014 La Stampa - Nazionale Bindi a Renzi: il Pd non dovrebbe far avvicinare quelli come Buzzi 173 06/12/2014 La Stampa - Nazionale Palazzo Chigi: le riforme ci aiuteranno a ripartire 174 06/12/2014 La Stampa - Nazionale I timori di Berlino per Roma: un voto anticipato fermerebbe di nuovo le riforme 175 06/12/2014 La Stampa - Nazionale "Poco lavoro, il quintuplo di carcerati L'integrazione è rimasta un sogno" 176 06/12/2014 La Stampa - Nazionale "La Bce salvi l'Europa dalla deflazione" 177 06/12/2014 La Stampa - Nazionale "La Germania sbaglia il piano dell'Eurotower è un vantaggio per tutta l'Ue" 178 07/12/2014 La Stampa - Nazionale Il presidente delle Coop "Noi parte civile contro Buzzi Il nostro sistema è sano" 179 07/12/2014 La Stampa - Nazionale Rixi: "Alternativi a tutti e radicati sul territorio" 180 07/12/2014 La Stampa - Nazionale Berlusconi insegue Salvini Vuole la doppia moneta 181 08/12/2014 La Stampa - Nazionale SIAMO INDIETRO MA QUALCOSA È STATO FATTO 182 08/12/2014 La Stampa - Nazionale "Merkel scorretta un leader straniero non dà le pagelle" 183 08/12/2014 La Stampa - Nazionale Sarti: il nome Grillo sul simbolo si può discutere 184 08/12/2014 La Stampa - Nazionale Della Valle: persa un'occasione per tacere 185 08/12/2014 La Stampa - Nazionale "Renzi si fermi Con le preferenze addio trasparenza" 186 08/12/2014 La Stampa - Nazionale "Sul peso dei clan la sinistra sbaglia a minimizzare" 187 06/12/2014 Il Messaggero - Nazionale Rigenerare i partiti e spazzare le cricche 188 06/12/2014 Il Messaggero - Nazionale Il premier blinda Marino: avanti con le Olimpiadi 190 06/12/2014 Il Messaggero - Nazionale E il boss si vantava così: Cola l'ho messo io in Finmeccanica 191 06/12/2014 Il Messaggero - Nazionale Visco: «C'e un conflitto nella Bce» 192 07/12/2014 Il Messaggero - Nazionale Guerra sulla Commissione Trasparenza Centrodestra contro la presidenza al M5S 193 07/12/2014 Il Messaggero - Nazionale Il governo: Roma non andrà al voto Grillo attacca Marino: deve lasciare 194 07/12/2014 Il Messaggero - Nazionale «Io e la beffa delle parlamentarie Pd truccate» 195 07/12/2014 Il Messaggero - Nazionale Toti: «Il Prefetto sciolga il Consiglio comunale. È la sola via» 196 07/12/2014 Il Messaggero - Nazionale Nessuno avvertì il padre della tragedia 197 08/12/2014 Il Messaggero - Nazionale Ma Renzi irritato tira dritto «Non ci faremo intimidire» 198 08/12/2014 Il Messaggero - Nazionale «Abbiamo perso l'emozione Il logo? Tema da affrontare» 199 06/12/2014 Il Giornale - Nazionale Se un alieno atterra sul Colle 200 07/12/2014 Il Giornale - Nazionale Italicum, tempi stretti Si cerca il compromesso sullo sbarramento al 4% 201 08/12/2014 Il Giornale - Nazionale «Così fan tutti (o quasi) Ora serve trasparenza si muova il Parlamento» 202 08/12/2014 Il Giornale - Nazionale Il codice etico del duplicatore di ricevute 203 06/12/2014 Avvenire - Nazionale «Troppi gli allarmi inascoltati Non c'è alternativa ai salvataggi» 204 06/12/2014 Avvenire - Nazionale «Il lancio di Area Popolare prima di Natale» 205 06/12/2014 Libero - Nazionale Claudio Martelli: «I socialisti? Alla fine si sono tutti sistemati» 206 07/12/2014 Libero - Nazionale «Sogno una scissione nel Pd per fare il partito dei moderati» 208 06/12/2014 Il Secolo XIX - Nazionale Grillo: «Io, in isolamento con la Bibbia di Fazio» 210 06/12/2014 ItaliaOggi Veltroni ora se lo sogna il Colle dopo lo scandalo del Pd capitolino 212 06/12/2014 ItaliaOggi Governo Renzi, qualche risultato concreto ora comincia a vedersi 215 06/12/2014 ItaliaOggi Troppa Google-fobia fa il gioco di Big G 216 06/12/2014 Financial Times Renzi woos Africa to wean Italy off Russian gas 217 06/12/2014 Financial Times How Italy lost la dolce vita 219 08/12/2014 Financial Times The ECB, demigods and eurozone quantitative easing 222 08/12/2014 Financial Times QE is the last throw of the eurozone dice 223 06/12/2014 International New York Times With Yoox, luxury brands shake off digital fears 224 06/12/2014 International New York Times A new offer promises to extend battle for Club Med 226 06/12/2014 International New York Times And the next economic giants are... 227 08/12/2014 International New York Times Loans will set a bar for E.C.B. stimulus 229 08/12/2014 The Guardian Co-operative said to be mafia-style gang base 231 08/12/2014 The Guardian TEACH CHIRCHILL VALUES IN CLASS? NO THANKS 232 08/12/2014 The Times 'King of Rome' shocks Italy with boasts of mafia terror 233 08/12/2014 La Tribune Quotidien MERKEL APPELLE LA FRANCE ET L'ITALIE A REFORMER PLUS 234 08/12/2014 La Tribune Quotidien CLUB MED: NOUVELLE SURENCHERE DE GLOBAL RESORTS 235 06/12/2014 Le Figaro La pieuvre étrangle la capitale italienne 236 06/12/2014 Le Figaro Club Med: Bonomi charge la direction du groupe 237 08/12/2014 Le Figaro ANGELA MERKEL MET EN GARDE ET SES REFORMES INSUFFISANT 238 06/12/2014 Le Monde Andrea Bonomi surenchérit pour s'offrir le Club Med 239 07/12/2014 Le Monde La note de l'Italie dégradée par Standard & Poor's 240 07/12/2014 Le Monde Les marchés veulent y croire 241 08/12/2014 Les Echos La mise en garde de Merkel à la France 243 08/12/2014 Les Echos Club Med : Bonomi défie à nouveau Fosun avec une nouvelle surenchère 244 08/12/2014 Les Echos La chute du pétrole, une opportunité à saisir pour la zone euro 245 08/12/2014 Les Echos Crise de l'huile d'olive : la France tiraillée entre l'écologie et l'économie 246 08/12/2014 Les Echos Un accord de place en vue pour l'assurance emprunteur 247 08/12/2014 Les Echos Mario Draghi, le Latin qui ne perd pas le nord 248 08/12/2014 Les Echos La baisse de l'euro ne fait pas l'unanimité 249 08/12/2014 Les Echos Les taux très bas, une potion magique ? 250 08/12/2014 Les Echos Le bidon a du bon ! 251 08/12/2014 Les Echos L'art-thérapie primée par Atout Soleil 2014 252 08/12/2014 Liberation Mafia : Rome, ville offerte 253 08/12/2014 Wall Street Journal Tumble in Oil Prices Spurs Bet On Growth 255 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza IL WELFARE DEL CREDITO PER LE IMPRESE DI ANGELA 257 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza Titoli italiani vincitori e vinti nel collasso dei prezzi del greggio 258 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza Burocrazia più efficiente la chiave della ripresa 260 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza Banche, il lato oscuro di Berlino 262 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza Il Mattone dei Comuni si ricomincia da tre 265 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza Ilva, voglia di Stato le lezioni dall'estero 267 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza Acciaio, un business dominato dai gruppi asiatici 269 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza I manager italiani guadagnano sempre meno e ora guardano all'estero 271 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza Saipem ai minimi, i fondi pronti all'assalto 273 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza Bce, 21 miliardi alle banche italiane 274 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza Eni, Salini Impregilo, Gtech la via nazionale al "buyback" 276 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza Auto, linea di montaggio 2.0 per Marchionne rivoluzione a metà 278 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza In Italia crescono i milionari ma il patrimonio è ereditario 280 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza Mix di valute per guadagnare, il dollaro in testa 282 08/12/2014 Corriere Economia Intervento pubblico: facile innamorarsi, difficile lasciarsi 284 08/12/2014 Corriere Economia Ilva e le altre Il rischio Iri: due leggi per avere più Stato 285 08/12/2014 Corriere Economia Finmeccanica: più leggera e si spera più competitiva 287 08/12/2014 Corriere Economia Unicredit La svolta verso l'hi-tech «Il nostro modello? Amazon» 289 08/12/2014 Corriere Economia Al Fondo italiano piace il paradiso delle viti inventato dal cavalier Brugola 291 08/12/2014 Corriere Economia Siti web Edison vince l'oro tra le aziende non quotate 292 06/12/2014 Milano Finanza Rinvii pericolosi 294 06/12/2014 Milano Finanza Il paradiso è perduto 296 07/12/2014 The Sunday Times Gangsters and fruit flies terrorise Italy's olive farms 298 05/12/2014 L'OBS Science poilitique 299 05/12/2014 L'OBS Closer Voici 301 05/12/2014 L'OBS "LES BANQUES CENTRALES VONT SOUTENIR LA CROISSANCE" 302 05/12/2014 L'OBS LES VALEURS EUROPÉENNES ONT LA COTE 303 IAB ITALIA 4 articoli 08/12/2014 Corriere Economia - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 15 Come attirare clic sul mio sito paola caruso Il digitale è diventato una scelta strategica per le aziende. Lo dimostra l'incremento della pubblicità sul web: +12,7% nel 2014 rispetto all'anno precedente. Oggi, gli investimenti nell' advertising online toccano i 2 miliardi di euro, pari a una quota di mercato del 25% (rielaborazione Iab su dati Nielsen e Osservatori Politecnico di Milano). «Le grandi e le medie imprese stanno aumentando i budget del marketing digitale - spiega Michele Marzan, vicepresidente di Iab Italia -, segno che il business si sta spostando verso il nuovo canale. Le piccole imprese hanno meno risorse da impiegare in campagne online , ma sono presenti, spesso senza l'utilizzo di un'agenzia». Se le aziende vogliono farsi notare in Rete, anche con spot «fai da te», devono affidarsi a persone con skill digitali e una formazione specifica nel settore. A fornire le competenze per sviluppare gli affari online sono i corsi di Business Digital Trainings, organizzati da Marte Digital, in media partner con Corriere Economia . I primi tre su ecommerce , social media e Google Adwords hanno riscosso grande interesse. «Tra i temi che ci hanno chiesto di approfondire nella giornata dedicata all' ecommerce ci sono i metodi per vendere all'estero e come si progetta il set-up di un sito dal punto di vista finanziario - precisa Carlo Terreni, co-fondatore di Marte Digital -. Inoltre, tutti gli iscritti hanno deciso di frequentare anche gli altri corsi incentrati sul marketing online , avendo capito che senza una strategia di comunicazione ben strutturata, non si vende». Per scoprire le tecniche in grado di fornire ai siti visibilità gratuita sui motori di ricerca, il 10 dicembre è in programma il corso sulla Seo (Search Engine Optimization) con Ale Agostini, fondatore di Bruce Clay Europe ( http://www.martedigital.it/corsi/corso-seo-visibilita-del-tuo-sito-attraverso-il-seo/). © RIPRODUZIONE RISERVATA IAB ITALIA - Rassegna Stampa 08/12/2014 15 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il corso 06/12/2014 Faz - Frankfurter Allgemeine Zeitung Pag. 41 ZAHL DER WOCHE 15 Milliarden Stunden leisteten deutsche Arbeitnehmer zwischen Juni und September. Das war ein Prozent mehr als im entsprechenden Vorjahreszeitraum. Quelle: IAB IAB ITALIA - Rassegna Stampa 08/12/2014 16 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ZAHL DER WOCHE 05/12/2014 Engage.it Sito Web PayClick: con Intent Dem e video email riscuote successi a IAB Forum Con una vocazione all'innovazione, la realtà guidata da Luca Formicola ha partecipato all'evento svoltosi la scorsa settimana a Milano in qualità di espositore registrando grande interesse per le proprie soluzioni L'edizione di quest'anno di IAB Forum è stata per molti una delle migliori. Un parere condiviso anche da Luca Formicola, amministratore unico di PayClick, l'azienda a cui si riconosce il merito di offrire ai propri clienti soluzioni tagliate sulle loro esigenze e l'impegno nella ricerca costante dell'innovazione che ha portato la realtà a presentare nella cornice del Forum, dove è stata presente in qualità di espositore, le soluzioni Intent Dem e video email.«Sono stati due giorni di assoluto rilievo, durante i quali abbiamo avuto modo di presentare le nostre ultimissime novità e di rivedere tanti clienti - spiega Formicola -. L'atmosfera respirata al MiCo Milano Congressi è stata fantastica, vi era un pullulare di digital ideas e tutti i protagonisti dell'economia digitale si sono confrontati per riflettere sulle nuove opportunità offerte dal settore e sui relativi scenari futuri. Il nostro stand ha registrato una maggiore affluenza rispetto alle edizioni precedenti. Il nostro staff, composto da 12 persone, è stato perennemente occupato, preso d'assalto da domande e curiosità suscitate dalle principali novità che abbiamo presentato: la video email e l'Intent Dem».Nello specifico, le due soluzioni dimostrano la vocazione all'innovazione dell'agenzia. La prima consiste una forma di digital advertising che arricchisce la classica Dem con un video caricato in streaming. Tale sistema permette di non appesantire l'email, che si adatta a qualsiasi tipo di device utilizzato dall'utente finale.L'Intent Dem, invece, è un'esclusiva modalità di retargeting, unica nel mercato italiano, che coniuga i vantaggi del behaviour retargeting agli alti tassi di conversione del canale Dem. «Grazie a questa tecnologia - spiega ancora il manager - saremo in grado di capire se un utente ha navigato sul sito di un nostro cliente e se ha portato a termine, o meno, l'azione desiderata. Se ciò non è avvenuto gli invieremo una Dem che lo spinga a compiere l'azione. L'Intent Dem ci consentirà di agire su un utente spontaneamente interessato ad un brand, dunque, inviando una comunicazione ad hoc aumenteranno notevolmente i tassi di conversione. Così facendo, centreremo i nostri obiettivi con poche migliaia di email inviate».Per fare un esempio concreto, ci spiega ancora Formicola, basta supporre che un utente stia navigando sul sito di un noto brand, magari nel settore dell'informatica, navigando tra i tablet. Questo sistema innovativo verifica, in tempo reale, se l'utente è presente nei database che PayClick ha in concessione e se così fosse, può inviargli una email immediatamente, ad esempio con l'indirizzo del rivenditore più vicino.«Crediamo molto nell'efficacia di questo strumento e riteniamo che porterà risultati concreti al cliente, rafforzando non solo il brand, ma anche la conversion rate. Molti clienti si sono detti entusiasti di questi due servizi innovativi e ciò rappresenta per noi un enorme attestato di stima, nonché un riconoscimento dell'ottimo lavoro svolto negli ultimi anni. Lo IAB Forum ci ha permesso di riscontrare anche un aumento della notorietà del brand PayClick nel panorama del mondo digital, di cui rappresenta ormai un'eccellenza e un punto di riferimento», commenta ancora il manager, che in chiusura aggiunge: «La crescita dell'azienda è anche testimoniata dagli ottimi risultati con i quali chiuderemo il 2014. E le previsioni per il 2015 sono altrettanto rosee. L'anno prossimo, infatti, contiamo di registrare un'ulteriore crescita del 20%». IAB ITALIA - Rassegna Stampa 08/12/2014 17 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Tecnologia 07/12/2014 Huffington Post Sito Web Amazon continua a crescere, nonostante le polemiche che ciclicamente la travolgono. Dal palco dello Iab Forum di Milano, evento dedicato alla pubblicità e alla comunicazione, Dan Wright, direttore di Amazon Europe, racconta con soddisfazione e ampi sorrisi la marcia trionfale del colosso dell'e-commerce. Parla di obiettivi raggiunti, di "un volume di vendite che entro fine anno arriverà a 1500 miliardi di dollari, con il 28% del totale degli ordini provenienti dall'Europa occidentale" e di "un mercato italiano sempre più interessante".All'Huffpost spiega tecniche e progetti per "rendere l'acquisto on line non un semplice click, ma un'esperienza completa. Perché il consumatore deve essere sempre al centro".Sono anche i giorni in cui in Italia (e pure in Gran Bretagna e Australia) torna in auge il dibattito sulla Web Tax, mentre il Parlamento Europeo approva la risoluzione di "break-up" per Google. Abbiamo chiesto a Wright un commento su queste misure, ma non abbiamo avuto alcuna risposta. Volevamo provare a capire se, secondo lui, sarebbero provvedimenti giusti, oppure restrittivi, perché rischiano di penalizzare i singoli mercati, e quanto inciderebbero sul business dei giganti di internet. Di questi temi Wright non ha voluto non parlare.Amazon ha davvero cambiato, e in parte stravolto, i consumi, compresi quelli culturali? In tempi di shopping natalizio c'è anche chi sostiene che l'e-commerce abbia rovinato il tradizionale rito dei regali...Sicuramente la vendita online, e ancor più quella attraverso i dispositivi mobili, ha modificato il modo di fare acquisti. Noi però vogliamo concentrarci anche su quello che invece è rimasto uguale, ovvero l'esperienza e la fidelizzazione del cliente. Chi compra, sia on line sia in un negozio tradizionale, è attento alla selezione dei prodotti, alle novità e alle offerte. Vuole scegliere, guardare. Questi sono requisiti essenziali e trasversali e noi vogliamo mantenerli. Puntiamo a creare un rapporto tra marchi e consumatori uguale a quello reale e continueremo a farlo, anche attraverso la pubblicità.Lei si occupa anche di questo all'interno del gruppo. Qual è la connessione, ormai sempre più stretta, tra pubblicità e e-commerce?Direi che il rapporto tra queste due componenti è fondamentale, per questo cerchiamo di innovarlo in continuazione. Il consumatore però è sempre al centro, è la nostra ossessione. Inseriamo anche le recensioni e le valutazioni dei clienti in alcuni annunci, hanno un'efficacia del 20-30% superiore rispetto agli annunci tradizionali. La pubblicità di solito viene percepita come un fastidio, noi invece vogliamo che diventi parte integrante dell'esperienza dell'acquisto, addirittura che la migliori. E-commerce e advertising sono legati e hanno un impatto reciproco.Quanto sta crescendo Amazon in Italia? Secondo un rapporto (firmato da Netcomm e Politecnico di Milano) l'e-commerce è in aumento, ma ancora dominato delle Dot Com straniereIl vostro è un mercato per noi molto interessante e in costante crescita. Arriveranno ancora grandi numeri. Sono convinto che entro il 2018 da voi la crescita totale dell'e-commerce sarà a due cifre. (Amazon però non fornisce dati per i singoli Paesi ndr)Qual è il prodotto più venduto? Difficile dirne uno. Le classifiche cambiano rapidamente, ma una curiosità c'è: cinque degli ordini che vengono fatti ogni secondo, non solo in questo periodo, riguardano i giocattoli.In Italia si sta molto dibattendo sulla web tax, una misura per cui ricavi di grandi aziende del web con sede all'estero, come la vostra, dovrebbero essere fatturati e tassati nel nostro Paese. Intanto anche il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione per scindere i servizi di ricerca di Google da quelli commerciali. Che cosa ne pensa? Sarebbero misure giuste oppure rischiano di penalizzare le economie e i consumatori dei Paesi che le applicano?A questa domanda preferisco non rispondere. Ricevi un'e-mail quotidiana con gli articoli e i post in primo piano. IAB ITALIA - Rassegna Stampa 08/12/2014 18 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Dan Wright: "Amazon ha modificato il modo di fare acquisti". Parla il direttore del sito europeo del colosso digitale di Bezos ADVERTISING ONLINE 28 articoli 06/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) Sempre connessi L'eterno presente che ci tiene stretti Daniela Monti a pagina 35 Non c'è più tempo per pensare: bisogna agire, e farlo in fretta. La velocità è tutto. Bisogna esserci adesso . Prendiamo la bufera mediatica che si è scatenata attorno al marchio Moncler dopo la messa in onda dell'inchiesta di «Report» sull'imbottitura dei suoi piumini: il fatto che l'azienda non abbia risposto in tempo reale con una contro-campagna dello stesso impatto è stato letto da molti come segnale di debolezza. «Perché non reagiscono?», si sentiva dire qua e là. Tentennare, prendere tempo, attendere di trovare la risposta giusta sono atteggiamenti che non possono più fare parte del nostro agire quotidiano. «La nostra società si è orientata verso il presente: oggi tutto è live , in tempo reale, senza un momento di tregua. Non si tratta di una semplice accelerazione, sebbene il nostro stile di vita e la tecnologia abbiano velocizzato i tempi delle nostre azioni - scrive Douglas Rushkoff in uno dei testi più apprezzati sull'argomento, Presente Continuo (Codice Edizioni) -. Si tratta piuttosto di un ridimensionamento di tutto ciò che non sta accadendo adesso, e dell'assalto di ciò che invece, almeno apparentemente, è il nostro presente più immediato». La parola assalto rende bene l'idea: la nostra attenzione è ostaggio di ciò che capita adesso . Nei giorni in cui Donna Tartt ha vinto il Pulitzer, chi non ha letto il suo «Cardellino» è stato tagliato fuori da qualsiasi discussione. Lo stesso è accaduto con Patrick Modiano dopo il Nobel. Ma, passato l'attimo, il quadro è cambiato e la triste verità è che siamo sempre più in difficoltà ad articolare un discorso sensato sui libri, sulla musica o sui film usciti appena il mese scorso. Rushkoff sintetizza con una battuta fulminante questo nostro nuovo vivere schiacciati sull'adesso: se la fine del ventesimo secolo è stata caratterizzato dal futurismo, il ventunesimo potrebbe essere il secolo del «presentismo». In qualsiasi attività siamo impegnati - dalla preparazione di una relazione in ufficio al portare i bambini a scuola - è assolutamente certo che verremo interrotti dal telefono che squilla, dalla luce che lampeggia sullo smartphone, dal suono emesso dall'iPad ad ogni notifica di Twitter. Certo: potremmo resistere e rimandare a più tardi la telefonata, la lettura della mail o del tweet, ma chi lo fa davvero? E se ci perdiamo qualcosa non rispondendo adesso ? Tutte queste interruzioni creano la sensazione di «dover tenere il passo con il loro insostenibile ritmo, per timore di perdere il contatto con il presente», dice ancora il teorico americano. Non è più la vecchia storia del multitasking, cioè del fare più cose contemporaneamente (una lezione che tutti abbiamo già imparato). La questione è più sottile: chi comanda il gioco? Chiaramente, non siamo più noi, ma la tecnologia. Che con Internet - il quale vive sull'istantaneità - detta il tempo delle nostre giornate, dei nostri interessi, persino delle nostre decisioni (soprattutto in periodo elettorale diventa evidente a tutti come i politici si affidino a valutazioni in tempo reale per correggere programmi e dichiarazioni sulla base delle reazioni del pubblico che segue live i dibattiti in tv). Fare un progetto a lungo termine, organizzare la propria vita in funzione di un obiettivo da raggiungere, procedere con lo sguardo dritto in avanti è diventato più difficile. Non solo per la mancanza di prospettive, soprattutto per i giovani (di cui Silvia Avallone sintetizza efficacemente lo stato d'animo: si sentono «braccati in un eterno presente, non possono fare progetti, non possono costruire un percorso per più di tre mesi di fila e "poi si vedrà"»). Ma per quell'«assalto» continuo dell' adesso che distrae, fa deragliare, infila un'emergenza dietro l'altra senza soluzione di continuità. Così spendiamo le energie migliori per riuscire a stare a galla. Non progettiamo, improvvisiamo. Anche il rapporto Censis richiama l'idea del «presentismo» e, per descriverci, usa queste parole: siamo «sempre più impegnati nel presente, con uno scarso senso della storia e senza visione del futuro». E se è vero che già nel nostro carattere nazionale c'è l'inclinazione a subire il fascino dell'adesso e di tutto ciò che è immediato (il filosofo Roberto Esposito ne fa una questione di carattere: «Gli italiani hanno sempre avuto una maggiore sensibilità per quanto è contingente, concentrato nella singolarità dell'evento, sottratto ad un ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 20 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Stili di vita Tempi liberi 06/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 21 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato progetto di lunga durata»), Internet e l'ossessione contemporanea per il live ci hanno spianato la strada. Google e i suoi fratelli sono maestri nel disorientamento temporale: i risultati di una ricerca mescolano tutto nella stessa schermata, l'articolo più recente con lo studio di vent'anni fa, cancellando il percorso che separa l'uno dall'altro. Tutta la conoscenza viene portata nel presente. «Quindici minuti passati su Facebook fondono le amicizie delle scuole elementari alle richieste di contatti futuri: tutto ciò che abbiamo vissuto e tutti quelli che abbiamo incontrato vengono compressi in un presente virtuale. Viviamo le nostre età tutte insieme: non c'è nulla che possiamo lasciarci alle spalle una volta per tutte. A svanire non è solo il confine fra pubblico e privato, ma anche la distanza fra presente e passato», scrive ancora Rushkoff. Umberto Eco si è spinto a chiamare «malattia generazionale» quell'«appiattimento del passato in una nebulosa che non dovrebbe avere giustificazioni, viste le informazioni che anche l'utente più smandrappato può ricevere su Internet. Ma la memoria in alcuni (molti) giovani si è contratta in un eterno presente dove tutte le vacche sono nere». Presi dall'ossessione del presente, finiamo, o fingiamo, di non accorgerci che gran parte delle informazioni a ciclo continuo che riceviamo quando ci raggiungono sono già superate. I risultati, in fondo, sono comici. Come nel dialogo geniale sul potere dell'adesso fra Lord Casco e il colonnello Nunziatella in «Balle spaziali» di Mel Brooks: «Che è successo al prima?» «È passato». «Quando?». «Adesso. Siamo all'adesso, adesso». «Torniamo al prima!». «Non possiamo». «Perché?». «Perché l'abbiamo superato!». «Quando?». «Adesso!». @danicorr © RIPRODUZIONE RISERVATA ILLUSTRAZIONE DI VINCENZO PROGIDA I numeri Nel luglio scorso 27,8 milioni di italiani si sono collegati a Internet almeno una volta. In media il tempo pro capite trascorso online è di 44 ore e 26 minuti. Il dato è di Audiweb. Lieve flessione rispetto ai 28 milioni di utenti connessi a giugno, ma aumento del tempo d'uso pro capite della connessione, che a giugno era di 43 ore e 9 minuti Ad accedere a Internet da smartphone e tablet sono stati 17,8 milioni di utenti contro i 17,2 di giugno 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 12 (diffusione:334076, tiratura:405061) Il marketing nell'era del social Condividendo le campagne dei brand su Facebook si può guadagnare Gaia Giorgio Fedi «Se non stai pagando il prodotto, allora vuol dire che il prodotto sei tu». La frase riassume il modello di business di molte società che lavorano su internet offrendo servizi gratis in cambio di dati personali (come Facebook, per esempio). Ma se è vero che i social guadagnano dagli utenti, gli utenti possono guadagnare dai social media? La risposta è sì. Finora, a usare questi strumenti a scopo di lucro sono state soprattutto le aziende, che sono sbarcate sugli strumenti relazionali a fini di marketing. Ed è proprio questo fenomeno che spiana la strada agli utenti per ottenere i principali vantaggi economici, in termini di guadagno, risparmio, sconti e altri benefici. Per esempio, esistono società di social marketing, come AdMingle, che consentono di guadagnare dalla condivisione di contenuti. Iscrivendosi, si accede alle campagne attive sul sito. Se si condividono alcune campagne in base ai propri interessi, è possibile pubblicarne i contenuti sui propri profili social e ottenere un guadagno per ciascun messaggio pubblicato. Anche Buzzoole, società napoletana che misura l'influenza sui social network, ha avviato delle campagne di «buzz marketing» fatte attraverso i cosiddetti «influencer», cioè gli utenti che hanno un largo seguito sulle piattaforme sociali. Con Buzoole si può partecipare a dei concorsi con cui si possono promuovere i brand preferiti e ottenere dei premi. Anche al di là di questi casi specifici, sono molte le società che stanno utilizzando il marketing su Facebook, Twitter e strumenti analoghi: seguendo le proprie marche preferite, è così possibile tenere d'occhio sconti e promozioni studiati ad hoc per gli utenti delle reti sociali. «Il fenomeno dei social network sta influenzando sempre di più la relazione marca-consumatore», spiega Andrea Boaretto, head of Marketing Projects della School of Management del Politecnico di Milano. Secondo una nuova ricerca del Laboratorio ConMe (www.convergenzamediale.com), progetto di ricerca congiunto tra la School of Management del Politecnico di Milano e Makno, «quest'anno le pratiche social di activation (post e commenti) sono aumentate di circa il 15% rispetto all'anno precedente tra gli internet user italiani maggiori di 14 anni», specifica Boaretto. Focalizzando l'attenzione sulle persone responsabili di acquisto di differenti categorie merceologiche (prodotti largo consumo, beni durevoli e servizi), prosegue, «si rileva una tendenza sempre maggiore a visitare i profili ufficiali delle marche sui principali strumenti (Facebook, Twitter e Youtube)». Sei si esaminano le motivazioni di queste attività sui social network egate ai brand, si nota che «per il comparto dei servizi (telco, utility, banche, etc.) i profili ufficiali della marca sui social network sono consultati principalmente per trovare informazioni su prezzi e promozioni (circa il 30%), mentre per il comparto dei prodotti gli italiani ricercano ugualmente informazioni in generale, e in particolare confronti sui prezzi e promozioni (circa il 26% in entrambi i casi)», dice Boaretto. Gli italiani quindi si connettono sempre di più ai social per cercare sconti e promozioni. «Questo non è solo un effetto della diffusione dei network virtuali, ma soprattutto della multicanalità», commenta Boaretto, spiegando che molto semplicemente alcune dinamiche del marketing si sono spostate sui canali digitali. «Un altro strumento importante, infatti, sono i social interni alle società, che costituiscono delle specie di club per gli utenti più affezionati». Una delle tendenze più interessanti è quindi lo spostamento delle iniziative di loyalty, cioè le vecchie campagne fedeltà che esistono da anni, su nuovi strumenti di interazione. Sull'onda di questo trend, sono nate molte società che si occupano specificamente di quella che potremmo definire «social loyalty». Anche in Italia, dove si trovano già molti casi interessanti: Yourbuzz, per esempio, è un social game che permette di vincere coupon, premi o soldi in cambio della condivisione dell'opinione sui social. Beenz è una piattaforma di loyalty, cui aderiscono diversi retailer ed esercenti, che consente ai clienti di fare acquisti e svolgere azioni sui social per raccogliere punti virtuali, ovvero i fagiolini ("beenz"): un esperimento che coniuga la vecchia ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 22 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato RISPARMIO & FAMIGLIA PLUS24 tendenze 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 12 (diffusione:334076, tiratura:405061) ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 23 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato raccolta punti con il cosiddetto social buzz. OffertOne rende più convenienti gli acquisti a ogni condivisione sui social network. Ma c'è anche l'app Starbytes social, che permette di ottenere ricariche telefoniche, giochi, musica e altro in cambio della condivisione dei con tenuti proposti con la propria rete di amici. © RIPRODUZIONE RISERVATA Network loyalty Le iniziative L'ascesa dei social network ha indotto molte società ad avviare specifiche iniziative di fidelizzazione su questi strumenti. McDonald's per esempio ha lanciato l'app My Breakfast, che consente di ricevere buoni sconto e omaggio non solo con gli acquisti ma anche con l'interazione con il brand. Interessante anche l'idea di Total Erg, a cavallo tra social marketing e gamification: se ci si fa un selfie in un determinato contesto e lo si condivide sui propri profili social, la foto più divertente vince dei premi fedeltà. Anche Italo Treno, che consente di gestire il proprio profilo loyalty da un'applicazione mobile, premia i propri clienti più fedeli offrendo buoni sconto sui social. La fidelizzazione sulle reti sociali virtuali ha coinvolto soggetti dei settori più disparati, compreso quello della cultura. Infatti, anche il Piccolo Teatro di Milano ha provato l'esperimento social in passato, dando la possibilità agli utenti che avevano cliccato su «mi piace» sulla pagina Facebook di ottenere sconti sui biglietti di alcuni spettacoli. Per lo scambio di prodotti e servizi Reoose.com Reoose.com è uno store virtuale di baratto asincrono. Numero iscritti 35.000 Categorie merceologiche Elettronica, arredamento, bambini, abbigliamentoi, auto, moto e barche, collezionismo, musica, libri e film, tempo libero Tipologie di articoli venduti Nuovo e usato Tipologie di inserzionisti privati, artigiani, piccoli produttori alimentari e agriturismi Tipoligie di pagamento Il pagamento avviene tramite il sito in crediti (la moneta virtuale di Reoose) Registrazione Registrazione è gratuita e obbligatoria. Garanzia acquisti iIn caso di reclamo rimborsa i crediti della transazione Assistenza clienti [email protected] Per tenersi informati e curare la web reputation Twitter Twitter è un social network di microblogging che fornisce agli utenti una pagina personalizzabile dove pubblicare messaggi in 140 caratteri. Numero iscritti Secondo le stimedi Twopchart il numero di account supera i 900 milioni, ma almeno la metà non ha mai mandato un tweet. Come funziona Dopo l'iscrizione si scelgono gli utenti da seguire e si può cominciare a pubblicare i commenti Offerte di lavoro 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 12 (diffusione:334076, tiratura:405061) ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 24 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La ricerca di un lavoro non fa parte delle principali attività svolte su Twitte Tipologie di utenti Privati, aziende, organizzazioni. Servizi a pagamento Il servizio è gratuito Registrazione La registrazione è gratuita e obbligatoria. Dopo essersi registrati si può cominciare a seguire gli altri utenti e a pubblicare i commenti (i cosiddetti tweet) Per trovare lavoro Linkedin Linkedin è la più grande rete professionale al mondo. Numero iscritti 332 milioni in 200 Paesi Come funziona Su Linkedin si può costruire il proprio profilo professionale, inserendo i dati sull'istruzione, le esperienze lavorative, i premi e i riconoscimenti ottenuti per il proprio lavoro Offerte di lavoro Su Linkedin le aziende possono anche pubblicare le proprie offerte di lavoro, che vengono inviate agli iscritti, i quali possono candidarsi per la posizione direttamente sul sito Tipologie di utenti Privati (studenti, dipendenti, manager, liberi professionisti e persone alla ricerca di un'occupazione) e aziende Tipologie di pagamento Il pagamento per il servizio premium avviene con carta di credito o Paypal, su base mensile o annuale Registrazione La registrazione è gratuita e obbligatoria. Una pagina come vetrina virtuale Facebook Facebook è uno dei più famosi social network. Numero iscritti in Italia 25 milioni Utenti attivi al giorno su mobile 16 milioni Numero medio di amici 300 a utente Pagine aziendali 30 milioni le pagine utilizzate da imprese in modo attivo a livello mondiale. Di questi, 19 milioni gestiscono contenuti e interazioni direttamente da mobile Utenti connessi a pagine pmi In Italia si contano più di 745,7 milioni di connessioni fra persone e aziende, con l'83% degli italiani connesso alla pagina di almeno una PMI su base mensile Inserzioni pubblicitarie Più di 1,5 milioni le Pmi che investono attivamente in Facebook ogni mese a livello globale Centro assistenza www.facebook.com/help.php Foto: CORBIS 08/12/2014 Il Sole 24 Ore - Risparmio & famiglia Pag. 1.11 (diffusione:334076, tiratura:405061) Acquisti e lavoro nella Rete Da Facebook a Twitter passando per Pinterest e il baratto online le nuove possibilità di scambio economico Isabella Della Valle Acquisti e lavoro più social Social network sempre più utilizzati per trovare lavoro e acquistare a prezzi più convenienti. In Europa nel 2014, la diffusione raggiunge il 42%, contro una media europea del 40, mentre l'uso di internet in Italia è del 58% contro una media europea del 68%. Servizi pagine 11 e 12 I social network sono oramai entrati nelle abitudini di tutti (o quasi) e ricreano il linguaggio comune. Il bacino di utenza aumenta peraltro in maniera esponenziale. Si tratta di un mondo virtuale dove le persone entrano in contatto, conversano, si confrontano e ricercano informazioni e condividono situazioni di vita. Ma se da un lato queste piazze 2.0 inizialmente venivano intese principalmente come punti di contatto, con il passare del tempo sono diventati sempre più funzionali alle esigenze degli utenti che ne hanno capito le potenzialità, aziende comprese. Secondo il report Social, Digital & Mobile in Europa nel 2014, la penetrazione dei social network in Italia, tenendo conto soltanto degli utenti attivi (vale a dire quelli che non si limitano ad avere un profilo, ma lo usano) è del 42%, contro una media europea del 40 per cento. Un dato interessante, se si considera che l'uso di internet in Italia è del 58% contro una media europea del 68 per cento. Ma quali sono concretamente i benefici offerti dai social network? Se utilizzati correttamente possono essere vari. Ci sono vantaggi indirettamente economici, come per esempio la possibilità di accrescere la propria reputazione professionale postando i propri lavori e contenuti sui propri profili. E in questo caso lo strumento più utilizzato per trovare lavoro è Linkedin, ma ci sono dei social che in Italia sono ancora di nicchia (almeno rispetto al loro uso nel resto del mondo), come Twitter, che hanno un particolare peso nella web reputation legata ad alcuni profili professionali specifici: artisti, professionisti dell'informazione e della comunicazione, consulenti nel ramo social e Seo (search engine optimization). Ma i vantaggi possono essere anche di carattere economico. Su Facebook e Pinterest, per esempio, è possibile creare delle vetrine per vendere direttamente i propri prodotti. Esistono poi gli strumenti di social marketing, con cui le società avviano campagne sui social a costi minori e con maggiore efficacia nel raggiungere i target desiderati. «L'affermazione del social marketing - spiega Roberto Liscia, presidente Netcomm - nasce dalla convergenza di tre fenomeni: la crescita dell'ecommerce, la diffusione di strumenti come Facebook (e in misura minore di Twitter e Pinterest) e l'esplosione del mobile. In questo quadro, è cambiato quello che si definisce customer journey: il vecchio meccanismo di ricerca di informazioni autorevoli sulla stampa e altri media tradizionali si è semplicemente spostato sui social network». Liscia sottolinea che il 50% degli utenti Twitter nel periodo natalizio sono influenzati dalle informazioni che ricevono su questo social e di questo 50%, il 69% passa ai fatti, vale a dire compie degli acquisti sulla base di quelle informazioni. «Per l'utente -conclude Liscia l'utilizzo degli strumenti di marketing sui social media è in grado di attivare diverse leve di soddisfazione: non solo i vantaggi in termini di prezzo, ma anche la maggiore rapidità di acquisto, grazie alla maggiore velocità del passaparola sulle promozioni reso possibile dai social». Nel mondo dei social network e delle comunità online, inoltre, non mancano anche gli esempi di vere e proprie piattaforme per il risparmio. E-barty per esempio è un social network di baratto: ci si iscrive e, oltre a condividere i propri interessi con gli altri utenti, ci si può scambiare qualsiasi genere di oggetto. Ma non è l'unico esempio di esperimento social per scambiarsi gli oggetti: esiste anche la comunità Reoose.com, uno store virtuale di baratto asincrono. Funziona con una moneta virtuale costituita dai crediti: si mettono a disposizione i propri oggetti usati e se si vende qualcosa si ottengono crediti che potranno essere utilizzati per acquistare qualche altro bene messo a disposizione. ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 25 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Consumi e internet 08/12/2014 Il Sole 24 Ore - Risparmio & famiglia Pag. 1.11 (diffusione:334076, tiratura:405061) ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 26 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato © RIPRODUZIONE RISERVATA [email protected] Le parole chiave 1 Baratto ll baratto, considerata la prima forma storica dello scambio commerciale di beni, è un'operazione con cui due o più soggetti si cambiano beni o servizi, senza fare uso di moneta. Negli ultimi anni, complice la crisi e il calo del potere d'acquisto delle famiglie, sono sbarcati sul web diverse community che consentono ai consumatori lo scambio di beni e servizi sotto forma di permuta. 2 Baratto asincrono Da Reoose a Dropis, nel mondo virtuale è possibile trovare anche siti che consentono lo scambio di beni e servizi con il baratto asincrono (che non avviene contemporaneamente) grazie all'utilizzo di una moneta virtuale. In pratica, è possibile mettere in "vendita" su apposti spazi web un oggetto usato (o nuovo) e ricevere in cambio dei crediti per comprare, sullo stesso sito, altri oggetti usati. 3 Community Rete sociale di individui che, uniti da interessi comuni interagiscono, su internet. L'esempio più forte di community è quello dei social network, ma rappresentano delle community anche i più tradizionali forum di discussione, le chat room e i programmi di messaggistica istantanea, come per esempio Msn Messenger. Le community possono interagire anche con la rete telefonica (WhatsApp). 4 Hashtag Tag (etichetta) usato soprattutto su Twitter. È una parola della frase preceduta dal carattere "#". Per esempio: #risparmioefamiglia. L'hashtag aiuta a rintracciare, filtrare, aggregare e monitorare tutto quello che viene scritto su un determinato tema. Contrassegnando un messaggio con un hashtag, quindi, è possibile coinvolgere più interlocutori nella conversazione in tempo reale. 5 Profilo personale Raccolta di tutte le foto, le notizie e i dati che raccontano la storia dell'utente. Su Facebook il profilo comprende anche il diario, ovvero il luogo in cui è possibile vedere tutti i post in ordine cronologico. I dati e le informazioni del profilo personale possono essere pubblici, quindi visibili a tutti, amici e non, oppure si può decidere di renderli visibili solo agli amici o di nasconderli a tutti. 6 Social Network Piattaforma disponibile sul web che consente all'utente di crearsi una rete di collegamenti sociali per condividere informazioni, foto e video. È sufficiente registrarsi, creare il prorpio profilo e poi è possibile subito entrare in contatto con tutte le persone che sono già presenti reti. Tra i social network più popolari si annoverano Facebook, Linkedin, Twitter, Pinterest e Google Plus 08/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 3 (diffusione:556325, tiratura:710716) La Cancelliera alza il tiro contro Roma e Parigi "Non rispettate le scadenze dovete fare molto di più" ROBIN ALEXANDER E BEAT BALZLI BERLINO. Italia e Francia hanno varato processi di riforme, e il calendario indicato loro dalla Commissione europea è giusto, ma la Commissione ha anche chiarito che quanto Italiae Francia hanno finora realizzato non basta, e io sono d'accordo. Devono fare di più per tradurre le riforme in pratica. È quanto ci dice la Cancelliera Angela Merkel in questa intervista sulla crisi dell´eurozona e sulle grandi tensioni internazionali, a cominciare dalle pressioni economiche di Putin e dal confronto tra Occidente e Russia. Signora Cancelliera, Juncker ha l´idea di non punire subito Francia e Italia per il loro deficit in eccesso. Lei la trova un´idea buona? «La Commissione ha indicato una road map, una tabella di marcia con indicazioni sui tempi entro i quali Francia e Italia devono presentare impegni a ulteriori misure. È una posizione difendibile, perché entrambi i Paesi affrontano davvero un processo di riforme. Ma la Commissione ha anche detto chiaramente che i piani finora presentati dai due Paesi non sono ancora sufficienti. E io concordo appieno con questo giudizio». Ma intanto la congiuntura rallenta anche in Germania: i consumatori tedeschi spendono solo perché a causa dei bassi tassi d´interesse non vale più la pena di investire in risparmi, e allora che fare? «É prima di tutto la situazione davvero molto buona sul nostro mercato del lavoro che noi tedeschi dobbiamo ringraziare per il vigore attuale della nostra domanda interna. In Germania abbiamo tanti occupati quanti mai prima, e anche I lavoratori protetti dalle assicurazioni sociali del welfare non sono mai stati così numerosi. Constatiamo anche un aumento dei salari reali». Eppure la crescita resta spaventosamente modesta, e molti critici dicono che le decisioni della Grosse Koalition - salario minimo, aumento delle pensioni, pedaggio autostradale per gli stranieri in transito - creano ulteriori freni. Non le pare? «A me pare che l´affidabilità sia un bene di alto valore per la politica come per l´economia. Con le nostre decisioni manteniamo la parola data agli elettori. Anche la promessa di non aumentare le tasse. L'anno prossimo, per la prima volta in 46 anni, presenteremo un bilancio senza nuovo indebitamento. È un segnale molto importante, specie per le giovani generazioni». Scusi, non ha risposto alla domanda sulla maggiore spesa previdenziale come freno allo sviluppo... «No, non è così. Traducendo in pratica il Patto di governo della Coalizione, per esempio con l´introduzione del salario minimo o della pensione per le madri casalinghe, abbiamo mantenuto le promesse e creato fiducia e attendibilità. Con la nostra gestione del pubblico bilancio pensiamo al futuro, perché aumentiamo di nuovo gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica e nei grandi progetti di infrastrutture». Ma può non bastare: dal resto d´Europa non vengono impulsi di crescita. Il piano Juncker per 300 miliardi di investimenti le pare una buona idea, un tentativo disperato o cosa? «Quel programma di investimenti si appoggia alla Banca europea degli investimenti, la quale può identificare quali progetti sono sensatie concedere crediti. Al prossimo Consiglio europeo mi batterò per presentare un Libro bianco dei progetti di investimento. Abbiamo bisogno di progetti per l´unità europea nel campo digitale, nelle infrastrutture energetiche, o in grandi progetti per le vie di comunicazione, come facemmo con i progetti per strade e ferrovie per l'unità tedesca dopo il 1990. Devono essere progetti concreti, sostenibili, da poter proporre a investitori privati, per invitarli a investire anche loro». Davvero le sembrano idee sensate, non teme che i programmi per la congiuntura si rivelino fuochi di paglia? «Qui non stiamo parlando di un programma di sostegno alla congiuntura bensì di un programma di investimenti. È innegabile che l´Europa abbia bisogno di investimenti. Il modo in cuii fondi europei sono stati utilizzati nei nuovi Bundesländer (ndr Germania Est) o in Polonia per realizzare infrastrutture è stato un modo molto sensato. Per questo giudico altrettanto importante creare condizioni favorevoli agli investimenti, "investment-friendly", in Europa. Per esempio riducendo la burocrazia, come il presidente Juncker ha ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 27 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista Angela Merkel: "Il calendario indicato dalla Commissione è giusto, ma quei Paesi non lo stanno seguendo nella pratica. Non è vero che facciamo poco per la crescita" 08/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 3 (diffusione:556325, tiratura:710716) ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 28 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato proposto. Nell´economia digitale poi deve essere creato uno spazio giuridico di certezza del diritto, tale da far sì che in Europa diventi possibile creare ricchezza con l´economia digitale non meno di quanto oggi è già possibile in America o in Asia». Intanto affrontiamo il confronto con la Russia: lei ha detto che Putin potrebbe prendere di mira i Paesi occidentali dei Balcani. Come è arrivata a tale conclusione? «Moldavia, Georgia e Ucraina, tre nostri vicini orientali, hanno firmato a seguito di loro scelte sovrane accordi di associazione con l´Unione europea. La Russia si prepara a creare difficoltà a questi tre paesi. La Moldavia soffre da anni per il conflitto in Transnistria; abbiamo compiuto molti tentativi per giungere a una distensione, finora purtroppo invano. La Georgia soffre per il conflitto nell´Ossezia del Sud e in Abkhazia. L'Ucraina ha subito l'annessione della Crimea e i combattimenti nell´Est del suo territorio sovrano. E soprattutto, vediamo che la Russia cerca di creare situazioni di dipendenza economica e politica in alcuni paesi dei Balcani occidentali». Perché non parla di Estonia, Lettonia e Lituania, ex territorio occupato dall´Urss e oggi membri di Nato e Ue? « Già durante la mia recente visita in Lettonia ho detto che il dovere di starea fianco degli all e ati nella Nato vale a favore e in difesa di ogni paese della Nato, dunque anche per Estonia , Lettonia e Lituania,e anche per la Polonia. Allo stesso tempomi sono impegnata contro una denuncia degli accordi Nato-Russia, per tenere aperto il dialogo con la Russia». copyright Welt am Sonntag Foto: NOI SIAMO AFFIDABILI Foto: Noi dimostriamo che l'affidabilità è un alto valore sia per la politica che per l'economia Foto: NON AIUTI MA INVESTIMENTI Foto: Bene il piano Juncker sugli investimenti: di questo abbiamo bisogno in Europa, non di aiuti alla congiuntura Foto: LA RUSSIA CREA DIFFICOLTÀ Foto: La Russia si prepara a creare difficoltà a Moldavia, Georgia e Ucraina, che hanno scelto di fare accordi con la Ue 08/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 19,22 (diffusione:309253, tiratura:418328) "Addio spot e raccolte punti Si cresce solo con la qualità" *** Mario Gasbarrino, ad di Unes: "Abbiamo tagliato su volantini e imballaggi Ma lo standard dei prodotti è alto: il fatturato sale e i prezzi restano bassi" Oggi il consumatore decide che cosa acquistare soltanto davanti allo scaffale PAOLA GUABELLO MILANO "La nostra Unes tutta italiana e coi prezzi più bassi" L'AD GASBARRINO Abbiamo deciso di non confondere il consumatore con offerte, punti e promozioni Da noi si trovano semplicità e convenienza RISTRUTTURAZIONE Abbiamo investito 220 milioni per rifare gli spazi e offrire nuovi servizi dal wi-fi gratuito agli armadietti per la ricarica dei cellulari alla cassa PAOLA GUABELLO Mario Gasbarrino, amministratore delegato di Unes Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi»: dal Gattopardo di Tomasi di Lampedusa a U2, la catena di supermercati che fa capo al gruppo Finiper (marchi Unes e Iper). Unes è al 100% italiana e U2 ne è un sottomarchio con la peculiarità che non realizza promozioni, non stampa o distribuisce volantini, non ha un programma di fidelizzazioni con tessere punti. La catena Unes che Marco Brunelli, «padre» della moderna distribuzione col gruppo Finiper, ha acquisito nel 2002 (oggi presente con 200 punti vendita in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna) è tornata con U2 ai tempi in cui non c'erano le offerte «tre per due» e le carte magnetiche con le quali registrare punti fedeltà e ottenere sconti. E grazie a questa formula, mantenendo il numero di negozi stabile, ha fatto crescere i fatturati. Mario Gasbarrino, 61 anni, ad di Unes spiega cosa è successo nel 2006, al suo ingresso in azienda. «Sono entrato alla Unes dopo 18 anni di esperienza maturati nella grande distribuzione. Le scelte degli ultimi anni confermavano una direzione sbagliata: i fatturati dal 2004 erano in perdita quando il mondo ancora non era entrato in piena crisi. Occorreva perciò una rivoluzione copernicana per frenare il declino. Per 7 giorni mi sono chiuso in ufficio alla ricerca di una nuova strategia. Abbiamo iniziato dalle piccole cose, riportando il cliente al centro dell'attenzione. Siamo partiti dalle etichette negli scaffali. Troppe indicazioni confondevano il consumatore: nome del prodotto e prezzo era quello serviva, semplicità e convenienza». Quali erano gli scogli da superare? «Il sistema è in una fase di maturità. Da 11 anni le vendite non crescono e la debolezza viene anche dal "nanismo" italiano, che in questo settore raggiunge l'apice. Tanti e piccoli. Negli standard europei i primi 3 gruppi totalizzano una media del 55% del fatturato globale della Gdo. In Italia, dove il business tocca i 95 miliardi di euro, si arriva al 35%. Abbiamo oltre 200 insegne e mentre dalla politica alle associazioni noi ci facevamo la guerra, i grandi gruppi stranieri sono arrivati in Italia. Se pensiamo che il nostro Paese fa del cibo un suo punto di forza, è tremendo constatare che non abbiamo saputo sfruttare questa peculiarità». Cosa stava cambiando? «In questo scenario avevano avuto buon gioco i discount, nati in sordina con la complicità della crisi. Ma deve essere chiaro un concetto: la sofferenza del settore arrivava da lontano, il mondo e il cliente stavano cambiando grazie a una stupefacente confluenza di fattori socioeconomici: il potere d'acquisto scendeva mentre aumentava l'indebitamento delle famiglie; il pessimismo era nell'aria, la popolazione invecchiava e consumava meno. Erano in aumento le coppie senza figli, gli stranieri che compravano cose diverse e gli stili di vita inducevano a mangiare meno. Non ultimo, il telefonino e i viaggi avevano preso il posto del cibo come status symbol. La realtà oggi è questa, cui va aggiunta la scarsa possibilità di innovazione del settore». Com'è il cliente del 2014? «Abbiamo a che fare con un consumatore che decide dove, quanto e cosa comprare, e spesso lo fa davanti allo scaffale. La pubblicità non influisce più come una volta e non bastano le raccolte punti per tenerlo fedele perché spesso insegue gli sconti. Il distributore intanto è rimasto lo stesso, sa che dovrebbe cambiare ma non ha il coraggio di farlo pur sapendo che ci sono nuovi competitor. Se il supermercato ha "ammazzato" le botteghe, a sua volta è stato frenato dagli iper dove si trova dal televisore al biscotto fino all'abbigliamento. Poi sono arrivati i grandi "category killer" (dai prodotti tecnologici allo sport). Ora ci sono anche i "piccoli category killer" specializzati, che stanno ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 29 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA tutto SOLDI LAVORO IN CORSO /SUPERMERCATI 08/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 19,22 (diffusione:309253, tiratura:418328) ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 30 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato minando il sistema e avanzano nuove modalità di acquisto, dall'e-commerce al produttore che vende on line ». Cosa ha fatto Unes? «Ha cercato di immaginare il futuro pensando che i prossimi anni saranno caratterizzati da scarse risorse e da tre concetti: la gente avrà sempre meno tempo, meno soldi, e risorse ambientali in esaurimento. Abbiamo puntato su un nuovo stile di vita a marchio U2: "low-cost/high value" eliminando il cliente di serie A e B, come ci hanno insegnato Ikea e Zara, per esempio. Oggi un prodotto deve essere smart, democratico. Non più classista e umiliante. Ma per fare questo occorreva una "cura dimagrante", scendere di costi raggiungendo il discount e aumentare il servizio mantenendo la qualità. Così abbiamo eliminato le promozioni e abbassato stabilmente i prezzi con l'obiettivo di aiutare il consumatore a risparmiare in modo costante. In altre parole tolto il superfluo e dato risalto all'essenziale». In che modo? «Oltre alle promozioni, U2 non ha raccolte punti. Non stampa e distribuisce volantini (30 milioni di pezzi in meno, pari a 780 tonnellate di carta da smaltire). Abbiamo ridotto gli imballaggi inutili (la nostra acqua minerale non è "incartata" con un risparmio su base annua di circa 400 camion di plastica e l'energia necessaria a smaltirla) e utilizziamo i banchi per la vendita ortofrutta sfusa che evitano le vaschette. Siamo stati i primi a introdurre i sacchetti biodegradabili e le borse riutilizzabili riducendo il consumo dei sacchetti usa e getta di circa il 35%. Le ante frigo di chiusura per i prodotti freschi, luci intelligenti a basso consumo energetico. Tutte cose che pesavano sul costo dei prodotti. Un'altra cosa che funziona sono i prodotti a marchio privato, i nostri per intenderci, che rappresentano una quota del 38%, il doppio della media italiana. Su questi abbiamo abbassato i prezzi mantenendo alta la qualità e un packaging elegante. Il cliente torna a comprare solo se è soddisfatto». E oltre al prezzo che cosa offrite? «Un'attenzione maniacale al cliente. In questi giorni, primi in Italia, offriamo il collegamento wi-fi gratuito. Stiamo mettendo anche degli "armadietti" alle casse dove ricaricare i cellulari mentre si fa la spesa. Sono piccole attenzioni che pagano meglio delle promozioni. Altro elemento importante? In questi anni abbiamo investito 220 milioni di euro, l'80% dei nostri investimenti, nella ristrutturazione dei nostri spazi. Molti dei quali li abbiamo trasformati in U2. Non locali nuovi ma l'esistente adattato alle nuove necessità salvaguardando il territorio». Il suo incontro con Mario Brunelli? «E' stato un incontro felice. È un uomo fuori dal normale, un fuoriclasse. Per quanto riguarda velocità di pensiero e modernità, non lo batte nessuno. Del resto la sua visione vincente e la sua storia parlano per lui». Marchio privato e prezzi convenienti I prodotti a marchio privato Unes, venduti sugli scaffali della stessa Unes, rappresentano una quota del 38% del totale venduto, il doppio della media italiana.Per 4 anni consecutivi (2011-2014) U2 è la catena più conveniente d'Italia, con un punteggio di 100 secondo le ultime rilevazioni di Altroconsumo 200 punti vendita La catena di supermercati Unes, al 100% italiana, oggi è presente in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna 220 milioni Il valore degli investimenti per la ristrutturazione degli spazi Unes, che offrono anche la connessione internet gratuita I numeri 2002 300 Le unità aperte in Lombardia, Piemonte, Emilia romagna L'anno di acquisizione da parte di Finiper dei supermercati Unes Il fatturato del 2013 888 milioni Holding Finiper di Marco Brunelli 77% - LA STAMPA I dipendenti 2.500 La crescita complessiva dal 2006 a oggi Gli anni consecutivi in cui U2 è risultata la catena di supermercati più conveniente d'Italia Foto: Mario Gasbarrino Ad di Unes, è entrato nel gruppo nel 2006 e ha creato la catena U2 Le ispirazioni «Abbiamo eliminato il cliente di serie A o B, come ci hanno insegnato a fare Ikea o Zara. I prodotti sono democratici: prezzi bassi ma valore alto» La crisi della Grande Distribuzione «La sofferenza del nostro settore arriva da lontano: il potere d'acquisto scende. Il supermercato ha ucciso le botteghe? A sua volta è stato frenato da iper e discount» 08/12/2014 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:210842, tiratura:295190) Privacy e fisco nodi irrisolti del web Francesco Grillo «Così come noi non tollereremo mai più un Re che si impossessi del potere politico, nella stessa misura non potremo mai tollerare che si affermi un Re che controlli la produzione, il trasporto o la vendita di uno qualsiasi dei beni necessari per il funzionamento della nostra società e la vita delle persone». Furono queste le parole con le quali, nel 1911, il senatore americano John Sherman chiuse il discorso con il quale propose di spezzare in trentaquattro diverse compagnie la Standard Oil, che in quel tempo dominava il settore petrolifero. Da quella iniziativa nacque la prima legge che si è proposta di combattere i monopoli. Soprattutto nacque l'idea - proprio negli Stati Uniti - che il mercato lasciato solo a se stesso genera mostri che finiscono con lo strozzarne la sua stessa capacità di produrre valore. È passato esattamente un secolo e le vicende che riguardano, soprattutto ma non solo, i giganti di Internet ripropongono il problema in una dimensione del tutto nuova. Come misuro concetti come quello di "posizione dominante" in un'epoca nella quale i valori economici non sono più quelli usati per valutare imprese e settori prima che arrivasse la "rete"? Dove tasso imprese che per definizione - producono, trasportano e vendono in un luogo che è virtuale e non è legato a uno specifico territorio? Chi fa da interlocutore di aziende globali, laddove gli Stati su scala internazionale hanno prodotto finora organizzazioni che sembrano sempre più paralizzate dalle mediazioni? Continua a pag. 20 segue dalla prima pagina L'editoriale dell' Economist di questa settimana - dopo aver doverosamente precisato che nel consiglio di amministrazione dell'azienda che controlla il giornale siede Eric Schmidt, amministratore delegato di Google - arriva alla conclusione che non c'è ancora una ricetta magica per risolvere quello che è il più grande dei problemi dei nostri tempi. Il più grande dei problemi perché la virtualizzazione dell'economia - passaggio ulteriore rispetto alla sua globalizzazione - rischia di rendere complicate alcune delle funzioni minime che giustificano l'esistenza di uno Stato. E di creare un sbilanciamento tra mercati e governi che farà male ad entrambi. Misurati con la metrica con la quale normalmente definisco i monopoli, i colossi di Internet sono molto meno grandi di quanto non immaginiamo. L'unica fonte di reddito per Google, Facebook e Twitter (Apple è un animale di tipo diverso perché vende hardware) è la pubblicità online. La quota del mercato della pubblicità online che essi (ed in particolar modo Google) detengono è sicuramente elevata: circa la metà del totale mondiale. Ma questo mercato vale, comunque, "appena" 110 miliardi di dollari nel 2013. Per capirci un'impresa tradizionale come Wal-Mart incassa, da sola, ogni anno quattro volte di più di tutte le imprese che operano nel settore delle inserzioni digitali messe insieme (e dieci volte più di Google). Ed esse, del resto, vendono molto di meno delle imprese che operano nel mercato (molto più frammentato) della pubblicità non digitale (400 miliardi di dollari). Sembra che il mondo digitale abbia una tendenza molto più spiccata di quello fisico alla creazione di monopoli per effetto della legge dei network: a parità di altre condizioni il valore di aderire ad una rete aumenta quanto più ne aumentano il numero degli utenti e, dunque, le reti se crescono lo fanno in maniera esponenziale eliminando le altre. Ma alla fine, i giganti di Internet sono ancora stelle nane se messi a confronto, ad esempio, con le eredi della Standard Oil. Il ragionamento si rovescia se, invece di parlare di vendite e utili, osserviamo le quotazioni nei mercati azionari. Le tre stelle di San Francisco valgono quasi 600 miliardi di dollari e impiegano, complessivamente, 65.000 dipendenti. Per avere un'idea delle proporzioni, la nuova Fca (Fiat Chrysler vale 14 miliardi di euro (trenta volte di meno) con un numero di dipendenti (220.000) tre volte più elevato. La spiegazione del paradosso sta tutta nel potere che rende grandi le gazzelle della rete: il possesso dei canali attraverso i quali l'informazione che è potere si trasmette e degli enormi archivi nei quali essa si sta accumulando. Ed è qui che il senatore Sherman si preoccuperebbe assai, se fosse vivo. È una posizione dominante quella delle imprese che ogni giorno ospitano i contenuti prodotti da più di un miliardo di persone. E i loro segreti (personali e professionali). Anche se più vulnerabile di quella dei monopolisti della rivoluzione industriale. E meritata perché poche imprese investono sistematicamente un terzo dei ricavi in ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 31 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato I giganti digitali 08/12/2014 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:210842, tiratura:295190) ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 32 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ricerca e gli ingegneri di Palo Alto sono posseduti dal demone dell'innovazione. Tuttavia non abbiamo ancora inventato ancora un modo per dare valore economico al vantaggio che a San Francisco hanno costruito. Anche se i mercati finanziari del mondo scommettono che, prima o poi, un modo per tradurre la posizione dominante in ricavi e dividendi per gli azionisti sarà trovato. Il problema che il nuovo mondo di Internet pone non è, dunque - tecnicamente - quello del monopolio. La questione maledettamente seria è quella della protezione dei dati personali che rischia - come ammette lo stesso Schmidt - di diventare un pericolosissimo boomerang per imprese che hanno nei dati a loro disposizione, contemporaneamente, una possibilità che nessuno prima ha mai avuto. Ma anche il vaso di Pandora dal quale potrebbe uscire una crisi di credibilità in grado di travolgerle. Sbaglia la Commissione Europea, dunque, ad usare l'arma dell'antitrust nei confronti di chi sta creando un mondo nuovo. Farebbe bene, invece, a proporre al presidente Obama di inserire nel Transtatlantic Trade Partnership Agreement un meccanismo che assicuri che la tutela della privacy sia totale, a meno che un individuo non disponga diversamente. Che sia garantito a tutti l'accesso a quello che è un servizio pubblico essenziale (come Obama chiede) e che chiunque gestisca il "trasporto" e la "custodia" dei dati ne risponda negli Stati nei quali opera. E ciò porta anche alla questione della tassazione. La separazione tra mondo virtuale e mondo reale non può giustificare la consapevole ricerca di schemi elusivi. Né tanto meno basta ricordare che siamo "capitalisti": come dimostra l'annuncio da parte del ministro dell'Economia di un Paese come l'Inghilterra e di un partito come quello conservatore, di tassare al 25% i profitti che le imprese Internet realizzano in Gran Bretagna. Se è vero che siamo in un mondo nuovo, non è possibile che i suoi protagonisti si aggrappino, per difendersi, a trattati fiscali pensati per un'era nella quale le imprese erano fabbriche tassate dove avevano i capannoni. Ciò che rende così forti imprese relativamente piccole e straordinariamente intelligenti, è il numero di persone che usano le loro autostrade per scambiarsi informazioni, costruire relazioni d'affari e, magari, anche amicizie vere. La tassazione e il governo di questo fenomeno va fatta nei Paesi nei quali vivono gli utenti che ne giustificano l'esistenza. Almeno fino a quando non avremo inventato un governo mondiale che appare ancora lontano. In fin dei conti, all'inizio di questa avventura collettiva c'è stata l'idea di non essere mai dalla parte del male (don't be evil come dice il motto della più grande delle imprese di Internet). La crisi di maturità dell'economia globale è tutta nell'esigenza di dare a quella visione, strumenti concreti che impediscano a qualcuno di cedere ad una tentazione che può essere pericolosa per tutti. 06/12/2014 ItaliaOggi Pag. 1 (diffusione:88538, tiratura:156000) Loison sceglie clienti e chef come testimonial sul web CLAUDIA CERVINI Cervini pag. 17 Loison sceglie clienti e chef come testimonial sul web Dopo aver portato il panettone sugli scaffali di Waitrose in Gran Bretagna e di Stockmann in Finlandia ed essere approdato negli hotel stellati come il Burj Al Arab di Dubai (con panettoni da mezzo chilo offerti agli ospiti come petit cadeu) Dario Loison, patron dell'omonima azienda dolciaria di Vicenza specializzata dal 1938 in panettoni gourmet dolci e salati, continua a valorizzare la distribuzione italiana e soprattutto estera. Lo fa eleggendo, questa volta, il cliente a testimonial all'interno della cornice Ambasciatori Loison, una vetrina sui portali web (www. insolitopanettone.com e www.loison.com) per le boutique d'élite, gli chef e i clienti del marchio. Inoltre organizza eventi e degustazioni in Canada, Gran Bretagna, Giappone anche per quei distributori che sono il fi ore all'occhiello della rete tra cui figurano Kaefer a München in Germania, le boutique parigine Fauchon e Hediard, Hankyu a Tokyo, City Super e Great Gourmet a Hong Kong e Shanghai, Myer's in Australia, Top's Gourmet in Thailandia. Una strategia di marketing sapiente in un momento in cui vendere all'estero per una realtà di nicchia è sempre più importante. La pmi glocal è infatti presente in oltre 50 paesi del mondo e l'export pesa per il 50% sui ricavi («6,5 milioni nel 2013 che, secondo le previsioni diventeranno 7 a fi ne 2014», spiega Loison). «Le nostre vendite all'estero sono frutto di un ottimo inglese parlato da quando avevo diciotto anni, da una propensione al nuovo, al confronto, al fare assieme. Il risultato è la velocità nel capire il cliente offrendogli risposte concrete, fatto che ci ha permesso di sviluppare, sin dal mio rientro a casa nel 92, le prime vendite all'estero», racconta il patron del panettone. «Nel lontano 96, grazie a internet abbiamo completamente disintermediato il contatto con il cliente all'insegna di trasparenza, effi cacia e velocità. Ciò ci ha dato un vantaggio competitivo unico che ancora oggi ci premia dell'alta qualità percepita del nostro prodotto e dall'alta immagine che ci riconoscono i nostri importatori». Del resto c'era da aspettarselo dal patron Dario Loison, classe 1962, terza generazione dell'omonima piccola azienda dolciaria artigianale, familiare, di Costabissara (Vicenza). L'imprenditore sull'informatica, sull'utilizzo del web, sull'uso corrente dell'inglese ha impostato il suo modello di business innovativo per dare un futuro alla sua produzione golosa d'artigianato. Non a caso nel 2014 la pmi gourmet è stata scelta da Google come azienda modello per lo sviluppo attraverso il web e le tecnologie digitali grazie ai Tutorship offerti su www.eccellenzeindigitale.it. Per fare qualche esempio della produzione golosa una novità assoluta in vista del Natale 2014 è il panettone liquirizia e zafferano, «una grande innovazione che chef di rango stanno utilizzando nei loro menù e che ci rallegra molto», specifi ca Loison. Il coinvolgimento di chef di prima linea non è un caso. Coniugare l'innovazione di prodotto (i cannelloni con panettone, la faraona con salsa e panettone al cioccolato, i cipollotti caramellati su bruschetta di panettone) con il megafono della gastronomia stellata è diventato per Loison una vera e propria strategia a sostegno della distribuzione. Sia con l'ingresso del panettone nei menù di hotel rinomati, dal Savoy di Firenze al siciliano Verdura Golf & Spa Resort, sia per mano degli chef che, chiamati a raccolta dall'azienda per realizzare eventi dedicati, diventano ambasciatori di marchio e prodotto. Anche a questo scopo è stato recentemente rinnovato il portale, che da blog è diventato magazine, in cui trovano spazio gli chef che collaborano con il marchio, le ricette dei blogger e degli utenti, il Museo e la Biblioteca dell'impresa dolciaria di Vicenza. Il sito, chiamato Insolito Panettone, si presenta infatti come una vetrina dedicata alla cucina, grazie alla presenza di chef, tra cui per esempio Peter Brunel, che da anni collaborano con Loison progettando ex novo ricette a base di panettone come base di primi e secondi piatti. All'interno del sito web non mancano sezioni dedicate al Museo e alla Biblioteca Loison: Il numero uno della casa dolciaria ha infatti raccolto, negli ultimi anni, varie testimonianze sul mondo del panettone, che spaziano da un archivio storico di cartoline a oggetti d'antiquariato fi no a libri sulla storia della panifi cazione e della pasticceria. © Riproduzione riservata ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 33 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato MARKETING 06/12/2014 ItaliaOggi Pag. 1 (diffusione:88538, tiratura:156000) ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 34 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Foto: Da sinistra, Dario Loison e una confezione del marchio. Sopra, Fauchon a Parigi e l'hotel Burj Al Arab di Dubai 06/12/2014 ItaliaOggi Pag. 25 (diffusione:88538, tiratura:156000) Altri 150 mln a chi opera nell'Ict Finanziati progetti tra 5 e 40 mln di euro proposti da pmi CINZIA DE STEFANIS Adisposizione delle società e delle start-up innovative 150 mln di euro per la promozione di grandi progetti di ricerca e sviluppo nel settore tecnologie dell'informazione e della comunicazione elettronica (Ict).I progetti ammissibili ad agevolazione dovranno prevedere la realizzazione nel territorio italiano di attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale, strettamente connesse tra di loro in relazione all'obiettivo prefi ssosi. La fi nalità del progetto sarà quella di realizzare nuovi prodotti, processi o servizi o di migliorare prodotti o processi o servizi esistenti, tramite lo sviluppo delle tecnologie abilitanti fondamentali e con adeguate e concrete ricadute sui settori applicativi. Potranno benefi ciare delle agevolazioni le pmi anche artigiane, le imprese agroindustriali che svolgono prevalentemente attività industriale, i centri di ricerca con personalità giuridica e le start-up innovative. Tutto ciò lo prevede il decreto ministeriale 15 ottobre 2014 (pubblicato nella Gazzetta Uffi ciale del 4 dicembre 2014 n. 282) che ha lo scopo di sostenere progetti in grado di esercitare un signifi cativo impatto sullo sviluppo del sistema produttivo e dell'economia del paese, grazie a un mercato digitale unico basato su internet veloce e superveloce e su applicazioni interoperabili e sviluppando specifi che tecnologie abilitanti, nell'ambito di quelle defi nite dal programma quadro comunitario «orizzonte 2020», con adeguate e concrete ricadute su determinati settori applicativi. Il nuovo bando segue a un primo stanziamento da 300 mln sulla misura (si veda ItaliaOggi del 26/2014), per accedere ai quali bisognava inoltrare domanda dal 30 settembre scorso. Ma questi fondi sono andati esauriti in due giorni,a causa dell'alto numero di domande. Ora, per la piena operatività della misura bisognerà attendere l'emanazione da parte del direttore generale per gli incentivi alle imprese del MiSe di un altro provvedimento col quale saranno defi niti lo schema dell'istanza preliminare di accesso alle agevolazione, comunicate le modalità di applicazione dei criteri di valutazione indicate nel bando e stabiliti i termini per la presentazione dell'istanza. I soggetti, alla data di presentazione della domanda, fermi restando i requisiti di legge relativi alle start-up innovative, devono essere costituiti in forma societaria e iscritti al registro imprese. Le imprese non residenti nel territorio italiano devono essere costituite secondo norme di diritto civile e commerciale vigenti nello stato di residenza e iscritte nel relativo registro imprese, essere nel pieno e libero esercizio dei propri diritti, non essere in liquidazione volontaria e non essere sottoposti a procedure concorsuali, trovarsi in regime di contabilità ordinaria e disporre di almeno due bilanci approvati, non essere stati destinatari, nei tre anni precedenti la data di presentazione della domanda, di provvedimenti di revoca totale di agevolazioni concesse dal MiSe, a eccezione di quelli derivanti da rinunce, essere in regola con la restituzione di somme dovute in relazione a provvedimenti di revoca e non trovarsi in condizioni tali da risultare impresa in diffi coltà. Le novità dell'intervento Agenda digitale in fatto di ricerca e sviluppo Ict Fondo crescita sostenibile Fondo crescita sostenibile Al via un intervento per la promozione di grandi progetti di ricerca e sviluppo nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione elettroniche (Ict). Ammontare fi nanziamenti A disposizione delle società e delle start-up innovative 150 milioni di euro. Ai fi ni dell'ammissibilità alle agevolazioni i progetti di ricerca e sviluppo dovranno prevedere spese ammissibili non inferiori a 5 milioni di euro e non superiori a 40 milioni di euro. Dovranno essere avviati successivamente alla presentazione della domanda di agevolazioni, comunque, pena la revoca, non oltre tre mesi dalla data del decreto di concessione. Spese ammissibili Sono ammissibili alle agevolazioni le spese e i costi relativi a: il personale dipendente del soggetto proponente o in rapporto di collaborazione • con contratto a progetto, con contratto di somministrazione di lavoro, ovvero titolare di specifi co assegno di ricerca; gli strumenti e le attrezzature di nuova fabbricazione, nella misura e per il periodo • in cui sono utilizzati per il progetto di ricerca e sviluppo; i servizi di consulenza e gli altri servizi utilizzati per l'attività del progetto di • ricerca e sviluppo, inclusa l'acquisizione o l'ottenimento in licenza dei risultati di ricerca, dei brevetti e del know how, tramite una ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 35 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il nuovo bando (del Mise) segue a un primo stanziamento da 300 mln polverizzato in 2 giorni 06/12/2014 ItaliaOggi Pag. 25 (diffusione:88538, tiratura:156000) ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 36 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato transazione effettuata alle normali condizioni di mercato; le spese generali derivanti direttamente dal progetto di ricerca e sviluppo, • imputate con calcolo pro rata sulla base del rapporto tra il valore complessivo delle spese generali e il valore complessivo delle spese del personale dell'impresa; i materiali utilizzati per lo svolgimento del progetto. • Foto: Il decreto sul sito www.italiaoggi.it/documenti 08/12/2014 Corriere Adriatico - Macerata Pag. 1.53 (diffusione:18490, tiratura:24149) Ome diceva Pennac, perchè i giovani imparino a leggere, sviluppino fantasia e amino i libri, bisogna abituarli ad amare le storie, quindicominciare a leggergliele sin da piccolissimi. Per questo forse le fiabe della buonanotte ci sono sempre state e hanno un loro senso, non solo nel rapporto affettivo genitori figli, che, se si comincia, come... Continuaa pagina9 segue dalla prima PAOLO PETRONI ... ognuno sa, non vorrebbero smettere più. Così un genitore su tre (il 37% per la precisione) legge favole perchè proprio il bambino a chiederlo. Uno dei dati che emergono da un'indagine qualitativa Doxa Kids presentata a "Più libri più liberi", al convegno L'App della buonanotte a cura dell'Aie - Associazione Italiana Editori, in cui si rileva che in grandissima maggioranza a vincere sono i libri di carta e illustrati, ma che c'è oggi un margine anche per le nuove tecnologie. Alla Fiera ai più piccoli è dedicata molta attenzione, del resto, con angoli per laboratori, letture e inviti alla lettura, e tanti gli stand degli editori specializzati, spesso di alta qualità, da Topipittori a Orecchio Acerbo, mentre La Emos audiolibri non si scorda di loro e l'ultima cosa prodotta è la lettura del Libro della Giungla di Kipling letto da Pino Insegno. I dati Nielsen dimostrano poi che il peso dei libri per bambini e ragazzi nel complesso dell'editoria generale raggiunge ormai il 20,5% del totale delle copie vendute e si avvicina sempre di più al segmento della fiction straniera (che è il genere più venduto col 26,1%). Se si guarda solo ai piccoli e medi editori invece i libri per bambini sono il 18,3% e lo strumento privilegiato per leggere o raccontare storie, per 8 mamme su 10 (il 79% secondo la ricerca) e per 6 papà su 10 (il 59%), è il libro di carta. Subito dopo, ma a netta distanza (solo il 7% del campione lo ha indicato) si usano dvd e App su tablet o smartphone (5%). Sia mamma che papà spiegano di raccontare le favole ai figli per aiutarli a sviluppare le capacità e il linguaggio, ma per le mamme raccontare una favola al bimbo equivale soprattutto passare del tempo di qualità con lui o lei. La mancanza di tempo il motivo principale per cui i genitori non raccontano o leggono storie al proprio figlio. E sono i papà a citare più spesso questo motivo. La ricerca Doxa Kids ci dice anche che il rapporto con la tecnologia si sta consolidando anche nelle famiglie con bambini piccoli: il 14% della famiglie italiane di 5-13nni possiede un tablet, l'82% lo fa usare al figlio (in media 4 volte alla settimana e per sessioni medie di un'ora). E Giovanni Peresson, responsabile dell'Ufficio studi Aie, nota che, «stando ai dati Audiweb, i tablet presenti nelle famiglie con bambini 5-13anni nel novembre 2012 erano solo il 5% e sono passati nel giugno 2014 al 30%. Questo apre uno scenario in prospettiva nuovo e da conquistare per le app editoriali che non siano semplicemente dei giochi o delle proposte didattiche». © RIPRODUZIONE RISERVATA ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 37 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Tanta voglia di favole 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 28 (diffusione:581000) IN AMERICA GLI AFFARI ONLINE NEL "GIORNO PIÙ LUNGO" DELL' E-COMMERCE SONO SCESI DELL'11% RISPETTO AL 2013, NEL NOSTRO PAESE INVECE SI REGISTRA UN INCREMENTO FINO AL 70%: È UNA QUESTIONE DI MATURITÀ DEI MERCATI, DICONO PERÒ GLI OPERATORI Gabriele Di Matteo Il miglior indicatore per prevedere i consumi del Natale è l'andamento del Black Friday e del Cyber Monday, la doppia orgia di sconti dopo il Thanksgiving (133,7 milioni di americani nei negozi e online), emigrata ora la seconda - in Europa. Quest'anno a sorpresa sul mercato Usa le vendite sono calate dell'11% e non è riuscito il miracolo di portare i bilanci dal rosso al nero da cui il nome. Ma in Italia è boom: «Abbiamo avuto un +70% negli acquisti», dice Paolo Ainio, presidente di Banzai che controlla diversi siti di shopping online. «Si spiega con il fatto che in America la quota dell'e-commerce è già significativa con oltre il 10% del retail . In Italia viviamo il fenomeno con ritardo di 8-10 anni e la crescita è del 16-17% superiore ai mercati maturi». Il calo americano (gli affari sono scesi a 50,9 miliardi di dollari dai 57,4 del 2013) però sorprende. In parte si spiega perché i cacciatori di sconti online sono in azione tutto l'anno e non aspettano il Thanksgiving. Le reti tv hanno aperto con l'aumento inquietante delle armi in saldo (una pistola ogni tre secondi nei giorni cruciali), o hanno trasmesso l'assalto agli scaffali di Macys, WalMart, Best Buy per un TV Hd da 50" a 199 dollari, o ancora il tiro alla fune per accaparrarsi aspirapolvere a metà prezzo. Ma la National Retail Federation calcola che nel 2007 il 50% degli americani era in benessere, oggi lo è il 37%. E c'è spazio per iniziative di marketing: i consumatori hanno ricevuto sugli smartphone dei Vine promozionali, i micro filmati da sei secondi di Twitter. Grazie ai Vine, la catena Loew's è andata benissimo. C'è poi la novità, arrivata in Italia con l'accordo Amazon-Poste e altre iniziative, del ritiro della merce presso chioschi, i locker , che permettono di ritirarla grazie a un QR Code che si riceve sul telefonino al momento dell'acquisto. Spiega Stefano Moni, ad della Integer: «Oltre ad offrire un comodo servizio gratuito, hanno basso impatto ambientale perché ottimizzano i percorsi dei furgoni e possono creare posti di lavoro». Foto: Il Ceo di Banzai, Paolo Ainio : il gruppo controlla vari portali di ecommerce e ora ha fatto richiesta di quotazione in Borsa ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 38 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Ciber Monday a sorpresa male gli Usa, bene l'Italia 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 1.25 (diffusione:581000) Buhlmann: " Pubblicità una crescita limitata al digitale" * Giorgio Lonardi Buhlmann: "Pubblicità una crescita limitata al digitale a pagina 25 Jerry Buhlmann è uno dei top manager più importanti nel mondo dell'advertising. Inglese, 52 anni, è stato uno dei protagonisti dell'acquisizione del gruppo Aegis da parte dei giapponesi di Dentsu. E ora è uno dei due Ceo non giapponesi del colosso della comunicazione Dentsu Aegis Network, quarto gruppo al mondo per investimenti gestiti e terzo in Europa: un impero che spazia dai centri media come Carat e Vizeum, che gestiscono i budget pubblicitari delle corporation globali, ai brand della comunicazione digitale quali iProspect e Isobar. L'abbiamo intervistato a Milano. Sono passati 18 mesi dall'acquisizione del Gruppo Aegis da parte di Dentsu: come sta procedendo l'integrazione fra queste due realtà così diverse? «Stiamo parlando della più grande acquisizione nella storia della pubblicità. La sede di Dentsu Aegis Network è a Londra, non in Giappone. Così come è sempre a Londra che hanno sede i brand del gruppo: Carat, Vizeum, iProspect, Isobar, Posterscope. L'obiettivo di questa operazione, lanciata nel 2014, è stato la creazione di una piattaforma in grado di accelerare la crescita, in un'ottica si stabilità e continuità». Qual è il bilancio della fusione? «I risultati ci stanno dando ragione: oggi cresciamo ad un ritmo superiore al 10% mentre il nostro principale competitor è al 3,3%. Senza contare, che nel corso del 2014, abbiamo effettuato ben 34 acquisizioni». E' stato difficile mettere assieme due culture così differenti come quella giapponese e quella europea? «Anche la cultura francese e quella inglese sono molto differenti fra loro eppure lavoriamo assieme senza problemi. All'interno di Dentsu Aegis Network abbiamo sempre avuto una visione comune del business e questo ci ha favorito al momento della fusione. Il gruppo ha un modello operativo unico basato su un pacchetto robusto di valori condivisi. Senza citarli tutti, vorrei ricordare che puntiamo sull'agilità, che ci permette di essere rapidi e flessibili nell'intercettare i bisogni dei clienti, e sull'ambizione di presentarci come battistrada, culturalmente curiosi di quanto avviene attorno a noi. Così come siamo fieri di essere innovativi, pionieri vogliosi di scoprire le nuove frontiere della comunicazione». Qual è la strategia di medio lungo periodo di Dentsu Aegis Network? «Vogliamo innovare il modo in cui si costruiscono i brand, aggiungendo valore ai brand stessi in modo migliore e distintivo rispetto agli altri. Stiamo puntando sul digitale che oggi copre il 43% dei nostri ricavi e che, entro due anni, raggiungerà il 50%. Per noi è importante aggiungere valore ai brand con una strategia cooordinata, con un modello operativo comune a tutti i marchi del gruppo». Ci può fare un esempio? «I nostri brand agiscono assieme per una consulenza integrata. Facciamo un esempio di convergenza. Vedo il messaggio di un brand alla tv, sono incuriosito e cerco sull'Ipad il sito del brand, che è ottimizzato per l'Ipad stesso con un messaggio diverso ma coerente con quello della tv. E non è finita, perché dal sito (ma non solo) trovo il modo di ingaggiare il cliente anche sui social tipo Twitter e Facebook grazie a pagine che funzionano, sono attive, capaci di creare una relazione duratura con chi le visita. Senza contare che tutte queste attività sono tracciate in modo da poter valutare i risultati utilizzando al meglio i "Big data"». Come si svilupperà nel prossimo futuro la pubblicità su Internet? Dobbiamo attenderci una forte crescita degli smartphone? «Oggi ci sono in tutto il mondo un miliardo e mezzo di smartphone. Nel 2017 saranno cinque miliardi. Il 30% degli accessi a Facebook avviene attraverso il mobile, una percentuale che continua a crescere. Questo vuol dire che il tempo delle e-mail e della vecchia Internet sta finendo e che tutto si sta spostando verso il mobile. Stimiamo che nel 2017 la pubblicità globale sul mobile sarà quadruplicata e raggiungerà i 40 miliardi». Dunque è ottimista riguardo allo scenario per i social network? «Il 40% degli utilizzatori di Twitter segue felicemente uno o più brand. La realtà è semplice: i consumatori adorano seguire i brand sui social network. E la creazione di contenuti specifici per i brand pensati per i social sta diventando sempre più importante». La carta stampata ha per lei un futuro? Quali potrebbero essere le possibili azioni di difesa? «Il futuro della stampa sarà digitale. E questo apre delle grandi opportunità per tutto il settore. Lo sforzo che devono compiere gli editori è quello di puntare su contenuti fatti su misura per i singoli device, offrendo ai lettori un'esperienza che coinvolga ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 39 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA multi media 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 1.25 (diffusione:581000) ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 40 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato anche i social network». Cosa prevede a livello mondiale per il "sistema della comunicazione" nel 2015? «Nel 2015 il mercato dovrebbe crescere fra il 4,5% e il 5%. A trainare la volata sarà il digitale con un incremento del 15%. All'interno del digitale assisteremo al boom della pubblicità sui social network e sul mobile, che dovrebbe aumentare globalmente del 60%. Dal punto di vista geografico l'Europa crescerà tra l'1% e il 2%, mentre in Gran Bretagna ci aspettiamo un incremento superiore al 5%. Bene gli Stati Uniti, oltre il 5% di crescita e la Cina con un +7%». Cosa prevede per il mercato italiano e quanto conta l'Italia per Dentsu Aegis Network? «L'Italia fa parte della top ten dei mercati mondiali, dunque per noi è rilevante. Per il 2015 ci aspettiamo un leggero aumento dovuto al digitale. Per Dentsu Aegis Network dovrebbe andare molto bene. Prevedo una crescita a doppia cifra: l'Italia è uno dei nostri fiori all'occhiello». DENTSU MEDIA ISOBAR IPROSPECT MCGARRYBOWEN DENTSU CARAT VIZEUM POSTERSCOPE Foto: I Mameshiba , personaggi a fumetti creati dalla Dentsu e applicati alla pubblicità di diversi prodotti. Di gran successo in Giappone, sono in fase di lancio in America e prossimamente in Europa. In alto Jerry Buhlmann, Ceo di Dentsu Aegis Network [ LA SCHEDA ] Il fatturato viene per il 43% da Internet Dentsu Aegis Network è un colosso della comunicazione da 16 miliardi di euro di fatturato consolidato, in crescita del 19 per cento sull'esercizio precedente. Dal bilancio chiuso al 31 marzo del 2014 emerge inoltre che l'utile netto ha raggiunto i 271 milioni di euro (+6,8%). Il gruppo è il quarto al mondo per investimenti gestiti e il terzo in Europa: un impero che spazia dai centri-media come Carat e Vizeum, che gestiscono i budget pubblicitari delle corporation globali ai brand della comunicazione digitale quali iProspect e Isobar. Di certo Dentsu Aegis Network, nato un anno e mezzo fa dalla acquisizione del gruppo francese Aegis da parte dei giapponesi di Dentsu, è l'azienda più globalizzata del settore della comunicazione. Lo certifica la presenza in ben 110 paesi dei cinque continenti per un totale di 23 mila dipendenti. Oggi il 43% dei ricavi proviene dai media digitali e l'obiettivo è di arrivare al 50% entro due anni. Oltre un terzo del fatturato (35%) è concentrato nei paesi emergenti. 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 12 (diffusione:581000) Ma a sorpresa il "made in Japan" diventa nel 2014 il brand-nazione più forte del mondo La società specializzata in marketing territoriale FutureBrand ha presentato al "Buy tourism online", salone del turismo in rete di Firenze, l'ultima edizione del Country Brand Index, la classifica dei più forti brand-Paese realizzata in base a una serie di giudizi raccolti da 2.530 opinion maker e viaggiatori abituali per svago e affari provenienti da 17 Paesi. In vetta, per la prima volta e nonostante ogni clima di crisi per il fallimento dell'Abenomics, c'è il Giappone. Seguono Svizzera e Germania. Il Paese nipponico è fra le prime posizioni in particolare nelle categorie "Tradizione & cultura" e "Turismo" nonché in testa nelle categorie, essenziali del "Potenziale di business" e del "Made in". Il Giappone non è solo nel quadrante asiatico: nella parte alta della chart ci sono Singapore e Corea del Sud. Nelle prime dieci posizioni ci sono poi la Svezia, il Canada, la Norvegia. E ancora gli Stati Uniti, l'Australia, la Danimarca e l'Austria. Nell'edizione di quest'anno il rapporto ha esaminato 75 Paesi. Non tutti hanno dimostrato di poter sfoggiare una loro forza di marchio, il possesso dei requisiti necessari per essere percepiti come prodotto vendibile grazie a certe caratteristiche misurabili. Aspetti cioè in grado di distinguerli nettamente dai concorrenti sul mercato turistico in termini di destinazioni di viaggio o di business. Si tratta della reputazione come luogo d'origine di prodotti di qualità o particolari (il 70% degli intervistati premia la Germania proprio in questo senso), l'attrattiva accademica, il fascino delle avveniristiche infrastrutture. E l'Italia? Il Belpaese ce la fa a rimanere nella Top 20 ma scivola dalla 15esima alla 18esima piazza. È buona solo la performance nella categoria "Made in". ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 41 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato [ LA CLASSIFICA ] 08/12/2014 Corriere Economia - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 18 Internet Google e Apple vanno in radio Il gruppo di Mountain View testa Music Key: 10 euro al mese per 30 milioni di pezzi Cupertino studia un'applicazione da 5 dollari al mese. Spotify e le startup tremano CHIARA SOTTOCORONA Musica streaming che passione. Dieci milioni e mezzo di italiani l'ascoltano gratuitamente, anche se interrotta dalla pubblicità. Mentre quasi nove milioni hanno già sottoscritto un abbonamento a un music-service per l'ascolto illimitato e indisturbato dei brani in alta qualità. L'esempio svedese Nei primi nove mesi di quest'anno gli abbonamenti alla musica in streaming , cioè ascoltata via Internet (con un canone fisso o gratuita se c'è la pubblicità), hanno segnato una crescita record: + 109% rispetto al 2013, indicano i dati forniti da Deloitte a Fimi, la federazione dell'industria musicale. Più del doppio. Cala invece del 19% il download di singoli brani, sempre meno acquistati e scaricati sui dispositivi (modello iTunes). «Il successo dello streaming è legato in buona parte all'effetto Mobile, dove i servizi stanno crescendo molto: il 55% dell'ascolto in Italia è su smartphone e tablet - precisa Enzo Mazza, presidente di Fimi -. In altri Paesi, come la Svezia, la streaming music è già al 70% sugli apparecchi mobili». Negli Usa sono 83,8 milioni i consumatori che ascoltano brani sullo smartphone per 39 minuti al giorno, secondo eMarketer. Dovunque il modello dello streaming si sta affermando come la carta vincente che fa crescere la musica digitale: un mercato mondiale del valore di 12,3 miliardi di dollari quest'anno, secondo Juniper Research, che dovrebbe arrivare a 13,9 miliardi nel 2019. Ma se finora a competere erano i pureplayer , i servizi musicali lanciati da start-up come Spotify o Deezer, la sfida ora arriva dai big, Google e Apple. «Library» di primavera Dal 17 novembre Google ha introdotto Music Key, il servizio streaming senza pubblicità, ad abbonamento: sarà testato per sei mesi da centinaia di migliaia di appassionati di musica su invito, scelti tra i più grandi consumatori di video musicali di YouTube. A fine primavera 2015 è previsto il lancio negli Usa e in sei Paesi europei tra cui l'Italia, con un abbonamento da 9,99 euro al mese (7,99 per chi ha partecipato alla fase sperimentale) per un'offerta illimitata di 30 milioni di brani musicali: compresa la library di Google Play Music e i titoli di 20 mila etichette indipendenti, più i video di YouTube. Pensato per un consumo sul Mobile, Music Key permetterà di ascoltare la musica in background, come sottofondo, anche mentre si usano altre funzioni del telefonino come scrivere sms o fare ricerche sul web, e consentirà l'ascolto anche fuori connessione delle liste musicali. Il lancio di Music Key è accompagnato dal restyling dell'app di YouTube, arricchita di funzioni come vedere la discografia completa di un'artista o ricevere playlist suggerite in base ai propri gusti musicali. Forte di un miliardo di visitatori al mese su YouTube, Google con la nuova strategia della musica a pagamento punta a diversificare le entrate oltre la pubblicità, che quest'anno secondo e.Marketer gli ha fruttato 5,7 miliardi di euro. Se riuscirà a convertire anche solo il 5% dei suoi utenti in abbonati a Music Key avrà ottenuto in pochi mesi un risultato equivalente a quello perseguito in cinque anni da Spotify, il musicservice europeo di maggiore successo, che oggi conta 50 milioni di utenti nell'ascolto gratuito e 12 milioni e mezzo paganti. Ma l'entrata in campo della corazzata Google è soprattutto «la risposta all'offerta combinata di iTunes e Beats Music che Apple sta preparando», indica Le Monde . La strategia della Mela Il music-service Beats e la società Beats Electronics, produttrice delle cuffie più alla moda, insieme con i fondatori (il rapper Dr. Dre e il produttore Jimmy Iovine), sono entrati nell'orbita di Cupertino a fine maggio, dopo un'acquisizione costata alla Mela tre miliardi di dollari. Anche Apple prepara una nuova strategia, per ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 42 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Note Raddoppiati nel mondo gli abbonamenti streaming per ascolti online in alta qualità. Coinvolti 19,5 milioni di italiani 08/12/2014 Corriere Economia - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 18 ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 43 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato fronteggiare il primo calo dei download su iTunes apparso quest'anno. Gli abbonamenti portati da Beats Music però non sono sufficienti: poche centinaia di migliaia. La nuova mossa, annunciata dal Financial Times (senza conferma di Apple) sarà di portare il servizio su tutti gli iPhone e iPad. Un'app preinstallata su iOs dal 2015 dovrebbe sfruttare il TouchId e l'ApplePay per proporre un facile accesso all'abbonamento musicale combinato di iTunes-Radio e Beats. I rumors sul web indicano anche un prezzo competitivo di circa cinque dollari al mese (allineato a quello di Pandora, popolare music-service negli Usa). Il blogger John Paczkowski (noto per la rubrica «Good Morning Silicon Valley» che ha tenuto per anni sul San José Mercury News) azzarda anche la data dell'annuncio: 8 febbraio, nella notte più importante per la musica. Quella dei Grammy Awards. © RIPRODUZIONE RISERVATA 06/12/2014 Milano Finanza - N.240 - 6 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:100933, tiratura:169909) Le armi segrete di Apple contro Google & C. Davide Fumagalli Le nuove offerte per lo shopping globale si incrociano con i destini dei titoli dei big tecnologici quotati in borsa. E i colpi bassi non mancano La guerra tra i colossi della tecnologia prosegue senza sosta e spesso non si combatte solo nelle aule di giustizia a colpi di brevetti. Per rendersi conto di tutte le armi usate da due principali contendenti, ovvero Apple e Google, basta provare a utilizzare il sistema di traduzione messo a punto dal motore di ricerca su un iPad, il tablet della società guidata da Tim Cook. Copiando un testo dalla propria casella di posta elettronica alla finestra di Google Translate sul browser web di iPad, Safari, il testo viene infatti troncato alle prime frasi, rendendo quindi pressoché inutilizzabile il sistema. La prova che non si tratta di un'incompatibilità tecnica è data dalla presenza di app che, basandosi sul motore di traduzione di Google, disponibile gratuitamente, risolvono il problema in modo efficace. Uno sgarbo, quindi, che Apple ha già iniziato a restituire offrendo alternative all'uso di Google come motore di ricerca dei propri dispositivi e che presto potrebbe addirittura sostituire come servizio predefinito, con un notevole danno per la società di Larry Page, la quale vive rivendendo le informazioni raccolte sulle abitudini degli utenti agli inserzionisti pubblicitari. La vera arma segreta che Apple sta però utilizzando nella lotta con Google, e potenzialmente capace di sferrare un formidabile ko specie tra gli utenti più attenti ed evoluti, si chiama privacy. Apple, al contrario di Google, ha un solido modello di business basato sulla vendita di prodotti e servizi improntati all'eccellenza e come tali apprezzati dagli utenti disposti a pagare un prezzo elevato. Questo ha consentito ad Apple di organizzare un ecosistema composto da centinaia di migliaia di sviluppatori che hanno creato gli 1,4 milioni di app presenti oggi su iTunes, il negozio digitale accessibile da iPhone e iPad, con una media di 800 nuove app al giorno e un prezzo medio di 1,27 dollari. Proprio il prezzo è l'elemento-chiave, dal momento che il modello di business di Apple è sempre stato improntato alla remunerazione di tutti gli attori della catena del valore, al contrario di quello di Google, basato su un'apparente gratuità sostenuta però dalla vendita di pubblicità. Questo ha portato l'ecosistema di app per smartphone e tablet Android a essere largamente basato su di un'offerta gratuita di applicazioni caratterizzate però da una qualità media inferiore, dal momento che gli sviluppatori, e specialmente le società più strutturate, non sempre trovano sostenibile questo modello di business, anche per le implicazioni che comporta. La grande invasività dell'ecosistema Google e Android sulla privacy sta infatti iniziando a essere compresa dagli utenti, diventando così un tema non secondario nel momento della scelta di un nuovo dispositivo, soprattutto alla luce di servizi innovativo come i pagamenti elettronici attraverso lo smartphone. Proprio alla luce di questi temi va letta la decisione di Apple di evidenziare pubblicamente la propria policy in tema di privacy, resa chiara attraverso una lettera aperta del ceo Tim Cook tradotta in tutte le lingue e pubblicata sul sito www.apple. com/it/privacy. «Non creiamo un profilo sulla base dei contenuti delle tue email o delle tue abitudini di navigazione per poi venderlo agli inserzionisti. Non monetizziamo le informazioni che salvi sul tuo iPhone o su iCloud. E non leggiamo le tue email o i tuoi messaggi per ricavarne informazioni per scopi commerciali», scrive Apple a firma di Cook. «Una piccolissima parte della nostra attività è al servizio degli operatori pubblicitari e si chiama iAd. iAd è soggetto alle stesse norme sulla privacy applicate a tutti gli altri prodotti Apple. Non raccoglie dati da Salute, HealthKit e HomeKit, Mappe, Siri, iMessage, dal tuo registro delle chiamate, né da alcun servizio iCloud, come Contatti o Mail. E, se vuoi, puoi disattivarlo completamente». Una policy ben diversa dai complessi contratti scritti in termini giuridici e con caratteri di dimensione ridotta, che pressoché tutti gli utenti accettano inconsapevolmente all'iscrizione a servizi gratuiti o percepiti come tali. L'enfasi sulla politica trasparente di privacy di Google, già alla base del rapporto di fiducia instaurato con circa 800 milioni di consumatori che hanno registrato la propria carta di credito sull'account iTunes per poi effettuare acquisti, diventerà ancora più importante in due settori, i computer indossabili e i pagamenti elettronici attraverso dispositivi mobili, considerati dagli analisti come i principali trend dei prossimi due anni. Chi si fiderebbe a utilizzare un telefono ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 44 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SFIDE 06/12/2014 Milano Finanza - N.240 - 6 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:100933, tiratura:169909) ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 45 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato che registra che cosa compriamo, dove e quanto siamo disposti a pagarlo? Per non parlare di informazioni ancor più personali come lo stato di salute a un livello di dettaglio che arriva al singolo battito cardiaco? (riproduzione riservata) APPLE 2 gen '14 5 dic '14 quotazioni in dollari Var. % sul 2 gen 2014 MICROSOFT MICROSOFT 2 gen '14 5 dic '14 quotazioni in dollari Var. % sul 2 gen 2013 quotazioni in dollari Var % sul 2 gen 2013 SAMSUN SAMSUNG 2 gen '14 5 dic '14 quotazioni in won sudcoreano Var. % sul 2 gen 2014 quotazioni in won s Var % sul 2 gen Foto: Apple iPad Air 2 Microsoft Xbox One Samsung HU8500 Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/apple Jawbone Up 3 Jawbone Up 3 06/12/2014 Industria e Finanza Pag. 4 CONFCOMMERCIO E FIPE, ECCO L'ACCORDO CON TRIPADVISOR FIPE, l'associazione italiana leader nel settore delle imprese che svolgono attività di ristorazione e le rappresentanze territoriali di Confcommercio, l'associazione di rappresentanza più importante del terziario in Italia, hanno siglato un accordo con TripAdvisor, il sito di viaggi più grande al mondo. La collaborazione prevede una serie di iniziative che includono collegamento dedicato del servizio clienti con le sedi FIPEConfcommercio di Firenze e Pistoia, sessioni di formazione da parte di Trip Ad visor per i membri FIPE e comunicazione congiunta di materiali di formazione sulle opportunità di marketing online per il settore della ristorazione italiana a un bacino di oltre 3.000 utenti del settore. L'attuale accordo è valido per un periodo iniziale di 12 mesi con inizio l'1 novembre 2014 ed è focalizzato sulle due province toscane. L'obiettivo è di estendere la partnership a tutta Italia a seguito di valutazione dopo il primo anno di collaborazione. "Questa collaborazione è il risultato di una continua comunicazione con TripAdvisor. Ab bia mo lavorato in sieme per sviluppare un accordo con il fine di comunicare i benefici dei servizi e delle risorse di Trip Advisor ai nostri membri, fornire la giusta formazione sulla gestione della reputazione online e collaborare per mantenere l'integrità dei contenuti online" ha dichiarato Aldo Cursano, Vice Presidente Nazionale FIPE. Esprimono inoltre soddisfazione i due presidenti di Confcom mercio: Jacopo De Ria di Fi ren ze, che ha commentato "Siamo felici che siano stati individuati i nostri territori che sono una perfetta rappresentazione della qualità italiana e toscana" e Stefano Morandi di Pistoia, che prosegue "La collaborazione inizierà con le due province toscane e speriamo in futuro di estenderla a tutta Italia". Aldo Cursano ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 46 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTESE 07/12/2014 Corriere della Sera - La Lettura - N.159 - 7 dicembre 2014 Pag. 5 Google senza pubblicità non diventa più libero La mossa Il motore di ricerca ha avuto un decennio molto proficuo, ma tutti si chiedono quanto durerà EVGENY MOROZOV G oogle ha lanciato in sordina un nuovo servizio, Google Contributor, facendo una proposta interessante: gli utenti si registrano e versano un contributo a scelta di 1, 2 o 3 dollari ai siti partner. Google ne trattiene una parte, mentre il resto va a quei partner, sempre che gli utenti visitino i loro siti, sui quali a questo punto non vedono più inserti pubblicitari. Come sostiene lo stesso Google, «è un esperimento su modi alternativi di finanziare il web». L'idea che sta dietro Google Contributor non è certo originale. Wikipedia, con la sua opposizione di principio alla pubblicità, già si basa sulle donazioni. Gli utenti Premium di Reddit, un altro sito ben noto, pagano una modesta cifra per evitare gli annunci pubblicitari. YouTube, che appartiene alla stessa Google, ha iniziato a offrire ai clienti paganti una versione senza pubblicità. Ha inoltre avviato un'iniziativa che permette ai fan di fare donazioni ai loro artisti preferiti. Dato che la pubblicità resta la principale fonte di introiti di Google, questa mossa ha sorpreso gli analisti. Perché far guerra alla pubblicità? Google ha avuto un decennio molto proficuo, ma tutti si chiedono quanto durerà questo nirvana finanziato dalla pubblicità. La diffusione di app e smartphone, con i loro piccoli schermi, sta rendendo più difficile monetizzare l'attività degli utenti. Inoltre ci sono già programmi che consentono di bloccare le inserzioni e che quindi offrono gli strumenti per vivere in un universo senza pubblicità imposta. I cinici potrebbero dire (e non avrebbero torto) che si tratta semplicemente di un'abile operazione di public relation . Favorire gli editori, dando loro un altro strumento per fare soldi, è un modo per ottenere a buon mercato quella simpatia di cui Google ha urgente bisogno ora che il suo modello basato sulla pubblicità è costantemente sotto attacco - soprattutto in Europa - da parte di potenti gruppi editoriali. A questi Google ha già aperto le sue casse, promettendo in Francia di investire milioni nelle loro nuove imprese giornalistiche. Sarà difficile, così, accusarla di distruggere l'industria dei media. Potrà infatti ribattere accusando a sua volta gli editori di essere lenti e restii ad abbracciare nuovi modelli di business. Google Publisher potrebbe anche essere parte di un delicato riposizionamento successivo al caso Snowden. Nel corso degli ultimi mesi, la pubblicità è diventata il capro espiatorio più comune. In un mondo privo di pubblicità, ci viene detto, tutti gli assegni scaduti o non coperti delle imprese dell'utopia cibernetica sarebbero nuovamente esigibili. Il processo alla pubblicità viene condotto con particolare chiarezza da Ethan Zuckerman dell'Mit in un articolo intitolato The Internet's Original Sin (Il peccato originale di internet). Zuckerman sostiene che «gli utenti pagheranno per i servizi che apprezzano» per una semplice ragione: pagare in anticipo per ricevere dei servizi - piuttosto che averli gratuitamente ma pieni di pubblicità - potrebbe fermare e anche invertire l'inesorabile tendenza verso «un web centralizzato, finanziato dalla pubblicità e pesantemente controllato». Molti editori di contenuti originali come il «Financial Times» o il «Wall Street Journal» non hanno mai mandato giù la pillola dell'utopia cibernetica, e hanno tranquillamente continuato a far pagare l'abbonamento ai loro utenti. Ma il bersaglio dell'articolo di Zuckerman non sono tanto loro, quanto i siti che forniscono quei servizi che potremmo chiamare di pubblica utilità: social network, bookmark, blog e così via. La soluzione che propone dovrebbe essere valutata sia in termini di efficacia che di opportunità politica. Innanzitutto, perché dovremmo supporre che i servizi online a pagamento siano meno soggetti a controlli invasivi di quelli finanziati dalla pubblicità? Si argomenta che - almeno in teoria - chi li fornisce non avrebbe bisogno di sapere cosa passa attraverso i suoi flussi di dati e potrebbe impiegare «la crittografia end-to-end », rendendo più difficile - forse impossibile - ad agenzie come la Nsa di guardarci dentro. Questa ipotesi sarebbe però praticabile solo se venisse accettata dai legislatori, che potrebbero invece invocare Isis, Ebola o qualche altra imminente catastrofe per impedire alle aziende di impiegare sistemi del genere, come sta già ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 47 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Società Il gigante lancia un nuovo servizio. Ma c'è una terza via tra gli spot e il pagamento di un canone 07/12/2014 Corriere della Sera - La Lettura - N.159 - 7 dicembre 2014 Pag. 5 ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 48 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato avvenendo in molti casi. Sostituire la pubblicità con abbonamenti è solo il primo passo di una lotta molto più complessa, che è quasi impossibile vincere in un mondo in cui vige la politica della paura. In secondo luogo, per quanto Google cambi atteggiamento nei confronti della pubblicità, resta il fatto che praticamente tutto quello che fa, ruota attorno alla raccolta e alla personalizzazione dei dati. Dai termostati alle automobili intelligenti, la maggior parte dei suoi prodotti di punta si basa sulla raccolta costante di dati degli utenti. Il problema non è sapere se questi servizi possano essere finanziati in modo diverso: privati dei loro flussi di dati, essi non sono più intelligenti e adattabili. Google Now, l'affascinante assistente virtuale di Google, riesce a fare previsioni interessanti solo perché altri servizi di Google generano i dati necessari. Una logica simile vale per i gadget indossabili e intelligenti usati per la tracciabilità e per molti componenti dell'internet delle cose. La pubblicità potrà contribuire a sostenere alcuni di questi prodotti, ma non è a causa sua che essi ci spiano. In realtà molti di questi servizi saranno felici di far pagare una tariffa continuando a controllarci. Infine, c'è il problema politico. Sia Google che pensatori come Zuckerman hanno posto la questione in modo estremamente riduttivo, come se la pubblicità e il contributo degli utenti fossero le uniche opzioni (a dir la verità Zuckerman parla anche di «micropagamenti, abbonamenti, crowdfunding »). Che finora sia stato così potrebbe essere la conseguenza di una serie di fattori storici, ma perché dovrebbe continuare a esserlo in futuro? Dopo tutto considerare di pubblica utilità siti che offrono servizi base - social network, email, bookmark - significa anche che possiamo pensare a modi alternativi di possederli, amministrarli e finanziarli. Quando utilizziamo i bagni pubblici che una volta erano gratuiti, la scelta non dovrebbe essere tra guardare una pubblicità o pagare l'ingresso. Dare un contributo potrebbe anche sembrare giusto, ma la maggior parte di noi dimentica che l'abbiamo già fatto: pagando le tasse. È in questo modo che si usava finanziare i servizi pubblici. Quanti di noi vogliono vivere in un mondo in cui l'accesso a molti beni, e anche ad altre persone esattamente quel che la nostra comune infrastruttura digitale ci permette di fare - deve essere mediato dal mercato, si tratti di pubblicità o di un contributo? La maggior parte di noi coglie facilmente le conseguenze di questa logica quando è applicata a spazi e servizi fisici, ma non le vede più quando si tratta di piattaforme online, avendo accettato acriticamente le fantasie neoliberiste dei profeti di internet. Reinventare il nostro ambiente digitale secondo questi principi, tenendo sempre presenti le questioni che riguardano le infrastrutture, non sarà facile. Richiederà la creazione di istituzioni di cui possiamo fidarci - cosa complicata, dato che le istituzioni politiche esistenti abusano ogni giorno della nostra fiducia. Ma anche così è una proposta molto più attraente dell'interiorizzare l'etica neoliberista promossa da Google e simili: per loro l'unica politica è quella del mercato, e contano solo le nostre azioni come consumatori (vuoi guardare una pubblicità o pagare qualcosa?). La pubblicità non è il peccato originale di internet, ma il neoliberismo potrebbe senz'altro esserlo. (traduzione di Maria Sepa ) © RIPRODUZIONE RISERVATA 04/12/2014 ADV Express Sito Web Come annunciato ieri in conferenza stampa a Milano, la società ha deciso di rafforzare i propri investimenti in Italia, dov'è presente dal 2009, ed ha rilasciato un sistema di misurazione integrato dell'esperienza di fruizione di internet su tutti i device. Un nuovo tool che, come spiega ad ADVexpress Fabrizio Angelini, ceo di Sensemakers che rappresenta in esclusiva comScore in Italia, "metterà ordine all'interno di un enorme 'universo' di interazioni online fornendo una quadro più completo delle attività degli users sui vari device Ogni mese trattiamo oltre 1 triliardo di interazioni provenienti da 172 Paesi diversi, con un panel di 2 milioni di individui, 40.000 dei quali in Italia". La società ha chiesto di partecipare alla gara Audiweb per la definizione del nuovo partner per le rilevazioni dei dati da panel annunciata per il 2015, quando scadrà il contratto che lega Audiweb a Nielsen. Comscore è una società specializzata nella tecnologia online per misurare le attività degli utenti nella rete trasformandola in informazioni e insight per i clienti in modo che possano investire in maniera effiace sul web. Come annunciato ieri in conferenza stampa a Milano, ComScore ha deciso di rafforzare i propri investimenti in Italia, dov'è presente dal 2009 ed ha rilasciato un nuovo strumento, la MMx Multi-platform, un sistema di misurazione integrato che fornisce una fotografia completa dell'esperienza di fruizione di internet su tutti i device. Un nuovo tool che, come spiega ad ADVexpress Fabrizio Angelini, ceo di Sensemakers che rappresenta in esclusiva comScore in Italia, contribuirà a rendere il nostro Paese all'avanguardia nello sviluppo digitale e soprattutto nell'efficienza e nella trasparenza". Uno strumento che metterà ordine all'interno di un enorme 'universo' di interazioni online fornendo una quadro più completo delle attività degli users sui vari device. "Ogni mese trattiamo oltre 1 triliardo di interazioni provenienti da 172 Paesi diversi, con un panel di 2 milioni di individui, 40.000 dei quali in Italia" ha dichiarato Angelini. A riguardo, Comscore vorrebbe aprire una filiale in Italia e partecipare alla gara Audiweb per la definizione del nuovo partner per le rilevazioni dei dati da panel annunciata per il 2015, quando scadrà il contratto che lega Audiweb a Nielsen. La seconda novità lanciata dal player sul mercato italiano riguarda l' adv online ed è vCE 2.0, soluzione olistica di validazione delle campagne online che, spiega Angelini, è già stata scelta da Italiaonline ed è oggetto di valutazione da parte di alcuni centri media. EC ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 49 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ComScore investe in Italia con la MMx Multi-platform per la misurazione integrata delle audience online e vCE 2.0 per l' adv online . Pronta per la gara Audiweb 05/12/2014 ADV Express Sito Web La pianificazione della campagna, curata dalla sede di Firenze dell'agenzia media di Dentsu Aegis Network, sarà articolata sia sulle principali emittenti nazionali generaliste sia su quelle tematiche con maggiore affinità con il target. Aboca torna a investire nella comunicazione combinata di tv e web a supporto del nuovo prodotto Neo Bianacid e lo fa con un nuovo spot. La pianificazione, risultato della partnership ormai consolidatacon la sede di Firenze di Vizeum , società appartenete al Dentsu Aegis Network guidato da Giulio Malegori, sarà articolata sia sulle principali emittenti nazionali generaliste sia su quelle tematiche con maggiore affinità con il target. Lo spot andrà in onda nelle fasce orarie di maggior ascolto con tagli da 7", 10" e 15" e 30" allo scopo di favorire sia la copertura sia la frequenza di un target ampio prevalentemente maschile. Lo spot andrà anche on-line all'interno di siti web di informazione e intrattenimento in modalità preroll 15" per far si che la campagna colpisca anche il target dinamico dei light viewers televisivi. "Quello di mixare spazi web e tv è un esperimento importante per la nostra azienda e in particolare per dare impulso ai sell-out di Neo Bianacid e conquistare notevoli quote di mercato. Una grande scommessa il cui esito influenzerà notevolmente le strategie future in termini di media mix" afferma Davide Mercati, responsabile media di Aboca. La creatività è dell'Ufficio Comunicazione Aboca in collaborazione con il registra Paolo Gandola e la sua casa di produzione Zero Tabletop. La demo scientifica è stata sviluppata da Postofficebrw Milano. EC ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 50 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Aboca porta in tv e sul web il nuovo Neo Bianacid. Pianifica Vizeum 05/12/2014 ADV Express Sito Web La piattaforma che mette in contatto i brand con oltre 7.000 influencer di Instagram in tutto il mondo, ha chiuso il mese di novembre portando l'Italia ad essere il secondo paese in termini di apporto al fatturato complessivo della società americana. Utilizzando la piattaforma InstaBrand (www.instabrand.com) i responsabili marketing posso accedere ai dati socio demografici di migliaia di influencer, selezionare quelli più vicini al posizionamento e al linguaggio del brand e gestire con semplicità le campagne di placement con tool che permettono di scegliere i prodotti, le taglie, i colori, verificare le spedizioni e ogni altro aspetto operativo. InstaBrand, la piattaforma che mette in contatto i brand con oltre 7.000 influencer di Instagram in tutto il mondo, ha chiuso il mese di novembre con 18 campagne attive su clienti italiani, portando così l'Italia ad essere il secondo paese in termini di apporto al fatturato complessivo della società americana. Il dato conferma l'importanza del nostro Paese nello scenario del mobile & social marketing, in linea con i dati pubblicati dalla ricerca 'Social, Digital & Mobile in Europa 2014' di WeAreSocial, che evidenzia come l'Italia sia il paese europeo che vanta il maggior tempo di connessione quotidiana ai social network da dispositivi mobile. Sempre WeAreSocial ha sottolineato come Instagram sia il social network dove i profili dei brand hanno il maggiore numero di interazioni: 4,21% contro lo 0,07% di Facebook e lo 0,03% di Twitter. Questo dato, unito al fatto che Instagram sia stato nei primi 7 mesi del 2014 il social network con il maggiore tasso di crescita (secondo una ricerca pubblicata da LiveXtention a inizio novembre), lo rendono il canale ideale per la comunicazione tra brand e consumatori basata su immagini e video. InstaBrand ha colmato due grosse lacune del mercato: la possibilità di avere dati analitici direttamente dalla piattaforma Instagram (oggi bisogna infatti affidarsi a tool di terze parti) e la mancanza di un market place che permettesse alle aziende di pianificare con facilità così come avviene con altri social network. Utilizzando la piattaforma InstaBrand (www.instabrand.com) i responsabili marketing posso accedere ai dati socio demografici di migliaia di influencer, selezionare quelli più vicini al posizionamento e al linguaggio del brand e gestire con semplicità le campagne di placement con tool che permettono di scegliere i prodotti, le taglie, i colori, verificare le spedizioni e ogni altro aspetto operativo. Il tutto supportato da un potente strumento di Analytics sviluppato internamente e denominato D.N.A., che grazie all'utilizzo delle API di Instagram permette di tracciare ogni KPI relativo alla reach, i like, le condivisioni e i commenti, con uno spaccato per singolo influencer coinvolto. Tra i clienti che hanno utilizzato InstaBrand per le realizzare campagne di placement nel quarto trimestre 2014 figurano Campari, McDonald's, l'Oréal Paris, Unilever, Disney, Calvin Klein, Tod's e Wolford. SP ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 51 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato InstaBrand: a novembre 18 campagne attive su clienti italiani 05/12/2014 e20express.it Sito Web Le attività di comunicazione del Consorzio Nazionale Apicoltori, nato 35 anni fa nella Valle dell'Idice, sull'Appennino bolognese, si concentrano sugli eventi educational, volti a testimoniare la ricerca di percorsi innovativi, il forte legame con il territorio, la valorizzazione delle tipicità locali e la proposta di prodotti dell'alveare di qualità. apri la gallery fotografica Articolo tratto dalla rivista e20. Fondata nel 1979, Conapi è l'impresa cooperativa di apicoltori più rappresentativa a livello europeo. Conta 233 soci (di cui il 40% certificati biologici) e rappresenta oltre 600 apicoltori, tra aziende, cooperative, associazioni apistiche e singoli produttori, distribuiti sull'intero territorio nazionale, dal Piemonte alla Sicilia, uniti dalla passione per un'apicoltura sana che, rispettando l'ambiente e la dignità del lavoro, produce un miele buono, pulito e giusto. A partire dal 2010, attraverso il progetto didattico 'Ape Milli', sostenuto dal programma di Sviluppo Rurale della regione Emilia Romagna, il consorzio ha diffuso la conoscenza delle api e dell'apicoltura italiana in oltre 3.000 classi della scuola primaria in alcune regioni. Forti del successo del progetto presso le scuole e con l'intento di proporre ai visitatori un percorso didattico articolato, in grado di accompagnarli alla scoperta di questo importante settore dell'economia nazionale, Conapi ha progettato e realizzato il Parco delle Api e del Miele, inaugurato nel 2013. Chiediamo a Nicoletta Maffini (FOTO 1), responsabile commerciale e marketing, di raccontarci questi e altri progetti, attraverso i quali il consorzio comunica i propri focus: la ricerca di percorsi innovativi, il forte legame con il territorio, la valorizzazione delle tipicità locali e la proposta di prodotti dell'alveare di qualità. Come è cambiato negli ultimi anni il vostro approccio alla comunicazione?Ci troviamo di fronte a un importante cambiamento, in quanto negli ultimi anni Conapi si è concentrato soprattutto su quella che possiamo definire comunicazione istituzionale, volta, cioè, a valorizzare l'azienda come organismo unico nel suo genere per dimensione e caratteristiche sia in Italia sia in Europa. Conapi è, infatti, una cooperativa di soci apicoltori che ha impianti produttivi sulle colline bolognesi dove negli ultimi decenni ha affiancato ai prodotti apistici anche la produzione di confetture.La commercializzazione dei suoi prodotti avviene prevalentemente attraverso i marchi Alce Nero e Mielizia. Qualche tempo fa, tra l'altro, è stata siglata la riacquisizione di Mielizia, brand storico di Conapi, che stiamo rilanciando attraverso un ampliamento di gamma e azioni di comunicazione e adv sia su carta stampata sia su web, ma anche attraverso una serie di eventi mirati (Mielizia è partner di Expo Express, vedi notizia correlata a fondo pagina, ndr).Qual è il trend degli investimenti in comunicazione?Lo scorso anno il budget è stato pari a circa il 3% del fatturato relativo ai nostri brand, mentre per il bilancio del periodo in corso (1 luglio 2014-30 giugno 2015, ndr) prevediamo di raddoppiare gli investimenti. Quali sono le tipologie di eventi più frequenti per il vostro marchio e qual è il target di riferimento? Fino a oggi l'aspetto di educational ha avuto un ruolo chiave sia attraverso un progetto di edutainment dedicato ai bambini (www.ilmondodimilli.it, ndr), sia at- traverso un parco didattico sito in azienda aperto alle visite scolastiche e al pubblico. A tutto ciò si affiancano azioni mirate volte a valorizzare i nostri prodotti nei confronti del trade e del consumatore finale, sia sotto il profilo gourmand sia salutistico, a partire dalle 150 giornate di instore promotion volte a valorizzare i prodotti. A quali fiere partecipate?La fiera più interessante è il Biofach di Norimberga, dedicato al mondo del biologico, ma per il 2015 valuteremo anche quelle più specifiche legate al canale del 'fuori casa'. Quali messaggi vuole comunicare il vostro marchio attraverso gli eventi?Il marchio veicolerà principalmente la stretta connessione tra la pluralità di mieli, con focus sui territori dove vengono raccolti e l'impegno degli apicoltori soci che, attraverso un'apicoltura pulita, contribuiscono alla salvaguardia dell'ambiente e della biodiversità. Come e da chi viene misurato il Roi degli eventi?Fermo restando che la misurazione del Roi sugli investimenti di comunicazione è complessa e talvolta empirica, siamo costantemente impegnati in verifiche sulla notorietà del brand e sull'incremento del sell-out che sono sicuramente i principali indicatori. Quale ruolo ha la Csr per voi? È alla base della nostra filosofia aziendale ed è sancita da molti anni attraverso un regolamento interno che definisce la relazione tra soci e ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 52 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Conapi, quando l'evento è educational. Intervista a Nicoletta Maffini 05/12/2014 e20express.it Sito Web ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 53 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato cooperativa, entrando nel merito di ogni aspetto anche produttivo. L'azienda, inoltre, ha adottato il modello organizzativo previsto dal D.Lgs. 231/2001 'disciplina della responsabilità amministrativa degli enti'. Con quali agenzie collaborate per i vostri eventi e come vengono scelte? Le gare sono rare; preferiamo instaurare, come sopra detto, un rapporto continuativo con i fornitori esterni che diventa spesso un rapporto di partnership che si consolida nel tempo.Quando l'azienda decide di aprire le porte a nuovi potenziali fornitori con una gara non supera mai le 4/5 agenzie. Può fare un esempio di case history?La scorsa primavera abbiamo lanciato un'iniziativa di comunicazione e per la salvaguardia ambientale e delle api. Il nome dell'iniziativa è 'Bee Active, attivi per le api'. Le api sono a rischio di estinzione a causa dell'abuso di pesticidi pertanto abbiamo previsto diverse azioni di sensibilizzazione presso il pubblico per sottolineare che senza le api, insetto utile e impollinatore per eccellenza, non avremmo il 70% della frutta e verdura che portiamo tutti i giorni sulle nostre tavole.Marina Bellantoni --------------------------------- Nicoletta Maffini - Profilo Classe 1970, dopo la Laurea in Economia e Commercio a indirizzo aziendale presso l'Università degli Studi di Salerno, consegue il Master in Marketing e Sviluppo Commerciale a indirizzo internazionale presso Efeso Bologna e l'Executive Master in Direzione Aziendale e Strategica presso il Centro di Formazione Manageriale e Gestione di Impresa della Camera di Commercio di Bologna. Da ottobre 2013 ricopre la carica di responsabile commerciale e marketing in Conapi, di cui era entrata a far parte fin dal gennaio 2004, in qualità di responsabile marketing. Una lunga esperienza preceduta da quattro anni (1999-2003) in Mediterrabio, con il ruolo di responsabile vendite Italia, e da altri tre (1996-1999) in Corticella Molini e Pastifici, dove da assistente al direttore commerciale è presto passata al ruolo di key account dei Prodotti Biologici, fino a responsabile dei prodotti biologici e, infine, export area manager. « Indietro Invia ad un amico Stampa NEWS CORRELATE Sant'Ambrogio, protettore degli apicoltori, porta a Milano un 05/12/2014 Engage.it Sito Web Coca-Cola affida a un pool di agenzie di WPP la comunicazione per UEFA EURO 2016 Il gruppo, che ha battuto in gara Havas Worldwide, comprende le agenzie digital Possible e Geometry Global e la sigla creativa spagnola SRA Rushmore. A gestire invece planning e buying sarà MediaCom Coca-Cola pensa già agli Europei di Calcio del 2016.La multinazionale ha dato incarico a un gruppo di agenzie di WPP di gestire le attività di comunicazione in vista di UEFA EURO 2016. Il gruppo comprende Possible (attiva su digital e mobile), Geometry Global (specializzata in direct, digital, promotion e relationship marketing) e l'agenzia creativa spagnola SRA Rushmore. A gestire invece il planning e il buying sarà MediaCom, la centrale di Wpp già partner di Cola-Cola per il media.Il pool di agenzie ha ottenuto l'incarico dopo una gara contro Havas Worldwide, e si metterà immediatamente al lavoro. Euro 2016 avrà luogo in Francia tra il 10 giugno e il 10 luglio del 2016, e Coca-Cola è uno degli sponsor globali del torneo, insieme a Carlsberg, Continental, Hyundai-Kia e McDonald's.Le sponsorizzazioni sportive costituiscono una parte molto importante della strategia di marketing di Coca-Cola: il brand sponsorizza anche i Mondiali di Calcio, le Olimpiadi e le Paralimpiadi. ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 54 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Ricerche 05/12/2014 Engage.it Sito Web Casa.it insegna a scegliere l'agente immobiliare con una campagna e una nuova sezione sul sito Secondo il portale è fondamentale saper riconoscere un buon agente. Per veicolare questo messaggio è prevista un' adv su stampa, Dem, social media e web , con banner sui siti più importanti Uno dei dati salienti del mercato immobiliare italiano dell'ultimo biennio è l'aumento delle famiglie che ricorrono al servizio di un canale di vendita. Cresce in particolare l'utilizzo delle agenzie immobiliari per trovare un acquirente/inquilino per il proprio appartamento o una nuova casa da acquistare/affittare.Per questo, nella consapevolezza che le operazioni di vendita, affitto e ricerca di una casa rappresentino un momento fondamentale nella vita dei propri utenti, Casa.it ha riassunto in una nuova apposita sezione del sito i 5 buoni motivi per affidarsi a un agente immobiliare.In sintesi, secondo Casa.it, prima di lanciarsi autonomamente nella ricerca o nella cessione del proprio appartamento è importante capire se si possiede una reale conoscenza del mercato immobiliare e se l'investimento in termini di risorse di tempo e denaro vale o meno il costo della commissione richiesta dall'agente. In caso di risposta negativa, è molto importante saper riconoscere un buon agente immobiliare.«Il lancio di questa sezione del sito fa parte della nostra strategia di comunicazione, iniziata con la nuova campagna pubblicitaria rivolta ai consumatori, online da poche settimane - ha dichiarato Daniele Mancini, amministratore delegato di Casa.it -. Per lanciare il nostro messaggio sul perché affidarsi a un buon agente immobiliare è prevista una campagna di comunicazione sui giornali, l'invio di Dem, il coinvolgimento dei principali social media in cui siamo presenti da anni e la pubblicazione di banner sui siti più importanti».«Un buon agente si riconosce in primis dalla sua capacità di fornire un'appropriata valutazione del prezzo di mercato del bene da vendere, basandosi sulla sua esperienza di zona e sull'esame delle condizioni strutturali e qualitative del bene - ha proseguito Mancini -. Se la valutazione dell'agente viene influenzata dalle aspettative del venditore o se promette di vendere a un prezzo troppo alto probabilmente l'obiettivo principe è quello di aggiudicarsi l'incarico, per ingrossare il proprio portafoglio acquisizioni»«Per garantire al proprio cliente che l'immobile verrà pubblicizzato con la massima visibilità - ha aggiunto - un buon agente deve investire sia in termini economici, sia in termini di risorse umane. La professione immobiliare richiede oggi un aggiornamento continuo. Il mediatore che segue corsi o seminari ed è aggiornato sulle tecnologie a disposizione per migliorare la qualità del suo servizio è sicuramente una persona motivata su cui fare affidamento. Infine, il mediatore oggi deve essere un vero consulente a 360° in grado di fornire un valido aiuto al cliente su ogni aspetto legato al processo di vendita, acquisto o locazione». ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 55 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Tecnologia 05/12/2014 Engage.it Sito Web Aboca punta su tv e web per il lancio di Neo Bianacid. Pianificazione di Vizeum Lo spot è stato creato internamente dall'Ufficio Comunicazione dell'azienda in collaborazione con il registra Paolo Gandola e la sua casa di produzione Zero Tabletop Aboca punta su tv e web per il lancio del suo nuovo prodotto Neo Bianacid e lo fa con un nuovo spot, creato internamente dall'Ufficio Comunicazione dell'azienda in collaborazione con il registra Paolo Gandola e la sua casa di produzione Zero Tabletop, mentre la parte di demo scientifica è stata sviluppata da Postofficebrw Milano.La pianificazione, risultato della partneship ormai consolidata con la sede di Firenze di Vizeum, società appartenete al Dentsu Aegis Media guidato da Giulio Malegori, sarà articolata sia sulle principali emittenti nazionali generaliste sia su quelle tematiche con maggiore affinità con il target.Il film andrà in onda da dicembre a gennaio nelle fasce orarie di maggior ascolto con tagli da 7", 10" e 15" e 30" allo scopo di favorire sia la copertura sia la frequenza di un target ampio prevalentemente maschile. Lo spot andrà anche on-line all'interno di siti web di informazione e intrattenimento in modalità pre-roll 15" per far si che la campagna colpisca anche il target dinamico dei light viewers televisivi.«Quello di mixare spazi web e tv è un esperimento importante per la nostra azienda e in particolare per dare impulso ai sell-out di Neo Bianacid e conquistare notevoli quote di mercato. Una grande scommessa il cui esito influenzerà notevolmente le strategie future in termini di media mix» afferma Davide Mercati, responsabile media di Aboca. ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 56 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Tecnologia 05/12/2014 Il Sole 24 Ore Online Sito Web (tiratura:405061) Raffica di piani per il web Tour operator e agenzie di viaggi lanciano la sfida alle grandi Olta (Online travel agencies). La mossa è confortata dagli ultimi dati emersi nel corso di Bto a Firenze.«Il 35% del mercato turistico mondiale viene generato online, ma il 75% viene transato offline", sottolinea il direttore marketing di Amadeus, Tommaso Vincenzetti. L'uso del web e la diffusione degli strumenti mobile sono fenomeni in costante crescita, ma occorre tempo, troppo, per individuare in rete la migliore soluzione di viaggio e non sempre la pratica è destinata ad andare a buon fine. Per questo da Nord Europa e Stati Uniti giungono segnali di un'inversione di tendenza. Il consumatore finale sta rivalutando il ruolo consulenziale dell'agente di viaggio. I network di agenzie si stanno attrezzando. Welcome Travel sfida Trivago con il lancio di Welgo!, un comparatore di prezzi sui pacchetti turistici dedicato alle proprie agenzie. Si candida a gestire l'incoming Tripitaly.it, la piattaforma digitale realizzata da Uvet e Digital Magics che sarà operativa da maggio 2015 con un approccio b2c e b2b.Si chiama Social Media Team il servizio di contenuti e offerte lanciato da SeaNet Travel Network per le proprie imprese. «Lo scopo - dichiara Francesco Granese, social media manager di SeaNet - è avvalorare il ruolo dell'agente di viaggio, dando strumenti per creare un prodotto nuovo. In dirittura d'arrivo un'App per le agenzie a costi contenuti».Anche il fronte dei tour operator si sta muovendo: aziende come I Viaggi del Turchese, Viaggi dell'Elefante, Chiariva e Hotelplan hanno di recente introdotto piattaforme tecnologiche b2b online. Molto attive sono aziende come Press Tours, Naar e Alidays, con strumenti che permettono una costruzione del viaggio su misura.Il Gruppo Alpitour ha affidato ad una società specializzata in digital marketing il rinnovamento della piattaforma di tutti i suoi siti web per «migliorare l'esperienza di navigazione e facilitare le operazioni online degli utenti finali con un motore di ricerca unificato e la creazione di un flusso unico per i pagamenti». Eden Viaggi (322 milioni di euro di fatturato a fine ottobre con 440 mila passeggeri trasportati) ha messo a budget un investimento milionario per una piattaforma tecnologica innovativa.Si muovono anche gli hotel. «È fondamentale - asserisce Jean Luc Chretien, executive vp of sales, distribution and loyalty di Accor - un lavoro di protezione del marchio. Accor ha investito molto nel settore digitale per competere con i grandi player online».© RIPRODUZIONE RISERVATA ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 57 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IMPRESA & TERRITORI 05/12/2014 10:10 Primaonline.it Sito Web Il 56,1% delle pubblicità digitali non viene visto, lo dice una ricerca di Google (INFOGRAFICA) Partendo dalla considerazione che molte pubblicità pubblicate sul web non appaiono mai sullo schermo e che gli inserzionisti ormai tendono [...] Partendo dalla considerazione che molte pubblicità pubblicate sul web non appaiono mai sullo schermo e che gli inserzionisti ormai tendono a pagare uno spazio promozionale in base alla sua presunta visibilità piuttosto che per la sua effettiva pubblicazione, Google ha condotto lo scorso ottobre una ricerca sulle proprie piattaforme di display advertising per meglio comprendere il fenomeno delle frodi che interessano il digital advertising e i fattori che condizionano la visibilità di un annuncio."Stando ai risultati dell'indagine - The Importance of Being Seen: Viewability Insights for Digital Marketers and Publishers -, il 56,1% delle pubblicità on line non vengono viste da nessuno, e la visibilità media di un publisher è del 50,2&", ha dichiarato Sanaz Ahari, group product manager di Google.Hanno un forte peso sia la posizione dell'annuncio, più efficace se si trova appena sopra la metà della pagina (e non in cima), sia la sua dimensione: il formato di sicuro successo è quello verticale, 120×240, 240×400, 160×600 o 120×600.Google precisa che la posizione dell'annuncio al di sopra della metà della pagina garantisce la sua visibilità nel 68% dei casi, contro il 40% (non trascurabile) degli annunci al di sotto della 'page fold'.La visibilità di un messaggio varia molto anche a seconda dei settori industriali di riferimento e risulta più alta laddove è maggiore il coinvolgimento dell'utente con i contenuti offerti (consulenza e informazione, comunità on line, giochi, arte e intrattenimento, lavoro e formazione, business e industria, computer e elettronica, scienze, internet & telecom, hobby e tempo libero). (P.Cav.) ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 58 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato PrimaOnLine » 04/12/2014 05:10 Primaonline.it Sito Web Per il 2015 Google sta preparando Chrome e YouTube in versione per bambini fino a 12 anni. In formato kids anche il motore di ricerca (VIDEO) (Tomshardware.it) Google sta lavorando a versioni per bambini dei propri prodotti, dalla ricerca a YouTube e Chrome. Lo riporta USA Today, [...] (Tomshardware.it) Google sta lavorando a versioni per bambini dei propri prodotti, dalla ricerca a YouTube e Chrome. Lo riporta USA Today, in un articolo che indica le prime settimane del 2015 come periodo in cui sarà avviata la sperimentazione. Le nuove versioni saranno progettate per utenti fino a 12 anni di età."La motivazione all'interno della società è che tutti noi abbiamo dei figli", ha affermato la vice presidente Pavni Diwanji, "quindi siamo spinti a cambiare i nostri prodotti affinché siano sicuri e divertenti per i ragazzi. Vogliamo riflettere su ciò che facciamo, e dare ai genitori gli strumenti giusti per controllare ciò che fanno i bambini. Vogliamo aiutare i ragazzi a stare al sicuro, ma soprattutto aiutarli a essere più che semplici consumatori di tecnologia, ma anche creatori".Il reporter Marco Della Cava sottolinea il possibile conflitto dell'operazione: qualcuno potrebbe accusare Google di marketing diretto ai più giovani, un'azione a volte illegale e senz'altro discutibile. Eppure non si tratta solo della classica "strategia dell'Happy Meal", mirata a crearsi clienti giovanissimi.Il fatto è che anche senza marketing specifico bambini e ragazzini di tutto il mondo sono già online: navigano, usano i social network, guardano i cartoni animati su YouTube già da piccolissimi. E allora forse non è fuori luogo pensare di adattare gli strumenti alla fascia di età.I problemi da affrontare sono molti: Marc Rotenberg (Electronic Privacy Information Center) cita per esempio le pubblicità con audio e come possono influenzare i più giovani. "La FTC", afferma Rotemberg, "dovrà fare qualcosa. Non credo che un mondo dove si vende ai nostri figli ciò di cui non hanno bisogno sia quello che vogliamo". Diwanji, che dirige questo nuovo progetto Google, mira poi a fare un passo ulteriore: non solo bloccare contenuti, ma insegnare ai giovani come usare la tecnologia in modo responsabile e sicuro.Pavni DiwanjiSi tratta per esempio di creare un motore di ricerca che per la parola di ricerca "treni" generi risultati che hanno a che fare con giocattoli e cartoni animati, e non con gli orari della stazione più vicina. Al momento però i prodotti Google non sono affatto confezionati pensando a questi specifici bisogni, e creare qualcosa che possa soddisfare le tante possibili richieste dei genitori non sarà semplice. "Forse questa è una delle mie più grandi sfide" conferma infatti Pavni Diwanji.Le affermazioni di principio sono eccezionali, ma lo è anche la sfida che dovrà affrontare Google. Alcuni punti sono facili, come per esempio fare una versione di Chrome che riconosca e blocchi i contenuti per adulti, con eventualmente la possibilità di creare una lista personalizzata di siti ammissibili.Altre cose invece sono più complicate: su YouTube andrebbero filtrate le pubblicità per esempio, perché non è raro vedere uno spot di biancheria intima prima di un cartone animato, e sarebbe anche importante etichettare i video secondo le fasce di età così da potersi creare canali sicuri. Andrebbero rivisti gli algoritmi di correlazione, e sfoltiti quei video che sembrano per bambini ma non lo sono.Senza dimenticare il fatto che tutte queste misure, almeno in qualche modo, potenzialmente possono far perdere soldi a Google, soprattutto se dovesse prevalere la linea proposta da Marc Rotenberg. La stessa linea che in teoria regola la televisione: ci sono regole anche rigide sulla pubblicità nei programmi per bambini e sui canali tematici, ma chiunque può verificare come siano spesso disattese. Come affronterà Google la questione?http://www.tomshw.it/cont/news/chrome-e-youtube-per-bambini-nel-2015/61127/1.html ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 59 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato PrimaOnLine » 05/12/2014 03:37 Primaonline.it Sito Web Mastercucina.net, il portale di edizioni master dedicata alla cucina Importanti novità per il Gruppo Editoriale Edizioni Master, che lancia "MasterCucina.net" (www.mastercucina.net). Già online in versione beta, il portale ha [...] Importanti novità per il Gruppo Editoriale Edizioni Master, che lancia "MasterCucina.net" (www.mastercucina.net). Già online in versione beta, il portale ha come guide d'eccezione i più popolari chef italiani: da Anna Moroni a Sal De Riso, da Gabriele Bonci ad Alessandra Spisni, senza dimenticare Antonella Clerici, regina indiscussa dei fornelli in tv e de "La Prova del Cuoco Magazine", la prestigiosa pubblicazione edita da Edizioni Master che rappresenta uno dei più grandi successi editoriali degli ultimi anni.Come riporta il comunicato, MasterCucina.net ospita ricette golosissime e consigli per tutti i gusti, dalle pietanze più semplici a quelle più complesse, presentate con un taglio editoriale nuovo e immediato, aperto ai contributi dei lettori e volto a favorire una navigazione semplice e intuitiva. Contributi sia testuali che multimediali, grazie alla presenza di un nutrito e crescente archivio di foto e video, consentono di illustrare passo dopo passo i procedimenti da seguire per riprodurre fedelmente i piatti per ogni occasione.Edizioni Master, brand media company partner Rai e tra gli editori più importanti del panorama italiano, nel corso degli anni ha maturato un forte know--how nel segmento Cucina, grazie a prodotti editoriali di grandissimo successo, primo fra tutti "La Prova del Cuoco Magazine", punto di riferimento indiscusso per milioni di lettori e telespettatori. In collaborazione con i più grandi chef, pasticceri e maestri della pizza italiani, la redazione Cucina e lo staff della Scuola di Cucina del Gruppo Edizioni Master hanno ideato, progettato e lanciato in edicola una serie di prodotti editoriali e collezionabili innovativi e di grande qualità che hanno rappresentato e tuttora rappresentano un punto di riferimento per gli appassionati della cucina italiana: si pensi al successo di prodotti quali, ad esempio, I Genietti di Anna Moroni, Sal de Riso il Re delle torte, I grandi maestri della pizza, La Pasta fatta in casa di Alessandra Spisni, Le ricette profumate di Antonella Clerici.MasterCucina.net, avvalendosi del know--how acquisito e con l'obiettivo di valorizzare le sinergie editoriali carta--web del Gruppo in ambito Cucina, mira ad essere il punto di riferimento italianosul web per tutti gli appassionati di cucina."Con questo nuovo portale, intendiamo potenziare ulteriormente la nostra presenza nel segmento Cucina, le cui pubblicazioni in edicola hanno già evidenziato il gradimento del pubblico", ha dichiarato Massimo Sesti, Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Edizioni Master. "MasterCucina è senz'altro un tassello importante che arricchisce ulteriormente la nostra capacitàdi penetrazione nel mercato. Grazie al nuovo portale" - ha proseguito Sesti - "da oggi disponiamo di un'unica vision editoriale, in grado di offrire agli investitori una total audience qualificata e interessata"."Dopo aver portato la TV sulla Carta, operazione crossmediale molto delicata ma premiata dai nostri lettori" - ha dichiarato Massimo Mattone, Direttore Editoriale del Gruppo Edizioni Master - "abbiamo portato la Carta sul Web: una sfida altrettanto impegnativa che, speriamo, sarà apprezzata dalle nostre lettrici e dai nostri lettori che amano la Cucina e il nostro modo di raccontarla. Era necessario" - ha continuato Mattone - "unificare gli sforzi in un'unica mission editoriale capace di essere contemporaneamente punto di riferimento in edicola e sul web per i nostri lettori e porto sicuro per gli inserzionisti di settore che intendano veicolare il loro messaggio a un target ben identificato e identificabile"."Presentarsi al mercato della Cucina con un portfolio di offerte così ricco" -- ha dichiarato Costantino Cialfi, Sales Manager di Master Advertising (http://www.masteradv.it), concessionaria adv del Gruppo Edizioni Master - "costituito dal magazine di Cucina più venduto in Italia, da prodotti collezionabili e pubblicazioni di prestigio in collaborazione con i più grandi chef e maestri di cucina e da un portale destinato ad essere il punto di riferimento sul web della cucina italiana, è per la nostra concessionaria motivo di grande soddisfazione. Con il nuovo portale" - ha continuato Cialfi - "saremo sempre più in grado di offrire, ai nostri clienti attuali e potenziali, pianificazioni e progetti speciali distribuiti in maniera mirata, organica e sinergica sui media del nostro Gruppo". ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 60 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato PrimaOnLine » 05/12/2014 11:34 Pubblicitaitalia.it Sito Web Tutte le News L'azienda pronta a partecipare alla gara Audiweb ComScore, dal 2009 in Italia, è un'azienda specializzata nella tecnologia online per misurare ciò che le persone fanno quando navigano nel mondo digitale e trasforma queste informazioni in insight e azioni affinché i propri clienti possano massimizzare il valore degli investimenti digitali. Nei giorni scorsi, la società ha lanciato MMX Multi-platform, un sistema di misurazione integrato dell'esperienza di fruizione di internet su tutti i device per aumentare il livello di trasparenza e di efficienza del mercato italiano e allinearlo a quello dei paesi all'avanguardia nello sviluppo digitale. "Ogni mese trattiamo oltre 1 triliardo di interazioni provenienti da 172 Paesi diversi - ha sottolineato Fabrizio Angelini (nella foto), ceo di Sensemakers che rappresenta in esclusiva comScore in Italia -, il che corrisponde al 40% in più delle visite mensili a pagine internet". L'azienda dopo circa 5 anni sul mercato italiano che considera fondamentale punta ad "aprire una filiale in Italia - continua Angelini - rimarcando il nostro impegno per il Paese e chiedendo di poter partecipare alla gara di Audiweb annunciata per il 2015, quando scadrà il contratto che lega Audiweb a Nielsen. Il settore digitale, un mondo veloce e in continuo cambiamento, neccessita di misurazioni trasparenti che integrino grandi dati con un panel statistico rappresentativo. Noi come azienda leader a livello mondiale siamo in grado di mettere insieme 1,7 trilioni di interazioni digitali al mese con un panel di 2 milioni di individui, 40.000 dei quali in Italia". Misurazioni e big data ComScore 1,5 milioni di siti taggati e oltre il 90% dei device conessi a internet tracciati nella maggior parte dei Paesi ComScore, player pluricertificato e indipendente, nelle scorse settimane ha rilasciato proprio alcune delle sue più importanti innovazioni nel nostro Paese (misurazioni multipiattaforma e valutazione dell'advertising on-line ). Tra queste MMX® Multi-platform, lo strumento più avanzato per la misurazione dell'audience digitale e il media planning (vedi notizia http://www.pubblicitaitalia.it/2014112434370/digital/comscore-lancia-in-italiammx-multi-platform-strumento-che-offre-dati-di-grande-valore-per-inserzionisti-agenzie-e-editori). Come parte dell'impegno di comScore al rilascio di soluzioni su scala globale, questa versione del prodotto è stata sviluppata grazie ad una metodologia innovativa che consente la misurazione mobile di ogni mercato senza prevedere la necessità di costruire un panel mobile tradizionale e sulla base di dati censuari. La soluzione è comunque in grado di fornire misurazioni person-centric per i soggetti che hanno implementato il tag comScore. E' quindi fondamentale per gli editori che hanno necessità di capire e monetizzare la propria audience mobile, implementare il Tag comScore su tutte le pagine e applicazioni. Gli inserzionisti saranno in grado di impostare le campagne senza l'esigenza un complesso ed intensivo lavoro di tag. Quindi, una volta che la campagna sarà partita, gli inserzionisti potranno accedere quasi in tempo reale ai report sull'audience, per affinare mano a mano ed ottimizzare la campagna."Con 1,5 milioni di siti taggati e oltre il 90% dei device conessi a internet tracciati nella maggior parte dei Paesi continua Angelini - le nostre Analytics for a Digital World assicurano insight più veloci e operativi su tutte le forme di dati digitali. Visto che il digitale diventa sempre più pervasivo, complesso e multi-platform, i clienti di tutto il mondo si affidano all'esperienza sui singoli settori di comScore, con le analitiche sul pubblico, sulla pubblicità, web & monetizzazione e sugli operatori mobili per fornire risposte migliori alle domande chiave. I clienti possono utilizzare i dati comScore (della rete mondiale del panel & dei dati del censimento) insieme ai loro dati (web, mobile, video, CRM,) per ottenere un'impareggiabile chiarezza riguardo a che punto sia la propria azienda e dove debba andare". L'azienda ha da poco stipulato una partnership con Yahoo a livello internazionale. "Per andare incontro ai publisher, a differenza degli altri operatori, - continua il manager - comScore ha un approccio multi-source. Siamo aperti ad accettare dati di terze parti, in modo da evitare la classica distorsione tipica dei panel e garantire una misurazione trasparente". Condividi ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 08/12/2014 61 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ComScore, 1 triliardo di interazioni ogni mese provenienti da 172 Paesi diversi SCENARIO POLITICO/ECONOMICO 159 articoli 06/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) salvataggio costoso e inutile Sergio Rizzo C' è un dubbio che oggi, dopo il raccapricciante spettacolo di Mafia Capitale, a maggior ragione ci attanaglia. Siamo sicuri che aver salvato Roma dal fallimento sia stata una scelta giusta? Il commissario al debito Massimo Varazzani argomenta che con il dissesto della capitale d'Italia si sarebbe rischiato il declassamento del debito sovrano, con relativa impennata della spesa per interessi e costi ancora maggiori. Pericolo che del resto, vista la nostra situazione economica, è perennemente incombente. E ieri ne abbiamo avuto la prova. Ma il ragionamento di Varazzani non fa una piega. Al tempo stesso non si può, né si deve, sorvolare sulle conseguenze di quei salvataggi. L'ispettore spedito un anno fa dalla Ragioneria a fare le bucce al bilancio del Campidoglio ha concluso che il commissariamento del debito con gli interessi accollati allo Stato si sia tradotto in un incremento della spesa corrente arrivato nel 2012 a ben 641 milioni: il costo di 13 mila dipendenti comunali. Per non parlare delle municipalizzate, con l'Atac bisognosa di continue trasfusioni di denaro. Mentre per l'Ama, l'azienda dei rifiuti già affidata a quel Franco Panzironi stipendiato con 545 mila euro e ora fra i nomi di spicco dell'inchiesta, parlano chiaro le slavine di 1.644 assunzioni e 1.700 stabilizzazioni di precari. E se non c'è la prova che un fallimento (per cui all'epoca secondo gli ex esponenti della giunta Veltroni messa sotto accusa da Alemanno non esistevano presupposti) avrebbe impedito corruzione, ruberie e malversazioni, di sicuro le avrebbe rese più difficili. Possiamo giurare che non avremmo neppure corso il rischio di un nuovo crac, un anno fa, con il risultato di un nuovo salvataggio per legge al ritmo del solito slogan: «La capitale non può fallire!». Stavolta gridato dalla sinistra come sei anni fa si era levato dalla destra. Con la certezza che il paracadute si debba per forza aprire. Così gli enti locali malgestiti difficilmente saltano per aria. Così agli amministratori incapaci non vengono pressoché mai applicate le sanzioni previste per legge. Così dopo le inchieste presentate come «un'occasione per fare pulizia» (parole del prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro) si scopre che di polvere sotto il tappeto ne rimane ogni volta troppa. In certi casi, è l'amara lezione di questa vicenda, un paracadute che si apre sempre e comunque può fare perfino più danni di un'agenzia di rating . Sergio Rizzo © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 63 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La Capitale e i debiti 06/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) Renzi: userò questo giudizio per accelerare Francesco Verderami R enzi se lo aspettava questo regalo di Natale, da una settimana era a conoscenza del declassamento da parte dell'agenzia Standard & Poor's. Perciò il premier ha voluto che il Senato accelerasse l'approvazione definitiva del Jobs act, per dare una risposta preventiva alla valutazione dell'agenzia di rating, ma soprattutto per lanciare un segnale all'Europa e ai mercati sulla capacità del governo di «tenere fede ai patti». Ed è così che davanti a quello che viene considerato «uno schiaffo all'Italia», Renzi mostra di far buon viso a cattivo gioco e cerca di sfruttare a proprio vantaggio il giudizio negativo di S&P: «Loro - spiega il presidente del Consiglio - sono sinceramente convinti che la direzione delle riforme sia giusta ma che sia troppo lenta. In Parlamento sono invece convinti che sia troppo veloce e che dovremmo rallentare». È contrapponendo le motivazioni della società americana alle argomentazioni delle Camere che Renzi trae lo spunto per riaffermare la bontà della sua linea, e non a caso dice di essere «intenzionato a spingere sull'acceleratore»: «Il governo userà anche questo fatto per velocizzare il percorso delle riforme». Così gira il regalo di Natale a deputati e senatori, immaginando per loro delle festività passate a lavorare. D'altronde il rispetto dei tempi, per il leader del Pd, è un dato sostanziale quanto il contenuto dei provvedimenti: perché l'opinione pubblica può concedergli le difficoltà dettate dai farraginosi meccanismi parlamentari, ma non lo perdonerebbe se rallentasse. Certo, Renzi avrebbe fatto volentieri a meno del carbone, e al dicastero dell'Economia si mordono la lingua per evitare di definire pubblicamente «una barzelletta» la valutazione di S&P: non solo perché in questi anni le agenzie di rating hanno subito un downgrade di autorevolezza, tanto da essere chiamate persino alla sbarra in un processo che si svolge a Trani, ma anche perché il calo dello spread «testimonia che non c'è alcun rischio finanziario per i titoli italiani». «Eh, ma allo spread che in nove mesi è sceso di ottanta punti, i media dedicano solo qualche trafiletto», commenta il premier, con l'unica concessione alla polemica. Semmai tiene a evidenziare come «l'outlook stabile» è un gesto di fiducia verso il governo. E verso il suo Jobs act. Anche su questo punto Renzi è convinto di vincere la scommessa: quando si vedrà il primo decreto attuativo, i timori di un «indebolimento del progetto» che sono stati avanzati da S&P «si dissolveranno». È l'auspicio dell'ex ministro del Lavoro Sacconi, convinto che «Europa e mercati aspettano su questo punto di verificare se in Italia c'è stata davvero discontinuità rispetto al passato. O la grande attesa si trasformerebbe in un pericoloso boomerang». Ecco perché il premier aveva fretta in Parlamento: voleva che in fretta si mettesse mano anche alla delega, così da mostrare gli atti dell'esecutivo. E non c'è dubbio che - insieme alle riforme costituzionali e al nuovo sistema di voto - il Jobs act rappresenti per Renzi il primo passo per marciare verso l'Europa: «È lì che si gioca la nostra scommessa», per dare una svolta alle politiche di rilancio dell'economia. È nel vertice di Bruxelles - dove formalmente si discuterà la chiusura del bilancio europeo - che Padoan lavorerà sulla definizione dei 300 miliardi di investimenti. Il motto del premier è «liberare risorse» così da far ripartire la locomotiva dell'Unione. E dunque non può attardarsi nelle analisi che vengono fatte in queste ore nella maggioranza e nel suo stesso partito, là dove - «senza arrivare a parlare di complotto» - ritengono sia «evidente» l'azione di forze e realtà internazionali che «non tifano certo per il nostro governo», e che pongono «molta attenzione» alle riforme ma anche «alla partita del Quirinale», sperando magari di vedere lì in futuro «un presidente di garanzia. Per i mercati». Nel «resisteremo» con cui Renzi va caricando i suoi, c'è la convinzione di riuscire ad aprire una breccia nelle tesi «rigoriste» di quel pezzo di Europa che conta e che ruota attorno alla Merkel. In fondo, il premier sta dando prova della volontà di «stare ai patti»: nonostante il Paese in tumulto, i sindacati in piazza e il suo partito spaccato, sta rischiando l'osso del collo pur di dimostrare che non è affetto da «annuncite». Perciò l'appuntamento con la Cancelliera tedesca a fine gennaio assume un particolare significato, talmente SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 64 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SETTEGIORNI 06/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 65 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato importante da potersi riflettere anche sulle scadenze politiche nazionali. Per quella data infatti il Parlamento potrebbe già essere immerso nei preparativi per l'elezione del nuovo capo dello Stato. A meno che Napolitano, proprio in vista del rendez vous tra Renzi e la Merkel, non decida di posticipare di qualche giorno il suo addio al Quirinale... Francesco Verderami © RIPRODUZIONE RISERVATA 287 i giorni trascorsi da quando è in carica il governo Renzi 166 i voti dati a favore in Senato alla fiducia chiesta sul Jobs act 06/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 8 (diffusione:619980, tiratura:779916) Standard & Poor's taglia il rating a BBB-, un gradino sopra il livello dei titoli spazzatura, come la Russia L'agenzia: «Bene il Jobs act, ma è incerta l'attuazione». Il Tesoro ribadisce: i conti sono sostenibili Lorenzo Salvia ROMA Un gradino sopra il livello «junk», spazzatura. E sullo stesso piano della Russia, non proprio il massimo agli occhi degli investitori. L'agenzia americana Standard & Poor's ha abbassato il rating sul debito a lungo termine dell'Italia, che passa da BBB a BBB-. Un altro declassamento ed entreremmo in quella che gli addetti ai lavori chiamano «area di non investimento». L'unica consolazione è che l' outlook , cioè la previsione sulle future evoluzioni, passa da negativo a stabile. Come dire che il taglio di ieri, peraltro di un solo gradino a differenza di quelli precedenti, era stato messo in preventivo. Ma la prossima volta dovrebbe andare meglio. A pesare, però, sono soprattutto le motivazioni che l'agenzia porta a sostegno della sua decisione: «Abbiamo notato che Renzi ha fatto alcuni progressi con il suo Jobs act », la legge delega per la riforma del mercato del lavoro approvata questa settimana. Ma proprio quella riforma potrebbe avere un «indebolimento a causa dei decreti attuativi alla luce di una crescente opposizione». In ogni caso, si legge ancora nel documento, «non crediamo che le misure previste creeranno occupazione nel breve termine. Come conseguenza, il già elevato tasso di disoccupazione potrebbe peggiorare fino a che non arriverà una sostenibile ripresa economica». L'agenzia di rating sottolinea poi un «forte aumento del debito, accompagnato da una crescita perennemente debole e bassa competitività». Ma non è solo questione di singoli indicatori e nemmeno i famosi compiti a casa sembrano bastare più. Secondo Standard & Poor's «mentre tutte le riforme si sono concentrate sul costo del lavoro», le «difficoltà della ripresa economica italiana dipendono anche da altri fattori e in particolare da un ambiente ostile al fare impresa». Nel giugno scorso, Standard & Poor's aveva sospeso il giudizio sull'Italia, giudicando «incoraggianti» le intenzioni del governo Renzi ma sottolineando come fosse «troppo presto» per valutare la sua azione. Quella riserva è stata sciolta ieri, nello stesso giorno in cui l'agenzia ha alzato da A- ad A il rating dell'Irlanda, che sembra uscita definitivamente dalla crisi del 2009. Fonti del governo dicono che «non si tratta di una bocciatura ma di un invito ad andare ancora più veloci sulle riforme. Vedono elementi buoni nelle riforme ma non tali da compensare l'aumento del debito e risvegliare l'economia nel breve periodo». Lo stesso Matteo Renzi scrive che sul Jobs act «occorre fare di più e più veloce», aggiungendo pure che «non tutti credevano che ce l'avremmo fatta». Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, invece, si concentra sul debito pubblico: «È uno dei più sostenibili in Europa, grazie alle riforme pensionistiche del passato. E non lo dico io ma la commissione europea». Forse sul giudizio pesa anche una diversa visione economica. Per Standard & Poor's la competitività passa prima di tutto dal taglio dei salari. Il governo vuole evitare questa strada, spingendo invece sulla flessibilità. Non resta che aspettare il giudizio dei mercati e la riapertura delle Borse. lorenzosalvia © RIPRODUZIONE RISERVATA La mappa dei rating (1) BBB- in valuta straniera, BBB in valuta locale . (2) BBB in valuta straniera, BBB+ in valuta locale Corriere della Sera Giudizi di: Standard & Poor's Moody's Fitch Italia BBB- prospettive stabili Baa2 prospettive stabili BBB+ prospettive stabili Austria AA+ Finlandia AA+ Francia AA Germania AAA Grecia B Irlanda A Portogallo BB Russia BBB-(1) Spagna BBB Regno Unito AAA Stati Uniti AA+ Kazakhstan BBB+ Colombia BBB(2) Panama BBB Filippine BBB CHI HA UN VOTO MIGLIORE DEL NOSTRO Gli esempi I voti di Standard & Poor's vanno da AAA (il più alto) a D (il più basso) La vicenda SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 66 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «Il debito cresce troppo, Italia declassata» 06/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 8 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 67 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Per il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan il debito italiano «è uno dei più sostenibili in Europa. Lo dice la Commissione europea - ha precisato ieri a Roma prima della bocciatura di S&P's -. L'Italia è l'unico Paese con un surplus primario positivo» Le parole Il rating Il rating è il giudizio che viene espresso dalle agenzie internazionali come Standard & Poor's, Moody's e Fitch sulle capacità di una società di sostenere la propria situazione finanziaria. Ci sono poi i rating sul debito delle nazioni, come quello appena aggiornato da S&P's per l'Italia. In questo caso, essendo gli Stati i maggiori debitori in assoluto, le agenzie si esprimono in base alla capacità che dimostrano a fronteggiare e risanare i propri conti. L'Italia è stata bocciata per il «forte aumento del debito». Lo spread Lo parola inglese spread potrebbe essere tradotta con il termine «scarto» e indica una differenza fra due grandezze. Nell'accezione più frequente negli anni della Grande Crisi è il differenziale di rendimento tra titoli di Stato di due diverse nazioni. Per convenzione si prendono in considerazione i titoli di Stato con scadenza a 10 anni. Al centro dell'attenzione lo spread tra Btp e Bund tedeschi. Che ieri ha chiuso sotto la soglia dei 120 punti base (119), ai minimi da maggio 2010, il rendimento del Btp è sceso all'1,96%. Debito pubblico Il debito pubblico di uno Stato è costituito dalla somma dei deficit di bilancio del passato alla quale si aggiungono gli interessi sui titoli di debito già emessi. Il costo del debito deriva dagli interessi che il Tesoro italiano paga ai sottoscrittori di Bot, Btp, Ctz e di altri titoli del debito pubblico. Questi interessi sono collegati a una serie di variabili e influenzati dalla politica monetaria. Gli esperti di S&P's stimano che il debito pubblico italiano sarà pari a 2.256 miliardi di euro entro la fine del 2017 Il deficit Il deficit di bilancio di uno Stato è dato da una differenza negativa fra le entrate (tasse, dividendi da partecipazioni, contributi sociali, interessi) e le spese (acquisti di beni e servizi, retribuzioni, prestazioni sociali, investimenti). Questa differenza crea il fabbisogno che uno Stato finanzia a debito. Il governo italiano ha ribadito in più occasioni l'intenzione di rispettare il rapporto deficit/Pil al di sotto del 3% (la soglia di Maastricht), pur sottolineando la rigidità di simili regole in una fase di recessione prima e stagnazione in seguito così prolungata. 06/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 10 (diffusione:619980, tiratura:779916) Quella tentazione di superare il 3% E l'attesa per l'esame dei mercati Roma punta al dialogo con la Merkel per un superamento comune dei vecchi criteri Nella legge di Stabilità fissato il 2,6% ma i tecnici al lavoro per uno sfondamento controllato Antonella Baccaro ROMA Tutti i dubbi che l'agenzia di rating Standard & Poor's ha riversato ieri sul nostro Paese sono da tempo rappresentati nella mappa che Renzi adopera per disegnare le proprie strategie come dei segni «meno». Scarsa crescita, aumento del debito, bassa inflazione, disoccupazione che fatica a diminuire. Vederli messi nero su bianco in un momento in cui il premier è impegnato su un difficile fronte politico, deve comunque aver fatto effetto. Anche perché è tutto un altro il messaggio che il premier sta cercando di far passare, quello di un'Italia che si muove, fa le riforme, aspira a crescere. Ma la strategia dell'ottimismo ha mostrato tutti i propri limiti, rappresentati molto bene da quello -0,1% di Pil del terzo trimestre rilevato dall'Istat. E nemmeno sembra aver funzionato, almeno agli occhi dell'agenzia di rating , la campagna « Pride and prejudice» che il ministro Padoan ha diffuso per smentire che il debito pubblico sia fuori controllo e dimostrarne la sostenibilità attraverso il dato del «surplus primario, che solo la Germania con l'Italia ha mantenuto positivo». Così, rilevato che le parole non bastano, l'idea che bisogna fare qualcosa di straordinario per uscire dall' impasse è molto chiaro sia a Renzi che a Padoan, i quali, come spesso accade, procedono su due linee parallele. Il ministro dell'Economia ha da mesi ingaggiato una battaglia per calcolare diversamente l' output gap , la differenza tra il potenziale e la crescita reale. Ieri ha rivelato di aver convinto molti Paesi a rivedere il metodo. Se questo avvenisse davvero l'Italia «invece che in deficit sarebbe in surplus». E il gioco sarebbe fatto. Perché non bisogna dimenticare che per la nostra legge di Stabilità gli esami non sono finiti e che quel 2,6% nel rapporto deficit/Pil per il 2015 cui ci siamo dovuti adeguare al primo esame, potrebbe essere rimesso in discussione a marzo quando, in sede di esame definitivo, potrebbe esserci chiesto di scendere al 2,4%. Lunedì all'Eurogruppo si parlerà di Grecia, Portogallo e Irlanda. Proprio questi Paesi non mancheranno di reclamare per l'Italia programmi di rientro altrettanto severi rispetto a quelli subiti, pena l'apertura di una procedura d'infrazione. Una china questa che Padoan sta cercando di evitare chiedendo per tempo che l'Ue cambi passo, che si pensi alla crescita, che le riforme in atto possano essere sostenute da investimenti da non calcolare nel deficit, anche consentendo che siano sottoposte al controllo severo di Bruxelles. Oppure che le risorse del piano Juncker che dovessero spettarci vengano gestite (e controllate) dalla Bei, purché siano sempre scomputabili dal deficit. Una politica di piccoli passi, quella di Padoan, che se a gennaio non darà i suoi frutti potrebbe essere sostituita da una mossa più politica di Renzi: una sfida alla regola del 3% sostenuta dallo spauracchio dell'avanzamento della destra antieuro anche in Italia. Del resto se si deve essere bocciati per aver portato il rapporto deficit Pil al 2,6% tanto vale sfondare il 3%, sarebbe il ragionamento. O almeno quello che si lascia trapelare ora, cioè prima del 22-23 gennaio, quando al bilaterale di Firenze con Angela Merkel si spera almeno di riportare il rapporto deficit/Pil al 2,9%. Tanto potrebbe bastare, anche per non spaventare troppo i mercati. L'avvertimento di Standard & Poor's ieri è arrivato chiaro e forte. © RIPRODUZIONE RISERVATA I conti e lo spread Debito pubblico (in % sul Pil) Il differenziale tra Btp e Bund d'Arco 120 130 110 100 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 106,3 106,1 120,7 105,7 116,4 127 119,3 103,7 103,3 132,6 Lug Ago Set Ott Nov Dic 100 120 140 160 180 118,42 Ieri 0,5 per cento SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 68 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Retroscena 06/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 10 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato il tasso di inflazione nei Paesi dell'eurozona 0,8 per cento la crescita dell'eurozona nel 2014 secondo la Bce -0,1 per cento il Prodotto interno lordo italiano nel terzo trimestre dell'anno Foto: La cancelliera tedesca, Angela Merkel. La Germania frena sugli interventi della Bce SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 69 06/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 10 (diffusione:619980, tiratura:779916) Bankitalia chiarisce: le operazioni non sono in conflitto. La Germania dimezza le stime di crescita Non possiamo continuare ad accrescere il debito pubblico La domanda interna ristagna. Depressi anche gli investimenti Stefania Tamburello ROMA «Se fosse necessario - ed è necessario - la Bce introdurrà nuove misure per contrastare il rischio deflazione». Il giorno dopo l'annuncio del presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, che interviene alla Sapienza, spiega perché la Banca centrale europea si appresta a varare un programma di quantitative easing , cioè di acquisto in particolare di titoli pubblici, ed indica anche le ragioni di chi, come il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, si oppone. La necessità di agire con ulteriori misure che aumentino l'offerta di moneta, è data dalle cifre sull'andamento dell'economia:«La domanda interna ristagna, gli investimenti continuano ad essere depressi, la disoccupazione è molto elevata, la variazione dei prezzi al consumo è particolarmente bassa», dice Visco spiegando che con un'inflazione «troppo bassa ci possono essere conseguenze gravissime per Paesi che hanno livelli di debito pubblico o privato molto alti». L'Italia è fra questi, col suo alto debito pubblico. «Non possiamo continuare ad accrescerlo», dice il governatore. La bassa e prolungata crescita dei prezzi, che non è ancora deflazione, ma che secondo le stime di alcuni operatori di mercato, citate da Visco, potrebbe durare addirittura fino al 2025, rappresenta dunque un rischio da combattere per tutti i Paesi dell'eurozona. Chi all'interno del consiglio della Bce si oppone all'acquisto di titoli pubblici, riferisce Visco, richiama il divieto di finanziamento monetario degli Stati della Ue. Il governatore non vuole lasciare dubbi su possibili interpretazioni sul tema del possibile conflitto d'interesse. «Ritengo che si possa affermare che acquisti sul mercato secondario non sono formalmente in conflitto con tale divieto. Ma vi sono diverse interpretazioni e bisogna discuterne apertamente», avendo chiaro però che «per garantire la stabilità dei prezzi la politica monetaria non può esimersi dall'usare tutti gli strumenti a sua disposizione». «La politica monetaria ha ancora strumenti a disposizione» obietta a distanza, Weidmann secondo il quale «abbiamo una politica monetaria che è troppo espansiva per la Germania». Quanto alla possibilità di quantitative easing, «i trattati europei escludono una mutualizzazione dei rischi» dice, mentre il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble insiste sul fatto che «una politica monetaria eccessivamente accomodante è la causa e non la soluzione dei problemi» dell'economia europea. Intanto i mercati, che giovedì avevano reagito negativamente alle parole di Draghi, hanno virato del tutto in attesa delle nuove misure della Bce. Le Borse, che hanno festeggiato anche i positivi dati sull'occupazione Usa (che a sua volta ha determinato l'indebolimento dell'euro a 1,229 dollari) e la crescita degli ordini industriali della Germania, hanno chiuso in positivo con Piazza Affari in aumento del 3,4% a 20.087 punti, mentre sul secondario lo spread tra i Btp decennali, il cui rendimento scende al nuovo minimo storico di 1,96%, e Bund tedeschi si restringe a 118 punti base. Nuovo ribasso infine, per il petrolio, con il Brent verso i 68 dollari, al minimo dal 2010, dopo che l'Arabia Saudita ha tagliato i prezzi . © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Il governatore Bankitalia, Ignazio Visco e l'ex premier, Romano Prodi. La Bce realizzerà gli acquisti di titoli entro marzo 2015 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 70 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Visco: sì agli acquisti Bce, deflazione rischio gravissimo 06/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 11 (diffusione:619980, tiratura:779916) La paura del futuro blocca l'Italia Il 60% teme di diventare povero Rapporto Censis: 8 milioni di persone non lavorano, le imprese non investono Alessandra Arachi ROMA Il terrore della povertà. La disoccupazione reale. La sfiducia verso gli altri. I giovani umiliati e senza futuro. Il Censis scatta la fotografia annuale del nostro Paese e, inevitabilmente, lo trova scarico, con le ruote a terra. È inevitabile uno stato d'animo di preoccupazione: il 60 per cento degli italiani ha paura di finire in povertà, che diventa il 64% tra i 45-64 enni e il 67% fra gli operai. È inevitabile questo stato d'animo quando il Censis è riuscito a contare quasi 8 milioni di talenti sprecati e la metà sono giovani. E si arriva a 8 milioni sommando i 3 milioni di disoccupati, 1,8 milioni di inattivi, 3 milioni di persone che lavorerebbero ma non cercano lavoro per sfiducia. Già, la sfiducia. Forse basterebbe una domandina che si annida nelle centinaia di pagine del rapporto per capire: sono 8 italiani su dieci che dicono di non fidarsi del proprio prossimo. Di più: dicono che al proprio prossimo bisogna stare proprio attenti. Del resto c'è poco da avere fiducia quando un Paese non è in grado di disegnare un futuro per i propri figli. E anche in questo caso basterebbe un numero per capire l'andamento negativo, quello dei cosiddetti Neet, i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano, un neologismo fresco di conio e già da record. I Neet in Italia erano 1,8 milioni nel 2007, sono diventati quasi 2 milioni e mezzo nel 2013. Ma non tutti i giovani sono uguali. I dati del Censis ci disegnano un'Italia divisa in due, ovviamente fra Nord e Sud. E lo fanno raccontandoci l'occupazione dei giovani fra i 25 e i 34 anni divisi per città. Non è la stessa cosa per un giovane abitare a Bologna o a Milano oppure a Palermo o a Napoli: i tassi di occupazione sono uno il doppio dell'altro, letteralmente. Per capire: il tasso di occupazione a Napoli è 34,2%; a Bologna 79,3%. A Palermo 36,3 e a Catania 38,1 mentre a Milano il 78,2. A Bari è il 50, a Roma 63,6. Ma se il Censis ci dice che i giovani sono umiliati, nella stessa giornata l'Istat ci fa capire come i pensionati siano invece bistrattati. Il 41,3% delle pensioni è sotto mille euro al mese, il 39,4% sta tra mille e 2 mila, il 13,7% tra 2 e 3 mila. L'Istat ci ribadisce anche una cosa in più: le donne percepiscono, in media, pensioni che sono inferiori a quelle degli uomini. Infatti i redditi fino a 500 euro sono erogati al 14,6% delle pensionate contro l'11,9% dei pensionati, mentre il 9% degli uomini riceve una pensione superiore ai 3 mila euro contro il 2,6% delle donne . Sullo sfondo la diffusione di Internet: l'80% dei giovani viaggia sui social network, ma cresce anche il numero degli over 55. Ed è chiaro perché il Censis ci dice che in 25 anni si sono dimezzate le copie vendute dei quotidiani. © RIPRODUZIONE RISERVATA La fotografia dell'Italia I talenti sprecati 7,8 milioni I tassi di occupazione I Neet (15-29 enni che non lavorano né studiano) Tra i 25 e i 34 anni, in % 3 milioni i disoccupati 1,8 milioni gli inattivi perché scoraggiati 3 milioni chi, pur non cercando attivamente un impiego, sarebbe disponibile a lavorare Fonte: Censis d'Arco 50,9% La quota dei disoccupati totali, costituita dai 15-34enni 64% La percentuale dei 45-64enni che ha paura 2007 di finire in povertà 1,8 milioni 2,44 milioni 2013 34,2 50,2 36,3 38,1 78,2 Napoli Bari Palermo Catania Milano Bologna Roma 79,3 63,6 47% la quota di italiani che ritiene finita la grande crisi. Ma il 60% teme l'incertezza e ha paura di diventare povero SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 71 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il caso 06/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 11 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 7 mondi L'Italia è il Paese delle «sette giare», sette mondi chiusi. È la definizione del 48° rapporto Censis per spiegare una società bloccata SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 72 07/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) «Giustizia, più tempo per le Nomine» Giovanni Bianconi ROMA Il Csm è in emergenza: «Dobbiamo procedere entro un anno a circa 500 nomine per incarichi direttivi e semidirettivi, molti dei quali rilevanti o rilevantissimi, e con le procedure e le forze attuali sarà quasi impossibile farcela», avverte il vicepresidente Giovanni Legnini. Una situazione che deriva dal taglio dell'età pensionabile dei magistrati, obbligati a lasciare la toga a 70 anni, senza possibilità di deroghe. L'allarme è rivolto all'esterno ma anche all'interno dell'organo di autogoverno dei giudici, al cui vertice siede il capo dello Stato. Che cosa chiedete a governo e Parlamento? «Sarebbe necessario articolare in due anni le nomine, in modo da poter decidere senza accumulare ulteriori ritardi e con la necessaria ponderazione. La decisione spetta al legislatore, e noi ci adegueremo qualunque sarà, ma un sano principio di buona amministrazione consiglia questa soluzione. Avere un anno di tempo in più, fino al dicembre 2016, partendo dalla sostituzione dei magistrati più anziani, ci consentirebbe di lavorare meglio senza lasciare scoperti troppo a lungo uffici anche delicati. Non vogliamo rallentare il ricambio che pure è necessario, ma garantire la qualità delle scelte in una situazione che non ha precedenti nella storia del Csm». E al vostro interno come vi state organizzando? «Il plenum ha già deliberato di incaricare 10 magistrati, per i prossimi 11 mesi, che redigeranno le motivazioni dei provvedimenti, e stiamo progettando un sostegno ai consigli giudiziari affinché i pareri siano più celeri e puntuali. Ma soprattutto dobbiamo snellire e rendere più efficienti le procedure: mediamente la durata di una nomina, nelle ultime due consiliature, è stata di 383 giorni: un dato insostenibile sul quale occorre intervenire con misure drastiche». A volte il rallentamento deriva anche dalla necessità delle correnti di prendere tempo per spartirsi meglio le nomine. «Gli accordi tra le correnti possono rallentare o velocizzare i tempi, a seconda del grado di coesione. La mia aspirazione è di rendere ininfluente il dato dell'appartenenza dei candidati a questo o quel gruppo. Non vorrei essere velleitario, ma dobbiamo provarci tutti insieme». Auguri. Tuttavia si sente dire che le due decisioni più importanti e imminenti - la scelta del procuratore di Palermo e la soluzione del conflitto alla Procura di Milano - vanno di pari passo perché una corrente non può vincere sia di qua che di là. «Su questo punto voglio essere categorico: non c'è e non ci sarà alcuna relazione tra le due decisioni, tanto più per ragioni correntizie». Staremo a vedere. Intanto per Palermo la commissione ha proposto tre candidati: ogni corrente ha votato il suo, e il «laico» indicato dal Pd s'è astenuto. «La commissione ha fotografato l'orientamento dei gruppi. Su questa premessa ho già avviato un tentativo serio di mediazione, con togati e laici, perché il voto finale sia il più possibile condiviso. I candidati (Guido Lo Forte, Sergio Lari e Franco Lo Voi, ndr ) sono tutti di alto profilo, ma il dato della coesione del Csm nella scelta del procuratore di Palermo è destinata ad incidere sull'impatto che essa avrà sul lavoro importante e delicato di quella Procura, e sul clima che s'è determinato negli ultimi mesi. Se non ci riuscirò e si arriverà a una divisione del Consiglio, chiederò a tutti di non caricare l'esito del voto di significati impropri». Vuol dire che non dev'essere letto come un voto sul processo relativo alla presunta trattativa Stato-mafia? «Lo sta dicendo lei». Il capo dello Stato è d'accordo sul suo tentativo di «moral suasion»? «Con il capo dello Stato c'è un confronto costante ed è informato di tutto. Anche di questo mio orientamento». SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 73 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA Allarme di Legnini (Csm) 07/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 74 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Sul caso Milano, invece, che succederà? «Spero che in settimana arrivino le proposte dei presidenti delle commissioni che si occupano dell'aspetto organizzativo e dell'eventuale incompatibilità ambientale, dopodiché chiederò che si voti rapidamente. Sul piano disciplinare so che la Procura generale della Cassazione sta già facendo le proprie valutazioni. Anche su questa tormentata vicenda farò il possibile per arrivare a una chiarificazione entro la fine dell'anno, con una decisione quanto più condivisa. Ho già incontrato sia il procuratore Bruti Liberati che il suo aggiunto Robledo, ai quali ho rappresentato l'inderogabile necessità per il Csm di dare le risposte che la legge impone, a tutela del prestigio di quell'ufficio e di tutta la magistratura». Il precedente Csm ci ha provato qualche mese fa, senza successo. «Non commento le scelte di chi ci ha preceduto. Dico solo che vanno assunte decisioni chiare e definitive». Comunque a larga maggioranza? «Sì, ma senza cedere ad indecisioni o a compromessi al ribasso. Meglio una delibera non condivisa che però risolva un problema, in un senso o nell'altro, che una unanime ma inutile». Alla fine comunque peserà la decisione delle correnti: non teme di avere le mani un po' troppo legate in questa ricerca d'intese preventive? «Ho molta fiducia in tutti i componenti del Consiglio, i quali sanno che se le correnti si dividono, il peso dei laici diventa decisivo. La felice intuizione dei costituenti sulla composizione mista a maggioranza togata, non fu casuale. Affrancare il Csm dall'eccessivo peso delle correnti significa far prevalere la qualità delle scelte e gli interessi generali dell'ordinamento giudiziario e della giustizia italiana. La ricerca d'intese tra tutti i componenti del Consiglio ha questo significato». © RIPRODUZIONE RISERVATA Chi è Giovanni Legnini, 55 anni, è stato eletto vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura nel settembre scorso È stato sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo Letta e all'Economia nel governo Renzi da febbraio a settembre 2014 07/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) 1 elettore su 3 «Sarà Meglio senza grillo» Nando Pagnoncelli Dopo il deludente risultato alle Regionali di due settimane fa, il Movimento 5 Stelle sta attraversando un periodo di forte turbolenza caratterizzato dal crescente dissenso interno che ha portato all'espulsione dei deputati Massimo Artini e Paola Pinna, dalle polemiche sulla mancata rendicontazione delle spese e delle indennità parlamentari e, soprattutto, dalla decisione di nominare un «direttorio» di 5 esponenti che affianchi il leader Beppe Grillo il quale, citando un'espressione di Forrest Gump , ha dichiarato di sentirsi un po' «stanchino». A tutto ciò si aggiunge l'Open day di Parma, la manifestazione promossa dal sindaco Pizzarotti che qualcuno ha definito la «Leopolda» del Movimento. Le reazioni degli elettori alla decisione di Grillo di fare un passo «di lato», pur mantenendo il ruolo di garante del movimento, sembrano molto controverse: il 37% ritiene che il M5S si avvantaggerà da questa decisione, il 31% è di parere opposto e pensa abbia poco futuro perché Grillo rappresenta l'anima del Movimento e il 25% è convinto che dopo un'iniziale difficoltà il M5S sia in grado di andare avanti da solo. Gli elettori pentastellati sono ancora più divisi: il 35% manifesta pessimismo sul futuro, il 34% prevede difficoltà iniziali seguite da un consolidamento e il 30% è ottimista: se Grillo si fa da parte le cose andranno meglio. Nel complesso due elettori su tre salutano con favore la nomina di un gruppo dirigente mentre uno su cinque ritiene che la decisione snaturi quei principi che, fin dalla sua costituzione, hanno riconosciuto a tutti i membri lo stesso potere: «uno vale uno» in una logica referendaria. E tra gli elettori grillini l'utilità di un gruppo dirigente viene riconosciuta da una percentuale ancor più elevata (71%): ciò sta a significare che si fa strada una domanda di cambiamento rispetto al modello finora adottato e privo di rappresentanza. Un modello che prevede processi decisionali concentrati su Grillo e Casaleggio e ratificati dagli iscritti mediante deliberazioni in Rete, in una sorta di versione contemporanea della democrazia ateniese di Pericle. Riguardo al futuro, la maggioranza degli elettori (68%), in particolare quelli del Pd (83%) e degli alleati di governo (77%), auspica che il Movimento possa essere coinvolto nella definizione delle principali riforme mentre il 24% è di parere opposto e pensa che debba preservare la sua «purezza» senza accordi con nessuno. Su questo tema l'elettorato grillino appare molto diviso: il 50% sostiene l'indisponibilità ad accordi, il 48% è di parere opposto. In questo scenario in forte evoluzione, tuttavia, gli orientamenti di voto a favore del M5S non sembrano risentire delle criticità: nei sondaggi di questa settimana, infatti, si attesta al 20%, confermandosi al secondo posto dopo il Pd, con un consenso di poco inferiore rispetto a quello ottenuto alle Europee. E, a conferma di questa stabilità, anche la valutazione dell'operato del Movimento non appare intaccata dagli ultimi avvenimenti, e si mantiene sul 25% senza differenze apprezzabili rispetto al dato di metà settembre pubblicato su questo giornale. Ciò induce a riflettere sulla strategia comunicativa del Movimento in questa fase delicata: appare evidente, infatti, che la Rete è uno strumento necessario ma non più sufficiente sia a conoscere le opinioni dei suoi elettori sia a comunicare con loro. L'utilizzo di Internet da parte del M5S è stato e continua ad essere molto innovativo, consentendo di affermare l'e-democracy, la consultazione dei cittadini e il loro coinvolgimento nei processi deliberativi ma l'eccesso di enfasi attribuita alla Rete determina il rischio di confondere la parte con il tutto, soprattutto in assenza di un confronto tra diverse tesi sullo stesso argomento, nonché di perdere di vista le opinioni e le aspettative dell'insieme del proprio elettorato. E riguardo agli strumenti di comunicazione, è evidente che la Rete non consente di raggiungere i quasi 5,8 milioni di elettori 5 Stelle (oltre agli elettori potenziali), la maggior parte dei quali continua a informarsi utilizzando la televisione. Sembra quindi opportuna una maggior presenza su questo mezzo, come peraltro si è cominciato a fare. Tuttavia questo è un passaggio delicato non privo del rischio di confondersi con la comunicazione politica tradizionale e perdere in tal modo uno dei tratti distintivi di questa importante forza SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 75 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IDEE INCHIESTE sondaggio nel M5S 07/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 76 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato politica. © RIPRODUZIONE RISERVATA Beppe Grillo ha annunciato di sentirsi stanco e di voler fare un passo indietro. Secondo lei il Movimento 5 Stelle senza Grillo... A capo del Movimento è stato nominato un direttorio di cinque persone, poi votato sul blog di Beppe Grillo. Secondo lei ... Ha poco futuro, Grillo era l'anima del Movimento Avrà delle difficoltà ma si riprenderà, ormai il M5S può andare avanti da solo Così si snaturano i principi del M5S per cui tutti hanno lo stesso potere Anche nel Movimento è utile un gruppo dirigente Non ne risentirà, anzi se Grillo si fa da parte le cose per loro andranno meglio Non sa Sondaggio realizzato da Ipsos PA per Corriere della Sera presso un campione casuale nazionale rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne secondo genere, età, livello di scolarità, area geografica di residenza, dimensione del comune di residenza. Sono state realizzate 987 interviste (su 9.617 contatti), mediante sistema CATI, il 2 e il 3 dicembre 2014. Il documento informativo completo riguardante il sondaggio sarà inviato ai sensi di legge, per la sua pubblicazione, al sito www.sondaggipoliticoelettorali.it. 31% 37% 25% 7% 15% 19% 66% Non sa I quesiti 20% la percentuale raccolta dal Movimento 5 Stelle nelle intenzioni di voto. Non molto inferiore al 21,2% ottenuto dal M5S alle elezioni europee dello scorso maggio 25% la percentuale di quanti giudicano positivo l'operato dei 5 Stelle: in linea col dato di tre mesi fa. Tra gli elettori del M5S è il 72% a dare valutazione positiva48% la percentuale degli elettori 5 stelle che pensano che il M5S debba dialogare con gli altri partiti sulle riforme 07/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 6 (diffusione:619980, tiratura:779916) Renzi e l'occasione per prendere la Capitale, roccaforte ancora ostile Maria Teresa Meli ROMA Certo non gli ha fatto piacere. Anzi. Finché si trattava del numero degli astenuti in Emilia-Romagna, è riuscito a tenere botta bene, perché in fondo, in quella tornata, nonostante il calo dell'affluenza alle urne, ha confermato una regione al Pd e un'altra - la Calabria - l'ha strappata al centrodestra. Ma il caso di «Mafia Capitale» lo ha digerito assai peggio. Primo, perché, come ha spiegato «ha oscurato l'approvazione del Jobs «ct e la chiusura della vertenza Ast». E questo gli ha dato non poco fastidio, visto che «fatti» del genere, insieme agli altri che seguiranno (la riforma elettorale al Senato e quella sul bicameralismo alla Camera) gli serviranno a dimostrare che «non sono malato di annuncite», ma passo «dalle parole ai fatti» e le mie «non sono chiacchiere», come qualcuno «racconta». Ma alla fine Renzi sta cercando di risolvere anche questa brutta storia a modo suo. Ossia, cercando di trarre del «buono» dal «cattivo» che è toccato in sorte. L'uomo è pragmatico. E non ha mai fatto mistero di «non essere quel politico improvvisato che qualcuno si immagina», ma «uno che legge i dossier, si prepara e poi, dopo aver studiato bene la situazione, decide». Per questa ragione, prima di trovare la soluzione per la questione romana, ha impiegato qualche ora di tempo. Quel tanto che gli serviva per capire che c'era del «marcio», che Marino andava «salvaguardato», e che il Partito democratico capitolino doveva essere decapitato. L'ultima tappa, in fondo, non gli è dispiaciuta poi troppo, perché il pd romano era una delle sacche più forti di resistenza al renzismo, anche se formalmente tutti o quasi, si erano convertiti al nuovo corso. La Capitale, come altre città italiane, del resto, era uno degli avamposti della vecchia «ditta» (intendendo per tale, in questo caso, non solo quella costituita dai ds ma anche quella proveniente dalla fu Dc) che cercava di «cambiare verso» a modo suo. Perciò la prima mossa è stata quella di chiedere a Lionello Cosentino di farsi da parte. Si è detto e raccontato che è stato lo stesso segretario della federazione romana a decidere di fare un passo indietro. In realtà le cose sono andate diversamente. Cosentino, che alle primarie non si era schierato con Renzi, sperava di assumere lui il ruolo di commissario. E invece gli è stato spiegato che doveva andare via. Lui ha fatto resistenza. Al Nazareno sono volate parole grosse e per i corridoi della sede del Pd si sono sentite voci alterate. Ma alla fine, la linea Renzi è uscita vincente. A quel punto il premier si è trovato di fronte a due scelte: affidare il commissariamento al vicesegretario Lorenzo Guerini o al presidente Matteo Orfini. Non volendo scontentare più di tanto la minoranza, che non vuole umiliare, perché gli serve nel grande risiko del Quirinale, il segretario ha proceduto a una consultazione lampo, sentendo le diverse anime del partito. Ha chiesto a chi conta nella Capitale quale fosse il nome preferito. «L'unico che non ha consultato è stato Nicola Zingaretti» si lamentano però gli uomini del presidente della regione Lazio, i quali temono che in questa partita una delle vittime sarà il loro leader. Che rappresenta una delle sacche di resistenza del Pd al renzismo imperante. Non a caso, ogni tanto si parla di lui, come del possibile competitor di area ds all'ex sindaco di Firenze. Alla fine la scelta è caduta su Orfini. Uno che prende molto sul serio il suo lavoro, che conosce Roma, e che non è tipo da fare passi indietro, tant'è vero che ha già annunciato ai segretari dei circoli: «Sono pronto a chiamare uno a uno tutti gli ottomila iscritti al partito, voglio sapere chi sono, perché hanno aderito, da dove vengono...». In parole povere, anche nella Capitale, che con la consueta pratica della resistenza passiva era riuscita a tenere a bada il renzismo, si sta facendo strada il nuovo corso. Certo, le polemiche non sono finite. E nemmeno i timori di nuovi sviluppi. Ma per ora su Micaela Campana, coinvolta nella vicenda per un sms a Buzzi, il Pd ha deciso di non muoversi. «Non facciamo di tutta l'erba un fascio» è il ritornello del premier. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 77 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il retroscena 07/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 6 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 78 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La deputata del Pd, bersaniana di ferro, non è indagata, quindi non si autosospenderà dalla segreteria. Né il premier, finora almeno, glielo ha chiesto. Forse, per ragioni di opportunità, le verranno cambiate le deleghe (al Welfare e al terzo settore) che ha nell'organismo dirigente del partito. Per il resto, c'è la minoranza, Rosy Bindi in testa, che continua a tentare di mettere in difficoltà Renzi su questa vicenda, ma lui con i fedelissimi fa spallucce e dice: «Ci sono strumentalizzazioni e provocazioni alle quali non vale neanche la pena replicare». © RIPRODUZIONE RISERVATA 289 giorni La durata del governo Renzi, entrato in carica il 22 febbraio scorso 358 giorni Il tempo trascorso da quando Renzi è segretario del Pd, il 15 dicembre 2013 Foto: Il presidente del Consiglio Matteo Renzi si affaccia sui Fori imperiali dal Campidoglio durante la sua visita al sindaco di Roma Ignazio Marino dello scorso 4 settembre (Benvegnù-Guaitoli) 07/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 8 (diffusione:619980, tiratura:779916) «Evasione fiscale, i calcoli sbagliati del sottosegretario» Vincenzo Visco Una singolare polemica è stata sollevata dal sottosegretario all'Economia Enrico Zanetti che, in una lettera al presidente della Corte dei Conti ripresa dal Corriere del 5 dicembre, contesta l'affermazione contenuta nella recente relazione della Corte sulla Tax Compliance secondo cui esisterebbe «una grave sperequazione» tra le imposte pagate dai lavoratori dipendenti e pensionati in sede Irpef e quelle pagate dagli altri contribuenti (autonomi). Poiché i lavoratori dipendenti e pensionati rappresentano l'82,7% dei contribuenti - argomenta Zanetti - non bisogna stupirsi se l'Irpef versata dai lavoratori dipendenti e pensionati rappresenta l'80% del gettito. Dove è la sperequazione? Il ragionamento lascia per lo meno interdetto il lettore consapevole. Infatti esso sarebbe valido a due condizioni: a) che non vi fosse evasione, e, b) che il reddito medio dei lavoratori dipendenti e pensionati da un lato e autonomi dall'altro fosse lo stesso. Ma così non è, come tutti sanno, e come dimostrato da una grande quantità di studi accademici svolti nell'arco di una trentina d'anni da numerosi studiosi a partire da chi scrive (1981) fino al più recente di due ricercatori della Banca d'Italia del 2008, con metodi e dati diversi ma che danno tutti risultati molto simili. L'Irpef italiana infatti è caratterizzata da una rilevante erosione della base imponibile che esclude dalla imposizione progressiva consistenti ammontare di reddito, e da una consistente evasione, che per certe categorie di reddito raggiunge livelli impressionanti. Per quanto riguarda l'erosione essa riduce la base imponibile e potenziale dell'Irpef di circa un terzo e riguarda essenzialmente i redditi derivanti dalla proprietà di cespiti: terreni, fabbricati e capitale. L'evasione rappresenta percentuali della base imponibile complessiva molto elevate (stimata tra il 20 e il 30-35%); essa è percentualmente ridotta o inesistente per i redditi di lavoro dipendente e pensione, ma raggiunge livelli molto elevati per tutti gli altri redditi e soprattutto per quelli da attività professionale (30-40%) e da imprese individuali (50-60%). Così stanno le cose ed è inutile negarlo. Piuttosto sarebbe utile sapere cosa pensa il ministro Padoan dell'esternazione del suo sottosegretario, dal momento che se il fenomeno dell'evasione fiscale viene negato o svalutato, può sorgere il sospetto che anche l'impegno del Governo su questo punto sia meno determinato di quanto si sostenga. ex ministro delle Finanze e del Tesoro © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 79 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La Lettera 07/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 30 (diffusione:619980, tiratura:779916) le riforme che rischiano di peggiorare la crisi Ricardo Franco Levi L Italia è sotto esame. Proprio ieri Standard & Poor's ha declassato il nostro Paese. Nei rapporti che riassumono i risultati delle osservazioni di istituzioni europee e internazionali, delle principali banche del mondo e delle agenzie di rating , sul banco degli imputati finiscono immancabilmente due fattori: l'alto livello del debito pubblico e la perdita di competitività del settore produttivo. Sul primo punto c'è poco da obiettare. Sul secondo, invece, c'è molto da dire: perché indica che le imprese italiane sono incapaci, o sempre meno capaci, di vendere i propri prodotti sui mercati esteri, di reggere confronti con i concorrenti stranieri. Ma è questo che dicono le cifre? Guardiamo agli scambi con i Paesi che non appartengono all'Unione europea. Nei dodici mesi che vanno dall'ottobre dell'anno scorso all'ottobre di quest'anno il saldo tra quanto abbiamo esportato e quanto abbiamo importato è positivo per 20 miliardi. Se togliamo acquisti e vendite di energia, la differenza è quasi tre volte tanto, poco meno di 54 miliardi. Un dato, quest'ultimo, che non è il frutto - come pure si potrebbe pensare considerando il perdurare della crisi della nostra economia - di un calo delle importazioni che, anzi, sono cresciute del 7,5 per cento. L'analisi dei dati potrebbe essere molto più approfondita, ma quanto abbiamo visto basta per mettere in dubbio l'immagine di un'Italia che avrebbe perduto la propria capacità di imporsi sui mercati internazionali con i propri prodotti. Certo, a partire dal 2008 abbiamo passato anni terribili: al punto che letture impietose dei dati porterebbero a concludere che da allora la nostra economia abbia imboccato una strada in discesa senza alcuna interruzione, neppure per un singolo trimestre. Ma imputare questa penoso sviluppo - anzi, questa assenza di sviluppo - alla «perdita di competitività» delle nostre produzioni appare discutibile. I forti incrementi registrati nel mese di ottobre nelle vendite verso la Turchia, gli Stati Uniti, la Cina e l'America Latina sono il segno di un apparato produttivo capace di cogliere le opportunità offerte dalla domanda estera quando e là dove questa si manifesta più sostenuta. Una rilettura come quella proposta non è priva di conseguenze: sia nei rapporti con tutte le istituzioni e i soggetti che si applicano sui nostri conti - a partire dal primo e principale dei nostri vigilanti, cioè l'Unione europea - sia nella definizione delle strategie di politica economica da adottare in casa nostra. Se a soffocare le nostre possibilità di sviluppo non è - o almeno non è nella misura che viene raccontata - la nostra mancanza di competitività, cioè la nostra capacità di vendere le nostre produzioni sui mercati internazionali sfruttando la domanda estera, ma è, invece, l'impossibilità di produrre per e di vendere sul mercato italiano per la mancanza di una domanda interna, allora qualche interrogativo e qualche aggiustamento è lecito. Politiche tese a incoraggiare lavoro, investimenti e innovazione, cioè disegnate per sostenere l'offerta, non dovrebbero al medesimo tempo indebolire la domanda. «Questo - scrive Martin Wolf, primo editorialista economico del Financial Times - è uno dei problemi delle consuete raccomandazioni sulla riforma del mercato del lavoro, che prevedono di ridurre i salari ad una larga parte degli occupati e di permettere ai datori di lavoro di assumere e licenziare con più facilità». «Le riforme - conclude Wolf - dovrebbero promuovere la domanda. È per questo che l'eurozona dovrebbe adottare una strategia equilibrata, evitando di affidarsi in modo eccessivo alle riforme strutturali». Difficile non essere d'accordo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Puoi SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 80 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ' Falsi miti Non è la perdita di competitività il problema dell'economia italiana, ma la debolezza della domanda interna. Politiche tese a incoraggiare investimenti e innovazione non devono passare da taglio dei salari e aumento della precarietà 07/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 30 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato condividere sui social network le analisi dei nostri editorialisti e commentatori: le trovi su www.corriere.it SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 81 07/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 33 (diffusione:619980, tiratura:779916) «La rete Metroweb a Telecom? Prima il piano industriale» Calcagno (Fastweb): il progetto del governo non favorisca l'ex monopolista La competizio-ne per le infrastrutture spinge l'innovazio- ne. Un vantaggio di cui anche i clienti possono beneficiare Operatore locale Metroweb è un operatore locale Noi siamo interessati a un piano nazionale Già fatta la maggioran- za degli investimen- ti. La nostra rete Ftth è a Milano, Bologna, Torino, Genova, Roma, Napoli, Bari Massimo Sideri «Il piano del governo che conferma l'impostazione del decreto Sblocca Italia nel riconoscere la centralità delle reti di nuova generazione Ngn è condivisibile, ma ha bisogno di alcuni aggiustamenti: non è agnostico dal punto di vista tecnologico e non protegge e non stimola la competizione infrastrutturale. Dal nostro punto di vista ben venga, ma è importante che siano disponibili per ogni operatore che vuole investire e che deve avere le stesse possibilità dell'incumbent Telecom Italia». Alberto Calcagno, 42 anni, amministratore delegato di Fastweb, si trova un po' tra l'incudine (Telecom che ha presentato un'offerta per Metroweb) e un «dolce» martello (Vodafone che in risposta a Telecom-Metroweb potrebbe decidere di riaprire il dossier Fastweb). Ed è per questo che si muove in attacco sia come azionista di Metroweb Milano sia come manager della principale fiber company italiana che ha già investito nelle 7 città dove la competizione è più serrata. Perché ritiene che il piano del governo possa non essere neutrale? «Perché punta sul cosiddetto Fiber to the building (Fttb, cioè la fibra fino al palazzo): gli operatori che investono devono essere lasciati liberi di puntare sull'infrastruttura che ritengono più efficiente per i 100 Megabps. Fastweb punta su un mix di Ftth (la fibra fino all'appartamento) e Fttc (fino al cabinet telefonico)». Ma non è un paradosso stimolare la nascita di più reti parallele e, magari, tutte nelle stesse città? «No, assolutamente: proprio la competizione infrastrutturale spinge l'innovazione ed è così che i clienti ne possono beneficiare. E questo non vale solo per il fisso ma anche per il mobile dove tutti stanno costruendo delle reti parallele 4G e non mi sembra che qualcuno abbia sollevato il problema della loro duplicazione. Anche nel fisso non c'è un'anomalia perché nei Paesi dove sono presenti i cable operator ci sono, di fatto, più reti». C'è il rischio di ricreare la dicotomia Nord-Sud, un Paese a due velocità, non crede? «Guardi, in realtà non c'è differenza in termini di traffico e ricavi generati nelle città al Sud rispetto a quelle al Nord: il traffico generato da un nostro cliente di Bari è uguale rispetto a un cliente a Torino». Telecom ha già presentato un'offerta per Metroweb. Siete preoccupati di una possibile acquisizione che modificherebbe il quadro complessivo anche per la rete Ngn e che permetterebbe probabilmente all'ex monopolista di ricevere parte degli aiuti del governo? «Su Metroweb sento parlare di valutazioni, di finanza. Ma qual è il piano industriale? Per noi Metroweb è un operatore locale e bisogna capire se l'obiettivo è solo mettere dei cavi nel sottosuolo o fare investimenti. Quando li avranno posati nelle stesse città dove noi siamo già chi prenderà queste fibre? A Bologna, per esempio, ognuno ha già la propria rete. Comunque Metroweb può decidere quello che vuole. Io sono interessato a un piano molto più ampio, nazionale». Voi avete già investito nella Rete, ma questo vi rende delle prede, magari proprio di Vodafone... «Mettiamola così: se guardo ai dati abbiamo già fatto la stragrande maggioranza degli investimenti. La nostra rete Ftth oltre che a Milano è a Bologna, Torino, Genova, Roma, Napoli, Bari cioè nelle città con una densità di popolazione alta e building blocks importanti, perché la fibra ha bisogno di queste metriche. Non si possono cablare le villette. Ma poi già dal 2012 abbiamo deciso di estendere la fibra oltre queste città per coprire il primo 20% della popolazione in Fttc, perché in Italia il cabinet è molto vicino all'utente finale. E ora puntiamo alle 100 città». E Vodafone? «Complessivamente nel 2014 abbiamo investito 6-700 milioni di euro, la stragrande maggioranza in infrastruttura. Siamo nella parte buona della strada come dicono gli inglesi, ma non entro nelle dinamiche SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 82 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA 07/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 33 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 83 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato degli azionisti (Swisscom, ndr) e nelle scelte degli altri operatori su di noi». © RIPRODUZIONE RISERVATA La ragnatela Metroweb METROWEB ITALIA Fondi Italiani per Metroweb le Infrastrutture Milano Fondo Strategico Italiano Metroweb Genova Swisscom (Fastweb) 10,6% 1,7% 53,8% 46,2% 85% 87,7% Metroweb Management d'Arco La vicenda Alberto Calcagno, 42 anni, è amministratore delegato di Fastweb. La sua è una carriera in gran parte costruita all'interno del gruppo dove era entrato nel 2000 come responsabile della pianificazione strategica. L'azienda di telecomunica zioni dal 2011 è diventata parte del gruppo svizzero Swisscom 08/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) «Troppi Scioperi Il governo medi» Antonella Baccaro «Il conflitto collettivo di lavoro ha assunto connotati patologici». A dirlo è il presidente dell'Authority per gli scioperi Roberto Alesse, che chiede al governo di tornare a mediare. a pagina 15 «In questa Italia da tempo nessuno media più. Ma il conflitto collettivo di lavoro nei servizi pubblici essenziali ha assunto ormai un connotato patologico che impone l'assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni. Negare loro interlocuzione è rischioso in tempi di crisi. Se ai sindacati che scioperano va applicata rigorosamente la legge perché l'Italia non può paralizzarsi, al governo va l'appello affinché incentivi le sedi del dialogo, perché è inimmaginabile che la ragione stia sempre solo da una parte». Il presidente della Autorità di garanzia per gli scioperi, Roberto Alesse, è preoccupato. Sotto le sue finestre in piazza del Gesù, nella ex sede storica della Dc, qualche giorno fa polizia e manifestanti si sono scontrati. L'ennesimo conflitto irrisolto. «Nel 2014 la conflittualità nei servizi pubblici essenziali rimane tendenzialmente alta: siamo lontani dal realizzarsi di condizioni che ne rimuovano le cause». Quanti scioperi? «Al primo dicembre 1.299 effettuati rispetto ai 1.279 di tutto il 2013. In questo scenario che risente della crisi che ha effetti recessivi nel settore pubblico e privato, l'Autorità è chiamata a svolgere un ulteriore ruolo laddove sussistano i presupposti: il raffreddamento delle controversie per evitare lo sciopero». E ci riesce? «Ci proviamo per le tante vertenze aperte che indicano che il Paese è scivolato lungo un crinale di sistematica inefficienza anche per la progressiva riduzione di stanziamenti per i servizi pubblici». La situazione in servizi come i rifiuti, è difficile. «Il settore è quasi al collasso perché accanto a fenomeni di mala amministrazione registriamo addirittura spesso mancanza di fondi pubblici a copertura delle gare di appalto. Così le imprese erogatrici non pagano gli stipendi già molto bassi». Dalle inchieste emerge che spesso questi soldi circolano, ma lungo altri canali. Voi cosa fate in questi casi? «Sanzioniamo per legge le aziende che erogano i servizi pubblici essenziali che si rendano responsabili dell'insorgenza o dell'aggravamento dei conflitti. Spesso accade nel Trasporto pubblico locale, dove sovente viene messo a rischio l'approvvigionamento di carburante e la manutenzione dei mezzi, con effetti sulla sicurezza del personale». E dei cittadini. Ma denunciate queste aziende? «Inviamo tutto alla Corte dei Conti e collaboriamo con l'Autorità anticorruzione». Ma il problema andrebbe risolto a monte. «Urge un radicale cambiamento di mentalità: è necessario per prima cosa sconfiggere il cancro del parossismo normativo. E poi serve una programmazione razionale dei servizi pubblici secondo il principio costituzionale dell'adeguatezza». Cioè? «Non è più possibile che ogni Comune, anche con pochi abitanti, proceda da solo a gestirli e sostenerne la spesa. Serve una forte riorganizzazione della macchina pubblica». Il governo ha promesso di metterci mano. «Sì, ma ci vuole maggiore buon senso. L'Italia degli ultimi anni fatica a abbandonare la logica schmittiana "amicus-inimicus" di totale contrapposizione in base alla quale c'è gente, non solo del ceto politico, che si sente legittimata a esistere solo se individua un nemico. Triste e pericoloso perché reca con sè la negazione del dialogo come capacità di ascolto e mediazione di interessi contrapposti». SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 84 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA Il garante Alesse 08/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 85 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Sta dicendo che bisogna tornare alla concertazione? «Lo dico in modo non retorico, non pensando cioè a riti stantii e non propositivi. Ma il metodo finalizzato a trovare sull'onda dell'emergenza soluzioni ragionevoli e condivise lo dobbiamo rilanciare in fretta. Persino le istituzioni tendono a non dialogare più tra loro per risolvere i problemi, dimostrando così di essere talvolta troppo pavide e talvolta troppo autoreferenziali». Una denuncia molto grave. «Per certi versi oggi stiamo vivendo una fase di anarchia istituzionale. Potrei fare tanti esempi di collaborazione istituzionale negata per la materia che mi compete». C'è invece mette in discussione il diritto di sciopero. «Scioperare è un diritto costituzionale che non va compresso oltre misura perché serve anche a neutralizzare iniziative che rischierebbero di scivolare sul terreno dell'illegalità». Lei chiama il governo al dialogo, ma i sindacati? «Ho avuto la sensazione che sarebbero propensi a un passo indietro in termini di minori garanzie pur di fare accordi. Si faccia uno sforzo comune». La Cgil vi ha chiesto un incontro sullo sciopero generale del 12 dicembre? «Sì, ma noi abbiamo già detto quello che avevamo da dire». © RIPRODUZIONE RISERVATA Le proteste Scioperi effettuati dal 1° gennaio al 30 novembre 2014, per categoria Fonte: Commissione di garanzia sciopero *anche scioperi locali; **categorie con meno di dieci scioperi ciascuna Corriere della Sera Igiene ambientale Trasporto pubblico* Pulizie e multiservizio Trasporto aereo Regioni Elettricità Poste comunic. Trasporto ferroviario Avvocati Appalti ferroviari Sanità pubblica Istituti di vigilanza Sanità privata Scuola Trasporto marittimo Ministeri Credito Metalmec. Trasporto merci Generale Altri** Telecomunic. 195 183 102 97 95 84 82 55 46 39 38 37 37 27 26 22 14 13 12 10 10 Foto: Spesso mancano pure i fondi pubblici per coprire le gare d'appalto Chi è Romano, 50 anni, Roberto Alesse presiede la Commissione di Garanzia sullo Sciopero 08/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 5 (diffusione:619980, tiratura:779916) L'ex sindaco: millanterie. Indagato un collaboratore della Kyenge avvicinato dalla banda La pista svizzera Ricostruiti i movimenti del commercialista che spostava il frutto delle tangenti a Lugano Contatti in Costarica e Honduras Fiorenza Sarzanini ROMA Valigette piene di contanti trasportate in Argentina dal sindaco Gianni Alemanno. Denaro portato all'estero evitando i controlli all'aeroporto. Ne parlano gli arrestati dell'inchiesta «Mafia capitale» in una conversazione intercettata e i controlli dei carabinieri del Ros si concentrano su una vacanza di qualche anno fa. Il percorso dei soldi porta in Sudamerica, ma anche a una fiduciaria di Lugano dove gli «spalloni» dell'organizzazione - capeggiata dall'ex estremista dei Nar Massimo Carminati e dall'imprenditore Salvatore Buzzi - avrebbero trasferito i soldi delle tangenti versate ai politici. Nella strategia di infiltrazione del Campidoglio e delle istituzioni romane Luca Gramazio, consigliere regionale del Pdl, avrebbe tentato di truccare le Regionali del 2013 proprio per continuare a comandare e gestire gli affari. Ma si sarebbero mossi anche a più alto livello riuscendo ad agganciare un collaboratore dell'ex ministro dell'Integrazione Cécile Kyenge per tentare di entrare nel Centro di accoglienza di Mineo, in Sicilia. Un dirigente della presidenza del Consiglio che per questo è finito sotto inchiesta. I viaggi del sindaco Il 31 gennaio scorso Luca Odevaine parla con altri due presunti complici di una lite che Alemanno avrebbe avuto con un uomo che però non viene citato. Odevaine: «Abita in questo palazzo, che figlio di m... ha litigato con Alemanno... per soldi se so' scannati... ma sai che Alemanno si è portato via, ha fatto quattro viaggi lui e il figlio con le valige piene de' soldi in Argentina, se so' portati con le valige piene de contanti, ma te sembra normale che un sindaco... me l'ha detto questi de Polaria». Schina: «E nessuno lo ha controllato?». Odevaine: «No è passato al varco riservato... poi ad un certo punto deve essere successo qualche casino, ad Alemanno gli hanno fatto uno strano furto a casa». Schina : «Cercavano qualche pezzo de carta». Odevaine: «Credo hanno litigato perché Alemanno ha pensato che ce li ha mandati questo». Le verifiche effettuate dagli specialisti hanno individuato un viaggio fatto da Alemanno in occasione di un Capodanno. Lui smentisce: «Millanteria totalmente infondata. Non ho portato mai soldi all'estero, tantomeno in Argentina. Il furto di cui si parla è avvenuto ad ottobre 2013 e basta aprire google per constatare che è stato ampiamente pubblicizzato. Per quanto riguarda il viaggio in Argentina ci sono stato per pochi giorni con la mia famiglia e un folto gruppo di amici a Capodanno 2011-2012 per andare a vedere i ghiacciai della Patagonia». Riciclaggio a Lugano È in una fiduciaria di Lugano che Stefano Bravo, commercialista ora indagato per riciclaggio, avrebbe trasferito parte dei soldi delle tangenti. Gli investigatori lo hanno scoperto ascoltando le sue conversazioni con Odevaine e adesso indagano per scoprire quanti fossero i suoi clienti e soprattutto per ricostruire la tela dei conti esteri svizzeri, ma anche quelli aperti in vari paradisi fiscali, compresa Panama. Nello stabile della città svizzera dove è entrato il 10 aprile scorso si trovano numerose società di investimento, ma la sua destinazione è stata individuata e su questo è già in corso una rogatoria con le autorità elvetiche per ottenere l'elenco dei depositi e delle operazioni effettuate dai personaggi inseriti nell'organizzazione. Le carte processuali fanno emergere numerosi contatti tra l'Honduras e il Costa Rica che proprio Odevaine, probabilmente per conto dell'organizzazione, aveva attivato per intraprendere attività di commercializzazione SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 86 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «Alemanno porta soldi in Argentina In aeroporto passa al varco riservato» 08/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 5 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 87 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato di prodotti italiani e reimpiegare il denaro ottenuto grazie al pagamento delle «mazzette». Gli stessi canali sarebbero stati utilizzati anche da altri politici foraggiati negli ultimi anni. I brogli alla Regione È il 21 febbraio 2013, Gramazio chiama un amico e intanto dice: «Finite le operazioni di voto, le urne vanno in alcune sedi dove vengono contate, non si tratta della classica operazione di controllo delle schede, quello c'abbiamo ancora tempo per fare gli inserimenti. Ce provo, se stiamo in tempo la metto». Annotano i carabinieri: «Luca Gramazio era candidato alle elezioni regionali. Da un'altra conversazione telefonica risulta che dispone di una rete di scrutatori impegnata nelle operazioni di scrutinio dei voti». La Procura di Roma ha aperto un'inchiesta e l'esponente del Pdl è indagato per «aver posto in essere atti diretti alla produzione di schede elettorali false». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Ex vicecapo di gabinetto Luca Odevaine quando lavorava per il Campidoglio: il sindaco era Walter Veltroni Foto: Uno degli scambi intercettati in cui Odevaine parla dell'ex sindaco di Roma Gianni Alemanno: «Lui e il figlio con le valigie piene di soldi in Argentina... ma te sembra normale...» 08/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 8 (diffusione:619980, tiratura:779916) Caccia al guru per il restyling del sindaco Monica Guerzoni ROMA Adesso che il Partito democratico nazionale ha blindato Ignazio Marino, il problema del Nazareno è come «vendere» il prodotto. A livello di comunicazione, s'intende. Al quartier generale dei democratici, in questi giorni di tensione e paura per i possibili sviluppi di Mafia Capitale, il tema è tra i più dibattuti e sviscerati. «Serve un restyling, del Campidoglio e del sindaco» ragionano i dirigenti più vicini a Matteo Renzi, che vanno stilando elenchi delle cose buone fatte dal giugno 2013 a oggi. La chiusura della discarica di Malagrotta, la (discussa) pedonalizzazione dei Fori Imperiali, il tentativo di risanare il bilancio capitolino, la resistenza contro le bande criminali... Puntare sui traguardi raggiunti e sull'integrità morale del personaggio, è il ragionamento dei democratici, metterebbe in ombra gli aspetti di debolezza mostrati nel primo anno e mezzo di governo della Capitale, come il tratto «naif» del carattere e la fragilità politica. La prima idea del premier sembra sia stata quella di chiedere un sacrificio ulteriore a Filippo Sensi in arte Nomfup, ma la star di Twitter ha già troppo lavoro come portavoce di Renzi e capo ufficio stampa di Palazzo Chigi. Un occhio attento su Roma lo ha puntato anche la deputata Alessia Rotta, laureata in Comunicazione con Umberto Eco. E però l'onorevole giornalista è molto presa dal suo incarico in segreteria per poter curare l'immagine del sindaco. E così, tra i renziani che contano, si fa largo un'altra idea: suggerire all'inquilino del Campidoglio di arruolare uno spin doctor professionista, che sia in grado in poche settimane di rifargli il look. «Magari cominciando dalla rasatura della barba...», scherzano al Nazareno. Dove circola la suggestione di presentare a Marino un «guru» della comunicazione del calibro di Marco Benatti, creatore di Matrix e del portale Virgilio e ora presidente di Fullsix, agenzia di marketing e comunicazione digitale quotata in borsa. Al Nazareno sognano insomma un Marino 2.0, che ricalchi almeno un po' le orme di Renzi quanto a capacità di sedurre i cittadini. Sempre che il sindaco riesca a resistere all'onda anomala che ha investito la politica romana. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 88 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il retroscena 08/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 9 (diffusione:619980, tiratura:779916) «Quei politici accanto a criminali che mangiano pesce freschissimo Diventerebbe marcia anche Oslo» Andrea Garibaldi ROMA «Un mio amico aveva chiesto al Comune di abbattere un pino pericolante nella sua strada. Dal Servizio giardini un funzionario gli aveva detto: "Non ci sono soldi". Non gli ha chiesto tangenti, sembrava un funzionario ottuso. È uno di quelli arrestati martedì, gli hanno trovato 500 mila euro murati in casa. I soldi c'erano, ma per lui». Sandro Veronesi, scrittore ( Venite, venite B52 , La forza del passato , Caos calmo , fino all'ultimo Terre rare ). Toscano, 55 anni, conoscitore di Roma per lunga frequentazione. Roma, dove il malaffare attraversa tutti i settori della società, come rivela «Mafia Capitale»... «L'unica soluzione sarebbe spostare la capitale a L'Aquila o a Perugia». L'Aquila o Perugia? «Roma è l'unica città al mondo che svolge quattro funzioni: capitale, metropoli, città sacra, città d'arte. Occasioni per delinquere legate a tutte e quattro. Politici accanto a camorristi e mafiosi, nello stesso ristorante, chiuso, poi riaperto, a mangiare pesce freschissimo. Diventerebbe marcia anche Oslo, così. E l'unica funzione spostabile è quella di capitale». Dai tempi di Savonarola Roma è considerata centro di corruzione morale. «Un mio prozio, Gerolamo Maria Moretti, fondatore della grafologia e frate minore conventuale, mi ripeteva questa frase: "Più vicino sei a Roma, più lontano sei dal cielo". Giacomo Casanova, uomo abbastanza disinvolto, scrisse che i romani sono come i dipendenti della Manifattura tabacchi, possono portarsi a casa tutto il tabacco che vogliono. I romani usavano dichiararsi "immuni dal giudizio di Dio"». Nulla è cambiato? «Roma è anche la città di cui parla papa Francesco, un concentrato di sofferenze e disagi. Fino a dieci giorni fa si parlava di periferie che esplodono. Ma a sobillare c'erano figure coinvolte nell'inchiesta di oggi». Colpisce nell'inchiesta «Mafia Capitale», nata nell'estrema destra, il coinvolgimento di esponenti del Partito democratico. «Non cado dalle nuvole. La diversità ormai è negli atti che si compiono, non nelle sigle: esistono persone per bene e persone non per bene. Nei partiti troppo spesso succede questo: mi tappo il naso e prendo persone che portano voti». Interessate ai soldi. «Ho un ricordo degli anni 70. Il padre di un mio amico faceva il maestro elementare. Diventò consigliere regionale e guadagnava lo stesso stipendio. Nicole Minetti, molti anni più tardi, invece prendeva 10-15-20 mila euro?». Quando è cambiato tutto? «Non lo so. Certo, con l'abolizione del Titolo V, fatta dal Pd, le Regioni hanno potuto decidere da sole i livelli retributivi. Una volta chi si arricchiva con la politica era considerato disonesto, e ci sono storici sindaci ricordati con affetto e gratitudine. Persone modeste, nel senso che sapevano vivere con ciò che ora sarebbero 2.000 euro al mese. Chi non si accontenta è corruttibile». A Roma scorrevano fiumi di denaro pubblico e i servizi sono tutti a pezzi. «New York, dieci volte gli abitanti di Roma, non ha problemi di smaltimento rifiuti. O di trasporti. Se i politici vengono scelti perché portano voti, poi non si occupano di far funzionare le cose. Altra questione: un tempo passare dalla Dc al Pci era come passare dalla Roma alla Lazio. Oggi trasferirsi da destra a sinistra è quasi una regola, nessuno eccepisce». C'è stato il caso della Panda rossa del sindaco Marino. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 89 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista a Sandro Veronesi 08/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 9 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 90 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «Un po' assurdo. A Roma quella multa che ti arriva ogni tanto è clamorosa: non c'è un solo articolo del codice della strada che venga rispettato». A Roma ci sono sportivi, attori e divi tv a braccetto con la malavita. «I casi di De Rossi, di Gigi D'Alessio non riguardano uno spirito romano. Ci sono persone del malaffare attirate dal mondo dello spettacolo e dello sport, e viceversa. Perché De Rossi chiama De Carlo e non va alla polizia? Forse non vuole far trapelare che era al night alle due di notte». Che fare, adesso? «Confiscare tutti i beni a corrotti e corruttori. Altrimenti, cosa vuoi che sia per gente così un po' di galera? Poi, selezionare solo persone oneste per la politica. Abbassare gli emolumenti. Leggi severe. Il Movimento 5 Stelle era partito bene, dicendo: non più di due mandati, nessun candidato indagato. Fare tutto questo spetta a chi è oggi al governo, altrimenti a cosa serve comandare?». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Il profilo Lo scrittore Sandro Veronesi, 55 anni, ha esordito nell'88 con Per dove parte questo treno allegro . Il suo ultimo romanzo è Terre rare Foto: Questa città ha troppe funzioni, meglio spostare altrove la Capitale Foto: Ma è anche il luogo di cui parla il Papa, un concentrato di disagiati e sofferenti 08/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 14 (diffusione:619980, tiratura:779916) «Pronto a lasciare la Camera Ma prima sentirò la base» Marta Serafini DA UNO DEI NOSTRI INVIATI PARMA «Il Movimento si sta sgretolando». È quasi incredulo il deputato Cristian Iannuzzi. Da Parma, dove è passato per la kermesse di Pizzarotti, fa sentire la sua voce di dissidente. Su Facebook, prima di arrivare all'hotel Villa Ducale, ha postato un messaggio scherzoso («oggi menù di pizza»), un selfie sorridente e un disegno che ritrae una pecora nera mentre vola fuori dal gregge. Ma il suo tono è tutt'altro che allegro. Che succede nel Movimento? «Il Movimento ormai è completamente diverso dalla sua idea originaria. Siamo stato eletti perché parlavamo di democrazia dal basso, di trasparenza. Tutte idee che non ci sono più. Ci siamo persi per strada quello che eravamo. Non facciamo altro che discutere di problemi interni. E i risultati si vedono». Cosa l'ha infastidita di più di queste ultime due settimane: le espulsioni, le polemiche via blog, gli attacchi a Pizzarotti? «La questione del direttorio. È stata una decisione imposta dall'alto da Casaleggio. Non ne sapevamo nulla. Sono arrivati qui e ci hanno detto: da domani si fa così». Molti hanno salutato questa novità come un passo indietro di Grillo. «Il direttorio è una struttura intermedia che nell'idea di democrazia diretta non ha senso. E la cosa più grave è che a violare il regolamento sia stato proprio Grillo che dovrebbe esserne il garante». Lei e altri suoi colleghi avete minacciato di dimettervi. «Posso parlare solo per me. Ma sento di non poter portare più avanti questo lavoro con un percorso così cambiato. Comunque prima di fare un passo del genere voglio consultare la base. Poi agirò di conseguenza». E se gli attivisti le dicono di no? «Allora combatterò finché non mi cacceranno». Non le sembra una linea drastica? Altri suoi colleghi sono passati al Misto . «Io non sono stato eletto per passare a un altro gruppo. Rispetto il voto dei cittadini, altrimenti peccherei di incoerenza. Proprio quella di cui parlo quando critico la nuova linea del Movimento». @martaserafini © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 91 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA Il deputato Iannuzzi 08/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 41 (diffusione:619980, tiratura:779916) L'infelice illusione di una decrescita felice Pierluigi Battista Un po' di ossigeno contro chi esalta il buio infelice della «decrescita felice». È un libro che si intitola Contro la decrescita (Longanesi), è scritto da Luca Simonetti, e andrebbe vivamente consigliato a chi non riesce a capacitarsi che un passato di penuria e miseria, dolore e rassegnazione possa essere indicato come un'Età dell'Oro. Un manuale utile per rintuzzare le solite, lugubri geremiadi contro il consumismo. Che poi è la possibilità per miliardi di persone di acquisire beni, opportunità e benessere in una misura inconcepibile in passato anche per i ceti più ricchi. Una raffica di argomentazioni documentate e convincenti contro i detrattori della scienza che ha salvato una quantità incalcolabile di vite umane. Contro chi rimpiange l'armonia bucolica di un mondo scomparso senza ricordare che in quel mondo solo lo strato signorile della società poteva avvantaggiarsene, lasciando i contadini ad ammazzarsi di fatica, a morire per malattie oggi facilmente curabili, ad abitare in tuguri lerci e puzzolenti, mentre la mortalità infantile faceva strage di bambini denutriti. Un libro che ricorda la forza democratica del progresso, del consumo, della globalizzazione che strappa alla povertà interi continenti condannati a vivere in condizioni disastrose, dell'istruzione garantita a popoli costretti in passato all'analfabetismo, della diffusione di massa di consumi culturali insperati fino poche decine di anni fa. Pensare che questo passato di stenti e di vita miserabile possa essere rimpianto come un Eden perduto testimonia della scomparsa di ogni elementare senso storico. Non sappiamo più da dove veniamo. Non abbiamo più la percezione dei tremendi costi sociali che la stagnazione economica, l'impossibilità di progredire, la subordinazione sociale, l'immobilismo culturale hanno gravato su un mondo che se non oltrepassava la soglia del chilometro zero, oggi idealizzato con rimpianto struggente, era perché non poteva conoscere quello che accadeva a più di un chilometro zero. Un mondo per cui lo slow food pativa la scarsità del food e la fatica disumana per procurarselo. Un mondo in cui i contadini di Ermanno Olmi venivano decimati al primo apparire di una malattia. Un mondo in cui la superstizione ostacolava persino i primi esperimenti di anestesia totale che avrebbero affrancato l'umanità da sofferenze indicibili. La non crescita era il vertice dell'infelicità. Questo libro ce lo ricorda. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 92 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Particelle elementari 06/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) I giudizi delle agenzie e le pagelle dei mercati di Isabella Bufacchi di Isabella Bufacchi Dopo i titoli di Stato con rendimenti all' 8%, che nel novembre del 2011 rappresentarono l'orlo del baratro della richiesta di aiuti salva-Stati, questa volta l'Italia è arrivata sull'orlo del baratro dei rating, declassata alla BBB- da S&P's. È arrivata sull'ultimo gradino prima del non investment grade, sulla soglia dei rating speculativi: e però si è fermata lì. L'outlook è stato migliorato da "negativo" a "stabile" e questa è una rating action da non sottovalutare per le sue ripercussioni, favorevoli al «merito» italiano. I giudizi delle agenzie che riguardano l'affidabilità del debitore cioè la sua capacità di rimborsare il debito puntualmente e integralmente, non sono gli unici fattori a muovere i prezzi e i rendimenti dei bond. Ben più determinanti - come si riflette in questi giorni sullo spread e sui BTp - sono le attese del quantitative easing della Bce esteso ai titoli di Stato, oppure la caccia all'alto rendimento data dalla compressione dei tassi. Continua pagina 3 Dopo la crisi della finanza strutturata e dei mutui subprime, durante la quale qualche "AAA" di troppo è vacillata (anche se in proporzioni minime e non da giustificare il panico e il sell-off che fecero chiudere i battenti all'intero mercato delle cartolarizzazioni), i rating sono sempre più considerati un'opinione indipendente ben argomentata ma una delle tante, il loro peso si è ridimensionato. Detto questo, l'outlook negativo sul rating sovrano continua a pesare. Chi acquista BTp, soprattutto dall'estero, uno sguardo ai voti sulla pagella dell'Italia lo ha continuato a dare. E quell'outlook negativo di S&P's, considerata la più severa delle quattro agenzie più seguite sui mercati, un'ombra sull'Italia fino a ieri l'ha gettata. Innanzitutto il mercato non poteva prevedere se la retrocessione (minacciata con una probabilità su tre di taglio in un arco temporale di due anni) sarebbe stata di un gradino o più. In secondo luogo, un altro punto interrogativo che gravava sull'Italia fino a ieri era quello di un declassamento alla "BBB-" con outlook confermato negativo. Gli scenari peggiori non si sono concretizzati e questo outlook stabile si allinea ora a quello di Moody's e Fitch. Restano le previsioni negative di DBRS che però ha il rating più elevato di tutti sull'Italia alla "A low". La retrocessione di S&P's resta comunque grave perchè porta l'Italia sulla soglia del rating speculativo, in controtendenza rispetto all'andamento dei rendimenti dei BTP e dello spread che macinano record al ribasso come se lo Stato italiano fosse divenuto sempre più affidabile. Quel che S&P's ha spiegato ieri è quello che pensa e teme una categoria molto diffusa di investitori istituzionali, di economisti, di analisti, di strategist, sul mercato domestico e su quello internazionale: che l'Italia è sempre meno affidabile perchè il suo elevatissimo debito pubblico sale e continua a lievitare mentre la sua economia non riesce a crescere adeguatamente, quel tanto che serve per mettere in sicurezza i conti pubblici. Il passaggio chiave del lungo comunicato-rapporto di S&P's resta quello relativo al debito pubblico perchè è di debito che gli analisti delle agenzie di rating sono principalmente esperti, perchè è sull'affidabilità del debitore che esprimono i loro giudizi-opinioni. Ebbene, in termini assoluti il debito pubblico italiano per S&P's salirà a 2.256 miliardi per la fine del 2017: anche se nella tabella il debito/Pil quell'anno calerà al 132,7% il miglioramento del rapporto è dovuto solo al Pil che aumenta. Un altro passaggio del documento di S&P's riguarda il calcolo del debito/Pil che aumenta oltre il 133% senza tener conto delle garanzie date dall'Italia all'Efsf e, diversamente da quello che accade per Eurostat, senza conteggiare gli Efsf-bond. Il debito/Pil crescerebbe ancor più conteggiando il contributo italiano al fondo salva-Stati. Il declassamento, comunque, non influirà tecnicamente sull'eventuale QE esteso ai titoli di Stato: i criteri applicati alle garanzie collaterali dalla Bce, e agli haircut collegati ai rating, vengono meno nel momento in cui la banca centrale acquista i bond sul mercato "outright" a prezzi di mercato e forse tramite asta competitiva come la Federal Reserve. L'Italia, non per le agenzie di rating ma per gli italiani, deve rilanciare la crescita potenziale, reale e nominale, per risolvere definitivamente il problema del suo alto debito pubblico. E' questo il messaggio di S&P's anche SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 93 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'ANALISI 06/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 94 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ai politici. La strada maestra della sostenibilità dei conti pubblici resta quella dello sviluppo economico. @isa_bufacchi © RIPRODUZIONE RISERVATA LA PAROLA CHIAVE Downgrade È un termine usato quando c'è una revisione in senso negativo, cioè al ribasso, da parte di una società di rating del grado di qualità del credito, cioè del grado di affidabilità a ripagare regolarmente i creditori attribuito a un emittente di titoli azionari e obbligazionari. Il downgrade - o declassamento - è possibile sia nel caso di aziende private sia nel caso di enti governativi, i quali si troveranno a dover remunerare maggiormente il denaro che chiederanno in prestito al mercato dopo essere stati declassati. Ieri Standard&Poor's ha tagliato il giudizio sull'Italia a «BBB-», un solo gradino sopra il livello «spazzatura», portando però l'outlook a stabile. 06/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Roberti: per i corrotti le pene dei mafiosi Nino Amadore Nino Amadore pagina 8 PALERMO «La corruzione è un elemento fondante dell'associazione mafiosa che si somma alla forza dell'intimidazione». Parola di Franco Roberti, capo della Procura nazionale antimafia, a Palermo per partecipare all'inaugurazione della IV edizione del corso per amministratori giudiziari organizzato dal Dems dell'Università di Palermo. Partiamo dall'operazione Mondo di mezzo: si tratta di un fenomeno unico oppure è esteso nel paese? È un fenomeno nuovo per Roma: nel senso che è stato scoperto adesso. Rivela quello che io chiamo le sinergie tra le organizzazioni criminali e organizzazioni di malaffare che non sembrano avere nulla di mafioso ma che in realtà si muovono come vere e proprie associazioni mafiose con la forza dell'intimidazione e della corruzione. Il modello criminale è il "tavolino" mafioso cui partecipano criminali, politici e pubblici amministratori corrotti e imprenditori collusi con un programma criminoso in cui tutti ci guadagnano. Colpisce l'attività nelle cooperative sociali che coinvolge dunque anche il cosiddetto Terzo settore. Nelle indagini che facemmo sulla ricostruzione post-terremoto in Campania furono coinvolte numerose cooperative che venivano dal Nord, dall'Emilia, che venivano a lavorare in Campania e si mettevano d'accordo con il mafioso e il politico locale per il controllo degli appalti. Già all'epoca c'era questo schema di infiltrazione, di collusione tra camorra, politici locali e cooperative. E l'elemento chiave è sempre la corruzione. Io avevo proposto qualche tempo fa di prevedere per i più gravi reati contro la pubblica amministrazione gli stessi strumenti investigativi previsti per i reati di mafia perché sono profondamente convinto che la corruzione fa parte a pieno titolo del metodo mafioso. Io modificherei addirittura l'articolo 416 bis prevedendo la forza dell'intimidazione o in alternativa quella della corruzione. La proposta della commissione Antimafia di sequestrare i beni ai corrotti mi trova certamente d'accordo. Bisogna partire da questa convinzione: la corruzione fa parte del metodo mafioso e quindi non puoi lasciare fuori la corruzione dalla metodologia di contrasto antimafia. Il progetto di legge della commissione Antimafia, che in parte coincide con quello del governo, punta a eliminare alcune storture del codice. Lei che ne pensa? Va nella giusta direzione. La priorità assoluta è quella di far funzionare il sistema di prevenzione antimafia e far funzionare l'Agenzia. Le proposte della commissione sono molto significative perché prevedono un percorso di emersione dell'azienda alla legalità assistito dal punto di vista degli sgravi e degli aiuti. Con una valutazione preliminare: nei primi sei mesi si deve vedere se l'azienda può essere salvata o se è già morta perché avendo perso il contributo del mafioso non è in grado di camminare con le proprie gambe. Una domanda sulla procura di Palermo: qui c'è sempre un'aria molto calda. Non sarebbe utile un maggior coordinamento? Guardi, le posso rispondere. Io sto venendo spesso a Palermo: partecipo alle riunioni della Procura e ci verrò anche alla prossima. Perché la Procura nazionale considera l'ufficio di Palermo centrale e nevralgico per il contrasto alle mafie. Credo che la nomina del prossimo procuratore, chiunque esso sia (i proposti sono tre eccellenti colleghi) sarà un'occasione di rilancio per una Procura che ha fatto la storia dell'antimafia. Anche per quanto riguarda il processo Trattativa che è un accertamento in corso e servirà a chiarire alcuni punti oscuri. Ma oltre a questo processo c'è ancora tanto da fare e io credo che sarà rilanciato con la nomina del nuovo procuratore. © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 95 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA Franco Roberti Capo della Procura nazionale antimafia 06/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Antimafia . Franco Roberti SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 96 06/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 2 (diffusione:334076, tiratura:405061) Padoan: debito italiano sostenibile, scenderà dal 2016 Alessandro Merli DUETTO CON SCHÄUBLE Il ministro tedesco: «Pier Carlo, apprezzo molto quello che avete approvato questa settimana ma sono contento di non essere nei tuoi panni» FRANCOFORTE Il debito pubblico italiano è sostenibile e comincerà a scendere dal 2016. Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha difeso ieri mattina a Francoforte, davanti a una folta platea di imprenditori e banchieri tedeschi, le scelte del Governo. «L'Italia è l'unico Paese europeo, insieme alla Germania - ha detto Padoan - ad avere da molti anni un surplus primario dei conti pubblici. Ma il calo del debito dipende anche dalla crescita e noi stiamo cercando di rimuovere gli impedimenti all'espansione dell'economia». La visita del ministro a Francoforte, dove la sera prima aveva avuto un incontro riservato con un gruppo più ristretto di esponenti dell'industria e della finanza, fa parte di uno sforzo per spiegare ai tedeschi la situazione italiana e l'operato del Governo, che spesso sono visti con scetticismo o pregiudizio. «C'è molta attenzione, continueremo a insistere», ha commentato Padoan, che recentemente era stato anche a Berlino con la stessa missione, prima del rientro a Roma. Ieri ha incassato pubblicamente l'appoggio del suo collega tedesco Wolfgang Schäuble, con il quale è intervenuto, in una sorta di duetto, all'apertura della tradizionale conferenza economica organizzata dal settimanale "Die Zeit". «L'Italia - ha dichiarato Schaeuble - è sulla strada giusta. Apprezzo molto, Pier Carlo, quello che avete approvato questa settimana. Ma al tempo stesso mi fa piacere di non essere nei tuoi panni». Padoan in effetti è arrivato nella capitale finanziaria tedesca poche ore dopo l'approvazione in Parlamento della riforma del mercato del lavoro, un fatto che ha potuto rivendicare davanti ai suoi interlocutori. Le vicende del Jobs Act sono state molto seguite in Germania nel mondo dell'economia e dai commentatori tedeschi, che fanno continuamente riferimento - e lo ha fatto anche Schaeuble ieri - ai benefici ottenuti dall'economia tedesca dalle riforme del mercato del lavoro del decennio scorso, che, generando un aumento dell'occupazione, hanno poi portato, ha ricordato, anche un miglioramento dei conti pubblici. «Abbiamo una lunga lista di provvedimenti - ha detto Padoan - e stiamo approvandoli. I risultati si vedranno nel tempo, ma contiamo che a un certo punto il loro effetto cumulativo imprima una svolta in termini di crescita». Per il ministro dell'Economia, quella della bassa crescita e dell'alto debito pubblico è la «doppia sfida» economica del Governo. A suo parere «non ci sono scorciatoie, né bacchette magiche» per l'uscita dalla crisi, ma questa può venire da una combinazione delle riforme strutturali, di maggiore integrazione europea, con il completamento del mercato unico, puntando soprattutto su energia, infrastrutture e tecnologia, e di inversione del declino degli investimenti, sia pubblici che privati. «Non possiamo essere soddisfatti di come sta andando l'Europa - ha detto il ministro italiano - dobbiamo metterla nuovamente in condizione di produrre crescita e occupazione». Padoan ha anche ricordato ai suoi interlocutori che, per la riduzione del debito pubblico, il Governo ha un programma di privatizzazioni che intende portare avanti «rispettando i tempi previsti». © RIPRODUZIONE RISERVATA I DUE MINISTRI La difesa di Padoan Il debito pubblico italiano è sostenibile e comincerà a scendere dal 2016. Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha difeso ieri mattina a Francoforte, davanti a una folta platea di imprenditori e banchieri tedeschi, le scelte del Governo.«L'Italia è l'unico Paese europeo, insieme alla Germania ad avere da molti anni un surplus primario dei conti pubblici» SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 97 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato A Francoforte. Incontri con banchieri e imprenditori 06/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 2 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 98 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'appoggio di Schäuble Padoan ha incassato pubblicamente l'appoggio del suo collega tedesco Wolfgang Schäuble, con il quale è intervenuto all'apertura della tradizionale conferenza economica organizzata dal settimanale "Die Zeit". «L'Italia - ha dichiarato Schäuble - è sulla strada giusta. Apprezzo molto, Pier Carlo, quello che avete approvato questa settimana. Ma al tempo stesso mi fa piacere di non essere nei tuoi panni» 06/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 5 (diffusione:334076, tiratura:405061) Se la valuta europea «vede» quota 1,20 Gianluca Didonfrancesco «La minima sorpresa dal mercato del lavoro americano sarà la scusa sufficiente per ricominciare a comprare dollari contro euro». Questo pensavano gli analisti e i trader ieri mattina, in attesa di leggere i dati sull'occupazione negli Stati Uniti. Ed è esattamente quanto successo quando la sorpresa è arrivata, nella forma dei 321mila nuovi posti creati a novembre, 91mila in più rispetto alle attese. Il risultato rafforza, tra i possibili scenari futuri, quello in cui la Federal Reserve anticipa la decisione di alzare i tassi. Una variazione delle aspettative che si è immediatamente tradotta sui cambi. L'euro è così scivolato fino a 1,2277 dollari, perdendo fino allo 0,8%, prima di recuperare attorno a quota 1,23. La moneta unica è insomma tornata in fretta ai minimi da quattro anni. Quota 1,20 non è poi più così lontana e c'è chi per l'anno prossimo vede un cambio a 1,15. Sulla breve vita del rimbalzo messo a segno giovedì dalla moneta unica c'erano del resto pochi dubbi. Il vigore del mercato del lavoro americano sottolinea lo spread che in questa fase divide i fondamentali economici di Stati Uniti ed Eurolandia, almeno per quanto riguarda tassi di crescita e di disoccupazione. Un divario che si farà strada anche sul terreno delle condizioni di politica monetaria, quando la Federal Reserve comincerà a stringere, considerando che gli analisti si aspettano di vedere sulla sponda europea dell'Atlantico scelte sempre più espansive, compreso il varo di un vero e proprio quantitative easing da parte della Bce. Quando questa prospettiva si concretizzerà, spingerà ancora di più gli investitori su asset denominati in dollari, attratti dai loro rendimenti superiori. L'aspettativa sempre più forte di questo scenario, come al solito, sta già orientando le scelte dei mercati, anticipandone gli effetti. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 99 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'ANALISI 06/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 13 (diffusione:334076, tiratura:405061) «Italia deludente sul dossier Made in» Giovanna Mancini le reazioni Ferrarini (Confindustria): la conferma della Ue tedesca Snaidero (Federlegno): tema prioritario per il Paese Bonomi (Anima): noi timidi «Sono deluso, molto deluso. È l'ennesima occasione persa, e la dimostrazione che questa Europa è alla mercé dei Paesi del Nord». Non nasconde il suo disappunto per l'ennesimo rinvio al riconoscimento dell'etichetta «Made in» il presidente di FederlegnoArredo, Roberto Snaidero. E la sua voce si aggiunge a quelle degli imprenditori della moda, del calzaturiero e della ceramica, riportate ieri su questo giornale. «Non accuso nessuno - commenta Snaidero - ma non è possibile andare avanti in questo modo. Noi però non ci arrendiamo: oggi stesso ricomincia la nostra battaglia per la difesa dei prodotti italiani». Una battaglia fondamentale perché, sottolinea Snaidero, finalizzata non soltanto al sostegno delle imprese, ma anche alla tutela dei consumatori. La posizione di FederlegnoArredo fa eco alle dichiarazioni di Lisa Ferrarini, vicepresidente di Confindustria con delega all'Europa, che giovedì aveva criticato la decisione del Consiglio competitività di Bruxelles di rinviare al prossimo semestre la discussione del dossier sull'etichettatura di origine dei prodotti di consumo non alimentari. Ma la critica va anche alla debolezza con cui l'Italia, sostenitore storico di questa battaglia, ha portato avanti il dossier. Perdendo, di fatto, il vantaggio che poteva derivare dal ruolo di guida del semestre europeo, ormai agli sgoccioli. «Quella di giovedì è stata una giornata tremenda - ha ribadito ieri a Giovanni Minoli, nel corso della trasmissione Mix24 di Radio24 -. Non è successo nulla. Anzi, è successo di peggio: è stata posticipata la discussione alla Presidenza lettone, il che vuol dire buttarla alle ortiche». Il semestre italiano alla Ue, secondo Ferrarini, è stato «decisamente negativo» per quanto riguarda il Made in: «Ancora una volta abbiamo avuto la dimostrazione che questa Europa è controllata dalla Germania e che l'Italia è così debole da non riuscire nemmeno ad aprire un dibattito. Questa è la cosa che mi rammarica di più». Critico verso il «fronte del Nord» anche Roberto Snaidero: «Attraverso l'etichettatura sull'origine noi difendiamo il valore dei manufatti italiani ed europei realizzati secondo criteri di qualità e sicurezza. Paesi come la Germania o la Svezia, che importano da fornitori extra-europei molti componenti destinati ai loro prodotti , hanno interessi diversi dai nostri». Dello stesso avviso Sandro Bonomi, presidente di Anima (l'associazione dell'industria meccanica varia): «Nello scontro storico tra Paesi a vocazione manifatturiera, come il nostro, e Paesi importatori, l'Italia ha peccato di timidezza e forse anche di superficialità. Il tema dell'etichettatura non è stato ritenuto prioritario. E invece lo è, perché la sua approvazione non porterebbe vantaggi una tantum, ma avrebbe ricadute determinanti per l'industria e l'occupazione, sul medio e lungo periodo. Si tratta di una vera misura di politica industriale e l'Italia non può permettersi di perdere questa battaglia». © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 100 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Competitività. Amarezza delle imprese per il rinvio del riconoscimento delle etichette 06/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 14 (diffusione:334076, tiratura:405061) «Imprese all'estero con il supporto di Confindustria» Nicoletta Picchio GLI OBIETTIVI La mission è facilitare i rapporti con la politica e le istituzioni di Paesi lontani e difficili Non solo "soci aggregati", ma "ambasciatori del sistema" all'estero. Dimostrando il successo delle imprese italiane nei contesti economici dove lavorano. «Ritengo fondamentale sottolineare la rilevanza che la riforma di Confindustria riconosce alle associazioni con sede all'estero: la prospettiva di sviluppo è molto interessante, sia come vocazione all'internazionalizzazione del sistema che per il riconoscimento del valore organizzativo». Edoardo Garrone, delegato di Confindustria per l'internazionalizzazione associativa, fa un primo bilancio e traccia le prospettive. Perché Confindustria anni ha favorito la nascita di rappresentanze imprenditoriali italiane in alcuni paesi specie nell'Est Europa? I processi di globalizzazione hanno portato, fin dagli anni 90, un numero sempre più numeroso di imprese a delocalizzare parte delle loro produzioni in paesi con alto potenziale di sviluppo e competitivi su alcuni fattori di produzione. Il tutto nasce quando la nostra Associazione di Treviso a fine anni 90 creò Fundatia a tutela degli interessi delle imprese trevigiane che avevano delocalizzato parti della produzione nell'area di Timsoara. Poi, il progetto Romania assunse una valenza nazionale e fu creata prima Unimpresa Romania, che in anni recenti, anche con la modifica dello Statuto Confederale, è diventata Confindustria Romania. Ma nel tempo sono nate anche Confindustria Serbia, Balcani, Bulgaria, Bosnia-Erzegovina e Russia. Sono tutte realtà che rappresentano gli interessi delle nostre imprese che operano in quei paesi e hanno necessità di una struttura di supporto che tuteli i loro interessi collettivi. Ma non ci sono già le Associazioni industriali in quei Paesi? In molti di questi paesi l'associazionismo è nato di recente in quanto fino a pochi decenni fa le imprese operanti in queste aree erano prevalentemente imprese pubbliche dove la mano dello Stato governava i mercati e quindi non esisteva un reale problema di tutela degli interessi . Il crollo del muro di Berlino nel 1989 e la conseguente liberalizzazione dei mercati ha fatto sì che molti dei grandi conglomerati pubblici in questi paesi si dissolvessero, favorendo la nascita di una miriadi di piccole e medie imprese. Sono nate allora le associazioni imprenditoriali private ma molto spesso, oltre ad essere ancora alla ricerca di un'identità precisa, non hanno una tradizione consolidata di difesa di piccole e medie imprese in quanto l'obiettivo era sempre stato quello di tutelare i grandi gruppi pubblici. Abbiamo, quindi, sentito l'esigenza di favorire quella che è stata una volontà autonoma dei rappresentanti delle imprese italiane operanti in quei territori nel creare un sistema associativo di sostegno alle loro esigenze per governare i rapporti con le autorità pubbliche: in altre parole favorire i loro operato quotidiano. Ma perché creare delle Associazioni di Confindustria? Non era più facile che queste imprese si consorziassero? Il problema della tutela degli interessi economici delle imprese non è un problema di distanza dal paese d'origine. Si tratta di mettere queste imprese, che sono imprese sempre riconducibili a una realtà imprenditoriale italiana, nella condizione di poter migliorare la loro presenza e la loro attività anche fuori dai confini nazionali. Era evidente la necessità di tutelarle ovunque esse potessero trovarsi ad operare. Specie in paesi come quelli citati, dove i rapporti di Confindustria con le autorità politiche ed istituzionali di sono sempre stati eccellenti. Recentemente vi è stato un problema con la vostra Associazione in Russia. Perché? Appartenere a un sistema di rappresentanza come quello di Confindustria vuol dire doverne accettare le regole comportamentali, il codice etico e lo statuto organizzativo che sono mutati nel tempo, come la recente SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 101 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA Edoardo Garrone 06/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 14 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 102 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato approvazione della riforma Pesenti evidenzia. Per far parte del perimetro di Confindustria è quindi necessario accettare le regole di rappresentanza e di partecipazione agli organi elettivi, di rotazione degli incarichi e soprattutto di rappresentare realtà imprenditoriali realmente operanti su quei territori e comunque sempre parte di gruppi che hanno in Italia la principale sede operativa. Nel caso della Russia, purtroppo, tutto ciò non è sempre avvenuto e i desideri dei singoli rischiavano di compromettere l'efficienza degli interessi complessivi. Ma il problema è stato superato nominando un commissario che in pochi mesi dovrà costituire la nuova Associazione tenendo conto della legislazione russa ma soprattutto nel rispetto delle regole confederali. Ma sembra che alcune imprese, non desiderose di accettare tout-court le regole di Confindustria vogliono mantenere in vita una seconda Associazione denominata GIM-Unimpresa che avrebbe dovuto essere sciolta da tempo. Di associazioni se ne possono creare tutte quelle che si vogliono? Certo, ma non avranno il riconoscimento di Confindustria. Sarebbe come se qualcuno chiedesse di iscriversi all'università non avendo ancora terminato l'asilo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: OLYCOM Foto: Delegato. Edoardo Garrone 06/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 22 (diffusione:334076, tiratura:405061) Unire la finanza, per unire l'Europa Tassare in modo omogeneo le rendite porta ad una tassazione uguale dei redditi Giuseppe Vegas Mai come in questo periodo, il concetto stesso di Unione europea è stato in crisi. In realtà, prima non lo era. Lo è diventato da quando, alla prima unione, quella politica, si è affiancata la seconda, quella monetaria. Ci si potrebbe domandare se due unioni siano peggio di una. In realtà si tratterebbe di una domanda mal posta. Infatti, con il passaggio da una a tre unioni (istituzionale, monetaria e bancaria) la situazione è sembrata migliorare e la matassa ha iniziato a dipanarsi. La strada è dunque quella di creare una pluralità di unioni che servano, come pilastri, a sostenere l'unione politica? Sembrerebbe di si. Una unione di Unioni potrebbe dunque offrire una prospettiva interessante. Ha ragione il presidente della Bce, Mario Draghi, quando afferma che la moneta unica, da sola, non può risolvere tutti i problemi: i problemi possono essere risolti solo dalle riforme strutturali. Si tratta di un'affermazione che mette a nudo la criticità di base dell'euro. I romani avevano diffuso la loro moneta in tutto l'impero e, in tempi più recenti, il regno sabaudo l'aveva diffusa in tutta Italia. Ma prima, entrambi, avevano imposto la propria legge su tutto il territorio. Se si regola allo stesso modo il "dare" e l'"avere" di tutti i sudditi o i cittadini, allora la moneta unica costituisce lo strumento più efficiente per l'allocazione delle risorse. Se, invece, i diritti e i doveri sono diversi, la moneta diventa elemento di deflagrazione delle criticità. Come abbiamo visto in questi anni, l'inseguire l'omogeneizzazione con regole di bilancio unificate e meramente quantitative, si è dimostrato una pura illusione. Infatti ogni paese può vantare i motivi per i quali le differenze del proprio ordinamento non consentono di realizzare l'obiettivo quantitativo di bilancio - prefissato in via generale - e magari anche che il suo perseguimento può determinare effetti negativi sull'andamento dell'economia. Tra l'altro, ogni paese sarebbe titolato a criticare il comportamento altrui. In buona sostanza, utilizzare la stessa moneta in due paesi dove, ad esempio, in uno l'età di pensionamento è fissata a 67 anni e, nell'altro, le figlie nubili hanno diritto alla pensione di reversibilità, rischia solo di produrre rivolte sociali. Per evitare queste conseguenze si sarebbe dovuto adottare prima, e per tutti, la medesima legge pensionistica. Questo approccio non è stato seguito ed ora sarebbe assai arduo tornare indietro. Per recuperare il terreno perduto, si può adottare un approccio gradualistico che, senza risolvere contemporaneamente tutti i problemi, si concentri nei settori-chiave, che possono costituire la base del cambiamento. A partire dai mercati finanziari. L'auspicata unificazione dei mercati finanziari - e, non a caso, al nuovo Commissario europeo preposto al settore è stato affidato il compito della Capital Markets Union costituisce la frontiera sulla quale si vince o si perde la battaglia della moneta unica. In mancanza dell'unificazione dei "codici", la sola strada realistica per affermare e mantenere il valore di una moneta comune, non può essere dunque che quella di dettare le medesime regole per il suo utilizzo. È la strada che è stata seguita nel caso della Banking Union. Definendo regole uniche per il funzionamento del mercato bancario e un meccanismo di controlli uguale in tutta Europa, si è ottenuto il duplice risultato di consentire a tutti i cittadini europei di disporre di un mercato del credito omogeneo - e quindi di non creare posizioni asimmetriche nell'accesso al credito a secondo delle diverse zone geografiche - e contemporaneamente dare ai risparmiatori un segnale di solidità del sistema bancario dopo gli eventi traumatici della crisi degli ultimi anni. È una strada che va seguita anche per i mercati finanziari. Per una serie di motivi. Innanzitutto per non discriminarli rispetto al sistema bancario. Se quest'ultimo, a seguito degli interventi Bce ha ottenuto il "bollino blu", non consentire anche alle imprese finanziarie che lo meritino di ottenere il medesimo attestato di qualità avrà il solo effetto di rendere queste imprese meno sicure agli occhi di risparmiatori e investitori. Con la conseguenza di ostacolare lo sviluppo di un mercato competitivo, tanto più necessario in una fase in cui il credito bancario difficilmente potrà espandersi - in conseguenza dei maggiori requisiti di solidità patrimoniale SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 103 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LA SFIDA DELL'UNIONE 06/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 22 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 104 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato imposti alle banche - in misura adeguata a sostenere l'auspicato sviluppo del prodotto interno lordo europeo. In secondo luogo, l'unione finanziaria serve a scongiurare possibili episodi di concorrenza sleale. Se, infatti, l'applicazione e il controllo delle pur esistenti regole comuni del mercato finanziario europeo non risulteranno omogenei e centralizzati, l'effetto sarà quello di incentivare comportamenti di sostanziale "concorrenza sleale" da parte di alcuni paesi a danno di quelli dove possono esportare i propri prodotti. Un caso non dissimile da quello del codice della strada, che è il medesimo in tutta Italia, ma non dappertutto viene applicato con eguale rigore. Una situazione non molto dissimile da quella già descritta delle pensioni. All'obiezione che si tratterebbe di un fine nobile, ma molto difficile da raggiungersi in concreto, si può replicare che è traguardo realistico. Infatti, nel settore dei mercati finanziari, la legislazione europea vincolante (attuata mediante lo strumento del regolamento e non più con quello della direttiva) sta ormai regolamentando quasi tutti i campi. Disponiamo quindi di una base comune già esistente, che potrà certo essere ampliata e migliorata, ma che costituisce un solido punto di partenza. Non solo. L'unione dei mercati finanziari potrà costituire il fondamentale punto di passaggio verso la "madre di tutte le unioni": quella economica. Vediamo perché. Per far funzionare un mercato finanziario europeo veramente unificato, non si può trascurare la questione della tassazione delle rendite finanziarie. Se esse resteranno, come è oggi, troppo diversificate da paese a paese, il mercato non sarà mai "unico" e l'Europa non si potrà presentare come un continente omogeneo ed "attrattivo" rispetto alle altre realtà continentali mondiali. Inoltre, una volta definito un livello di tassazione per il mondo della finanza, non si potrà nascondere la testa sotto la sabbia e non affrontare il tema del livello di tassazione per tutti gli altri tipi di reddito. Sarebbe difficile giustificare trattamenti disomogenei da paese a paese. Con la conseguenza che, ad analogo livello di tassazione, dovrà corrispondere un analogo livello di spesa pubblica. E, dunque, la sostanziale unificazione della legislazione. E qui torniamo al discorso iniziale, però questa volta con la soluzione del problema. © RIPRODUZIONE RISERVATA 07/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Il vento sta cambiando ma forse è troppo tardi Paul Krugman Di Paul Krugman pagina 20 Nel 2010 cominciai a capire che tirava una bruttissima aria quando lessi l'Economic Outlook dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che invocava non solo rigore nei conti pubblici, ma anche un aumento dei tassi di interesse perché... beh, perché sì, non basta? Ora l'Ocse raccomanda stimoli monetari e di bilancio in Europa. Non sono le stesse persone di prima. L'Ocse ha un nuovo chief economist, Catherine Mann, che ha sempre mostrato nei suoi lavori di ricerca un orientamento pragmatico. Il fatto che quest'anno l'Ocse abbia scelto Catherine Mann equivale a una dichiarazione di intenti, e la mia percezione è che il vento stia cambiando un po' in tutto il mondo. Ce n'è voluto di tempo. A inizio 2013, quando le storie sulla famigerata soglia del 90% di debito pubblico e le tesi sull'austerità espansiva si stavano sgretolando, molti di noi erano convinti di aver ormai sbaragliato gli austeriani. Ma avevamo sottovalutato il fatto che quei politici, alti funzionari e (in una certa misura) giornalisti che avevano difeso con accanimento queste posizioni nei tre anni precedenti si stavano giocando la loro credibilità professionale, ed erano disposti ad aggrapparsi a qualsiasi cosa - una leggera ripresa nell'Europa meridionale, per esempio, o un rimbalzo dell'attività economica nel Regno Unito appena il Governo ha smesso per un po' di tagliare a destra e a manca - pur di rivendicare la fondatezza di teorie in realtà clamorosamente smentite dai fatti. Continuano a farlo ancora adesso. Ma ormai i falchi sembrano battere in ritirata dentro la Federal Reserve, e quello che dice il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi (anche lui con un dottorato al Mit) suona terribilmente simile a quello che dice la presidente della Fed Janet Yellen. E aggiungiamo che tutto il dibattito sul Giappone si svolge in gran parte in territorio keynesiano. Tre anni e mezzo fa Businessweek dichiarava che Alberto Alesina, il profeta dell'austerità espansiva, era il nuovo Keynes. Ora ci dicono che il nuovo Keynes è Keynes. E gente come il miliardario direttore di hedge fund Paul Singer si lamenta della «krugmanizzazione» del dibattito. Perché il vento sembra finalmente cambiare direzione? In parte, secondo me, semplicemente per una questione di tempo: dopo sei anni sta diventando difficile non accorgersi che gli antikeynesiani hanno sbagliato praticamente su tutto. Lo scivolamento dell'Europa verso la deflazione rende ancora più difficile negare le realtà economiche della trappola della liquidità. E il rifiuto di quasi tutti gli antikeynesiani di ammettere anche il minimo errore li sta facendo apparire sempre più ridicoli. Potrebbe essere troppo poco e troppo tardi per evitare il disastro, specialmente in Europa. Ma è comunque qualcosa che vale la pena festeggiare, senza troppo entusiasmo. Prezzi del petrolio e pregiudizio deflazionistico. Lo so che tutti voi giovinastri non vi ricordate della storia antica, ma molto tempo fa, in una galassia molto, molto lontana - anzi no, in realtà nel 2011 e proprio qui sul pianeta Terra - i prezzi del petrolio e di altre materie prime stavano crescendo, non calando, e per effetto di questa crescita l'inflazione primaria correva un po'. Qualcuno di noi diceva che l'inflazione di fondo era un indicatore molto più attendibile per decidere la politica monetaria da adottare, e la Fed era d'accordo: ma i fanatici del pericoloinflazione si scatenarono e in Europa la Bce decise, con risultati catastrofici, di alzare i tassi di interesse. Perciò, adesso che il prezzo del petrolio sta scendendo vertiginosamente, le stesse persone che vedevano l'apprezzamento dell'oro nero come una ragione per alzare i tassi dovrebbero vedere questo calo come una ragione per applicare politiche espansive, giusto? Sbagliato. Adesso ci dicono che non bisogna fare caso al basso livello dell'inflazione primaria, perché è influenzata unicamente dal petrolio (anche se non è vero), e in ogni caso il calo del prezzo del petrolio è già uno stimolo per l'economia. Insomma, quando il petrolio sale è una ragione per applicare politiche restrittive, e quando scende è una ragione per non applicare politiche espansive. E poi si domandano perché parlo di sadomonetarismo. (Traduzione di Fabio Galimberti) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 105 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Krugman&Co. TUTTA L'ECONOMIA SUL WEB 07/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Ivan Cimmarusti le carte/pressioni sui politici pd e pdl sull'immigrazione ROMA C'è un filo che collega operazioni finanziarie sospette a San Marino con Mafia Capitale. Lo svela l'unità di informazione finanziaria, l'ente antiriciclaggio della Banca d'Italia, in una lunga informativa alla Procura della Repubblica di Roma in cui si fa il nome di Alessandro Febbraretti, imprenditore e «gestore del marchio Trony» coinvolto in altre inchieste giudiziare anche se non indagato nell'inchiesta Mafia capitale. Dalle carte, poi, emerge la richiesta di Gianni Letta al prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, di incontrare Buzzi e Guarany - rivelatisi nell'inchiesta sodali di Massimo Carminati - che avrebbero voluto far sorgere un nuovo centro di assistenza immigrati per ottenere finanziamenti pubblici. Il filone San Marino Gli atti di Bankitalia aprono un nuovo fronte che presto potrebbe riservare interessanti sorprese. «La segnalazione in esame - è annotato - vengono trattate congiuntamente in quanto attinenti a nominativi collegati a fattispecie che coinvolgono la Fidens Project Finance spa, finanziaria sammarinese plurisegnalata alla scrivente Unità e indagata dalla Procura di Roma. Di particolare rilievo, il collegamento emerso tra la citata Fidens e Alessandro Febraretti, dominus dell'omonimo gruppo attivo nel commercio all'ingrosso e al dettaglio di elettronica di consumo, nonché gestore del marchio Trony, nell'ambito di una vicenda finalizzata all'acquisizione della banca Credito Sammarinese». Nell'operazione finanziaria segnalata dalla Banca d'Italia, per un trasferimento di 300mila euro, compare il nome di Filippo De Angelis, il quale risulta essere iscritto nel registro degli indagati del procedimento madre sulla mafia della Capitale, aperto dalla Procura della Repubblica nel 2010. Febbraretti è un personaggio noto alle cronache giudiziarie, anche se non è indagato in questa inchiesta. Risulta amministratore della Edom, che gestisce 14 società legate al marchio Trony. Attualmente risulta imputato per i reati di evasione fiscale e falsa fatturazione in merito alla gestione di otto società del gruppo. Stando agli atti d'indagine, è «emerso un utilizzo sistematico di fatture per operazioni inesistenti formalmente emesse dalla società Gruppo Edom spa ma non registrate dalla stessa che, confluite nelle dichiarazioni Iva annuali delle altre società del Febbraretti, hanno contribuito alla creazione artificiosa di fittizi crediti Iva per importi milionari in capo a queste ultime». Un sistema che sarebbe servito «per neutralizzare i debiti Iva relativi alle operazioni attive e per effettuare, assai verosimilmente, indebite compensazioni di debiti erariali, contributivi e assicurativi riferiti alle prestazioni rese dai dipendenti e dallo stesso Febbraretti». Il centro assistenza immigrati Il boss delle coop Salvatore Buzzi e l'imprenditore Carlo Guarany, dunque, nello sviluppo del loro business criminale premono per ottenere finanziamenti legati all'assistenza immigrati. Come registrato nell'informativa del Ros dei carabinieri, Buzzi dice a Massimo Carminati che contatterà Gianni Letta per sviluppare il suo progetto. Lo schema è semplice: avendo la disponibilità di una serie di immobili a Castelnuovo di Porto, Buzzi vuole sfruttarli per ampliare il Cara (centro assistenza richiedenti asilo) già presente nella cittadina alle porte di Roma. Farà pressioni su politici Pd e Pdl e se l'obiettivo sarà approvato ne otterrà, di conseguenza, fondi dal ministero dell'Interno. Ma l'operazione non passa. Comincia, in realtà, con una rgenerica ichiesta in prefettura, ma a palazzo Valentini non rispondono e prendono tempo. Il motivo è semplice: a Castelnuovo di Porto c'è già un nucleo di richiedenti asilo di alcune centinaia di persone, la cittadina ha circa 8mila abitanti e ampliare la quota di immigrati presenti potrebbe far sorgere non poche problematiche. Ecco, così, la mossa politica che potrebbe essere decisiva, suggerita da Luca Odevaine a Buzzi, come registrano gli investigatori: contattare Gianni Letta, che potrà dirlo al prefetto. I fatti accertati dal Ros raccontano che Buzzi e Guarany vanno al Nazareno, SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 106 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Le operazioni sospette con San Marino 07/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 107 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato dove ha sede l'ufficio dell'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio. E di lì a qualche giorno vengono ricevuti da Giusepppe Pecoraro. Perchè, nel frattempo, è intercorsa la telefonata tra il prefetto e Letta, che gli ha chiesto di riceverli. Pecoraro sta al gioco, ma sa già come andrà a finire. L'ostacolo politico e tecnico alla richiesta di Buzzi e company è lì pronto a deludere qualunque istanza o quasi. L'esito positivo del progetto di Buzzi può avvenire soltanto con una forzatura indebita, ingiustificata, problematica. Come può essere motivata dalla prefettura la decisione di far sorgere un nuovo centro, o quantomeno di aumentare in modo consistente la sua capienza, in un paese di 8mila anime? Il prefetto di Roma dice agli ospiti che valuteràla proposta ma per verificare la fattibilità della richiestadovrà in sostanza rimettere la palla al sindaco di Castelnuovo di Porto. Che non può non dare il suo parere negativo. Per una volta tanto, la strategia criminale di Mafia capitale fallisce. © RIPRODUZIONE RISERVATA 07/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Ciucci: privatizzazione dell'Anas nel 2016 Giorgio Santilli Giorgio Santilli pagina 15 roma Rilancio degli investimenti, che nel 2015 dovrebbero fare il salto - in termini di spesa contabilizzata - da 2,2 a oltre 3 miliardi. Ma anche la privatizzazione sul tavolo dei ministeri dell'Economia e delle Infrastrutture. Il presidente dell'Anas, Pietro Ciucci, non si fa pregare. «L'approdo naturale della privatizzazione Anas - dice è la quotazione in Borsa, magari fatta in due tempi, con un collocamento istituzionale in una prima fase. Per arrivare al meglio a quell'appuntamento, realisticamente possibile nel 2016, dobbiamo però spendere il 2015 a completare la privatizzazione formale avviata nel 2002 e a dare certezze alle fonti di finanziamento della società». Ciucci richiama le prime privatizzazioni dell'Iri, quelle degli anni '90, quando era prima direttore finanziario e poi direttore generale del gruppo, per ricordare che non gli manca l'esperienza in fatto di privatizzazioni. «A quei tempi - rivendica - l'Iri era la più grande merchant bank d'Italia, privatizzazioni come quelle non se ne sono più fatte». Ma su quelle di adesso, quella della società che guida da otto anni, pesa come un macigno il tema di una struttura di ricavi «centrata su un sovracanone pagato dagli utenti delle autostrade a pedaggio» e «proporzionale al traffico che, come è noto, si è fortemente ridotto negli anni scorsi mentre quest'anno ha mostrato una modesta ripresa dell'1%». Sintesi, non senza un qualche riferimento implicito ai "concorrenti" concessionari: «Noi non godiamo di aumenti tariffari». Come si può affrontare il nodo della struttura dei ricavi? Nel 2010 era stato approvato un decreto contenente la possibilità per l'Anas di applicare un pedaggio su 1.300 chilometri di raccordi autostradali in gestione. Penso che quella sia la strada giusta, tanto più valida se parliamo di nuove opere da realizzare in project financing. Parlando di privatizzazione, non crede ci sia anche un problema di migliore definizione della vostra missione? Chi siete voi oggi, un concessionario come gli altri? Una struttura a servizio dello Stato? Ricorderà forse che nel 2011 l'azionista ebbe qualche incertezza strategica e fu varata una norma che ci imponeva di tornare a fare la struttura in house dello Stato. Mi pare che con gli ultimi due governi e grazie all'importante ruolo del ministro Lupi si sia tornati con coerenza a disegnare un'Anas di mercato. In questo senso, la missione è chiara: Anas è il gestore di 25mila chilometri di strade e autostrade, esattamente come i concessionari privati. Si tratta ora di fare qualche passo avanti con l'obiettivo di uscire dalla lista Istat del consolidamento del bilancio pubblico e uscire quindi dal perimetro della Pa. Un obiettivo di deconsolidamento del vostro debito che farà certamente piacere al vostro azionista. Penso proprio di sì, credo che il primo obiettivo sia completare la privatizzazione formale avviata nel 2002 e perseguita a fasi alterne per poi passare alla privatizzazione sostanziale. L'introduzione dei pedaggi su parte della vostra rete sarebbe la cerniera fra la privatizzazione formale e quella sostanziale. Toglierebbe quel tratto pubblicistico che ancora oggi ci frena e ci metterebbe in parità di condizioni con gli altri concessionari. Non avrete vita facile. Ricordo la minaccia di Alemanno di prendere a sprangate l'eventuale casello del Grande raccordo anulare. Non sto parlando del Gra, ma di un principio generale. È possibile in ongi caso prevedere norme a favore degli utilizzatori frequenti. Parità di condizioni con i concessionari? Ma voi godete ancora di trasferimenti dallo Stato. L'attività di gestione e di manutenzione ordinaria è autofinanziata dalla società con le modalità che abbiamo detto. Lo Stato paga gli investimenti che realizziamo per lui. Ma con il percorso che dicevo sarà possibile fare debito prevalentemente sui mercati finanziari, riducendo il contributo pubblico al necessario, come d'altra SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 108 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA 07/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 109 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato parte succede per qualunque opera non ce la faccia a stare completamente sul mercato. Il vostro bilancio ha avuto un riconoscimento con l'Oscar di bilancio per il 2013. Come andrà il 2014? Lo scorso anno abbiamo avuto un utile di 3,38 milioni. La relazione semestrale 2014 prevede un utile di periodo di 6 milioni che noi prevediamo arrivi a 16 milioni a fine anno. È, per le ragioni che dicevamo sui ricavi bloccati, un utile che deriva solo dal lavoro di riduzione dei costi. Sugli investimenti che previsioni fate per il 2015? Quest'anno ci confermeremo ai livelli dello scorso anno, circa 2,2 miliardi. Per il 2015 ci aspettiamo invece una forte accelerazione, oltre i 3 miliardi, per effetto del cambiamento delle politiche infrastrutturali. Effetto dello sblocca-Italia? Non solo: si è partiti dal "decreto del fare", si è andati avanti con la legge di stabilità 2014 e 2015 e poi con lo sblocca-Italia. È stato finalmente riaperto il rubinetto dei finanziamenti per le infrastrutture. Vediamo una linea di continuità estremamente positiva dal governo Letta al governo Renzi, che ci consentirà di avviare 50 nuovi cantieri per un valore di 5 miliardi entro la fine del 2015. Dov'era il blocco? Nel nostro caso, certamente nei finanziamenti perché noi possiamo vantare un portafoglio di 134 progetti cantierabili in tempi stretti per un valore di 10 miliardi. Non vorrei fare il keynesiano di ritorno, ma finalmente si è capito, in Italia e in Europa, che una politica di crescita non può prescindere dagli investimenti in infrastrutture che valgono doppio: riducono il il gap competitivo e sono occasione di lavoro immediato. Tanto più questo vale per noi oggi che abbiamo accelerato soprattutto sulla manutenzione straordinaria che, oltre ad essere essenziale per la sicurezza, presenta altre tre caratteristiche fondamentali: interventi di taglio piccolo e diffuso che dà lavoro alle Pmi, rapido avvio dei cantieri (2-3 mesi) e completamento dell'opera entro 12-15 mesi. Qual è oggi il quadro delle risorse? Negli anni passati abbiamo toccato minimi storici di finanziamenti alle infrastrutture. Per alcuni anni abbiamo avuto dal contratto di programma 300 milioni l'anno. Nel 2014, fra contratto di programma e decreto del fare, potremo contare su poco più di un miliardo e nel 2015 su 1,2 miliardi. Inoltre, lo sblocca Italia con 1,5 miliardi di risorse aggiuntive ci consente di avviare investimenti per 2 miliardi. Sul fronte delle procedure, non prova un po' di invidia verso l'amministratore delegato delle Fs Elia che vestirà i panni del supercommissario sulla Napoli-Bari? Invidia direi proprio di no, siamo la prima stazione appaltante del Paese in termini di bandi di gara in numero e in valore e abbiamo sempre operato con le procedure ordinarie. Fermo restando che occorre semplificare le norme, la vera sfida è rispettare i tempi, che per altro con lo sblocca-Italia sono molto severi, rispettando le procedure ordinarie. Per questo non basta l'impegno di Anas, ma è necessario quello di tutti i numerosi soggetti pubblici e privati coinvolti. Per altro ho nella mia vita diverse esperienze di commissario e mi permetto di dire che bisogna fare molta attenzione ai poteri commissariali perché ci sono norme ambientali e di sicurezza che nessun potere in deroga è in grado di aggirare. Oltre alla constatazione, che abbiamo fatto tempo addietro e che è diventata oggi patrimonio comune, che gran parte dell'illegalità che coinvolge il mondo degli appalti deriva proprio dalle procedure in deroga. In effetti negli ultimi mesi, dallo scandalo di Expo alle vicende di questi giorni di Roma, sul mondo degli appalti si è abbattuta una nuova tempesta giudiziaria. Vorrei sottolineare che l'argomento è delicato e che non si può generalizzare. Ad esempio l'Anas è un'azienda che in tutti questi anni non è stata neppure sfiorata dagli scandali. Oltre ad operare sempre secondo le norme ordinarie, abbiamo anche provveduto in via autonoma e ancor prima che ci venisse richiesto a recepire tutti gli adempimenti in materia di anticorruzione e di trasparenza previsti dalla legge, indipendentemente dal dibattito sull'applicabilità della normativa alle società per azioni a partecipazione pubblica. 07/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 110 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Lei dice che non siete stati sfiorati dagli scandali ma anche lei è stato iscritto nel registro degli indagati per abuso d'ufficio nell'inchiesta per i lavori della statale 275. Sull'indagine massima fiducia nell'operato della giustizia, a cui l'Anas assicura tutta la sua collaborazione. Ma è evidente che l'indagine sulla statale 275 non ha niente a che vedere con le ipotesi di corruzione di cui si parla a proposito di Expo e del Comune di Roma. Comunque, nel merito posso dire che l'Anas ha ribadito il suo impegno alla celere realizzazione dell'opera, anche in occasione di incontri istituzionali con il territorio, tenendo conto dei pareri legali dell'Avvocatura dello Stato. Quali sono le opere fondamentali da fare per la rete stradale oggi? La Sassari-Olbia, il completamento della Nuova statale Jonica 106 con il terzo megalotto, la Fano-Grosseto (ma più in generale darei attenzione maggiore alle trasversali), le opere di accesso alla Valtellina e l'Autostrada Roma-Latina che comprende, oltre alla Tor de' Cenci-Latina, anche la Tor de' Cenci -Fiumicino e la Cisterna-Valmontone. Qual è il suo bilancio sulla Salerno-Reggio Calabria? Un simbolo delle difficoltà del Paese - e del Sud in particolare - con tempi lunghissimi e un costo esagerato di 9 miliardi di euro. Il mio bilancio? Abbiamo realizzato l'autostrada più bella d'Italia. Ecco qual è il mio bilancio. Abbiamo realizzato 355 km di autostrada e un investimento pagato di 5 miliardi (700 milioni nel 2013). Con un costo di 20 milioni a km assolutamente comparabile con le altre autostrade costruite in Italia. E non abbiamo costruito in pianura, questa è un'autostrada di montagna, almeno in molti tratti, con ben 200 gallerie e 500 tra ponti e viadotti in 440 chilometri di tracciato. Si torna a parlare del Ponte sullo Stretto. Esiste davvero la possibilità di riprendere il progetto? E rischiate di pagare una penale pesante? Questo sarebbe possibile se ci fosse una decisione strategica del Governo in questo senso, ma non mi sembra si vada in questa direzione. La legge prevede allo stato che al general contractor sia pagato il 10% dell'attività di progettazione eseguita, circa 10 milioni di euro, e che il contenzioso è composto oggi di una causa del general contractor contro Stretto di Messina e una di Stretto di Messina contro il general contractor. L'esito, quindi, non si può dare per scontato. © RIPRODUZIONE RISERVATA Fonte: Anas 2012 2013 Quoz. di indebitamento complessivo Manutenz. straord. (annuale €/mil) Manutenz. straord. (2003-13 €/mil) Manutenz. straord. (fondi in gestione) Ricavi esercizio rete / Totale ricavi Manutenz.ordinaria / Costi operativi Costi del Personale / Costi operativi Manutenzione ordinaria (€/mil) Organico medio totale Lavori per manutenz. ord. (€/mil) Valore Aggiunto netto (valori in €) Consumo totale energia (GJ) Produz. energia da fonti rinnova. (GJ) Utile netto (€/mil) Ebitda (€/mil) ROE (Return on Equity) ROCE (Return on Capital Employed) 61,28% 2.202,42 24.289,17 0,761 79,73% 35% 43% 218,57 6.109 218,57 386.767.014 1.480.816 576 3,38 170,18 0,12% -0,10% 57,99% 2.284,45 22.086,75 0,719 80,58% 37% 42% 235,29 6.181 235,29 384.361.296 1.494.465 562 2,16 150,44 0,08% -0,63% L'ECONOMICITÀ LA GESTIONE OPERATIVA CORRENTE GLI INVESTIMENTI IN NUOVE COSTRUZIONI LA GESTIONE FINANZIARIA LA SOSTENIBILITÀ SOCIALE ED AMBIENTALE Gli indici di performance L'Anas: a confronto gli esercizi 2012 e 2013 lE CIFRE DEL GRUPPO Dati Anas al 3 dicembre 2014 2,269 I miliardi È il valore del capitale sociale 25.294,530 I chilometri Le strade e le autostrade dello Stato affidate all'Anas 07/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 23.984,368 L'estensione Statali, svincoli, Nuove strade Anas (Nsa), complanari. In km 1.310,162 La gestione diretta Autostrade gestite direttamente e raccordi autostradali (in chilometri) Foto: Al vertice. Pietro Ciucci è il presidente dell'Anas da otto anni SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 111 07/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Nino Amadore INTERVISTA A CANTONE ROMA «Da questa inchiesta romana emerge una classe politica completamente subalterna alle lobby criminali». Raffaele Cantone, magistrato, presidente dell'Autorità anticorruzione parte da una considerazione sulla permeabilità e subalternità del tessuto politico italiano alla luce degli atti dell'inchiesta "Mondo di mezzo" per arrivare a considerazioni frutto della sua grande esperienza di magistrato a lungo impegnato in indagini anticamorra su due elementi di questa indagine: la corruzione e l'intimidazione. Elementi che sono sempre di più presenti insieme nelle inchieste sulla criminalità organizzata. «La novità di questa inchiesta sta nel fatto di aver ipotizzato la corruzione come fatto prevalente nel caratterizzare l'associazione mafiosa rispetto al momento intimidatorio che rimane comunque indispensabile dice Cantone - e in questo caso a me sembra che l'intimidazione ci sia. Quindi, a legislazione vigente, non si può dire che la corruzione possa essere l'elemento determinante ma la presenza di un contesto intimidatorio qualifica l'organizzazione criminale per quella che è». Il procuratore nazionale antimafia sostiene che bisogna inserire anche la corruzione nelle previsioni del 416 bis. Per il futuro, dunque, bisogna pensare a integrare questo articolo del codice penale fondamentale per definire le organizzazioni criminali? La corruzione può essere elemento qualificante? Concordo con il procuratore ad inserire la corruzione fra le possibili modalità tipiche ma non in sostituzione dell'intimidazione. Perché l'articolo 416 bis evidenzia un meccanismo che allo stato è ancora vitale. Anche perché la tipologia classica di organizzazioni mafiose è tutt'altro che estinta. Nel progetto legislativo della commissione Antimafia, presentato di recente, sono previste le misure patrimoniali anche per i corrotti. Lei che ne pensa? Ovviamente sono favorevole anche se mi sembra più una innovazione formale che sostanziale. Anche perché si può già fare come ha dimostrato la Procura di Roma, che ha grande capacità di innovazione, la quale ha disposto il sequestro nell'ambito delle inchieste sullo scandalo della Grandi eventi all'imprenditore Anemone. "Capitale corrotta uguale nazione infetta" mi par di ricordare era il titolo di copertina del settimanale L'Espresso. Sono passati tanti anni, più di cinquanta, e la situazione, se possibile, è peggiorata, aggravata dal metodo mafioso. Emerge un'assoluta subalternità della politica alle lobby affaristiche e criminali. Noi vediamo un gruppo di affaristi che è in grado di comprarsi chiunque. Ho letto in un'intercettazione che erano in grado di dirottare i voti in quattro liste diverse. Emergono fatti che sono un pugno in faccia. Da questa inchiesta emerge anche la capacità delle organizzazioni criminali di fare affari nell'ambito del Terzo settore con le cooperative sociali. Come si può intervenire? Vorrei dire con grande franchezza una cosa: il terzo settore è un elemento fondamentale del nostro Paese, rappresenta la parte buona. Ma è anche vero che dietro questi meccanismi buoni si sono innestati da tempo alibi di soggetti che fanno impresa e purtroppo in molti casi con metodi criminali. Ci sono molti fatti del genere nel paese che coinvolgono le cooperative. Secondo lei perché? Qual è il fatto scatenante? I meccanismi dell'emergenza continua hanno creato danni incredibili. L'utilizzo dell'emergenza deve essere un fatto veramente strutturale altrimenti diventa occasione solo per i criminali. Gli immigrati continuano ad arrivare da anni e allora non si capisce, ormai, dove stia l'emergenza. Al Terzo settore dico che bisogna fare attenzione perché dietro il grande merito c'è un meccanismo di speculatori. Su questo punto bisogna andare SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 112 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «Ci sono corruzione e intimidazione» 07/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 113 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato avanti con coraggio: fare controlli su tutti per salvare i soggetti sani. Lei ha detto che avrebbe mandato a Roma una task force per verificare gli appalti. Non c'è nessuna task force. Ho risposto a una sollecitazione del sindaco Ignazio Marino il quale mi aveva segnalato che ci potevano essere gare sospette. Ho risposto che faremo le verifiche del caso e se ci sono le condizioni procederemo con i commissariamenti. © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Anticorruzione. Il presidente dell'autorità, Raffaele Cantone 07/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 15 (diffusione:334076, tiratura:405061) Adesso i territori delusi dalla politica cercano nuove radici LE TENSIONI LOCALI I conflitti si creano dai luoghi di prossimità e dai bisogni più elementari come la casa LO SPAESAMENTO Il malessere è ormai diffuso e trasversale: al momento del voto si sceglie di far parlare l'astensionismo di Aldo Bonomi Gli analisti politici, a fronte del dilagare delle astensioni alle recenti elezioni regionali e al raffreddarsi dei gazebo alle primarie del PD (soprattutto nel Nordest), hanno sentenziato che è finita la fase della politica legata al territorio. Per molti siamo di fronte alla fine della retorica federalista e della devolution verso le Regioni del Titolo V. Tendenza fiutata anche da Salvini che non parte più dalla filosofia del Cattaneo o del più prossimo Miglio ma punta sul nazional-populismo da rinserramento contro migranti ed Europa. Eppure, da analista territoriale dei microcosmi, mi tocca certificare che c'è fibrillazione sui territori. Quasi ci si stia spostando dalla lotta di classe per appartenenze a conflitti che partono dai luoghi di prossimità, da bisogni elementari come la casa che fibrillano le periferie, dallo spazio di posizione territoriale rispetto ai flussi che vengono dall'alto, dallo Stato centrale, dall'Europa, dal capitalismo delle reti. È, come vedremo, il ridisegnarsi delle terre di mezzo. Che, per essere chiaro, sono ben altro dal "mondo di mezzo" apparso alle cronache del malaffare romano. Il quale, a mio parere, dilaga proprio perché siamo in presenza di un eclissi di quella società di mezzo che rimandava alla capacità di canalizzare gli interessi e le passioni attraverso le parti sociali o la forma partito in dialogo con le politiche. La delegittimazione della società di mezzo e delle passioni è a rischio di farci ritrovare le bande del malaffare. Abbiamo abolito province e ragionato sulle regioni come orpello con un furore tutto verticale che rimanda alla Commissione e alla troika con lo Stato centrale come unico interlocutore, sulle aree metropolitane come polarità territoriali e i comuni che stanno nell'orizzontalità territoriale, ai quali rimane la coperta stretta del welfare e l'aumento della povertà nella crisi. Per non sembrare un nostalgico retore del non più, non mi sfuggono i limiti e la crisi profonda delle forze sociali e delle istituzioni della società di mezzo che abbiamo ereditato dal tardo '900. Segnalo che le fibrillazioni territoriali, del non ancora, si stanno spostando dalla ricerca della terra promessa, fosse il federalismo o l'Europa dell'Euro, alla terra di mezzo come spazio di resilienza del nuovo secolo. Elenco pacatamente ciò che vedo andando per microcosmi. Tra Sassuolo e Maranello, dieci comuni di due ex province Reggio-Modena, e di due distretti in metamorfosi, piastrelle e meccatronica, ragionano su come sviluppare la città-distretto. Che forse andava pensata e programmata prima, essendo che, guardando i numeri delle piastrelle, siamo scivolati al 6. posto della classifica globale dei produttori, anche se per fortuna temiamo ancora il terzo posto globale nell'export. E, per fermarsi al marchio Ferrari, che va benissimo, ci si interroga localmente se anche il grande marchio volerà verso la Borsa di New York. Giustamente i dieci comuni si interrogano come, a fronte di questa metamorfosi delle economie locali, si possa fare comunque città, essendo che i cittadini, a differenza delle imprese, sono ben ancorati al territorio. Partendo dalla stazione Medio-padana di Reggio Emilia dell'alta velocità, il Rotary, non Confindustria o i sindaci, ha recentemente convocato una serata sull'identità mediopadana, definita terra di mezzo con i suoi 2,5 milioni di abitanti che stanno tra l'area metropolitana di Milano (3,5 mln) e quella di Bologna (1,5 Mln). C'erano industriali a forte export, Università, sindaci dell'asse padano che ragionavano del futuro socioeconomico e industriale del loro territorio. Sussurri territoriali che attraversano anche l'asse pedemontano lombardo, dove le città medie che fanno corona alla costituenda area metropolitana si chiedono se avranno a che fare con una città-regione, una città globale o una città anseatica e quale ruolo avrà la Regione nella governance dello spazio territoriale. Non è che le cose vadano meglio nella costituenda area metropolitana in formazione. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 114 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato MICROCOSMI LE TRACCE E I SOGGETTI ... 07/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 15 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 115 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Da Monza a Legnano, da Abbiategrasso a Trezzo d'Adda si ragiona sulle aree omogenee che verranno disegnate, sul nuovo perimetro delle periferie della Milano di oggi e con quali risorse si disegneranno le reti leggere di trasporto, del welfare metropolitano e della smart city che verrà. Spostandosi nel Nord Est il racconto non cambia. Dal distretto di Montebelluna ai comuni consorziati a Trebaseleghe nel padovano serpeggia l'idea di città-distretto. L'università di Padova con il suo progetto M.A.S.TER (Mediatori e Animatori per lo Sviluppo del Territorio) da tempo lavora con i sindaci della città infinita veneta, spalmata sull'asse pedemontano sul suo rapporto con l'area metropolitana di Venezia sempre più parco a tema globale. Non vi è dubbio che le regioni sono troppo grandi per le fibrillazioni delle città distretto o delle "terre alte", oggi non più margine ma centro per ambiente, acqua e attraversamento delle reti, e troppo piccole per aree metropolitane che sono nodi globali. Non è un caso che proprio partendo dal territorio, e non dal ciclo del fordismo disegnato dalla Fondazione Agnelli, la Società geografica italiana ha ridisegnato una mappa che è una utile provocazione per le funzioni delle regioni. Che sono, anche loro, in fibrillazione guardando allo spazio europeo delle macroregioni promosse dall'Europa che ne ha già approvate tre: quella Baltica, quella Danubiana e la Macroregione Adriatico Ionica. In settimana si è tenuto a Milano il forum della Macroregione Alpina officiata, in nome delle reti europee, da Chiamparino e Maroni. C'era un clima altro dal referendum scozzese o catalano, che comunque sempre al malessere territoriale rimandano. Si potrà dire, da questo breve racconto delle fibrillazioni territoriali del Nord, che così si è evoluta ed è cambiata quella che nel '900 abbiamo denominato come la "questione settentrionale" del nostro Paese. Il territorio non vola più nello spazio della politica e sceglie di votare con i piedi, più che con la voce, facendo esodo con l'astensione. Ricordandoci che anche così è caduto il muro di Berlino. Il tutto ci segnala uno spaesamento rispetto ai partiti,ma soprattutto un bisogno di nuovo radicamento. Continuiamo a guardare il territorio e le sue fibrillazioni perché, come ci ha insegnato Simone Weil, «chi è sradicato, sradica». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA 07/12/2014 Il Sole 24 Ore - Nova 24 Pag. 9 (diffusione:334076, tiratura:405061) Una politica per la ricerca L'agenzia unica proposta presuppone la soluzione dei nodi di governance Carlo Rizzuto aPochi mesi fa il premier Matteo Renzi aveva proposto una serie di punti per la riforma dello Stato tra cui, per la ricerca, si indicava una «riorganizzazione strategica della ricerca pubblica, aggregando gli oltre venti enti che svolgono funzioni simili, per dare vita a centri di eccellenza». Recentemente la Commissione cultura del Senato ha adottato una risoluzione, basata anche su molte audizioni di attori della ricerca, che propone il trasferimento della ricerca pubblica, ora sparsa tra vari ministeri, sotto la Presidenza del consiglio, con la costituzione di una Agenzia che gestisca i finanziamenti con criteri basati sulla qualità. Ci si può quindi aspettare una nuova stagione di "riforme" che, come una specie di "global warming", potrebbe portare sia una fresca pioggia che, come nel recente passato, una alluvione (sono in Liguria e ho spalato fango anche oggi). Per capire se questa riforma potrà essere positiva conviene vedere le maggiori differenze tra enti di ricerca italiani e quelli dei Paesi in cui la ricerca funziona meglio sia nel produrre nuova conoscenza sia nel metterla a disposizione della società. Senza dubbio, in Italia vi sono due rigidità tra loro collegate: una istituzionale e una nella gestione del personale. Entrambe emergono chiaramente nell'indagine del Senato ed entrambe sono legate al fatto che gli enti di ricerca sono regolati come tutti gli altri enti pubblici, con una sovrastruttura "duale" che separa la responsabilità amministrativa da quella scientifica, e con personale inquadrato in "quadri organici" rigidi e con procedure garantiste anziché elitarie e competitive. La ricerca sotto la Presidenza del consiglio risolve queste rigidità? Un "ente pubblico" può avere, nella Presidenza, le flessibilità che hanno, ad esempio, il Max Planck tedesco o il Fom olandese? I sistemi di ricerca di successo sono organizzati a rete, con centri in cui la piena responsabilità è dei manager scientifici e in cui il personale viene attratto dalle condizioni di lavoro (come avviene per un crescente numero di italiani... fuori dall'Italia). Gli enti di ricerca italiani sono sottoposti a un malinteso "controllo strategico" da parte dell'amministrazione dello Stato (e qualche volta della politica). Anche senza citare la presidenza del Cnr del generale Badoglio, è utile ricordare che nel Cnen (ora Enea), nell'Istituto superiore di sanità e nel Cnr, in particolare dopo i casi Ippolito e Marotta (ma anche molto recentemente), si sono avuti direttori generali o commissari (legati o vicini ai servizi segreti) che hanno costruito amministrazioni orientate più al controllo che al supporto della ricerca, con strutture rigide del personale che possono, in qualunque momento, bloccare l'attività, controllando acquisti, viaggi e carriere. Per gli stessi motivi, si è avuta la dissoluzione dell'Istituto nazionale di fisica della materia e il tentativo di mettere sotto controllo politico Elettra, quando entrambi, con una gestione scientifica e una continua valutazione di livello europeo, hanno raggiunto la capacità di competere fuori dai confini della penisola. Vi è, quindi, un "problema a monte" che va affrontato, e cioè lo spostamento del l'intero comparto della ricerca fuori dal recinto rigido dell'amministrazione pubblica, con il criterio anglosassone (ma applicato in tutti i Paesi avanzati) dell'"arm's length" tra politica e ricerca. Come sviluppare questo spostamento? Se si vuole che la ricerca contribuisca al l'innovazione e alla competitività del Paese si può cogliere l'occasione che viene offerta dalla recente partenza di nuovi enti europei: reti di eccellenza come gli Eric (European research infrastructure consortia) alleggeriscono gli apparati amministrativi in favore di direzioni scientifiche efficaci (senza smantellare le eccellenze che esistono tra le istituzioni di minori dimensioni) e offrono un ruolo di coordinamento improntato a competizione, condivisione dei saperi e rappresentanza di livello internazionale. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 116 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Riforme |Modelli|Proposte | 07/12/2014 Il Sole 24 Ore - Nova 24 Pag. 9 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 117 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Foto: Eccellenze. I sistemi di successo nella ricerca, come il Max Planck Institut, sono organizzati a rete, con responsabilità di manager scientifici 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Chance in Albania per le nostre Pmi Vittorio Da Rold Energia e turismo sono i settori nei quali le nostre imprese possono fare affari in Albania. pagina 17 Il 44% dell'interscambio albanese si svolge con l'Italia, il 9% con la Grecia e il 5% con la Spagna. L'Italia ha questo primato grazie anche alla presenza di ben 1.460 aziende tricolori che operano in Albania. Ci sono molti terzisti per tessile, calzaturiero e parte dei circa 15mila addetti ai call center a ingrossare le cifre di questi flussi attratti soprattutto dal basso costo del lavoro, che arriva a 150-200 euro di salario medio al mese. Un addetto ai call center, per citare un esempio per tutti, può guadagnare 1,40 euro all'ora. Costi decisamente competitivi, visto che non è difficile trovare personale che sappia parlare anche quattro lingue, tra cui l'italiano, che è molto diffuso. Da ultimo si è aggiunta anche Agon Channel, di Francesco Becchetti, la prima tv italiana visibile sul canale 33 del digitale, che produce i suoi programmi negli studi di Tirana. Ma ci sono altri settori da esplorare, oltre a quelli tradizionali, per i nostri imprenditori come l'idroelettrico, i giacimenti di petrolio e gas e lo sfruttamento turistico dei 400 chilometri di costa ancora incontaminata e a tratti selvaggia. «Ci sono almeno mille Megawatt di potenza ancora da realizzare in Albania rispetto ai 1.500 esistenti, grazie all'abbondanza delle acque e dei dislivelli che permettono di sfruttarne le cascate per la produzione di energia idroelettrica. Il Paese è secondo solo alla Norvegia in Europa per questa abbondanza e ricchezza morfologica -afferma Giordano Gorini, amministratore di Essegei del Gruppo Camuna Idroelettrica, primo produttore privato di energia idroelettrica nel Paese delle "due Aquile" -. Naturalmente ci sono anche dei problemi, come il fatto che il Governo ci paga a nove mesi anziché a 30 giorni». Comunque la svolta sarebbe rappresentata dall'interconnessione elettrica del Paese con l'estero, come previsto dal progetto di posa di un cavo sottomarino che unisca il Montenegro con l'Italia, a cui sta pensando Terna. L'Albania ha significative riserve di petrolio e gas sia a terra sia nel mare. L'attuale attività di estrazione del petrolio si concentra soprattutto nei distretti di Berat e Fier, dove è attiva una grande raffineria (Ballsh) che garantisce ogni anno circa 500mila tonnellate di petroli. La canadese Bankers Petroleum, nella zona di Patos Marinza, vicino a Fier, ha una licenza di sfruttamento di 25 anni e detiene i diritti per i giacimenti di Kucova. La società ha investito 1,4 miliardi di dollari ed è il principale investitore straniero dell'Albania. Un altro operatore già presente è sempre una società canadese, la Stream Oil&Gas. Verrà lanciata nei prossimi mesi la gara per la privatizzazione della società di estrazione Albpetrol, al 100% di proprietà pubblica. Un'occasione da non trascurare, vista la vicinanza dell'Albania. Infine, il turismo che vede 400 chilomteri di costa ancora tutta da sfruttare, con acque pulite e incontaminate. Il governo di centro-sinistra guidato dal giovane e dinamico premier Edi Rama vuole attrarre nuovi investimenti internazionali realizzando una serie di riforme che mettano al passo il Paese con gli standard europei. «Il Paese va visto anche come un ponte sui Balcani, una base per raggiungere mercati verso est da 25 milioni di abitanti», spiega Daniele Scavaortz, da sette mesi alla guida della Veneto Banka, del gruppo Veneto Banca, presente in Albania dal 2009 con 120 milioni di impeghi e 16 filiali. L'altra banca italiana molto attiva nel Paese è Intesa Sanpaolo, al terzo posto nel mercato dopo la turca Bkt e l'austrica Raiffeissen. L'Albania ha registrato tassi di crescita economica intorno al 6% annui tra il 2004 e il 2008, accompagnati da una rapida riduzione della povertà. La prima fase della crisi finanziaria del 2008-2009 è stata superata relativamente bene, con la crescita ancora intorno al 3%, ma l'esplosione della crisi dei Paesi periferici europei, in particolare in Italia e Grecia, ha avuto effetti molto pesanti soprattutto sulle rimesse degli emigranti (prima della crisi pari al 12-15% del Pil), riducendo ancora il ritmo dell'espansione, cui si è aggiunta l'esigenza SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 118 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato MONDO& MERCATI . MEDITERRANEO 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 119 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato di tenere sotto più stretto controllo i conti pubblici. Oggi le stime dell'Fmi sono di una crescita del 2,1% nel 2014 e del 3,3% nel 2015. © RIPRODUZIONE RISERVATA 44% Quota dell'interscambio commerciale con l'Italia Foto: A caccia di oro nero. Un giacimento petrolifero nell'area di Barat nel Sud del Paese 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Tessile e alimentare, distretti al femminile Francesca Barbieri Un'impresa su quattro è capitanata da una donna e il valore aggiunto totale prodotto ammonta a 280 miliardi di euro l'anno. La media però nasconde risultati diversi a seconda dei settori. Dall'indagine di Red-Sintesi sul oltre 70 distretti emerge che roccaforti femminili sono il tessile, dove le quote rosa superano il 44%, il settore di pelli e calzature al 32% e quello alimentare al 29 per cento. pagina 15 Sono il distretto dell'abbigliamento della Valle del Liri, nel Lazio, e quello tessile della Maiella, in Abruzzo, i due "fortini" dell'imprenditoria femminile: qui le donne al timone delle aziende superano gli uomini con un'incidenza percentuale del 56,3% e del 52,8 per cento. Le quote rosa sono "pesanti" anche in altri comparti: si arriva al 40% tra i produttori di pelli, cuoio e calzature del Valdarno Superiore (Toscana) e al 37% nell'agroindustria di San Benedetto del Tronto (Marche). E l'avanzata si registra anche in realtà più maschili, come il mobile della Brianza, la sedia del Friuli, la metalmeccanica ed elettronica del Lecchese e Canavese (si veda l'infografica a lato). In Basilicata i due distretti dell'agroalimentare sono roccaforti femminili e in Campania si distinguono cinque aree con un peso delle donne superiore alla media nazionale, che nel settore manifatturiero è pari al 24%. In generale, poi, le "capitane d'azienda" originano un valore aggiunto annuo di 280 miliardi di euro (dato ottenuto in base al numero di imprese femminili totali al 30 settembre 2014). I risultati emergono dal report realizzato dal centro studi Red-Sintesi per Il Sole 24 Ore su oltre 70 distretti produttivi in tutto il territorio nazionale. Utilizzando la banca dati di Infocamere aggiornata al terzo trimestre 2014, sono state analizzate, per genere, le persone fisiche titolari di cariche nelle imprese attive registrate alle Camere di commercio. Nel complesso, su un arco di 5 anni, si evidenzia una maggiore presenza di donne tra i soci: sono il 38% del totale, in crescita dell'1,1% rispetto al 2009. Raggruppando i distretti per settore, a "vincere" sono tessile e abbigliamento (quote rosa al 44%), confezionamento di pelli e calzature (32%), industria agroalimentare (29%). Sul territorio, invece, a dominare sono Toscana e Veneto, mentre il Sud "batte" il Nord nell'agroalimentare: in particolare nei distretti del Vulture e del Metapontino (Basilicata) il peso femminile è in aumento. «Le quote rosa - spiega Catia Ventura, ricercatrice di Red - aumentano anche nei distretti produttivi di Parma e del San Daniele, in Friuli, nonostante la recessione abbia lasciato segni pesanti. Nell'area veneta del prosecco di Valdobbiadene e Conegliano, invece, malgrado la bassa incidenza della componente femminile, il trend degli ultimi anni è positivo (+14,5%, ndr)». La crisi ha penalizzato anche il settore dell'abbigliamento, ma le donne si sono difese meglio degli uomini. Ne sono un esempio la realtà di Prato, il tessile abbigliamento di Santa Croce sull'Arno e di Casentino-Val Tiberina, dove a lievi cali delle imprenditrici hanno corrisposto maggiori default tra gli uomini. La stessa situazione si registra nei distretti del settore calzaturiero: le donne resistono nel Valdarno Superiore e a San Mauro Pascoli (Emilia-Romagna), dove si sono verificati piccoli incrementi contro la diminuzione dei maschi, trend che stanno alimentando l'effetto "sostituzione". Nel mobile la maggior presenza femminile è nel distretto friulano della sedia (22,8%), mentre il settore della meccanica e dell'elettronica - malgrado sia storicamente "dominato" dai maschi -, ha quote rosa importanti nel Canavese e nella metalmeccanica del Lecchese (intorno al 22%). Tra le altre manifatture si segnala il settore orafo ad Arezzo e a Valenza, dove è sempre più ampia la platea di donne al comando. Situazione opposta nell'occhialeria di Belluno: si sono persi due punti in percentuale e la contrazione delle imprenditrici è stata più pesante. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 120 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IMPRESA& TERRITORI . MANAGER 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 121 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «In generale - conclude Lorraine Berton, presidente della sezione occhialeria di Confindustria Belluno Dolomiti - l'imprenditoria femminile nel nostro territorio mostra segnali contrastanti, con una decisa crescita tra il 2003 al 2005, seguita da un declino sino al 2010 e da una nuova inversione di tendenza a partire dal 2011». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA FOCUS SUI SETTORI SUL TERRITORIO Imprenditori per genere e tipologia di attività manifatturiera per incidenza donne sul totale. III trim 2014 Dove conta di più l'imprenditoria femminile nei distretti per settore. III trimestre 2014. In % Numero di imprenditori donne Fonte: elaborazioni Red-Sintesi su Osservatorio nazionale Unioncamere e Infocamere Tessile ed abbigliamento 42.632 44,10% Pelli e calzature 10.934 32,00% Industria alimentare e bevande 34.832 29,10% Carta-Gomma-Plastica 24.544 25,10% Altre industrie 13.572 23,20% Lavorazione prodotti minerali 10.147 21,10% Meccanica Elettronica 58.793 18,90% Legno e mobili 15.473 16,20% Veicoli e mezzi di trasporto 9.591 15,30% Incidenza donne in % Valli bresciane 22,6 20,1 21,8 23,4 24,6 26,0 47,2 52,8 56,3 24,3 20,8 22,5 40,1 38,1 36,4 35,0 32,4 37,0 Lecco Canavese Piemonte Nord Orietale Belluno Arezzo Carpi Maiella Valle del Liri Sassuolo Civita Castellana Tiburtina Valdarno superiore San Mauro Pascoli Solofra Metapontino Vulture S. Benedetto del Tronto Orafo, occhiali, rubinetteria Agroalimentare Tessile e abbigliamento Lavorazione prod. minerali Meccanica - Elettronica Pelli e calzature MEDIA NAZIONALE 23,9% 22,1% 220.559 CARICHE Donne sul totale dei imprenditrici titolari di impresa 37,8% Donne sul totale dei soci 21,5% Donne sul totale degli amministratori Foto: La fotografia L'imprenditoria femminile nei principali settori della manifattura italiana e nei distretti del made in Italy 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Se la crisi manda in tilt indicatori e statistiche Fabrizio Galimberti «Bugie, dannate bugie e statistiche!», sembra aver esclamato un giorno un primo ministro inglese dell'Ottocento, Benjamin Disraeli. Non si sa che cosa avesse occasionato quell'autorevole intemerata, ma si sa che la diffidenza verso le statistiche si ritrova spesso anche nel resto della popolazione, allora come adesso. Forse la più accesa e recente diffidenza - una diffidenza che nessuna pacata ricerca è riuscita a dissipare - sta negli effetti dell'euro sul livello dei prezzi in Italia. Eppure di statistiche - autorevoli e indipendenti - c'è un disperato bisogno. Parafrasando quello che scrisse Keynes a proposito del ruolo dell'economista (in una simpatica letterina alla moglie Lydia Lopokova): «In questo mondo moderno e sovrapopolato, che può continuare a vivere solo con sottili aggiustamenti, [lo statistico] non è solo utile ma necessario». Ma il disorientamento di questi mesi è più complesso. Da una parte c'è una discrasia fra diversi dati, quantitativi e qualitativi, sull'andamento dell'economia; una discrasia che esamineremo più avanti. Dall'altro lato, ci sono equivoci e confusioni nei modi di calcolare e comunicare le statistiche: ultimo inciampo, quello relativo ai due comunicati, il 28 novembre, dei dati sul mercato del lavoro: da un lato, l'aumento dei disoccupati e la diminuzione degli occupati nei dati Istat; dall'altro lato, la creazione, nell'ultimo anno, di due milioni e mezzo di posti di lavoro secondo i dati del ministero del Lavoro. Le due comunicazioni, anche se riferite allo stesso periodo (gli ultimi 12 mesi) non sono incompatibili (il dato Istat comprende anche i lavoratori autonomi), e Claudio Tucci, sul Sole 24 Ore del 29 novembre, ne ha fatto un'attenta analisi. Ma non vi è dubbio che il lettore comune si trova disorientato quando nello stesso giorno due dati statistici sembrano dare letture diverse del mercato del lavoro. C'è bisogno di più "educazione statistica", certamente. Ma bisogna anche ricordare che oggi come oggi la vita è difficile per gli statistici. Perché i dati siano significativi c'è bisogno di una certa continuità nel panorama di fondo di un'economia. Di solito i dati non sono censuari, a parte quelli, appunto, del censimento. Cioè a dire, sono dati raccolti da campioni che vengono costruti al tempo X secondo tecniche che li rendono rappresentativi dell'universo di riferimento. Ma se al tempo Y la struttura dell'economia comincia a cambiare, quei dati rischiano di non essere più rappresentativi. Il problema non è solo quello di una fotografia che non riesce a catturare la cinematografia. Continua pagina 10 Continua da pagina 1 C'è anche il problema di quali variabili vengono calcolate e quali non vengono calcolate. Sir Frank Holmes, un economista neozelandese, scrisse: «Le statistiche economiche sono come i bikini; quello che rivelano è importante, ma quello che nascondono è vitale». La battuta scherzosa ha una morale, specie in tempi, come quelli che stiamo vivendo, di forti cambiamenti strutturali: le statistiche viaggiano guardando nello specchietto retrovisore, mentre il panorama che si ha accanto sta cambiando. L'economia italiana ha subìto l'urto della più grave lacerazione degli ultimi ottant'anni, aggravata poi dalla crisi da debiti sovrani e dalle costrizioni di una austerità fine a se stessa. Sarebbe da meravigliarsi se questi urti non avessero forzato cambiamenti profondi nel tessuto produttivo e sociale della nazione. Da questi cambiamenti ha origine una discrasia illustrata nel grafico a fianco. Vengono riportati gli andamenti di nove variabili, dall'inizio del 2013 a oggi; quattro di queste sono variabili "reali": produzione industriale, Pil reale, fatturato reale, vendite di auto; e cinque sono variabili "qualitative", cioè basate su inchieste e giudizi: superindice Ue, superindice Ocse, indice Pmi (media ponderata di manifatturiero e servizi), indici di fiducia delle famiglie e di fiducia delle imprese. In un'economia "ben temperata" queste variabili dovrebbero andare di conserva. Ma, come si vede, non c'è nessuna "conserva": in genere, le variabili qualitative danno SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 122 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato I NUMERI DELL'ECONOMIA 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 123 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato indicazioni più positive di quelle "quantitative". E le prime, in linea teorica, dovrebbero essere più pronte a catturare i mutamenti nella struttura dell'economia. I dati statistici continuano a essere utili e indispensabili, ma è bene tenere sotto controllo, nel cruscotto della congiuntura, più variabili di quelle che siamo soliti seguire. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Fabrizio Galimberti Fonte: elaborazione del Sole 24 Ore su dati Istat, Markit, Ocse, Ue 120 115 110 105 100 95 Gennaio 2013 Ultimo dato Produzione Indice Pmi Fiducia imprese Fiducia famiglie Superindice Ocse Superindice Ue Fatturato reale Pil Vendite auto Statistiche a ventaglio Foto: Statistiche a ventaglio Gennaio 2013 = 100 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La disclosure punta anche all'Italia Si possono regolarizzare contanti, preziosi, immobili e altri beni «domestici» Valerio Vallefuoco Voluntary disclosure non solo dai paradisi fiscali. La legge sull'emersione e il rientro dei capitali dall'estero appena approvata dal Parlamento prevede anche una procedura per sanare l'evasione di redditi con cui sono stati formati capitali non esportati oltreconfine. L'emersione riguarda contanti (anche detenuti nelle cassette di sicurezza) immobili «fantasma», beni ereditati e non riportati in successione. L'adeguamento in ambito nazionale può completare l'iter per il rientro dall'estero. pagina 5 La legge sull'emersione e il rientro dei capitali dall'estero approvata dal Parlamento la scorsa settimana (la voluntary disclosure) prevede anche una procedura di collaborazione volontaria «nazionale». C'è la possibilità di sanare, con la nuova procedura, anche l'evasione di redditi con cui siano stati formati capitali non esportati all'estero: ad esempio, quelli detenuti nelle cassette di sicurezza. Le riflessioni che sin da subito devono fare i contribuenti e i loro consulenti che vogliono far emergere delle attività non dichiarate in Italia sono le reali motivazioni sottese all'uso del nuovo strumento. Innanzitutto, se lo stesso contribuente ha deciso di aderire alla procedura di rientro dei capitali dall'estero, deve valutare il pericolo di decadere dagli effetti favorevoli della voluntary disclosure. La normativa prevede infatti - anche se non manca qualche opinione diversa - che la collaborazione sia completa; quindi, in caso di successivo accertamento, il contribuente potrebbe subire la revoca e il disconoscimento degli effetti favorevoli della procedura già azionata per i capitali all'estero che ormai però ha dichiarato. Non mancherà infatti qualche soggetto che, nel clima di incertezza precedente all'approvazione della nuova norma sul rientro dei capitali, avrà prelevato ingenti somme dal suo conto corrente estero nell'errata convinzione che la chiusura del conto o i prelievi non siano poi riportati a tassazione una volta scoperti dall'amministrazione. Peraltro, proprio la collaborazione volontaria si presta a essere l'unico strumento lecito per sanare tali prelievi magari detenuti in cassette di sicurezza o nelle case di questi contribuenti. Infatti, se i prelievi sono compatibili con le somme da dichiarare, si potrà chiedere all'amministrazione di riconoscere che le somme siano riconducibili ai capitali dichiarati. Anche per le cassette di sicurezza detenute in Italia il cui contenuto non è stato dichiarato al momento della successione ereditaria, questo strumento appare l'unico utilizzabile per evitare gravose sanzioni e la sottoposizione a integrale tassazione ordinaria. Si può ipotizzare anche l'utilizzo dello strumento per far emergere mobili e immobili non registrati (le cosiddette case fantasma non registrate al catasto): questi beni possono infatti essere significativi di redditi nascosti. Com'è noto, peraltro, l'uso del contante per pagamenti non può superare mille euro e ci sono specifiche segnalazioni in caso di utilizzo anomalo e ripetuto nonché frazionato di contante per tutti gli operatori commerciali, non solo per le banche. I mezzi di cui dispone l'Amministrazione finanziaria sono tali e tanti che a oggi, più di qualche tempo fa, è impossibile pensare di sfuggire allo studio incrociato delle banche dati di cui il Fisco dispone. L'istituzione dell'archivio dei rapporti finanziari, come sezione dell'Anagrafe tributaria, con procedure esclusivamente telematiche, rappresenta infatti un grande strumento di indagine per l'amministrazione, dal momento che è ormai possibile confrontare le dichiarazioni dei contribuenti, anche passate, con i loro conti correnti e con tutte le operazioni di acquisto, vendita e spese effettuate da loro, dai loro familiari e dai soggetti da loro delegati. Spesso, peraltro, prima della decadenza dell'ultimo anno di accertamento, partono richieste di informazioni e giustificazione da parte del Fisco dalle quali scaturiscono accertamenti su tutte le annualità precedenti e sulle SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 124 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Dal provvedimento appena approvato un'opportunità per i contribuenti più a rischio di contestazioni 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 125 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato successive, perché si superano le soglie di rilevanza penale. Anche il moltiplicarsi delle segnalazioni antiriciclaggio è un patrimonio informativo per l'amministrazione tale da far scaturire numerosi accertamenti fiscali. Quindi, chi è consapevole che i movimenti dei propri conti correnti, negli ultimi cinque anni, non sono coerenti con le dichiarazioni presentate, avrà un motivo in più per riflettere sull'opportunità di aderire alla nuova procedura. © RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina a cura di Valerio Vallefuoco I fondamentali CHE COSA SI SANA E con quali EFFETTI Si possono sanare redditi di ogni natura, esclusi quelli generati da reati non richiamati dalla legge sulla voluntary disclosure. Chi aderisce alla voluntary nazionale prima di subire un accertamento non potrà essere più punito per omessa o infedele dichiarazione, per una dichiarazione fraudolenta con uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, o per dichiarazione fraudolenta tramite altri artifici o per i reati comunemente identificati come reati di frode fiscale e non risponderà di autoriciclaggio. Sono sanabili anche i reati connessi di omesso versamento di Iva e ritenute certificate superiori a 50mila euro. a chi bisogna rivolgersi È opportuno rivolgersi a un professionista, perché è l'unico che gode del segreto professionale ed è idoneo a valutare preliminarmente ogni singola fattispecie. Il professionista dovrà fare anche un'adeguata verifica antiriciclaggio ma è esentato - al contrario di ogni altro operatore finanziario, bancario, assicurativo e fiduciario - dall'effettuare la segnalazione di operazione sospetta QUANTO COSTA L'ADESIONE Visto che le situazioni contemplate dalla norma sono tra loro molto diversificate, è necessario ricorrere a un professionista che possa valutare nel dettaglio la singola posizione. Sarà necessario, infatti, pagare le imposte non prescritte e le sanzioni ridotte di un quarto e ulteriormente di un sesto entro quando si fa la disclosure La domanda di voluntary disclosure, anche per una regolarizzazione nazionale, può essere presentata entro il 30 settembre 2015. Al contribuente che non può accedere alla procedura di collaborazione volontaria, poiché già sottoposto a controllo, resterebbe la possibilità di sanare almeno la propria posizione fiscale, evitando il pagamento di pesanti sanzioni tributarie, con il nuovo ravvedimento operoso previsto dal Ddl di Stabilità 2015 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La frenata del commercio: i negozi sfitti salgono del 16% Pagina a cura di Michela Finizio Le vetrine dei negozi, anche nelle più note vie dello shopping, continuano a spegnersi: rispetto al 2012 è cresciuto del 16% il numero degli spazi sfitti, in cerca di un inquilino. Le unità commerciali da locare nelle retail street in centro storico a Parma o Messina sono aumentate addirittura del 22 per cento. Il fenomeno delle vetrine "spente" è una naturale conseguenza del crollo dei consumi che ha messo in ginocchio molte attività: il saldo tra nuove imprese avviate e cancellazioni, tra il 2012 e il 2014, è negativo. Si contano oltre 56.500 attività commerciali scomparse. Ecco perché gli immobili commerciali faticano a restare occupati e i canoni di locazione segnano un meno 11% negli ultimi anni. Servizio pagina 6 Non c'è black friday che tenga per risollevare il commercio. In attesa dei risultati del ponte dell'Immacolata, mentre si moltiplicano gli inviti a tradurre all'italiana il noto "venerdì nero" che negli Stati Uniti dà l'avvio allo shopping natalizio, la chiusura delle attività retail sta causando una nuova emergenza nei centri storici italiani. Secondo Confesercenti i negozi sfitti hanno superato quota 600mila sul territorio nazionale. Oltre 40mila sono gli spazi disponibili attualmente promossi su Immobiliare.it, il 16% in più rispetto al 2012. A Parma o a Messina le unità commerciali in cerca di un inquilino sono aumentate addirittura del 22% in questi anni. Il fenomeno delle vetrine "vuote o inattive" cresce man mano che si abbassano le saracinesche della vendita al dettaglio. La crisi dei consumi A denunciare le chiusure degli esercizi commerciali è da sempre Confesercenti che, nel suo ultimo report pubblicato lo scorso ottobre, ha registrato un saldo negativo - tra iscrizioni e cancellazioni - per 56.562 attività in meno rispetto a due anni fa. Un trend che in passato è stato molto più accentuato (nel 2012 e 2013 ha registrato la scomparsa rispettivamente di oltre 20mila e 18.600 attività) e nel 2014 accenna solo lievemente a diminuire (-17.789 esercizi). Nel dettaglio, da inizio 2012 a oggi le vetrine che hanno dovuto chiudere i battenti sono state più di 124mila, a fronte di circa 67.400 nuove realtà avviate. A soffrire maggiormente è il segmento non alimentare (-106mila esercizi commerciali, contro i 17.931 del food). Il mercato Prendendo in esame le vie "commerciali" di maggior valore, Immobiliare.it ha registrato un crollo dei canoni di locazione in tutti i grandi centri, a cui si devono aggiungere cifre sempre più significative legate alle "buone uscite" o agli importi richiesti per l'ingresso nell'immobile. «Per la maggior parte dei retailer gli ultimi dodici mesi sono stati caratterizzati da una revisione dei contratti di locazione, alla ricerca di condizioni più vantaggiose», afferma Carlo Giordano, amministratore delegato del portale web di annunci immobiliari. Il retail di vicinato soffre la crisi dei consumi delle famiglie: la spesa degli italiani è ai minimi da tre anni (-7%), nonostante il piccolo recupero degli ultimi trimestri (in base ai dati Istat). Sul commercio al dettaglio pesa sempre più anche il successo dei nuovi canali di vendita che prendono piede su internet: lo spazio fisico non è più l'unico strumento per offrire prodotti e servizi. Per molte società si tratta di un'occasione per razionalizzare il proprio patrimonio, riducendo la superficie di vendita e i costi di gestione, selezionando le location. Per altri si tratta di riuscire a sopravvivere. Il fenomeno Ecco perché l'offerta di spazi da affittare - o messi in vendita in un secondo momento, per evitare l'eccessivo peso di tasse e costi di gestione in assenza di inquilini interessati - è aumentata significativamente pressoché ovunque. A Reggio Emilia e Bergamo i negozi da affittare sono aumentati di un quinto rispetto al 2012. Nelle stesse città quelli messi in vendita sono lievitati rispettivamente del 10,8 e del6,3 per cento. «Il fenomeno ha interessato perfino le vie principali delle grandi città, dove ciò non accadeva da oltre un decennio», aggiunge Giordano. In corso Buenos Aires, una delle retail street più note di Milano, per 38 mq con magazzino nel SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 126 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Per i canoni di locazione ribassi dell'11% 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 127 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 2010 venivano richiesti in media 100mila euro di canone annuo e l'immobile non rimaneva sul mercato per più di 45 giorni. Nel 2014, secondo i dati di Immobiliare.it, l'affitto è pari a 60mila euro e l'unità rimane non locata per più di 45 giorni. Una dinamica simile si riscontra in via Condotti a Roma dove per 30mq con vetrina quattro anni fa si chiedeva una cifra di ingresso pari a 160mila euro, oltre al canone annuo di 80mila euro; oggi la buonuscita non viene più applicata e il canone è sceso a 72mila euro. Prezzi in calo La crisi si riflette anche sulle quotazioni: nelle principali vie dello shopping i canoni di locazione sono scesi mediamente dell'11% e i prezzi di vendita del 14,2 per cento. In alcuni centri urbani la flessione è stata contenuta, in particolare dove i proprietari più "rigidi" hanno preferito lasciare lo spazio sfitto in attesa di condizioni di mercato migliori. Resistono meglio Perugia e Padova, dove gli spazi da affittare sono cresciuti solo del 10 per cento. Oppure Venezia (+6,2%), location sempre più richiesta dove World Capital registra un canone di locazione annuo di 4mila euro al mq (il più caro dopo Milano e Roma), in aumento dell'1,7% nell'ultimo semestre. © RIPRODUZIONE RISERVATA ROMAGNA LIGURIA LAZIO ABRUZZO MOLISE PUGLIA BASILICATA CAMPANIA CALABRIA SICILIA SARDEGNA FRIULI VENEZIA GIULIA Torino 244 7,0% -16,9% Bergamo 414 6,3% -17,7% Verona 282 6,4% -14,0% Padova 251 4,7% -11,2% Venezia 499 6,7% -2,3% Bologna 359 8,8% -13,1% Modena 264 11,4% -5,3% Parma 202 6,0% -9,5% Reggio Emilia 226 10,8% -16,2% Firenze 318 6,0% -7,5% Catania 169 11,4% -8,8% Palermo 204 4,6% -13,4% Milano 528 4,4% -10,0% Perugia 193 9,1% -7,8% Pescara 223 5,8% -7,0% Roma 507 5,5% -8,9% Foggia 310 14,5% -5,6% Bari 204 8,8% -13,1% Salerno 220 12,3% -14,2% Messina 242 9,7% -17,3% 19,4% BG 12,3% MI 14,0% TO 21,9% PR 16,8% MO 14,8% BO 19,7% RE 13,1% FI 8,0% PG 16,0% PE 13,0% RM 19,1% FG 16,8% BA 19,4% SA 16,6% PA 21,9% ME 15,5% CT 18,7% VR 8,3% PD VE NEGOZI DA AFFITTARE Unità commerciali in cerca di un locatario nelle principali vie dello shopping delle grandi città italiane e le unità in vendita. Var. % 2014 sul 2012 Fonte: Elab. Su dati Confesercenti e Immobiliare.It Foto: La mappa del retail in crisi 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Dal petrolio al cotone, la discesa dei prezzi fa respirare l'industria Bussi Non solo petrolio. Anche i prezzi di altre materie prime essenziali hanno imboccato la via della discesa e potrebbero portare un sospiro di sollievo per l'industria italiana in un momento di difficoltà. Secondo le stime di Prometeia nel 2014 e 2015 il calo sarà a due cifre per i minerali di ferro, materia prima fondamentale per le imprese siderurgiche. Buone notizie anche per la meccanica, grazie alle quotazioni degli acciai piani e lunghi. Le aziende energivore potranno invece festeggiare, almeno sulla carta, il calo del prezzo dell'elettricità, mentre il tessile dovrebbe trarre vantaggio dai costi di approvvigionamento ridotti di lana e cotone. pagina 9 Non solo petrolio. Se la settimana scorsa le quotazioni dell'oro nero sono sprofondate al livello minimo degli ultimi cinque anni, anche le altre materie prime essenziali per l'industria italiana archivieranno il 2014 con quotazioni al ribasso. E per la maggior parte di esse il prezzo continuerà a scendere nel 2015. Una boccata di ossigeno potenziale in tempi ancora difficili per i settori che le utilizzano. Lo rivelano le stime di Prometeia sui prezzi medi annui in euro e lo confermano i dati elaborati dall'Ice: da gennaio ad agosto le importazioni italiane di materie prime sono diminuite in valore dell'11% a quota 47,5 miliardi. «L'andamento delle materie prime - sottolinea l'economista di Prometeia Federico Ferrari - risente di un quadro di consumi deboli a livello globale sulla scia di un mix tra la frenata cinese e l'entrata a regime degli investimenti in nuove capacità produttive (come lo shale oil negli Usa o i minerali di ferro) nei principali Paesi produttori. Il vantaggio sui costi di approvvigionamento delle nostre imprese verrà però un po' attenuato dal rafforzamento del dollaro, che è la valuta di scambio delle commodities». In un contesto di prezzi in calo l'unica eccezione sarà la cellulosa. Secondo Prometeia il prezzo medio annuo del greggio in euro archivierà il 2014 in calo dell'8% e proseguirà la discesa per arrivare a -17% il prossimo anno con il Brent sotto gli 80 dollari al barile. A festeggiare saranno, oltre alle imprese energetiche, anche quelle della chimica, che si approvvigionano di derivati petroliferi utilizzati come imput produttivi di base. L'andamento del petrolio avrà un effetto positivo per le quotazioni di due materie prime «trasversali» per l'industria italiana: l'energia elettrica e il gas naturale. Il prezzo nazionale all'ingrosso della prima dovrebbe scendere del 16% quest'anno, con un parziale recupero nel 2015. Una buona notizia per il settore dei materiali da costruzione (vetro e cemento), caratterizzate da un peso elevato dei costi dell'energia sul valore del prodotto finito, ma in generale su tutto il manifatturiero nel suo complesso. Il vantaggio per il momento resta però solo teorico: «In Italia - spiega Ferrari - i prezzi dell'energia elettrica per gli utenti industriali si mantengono su livelli molto più elevati rispetto alla media europea, a causa di una fiscalità molto più penalizzante e al peso crescente degli oneri di sistema sulla bolletta». Quest'anno e il prossimo il calo delle quotazioni sarà a due cifre per i minerali di ferro, materia prima fondamentale per l'industria siderurgica, con prezzi medi annui in euro che dovrebbero segnare -29% nel 2014 e -27% nel 2015. La materia prima, ingrediente dell'acciaio, viaggia ai minimi dal 2009, tanto che per Goldman Sachs siamo arrivati alla «fine dell'età del ferro» (si veda Il Sole 24 Ore dell'11 settembre). Sempre in calo, ma più contenuto, il prezzo dei rottami di ferro (-6% quest'anno e -12% il prossimo). «Il crollo dei prezzi dei minerali di ferro - spiega il presidente di Federacciai Antonio Gozzi - porta benefici per le imprese degli altiforni a ciclo integrale, mentre i rottami di ferro utilizzati dalla filiera del forno eletrico avranno un vantaggio inferiore. Il calo delle quotazioni delle materie prime va però interpretato con cautela, perché non si deve dimenticare che è lo specchio della crisi che stiamo vivendo. La diminuzione dei costi della materia prima si traduce inoltre anche nella caduta del prodotto finito». Segno negativo anche per il prezzo medio degli acciai piani (-8%) e di quelli lunghi (-6%) nel 2014, utilizzati nell'industria meccanica. «Questo - dice Sandro Bonomi, presidente di Anima - dovrebbe consentire alle imprese più accorte che hanno fatto una buona programmazione negli acquisti e hanno puntato sulla qualità SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 128 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato I benefici legati al trend delle materie prime 08/12/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 129 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato di migliorare i margini e migliorare la competitività». L'industria della moda potrà invece contare su prezzi di approvvigionamento più bassi per cotone e lana. Le quotazioni del primo avevano raggiunto in primavera i massimi da due anni a questa parte ma hanno poi imboccato la strada del ribasso: secondo le stime di Prometeia il prezzo medio in euro scenderà quest'anno del 9% e la caduta proseguirà nel 2015 con un calo del 14 per cento. Sarà invece più contenuta la diminuzione del costo della lana. E dovrebbero archiviare l'anno con un calo medio del 22% i cereali. Per il grano la flessione sarà del 15,3%, mentre il prezzo del mais registrerà una riduzione del 27,9 per cento. Per i due cereali Prometeia stima con un timido recupero nel 2015, ma al di sotto della media storica recente. La previsione sorprende però il presidente di Federalimentare Filippo Ferrua: «Per ora - dice - non vediamo questo vantaggio, anche perché i costi di altre materie prime come il caffé e il cacao stanno salendo e guardiamo con preoccupazione al rafforzamento del dollaro». Il settore alimentare sarà colpito anche dall'aumento del costo della cellulosa, utilizzata per gli imballaggi. Secondo Prometeia il prezzo medio della pasta per carta dovrebbe aumentare dell'8% quest'anno e del 4 il prossimo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Chiara Bussi L'IMPATTO SULL'INDUSTRIA ITALIANA L'impatto dell'andamento delle principali materie prime sui settori industriali LE PREVISIONI La variazione percentuale dei prezzi medi annui in euro nelle relative unità di riferimento Cereali Energia elettrica Petrolio Acciai piani Acciai lunghi Minerali di ferro Rottami di ferro Cellulosa Cotone Lana Plastiche IMPATTO MATERIE PRIME Nota: per l'energia elettrica si considera il prezzo nazionale all'ingrosso Fonte: Prometeia METALLURGIA ENERGIA MECCANICA CHIMICA MATERIALI EDILI ALIMENTARE MODA LEGNO E CARTA Cereali Cellulosa Metalli Plastica non ferrosi Gas naturale Alto Basso Medio 2014 2014 2014 2014 2014 2014 2014 2014 2014 2014 2014 -22 -16 -8 -8 -6 -29 -6 8 -9 -8 -3 -8 -2 -14 4 -12 -27 1 1 -17 8 5 2015 2015 2015 2015 2015 2015 2015 2015 2015 2015 2015 Cotone, lana Materie prime Petrolio siderurgiche Energia elettrica 47,5 miliardi Le importazioni Importazioni di materie prime da gennaio ad agosto secondo l'Ice 47,5 miliardi Le importazioni Importazioni di materie prime da gennaio ad agosto secondo l'Ice Foto: Lo scenario comparto per comparto Quanto pesano le materie prime sui vari settori e le previsioni delle quotazioni per il 2014-2015 08/12/2014 Il Sole 24 Ore - Risparmio & famiglia Pag. 11 (diffusione:334076, tiratura:405061) L'investitore saggio Nell'anno compreso tra il 30 giugno 2013 e il 30 giugno 2014 le attività finanziarie detenute dalle famiglie italiane e dagli enti senza scopo di lucro al servizio delle famiglie sono aumentate del 7,5%, da 3.751 miliardi a 4.034 miliardi. Le passività sono rimaste praticamente invariate (da 922 a 916 miliardi di euro). Il saldo netto dei flussi di nuove attività finanziarie negli ultimi cinque trimestri è stato pari a 40,9 miliardi. Quindi la gran parte dell'incremento delle attività finanziarie è stata dovuta ai rendimenti degli investimenti (in particolare concentrate nell'area del reddito fisso domestico, che ha alle spalle un biennio particolarmente felice). Come conciliare il saldo positivo dei flussi con la congiuntura economica assai deludente? Difficile supporre che gli afflussi siano attribuibili alla vendita di immobili o altre attività reali, a meno che non siano stati fatti tutti a soggetti non residenti. Nel caso di cessione a un residente, infatti, l'effetto aggregato è neutrale perché all'incasso di una famiglia corrisponde il deflusso (o l'aumento del debito) di un altro. Probabilmente, c'è un effetto della ripresa della propensione al risparmio, magari dovuta proprio a una reazione precauzionale delle famiglie alla crisi: secondo il sondaggio ACRI-Doxa pubblicato in occasione della Giornata del Risparmio, negli ultimi due anni è aumentata dal 29% (minimo storico da quando viene effettuata la rilevazione) al 33% la quota di famiglie che riescono a risparmiare. Tutti da indagare invece sono i movimenti del considerevole sommerso, che in parte sono registrati nelle cifre citate. Nonostante tutto, esiste ancora una imprecisata osmosi tra "nero" e circuito finanziario ufficiale, stante il fatto che non tutti gli intermediari finanziari e i professionisti segnalano con il dovuto rigore i movimenti anomali di contanti. Da valutare sono anche i casi riportati dalle cronache di scoperta da parte della GdF di rimpatri di contanti alla frontiera con la Svizzera. Probabilmente si tratta di alcuni dei clienti con capitali non dichiarati che vengono "espulsi" dalle banche elvetiche per via della stretta dell'antiriciclaggio internazionale. @LieraMarco Marco Liera SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 130 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Se l'economia piange quando ride il risparmio 06/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 4 (diffusione:556325, tiratura:710716) La poltrona ereditaria SEBASTIANO MESSINA CONFESSO di aver preso sempre con le pinze le analisi del Censis, che ogni anno ci raccontano come siamo fatti. Sospettavo che fossero un po' romanzate, ecco. Ieri ho dovuto ammettere che mi sbagliavo: ci prendono in pieno. Perché mentre il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, ci spiegava con dotte citazioni latine come gli italiani siano convinti che per farcela «bisogna venire dalla famiglia giusta», accanto a lui sedeva la conferma vivente di questa teoria: il figlio Giorgio, che pur essendo un ingegnere aeronautico era stato appena nominato segretario e direttore generale del medesimo Censis. Non una ma due poltrone, per il De Rita-bis. Quella di segretario l'ha ereditata dal celebre papà, quella di direttore generale era stata occupata per vent'anni da un urbanista. Senza figli, dobbiamo presumere. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 131 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato >BONSAI 06/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 6 (diffusione:556325, tiratura:710716) Orfini: "Bloccare le tessere? Potrei chiudere i circoli Giuntella punta il dito sui "metodi aberranti". "Si versavano 20 euro e si votava per il segretario" TOMMASO CIRIACO ROMA. C'è del marcio nel cuore della Capitale e anche il Pd romano ha smarrito l'anima. Va bene il garantismo, ma stavolta i guanti di velluto restino pure nell'armadio.E se l'incubo prende la forma di tesseramenti gonfiati, primarie stravolte, ras invisibili che scalano circoli, come si salva il partito capitolino dai «cattivi» evocati da Marino? Con una cura choc, progetta il commissario Matteo Orfini. Allontanando i signori delle tessere, resettando - se serve - anche un'intera sezione inquinata. Da quando la segreteria nazionale l'ha nominato commissario dei democratici romani, Orfini gode di poteri pressoché assoluti. «Azzerare e ricostruire», ripete il giovane turco che ha scalato il Nazareno. Facile a dirsi, si dirà. Ecco il piano: «Ho bloccato tuttii congressi peri segretari di zona. Ho chiesto di conoscere i numeri del tesseramento del 2014, circolo per circolo, anomalia per anomalia, e quelli dell'anno precedente. E inizieremo uno screening serio in vista del tesseramento del 2015». Niente azzeramento delle tessere dell'anno in corso, in ogni caso, perché tra un mese si riparte e c'è subito l'occasione di cambiare, promuovendo una rigida selezione all'ingresso: «Se un circolo vive non di un'attività reale, ma solo di una filiera verticale di correnti che gestisce il potere, non c'è problema: lo commissario, lo azzero in modo da mettere fine alla cancrena correntizia. Se riscontro anomalie in un tesseramento, lo blocco». E come si smantellano, queste benedette correnti che sembrano spuntate un po' per caso, sempre figlie di nessuno? «Più che una soluzione tecnica - sostiene Orfini - serve la politica». Occhi aperti per misurare la vitalità delle sezioni, ad esempio: «Capire se stanno nella città, proprio quando il Pd sembra essersi ritirato dai problemi di Roma». Nel frattempo, via libera a un nuovo direttivo cittadino, senza badare neanche un istante al Cencelli per le mille anime del Pd. I numeri, intanto, raccontano più semplicemente di un disastro annunciato. Un fiume di tessere - almeno 15 mila, 20 euro il costo dell'iscrizione - ha invaso Roma tra il 2012 e il 2013. Stessa scena quasi ovunque nel resto d'Italia, a dire il vero, in concomitanza con i due congressi nazionali. Pacchetti di voti utili ad eleggere i vertici dei circoli e della città. Poi il declino naturale nel 2014, 7 mila tessere conteggiate fino a settembre. In questi dati si annida il marcio? «Per la segreteria di Roma - ricorda Tommaso Giuntella, sconfitto da Lionello Cosentino ora dimissionario a causa dell'inchiesta - era possibile iscriversi fino all'ultimo. Un metodo aberrante. Entravi nel Pd e un attimo dopo votavi, tanto che sentii qualcuno dire: "In fondo, sono primarie a venti euro"». Per uscire dall'angolo ecco che torna la politica, il legame tra militante e sezione. «Come risolvi il problema? È semplice - spiega Goffredo Bettini, dominus incontrastato della Roma veltroniana - Quando uno chiede di iscriversi, il segretario di circolo gli fa un bel colloquio di un paio d'ore. Capisci chi è, le sue motivazioni o se invece gli hanno dato venti euro solo per farlo votare a un congresso». Dei mali del partito capitolino Bettini scrisse in tempi non sospetti: «Nel 2009, furono pagine profetiche: parlai di correnti e gruppi che si combattevano per opportunismo e potere». E prima, quando il "modello Roma" sembrava imbattibile? «Non era così, non c'erano correnti». Di certo, c'è uno spettro molto ampio anche nella degenerazione di un tesseramento. «C'è un sistema regolare. E poi c'è quello irregolare - ricorda Roberto Morassut - Funziona così: un signore si presenta, mette sul tavolo mille euro e prende cinquanta tessere. Le paga lui e le regala». A volte basterebbe "pesare" i numeri per intercettare ospiti indesiderati. Se in una sezione un candidato vince cento a zero, qualcosa non ha funzionato. «Non è più un circolo del Pd - sospira Bettini - ma il circolo di un capobastone...». Urgono contromisure, e pure in fretta. «Io permetterei di votare solo a chi è tesserato da almeno un anno», ragiona Giuntella. E per le primarie che si fa? «Si organizzano solo per scegliere i ruoli istituzionali monocratici», ipotizza Bettini. Per i sindaci, i presidenti di Regione, il segretario regionale e nazionale. Lì le tessere contano meno e il loro peso si scioglie nei grandi numeri. Così grandi che inquinare risulta quasi impossibile. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 132 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL RETROSCENA 06/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 6 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Le tribù si scatenano in campagna elettorale" I circoli poveri chiudono, altrove a sostegno di alcuni sbucano i pacchetti di tessere da venti euro PAOLO BOCCACCI ROMA. Morassut, lei ha parlato di lotta tra tribù assetate di potere all'interno del Pd romano. Anche a costo di farsi corrompere? «Si sapeva che dal 2008 al 2013 in Campidoglio si era installata una destra predona dominata da un grumo di ex terroristi neri. Quanto al Pd la vicenda addolora, spero che le persone coinvolte ne escano a testa alta, ma resta il giudizio politico». Quale? «Una vita interna intossicata negli ultimi anni da una competizione di puro potere». Delle avvisaglie c'erano state. Le minacce di Di Stefano di rivelare i segreti delle primarie truccate, la polemica sui rom portati a votare in cambio di soldi, sempre alle primarie, a Tor Bella Monaca. «Le affermazioni di Di Stefano sono emerse dalle intercettazioni che lo riguardano. Su Tor Bella Monaca vi furono proteste e segnalazioni di tanti iscritti di quel municipio. Proteste rimaste senza risposta, chi le ha sollevate ha rischiato l'espulsione». Come si finanziano le tribù del Pd romano in lotta tra loro? «Storici circoli come quelli di Cinecittà, Torre Maura o della Muratella, hanno dovuto chiudere perché non avevanoi soldi per affittoe telefono, ma nelle campagne elettorali si vedono poi schieramenti di fuoco a sostegno di singoli candidati e nei congressi sbucano pacchetti di tessere a venti euro a testa per persone di cui poi si smarrisce la presenza». Dunque si tratta di persone pagate da qualche tribù? «Sicuramente credo che sul tesseramento di questi ultimi anni vada fatto un setaccio più che vigoroso». Come fare pulizia? «Via le tribù e ricostruiamo tutto con democrazia dal basso, tesseramento libero e individuale, controllo delle spese elettorali, anagrafe patrimoniale di eletti e nominati e uscita dai cda delle aziende partecipate». Foto: CON VELTRONI Roberto Morassut, ex assessore SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 133 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA/ ROBERTO MORASSUT, DEPUTATO DEM 06/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 16 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Pizzarotti non creda di cambiare il Movimento Grillo resta il Garante" Fico, membro del direttorio: "Fuori chi tira la corda Decidono Beppe e Casaleggio. Al Colle un super partes" Nessuno vorrebbe le espulsioni, ma se entri nel Movimento che ha semplici regole non puoi far finta di niente ANNALISA CUZZOCREA ROMA. Quando sa di dover dare una risposta dura, Roberto Fico sorride. Le espulsioni? «Chiè stato mandato via si era messo fuori da solo». Le aperture di Renzi: «Bluffa come sempre». Il passo indietro di Grillo? «Resta il nostro garante». Quantoa Federico Pizzarottie alla kermesse di domenica a Parma, cerca di disinnescarlo: «Di incontri autoconvocati se ne fanno a centinaia, dipende da quel che accade». Sono passati quasi dieci anni, dal giorno in cui l'attuale presidente della Vigilanza Rai fondò uno dei primissimi meet up italiani, a Napoli. Ora abita in un ufficio austero, al secondo piano di palazzo San Macuto, ma non vuole sentir parlare di leader e direttori. Non è quello che siete, un direttorio? «Una direzioneè qualcosa che ti trasforma in un partito, e noi non lo siamo. Siamo un fluidificante per tutto il Movimento. Faciliteremo il dialogo tra il Parlamento e Grillo e Casaleggio, ma anche quello coni meet up. Suggeriremo loro di parlare di temi, perché quando si sta sui temi non si litiga». Come si è arrivati a questa scelta? «In dieci anni il Movimento è cresciuto in modo vorticoso. Siamo passati da 0 a 2000 tra consiglieri, sindacie parlamentari. Tutto attraverso la Rete e senza finanziamenti pubblici.È aumentata la complessità, e Beppe e Casaleggio ci hanno chiesto una mano». Cosa vi ha detto Casaleggio giovedì? «Abbiamo buttato delle idee sul tavolo, è stata la prima riunione». Verrete incontro a una richiesta dei "dissidenti", certificherete i voti sul blog? «Con i voti del blog i famosi dissidenti sono diventati parlamentari. O ti fidi o non ti fidi. Comunque, stiamo lavorando affinché da gennaio ci sia la certificazione di tutte le votazioni da parte di un ente terzo. Vogliamo migliorare tutti i nostri processi». Grillo stavolta nonè venuto. Il suo passo indietro porterà a un totale disimpegno? «Grillo è e rimane in assoluto il garante dei 5 stelle, ora è il Movimento a dover fare un passo avanti». Qualcuno vi ha chiesto di fermare l'espulsione di Artini e Pinna. Perché non l'avete fatto? «I capigruppo hanno parlato con Beppee Casaleggio, non stava a noi intervenire». Pensa siano state un errore? «Nessuno vorrebbe mai vedere delle espulsioni, ma se entri in un Movimento che ha poche e semplici regole - la prima delle quali è occuparsi dei problemi dei cittadini - non puoi far finta di niente. Chi è stato cacciato aveva tirato troppo la corda, si era messo fuori da solo». Chi va all'incontro con Pizzarotti rischia qualcosa? «Se a Parma si presenta lo statuto della città, un'esperienza che può essere utile ad altri amministratori, non c'è niente di male. Se le cose stanno diversamente, lo vedremo. Nel Movimento il modo è sostanza, non può essere cambiato neanche in nome di un obiettivo, altrimenti diventiamo come gli altri». Tratterete con Renzi su riforme e Quirinale? «Renzi bluffa, non vuole trattare su niente, le sue aperture sono puro marketing». Come crede si dovrà arrivare all'elezione del prossimo capo dello Stato? «Spero solo che si arrivi a un nome il più distante possibile dalla cultura del nostro attuale presidente, che ha firmato senza battere ciglio la riforma Fornero». PER SAPERNE DI PIÙ www.beppegrillo.it www.partitodemocratico.it Foto: DI MAIO E GLI ALTRI Beppe Grillo sul palco di "Italia a 5 Stelle", al Circo Massimo. Alle sue spalle Di Maio e Di Battista Foto: DEPUTATO M5S ROBERTO FICO SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 134 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista 06/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 16 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Da noi troppe ambiguità sul salvataggio di Azzollini" Mentre a Roma si commissaria il partito, al Senato la maggioranza vota contro una richiesta dei magistrati LIANA MILELLA ROMA. Casson? Che succede nel Pd al Senato? Si vota per salvare gli inquisiti come Azzollini e Papania? «Mi pare che qualcuno stia perdendo la testa. Avevamo cominciato bene questa legislatura non frapponendo ostacoli ai giudici né per Berlusconi né per Verdini. Adesso invece, in maniera per me incomprensibile, la maggioranza del Pd sta bloccando indagini della magistratura». Intanto, come mai lei non era in aula? Più importante andare al Copasir? «Lì si sta svolgendo un'indagine molto delicata sui rapporti tra Stato e criminalità che potrebbero riguardare anche la famosa trattativa Statomafia. Ogni documento va accuratamente approfondito. Per di più era già girata la notizia del salvataggio dei due senatori». Non è invece che non voleva, ancora una volta, essere contro la linea ufficiale del Pd? «È notorio che su questo tema ero già in forte dissenso. Su legalità e trasparenza non ho certo intenzione di recedere». Azzollini e la Cmc. Un voto per salvare lui o la potente cooperativa di Ravenna? «La risposta è indifferente, perché il risultato non cambia». E Papania? Perfino sul voto di scambio il Pd si scopre garantista? «Ricordo che già quando voleva candidarsi per questa legislatura avevo ritenuto inaccettabile, per l'etica del Pd, la sua, come altre presenze fortemente imbarazzanti». Proprio nello ore dello scandalo di Roma che effetto le fanno questi due salvataggi? «Mi sembra un caso di schizofrenia politica. Sea Roma si opta per il commissario al Senato bisogna essere coerenti. Per di più in presenza di comportamenti della magistratura del tutto legittimi». Pd, Forza Italiae Lega che votano assieme togliendo prove alle indagini sono il segno che l'asticella della legalità si sta abbassando? «Ho proprio questo timore. Ed è davvero un pessimo segnale. Il Paese, dal Partito democratico, si aspetta altri comportamenti». Foto: elice Casson SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 135 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA/ FELICE CASSON, SENATORE DEM 06/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 30 (diffusione:556325, tiratura:710716) A novembre 321 mila in più, il 2014 sarà anno record Dati positivi oltre le attese. Retribuzioni in aumento Il maggiore potere d'acquisto delle famiglie americane può spingere ancora la ripresa L'America unica locomotiva della crescita globale mentre Europa e Cina annaspano DAL NOSTRO CORRISPONDENTE FEDERICO RAMPINI NEW YORK. Proprio mentre i venti dell'economia globale soffiano in senso contrario, l'America accelera la creazione di posti di lavoro. Malgrado il dollaro forte, la caduta della domanda in Cina, la depressione europea, il mercato del lavoro Usa ha generato 321.000 posti netti aggiuntivi nel solo mese di novembre. E' una vera escalation, il ritmo delle assunzioni passa ad una velocità superiore dopo essere stato in media di 220.000 posti mensili per l'ultimo anno. Per ritrovare un mercato del lavoro così dinamico bisogna risalire al 1999: un anno che sembra appartenere ad un'altra era geologica, e non solo perché chiudeva il millennio scorso. Il 1999 era l'apice dell'ultima Età dell'Oro: chiudeva il secondo mandato di Bill Clinton durante il quale si era raggiunto il pieno impiego; l'euforìa dominava sui mercati grazie anche alla New Economy, come venne battezzata la prima rivoluzione di Internet. Tra le buone notizie di ieri ce ne sono altre. E' stato rivisto al rialzo anche il dato di ottobre e settembre, che ora risulta incrementato di altri 44.000 posti.E soprattutto c'è stato a novembre un aumento delle retribuzioni dello 0,4%. Modesto, certo, ma pur sempre il doppio delle previsionie il quadruplo rispetto ad ottobre. Questo segnala forse l'ingresso in una fase nuova. La ripresa americana è ormai ben oltre il suo quinto anno consecutivo, e tuttavia è stata una ripresa anomala, per certi aspetti "malata". Dapprima fu chiamata la jobless recovery (ripresa senza posti di lavoro) perché la rianimazione dell'occupazione era stata molto lenta, i primi anni sembrava impossibile riassorbire gli 8 milioni di licenziamenti della recessione. Poi il ritmo delle assunzioni accelerò ma si parlò di una raiseless recovery (ripresa senza aumenti di stipendio). Quest'ultimo dato era preoccupante perché si è accentuato in questi cinque anni di crescita una stortura che già aveva caratterizzato il modello di sviluppo americano pre-2007 e cioè l'allargamento delle diseguaglianze. Ora però anche gli stipendi cominciano a rialzare la testa, e se questa tendenza dovesse confermarsi nel 2015, verrebbe meno la preoccupazione fondamentale della Federal Reserve: la stagnazione del potere d'acquisto delle famiglie. Un dato come quello di ieri accentua la divaricazione tra gli Stati Uniti e il resto del mondo, con implicazioni cruciali per le politiche monetarie delle banche centrali. L'America si conferma l'unica locomotiva della crescita globale in una fase in cui gli altri due big - Cina ed Europa - sono rispettivamente in rallentamento e in depressione. A questo punto la Federal Reserve sarà incoraggiata a tirarne le conseguenze. Già si è conclusa quella terapia d'emergenza durata cinque anni e andata sotto il nome di "quantitative easing" cioè gli acquisti di bond che hanno generato liquidità, svalutato il dollaro, ri-finanziato la crescita. Oltre alla fine del "quantitative easing", ora diventa più legittimo aspettarsi entro pochi mesi anche un rialzo dei tassi direttivi, inchiodati dalla banca centrale a quota zero da cinque anni. Questa svolta accade proprio mentre altre banche centrali fanno il cammino inverso: imitano la Fed (Giappone), riducono i tassi (Cina). L'ultima è la Bce, che continua ad annunciare una sua versione del "quantitative easing" in futuro, ora si dice a gennaio. L'impatto sulle valute dovrebbe essere un prolungamento della rivalutazione del dollaro. Tanto più che il dinamismo dell'economia americana ne aumenta la capacità di attrazione verso gli investitori del resto del mondo. Il dollaro forte ha anche il vantaggio di accentuare lo sconto sulla bolletta energetica già generato dal calo del petrolio. Ai livelli attuali la benzina alla pompa sta regalando 600 dollari all'anno al consumatore medio. Usa, i posti di lavoro creati in 3 anni +300 +200 +100 2012 2013 2014 +321.000 novembre Usa, il tasso di disoccupazione FONTE BUREAU OF LABOR STATISTICS 2012 2013 2014 5,8 novembre FTSE MIB + 3,41% DOW JONES + 0,32% EURO DOLLARO 1,2290 PETROLIO BRENT 68,93 $ AL BARILE TASSI ITALIANI A 10 ANNI 1,97% SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 136 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Usa, boom di nuovi posti mai cosi tanti dal 1999 e i mercati festeggiano 06/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 30 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 137 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Foto: IN ASCESA il mercato del lavoro americano continua a macinare record La disoccupazione è al 5,8% tornando ai livelli pre crisi del 2008 06/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 31 (diffusione:556325, tiratura:710716) Addio aumento di risorse per i contratti di solidarietà Sel e Fiom contro il governo Lo Stato potrà integrare al massimo il 60% dello stipendio perso ROBERTO PETRINI ROMA. Scoppia il caso del finanziamento dei contratti di solidarietà a rischio dal 1° gennaio del prossimo anno. Nel testo del disegno di legge di Stabilità, approvato nei giorni scorsi dalla Camera e attualmente in discussione al Senato, mancano le risorse per il finanziamento di questa forma di ammortizzatori sociali che ha consentito di risolvere molte crisi aziendali a partire dalla Electrolux. I contratti di solidarietà consentono in caso di crisi di ridurre l'orario di lavoro, di lasciare il dipendente in attività, seppure con un salario ridotto ed evitano in molti casi la cassa integrazione, situazione ben più delicata e frustrante. Fino al 31 dicembre 2013 la percentuale di integrazione era pari all'80 per cento della retribuzione persa per via della riduzione di orario. Quest'anno, dopo le modifiche intervenute, l'integrazione era scesa al 70 per cento della retribuzione persa per via della riduzione dell'orario di lavoro. Il tetto in vigore è tuttavia dovuto ad un intervento-ponte che eleva il livello standard del 60 per cento stabilito dalla legge: dunque se la legge di Stabilità 2015 non introdurrà la proroga dell'integrazione al 70 per cento il contratto di solidarietà rischia di diventare difficilmente praticabile e gli incentivi alla soluzione di crisi aziendali diminuirebbero. Tutto ciò dal 1° gennaio del 2015. Della «dimenticanza» siè accorto il deputato di Sel Giorgio Airaudo che ha denunciato la vicenda: «E' sconcertante che mentre Renzi vanta la risoluzione della vertenza Electrolux coni contratti di solidarietà gli stessi vengano depotenziati». Alla situazione degli ammortizzatori sociali, mentre ci sono circa 170 crisi industriali aperte, si aggiunge il debutto di nuove disposizioni di legge: dal 1° gennaio del prossimo anno, per coloro che hanno più di 50 anni, scomparirà infatti la cosiddetta mobilità che ha la durata di tre anni e che sarà sostituita dall'Aspi biennale. Così Sel ha preparato un emendamento che rimedia alla vicenda e stabilisce che l'integrazione salga al 70 per cento anche per il prossimo anno con un intervento che resta ancorato ai 50 milioni. La questione sarà oggetto di esame al Senato dove giunge l'eco anche dei maldipancia delle Forze armate peri tagli di bilancio. All'attacco anche la Fiom. Il Governo Renzi, afferma Mirco Rota, segretario Fiom-Cgil della Lombardia e responsabile nazionale per il Gruppo Marcegaglia, «non sta estendendo gli ammortizzatori sociali ma li sta fortemente riducendo». Si tratta - secondo il sindacalista della Fiom - di «un vero e proprio bluff», perché «depotenziare i contratti di solidarietà significa favorire i licenziamenti, anziché favorire una riduzione degli orari di lavoro che ridistribuisce il lavoro tra tuttii lavoratori. Chiediamo interventi migliorativi rispetto al testo e ci auguriamo che al Senato il fondo venga ripristinato». «Il premier - conclude - non regge alla prova dei fatti». LE RISORSE Sel ha preparato un emendamento che aumenta di 50 milioni la dotazione per i contratti di solidarietà I PUNTI MOBILITÀ OVER 50 Abolita la mobilità triennale per chi perde il lavoro dopo i 50 anni. Per loro 2 anni di sussidio Foto: Giorgio Airaudo SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 138 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL CASO 06/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 37 (diffusione:556325, tiratura:710716) ESSERE CATTIVI EUROPEI "La pratica scorretta all'origine del disastro che sconvolge al rallentatore non è quella di Grecia Italia o Francia È della Germania PAUL KRUGMAN L'ECONOMIA statunitense sembra una buona volta inerpicarsi fuori dalla voragine nella quale era entrata durante la crisi finanziaria globale. Purtroppo, non si può dire altrettanto dell'Europa, l'altro epicentro della crisi. La disoccupazione nella zona euro ristagna a un livello doppio rispetto a quello degli Usa, mentre l'inflazione è molto in"feriore all'obbiettivo ufficiale e la deflazione è diventata in modo incontestabile un rischio imminente. Gli investitori ne hanno preso nota: i tassi di interesse europei sono precipitati e i titoli tedeschi a lunga scadenza fruttano soltanto lo 0,7 per cento. Di solito questo rendimento lo associavamo alla deflazione giapponese, e in verità i mercati segnalano che l'Europa starebbe per conoscere il suo decennio perduto. Come mai l'Europa si trova in simili disastrose ristrettezze? Tra i policy maker europei è opinione comune che tutto ciò a cui stiamo assistendo sia frutto dell'irresponsabilità: alcuni governi non si sono comportati con la prudenza che una valuta comune esigeva, scegliendo al contrario di assecondare un elettorato poco avveduto e aggrappandosi a dottrine economiche fallite. Se mi chiedete un parere (o lo chiedete ad altri economisti che hanno studiato a fondo la questione), vi dirò che questa analisi è fondamentalmente corretta, tranne che in una cosa: l'identità dei cattivi è sbagliata. Il comportamento scorretto all'origine del disastro che sconvolge al rallentatore l'Europa, infatti, non è quello di Grecia, Italia o Francia. È quello della Germania. Detto ciò, non nego che il governo greco si sia comportato in modo sconsiderato prima della crisi, né che l'Italia abbia un grosso problema con la sua produttività stagnante. La Grecia, però, è un piccolo Paese il cui caos finanziario è peculiare, mentre i problemi italiani di lunga data non sono all'origine del trend discendente deflazionistico in Europa. Se provate a individuare i Paesi le cui politiche prima della crisi erano decisamente difformi, che dalla crisi in avanti hanno danneggiato l'Europa, e che si rifiutano di imparare dalle proprie esperienze, vi ritroverete a puntare il dito contro la Germania. Prendete in considerazione, in particolare, il confronto tra Germania e Francia. La Francia è presa di mira dalla stampa, che più di ogni altra cosa parla molto della sua presunta perdita di competitività. Tutto questo gran parlare in effetti esagera la realtà. Da quanto riferiscono in genere i media non potreste mai sapere che la Francia ha soltanto un piccolo deficit commerciale. Eppure, tenuto conto che un problema c'è, da dove arriva? La competitività francese è stata davvero intaccata dall'eccessiva crescita dei costi e dei prezzi? No, niente affatto. Da quando è nato l'euro nel 1999, il deflatore del Pil francese (il prezzo medio dei beni e dei servizi prodotti in Francia) è salito dell'1,7 per cento l'anno, mentre su base annua il suo costo unitario del lavoro è aumentato dell'1,9 per cento. Entrambi questi dati sono perfettamente in linea con l'obbiettivo della Banca centrale europea di mantenere l'inflazione leggermente al di sotto del 2 per cento, e sono molto simili a quelli degli Stati Uniti. La Germania, invece, è del tutto fuori asse, con una crescita dei prezzi e del costo unitario del lavoro rispettivamente all'1e allo 0,5 per cento. Non è soltanto la Francia ad avere costi al livello al quale dovrebbero essere. La Spagna ha visto aumentare costi e prezzi durante il boom immobiliare, ma a questo punto ogni eccesso è stato spazzato via da anni di opprimente disoccupazione e di freno dei salari. La crescita dei costi in Italia è stata effettivamente un po' troppo alta, ma anche così non è fuori linea quanto loè la Germania sul versante diametralmente opposto. In altri termini, nella misura in cui in Europa non c'è un vero problema di competitività, esso è in ogni caso provocato in maniera preponderante dalle politiche tedesche del "rubamazzo" (che producono benefici unicamente per il Paese che le adotta a discapito degli altri, NdT). E, dunque, la Germania di fatto esporta deflazione a casa dei suoi vicini. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 139 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Lettere Commenti & Idee 06/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 37 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 140 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Ma che dire dell'indebitamento? L'Europa non tedesca non sta pagando forse il prezzo della sua sconsideratezza finanziaria del passato? In realtà, questa storia riguarda soltanto la Greciae nessun altro.E anziè particolarmente sbagliato parlarne a proposito della Francia, che non deve far fronte a nessuna crisi finanziaria. La Francia ora come ora può tranquillamente prendere capitali in prestito a lungo termine a un tasso record di interesse, inferiore all'1 per cento. Ossia poco al di sopra del tasso tedesco. Nonostante tutto, in ogni casoi policy maker europei paiono proprio decisi a rimproverare i Paesi sbagliati e le politiche sbagliate per le difficoltà nelle quali sono impantanati. È vero, la Commissione europea ha sbandierato un piano di stimoli all'economia con investimenti pubblici, ma rispetto all'entità del problema l'investimento pubblico è talmente irrilevante che l'intero piano sembra quasi una barzelletta. Nel frattempo, la Commissione sta mettendo in guardia la Francia, che ha i più bassi oneri finanziari della sua storia, che qualora non tagliasse a sufficienza il suo deficit di bilancio potrebbe andare incontro ad ammende. Che ne direste di risolvere il problema dell'inflazione troppo bassa in Germania? Una politica monetaria molto aggressiva potrebbe servire allo scopo (anche se per quanto mi riguarda non ci farei troppo affidamento), ma le autorità monetarie tedesche mettono in guardia da politiche di questo tipo, perché potrebbero togliere dai guai i debitori. Ciò a cui stiamo assistendo, in conclusione, è il potere infinitamente devastante delle cattive idee. Non è tutta colpa della Germania: la Germania è una protagonista di primo piano in Europa, ma riesce a imporre le sue politiche deflazionistiche soltanto perché gran parte dell'élite europea ha abboccato alla stessa falsa storiella. Non resta quindi che chiederci che cosa spingerà la realtà a fare irruzione sulla scena. Traduzione di Anna Bissanti © 2014 New York Times News Service PER SAPERNE DI PIÙ www.ecb.europa.eu www.censis.it Foto: BUCCHI 07/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 4 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Io, linciata per le vanterie di due mafiosi" CONCETTO VECCHIO ROMA. Ore 9 del mattino, il responsabile welfare del Pd Micaela Campana, bersaniana, risponde al telefono con voce angosciata. Onorevole Campana, come va? «Una merda. Sbattuta in prima pagina per due mafiosi che parlano di me fra di loro, senza che ci sia la possibilità di potersi difendere». Da martedì non si fa vedere alla Camera, né ha risposto alle ripetute chiamate. «Qui si sta giocando con la vita delle persone. Hanno messo di mezzo anche il mio collaboratore, una cosa indegna». Buzzi, inercettato, sostiene di volerle dare 20mila euro per la campagna elettorale. È così? «Falso. La conversazione risale a maggio 2013...». Comunali di Roma? «Sì, e io in quella campagna elettorale non ci sono. Ero stata candidata alle politiche tre mesi prima, in un listino bloccato, in una posizione molto favorevole: non avevo bisogno di finanziamenti». Ma perché Buzzi si sarebbe inventato "mo' se me compro la Campana"? «E io che ne so?». Quindi pensa che sia una vanteria nei confronti di Carminati? «Sì, si fanno belli tra loro». Ma tra lei e Buzzi correva una certa confidenza. Come spiegare diversamente l'sms, "bacio grande capo"? «Ma no, quello è il mio modo di esprimermi, l'avrò scritto a milioni di persone». Conferma che lui le aveva chiesto di presentare un'interrogazione alla Camera per la sua coop? «Non l'ho presentata». Perché? «Non mi convinceva». Ricorda su cosa verteva nello specifico? «Non lo ricordo». Com'è possibile che non lo ricorda? «Il fatto decisivo è che non fu presentata. Questo è facilmente verificabile nella banca dati del sito della Camera». Chi era per lei Buzzi? «Il capo della più grande coop del Centro Sud, un importante dirigente nazionale di Legacoop, a capo di un'impresa che fino a martedì scorso era un fiore all'occhiello nel campo socialee nel reinserimento dei detenuti, e di cui tutta la sinistra andava orgogliosa». I suoi rapporti sembrano particolarmente stretti. «Non potevo non conoscerlo. Vada a vedere cosa facevano in via Cupra, come accoglievano gli immigrati del Nord Africa, davano lavoro a centinaia di persone, chi poteva mai immaginare? Quando io arrivo a Roma, a 19 anni dalla Puglia, inserendomia Tiburtina, lui operava già da oltre un decennio. Ora apprendo con sconcerto dei suoi rapporti con Carminati». Come l'ha conosciuto? «All'epoca Buzzi era già attivo nel sociale e frequentava le iniziative del centrosinistra». Lei è passata dalla circoscrizione a Montecitorio. Ci furono illazioni per la rapidità della sua ascesa? «Ho iniziato giovanissima, servendo ai tavoli della Festa dell'Unità. Ho fatto molto partito, e poi come tutti le parlamentarie. Non è stata una carriera fulminea, come ho sentito dire in questi giorni con toni maliziosi». Si dimette? «Voglio leggere tutte le carte, è stata pubblicato solo la parte a me sfavorevole. Provo imbarazzo, rabbia. Mi difenderò. Anche con le querele». battuta in prima pagina, ma "bacio grande capo" l'ho scritto tante volte Respingo le voci maliziose sulla mia carriera: servivo alla Festa dell'Unità "RESPONSABILE WELFARE PD MICAELA CAMPANA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 141 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA MICAELA CAMPANA/ DIFENDERÒ IL MIO ONORE, BUZZI NON MI HA DATO SOLDI 07/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) EUGENIO SCALFARI PER mettere davanti agli occhi della gente una situazione, un fatto, una persona, esistono almeno tre strumenti visivi e quindi mentali: la fotografia, il video, il film. Danno risultati molto diversi l'uno dall'altro: la fotografia ritrae in modo istantaneo, il video in modo animato, il film in modo narrativo e interpretativo. Infatti nel film ci sono gli attori ma c'è anche un regista che guida gli attori, le luci, il montaggio. Qualche volta per diventare il vero padrone del film l'attore fa anche il regista. Quantoa noi giornalisti che abbiamo il compito di informare con spirito critico, noi guardiamo dall'esterno queste rappresentazioni, le interpretiamo e talvolta le giudichiamo; se il giornale dove scriviamo è autorevole possiamo anche condizionarli. Il mio proposito è quello di raccontare oggi il film d'un personaggio molto spiccato e influente come Mario Draghi e comprendere la sua tattica economica e politica alla luce della sua strategia e poi applicare a Matteo Renzi questo stesso metodo. Credo sia il miglior modo per capire quanto sta accadendo in Italia e in Europa. Il tema che più appassiona e coinvolge Draghi non è soltanto la politica monetaria che a stretto rigore è il suo compito istituzionale, ma è la politica economica e l'assetto istituzionale dell'Europa. Draghi è da tempo convinto che nella società globale i continenti diventati Stati hanno la forza sufficiente per confrontarsi; la loro potenza deriva dall'ammontare della ricchezza, dalle risorse naturali e dalla demografia. Se il continente non diventa uno Stato ma continua ad essere un bazar di tante entità nazionali, queste non sono in grado di aver voce nella società globale, diventano staterelli con un ruolo secondario e quindi subalterno. È il caso dell'Europa che non ha una sua politica estera, una difesa comune e neppure una politica economica e fiscale. Draghi questo problema lo sente come prioritario su tutti gli altri ed è questa priorità che spinge la sua strategia di fondo; se non si tiene presente e ci si limita a fotografare le sue mosse senza inquadrarle, si capisce ben poco. Lui d'altro canto deve tener conto dei binari dove corre il suo treno, delle stazioni dove transita e dei capi che manovrano gli scambi e i semafori col disco verde che consente il passaggio e quello rosso che lo impedisce. Il suo obiettivoè di alzare il volume di liquidità della Banca centrale da lui guidata dai duemila miliardi attuali ad almeno tremila e anche di più. Solo con questa massa di risorse monetarie può sbloccare il «credit crunch» che ancora affligge molti Paesi dell'Eurozona. In realtà chi avrebbe maggior bisogno di trasferire parte del proprio debito da creditori privati alle casse della Bce sono i Paesi economicamente in recessione, ma questo riempirebbe di titoli assai poco appetibili la Banca centrale. Se non sono spazzatura poco ci manca: Grecia, Portogallo, Italia (specie dopo il declassamento dell'agenzia di rating Standard & Poor's dichiarato tre giorni fa). Di qui la decisione - se la «quantitative easing» sarà adottata - di applicarla a tutti i paesi dell'Eurozona in proporzione al loro reddito. In quel caso nei forzieri della Bce entrerebbero anche bond di elevata solidità. Per quanto riguarda l'Italia, noi riceveremmo una quota non superiore ai 90 miliardi, pari al 17 per cento del totale previsto per la «quantitative easing», ma tutta l'Europa tirerebbe un respiro di sollievo per l'irrorazione monetaria ricevuta dall'intera Eurozona. Si farà o non si farà? La decisione dovrebbe essere presa il 22 gennaio ma l'esecuzione non sarà comunque immediata. Questa è la fotografia della situazione. Il quadro generale, economico e politico, perseguito da Draghi è però un altro: la vigilanza bancaria affidata alla Bce, già in corso di esecuzione, l'unità del sistema bancario, anch'essa già parzialmente avviata, la garanzia europea su tutti i depositi bancari che dovrebbe preludere ad un bilancio unico dell'Unione e infine il trasferimento dei debiti sovrani ad un solo debito europeo con relativa cessione di sovranità fiscale. I singoli Stati insomma avrebbero analogo rilievo nei confronti dell'Ue di quanto l'abbiano il Texas, la Virginia, il SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 142 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LA BANCA CENTRALE E L'ACQUISTO DI BOND I VERI OBIETTIVI DI DRAGHI E QUELLI DI RENZI 07/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 143 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Massachusetts, il Mississippi e tutti gli altri verso la Presidenza e il Congresso degli Usa. Questo è il traguardo a raggiungere il quale Draghi lavora e questo è il vero binario dove il suo treno procede. Non corre purtroppo, ma comunque avanza. La Germania è naturalmente il Paese leader, senza l'appoggio del quale non è pensabile di realizzare l'obiettivo. Continuerebbe a mantenere la leadership anche in un'Europa non più soltanto confederata ma federata e un continente finalmente diventato uno Stato più ricco di risorse degli stessi Usa? Personalmente penso di sì e credo che anche Draghi sappia che senza questa certezza sarebbe molto difficile che il treno proceda: disco rosso e non verde. Ma la Germania non è il solo ostacolo. C'è anche la «grandeur» della Francia e c'è anche l'ostacolo non trascurabile dell'Italia. Noi siamo un Paese in pessime acque economiche e abbiamo sulle spalle il maggior debito pubblico d'Europa e uno dei più elevati del mondo intero. Questa è senza dubbio la nostra debolezza ma paradossalmente anche la nostra forza: un default del debito italiano farebbe saltare in aria tutto il sistema bancario del mondo occidentale, non esclusi molti paesi asiatici; insomma un dissesto di gigantesche proporzioni. Sicuramente Matteo Renzi utilizzerà questa nostra debolezza-forza nelle trattative che sta per intraprendere con le autorità europee, la Commissione e i governi dell'Eurozona. Ma Renzi da che parte sta e che cosa veramente vuole? Anche qui bisogna distinguere tra tattica e strategia, tra singole mosse che colgono il presente e finalità proiettate sul prossimo futuro. Le sue mosse Renzi le ha da tempo dichiarate e le ripete quasi quotidianamente: vuole prestiti europei previsti da Juncker e li vuole al più presto senza dover versare il contributo che Juncker chiede agli Stati membri. Vuole l'autorizzazione ad una politica di «deficit spending» destinata a investimenti da effettuare al di fuori del bilancio ufficiale. Il debito aumenterà, ma quello sul quale mette gli occhi la Commissione europea no e quindi neppure il deficit del 3 per cento stabilito dall'accordo di Maastricht, anche se Renzi chiede l'autorizzazione a superarlo fino al 2017 come la Francia. Questi sono gli obiettivi immediati. Ma poi c'è l'obiettivo di fondo: rafforzare la struttura confederata dell'Unione e non muovere nessun passo verso quella federale. Esattamente il contrario della strategia di Draghi e la ragione è evidente: in una struttura federale il potere di Renzi, come di tutti i capi di governo dei Paesi membri dell'Ue, diventerebbe simile al potere d'un governatore regionale o del sindaco di un'area metropolitana. Renzi non vuole un declassamento di questo genere perciò si opporrà fino in fondo e farà quanto gli è possibile perché tutti gli altri Paesi - a cominciare dalla Germania - facciano altrettanto. Ma ha la forza sufficiente per farlo? In parte la sta perdendo e i sondaggi ne mandano un segnale. È questa una delle ragioni per cui vuole procedere a tempo di record all'approvazione delle riforme, a partire da quella del lavoro, dalla legge elettorale e dall'abolizione di fatto del Senato, dall'elezione del nuovo capo dello Stato (quando tra poche settimane Napolitano darà le dimissioni) che sia di fatto uno strumento nelle sue mani. Queste sono le sue finalità. È coraggioso, non si vedono nel Pd alternative, anche se il suo «Jobs act» non crea nessun posto di lavoro ed è di assai dubbia costituzionalità. L'insoddisfazione degli italiani nei suoi confronti è in costante aumento, la diminuzione delle tasse e la sconfitta dell'evasione fiscale sono favole che hanno molto poco da spartire con la realtà. Questo è il quadro con cui gli italiani debbono confrontarsi, al quale c'è da aggiungere la forte sofferenza della democrazia parlamentare di fronte ad una legge che abolisce il Senato e trasforma il sistema consentendo al potere esecutivo di spolpare il potere legislativo e dove la corruzione continua a dilagare come prima e più di prima. Aggiungo due parole (perché l'ho già detto domenica scorsa) sulla fiducia chiesta per la legge delega relativa al «Jobs act». Salta agli occhi di tutte le persone consapevoli che è del tutto irragionevole porre la fiducia sulle leggi delega. Così facendo si trasforma il libero voto in una situazione di libertà forzosa, si chiude il deputato o il senatore aderenti al partito di maggioranza dentro una gabbia, si reprime la libertà di dissenso sugli obiettivi che la delega si propone e che saranno resi esecutivi e precisati nei loro fondamentali aspetti dai decreti costitutivi che non sono neppure discussi dalle Camere. Sono 07/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 144 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato analizzati da una commissione che emette un parere soltanto consultivo. La delega in sostanza è ottenuta con la gabbia della fiducia e non torna più in Parlamento. L'incostituzionalità è evidente e penso che la Corte la dichiarerebbe se ne fosse investita nei modi appropriati. Ma c'è anche un'altra osservazione sulla costituzionalità del «Jobs act»: esso contiene una notevole diseguaglianza tra i lavoratori già occupati nelle aziende e quelli che vi accedono con un periodo di prova e stipendi a tutele crescenti. Questi lavoratori hanno un privilegio rispetto ai già occupati: le aziende che li assumono ed essi stessi sono sgravati dal pagamento dei contributi mentre quelli già occupati non godono di queste facilitazioni. Per converso questi ultimi sono ancora coperti dall'articolo 18 per quanto riguarda i licenziamenti, mentre i nuovi assunti ancora precari non hanno questa protezione. Al tirar delle somme i lavoratori che fanno il medesimo lavoro si trovano in condizioni molto diverse, il che è palesemente incostituzionale. Tendere alla produttività, alla competitività e all'aumento dei posti di lavoro fa parte purtroppo del mondo delle favole, mentre il tempo passa, i sacrifici aumentano, l'economia è inceppata, la corruzione aumenta. Scrive nella poesia "Le Campane" Edgar Allan Poe: «Batte il tempo, il tempo, il tempo, mentre suona a morto, a morto, in un rùnico concerto, al rimbombo di campane, di campane, di campane... «. Campane a festa o campane a morto?PER SAPERNE DI PIÙ www.ecb.europa.eu www.governo.it 07/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) Ultimo scandalo Ior il Papa fa indagare l'erede di Marcinkus * ALBERTO STATERA DIAVOLO di un Papa (absit iniuria verbis). Roma è sottosopra per lo scandalo della Mafia Capitale,e Bergoglio che fa? Dà il via libera e fa rendere nota, con procedura inedita, l'inchiesta del Promotore di Giustizia del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano sull'Istituto per le Opere di Religione e i suoi precedenti vertici amministrativi. < PAGINA TUTT' ALTRO che un caso fortuito, perché la banca della Santa Sede è coinvolta in tutti i più grandi scandali finanziari che hanno funestato l'Italia per decenni, da Tangentopoli alla scalata dei furbetti del quartierino, dalla Cricca delle grandi opere e della Protezione civile, finoa Calciopoli, dalla Carige alla Lux Vide di Ettore Bernabei. Ma è anche uno dei terminali tradizionali usati dalla criminalità capitolina fin dai tempi della banda della Maglianae del suo capo Renatino De Pedis, il bandito ammazzato che fu sepolto come grande amico della Chiesa nella cripta di Sant'Apollinare. La leggenda metropolitana vuole che Renatino fosse figlio del vicario di Roma cardinale Ugo Poletti (non risulta abbia a che vedere col ministro in carica Giuliano, fotografato con la banda di grassatori capitolini). Ma i successori della malavita romana Gennaro Mokbel e Massimo Carminati sono tutt'altro che ignoti nel Torrione di Niccolò V. Stavolta la giustizia vaticana parte da un caso semplice semplice di peculato. Ma, misurato il peso degli indagati, si sa da dove muove, ma non si sa dove arriverà. Angelo Caloia e Lelio Scaletti, rispettivamente ex presidente ed ex direttore generale dello Ior, insieme a un avvocato, sono accusati di aver venduto a prezzi d'affezione parte del ricchissimo patrimonio immobiliare della banca a società da loro controllate per rivenderlo poi a prezzi di mercato. Quisquilie rispetto alla storia recente di un Istituto, nato come Ad Pias Causas, tappezzato di scandali epocali, come la maxitangente Enimont dei primi anni Novanta, ma anche di cadaveri: da Roberto Calvi a Michele Sindona fino al povero Giorgio Ambrosoli. Si dà il caso che Angelo Caloia non sia un politicuccio come l'ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, ma un principe della finanza cattolica e un vecchio democristiano dalle mille relazioni. Professore di Economia politica alla Cattolica di Milano, democristiano d'antan, è esponente di quella "banda degli onesti" vicina al banchiere Giovanni Bazoli e, onore sommo, è presidente della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano. Allo Ior ha regnato per un ventennio, dal 1989 al 2009, e tutto si può dire della sua lunga opera, fuorché sia riuscito a liberare la banca dall'influenza luciferina lasciata in eredità dal suo predecessore, l'arcivescovo Paul Casimir Marcinkus, che ne aveva fatto la sentina di quasi tutte le schifezze finanziarie italiche all'insegna del motto: "Non si può dirigere la Chiesa con le Ave Marie". Infatti preferì maneggiare per decenni con disinvoltura lo "sterco del diavolo". È difficile immaginare uno come Caloia, che presumiamo timorato di Dio più del suo predecessore arcivescovo bon vivant, invischiato con il darwinismo criminale della "Terra di mezzo" capitolina, fatta di omicidi, di "spezzaossa" e di sottopolitica debole e corrotta. Ma poi vai a vedere e lo scopri affaccendato in frequentazioni poco commendevoli se non proprio indecenti. Avete presente lo scandalo dell'Expo di Milano? Bene, quel Gianstefano Frigerio col suo socio Sergio Cattozzo, come risulta dagli atti processuali, frequentavano l'esimio professore, che accettò di pranzare al milanese hotel Westin Palace, teatro degli affari di quella banda, presente anche un dirigente di Publitalia 80, la società di Berlusconi. Millanterie? No. Ma un pranzo naturalmente non fa un colpevole, anche se ormai pensar maleè d'obbligo di fronte alle maleodoranti sorprese che il paese ci consegna giorno dopo giorno. D'altra parte, c'è tra i giudici di Mani pulite chi ricorda che quando la Procura milanese gli chiese dettagli sulle tangenti passate per lo Ior, Caloia rispose: «Ogni eventuale testimonianza è sottoposta a una richiesta di rogatoria internazionale». Deflette poi dal CaloiaStyle, che dovrebbe essere quello di un grande banchiere per di più timorato di Dio, la storia col suo successore Ettore Gotti Tedeschi, che tentò di fare pulizia allo Ior. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 145 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LA STORIA 07/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 146 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Insomma, il professore un giorno va in televisione e lascia intendere più o meno che il suo successore è coinvolto nei casi più oscuri della recente storia criminal-finanziaria,a cominciare da quello del banchiere Gianmario Roveraro assassinato nel 2006. Quello gli fa causa e non accetta di ritirarla, come richiedono gli avvocati di Caloia. Quanto alla storia dei palazzi venduti a prezzi d'affezione, la spesa immobiliare a due soldi in Vaticano era quasi un vezzo dei potenti. Molti durante l'epoca di Berlusconi e dei suoi infiltrati in Vaticano trai Gentiluomini di Sua Santità (vedi Gianni Letta e Angelo Balducci) hanno acquistato da Propaganda Fide qualche bell'appartamento o addirittura un palazzo nel centro di Roma, come ad esempio, tra i tanti, l'ex ministro Pietro Lunardi. Ma quando mai la magistratura vaticana si era mossa pubblicamente con questa determinazione, dopo decenni di rifiuto di ogni controllo esterno e di silenzio della magistratura interna? Francesco, come è stato subito evidente, fa sul serio. Ben attento all'amministrazione, ha spazzato via quasi tutti gli uomini del cardinal Tarcisio Bertone, che tiene sotto tiro anche per la reggia che l'ex segretario di Stato si è fatto allestire in Vaticano e che ha inaugurato - narrano le cronache - con feste sardanapalesche. Per cui è difficile prevedere dove andrà a parare l'inchiesta su Caloia, ma si prevede lontano, molto lontano. E si sa: «è più facile che un cammello passi nella cruna dell'ago che un ricco entri nel regno dei cieli, come diceva qualche Vangelo. AL VERTICE CALOIA Angelo Caloia è stato presidente dello Ior dal 1989 al 2009. È indagato dal Promotore di Giustizia del Vaticano per un'ipotesi di peculato VON FREYBERG Ernst Von Freyberg è stato presidente dello Ior dal febbraio 2013 al luglio 2014. Lo scorso gennaio ha spinto per l'apertura delle indagini su Caloia DE FRANSSU Jean-Baptiste de Franssu, attuale presidente Ior, ha sottolineato "l'impegno per la trasparenza e la tolleranza zero, anche su fatti del passato" PER SAPERNE DI PIÙ www.repubblica.it www.ior.va AL VERTICE CALOIA Angelo Caloia è stato presidente dello Ior dal 1989 al 2009. È indagato dal Promotore di Giustizia del Vaticano per un'ipotesi di peculato VON FREYBERG Ernst Von Freyberg è stato presidente dello Ior dal febbraio 2013 al luglio 2014. Lo scorso gennaio ha spinto per l'apertura delle indagini su Caloia DE FRANSSU Jean-Baptiste de Franssu, attuale presidente Ior, ha sottolineato "l'impegno per la trasparenza e la tolleranza zero, anche su fatti del passato" PER SAPERNE DI PIÙ www.repubblica.it www.ior.va Foto: LA SPINTA DEL PONTEFICE L'indagine del promotore di Giustizia del Tribunale del Vaticano è stata resa pubblica per volere del Papa 07/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 13 (diffusione:556325, tiratura:710716) Province, l'ora del caos per i ventimila esuberi porte chiuse dalle Regioni e paghe a rischio nel 2015 Annunciate proteste clamorose. "Porteremo le fasce tricolori ai prefetti. Decidano loro se chiudere le strade e spegnere le caldaie" Pastacci, presidente dell'Upi: "Non si possono certo abolire i servizi ai cittadini solo perché le deleghe non sono ancora state trasferite" PAOLO GRISERI ROMA. Ventimila colletti bianchi in cerca di ufficio. E' la paradossale conseguenza di quello che Alessandro Pastacci, presidente dell'Unione delle Province italiane, definisce «lo sfasamento dei tempi tra l'applicazione della legge Del Rio e la necessità di fare cassa del ministero dell'Economia». Risultato: lo Stato chiede già dal primo gennaio alle Province di tagliare un miliardo dalle loro uscite, l'equivalente degli stipendi dei 20.000 dipendenti che dovrebbero passare alle Regioni. Mentre le stesse 15 Regioni a statuto ordinario non li hanno ancora assunti. E non li assumeranno per molto tempo perché per farlo devono concordare con i Comuni la divisione dell'esercito degli impiegati in fuga dalle Provincie in via di progressivo smantellamento. Il pasticcio è aggravato dal fatto che ormai da tempo lo Stato non trasferisce più fondi alle amministrazioni provinciali. La conseguenza è che nel 2015 saranno le stesse Province a mettere mano al portafoglio versando nelle casse di Roma il miliardo corrispondente al monte stipendi dei 20 mila impiegati. «Fino a quando non saranno trasferite le competenze alle Regioni, quei dipendenti continueranno a lavorare per i nostri uffici. Non si possono abolire i servizi ai cittadini solo perché non sono ancora stati trasferiti», aggiunge Pastacci. Tra gli impiegati provinciali in attesa di un destino ci sono, ad esempio, i 6.000 dipendenti dei centri per l'impiego e il fatto in sé è già abbastanza paradossale. Diventa assurdo se si aggiunge che ai 6.000 bisogna aggiungere un altro migliaio di precari utilizzati negli stessi uffici: in Italia ci sono infatti 1.000 precari occupati nei centri per l'impiego. Mercoledì si svolgeràa Roma una riunione del coordinamento per l'applicazione della legge Del Rio e in quella occasione i nodi sembrano destinati ad arrivare al pettine. Il 1 gennaio si avvicina e senza proroghe il caos è assicurato. «La legge Del Rio aveva stabilito tappe precise», ricorda Pastacci. Il provvedimento, frettolosamente catalogato come «cancella-Province», aveva stabilito che alcune materie sarebbero in realtà rimaste alle amministrazioni provinciali e alle dieci nuove città metropolitcane. In sostanza strade, scuole e difesa del territorio continueranno ad essere curati dalle Province nella nuova versione: non più amministrazioni elette dai cittadini ma enti i cui vertici sono eletti dai consiglieri comunali del territorio. Tutte le altre materie dovranno invece passare, insieme ai dipendenti, alle Regioni o ai Comuni. Si tratta di capitoli importanti come la formazione professionale, le agenzie per trovare lavoro ai disoccupati, alcune competenze nei settori del turismo, della cultura, dell'agricoltura. Entro fine anno, stando al progetto Del Rio, Regioni e Comuni avrebbero dovuto decidere come dividersi quelle materie e gli impiegati corrispondenti. Secondo i calcoli resi noti a inizio settembre dal governo, degli oltre 47 mila attuali dipendenti delle amministrazioni provinciali, 27 mila (13.500 nelle Province e altrettanti nelle dieci città metropolitane) dovrebbero rimanere nei loro attuali uffici mentre i rimanenti ventimila dovrebbero migrare nelle altre amministrazioni locali. Al trasferimento dei dipendenti corrisponderebbe il trasferimento delle funzioni alle Regioni. Ma queste ultime resistono. «Uno dei paradossi - dicono all'Unione delle Province - è che in questo modo tornerebbero alle Regioni molte funzioni decentrate alle stesse Province negli ultimi quindici anni in base alle leggi Bassanini». Un movimento di andata e ritorno che ha consentito alle Regioni di diminuire progressivamente i trasferimenti in denaro alle Province, erogati per ripagarle dei nuovi incarichi assunti. Così oggi che quelle funzioni devono tornare al punto di partenza ci arrivano accompagnate da scarsissime risorse finanziarie: un boomerang per le amministrazioni regionali. La coperta è corta. Se le Province saranno costrette a mantenere le funzioni che dovrebbero essere trasferite alle Regioni ma saranno obbligate a versare allo stato il miliardo del monte stipendi degli impiegati SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 147 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Gli enti locali Cortocircuito tra i tempi della riforma Delrio e il taglio di un miliardo dei fondi statali. I nuovi compiti non sono ancora stati ripartiti tra le varie amministrazioni. E gli impiegati sono nel limbo 07/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 13 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 148 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato che garantiscono quelle funzioni, finiranno per trovarsi nell'incredibile condizione di dover pagare due volte i dipendenti considerati in eccesso. Sarebbe il disastro finanziario. Monica Giuliano, presidente delle Province liguri, sbotta: «Il taglio previsto dalla legge di stabilità è insostenibile. Se vogliono farci morire di asfissia finanziaria lo dicano chiaramente. Dal primo gennaio porteremo le nostre fasce tricolore al prefetto. Sarà lui a dover decidere se chiudere le strade provinciali, spegnere il riscaldamento nelle scuole, lasciare la neve sulle strade». In questo quadro da ultima spiaggia c'è chi ascolta l'orchestrina, come accadde sul Titanic. Accade in Toscana, a Siena, dove la Provincia annuncia con decreto l'assunzione di8 nuove fiugure, quattro dirigenti e quattro membri di staff. «Una decisione paradossale- attaccanoi sindacati- una decisione presa in solitudine mentre i dipendenti delle Province vivono un momento di incertezza totale sul loro futuro». Personale impiegato nelle Province Quanti dipendenti e quanti da trasferire Personale da ricollocare tra Regioni e Comuni Lombardia Piemonte Liguria Toscana Lazio TOTALE Campania Calabria Basilicata Puglia Molise Abruzzo Umbria Marche Veneto 3.146 1.627 4,459 2.124 1.625 893 437 202 2.928 1.628 1.117 689 3.685 1.620 2.267 1.286 3.146 3.146 1.900 582 4.538 1.472 4.745 2.278 4.989 976 3.710 1.477 6.728 2.955 47.862 20.593 E. Romagna PER SAPERNE DI PIÙ www.governo.it www.upinet.it 07/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 26 (diffusione:556325, tiratura:710716) Al secondo round dei maxi-prestiti Bce le banche europee potrebbero chiedere fino a 170 miliardi Giovedì la nuova asta del Tltro dopo il semi-flop della prima Le italiane ancora protagoniste VITTORIA PULEDDA LA "seconda volta" della Bce è praticamente alle porte, con l'asta di giovedì prossimo che chiuderà per il 2014 i finanziamenti "mirati" (targeted) della Banca centrale, indirizzati a sostenere l'economia reale. L'11 si terrà infatti la seconda asta Tltro, iniezioni di liquidità a tassi molto generosi (lo 0,15%) e di durata quadriennale, a patto che gli ammontari richiesti siano impiegati - almeno in larga misura - per fare nuovi prestiti alle imprese. In realtà il vincolo non è assoluto: ci saranno verifiche periodiche e se le banche non avranno aperto maggiormente i rubinetti del credito (rispetto ad un periodo precedente, che verrà preso come punto di riferimento) dovranno restituire a metà percorso, dopo due anni, i finanziamenti ottenuti. Non è un deterrente molto forte ad impiegare diversamente la liquidità ottenuta, ignorando quella "T" (Targeted) che contraddistingue e vincola queste aste, però è sempre meglio di niente. E, grazie a queste aste ma più in generale grazie al fiume di liquidità che in questo momento inonda le banche, il mondo del credito sta registrando qualche timido segnale di ripresa. Intendiamoci, nel senso che sta un po' rallentando la caduta degli impieghi rispetto ad un anno fa, non certo che si è arrestata, così come starebbero migliorando i flussi di prestiti che entrano nella zona di attenzione, in quando crediti dubbi. Inoltre le banche pare abbiano ripreso a farsi concorrenza - vera nella ricerca della clientela, anche se la caccia all'azienda da finanziare per il momento resta limitata alla fascia ultra-sicura di imprese (escludendo le imprese medio-piccole, che hanno più bisogno di sostegno). La prima asta di Tltro era stata considerata un flop in tutta Europa, con soli 82,6 miliardi richiesti. E stavolta? Le stime raccolte da Bloomberg parlano di 170 miliardi, con l'Italia in pole position. Certo, questa sarà l'ultima occasione, per entrare nel campione di banche da monitorare - sotto il profilo degli impieghi - e partecipare alle successive aste trimestrali (che si terranno nel 2015 e 2016): difficile che qualche banca voglia precludersi la possibilità di partecipare alle aste successive, quindi chi non ha partecipato a settembre, ragionevolmente lo farà giovedì. Foto: BANCHIERE Mario Draghi, presidente Bce. Giovedì nuova asta dei maxi-prestiti alle banche per stimolare l'economia SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 149 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL PUNTO 07/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 54 (diffusione:556325, tiratura:710716) Alfredo Reichlin "La politica la fa chi crede in se stesso su di me ho avuto più di un dubbio" IL MIO sguardo è attratto dal tappeto che divide il salotto dallo studio di Alfredo Reichlin. Un Kilim, precisa Roberta Carlotto. La trama evidenzia l'inconfondibile testa di Lenin, il Cremlino, e la tomba mausoleo del grande leader comunista. «Fu un regalo per gli ottant'anni di Alfredo», precisa la Carlotto. È il solo cimelio che noto. Il solo richiamo a una stagione che non c'è più: scomparsa. Morta e sepolta. Sono andato a trovare Alfredo Reichlin con un sentimento di sparizione. Il vecchio leader, legato prima a Togliatti e poi a Berlinguer, compirà 90 anni tra qualche mese. Ha appena finito di scrivere un pamphlet. Un trattatello denso, duro, acuto. Apparentemente pensato per la sinistra, o ciò che resta di essa; in realtà scritto per raccontare ai più giovani un mondo diventato incomprensibile. Il titolo: Riprendiamoci la vita (edito da Eir). Come si sente nella parte del vecchio nonno che spiega ai nipoti cosa sta accadendo? «Come un uomo di un'altra epoca. Inadatto. Non tanto a esprimere giudizi, ma ad azzardare previsioni. Vedo una distanza incolmabile da tutto ciò che un tempo mi fu familiare. Non ho mezzi né energie.E tuttavia, in questo cataclisma, le sole forze cui affidarsi sono le generazioni future». E la sinistra? «Ha fallito. La sua crisi rientra nel più generale declino della civiltà europea. È finita l'occidentalizzazione del mondo». Siamo entrati nel turbo-occidente. «Senza più valori né punti di riferimento. La potenza economica ha travolto il potere politico. Chi è oggi il sovrano?». Si è dato una risposta? «I mercati governano, i tecnici gestiscono, i politici vanno in televisione. Parlo non da esperto, ma da uomo che è vissuto a lungo». Che bilancio fa della sua vita? «Un borghese diventato comunista. Mio nonno era un industriale svizzero. In Puglia aprì una fabbrica chimica. Mio padre fece altro. Dopo la Grande Guerra divenne un dannunziano convinto. La casa di Barletta, dove sono nato, piena di cimeli. Di frasi fatte e roboanti: "Ardisco e non ordisco", la ricordo ancora. Ridicola». Era l'anticamera del fascismo. «Per qualche anno mio padre fu podestà di Barletta. Poi preferì dedicarsi alla professione di avvocato e ci trasferimmo a Roma. Avevo cinque anni». Agli occhi di un bambino cos'era quella Roma? «Provavo fastidio. Vedevo il contrasto tra quell'Italia, meschina, retorica, piccolo borghese, e le mie origini a contatto con il mondo contadino. Senza diritti né protezione. Gli anni del liceo al Tasso mi aprirono gli occhi. Fu lì, nella mia classe, che conobbi Luigi Pintor. E attraverso lui il fratello Giaime. Di pochi anni più grande. Divenne la nostra guida intellettuale. Ci fece leggere Rilke, che aveva appena tradotto, Ossi di seppia di Montale eI proscritti di Salomon. Per la nostra crescita politica ci affidò a Eugenio Colorni. Che poi sarebbe morto tragicamente in un agguato nel 1944». Qualche mese prima morì Giaime. «Saltò su una mina tedesca nel dicembre del 1943. Luigi venne a casa mia per darmi la notizia. Smunto, con le labbra contratte, disse: dobbiamo vendicarlo». Cosa intendeva? «Voleva dire cambiare la natura del nostro impegno politico. Diventammo gappisti; entrammo in clandestinità. Un uomo misterioso, che poi risultò essere Valentino Gerratana, ci consegnò delle armi. Furono mesi terribili. Consapevole che se fossi stato preso mi avrebbero torturato e poi ucciso. A un certo punto qualcuno del nostro gruppo tradì. A un appuntamento con dei compagni arrivò la Banda Koch. Arrestarono Luigi e pure Franco Calamandrei». Si scoprì chi aveva tradito? «Sì, il Cln, con a capo Giorgio SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 150 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA R CULT Straparlando. Novant'anni tra pochi mesi ha vissuto da protagonista la storia del comunismo italiano dalla Resistenza alla guida dell'"Unità" e al crollo dell'Urss "Ma oggi a governare sono i mercati, e i tecnici gestiscono" 07/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 54 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 151 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Amendola, processò il traditore che nel frattempo si era aggregato alla Banda Koch. La direzione dei Gap decise che fossi io a dargli la caccia e ad eseguire la sentenza di morte. Riuscì a scappare a Milano. E solo dopo seppi che era stato ucciso in uno scontro a fuoco con i partigiani». Lei partecipò anche all'attentato di via Rasella? «Non direttamente anche se fummo noi gappisti a organizzarlo». Cosa sa dell'assassinio di Gentile? «Ero a Roma. Mi giunse la notizia che i Gap avevano, nei dintorni di Firenze, giustiziato Gentile. È quello che so. In quei giorni fui catturato da un paio di fascisti. Mi trascinarono per la discesa di via Cavour. Pensai è finita. Quando, dal fondo della strada, comparve improvvisamente Arminio Savioli. Un compagno. Puntò la pistola controi duee sparò. Uno cadde. Mi liberai dell'altro. E cominciammo a correre». Come ha vissuto in seguito quel clima di violenza? «Sono storie che non mi piacciono. Ma eravamo in guerra. Bisognava sapere da che parte stare. Quello che venne dopo non fu facile». Venne la Liberazione. «Con gli americani a Roma ci fu un'esplosione di gioia. Era bello aver riconquistato la libertà. Ma al tempo stesso Roma mostrava il suo volto peggiore. Le puttane, i borsaioli, i fascisti che ancora resistevano e circolavano. Pensavo: ma per chi abbiamo combattuto e rischiato? Fui preso da una crisi di identità. Non sapevo più chi fossi. Ero disorientato, caddi in depressione». Come reagì? «Ero in condizioni penose. Il Partito comunista decise di fare incontrare i gappisti che a Roma avevano lottato per la Resistenza. Eravamo una trentina. Molti di noi non si conoscevano. Ci vedemmo nella casa di uno di loro. Scoprii che tra gli altri c'erano Calamandrei, Salinari, Bentivegna, Carla Capponi. Parlammo a lungo. Ci abbracciammo. Improvvisamente il padre di quello che ci ospitava, un vecchio ferroviere, si sedette al pianoforte. Cominciò a suonare le prime note dell' Internazionale . Era la prima volta che l'ascoltavo. Qualcuno prese a cantare. Fu in quel momento che mi ritrovai». Fu in quel momento che iniziò la sua storia nel Pci? «In un certo senso è così. Ero giovane. Togliatti rientrava dopo i lunghi anni passati in Unione Sovietica. Affamato di novità. Mi colpì il rigore, la cortesia, l'intelligenza, la disponibilità verso i più giovani». Sembra descrivere un professore. «In un certo senso lo era. Avrebbe potuto esserlo». E lei tra gli allievi preferiti. «Diciamo tra coloro che ascoltava con attenzione e piacere. Mi collocò all' Unità , a stretto contatto con Pietro Ingrao, dove divenni direttore nel 1956». Quell'anno ci fu l'insurrezione ungherese e l'invasione sovietica. Un anno terribile per il partito. «Sì, dice bene: terribile». La posizione troppo filosovietica del Pci indusse molti ad andarsene, a uscire dal partito. «Ci furono dei casi di coscienza, che rispetto. Altri che uscirono per approdare a lidi politici completamente opposti. Li rispetto un po' meno». Lei non ebbe allora la consapevolezza che una frattura si stava consumando e che l'Unione Sovietica non era poi quel mito di libertà che si immaginava? «A me dell'Unione Sovietica non fregava niente. Togliatti su questo fu chiarissimo: la rivoluzione in Italia non si fa con il mito del socialismo, bensì portando a compimento quella storia italiana che il Risorgimento non riuscì a realizzare». Mi scusi, ma non è che i compagni del partito fossero tutti così disinteressati alle sorti dell'Urss. «Il confronto fu aspro, duro, a tratti perfino violento. Non dimentichi che il partito aveva una base di due milioni di iscritti, molti dei quali non avevano rinunciato a quel mito cui alludeva». Personalmente come visse lo scontro? «La mia coscienza ne fu lacerata. Ma la scelta chiara: stare con i miei». Cioè stare con il partito? «Sì». A un certo punto il partito la rimosse da direttore dell' Unità per posizioni troppo vicine a Ingrao. 07/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 54 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 152 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «Io, Pintor e Vittorio Foa pensavamo che il quadro capitalistico stesse cambiando e che occorressero posizioni politiche più avanzate. Questo creò un problema a Togliatti». Quanto grande? «Parecchio. Ingrao non era ben visto da una parte cospicua del partito. Ricordo che Togliatti mi convocò. Mi disse con una sfumatura paterna: "Alfredo, o mi dimetto io o ti dimetti tu". Mi mandò prima in America Latina e poi mi spedì in Puglia». Tornava alle sue origini. «L'esperienza tra i braccianti pugliesi fu fondamentale. Durante la notte con il segretario dei braccianti giravamo paese per paese per controllare i picchetti e farmi conoscere dai contadini. Dopotutto, ero in quel momento il rappresentante di Togliatti». È vera la storia che il suo nome fu storpiato in quello di un celebre cardinale? «Accadde durante un comizio con i contadini. Il segretario provinciale introducendomi disse: ed ora diamo la parola al compagno Richelieu!». Non si sente parte, diciamo così, di una sinistra estetica? «Cosa vuol dire?». Una sinistra che pensa e ragiona bene. Che si contorna di belle cose, che dialoga con gli scrittori e gli artisti. Questo intendo. «Cosa dovrei risponderle? Non eravamo solo noi ad andare verso la cultura, era la cultura attratta da noi». Siete stati accusati di aver svolto un'egemonia culturale. Imponendo una linea a senso unico. «Ci siamo difesi. Dovevamo lasciare il campo alla destra becerae incoltao alla Democrazia cristiana?E poi, dico la verità, quale egemonia? Eravamo fuori da tutto: dall'università, dalla televisione. Il nostro punto di forza fu la casa editrice Einaudi. Ma le assicuro che quanto a realismo nessuno superava quel rompicoglioni, lo dico in senso affettuoso, di Giulio Einaudi». Cosa pensa di Mario Alicata che, oltre a prendere il suo posto alla direzione dell' Unità , fu uno dei guardiani di quella egemonia? «Uomo di grande intelligenza. Capacità lavorativa mostruosa. Affetto da un fanatismo politico senza pari. Odiava Ingrao e questo me lo rese inviso. La politica è anche fatta di questo: amori e odi». A proposito di amori, come fu quello con Luciana Castellina? «Fu la scoperta della felicità. Luciana era libera da tutto. Una libertà che non avevo mai conosciuto. Furono anni straordinari e molto dolorosa la separazione. Almeno così io la vissi». Un'altra separazione, immagino anch'essa dolorosa, fu quella da Luigi Pintor quando, insieme ad altri, fu espulso dal Pci. Cosa ha provato? «Dal punto di vista politico mi sembrava che la loro analisi fosse del tutto sbagliata. Oggi se la raccontano in un altro modo, ma allora pensavano che in Occidente fosse maturo il comunismo. Un abbaglio. Imperdonabile». I rapporti con Pintor, con l'amico più caro? «Quel senso di intimità che per lungo tempo provammo si perse. Per me era sempre stato il punto di riferimento. Scoprii che eravamo diventati diversi». Quanto diversi? «Un giorno Gabriele De Rosa mi disse: Luigi ha un problema religioso. Ecco cosa è stato Luigi: un grande moralista. L'ultima vacanza che facemmo assieme fu a San Candido. Erano i giorni di Natale. Colsi, per la prima volta, la profondità del suo radicalismo etico. Improvvisamente capii che eravamo diventate due persone distanti». Chi la conosce dice: Reichlin è uno che non è mai stato veramente attratto dal potere. Cosa risponde? «Forse è quel lato estetico al quale alludeva. Forse è il mio enorme limite. Non ho mai avuto niente. Neppure una scorta, una macchina a disposizione». Avverto una punta di snobismo. «Mi ritengo un po' snob. Non so se sia un pregio o un difetto. Quello che so è che la politica la fa chi crede fortemente in se stesso. Su di me ho avuto più di un dubbio. Che ho sciolto con qualche ironia e un certo dilettantismo. Oggi nessuno capisce più niente di ciò che sta accadendo. Il primo che passa, con un po' di parlantina, prende voti per il potere. Ma è questa l'Italia a cui pensavamo?». Ha mai più avuto crisi di identità? «No, dopotutto mi ritengo un uomo fortunato. Ho goduto di alcuni privilegi. Ho una moglie, Roberta, splendida, una vita felice. Due figli che hanno intrapreso una strada che non si 07/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 54 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 153 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato interseca con la mia. Ma è la loro e del resto non ho avuto su di essi nessuna influenza». C'è una virtù che rivendica? «Quella di ragionare. L'analisi è tutto. Fu una cosa che appresi da Togliatti». Meglio lui o Berlinguer? «Due grandi leader. Diversi per tempi differenti». Sente di essere stato un leader mancato? «I numeri uno sono rari, come la neve d'estate. Della politica ho amato più l'intelligenza che l'azione. Ho sempre visto la grandezza di un problema, ma non ho mai avuto la forza né la voglia di risolverlo. E per questo oggi ne posso parlare con la libertà di un novantenne».La Liberazione Dopo la gioia Roma mostrò il lato peggiore tra puttane, borsaioli e fascisti ancora in giro Pensavo: ma per chi abbiamo combattuto? I nuovi statisti Nessuno capisce più nulla di quello che sta accadendo. Il primo che passa, con un po' di parlantina, prende voti per il potereLE TAPPE IL PARTIGIANO Nato a Barletta, non ancora maggiorenne a Roma entra a far parte dei Gruppi di Azione Patriottica per la liberazione della capitale, in particolare con la Brigata Garibaldi nella rete coordinata da Calamandrei IL POLITICO Iscritto al Pci dal 1946, diventa vicesegretario della Fgci. Entra in parlamento nel 1968 e vi rimane per sette legislature, seguendo il partito nelle trasformazioni e contribuendo poi alla stesura del "Manifesto dei Valori" del Pd IL GIORNALISTA Entra nella redazione dell 'Unità nel 1955 e l'anno successivo diventa vicedirettore. Passa alla direzione del quotidiano fondato da Gramsci nel 1958 e la lascia nel 1962 per poi tornare nel 1977 fino al 1981 LO SCRITTORE Riprendiamoci la vita è l'ultimo libro (Eir, sarà presentato il 9 a Roma alla Sala Zuccari del Senato) Ha scritto anche Il silenzio dei comunisti, con Vittorio Foa e Miriam Mafai (2002, Einaudi) e Il midollo del leone (2010, Laterza) Foto: LA BIOGRAFIA Alfredo Reichlin è un politico, giornalista e scrittore italiano, nato a Barletta il 26 maggio 1925. È stato direttore dell 'Unità, partigiano, parlamentare e dirigente del Pci e poi del Pds e del Pd, collaborando alla stesura del suo "Manifesto dei valori" Foto: DISEGNO DI RICCARDO MANNELLI 07/12/2014 La Repubblica - Bologna Pag. 2 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Non c'è il rischio banlieue ma la tensione sociale unisce studenti e dannati" ELEONORA CAPELLI «IO IL rischio banlieue qui non lo vedo proprio, mi sembra una definizione frutto di contingenze e superficiale. Piuttosto questo è un caso di conflittualità sociale, in una città come Bologna che ha una consistente presenza studentesca, con livelli di disponibilità al conflitto più elevata. È una socializzazione della politica tradizionale, e visto chei dannati oggi sono gli immigrati e i nomadi, è su queste questioni che chi protesta si mobilita». Il sociologo Asher Colombo guarda agli eventi di questi giorni con la prospettiva non solo del professore universitario, ma anche con quella del residente in Bolognina, nel quartiere dove si assiste alla "megaoccupazione" di via Fioravanti. Professor Colombo, qualche giorno fa uno studio della Fondazione Leone Moressa definiva Bologna come la città a più alto rischio banlieue, in base ad alcuni criteri tra cui la marginalità socio-economica degli stranieri. Lei pensa che le occupazioni di questi giorni diano ragione agli analisti? «Vorrei smentire intanto alcuni luoghi comuni, ad esempio quello che l'incidenza di immigrati in un quartiere faccia aumentare il conflitto sociale. A Bologna il quartiere con più immigrati di tutti è la Bolognina e la conflittualità è zero. Anche per quanto riguarda la disoccupazione, questo è un fenomeno che colpisce tutti, e solo un po' di più gli stranieri rispetto agli italiani. Le diseguaglianze, a partire dagli anni '80 sono fortemente aumentate, ma per un lungo periodo questo non ha prodotto conflittualità. Insomma, io credo che qui si debbano fare più analisi politiche e sociali». Quello che sta succedendo a Bologna è quindi il segnale di un malessere diffuso, oppure il tentativo di guidare politicamente il disagio abitativo ed economico che c'è? «Si tratta del riemergere di una conflittualità sociale che prende forme anche molto visibili, visti gli obiettivi designati. Nei gruppi e negli ambienti dei collettivi universitari o di organizzazioni analoghe, c'è un comprensibile tentativo di capitalizzare un disagio generalizzato». Alla protesta di chi è rimasto senza casa si somma quindi la protesta dei collettivi e dei centri sociali? «C'è un cambiamento di percezione del futuro, oggi per la prima volta ci si aspetta che le cose peggiorino sempre, invece che migliorare. La percezione di un futuro "bloccato" si somma al fatto che la distribuzione della crisi non è stata uniforme, i giovani sono stati i più colpiti. E quindi riesplode un conflitto sociale che è come un fiume carsico». In che senso? «Qualche tempo fa tutti ricordiamo l'occupazione di San Petronio da parte degli immigrati che non trovavano casa. C'è un andamento in qualche modo "sotterraneo" di queste problematiche, che riemerge ciclicamente. Poi, vedendo quello che accade in altre città, come Milano, Torinoe Genova, può darsi che questa sia una nuova fase. Dobbiamo guardare bene quello che succede da qui in avanti». Quanto conta secondo lei il fatto che Matteo Salvini, leader in ascesa della Lega Nord, cerchi oggi di cavalcare con nuova forza le difficoltà dell'integrazione tra stranieri e italiani? «Salvini sfrutta intelligentemente a suo favore un vuoto lasciato dalla sinistra, sempre molto timida su questi temi. La questione dello Ius Soli, il diritto di cittadinanza per i bambini figli di stranieri, ad esempio, era importante. Invece un po' se ne parla, un po' no, alla fine prevale la timidezza nell'affrontare anche dei nodi simbolici, c'è il timore che la società non sia pronta». E secondo lei la società è pronta? «Sì, ci sono statistichee studi che lo dimostrano, la stragrande maggioranza degli italiani sarebbe d'accordo. Ma c'è l'incapacità di esplicitare un disegno sulla questione della presenza di famiglie straniere nel nostro Paese. E questo lascia un vuoto, in cui si innesta il processo di politicizzazione di un tema altrimenti sparpagliato nella vita quotidiana, fatta di chiacchiere e mugugni al bar. I mugugni che adesso Salvini capitalizza». SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 154 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA 07/12/2014 La Repubblica - Bologna Pag. 2 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 155 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Ma quanto potrebbe servire un gesto simbolico a queste persone che non hanno la casa? «È l'unica cosa che si può fare a costo zero, e proprio per questo sarebbe importante, in un momento in cui le risorse scarseggiano». PER SAPERNE DI PIÙ www.comune.bologna.it hobo-bologna.info Foto: Asher Colombo 08/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) Papa Francesco "I 7 impedimenti che vanno tolti ai divorziati" intervista ELISABETTA PIQUÉ Papa Francesco "I 7 impedimenti che vanno tolti ai divorziati" A PAGINA 19 CITTÀ DEL VATICANO «DIO è buono con me, mi dà una sana dose di incoscienza. Sto facendo quello che devo fare». «Fin dal primo momento mi sono detto: "Jorge, non cambiare, rimani te stesso, perché cambiare alla tua età è ridicolo"». Rilassato e di buon umore, Francesco concede a La Nación un'ampia intervista sui temi più caldi sui quali si confronta oggi la Chiesa. Il Rinnovamento della Chiesa, a cui lei richiama, mira anche a cercare le "pecorelle smarrite" e a frenare l'emorragia di fedeli? «Non mi piace usare l'immagine dell'"emorragia", perché è molto legata al proselitismo. Mi piace usare l'immagine dell'ospedale da campo: c'è gente molto ferita che aspetta che andiamo a sanare le sue ferite, ferite dovute a mille ragioni. C'è gente ferita dall'incuria, dall'abbandono della Chiesa stessa, gente che sta soffrendo terribilmente». Lei è un Papa che parla in modo diretto. Perché secondo lei ci sono settori che si sentono disorientati, che dicono che «la barca è senza timone» dopo il recente Sinodo sulla famiglia? «Mi stupiscono queste espressioni. Non mi risulta che siano state dette. In effetti, uno una volta mi ha detto: "Questa cosa del discernimento fa bene, ma abbiamo bisogno di cose più chiare". E io gli ho detto: "Guardi, ho scritto un'enciclica a quattro mani e un'esortazione apostolica. Faccio continuamente dichiarazioni, omelie. Questo è ciò che io penso, non quello chei media dicono che io penso. Vada a vedere e lo troverà, ed è molto chiaro; la Evangelii Gaudium è molto chiara"». Al Sinodo si è parlato dei gay? «Nessuno ha parlato di matrimonio omosessuale. Abbiamo parlato di come una famiglia che abbia un figlio omosessuale lo debba educare e di come aiutare questa famiglia. Dunque al Sinodo si è parlato della famiglia e delle persone omosessuali in relazione alle loro famiglie, perché è una realtà che incontriamo nei confessionali». E dei divorziati risposati cosa dice? «Che facciamo con loro, che porta si può aprire? C'è un'inquietudine pastorale: allora gli andiamo a dare la comunione? Non è una soluzione dargli la comunione. Questo soltanto nonè la soluzione, la soluzione è l'integrazione. Non sono scomunicati. Ma non possono essere padrini di battesimo, non possono leggere le letture a messa, non possono distribuire la comunione, non possono insegnare il catechismo, non possono fare sette cose, ho l'elenco lì. Se racconto questo, sembrerebbero scomunicati di fatto! Bisogna aprire un po' di più le porte. Perché non possono essere padrini? "Che testimonianza darebbero al figlioccio?". La testimonianza di un uomo e una donna che dicano: "Guarda, io mi sono sbagliato, sono scivolato su questo punto, ma credo che il Signore mi ami, voglio seguire Dio, il peccato non mi ha vinto, vado avanti". Ma che testimonianza cristiana è questa? Se arriva uno di questi truffatori politici che abbiamo, corrotti,a fare da padrino ed è regolarmente sposato per la Chiesa, lei lo accetta? E che testimonianza darà al figlioccio? Testimonianza di corruzione?». Ogni volta che c'è un cambiamento dello status quo , com'è stato il suo arrivo in Vaticano, è normale che ci siano delle resistenze. Dopo poco più di 20 mesi, questa resistenza, all'inizio silenziosa, sembra essere più evidente... «Questa parola l'ha detta lei. Le resistenze adesso si rendono evidenti, ma per me è un buon segno che le manifestino, che non le dicano di nascosto quando uno non è d'accordo. È sano chiarire le cose; è molto sano». La resistenza haa che fare con la pulizia che lei sta facendo, con la ristrutturazione interna della curia romana? «Considero le resistenze come dei punti di vista diversi, non come una cosa sporca. Ha a che vedere con delle decisioni che prendo, certo. Ci sono delle decisioni che toccano alcuni aspetti economici, altre aspetti più pastorali». È preoccupato? «No, non sono preoccupato, mi sembra tutto normale, perché sarebbe anormale che non esistessero dei punti di divergenza. Sarebbe anormale che non venisse fuori nulla». È finito il lavoro di pulizia SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 156 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL COLLOQUIO 08/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 157 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato o prosegue? «Non mi piace parlare di "pulizia". Direi che si tratta di far camminare la curia nella direzione che le congregazioni generali [le riunioni che precedono il conclave, NdT ] hanno chiesto. No, ma c'è ancora molto da fare. C'è da fare, c'è da fare». Ciò che si è trovato facendo pulizia è peggio di quello che si aspettava? «Prima di tutto, non mi aspettavo nulla. Speravo di tornare a Buenos Aires ( ride ). E poi credo che, non so, Dio in questo è buono con me, mi dà una sana dose di incoscienza. Sto facendo quello che devo fare». Dell'essere Papa, che cosa le piace di più e che cosa le piace di meno? «Prima di venire qui, stavo per ritirarmi. Una volta tornatoa Buenos Aires, ero d'accordo col nunzio di preparare una terna perché alla fine di quell'anno [2013], si nominasse il nuovo arcivescovo. Pensavo ai confessionali delle chiese dove sarei andato a confessare. Avevo anche progettato di trascorrere due o tre giorni a Luján e il resto in Buenos Aires. Venuto qui, ho dovuto affrontare tutte queste cose nuove. Ma fin dal primo momento mi sono detto una cosa: "Jorge non cambiare, rimani te stesso perché cambiare alla tua etàè ridicolo". Per questo, ho continuato a fare le cose che facevo a Buenos Aires. Compresi gli sbagli magari, si può supporre. Ma preferisco essere quello che sono. Evidentemente, questo ha creato alcuni cambiamenti nei protocolli, non in quelli ufficiali perché li osservo bene. Ma il mio modo di essereè lo stesso chea Buenos Aires, e dunque quel "non cambiare" mi ha inquadrato bene la vita». Al ritorno dalla Corea del Sud, a una domanda, ha risposto che si aspettava tra due o tre anni di "tornare alla casa del Padre", e molti si sono preoccupati per il suo stato di salute, pensando che fosse malato o qualcosa di simile. Come sta? «Hoi miei acciacchie alla mia età gli acciacchi si sentono. Ma sono nelle mani di Dio, finora posso sopportare un ritmo di lavoro più o meno buono». (Copyright La Nacion. Traduzione di Louis Moriones) PER SAPERNE DI PIÙ www.lanacion.com.ar www.vatican.va Foto: IL COMPLEANNO Papa Francesco compirà 78 anni il 17 dicembre LE RESISTENZE Per me è bene che vengano fuori le resistenze. Le considero punti di vista diversi. Ed è sano chiarire le cose LA "PULIZIA" Non mi piace parlare di "pulizia" Si tratta di far camminare la curia nella direzione richiesta I PROTOCOLLI Dio è buono con me, mi dà una sana dose d'incoscienza Sono quel che sono Questo ha cambiato in parte i protocolli 08/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) ALBERTO D'ARGENIO >Merkel attacca anche la Francia: sulle riforme non fate abbastanza. L'ira di Renzi: non ci terrà sotto scacco Crociata anti-euro di Grillo: "Sono più vivo che mai". Pizzarotti con i dissidenti: riprendiamoci il Movimento ROMA. Di buona mattina Matteo Renzi legge l'intervista alla Welt Am Sonntag nella quale Angela Merkel boccia le riforme di Italiae Francia: sono «insufficienti», sentenzia la Cancelliera. Il premier italiano prende il telefono e compulsa una serie di sms per attivare la contraerea. Non vuole rispondere pubblicamente ad Angela, «con lei ho un buon rapporto basato sulla franchezza e quando non siamo d'accordo le cose gliele dico in faccia», spiega ai suoi. E poi, racconta chi lo ha sentito nel corso della giornata, in Renzi le critiche del leader tedesco hanno svegliato una certa «insofferenza», se non rabbia. «Se crede di tenerci sotto scacco - è il giudizio del premier - si sbaglia di grosso». Così sono i più stretti collaboratori del premier italiano a rispondere alla Cancelliera. La controffensiva la lancia il braccio destro di Renzi sullo scacchiere europeo, il sottosegretario Sandro Gozi. Che prima si richiama a «questioni di stile» riferendosi al bon ton comunitario secondo il quale «non sta ai capi di governo» fare le pulci ai partner. Poi a muso duro afferma che la logica dei «compiti a casa è finita: la ragioneria e le pagelle devono lasciare posto alla politica». Il sottosegretario ricorda che le riforme avviate dal governo Renzi «hanno ricevuto un coro internazionale di apprezzamenti», partendo da Obama fino al Fondo monetario e alla stessa Commissione Ue, che ha dato tempo finoa marzo all'Italia per farle correre in Parlamento prima di emettere il suo giudizio definitivo sul Paese. Poi ricorda alla Merkel, esattamente come lei ha fatto lei con l'Italia, i rilievi che Bruxelles da mesi muove a Berlino: «Forse la Cancelliera potrebbe concentrarsi sulla domanda interna, sulla mancanza di investimenti o sugli squilibri della bilancia dei pagamenti tedesca. Sarebbe un contributo importante che l'Europa aspetta da tempo». In serata tocca al sottosegretario alla presidenza, Graziano Delrio, affondare il colpo davanti alle telecamere del Tg1: «Noi siamo impegnati sulle riforme e sul risanamento, piuttosto è l'eccesso di surplus della Germania che crea problemi agli altri paesi. Ognuno guardi in casa propria prima di giudicare».E sulla stessa linea si schiera il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini. Il botta e risposta tra Germania e Italia arriva alla vigilia di una riunione dei ministri delle Finanze europei che si preannuncia incandescente. Già, perché oggi a Bruxelles i governi discuteranno le pagelle che la Commissione ha pubblicato dieci giorni fa, quelle con il rinvio a marzo di Italia, Franciae Belgio. Coni falchi del rigore - non più solo i nordici, ma anche i paesi passati dalle cure della Troika che non vogliono fare sconti agli altri, come Irlanda e Portogallo - che chiederanno impegni stringenti per i prossimi mesi. Ed è questo che fa infuriare Palazzo Chigi, dove si rimarca che «è sbagliato che un leader del peso della Merkel intervenga a gamba tesa». E il giudizio non muta nell'ipotesi in cui l'intervento della Cancelliera non guardi a Bruxelles, ma a casa propria. Già, perché domani a Colonia si riunisce il congresso della Cdu chiamato a confermare, dato scontato, la leadership di Angie. Che potrebbe avere usato il randello giusto per compiacere l'ala più rigorista del partito. Sia come sia, la sortita della Cancelliera a Roma proprio non è piaciuta. Tanto che l'analisi dell'entourage renziano è molto dura. «È deludente, attaccandoci ha dato vita ad un'operazione di piccolo cabotaggio». E il premier assicura ai suoi che non si farà intimidire. A Bruxelles si discute di flessibilità e investimenti, ma la vera svolta non è ancora arrivata. E a marzo ci aspetta il giudizio definitivo della Commissione Juncker sui conti e sulle riforme. Con Roma che vuole correre sul Jobs Act e sulle altre riforme in cantiere, ma non intende rimettere mano al portafoglio. Già, perché la Ue potrebbe chiedere un'altra manovra aggiuntiva, la seconda dopo quella da 3,2 miliardi di ottobre, per abbassare il deficit strutturale e dunque il debito. E si teme che la Merkel abbia proprio voluto giocare su questa ambiguità, cioè parlare di riforme per colpire sui conti. Ma se ci chiederanno un'altra manovra aggiuntiva - spiega chi ha parlato con Renzi - «noi questa volta diremo di no». E pazienza se l'Italia SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 158 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Italia-Germania, è scontro 08/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 159 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato finirà in una procedura per il mancato rispetto della regola del debito, un meccanismo che potrebbe sfociare in un commissariamento della politica economica e in sanzioni. Al contrario, per ora il governo di fronte a uno scenario del genere non si fa spaventare: «Altro che manovra, in quel caso aumenteremmo la spesa, facendo salire il deficit ora al 2,6%, per finanziarci da noi gli investimenti per la crescita», minacciano anche dal Tesoro, dove di solitoi toni sono più pacati. Insomma, tra Roma e Bruxelles a primavera voleranno ancora colpi di mortaio. LE RIFORME IL JOBS ACT Il governo accelera sulle riforme a cominciare dal Jobs Act: subito il decreto delegato sul contratto a tutele crescenti e sulla cancellazione dell'articolo 18 AGENZIA LAVORO Entro febbraio l'ultimo tassello della riforma del mercato del lavoro: la nuova Agenzia nazionale del lavoro per il reinserimento di chi perde il posto MUNICIPALIZZATE Entro gennaio il governo vuole mandare in porto il piano per tagliare le ottomila municipalizzate, definite da Renzi "una vergogna" PER SAPERNE DI PIÙ www.bundeskanzlerin.de www.palazzochigi.it Foto: ALLE PAGINE 2 E 3 Foto: L'ITALIA ALLA PROVA DEI MERCATI A destra, Matteo Renzi, presidente del Consiglio e Angela Merkel, Cancelliera tedesca. Sopra, la Borsa di Francoforte. Italia alla prova dei mercati oggi dopo il declassamento da parte di Standard & Poor's 08/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) Cantone: non si può arrestarli tutti LIANA MILELLA CANTONE? Poltrona scomoda la sua in queste ore... «La gente mi ferma per strada e mi dice: arrestateli tutti». E lei si meraviglia? «La cosa mi preoccupa molto perché mi ricorda la voglia di forca e le monetine del '93». Il presidente dell'Anac Raffaele Cantone rivela le sue preoccupazioni. A PAGINA 4 ROMA. Cantone? Poltrona scomoda la sua in queste ore... «Non me ne parli... La gente mi ferma per strada e mi dice "arrestateli tutti... "». E lei si meraviglia? «La cosa mi preoccupa molto perché mi ricorda la voglia di forca e le monetine del '93». Il presidente dell'Anac Raffaele Cantone rivela le sue preoccupazioni. Ci racconta della gente che la ferma, dov'è successo? «Dovunque, a Roma, a Napoli, e in tutti i luoghi in cui mi sono recato in questi giorni». E lei come si sente da uomo delle istituzioni, che risponde? «Sono preoccupato della generalizzazione nel considerare tutta la politica corrotta. Ho provato a spiegare che noi dell'Anac non arrestiamo nessuno e che il nostro compito è molto meno evidente nei risultati, ma ha un obiettivo più ambizioso, provare a prevenire la corruzione». La gente vuole risultati immediati? «La gente, in questa fase, fatica a ragionare. In un Paese in crisi, vedere chi ruba indigna ancora di più e quindiè difficile far ragionare la pancia delle persone. Ma il nostro compito è ragionare e non farci prendere dall'emotività». Come dar torto a chi è indignato contro chi ruba, quando, come dimostra il caso di Roma, ci sono politici del Pd a libro paga di un fascista? «Vorrei che l'indignazione di un giorno delle persone e della politica fosse sostituita da un impegno duraturo. La corruzione non è un male che si vince urlando due giorni, c'è bisogno di cambiamenti radicali da parte della politica e dei cittadini». La politica deve cambiare. Si dice a ogni inchiesta. Anziché fare il commissario anti-corruzione, non sarebbe meglio che lei fosse il commissario che seleziona gli uomini politici? «Malgrado la difficoltà del periodo, io vedo segnali positivi...». Eh lo so, mi sta per parlare bene di Renzi... «Sto per citare fatti, e non persone. Ricordo la nomina all'unanimità del presidente dell'Anac, l'approvazione di una legge che ci ha consentito di commissariare gli appalti dell'Expo e il consorzio Mose. Si può dire che non basta, ma certamente è un segnale positivo. E poi non me la sentirei mai di fare il selezionatore della politica». Forse perché sa già che sarebbe una sconfitta? «Io, al massimo, posso essere bravo ad applicare le norme, ma non certo a selezionare gli uomini politici. E poi la selezione lasciata a una persona rischia di essere un pericolo. Qui c'è bisogno di un gruppo di persone per bene in grado di allontanare le mele marce». In questo clima nonè grottesco che nell'Italicum si parli di capilista bloccati e non scelti dalla gente? «Ma l'indagine di Roma non ha dimostrato che i soldi servivano per comprare voti in qualche caso destinati perfino alle primarie? Non è la prova che forse le preferenze rischiano di peggiorare la situazione?». La tabella dei pagamenti di Carminati ai politici rivela che il problema della corruzione è lì, in chi si fa pagare... «L'indagine va molto oltre la politica, coinvolge pezzi significativi del ceto amministrativo, dei portaborse dei politici, degli amministratori delle società miste e mette in rilievo negativo perfino uno dei vanti della nostra società, il mondo cooperativo». Lei è al vertice dell'Anac dal 28 aprile. Ma Roma è scoppiata lo stesso. Poteva fare di più? «Ho fatto tutto quello che umanamente era possibile fare. In questi mesi, io e gli altri 4 quattro colleghi al vertice dell'Anac, siamo entrati in santuari intoccabili, di Expo e del Mose già si sa, ma abbiamo imposto regole rigide di trasparenza alle società pubbliche, agli ordini professionali, abbiamo attivato la vigilanza su un enorme numero di appalti, abbiamo stipulato convenzioni con tutti gli organi per la formazione dei pubblici dipendenti, con Confindustria abbiamo lavorato al loro codice etico...». Ma lei fino a oggi ha fatto arrestare qualcuno? «Io non sono più un pm... Certamente il nostro lavoro SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 160 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA 08/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 161 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato potrà servire per inchieste future. Ma non è solo con gli arresti che si vince la corruzione. La politica deve recuperare fino in fondo il valore etico della sua funzione". PER SAPERNE DI PIÙ www.repubblica.it www.anticorruzione.it Foto: ANTICORRUZIONE Raffaele Cantone dal 28 aprile presiede l'autorità anticorruzione voluta da Renzi RADICALI "La corruzione non è un male che si vince urlando due giorni, c'è bisogno di cambiamenti radicali FARE DI PIÙ "Potevamo fare di più da aprile? Ho fatto tutto quello che umanamente era possibile fare contro il malaffare 08/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 7 (diffusione:556325, tiratura:710716) Ecco le prove delle tangenti "In due anni 44 bonifici per pagare 226mila euro" I pagamenti delle coop di Buzzi all'ex moglie e al figlio di Odevaine, il destinatario finale FABIO TONACCI ROMA. Quarantaquattro bonifici bancari in due anni transitati dalle cooperative di Salvatore Buzzi sui conti correnti dell'ex moglie e del figlio di Luca Odevaine. Che poi li giravano dopo pochi giorni a lui, l'uomo che giocava su tre tavoli. Tutti i passaggi di denaro sono stati fatti attraverso la Banca Popolare di Verona, semplicemente taroccando le causali dei versamenti. A volte erano fatture inesistenti, altre volte rate di mutuo per appartamenti mai affittati. Un totale di 226mila euro in entrata, e 248mila in uscita. Eccola qui la prova di come Mafia Capitale pagava tangenti. Nero su bianco, in 44 distinte riferite ad altrettante operazioni fatte tra il 12 gennaio 2012 e il 10 febbraio 2014, rintracciate dagli investigatori del Ros che a Odevaine hanno dedicato ben quattro informative e più di duemila pagine. Le merita tutte, il personaggio. Perché l'ex direttore di gabinetto di Veltroni e del prefetto Morcone, nonché ex capo della polizia provinciale di Roma e gancio di Carminati e Buzzi al Tavolo per l'accoglienza dei rifugiati al Viminale, è un uomo che conta parecchio, in questa storia. Non per niente lo chiamano "il Padrone".È l'unico che riesce a muoversi e a muovere pedine sui tre tavoli che interessano ai sodali per i loro affari: Campidoglio, Provincia di Roma, ministero dell'Interno. Un uomo da coccolare, appunto, con uno stipendio parallelo. Pescando a caso tra i bonifici, l'8 maggio 2012 la Eriches 29 di Buzzi gira sul conto di Lozanda Hernandez Nitza del Valle, la ex di Odevaine (si erano sposati nel 2011) 5.000 euro per "canoni locazione mese maggio". Sei giorni dopo la donna li ritrasferiscea Odevaine in due tranche, da 2.000 e 3.000 come "restituzione prestito". Ma verificando all'Agenzia delle entrate, i carabinieri scoprono qualcos'altro. «Non esiste alcun contratto di locazione - si legge nell'informativa del 30 luglio scorso- tra gli immobili a disposizione di Odevaine o dei suoi congiunti e le società riconducibili a Buzzi». Le transazioni si ripetono 44 volte, cambiano solo i beneficiari (a volte è lei, altre volte è il figlio Thomas Edinzon Enriques Lozada) e le causali: "affitto settembre", "saldo fattura", "trasferimento fondi", "affitto gennaio", "anticipo fattura", "restituzione prestito". Non cambia il destinatario finale, Luca Odevaine. Ma in calcea questa sfilza di cifre, i carabinieri scrivono una frase che assomiglia tantoa uno scacco matto: «Tali bonifici non sono giustificati dall'esistenza di rapporti lavorativi tra i titolari dei conti e le cooperative». Solo Thomas, il figlio acquisito di Odevaine, tra il 2010 e il 2012 ha avuto rapporti con le coop Eriches 29, Abitus e Percorso, «ma gli importi erano molto inferiori rispetto a quelli successivi». Usano pure una parola in codice, per il sollecito. «Puoi verificarmi gli affitti - chiede a Buzzi con un sms il 15 febbraio 2013 - Sono un po' in difficoltà. Grazie, un abbraccio». "Affitti", stando alle indagini era il segnale che l'appetito era tornato. E infatti dopo quel messaggino la segreteria di Buzzi si attivò per saldare il "canone di maggio" di una casa - stando alle indagini - inesistente. A Odevaine viene anche offerto di entrare, attraverso la Fondazione IntegrAzione di cui è presidente, nella gestione del centro di Anguillara. «Si stanno mettendo un po' sporche le cose?», gli chiede preoccupata Rossana Calistri, funzionario del Campidoglio. «So' loro che so' storti...». Del resto di conoscenze da spendere, Odevaine, ne ha parecchie. E nei posti giusti. È stato mandato al Tavolo del Viminale dall'allora presidente della Provincia Luca Zingaretti, e lì è rimasto fino al giorno dell'arresto, peraltro senza averne titolo, perché il suo mandato con l'Unione province italiane era scaduto. «Sono in grado di orientare i flussi», si vanta, per accreditarsi quale soggetto da "ungere" con mazzette per riempire di rifugiati gli 8 centri romani che interessavano a Buzzi. Un credito che anche gli investigatori gli riconoscono: «Aveva influenza sui vertici del Dipartimento immigrazione del ministero dell'Interno». Il riferimento è al prefetto Mario Morcone, di cui è stato capo di gabinetto quando fece il commissario di Roma SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 162 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL RETROSCENA 08/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 7 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 163 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato dopo le dimissioni di Veltroni. Nel giugno scorso Morcone è stato nominato dal governo proprio capo di quel Dipartimento. E Odevaine commenta così: «Hanno fatto questa scelta perché io sono andato a parlare con questo qua della segreteria del Pd... M'ha chiamato pure per ringraziarmi (si riferisce a Morcone, ndr), perché si vede che gli hanno detto che c'è stato un mio intervento...». Millanterie, o forse qualcosa di più, dell'uomo che giocava su tre tavoli. Foto: I CONTI Foto: IN CELLA Qui sopra, Luca Odevaine. In alto, la ricostruzione dei bonifici sul suo conto fatta dal Ros 08/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 11 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Mai fatto pressioni per favorire Buzzi ma nel Pd un degrado impressionante" PAOLO BOCCACCI ROMA. Onorevole Bettini, discutendo di come aggiudicarsi l'appalto di un centro per immigrati Salvatore Buzzi dice "a noi ci manda Goffredo". E quel "Goffredo" sarebbe lei. «Si esaltano notizie di carte che non hanno per la Procura rilievo nell'indagine. È il modo per salvare i corrotti e sporcare chi ha fatto della correttezza una ragione di vita. Querelo chi dovesse affermare che ho compiuto pressionio ingerenze per favorire la cooperativa 29 Giugno. Non so neanche cosa sia quell'appalto». Ma lei Buzzi lo conosceva o no? «Questo è il dramma, il paradosso: la 29 Giugno è stata fin dalla nascita un simbolo della sinistra. Tutti avevano rapporti con loro. Come si poteva immaginare quello che c'era dietro? È ridicolo dire: mai conosciuti! Il suo era un mondo con riferimenti lontani da me, come si evince da alcune intercettazioni. Ma io non ho mai pensato, e ancora oggi sono allibito, che lì dentro ci fosse corruzione. Ho già segnalato il rischio che si arrivi alla impraticabilità di campo per ogni tipo di impegno pubblico, perché si arriva perfino a maledire un incontro, una chiacchierata, un consiglio. Non si sa più con chi si parla. Ma allora muore la democrazia, la politica». Bettini, lei è stato il dominus del Pd romano per vent'anni. Recentemente ha parlato di un partito balcanizzato. Chi sono i "capibastone" a Roma? «Ho parlato in termini politici». E in termini politici chi sono? «È un sistema di vita complessivo del partito. Riterrei sgradevole utilizzare questo momento, di grande dolore e sconcerto, per lucrare qualche misero vantaggio politico. Posso dire che in tempi non sospetti, era il 2009, scrissi parole profetiche nel mio libro Oltre i partiti : "Il campanello d'allarme va suonato, non ci vogliono i giudici per comprendere che la corruzione è tornata e nessuno può pensare che si fermi sulla soglia del centrosinistra"». Alle europee lei è stato molto combattuto da alcuni capicorrente. Chi erano? Gasbarra? Marroni? O chi altro? «Che senso ha soffermarsi sui nomi? Con Gasbarra per anni ho avuto rapporti di amicizia. La verità è che, dopo la vittoria di Alemanno, molti dissero che era fallito il "modello Roma" anche per sbarazzarsi di una classe dirigente autorevole e capace, ma ritenuta soffocante, tant'è che io subito dopo lasciai ogni incarico politicoistituzionale e me ne andai all'estero a occuparmi di cultura e a scrivere libri». È vero che qualsiasi persona può andare in un circolo Pd e comprare cento, mille tessere, che poi regalaa chi vuole in cambio di un voto? «Il Pd, non solo a Roma, ha raggiunto livelli preoccupanti di degrado della vita interna. Il tesseramento spesso si è fatto procurandosi tessere a 10 euro da distribuire. Anche a persone del tutto estranee. Le correnti non hanno quasi mai un significato politico ideale, ma sono gruppi spuri che mirano al potere. Da anni invoco un partito di persone che decidono in libertà contro la logica "proporzionale" delle correnti». Di Stefano, il deputato del Pd indagato per una tangente, in uno sfogo arriva a dire che le primarie del Pd sono state truccate e minaccia rivelazioni clamorose. «Non so se il termine "truccate" sia giusto, so che quando le primarie non sono per ruoli di spicco, come un sindaco o un premier, che riguardano centinaia di migliaia di elettori, finiscono per esaltare il condizionamento interno delle correnti. Detto questo, il Pd rimane uno straordinario campo di energie positive e di persone perbene». Foto: SPORCARE Foto: Ho fatto della correttezza una ragione di vita, non mi faccio sporcare da accuse senza fondamento Foto: CON VELTRONI Goffredo Bettini è stato braccio destro di Veltroni al Campidoglio e senatore del Pd. È eurodeputato dem SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 164 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA/ GOFFREDO BETTINI 08/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 12 (diffusione:556325, tiratura:710716) Quattrocento a Parma, nasce la corrente dei dissidenti La deputata Sarti: discutiamo se togliere Beppe dal simbolo ANNALISA CUZZOCREA "PARMA. Alla fine di una giornata interminabile, fatta di parole, lacrime, applausi, abbracci, telecamere, palchetti improvvisati e streaming che si inceppano, Federico Pizzarotti legge sul suo Android il post di Beppe Grillo,e ride. La risposta del fondatore dei 5 stelle a coloro che hanno osato sfidare la sua leadership dicendo: «Il Movimento siamo noi» appare debole e sfocata rispetto alla forza di quei numeri e di quelle facce. «Sono vivo e più vivo che mai», dice Grillo, annunciando che il 13 dicembre comincerà la raccolta firme per il referendum contro l'euro. «Non ho fatto un passo indietro, ma avanti», è il messaggio. Peccato che - all'hotel Villa Ducale di Parma - sembrava andasse avanti senza di lui. Sono arrivati fin dal mattino, i quattrocento, di cui 160 eletti e molti attivisti della prima ora («Ad altri 100 abbiamo dovuto dir di no»). C'erano l'europarlamentare Marco Affronte, i deputati Rizzetto, Rostellato, Bec h i s , I a n n u z z i , Baldassarre,Turco, Sarti, Mucci, Montevecchi, Barbanti. Il sindaco di Pomezia Fabio Fucci (quello di Livorno, Filippo Nogarin, alla fine è rimasto a casa, ma ha mandato un messaggio di "vicinanza"). Poi i senatori espulsi, Romani, Mussini, Bencini, Bignami. Perché «dietro le etichette, ci sono le persone», dice il sindaco. Non è arrivato l'ultimo messo fuori, Massimo Artini, ma c'è e resta tutto il tempo l'ex consigliere emiliano Andrea Defranceschi, cacciato anche lui («Avrei voluto che la sua esperienza fosse usata in campagna elettorale - si rammarica Pizzarotti- tutti abbiamo avuto pressioni per non attestare vicinanza a questo o a quello, me ne sono vergognato, non ho più intenzione di farlo»). Pretende libertà, il sindaco di Parma. Mostra un filmato della serie americana Newsroom , in cui l'anchorman Will McAvoy ammette che gli Stati Uniti non sono il Paese migliore del mondo: «Non eravamo così paurosi, per risolvere un problema bisogna riconoscere che ce n'è uno», sono le parole di Jeff Daniels sullo schermo. «Ci dobbiamo dire quali sono i nostri problemi apertamente - dice il sindaco in sala - possiamo dirci quel che pensiamo senza la paura di essere mandati via?». Prende fiato: «Io non vado da nessuna parte, io sono del Movimento 5 Stelle e vorrei che il Movimento riconoscesse il lavoro che faccio». Standing ovation, e si riparte da lì. Dalla necessità di non avere paura. «Del giudizio degli attivisti, dei parlamentari, delle filastrocche». «Quella della settimana scorsa sul blog non era di buon gusto, non ha insegnato niente, è questo che dobbiamo superare». Racconta di una telefonata con Luigi Di Maio, il vicepresidente della Camera ed esponente di punta del direttorio: «Gli ho detto che dobbiamo parlarci, che serve un incontro, una grande assemblea con 500-600 persone». Un congresso? «Chiamatelo come volete». Come per incanto, voci spesso timide in Parlamento escono fuori con tutta la forza e l'emozione dei giorni importanti. La deputata imolese Mara Mucci piange dicendo che autocriticaè una parola bellissima,e che «se chi insulta non si rende conto che dietro la tastiera ci sono persone perdiamo umanità». Giulia Sarti ragiona sulle espulsioni: «Il problema non è che è stata saltata l'assemblea, Beppe Grillo ha la proprietà del simbolo, può cacciare chi vuole. Forseè di questo che dovremmo discutere. Non deve essere un tabù». Pizzarotti propone che si riveda la decisione sulle espulsioni, ma «devono chiederlo i parlamentari, hanno i numeri per farlo. Senza Grillo non saremmo qui, ma se non raccogliessimo le firme, se non andassimo nei consigli, non esisteremmo. Il Movimento siamo noi e siete voi». È la fine della paura. Ed è contagiosa: «Beppe ha acceso la scintilla, ma se non ci fossimo stati noi il Movimento non esisterebbe», dice Gessica Rostellato. «Oggi è il giorno della rinascita del Movimento, noi siamo il Movimento 5 stelle», quasi urla il solitamente silente Tancredi Turco. Il cuore di tutto, è nelle parole del capogruppo dei 5 stelle a Parma, Marco Bosi: «Nel 2010 non ci chiedevamo come avere consenso, ma come risolvere i problemi. Ci serve la forza di tornare ai contenuti. Non ci sono SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 165 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato M5S, la sfida di Pizzarotti "Autocritica e niente espulsioni Grillo è già un passo indietro" Il leader: io più vivo che mai 08/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 12 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 166 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato soluzioni semplici, la politica non è semplice, ma le cose si possono cambiare». I PROTAGONISTI GIULIA SARTI "Non deve essere tabù ridiscutere la proprietà del simbolo" dice la deputata ANDREA DEFRANCESCHI Ex consigliere emiliano, espulso: "Ripartire da Parma contro l'estinzione" FABIO FUCCI Il sindaco 5 stelle di Pomezia dice "basta a espulsioni e scie chimiche" WALTER RIZZETTO "Oggi non c'è alcuna conta. Questa non è una Leopolda, né una scissione" dice il deputato PROPRIETÀ DI GRILLO Il logo del M5s appartiene a Beppe Grillo, ricorda la deputato Giulia Sarti: "Non deve esserne tabù discuterne la proprietà". D'accordo Pizzarotti. IL SIMBOLO Foto: MENO SCONTRINI Foto: "Riscopriamo i valori delle origini Meno scontrini, più contenuti. Il passo indietro di Grillo? È nei fatti Foto: FEDERICO PIZZAROTTI Foto: VIVO PIÙ CHE MAI Foto: Sono vivo più che mai. Nonostante questo tentativo di seppellimento mio, di Casaleggio e del Movimento Foto: BEPPE GRILLO Foto: SENZA PAURA Federico Pizzarotti all'assemblea di Parma. "Dobbiamo dirci quel che pensiamo - ha detto tra l'altro - senza paura di essere mandati via" 08/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 23 (diffusione:556325, tiratura:710716) LA DEBOLE POLITICA ESTERA DELL'ITALIA MARIO PIRANI SOLO in qualche rivista, letta al più da interessati ambasciatori in pensione, possono riesumarsi, con qualche curiosità, corposi articoli, sapide rubriche sulle attività altrimenti ignote delle nostre feluche, ricordi di vita diplomatica coltivati da studenti speranzosi in un futuro egualmente brillante a quello dei loro predecessori. Eppure ogni illusione dovrebbe essere svanita da tempo e neppure un attento entomologo riuscirebbe a reperire al giorno d'oggi tracce valide di una politica estera italiana. Ne parliamo, dunque, a puro scopo didattico e formativo così che i giovani iscritti a Scienze politiche o a discipline similari possano esser convinti a dare un senso ai loro curricula scolastici. Peraltro, in Italia tutto è possibile se solo nell'ultimo giorno di settembre stava per ricevere con tutti gli onori il portafoglio della Farnesina una giovanissima laureata, Lia Quartapelle, da Varese, certamente di valore, ma i cui titoli non oltrepassavano una fresca laurea triennale trasformata in extremis in perfezionamento quinquennale. Una brillante carriera bloccata dal pignolo presidente della Repubblica che trovò eccessiva una partenza tanto accelerata, non bastando a nobilitarla l'inedito bacio accademico di Matteo Renzi, convinto all'ultimo istantea ripiegare su Paolo Gentiloni, "un usato sicuro", privo di sorprese. In ogni modo ci sarebbe tempo non solo per recuperare quello perduto quanto per non dilapidare il frutto di antiche presenze. In primo luogo non lasciando del tutto cadere il classico tridente della politica estera italiana (Europa, rapporto transatlantico, Nato) che ormai per ignavia ci vede in ultima istanza più deboli con l'Unione europea e meno credibili con gli Usa. Nel frattempo abbiamo disperso l'iniziativa quanto meno economica che Sarkozy aveva cominciato ad elaborare di una Unione per il Mediterrraneo, presto fallita in seguito alle "primavere arabe". Reso vano ben presto anche il tentativo di mantenere con la Libia una nostra punta di penetrazione nel Maghreb, senza cercare di unificare su questo punto gli alleati possibili come la Germania che non aveva partecipato al conflitto e non aveva interesse a destabilizzare Gheddafi. Del resto, neppure gli Usa ne erano convinti fin dall'inizio. Invece ci siamo aggregati a una scomposta coalizione di "volenterosi" che ci ha trattato come gli ultimi della classe, senza nemmeno che ci sfiorasse il dubbio che l'operazione franco-britannica era diretta soprattutto contro ogni nostra residua influenza. Se esploriamo anche altri quadri dei nostri possibili interessi ci rendiamo presto conto di quanto siano vitali i legami con la Russia, per cui non ha alcun senso per noi mantenere le sanzioni contro Mosca, peraltro pericolosee destabilizzanti perché accentuerebbero il vuoto strategico nella grande area a Nord del Caucaso. Da riempire con cosa? Con la Cina? La quale, peraltro, non vuol saperne. Del resto al di là delle recriminazioni economiche, non siamo ancora riusciti a coagulare un fronte che non sia necessariamente pro Putin, ma che riguardi un progetto economico e strategico complessivo per trattare con la nuova Russia che si sta definendo in questi mesi. L'altro argomento finora di basso profilo malgrado la sua grande importanza è il Medio Oriente. Una nota riservata di un nostro diplomatico nella regione, che abbiamo potuto esaminare rapidamente, ci riconduce a vecchi giudizi antisemiti che dipingono Israele come guerrafondaio, adeguandosi al larvato e spesso non larvato antisemitismo della Ue, la cui classe politica sembra non capire l'espansionismo del nuovo Califfato e gioca su una amicizia a parole nei confronti di Gerusalemme, che giustamente il governo israeliano non tiene troppo in conto. Sarebbe importante invece ripensare i nessi strategici bilaterali tra Israele e Italia, perché per ricordare solo un piccolo fatto se si rompesse l'equilibrio israeliano in Medio Oriente, milioni e milioni di profughi arriverebbero sulle nostre coste e questo sarebbe solo l'inizio. Nell'assieme non c'è ancora alcun serio progetto politico a meno dell'operazione decisa poco tempo fa dalla Nato contro l'Isis. Non c'è alcuna linea interpretativa seria sul fenomeno Califfato. La classe politica lo legge come parte del disastro di riformulazione del nuovo grande Medio Oriente ma non ne riconosce i tratti di pericolo e nemmeno le possibili SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 167 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LINEA DI CONFINE Lettere Commenti & Idee 08/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 23 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 168 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato aggregazioni extra siriane o extra irachene, e non capisce il ruolo di un membro della Nato che invece è chiarissimo, la Turchia. Se si incendia il grande Medio Oriente l'Iran sarà costretto, come ha iniziato a fare, a entrare in gioco non facendo sconti a nessuno dei suoi nemici storici. Il nostro Paese e l'Iran hanno finora retto i loro rapporti in termini puramente economici, come al solito. Ma l'appiattimento verso gli Usa rischia di essere una debolezza. Spetta al neo ministro Gentiloni il difficile compito. 06/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) FRANCESCO MANACORDA Le speranze sugli annunci fatti a raffica da Matteo Renzi sono, o almeno sono state, alte. Le constatazioni su quanto è stato realizzato finora, invece, suscitano più di un timore. CONTINUA A PAGINA 9 SEGUE DALLA PRIMA PAGINA Se si legge il giudizio dato ieri da Standard & Poor's in una pagella che porta il debito italiano a livello di BBB- (appena un gradino sopra quello che i mercati finanziari considerano «spazzatura»), risuonano subito all'orecchio le opinioni espresse in queste ultime settimane degli investitori internazionali che dall'arrivo del governo Renzi si sono affacciati sul nostro Paese. Prima, per l'appunto, con entusiasmo per quel ciclone che annunciava di volere e potere spazzare via ogni resistenza al cambiamento; adesso con alcune perplessità in più sulla possibilità di attuare davvero riforme incisive, anche per le opposizioni della sua stessa maggioranza. Una prospettiva fosca per gli investitori che puntano sulla nostra economia: loro, adesso, dal governo si aspettano il «delivery», la consegna di quanto promesso, perché l'Italia possa diventare di nuovo un Paese competitivo. Il tempo rischia di scadere presto, visto che le previsioni sulla crescita anche nel 2015 sono decisamente deboli. E sarebbe illusorio cullarsi in una fase di stabilità politica e di spread sui titoli di Stato bassi - che al momento non paiono segnalare particolari urgenze per evitare di affrontare i problemi. Il rischio è che tra qualche anno, finita la fase di tassi bassi e denaro facile dalla Bce, ci si ritrovi alle prese con condizioni meno favorevoli e un'economia che non ha saputo curare le sue debolezze strutturali. Del resto, oggi, la mancata competitività dell'Italia, influenza in parte anche il peso della finanza pubblica. Standard & Poor's punta il dito sul nostro livello di debito pubblico, che stima possa essere a fine 2017 di 80 miliardi più alto di quanto previsto. È il prezzo che l'Italia paga in parte per un alleggerimento del controllo sui conti - quello a cui Bruxelles ha per il momento di fatto detto sì, rinviando a marzo il giudizio sulla Legge di Stabilità - ma soprattutto per la crescita che manca: un Pil più basso significa anche un debito che a parità di dimensioni pesa di più in termini relativi. È proprio qui che si inserisce l'importanza delle riforme, compreso quel Jobs Act che i mercati internazionali, e con loro l'agenzia di rating americana, hanno accolto con soddisfazione, e la parallela importanza dei tagli alla spesa pubblica che consentano anche di ridurre un carico fiscale che schiaccia l'economia. Standard & Poor's cita esplicitamente le «riforme del mercato del lavoro, dei prodotti e dei servizi», come quelle essenziali per la crescita: se dalla carta si trasferiranno nella vita comune allora il rating dell'Italia aumenterà - e anche per questo il nostro debito pubblico costerà di meno - se invece non si concretizzeranno, allora Btp e Cct rischiano di finire tra i titoli di Stato meno pregiati, mentre aumenterà il costo del nostro debito. Ha senso chiamare bocciatura, quella di Standard & Poor's? Di certo non è un giudizio lusinghiero, ma il fatto che il governo lo abbia accolto in modo quasi caloroso, sottolineando che si tratta di uno sprone a spingere ancora sulle riforme, mostra che per Renzi e i suoi anche questo « vincolo esterno» può essere politicamente utile per sostenere la loro azione. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 169 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato E I MERCATI ORA CHIEDONO RISULTATI 06/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 3 (diffusione:309253, tiratura:418328) Dal doping alla protezione Divi della tv e calciatori si rivolgevano a De Carlo Spiccano i rapporti coi vip dell'ultimo uomo arrestato [G. LON.] ROMA Se nel mondo di sopra, per dirla con le parole dell'ex Nar Carminati, ci stanno i politici e in quello di sotto i criminali, nel mondo di mezzo è davvero tutto possibile. Anche che vip del mondo dello spettacolo e del calcio chiedano aiuto a chi oggi è dietro le sbarre. Per carità, nessuno dei beniamini del pubblico risulta indagato, e nessun episodio è di rilievo giudiziario, ma da intercettazioni e pedinamenti si registrano singolari frequentazioni - a partire dalla bella Belen - e ancor più sorprendenti richieste d'aiuto. Come quella del conduttore tv Teo Mammuccari che ha bisogno di sostanze dopanti per la palestra, o la protezione sollecitata dal centrocampista della Roma Daniele De Rossi dopo una turbolenta serata in discoteca. Destinatario delle sollecitazioni è sempre Giovanni De Carlo, l'ultimo ad essere arrestato (non per associazione mafiosa ma per trasferimento fraudolento di valori e favoreggiamento, con l'aggravante di aver agevolato il sodalizio criminale) perché si trovava in vacanza in Thailandia. Uno che gira in Ferrari per il centro di Roma e abita in un lussuoso appartamento di 8 camere vicino a Castel Sant'Angelo. I carabinieri del Ros, agli ordini del generale Parente e il colonnello Russo, intercettano De Carlo che risponde alle pressioni di Mammuccari sulla corsa in farmacia. «ahò e mo ce vado... mo ce vado... mo vado e almeno non spiattello i cavoli tua in giro... non dico che vuoi diventà Hulk». L'altro ride e dice: «Eh hai capito... dai allora se beccamo più tardi me fai sapè... ciao Giò...». È invece alle 3 del mattino del 30 settembre 2013, che Daniele De Rossi contatta sul cellulare De Carlo. Due chiamate vanno a vuoto. Ma alla fine Giovanni telefona al calciatore «chiedendogli di cosa avesse bisogno e lui spiega che in quanto, assieme al compagno di squadra Mehdi Benatia, aveva avuto poco prima una discussione con un ragazzo all'interno di un locale notturno e temendo ulteriori conseguenze, aveva pensato a De Carlo». De Rossi: «No, avevo pensato che aveva chiamato qualche malandrino... qualche coattone... ho detto famme sentì Giovanni». In realtà nel frattempo era intervenuta la polizia e di De Carlo non c'era stato più bisogno. Ma lui «dando prova di grande confidenza, gli confermava di poter contare sempre sul suo aiuto: "chiamame sempre... bravo! Hai fatto bene Danie', amico mio». Il centrocampista giallorosso, intervistato da Roma Radio, si difende: «Chiamai De Carlo solo perché era in quel locale e conosceva il tipo con cui avevo litigato». L'orecchio investigativo ha poi permesso di appurare «numerosi contatti e frequentazioni di questo De Carlo con le showgirl, come Ludovica Caramis, Alessia Tedeschi, (rispettivamente compagne dei calciatori professionisti Matteo Destro e Blerim Dzemaili, ospitate per diversi giorni all'interno della propria abitazione) e in ultimo Belen Rodriguez e Stefano De Martino». Poi c'è il capitolo del cantante Gigi D'Alessio. De Carlo fu pedinato mentre si recava a casa sua dopo che aveva subito il furto di una collezione di Rolex dal valore di quattro milioni. Ma l'artista replica: «Non ho mai conosciuto questa persona, parlerò attraverso il mio avvocato». E De Carlo si dava alla bella vita, Carminati si vantava dell'amicizia con Fabio Panetta, numero 3 della Bce: «Ognuno ha preso la strada ahò, chi è diventato un bandito da strada ...chi è che si è laureato... a quei tempi ci stava gente che adesso sta nell'ufficio studi della Banca di Italia, che stavamo insieme a fare politica quando eravamo ragazzini. Ci sta Fabio Panetta, il numero 3 della Bce, quello, l'unico della Banca d'Italia che si è portato Draghi io ci ho fatto le vacanze insieme per tutta la vita è uno dei miei migliori amici, ogni tanto mi chiama». Mentre l'ex moglie del re delle cliniche Angelucci, Martina Sonni, millantava una relazione con Carminati per minacciare il marito «per questioni giudiziarie inerenti alla causa di separazione». Foto: Giovanni De Carlo con Belen Rodriguez, nota showgirl Foto: ANSA Foto: ANSA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 170 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Retroscena 06/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 3 (diffusione:309253, tiratura:418328) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Foto: Il conduttore tv Teo Mammuccari era alla ricerca di anabolizzanti Foto: ANSA Foto: Il calciatore Foto: Nelle carte anche una telefonata tra De Rossi e De Carlo Foto: A. VILLA/WIREIMAGE Foto: Il cantante Foto: De Caro fu pedinato mentre si recava a casa D'Alessio SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 171 06/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 5 (diffusione:309253, tiratura:418328) Pd diviso Per Renzi la strada è ora più complicata MARCELLO SORGI Gli esiti dell'inchiesta su "Mafia capitale" si intrecciano con il declassamento al livello BBB -, appena superiore a quello dei titoli spazzatura, piovuto ieri sera da Standard e Poors sull'Italia. Il governo, in una nota, tende a non drammatizzare e a leggere nel giudizio dell'agenzia di rating una serie di chiaroscuri non necessariamente negativi, oltre a un invito ad accelerare sulle riforme. Ma non c'è dubbio che nel giro di pochi giorni, e malgrado il varo del Jobs Act, il quadro si è complicato per Renzi. L'inchiesta romana continua a produrre rivelazioni. Dopo quelle di Salvatore Buzzi, il secondo principale indagato dopo l'ex terrorista nero Massimo Carminati, con il ministro del lavoro Poletti, che lo aveva incontrato come Presidente della Lega delle cooperative, ieri sono uscite le foto dello stesso Buzzi con il sindaco Marino, che dalla cooperativa finita nel mirino della Procura di Roma aveva ricevuto un contributo per la campagna elettorale. Giusto giovedì sera a Otto e mezzo Marino aveva smentito di aver mai incontrato Buzzi, ieri ha dovuto precisare di averlo fatto nel corso di una visita all'insediamento della coop. Buzzi inoltre avrebbe pure partecipato alla recente cena di fundraising organizzata da Renzi all'Eur: ne è nata una polemica interna, il lettiano Boccia ha chiesto che i soldi pagati dall'indagato siano restituiti. Politicamente si fa sempre più difficile salvare l'amministrazione del Campidoglio, ieri assediato fino a tarda sera da una manifestazione del Movimento 5 stelle, e forse anche il consiglio comunale, minacciato di scioglimento. A chiedere nuove elezioni è un'inedita alleanza tra Berlusconi e i grillini, che puntano a incassare nelle urne il vantaggio di non essere stati in alcun modo coinvolti nelle indagini che hanno colpito Alemanno, da una parte, per il coinvolgimento dei suoi più stretti collaboratori, e il Pd, per quello del suo ex-segretario romano Cosentino e di alcuni alti funzionari che avevano collaborato anche con le precedenti amministrazioni di sinistra. A sorpresa Marino ha aperto a una proposta venuta dall'ex-sindaco Rutelli: una giunta di emergenza, con tutti i partiti, compreso M5s, dentro, per far fronte alla situazione eccezionale che s'è determinata nella Capitale. È l'estremo tentativo di evitare nuove elezioni anticipate a Roma o la sopravvivenza, con qualche rattoppo, dell'attuale amministrazione, che verrebbe comunque esposta a un processo di logoramento, per l'incalzare degli sviluppi dell'inchiesta e per la svolta verso un ostruzionismo permanente di un'opposizione finora in gran parte consociativa. Ma almeno per il momento, né Forza Italia, né il M5s sembrano disposti a puntellare un Pd al cui interno la resa dei conti deve ancora cominciare. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 172 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Taccuino 06/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 6 (diffusione:309253, tiratura:418328) Bindi a Renzi: il Pd non dovrebbe far avvicinare quelli come Buzzi "Giusto commissariare il partito a Roma, ma avrei evitato un romano" FRANCESCA SCHIANCHI ROMA «Come Commissione antimafia avevamo acceso i riflettori su Roma, eravamo al corrente di un lavoro della Procura che ha portato a individuare un modello di mafia "originario e originale". Una mafia di Roma, non una mafia a Roma. Ora è chiaro che continueremo il nostro lavoro». Rosy Bindi, presidente della Commissione antimafia, come pensate di continuare? «Giovedì ascolteremo nuovamente il procuratore Pignatone. Non potremo evitare di sentire anche un rappresentante delle cooperative sociali: una delle cose più tristi di questa vicenda è che le imprese coinvolte fossero cooperative, che dovrebbero invece presentare un particolare profilo di eticità. Convocheremo anche il prefetto, il sindaco Marino e i rappresentanti delle forze politiche». E' il caso di sciogliere il comune, come chiede il M5S? «Con gli elementi che abbiamo finora non si può dire "sciogliamo il comune", ma certo ci sono i presupposti per procedere alle verifiche necessarie per stabilire se il comune vada sciolto. Io però avrei una proposta per Marino». Dica. «Se fossi io il sindaco direi al prefetto e al ministro dell'Interno: aiutatemi a capire dove sta il marcio, e ad asportarlo. Sciogliere un comune è sempre un trauma per la comunità: affiancare al sindaco una struttura di supporto per l'opera di bonifica del comune potrebbe essere la soluzione». Renzi ha fatto bene a commissariare il Pd di Roma? «Sì, anche se avrei evitato di nominare commissario un romano». Bisogna azzerare il tesseramento e ricostruire il partito romano? «Se le accuse dovessero essere confermate, anche il nostro partito si troverebbe a essere coinvolto in maniera tutt'altro che irrilevante. Non è questione di azzerare il tesseramento, ma un partito che dice "non ce n'eravamo accorti" deve chiedersi perché debbano sempre arrivare prima i magistrati. Io credo ci sia un problema di finanziamento della politica: io sono per quello pubblico, controllato e nella giusta quantità, perché quello privato, anche trasparente, non è mai gratuito». Renzi dice che non sa se Buzzi possa essere stato a una cena di finanziamento del Pd. Ma, ricorda, sono cene trasparenti. «Io ritengo che non si dovrebbero usare pratiche che consentano ai Buzzi di potersi avvicinare al partito, o ai Di Stefano (deputato Pd indagato in un'altra inchiesta, ndr.) di coordinare i tavoli della Leopolda». Ma se si vogliono partiti aperti, non c'è sempre il rischio di qualche «cattivo incontro»? «I partiti vanno aperti non per prendere finanziamenti, ma per stare in mezzo alle persone. La politica che trasforma i diritti in favori per scambiarli con i voti non fa il suo mestiere». Lei ha detto che anche il ministro Poletti, comparso in una vecchia foto con alcuni indagati, deve chiarire. «Deve dare un contributo perché anche le Coop rosse chiariscano. La teoria del "mariuolo" era quella di Craxi con Chiesa; Poletti ci deve rassicurare che il sistema delle Coop è sano». Qualcuno ha fatto polemica anche per una foto dell'europarlamentare Bonafè, in campagna elettorale, con Buzzi. «Se i partiti di sinistra frequentassero di più le fragilità e le emergenze sociali, saprebbero riconoscere chi invece ne approfitta». Poletti A cena nel 2010 con Alemanno, Panzironi e altri indagati Foto: Ignazio Marino con Buzzi, uomo chiave dell'inchiesta di Roma Foto: ANSA Foto: Rosy Bindi SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 173 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ROMA IL CAOS POLITICO Intervista 06/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 8 (diffusione:309253, tiratura:418328) Palazzo Chigi: le riforme ci aiuteranno a ripartire Lo spread sotto 120. Il premier: se ne parla poco ALESSANDRO BARBERA ROMA Quando ieri pomeriggio, di rientro da Francoforte, Piercarlo Padoan ha varcato la soglia di Palazzo Chigi, era già al corrente di quel che di lì a poco sarebbe stato annunciato dall'agenzia americana. Un gradino in meno sulla scala del rating non sarebbe la fine del mondo se non fosse quello che precede l'abisso del «junk», i titoli italiani ridotti al rango di «spazzatura». È vero, le «tre sorelle» non contano più come una volta. Non singolarmente, almeno. Il giudizio sulla base del quale le banche d'affari e i grandi fondi decidono i propri investimenti è un paniere nel quale confluiscono non solo S&P, ma anche Moody's, Fitch e i canadesi di Dbrs. Per il momento nessuna di queste ha un giudizio negativo quanto quello di S&P. Lo spread tra Btp e Bund ieri è scivolato ai minimi dal maggio 2010, al di sotto dei 120 punti base. «Nove mesi fa era a duecento», sottolinea Renzi. «Eppure trattandosi di una buona notizia non va oltre i trafiletti». La Borsa di Milano ha chiuso in rialzo del 3,4 per cento. Rimanendo superficialmente a quel che si vede, la situazione è persino positiva. L'attesa per il piano di acquisti di titoli di Stato da parte della Bce è enorme, e i mercati continuano a riflettere quella attesa. Ma il rischio che il vento cambi rapidamente è altissimo. Ad esempio: quanti sono gli investitori che oggi scommettono contro l'Italia attraverso i famigerati Cds, i credit default swap? Secondo una stima citata ieri da Avvenire, ne circolano per 407 miliardi di dollari, con un indice di rischiosità dell'1,24 per cento. Quel che conta in questo caso non è l'indice (non è fra i più alti), ma l'ammontare dei contratti usati sui mercati per assicurarsi da una eventuale bancarotta. Tanto più è alta la quantità di Cds in circolazione, tanto più è alta la percezione del rischio. Il problema italiano era e resta sempre lo stesso: la sostenibilità del debito. Standard&Poor's inizia a dubitare che - stante la sostanziale stagnazione dell'Europa - l'Italia reggerà il peso di quello stock. È una tesi che sta prendendo piede fra alcuni economisti, da Barry Eichengreen a Lucrezia Reichlin. Il debito «è sostenibile», aveva ribattuto Padoan da Francoforte, e lo si vede «dal surplus primario che solo Germania e Italia hanno mantenuto positivo». È vero, ammette Padoan: quel debito è il risultato di una bassa crescita e di un passivo accumulato negli anni, ma «dal 2016 comincerà a scendere». Gli economisti sopracitati sono convinti che per rendere quel debito sostenibile occorrerebbe ristrutturarlo. Ma Padoan fa capire di essere del tutto contrario a questa tesi: la strategia per ridurre il debito ruota attorno alla crescita per la quale «non ci sono né scorciatoie né bacchette magiche». Per quanto buone, gli esperti dell'agenzia americana temono che le riforme del governo Renzi non saranno sufficienti a far ripartire l'economia. Per dirla in una battuta: per quanto si ridurrà il costo del lavoro, l'Italia resta zavorrata, oltre che dal debito, da rendite e corporazioni. Da Palazzo Chigi cercano di vedere il bicchiere mezzo pieno: «Il giudizio non è una bocciatura del Jobs Act, dicono che le riforme vanno bene ma bisogna andare più veloci». La cosa «positiva» è che Standard and Poor's «vede elementi buoni nelle riforme ma non tali da compensare il debito e risvegliare a breve l'economia». La cosa forse è positiva per la reputazione del governo, pochissimo per quella dell'Italia. Twitter @alexbarbera SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 174 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Retroscena 06/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 9 (diffusione:309253, tiratura:418328) I timori di Berlino per Roma: un voto anticipato fermerebbe di nuovo le riforme CONTATTI La rete di Schaeuble nelle capitali del Sud Europa TONIA MASTROBUONI INVIATA A FRANCOFORTE Nella fase più acuta della crisi dei debiti sovrani e dell'euro, Wolfgang Schaeuble prese una decisione delle sue: creativa ma solida. Decise che i funzionari delle ambasciate andavano bene per i rapporti in tempi di pace, ma che per essere informato sulla guerra totale dei mercati contro la moneta unica e contro gli anelli deboli dell'Europa, doveva affiancare ai diplomatici dei super esperti economici e finanziari. Schaeuble mandò uomini e donne del suo ministero nelle capitali dei Paesi in crisi come la Spagna, l'Italia o la Grecia; fedelissimi che stilano ad oggi rapporti frequenti sullo stato di avanzamento delle riforme e degli aggiustamenti economici, tecnici che conoscono a fondo non solo i numeri, ma anche il funzionamento delle leggi. Gli uomini di Schaeuble sono abituati a martellare ministri e dirigenti dei ministeri chiedendo persino conto dei decreti attuativi. A volte, danno anche consigli: tempo fa prepararono un rapporto per il dicastero dell'Economia sui costi delle elezioni italiane e su quanto si potrebbe risparmiare accorpando i giorni o attraverso altre piccole accortezze organizzative. Dunque, se il tedesco ha detto ieri all'omologo italiano Pier Carlo Padoan «non vorrei essere nei suoi panni», è perché sa di cosa parla, sa che agisce in un Paese che ha una montagna di impegni da affrontare per tornare competitivo. Non è una minaccia: è un'attestazione di stima verso un collega che il politico cristianodemocratico rispetta da tempo. Quanto fatto finora dall'Italia, ha aggiunto infatti il tedesco, «va nella giusta direzione». Da un po' di tempo, però, anche ad altri livelli istituzionali, dal presidente della Repubblica Joachim Gauck in giù, la Germania sta aumentando la pressione sui suoi interlocutori italiani per ottenere dettagli maggiori sulla tabella di marcia delle riforme: sono abituati ad ignorare gli annunci e temono che l'Italia si fermi di nuovo. E forse, alla luce delle elezioni anticipate di cui si vocifera di nuovo da settimane, non hanno tutti i torti. In camera caritatis, poi, Schaeuble ha rivolto parole di grande elogio verso il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ne ha ricordato il ruolo di interlocutore di primo piano con l'Europa nei momenti più drammatici degli ultimi anni, di uomo di grande equilibrio. E' chiaro che Berlino seguirà con grande attenzione anche quella partita, se davvero si aprirà anticipatamente, all'inizio dell'anno prossimo. E non senza ansia. Berlino, ovviamente, ha anche le sue priorità, ha una sua scaletta di misure che l'Italia dovrebbe approvare in fretta per diventare più competitiva e per attirare di nuovo investimenti stranieri. Per gli imprenditori tedeschi una priorità cui il governo italiano dovrebbe mettere mano sono ad esempio i tempi mostruosamente della giustizia civile e la mole di burocrazia che si abbatte su qualsiasi azienda voglia fare affari ma anche assunzioni in Italia. E pare che Renzi, nei colloqui con i tedeschi, abbia dato rassicurazioni sia sull'intenzione di mettere mano ai tempi insopportabilmente lunghi per ottenere un responso dei tribunali civili, sia sulla sburocratizzazione. 135,5% il debito È il rapporto tra il debito pubblico italiano e il prodotto interno lordo del Paese: troppo alto 300 miliardi Il piano Juncker dovrebbe risollevare la crescita europea, ma la Germania non sembra convinta 3% la soglia È il limite del Pil oltre il quale non può crescere il deficit secondo le regole dell'Europa Foto: Il tedesco Il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble ha spiegato a Padoan i dubbi del suo Paese sull'Italia Foto: ANSA/KAY NIETFELD SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 175 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Retroscena 06/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 19 (diffusione:309253, tiratura:418328) "Poco lavoro, il quintuplo di carcerati L'integrazione è rimasta un sogno" Etzioni: una società non può reggere con queste ingiustizie DALL'INVIATO A NEW YORK PAO. MAS. Amitai Etzioni è sconsolato: «Niente, abbiamo fallito». Il padre del «comunitarismo» si riferisce all'idea che aveva avanzato nel saggio «The Monochrome Society», e in vari scritti successivi: «Pensavo - spiega - che la società americana fosse arrivata al punto di potersi mettere alle spalle le divisioni razziali, puntando invece sui valori condivisi che la univano. La mia speranza si basava su alcuni elementi concreti. Ad esempio il fatto che un terzo dei neri era entrato nella classe media, mentre gli ispanici rappresentavano un'opportunità, perché sul piano etnico erano facilmente assimilabili ai bianchi. Il successo degli asiatici dimostrava che era possibile integrarsi, e la pace sociale conveniva anche ai bianchi sul piano economico. Le proteste di questi giorni, con il loro significato che va ben oltre gli episodi di brutalità della polizia da cui sono nate, dimostrano che quella speranza era vana». Di chi è la colpa? «Tutti hanno la loro parte di responsabilità». Cominciamo dal sistema giudiziario? «Le discriminazioni e i pregiudizi sono evidenti, a chiunque faccia una analisi onesta. Vi do un esempio: un nero che consuma eroina o crack finisce in galera per anni, mentre un bianco che prende cocaina non viene neanche processato. Così si riempiono le nostre carceri, si distruggono vite e famiglie, e si creano i presupposti per l'odio». Bisognerebbe lasciarli fare? «No, però una società non può reggere quando ci sono diseguaglianze così evidenti nel trattamento davanti alla giustizia. E non sono le sole». Quali sono le altre? «L'economia americana si sta riprendendo, ma la disoccupazione tra i neri continua a essere il doppio di quella dei bianchi». È colpa dei bianchi? «In questi anni di crisi economica ha aumentata l'avversione per le minoranze, come succede sempre in questi casi. Serve un capro espiatorio, e infatti in Europa sta tornando l'antisemitismo. In America poi il sistema politico democratico è bloccato. Non si riesce a varare alcuna iniziativa capace di sanare le ferite razziali, perché il Congresso è in mano al Partito repubblicano, una formazione ormai composta da soli bianchi che si basa sull'odio razziale». All'inizio aveva detto che le responsabilità di questo fallimento sono diffuse. Cosa rimprovera ai neri? «Ad esempio quello che ha denunciato lo stesso Presidente Obama: troppo spesso gli uomini afro americani non fanno i padri come dovrebbero. Questo porta alla creazione di famiglie disfunzionali, dove poi difficilmente i figli avranno l'opportunità di crescere sviluppando a pieno le loro potenzialità». I neri sono frenati dall'ambiente in cui crescono, dai pregiudizi contro di loro, o dall'assenza di opportunità? «Tutti questi elementi contribuiscono a discriminarli, favorendo poi le reazioni violente. Le comunità afro americane, però, hanno la responsabilità di non mettere nell'istruzione la stessa enfasi degli altri gruppi etnici, tipo gli asiatici. Questa mancanza di preparazione diventa un freno insormontabile per i giovani». Quali soluzioni suggerisce? «È una crisi molto grave, perché il risentimento dei neri si sta saldando con quello dei bianchi che si sentono vittime delle diseguaglianze economiche. L'idea di unirci intorno ai valori americani condivisi è fallita, e purtroppo io non ho un'altra soluzione a portata di mano». Le vittime che hanno incendiato la piazza Tamir Rice Afroamericano di 12 anni,viene ucciso a novembre mentre stava giocando con una pistola giocattolo Michael Brown Diciotto anni, lo ammazza il 9 agosto a Ferguson, un sobborgo di St. Louis, Missouri, l'agente Darren Wilson Eric Garner Il 17 luglio viene atterrato da quattro agenti a Staten Island dopo una lite: muore soffocato Sociologo Amitai Etzioni, 85 anni, padre del Comunitarismo, spiegò la società post-razziale Foto: AFP Foto: ROBERT COHEN/REUTERS Foto: REDUARDO MUNOZ/REUTERS SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 176 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Intervista 06/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 27 (diffusione:309253, tiratura:418328) "La Bce salvi l'Europa dalla deflazione" Il governatore di Bankitalia sta con Draghi: l'acquisto di bond non è contro il divieto di finanziamento agli Stati Anche l'austriaco Novotny sostiene il numero uno della banca centrale TONIA MASTROBUONI INVIATA A BERLINO La data della prima cannonata non è ancora stabilita con certezza, probabilmente sarà fine gennaio. Ma siccome la guerra contro i cannoni è cominciata da un pezzo, in vista del momento in cui accenderà la miccia, Mario Draghi ha iniziato a schierare le sue truppe. E se un banchiere di lunga esperienza come la componente del board Sabine Lautenschlaeger, ha rotto la tradizionale regola del silenzio della vigilia del consiglio - il purdah - per esprimere la sua contrarietà alle prossime mosse annunciate dal presidente della Bce, o il ministro delle Finanze Schaeuble si è opposto ieri alle politiche monetarie espansive, «che sono la causa, non la soluzione dei problemi», è chiaro che i tedeschi sono pronti a schierare l'artiglieria pesante. Che una parte del governing council, persino del comitato esecutivo, sia scettica sul quantitative easing, sull'acquisto di titoli privati e pubblici in larga quantità, è un fatto stranoto da mesi. Così come è nota la posizione di Schaeuble, diversa da quella della cancelliera Merkel che ha sempre difeso Draghi a spada tratta, anche di recente. Ieri, inoltre, il numero uno dell'Eurotower ha ricevuto l'appoggio esplicito di due banchieri centrali di peso: il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco e il numero uno della Banca centrale austriaca, Ewald Nowotny. E la novità non è da poco: mentre gli oppositori dell'italiano hanno fatto sapere in questi mesi e soprattutto nelle ultime settimane la loro opinione fino alla nausea, è raro che i favorevoli a una soluzione «all'americana» si schierino apertamente. E ad oggi è comunque chiaro che Draghi possa contare ancora su una comoda maggioranza dei 23 banchieri centrali per sparare il primo colpo. Dopo la conferenza stampa di fuoco di giovedì e l'annuncio fatidico che il numero uno dell'Eurotower ha intenzione di far votare il quantitative easing anche a maggioranza, il banchiere centrale più loquace, Jens Weidmann ha ribadito durante una conferenza a Francoforte che l'acquisto in massa di titoli è sbagliato, anzi, che già oggi le politiche monetarie della Bce sono «troppo espansive per la Germania». Il numero uno della Buba ha anche sottolineato che l'eurozona non è paragonabile agli Stati Uniti, e che la politica monetaria non può sostituirsi alle mancate riforme e ai mancati aggiustamenti dei Paesi. Ma da Roma, Ignazio Visco ha ricordato qual è la vera emergenza europea, oggi. L'obiettivo della Bce, ha sottolineato, «è quello di contrastare il rischio di restare per un periodo troppo lungo in una situazione di bassa inflazione, ed evitare di cadere in deflazione». Una minaccia, ha sottolineato il governatore della Banca d'Italia, «non trascurabile»; ma nell'Eurotower «siamo consapevoli delle gravi conseguenze che ne potrebbero derivare data la dimensione dei debiti pubblici, e privati, in tutta l'area». Nell'attuale discussione su quanto il quantitative easing rispetti o tradisca il mandato della Bce, Visco si schiera apertamente con Draghi: «Ritengo che si possa affermare che acquisti sul mercato secondario necessari per la politica monetaria non sono formalmente in conflitto con il divieto in questione», cioè il divieto di un finanziamento monetario degli Stati. Anche se, aggiunge, «si tratta di un'interpretazione che alcuni ritengono contestata», in particolare se gli acquisti sono «massicci». Se ne discuta apertamente, osserva il numero uno di via Nazionale, fermo restando che «per garantire la stabilità dei prezzi la politica monetaria non può esimersi dall'usare tutti gli strumenti a sua disposizione». Una posizione analoga è stata espressa ieri dall'austriaco Nowotny: «La posizione della Banca centrale austriaca è quella espressa da Draghi: il bilancio della Bce deve essere allargato per contrastare l'inflazione e il Pil in calo». E la guerra continua. Foto: ANSA Foto: Il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 177 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL TEDESCO SCHAEUBLE ALL'ATTACCO: LE POLITICHE MONETARIE ESPANSIVE SONO LA CAUSA, NON LA SOLUZIONE DEI PROBLEMI 06/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 27 (diffusione:309253, tiratura:418328) "La Germania sbaglia il piano dell'Eurotower è un vantaggio per tutta l'Ue" Pissarides: un patto Italia-Francia per fare pressing I RISCHI PER L'EURO «Serve l'unione politica e temo il referendum in Gran Bretagna» LUCA FORNOVO MILANO «La Banca centrale europea avrebbe dovuto lanciare due anni fa il quantitative easing, il programma di acquisto dei titoli di Stato. Siamo in grave ritardo e gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: l'Europa continua a essere in recessione e la deflazione si sta avvicinando a grandi passi». Sir Christopher Pissarides, Premio Nobel per l'Economia nel 2010 è sul banco dei relatori nella sala napoleonica dell'Università statale di Milano: sta per intervenire all'ottava edizione dell'Ibm Rotating Chair in studi del lavoro. Il piano di acquisto di bond della Bce slitta al nuovo anno. Quali sono i rischi? «La Bce rischia di perdere credibilità sui mercati finanziari, le Borse hanno preso davvero male questo rinvio. Il presidente Mario Draghi deve essere più aggressivo come ha fatto la Federal Reserve: deve spingere l'acceleratore sulla politica monetaria che deve essere più espansiva: bisogna portare in fretta l'inflazione al 2%». Ma i membri lussemburghesi e soprattutto tedeschi all'interno della Bce remano contro il quantitative easing... «Proprio non lo capisco perché i tedeschi siano contrari al piano di acquisto dei bond. La Germania deve essere più flessibile e capire che ciò è nell'interesse non solo dell'Europa, ma anche del suo Paese. Prima si riprende l'Europa e prima la locomotiva tedesca si rimette in moto. Lo ripeto, se non ritrova l'unità la Bce rischia di perdere la sua credibilità». Intravede dei rischi per l'euro? «Due anni fa era davvero forte il pericolo di uno spezzatino tra il Nord e il Sud Europa. Ora questo rischio non c'è più, ma solo con l'unione monetaria non si va da nessuna parte ci vuole l'unione politica, come dimostrano la storia degli Usa e anche della riunificazione della Germania». Teme il referendum in Gran Bretagna sull'euro? «Sì perché il partito indipendentista sta cavalcando molto i timori degli inglesi per l'aumento dell'immigrazione. e c'è il rischio che dicano no all'euro. Ma è anche vero che senza il libero scambio dei capitali la finanza britannica ne uscirebbe molto penalizzata». Parliamo dell'Italia: cosa deve fare per uscire dalla crisi? «Quello che il governo Renzi sta già facendo: continuare a fare pressing sulle istituzioni europee per convincerle che è necessaria più flessibilità sul debito, il deficit e che servono più investimenti. E deve rafforzare l'asse con la Francia per fare pesare di più la sua voce». Al dibattito di oggi (ieri per chi legge, ndr) ci sono anche i consiglieri di Renzi, Tommaso Nannicini e Filippo Taddei. Che cosa gli vuol dire sulla riforma del lavoro, il Jobs Act, che il governo ha appena varato? «L'Italia è tra i Paesi che ci sta mettendo più impegno per battere la disoccupazione. Sono abbastanza positivo sul Jobs Act: è giusto rendere più flessibile il mercato del lavoro sul assunzioni e licenziamenti, a patto che ci siano delle garanzie valide. E quindi bene l'introduzione di un contratto di lavoro unificato a tutele crescenti e anche il sussidio di disoccupazione per chi perde il lavoro. Si va verso la direzione della flexicurity, la flessibilità ma in sicurezza. è la strada giusta. Per vedere l'impatto del Jobs act sul lavoro ci vorranno però 3-4 anni». IL GOVERNO RENZI Deve convincere l'Ue che serve più flessibilità, bene il Jobs Act ma per vedere l'impatto ci vorranno tre o quattro anni Christopher Pissarides Foto: Nobel all'Economia Foto: Christopher Pissarides ha vinto il Premio nel 2010 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 178 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Intervista 07/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 9 (diffusione:309253, tiratura:418328) Il presidente delle Coop "Noi parte civile contro Buzzi Il nostro sistema è sano" Lusetti: scorretto generalizzare come ha fatto la Bindi Se vuole una risposta chieda a noi, non a Poletti FRANCESCA SCHIANCHI ROMA «Se Rosy Bindi vuole sapere se il sistema delle Coop è sano non deve chiedere a Poletti, che oggi è ministro e risponderà del governo, ma a noi». Mauro Lusetti, successore di Poletti alla presidenza nazionale di Legacoop, reagisce con uno scatto di orgoglio all'intervista della Bindi sulla Stampa di ieri. E lei come le risponde? È sano il sistema delle Coop? «La vicenda di Roma è grave, e noi abbiamo assunto provvedimenti adeguati: abbiamo sospeso gli indagati e gli arrestati dagli organi di tipo associativo, e chiesto alle imprese di cui fanno parte di adottare analoghe decisioni. Inoltre, come Legacoop ci costituiremo parte civile. Detto questo, però, il sistema delle Coop è sano». Viene però da chiedere anche a voi, come ai partiti, perché non vi siate accorti di nulla finché non è intervenuta la magistratura. «Noi siamo un'associazione di imprese, non un'associazione investigativa. La magistratura ci è arrivata in anni di indagini. Se avessimo saputo qualcosa saremmo andati subito in Procura». Voi quali controlli fate ai vostri associati? «All'interno della cooperativa, come in qualsiasi impresa, c'è un consiglio, un collegio sindacale, si ricorre a una società per revisionare i bilanci. E poi ogni due anni viene fatto un controllo per verificare il rispetto dei principi mutualistici: chi non li rispetta, o si mette in regola o viene espulso. Per scoprire un sistema criminale come quello contestato, cosa avremmo dovuto fare, mettere delle microspie? Se qualcuno ha sbagliato pagherà, ma mi fa rabbia la tendenza a generalizzare che ho visto fare ad esempio dalla Bindi o dalla Camusso: non mi sembra rispettoso verso le migliaia di soci perbene, tra cui ci sono elettori della Bindi e sindacalisti dell'organizzazione della Camusso». Quello che sconvolge è la speculazione sui più deboli: gli immigrati rendono più della droga, si sente dire in una intercettazione... «Infatti Legacoop, che in passato non si era mai costituita parte civile contro chicchessia, stavolta lo farà. Perché l'odiosità dei comportamenti è tale che non aspettiamo la sentenza della magistratura: indipendentemente dal profilo penale, chi ha detto quelle cose per noi è fuori». Lo ha detto Buzzi, responsabile della Cooperativa 29 giugno, già condannato per omicidio: era la persona giusta per una responsabilità simile? «Il presidente e il CdA delle cooperative vengono eletti dai soci, non è Legacoop a decidere. Certo, bisognerà raddoppiare l'attenzione, questo è vero». Come? «Ad esempio, dobbiamo rendere più stringenti le regole dei mandati limitati. Serve per garantire un ricambio generazionale, e serve anche come elemento di trasparenza, non si può avere un presidente per vent'anni». C'era anche lei alla ormai famosa cena in cui è stato fotografato Poletti? «No. Ma vede, Poletti pensava di essere a cena col suo mondo, e certo non poteva pensare ci fosse di mezzo un'associazione criminale. Io sono presidente da maggio: sa quanta gente in questi mesi ho conosciuto, quante foto ho fatto? Non posso fare il mio mestiere pensando di aver di fronte un disonesto». Così su La Stampa Rosy Bindi chiedeva chiarimenti sulla gestione delle Coop rosse e in particolare voleva che il ministro Giuliano Poletti «rassicurasse che il sistema delle coop è sano». Hanno detto Le foto imbarazzanti Poletti pensava di essere a cena col suo mondo, non poteva sapere La nomina di Buzzi Era condannato per omicidio ma l'incarico lo danno i soci, non la Legacoop SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 179 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Intervista 07/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 11 (diffusione:309253, tiratura:418328) Rixi: "Alternativi a tutti e radicati sul territorio" "Ci apriamo al bacino del mediterraneo" FRANCESCO MAESANO ROMA Quarantenne, anche lui appartenente a quella generazione nata a metà degli anni '70 che sembrava perduta e invece eccola che si prende il paese; da una settimana Edoardo Rixi, genovese, è vicesegretario della Lega Nord, scelto da Salvini sorprendendo un po' tutti, «compreso me che lo conosco da quindici anni - spiega - e me l'ha detto il giorno prima dell'annuncio». Genova è un po' ai confini della Padania. (Ride) «È un'apertura al bacino mediterraneo». E pare di capire che lei sarà ambasciatore al sud. «Il punto è far crescere il movimento puntando su questa nuova linfa che sta entrando da tutte le parti. Con i tagli ai finanziamenti pubblici e il bilancio che ci siamo ritrovati sarà difficile costruire una struttura ma, per quanto leggera, dobbiamo averla. A differenza del M5S vogliamo essere radicati sul territorio». Cos'avete in testa? «Costruiremo un movimento che si ispira alla figura di Matteo Salvini. Nel simbolo non ci sarà neanche il nome Lega. Sarà un contenitore che terrà insieme forze politiche che già esistono insieme alle energie di chi magari non ha mai fatto politica. L'idea è quella di tornare a pensare alla Lega come alternativa al centrodestra e al centrosinistra». Niente accordi? Volete il 50 per cento più uno come i Cinque stelle? «Vediamo come si porrà il tema delle alleanze. Per intenderci: un conto è essere un vagone, un altro è essere il locomotore di una eventuale coalizione. Grillo lo conosco e sotto alcuni aspetti lo apprezzo, ma è poco concreto. Con la valanga di voti che hanno preso tra lui e il centrodestra oggi Renzi dovrebbe stare all'opposizione». Su quali tasti batterete al sud? «Dobbiamo sostenere la battaglia di chi vuole tornare ad essere padrone nel proprio territorio, di chi vuole finirla con questo centralismo esasperato: di Roma come di Bruxelles». Ora che progettate la Lega nazionale che ne è del sogno della secessione? «Pánta rêi, tutto scorre. Se lo Stato è vessatorio il popolo è legittimato a ribellarsi. Ora però la scommessa è quella di cambiare lo Stato». Quando lo stato eravate anche voi molte cose che ora invocate non le avete fatte, penso al piano nomadi finanziato per anni dal ministero degli Interni. «Da Maroni a oggi è cambiato il mondo, è arrivata la crisi. Oggi lo Stato deve occuparsi prima di chi perde il posto, poi del resto. A prescindere da chi ci lucra il sistema non funziona». @unodelosBuendia Foto: Numero due Edoardo Rixi è stato nominato vice segretario della Lega SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 180 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Intervista 07/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 13 (diffusione:309253, tiratura:418328) Berlusconi insegue Salvini Vuole la doppia moneta Il leader di FI rispolvera vecchie ricette: ma gli economisti lo bocciano UGO MAGRI ROMA Pungolato dalla concorrenza di Salvini, l'ex Cavaliere balza in groppa a certi vecchi destrieri su cui lui medesimo non aveva mai seriamente puntato. La «flat tax», anzitutto: cioè una sola aliquota Irpef uguale per ricchi e poveri nella misura del 20 per cento. Ai tempi del suo secondo governo, Berlusconi di aliquote ne promise due, salvo lasciarle cadere entrambe; nel suo terzo governo e nel quarto non ne fece più cenno. Un libro sulla «flat tax» restò per oltre un anno sulla sua scrivania, intonso. Ora però la Lega si è impossessata del tema. Il 13 dicembre Salvini ha invitato a Milano il massimo luminare dell'imposta unica: l'americano Alvin Rabushka che ha fornito il modello teorico a quei paesi dell'Est, una dozzina, dove la «flat tax» è stata entusiasticamente perseguita. L'ossessione per Salvini è tale che Silvio l'altro giorno ha messo in circolo un videomessaggio dove di punto in bianco rivendica la paternità dell'idea e la rilancia. Ne ha profittato per nuove grandiose promesse: via l'Irap, via per sei mesi l'imposta di registro sulle compravendite, pensioni minime a 1000 euro. E siccome la Lega sta facendo campagna per uscire dalla moneta unica, ecco Berlusconi estrarre dal suo cilindro il coniglio della «doppia moneta», che dovrebbe permetterci di sommare il meglio dei due mondi: tornare alla vecchia lira senza abbandonare l'euro, restare in Europa e al contempo «recuperare in pieno la nostra sovranità valutaria». Ma davvero si può? E perché nessuno ci aveva mai pensato? Il Cav resta sul vago, dice che ancora ci sta ragionando, ipotizza per ora «una seconda valuta che possa essere collocata sul mercato, che poi fisserà il cambio con l'euro». L'importante, ha sottolineato ieri, «è riprendere a stampare moneta». Chi gli sta intorno garantisce che l'idea è tutta sua, al massimo era circolata sui blog grillini e se ne era fatto paladino il solito vulcanico Calderoli. Quanti di finanza ne capiscono (a cominciare da Brunetta) hanno tentato di placcarlo, ma inutilmente: la «doppia moneta» diventerà presto un mantra della propaganda berlusconiana. Zero i commenti accademici. Nessuno ha preso la provocazione sul serio, eccezion fatta per il professor Luigi Zingales, economista che insegna negli Usa. Premessa: in sé per sé la doppia moneta non sarebbe una bestemmia, «quando si sono trovati con l'acqua alla gola molti paesi dell'America Latina hanno operato con due valute, quella locale e il dollaro. Quest'ultimo per i beni che hanno un mercato internazionale, la moneta locale per tutto il resto, pensioni e salari inclusi». Si generano tensioni sociali e sperequazioni, questo è scontato. Ultima a liberarsi della doppia circolazione è stata Cuba un mesetto fa, per decisione di Raul Castro. Osserva Zingales: «Lo Stato italiano, se riprendesse a stampare lire, dovrebbe poi accettarle per il pagamento delle imposte». A quel punto però l'Erario si troverebbe a incassare in lire e a coprire in valuta forte la montagna del debito. Una condizione insostenibile, peggio dell'attuale. In alternativa, ipotizza Zingales, l'Italia «dovrebbe rinominare il suo debito in lire», cioè dichiarare che lo ripagherà nella valuta locale anziché in euro. Nessuno sa a quel punto che cosa potrebbe accadere. Qualche ipotesi: panico, si salvi chi può, corsa dei risparmiatori agli sportelli, banche e imprese indebitate in euro che vanno a zampe per aria, inflazione galoppante, caos finanziario, Merkel inferocita e non solo lei... Tanto varrebbe a quel punto uscire direttamente dall'euro, senza bisogno di strani sotterfugi. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 181 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Retroscena 08/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) LUIGI A SPINA Dopo la bocciatura di Standard&Poor's arriva l'insufficienza della Merkel sui compiti finora fatti da Renzi. Non sono proprio auguri incoraggianti quelli che piovono sul nostro premier in occasione del suo primo anno dalla presa del potere nel suo partito, tappa fondamentale per il successivo balzo a palazzo Chigi. È vero che i giudizi delle agenzie di rating hanno un po' perso l'aura di indiscutibilità di un tempo e che quella del cancelliere tedesco è l'opinione del capo di un governo estero. Ma nessuno, nemmeno l'inossidabile ottimismo del presidente del Consiglio, potrà scrutare senza una certa ansietà l'effetto sui mercati del verdetto di S.&P. Né potrà sottovalutare la critica del più importante partner europeo. Al di là delle impressioni che sul lavoro del governo a r r i va n o f u o r i d a i n o s t r i confini, anche dai sondaggi diffusi in Italia sembra crescere il filo di delusione per i concreti risultati degli sforzi riformistici compiuti finora da Renzi. Può essere il risultato delle eccessive promesse del premier e di un annunciato calendario di scadenze che ignorava i ritmi bizantini della politica nazionale. Sicuramente la giovanile baldanza del nostro premier ha trascurato le pervicaci resistenze al cambiamento non solo della classe politica, ma anche, e soprattutto, di una società bloccata da interessi corporativi consolidati da decenni e impegnati in una difesa del potere che punta più sul logoramento dell'avversario che su una aperta ribellione. Infine, è certamente ingenuo pensare che gli effetti di riforme difficili come quella sul mondo del lavoro, comunque portata a termine, si possano constatare in pochi mesi o che processi di cambiamento delle istituzioni, come quello dell'abolizione del bicameralismo perfetto, non possano seguire le complesse norme prescritte per una revisione costituzionale. Scontata la necessità di una accelerazione sui progetti del governo, del resto condivisa dal premier e dai suoi ministri, sarebbe opportuno rivedere le priorità delle riforme, secondo una diversa urgenza e, forse, riequilibrando gli indirizzi di politica economica, finora troppo concentrati sul sostegno all'offerta e meno preoccupati di rafforzare la domanda, la grande debolezza dell'Italia d'oggi. Il vero pericolo, però, è la rassegnazione. Rassegnazione all'impossibilità di attuare nel nostro Paese vere riforme, che abbiano l'efficacia indispensabile per dare una scossa a quell'Italia dall'economia stagnante. Rassegnazione a quell'Italia del malaffare, dove la mafia non è più un nome proprio, con una propria regione di appartenenza e regole criminali proprie, ma è diventata l'etichetta infamante di un costume politico comune, allargato all'intera comunità nazionale degli affari e dell'amministrazione pubblica. Una rassegnazione che non ci possiamo più permettere. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 182 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SIAMO INDIETRO MA QUALCOSA È STATO FATTO 08/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 3 (diffusione:309253, tiratura:418328) "Merkel scorretta un leader straniero non dà le pagelle" L'irritazione di Palazzo Chigi: non ci facciamo intimidire «Per marzo dobbiamo avere tutto pronto: lavoro, giustizia e p.a.» R. GIOVANNINI- C. BERTINI ROMA Non ci facciamo condizionare e intimidire , avanti per la nostra strada». È questa, decisamente irritata, la reazione del premier Matteo Renzi nei suoi colloqui privati alle parole del Cancelliere Angela Merkel. La Merkel, stavolta, «è stata scorretta - dicono a Palazzo Chigi - perché un capo di Stato non assegna pagelle agli altri». Non c'è dubbio che a Firenze, nel corso del bilaterale previsto a gennaio tra il premier e la Cancelliera, ci sarà modo di chiarirsi di persona, insomma dirsi le cose in faccia, come usano fare solitamente i due leader. A Palazzo Chigi si ha l'impressione che forse in questo caso la Cancelliera Merkel parlasse soprattutto ad uso interno. Quel che è certo è che comunque per il governo fare di più «significa accelerare le riforme e i decreti attuativi del "Jobs Act" - è il ragionamento di Renzi - dobbiamo far trovare tutto pronto per marzo: giustizia, pubblica amministrazione, decreti legislativi sul lavoro». Per sperare di ottenere flessibilità sul rientro del debito ed evitare che scatti la procedura per debito eccessivo. Del tutto diversa nei toni la reazione al ministero dell'Economia. Nessun commento ufficiale da parte del ministro Pier Carlo Padoan, ma i suoi collaboratori fanno notare che «il riferimento all'Italia arriva in una domanda formulata alla Cancelliera nel contesto di un'intervista di una pagina. È del tutto inutile - si chiarisce dunque al ministero di Via Venti Settembre - costruire un botta e risposta su di un punto già tante volte chiarito. La Commissione Europea ha detto che l'Italia deve fare le riforme, l'Italia sa benissimo di doverle fare. E le sta facendo». In ogni caso, a scanso di equivoci, il mondo che ruota intorno a Matteo Renzi replica con grande durezza all'osservazione di Merkel. «Non c'è nessuno che fa i compiti e nessuno che esegue - ribatte dalle telecamere del «Tg1» il sotto segretarioalla Presidenza Graziano Delrio - noi siamo impegnati su moltissime riforme e nel risanamento del debito. Piuttosto l'eccesso di surplus della Germania crea problemi. Ognuno metta ordine a casa propria prima di giudicare». «La logica dei compiti a casa è finita, si concentri sulle cose tedesche», attacca il sottosegretario all'Europa, Sandro Gozi, secondo cui «dispiace molto che le riforme avviate dal governo Renzi, che hanno ricevuto un coro internazionale di apprezzamenti, dal Presidente degli Stati Uniti Obama al Fondo Monetario, siano ritenute insufficienti dal Cancelliere tedesco Merkel». «Oltre la questione dei contenuti afferma Gozi - ce n'è anche una di stile. Non sta ai capi di governo interpretare le opinioni della Commissione europea. Il governo italiano non si è mai permesso di dare pagelle su un Paese membro della Unione, e chiediamo lo stesso rispetto alla Germania». Che forse farebbe meglio, è la conclusione, a concentrare la sua attenzione sulla domanda interna, sulla mancanza di investimenti o sugli squilibri della bilancia dei pagamenti tedesca. Sarebbe un contributo i m p o r t a n t e c h e l ' E u ro p a aspetta da tempo da parte di Berlino e che sinora non è arrivato». E il numero due del Pd, Lorenzo Guerini afferma che «non ci servono lezioni dalla Germania, noi le riforme le stiamo facendo davvero e non abbiamo bisogno che ce lo dica lei. Piuttosto la Merkel non sia da ostacolo al cambiamento della politica economica dell'Europa per sostenere la crescita. Si lavori invece in Ue per sostenere crescita e investimenti». Ognuno metta ordine a casa sua prima di parlare: il surplus tedesco è un problema Graziano Delrio Sottosegretario presidenza del Consiglio Non sta ai capi di governo giudicare E la logica dei compiti a casa è finita Sandro Gozi Sottosegretario agli Affari europei Non ci servono lezioni dalla Germania Noi le riforme le stiamo facendo davvero Lorenzo Guerini Vicesegretario del Partito Democratico Abbiamo sbagliato due volte: accettando le correzioni, e oggi facendoci umiliare Daniele Capezzone Commissione Finanze Forza Italia SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 183 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Retroscena 08/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 5 (diffusione:309253, tiratura:418328) Sarti: il nome Grillo sul simbolo si può discutere FRANCESCA SCHIANCHI PARMA Dopo tre ore di dibattito, la deputata Giulia Sarti esce per fumare una sigaretta. L'accerchiano. Non si è mai tirata indietro quando si è trattato di commentare le critiche rivolte al Mov i m e n t o. S i a dall'esterno che dall'interno. «Q uest'iniziativ a s t a v e n e n d o molto bene, è un b e l m o m e n t o d i c o n d i v i s i o n e. I l confronto serve, e m aga r i è u n p o' mancato in ques t' u l t i m o p e r i o do». Sembra una provocazione. È soltanto una analisi libera. Non temete l'espulsione? «Perché dovremmo ragionare con quest'ipotesi in testa? Questa è un'iniziativa del M5S, non stiamo facendo niente per essere cacciati. Dovrebbero essercene mille di iniziative così, c'è bisogno di aprirsi di più, di arrivare a persone che magari hanno smesso di votare o che pensano che siamo come gli altri». Pizzarotti propone di rivedere alcune espulsioni, è d'accordo? «Non penso sia possibile, perché ha votato la rete, credo sarebbe complicato tornare indietro. Io sarei d'accordo a fare tesoro degli errori fatti. Non fossilizziamoci sulle regole che abbiamo avuto fino ad oggi, possiamo anche darci regole un po' diverse. E poi ricordiamoci che la proprietà del simbolo è di Beppe Grillo, sul simbolo c'è scritto beppegrillo.it, anche questo può essere un nodo da discutere per il futuro». Ridiscutere il nome nel simbolo e la proprietà? «In futuro discuterei anche questo, deve essere non un tabù ma una cosa di cui si può e si deve parlare. Grillo è proprietario del simbolo: se ritiene siano state violate regole e quindi due pers o n e n o n r i spondano più ai p r i n c i p i d e l M5S può toglier e i l s i m b o l o quando vuole. E' su questo che bisogna ragionare». Foto: Aperta alle novità Giulia Sarti viene dal mondo del M5s emiliano SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 184 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Interviste La deputata critica 08/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 5 (diffusione:309253, tiratura:418328) Della Valle: persa un'occasione per tacere FRANCESCO MAESANO ROMA Ivan Della Valle, deputato torinese del M5S, guarda le immagini in diretta streaming da Parma ed è furente. «Se in campagna elettorale prometti ai cittadini di chiudere l'inceneritore e poi fai discorsi come questi o hai mentito o non sei capace di fare i conti. Io per Pizzarotti ho messo la faccia, ho fatto campagna e giravamo con un aggeggio a forma di inceneritore con sopra lo scheletro della morte». Lui dice che quando si governa è diverso. «Quando si governa bisogna e s s e re co e r e n t i . S e guendo ques t a l o g i c a a v r e m m o d ov u t o fa re l'alleanza col Pd a livello nazionale, snaturando l'80 per cento del nostro programma. Così Pizzarotti giustifica il modo di fare degli altri partiti. È assurdo». Ha anche auspicato che la smettiate di tirarvi calci tra di voi. «E allora la smettano loro di tirarli». Loro chi? «Questa esigua minoranza interna. Era stato assicurato che all'incontro di Parma si sarebbe parlato dello statuto comunale, invece ho sentito parlare solo di politica nazionale. Pizzarotti non ha mantenuto la parola data». Giulia Sarti vuole discutere la proprietà e il nome sul simbolo del M5S. «Ha perso un'altra occasione per stare zitta. È inaccettabile. Se non le andava bene il nome poteva andare in un altro partito. Quando si è candidata lo sapeva. Poteva evitare, magari era meglio». Dissidenti: dentro o fuori? « Au s p i co c h e r i mangano, ma rispettando le scelte prese a maggioranza sia in assemblea che sul blog. Ma si ricordino che il nemico sta dall'altra parte». Può restare anche Pizzarotti? «Dovrà impegnarsi molto». @unodelosBuendia Foto: Fedele alla linea Ivan della Valle, deputato torinese del M5S SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 185 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Interviste /L'ortodosso grillino 08/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 7 (diffusione:309253, tiratura:418328) "Renzi si fermi Con le preferenze addio trasparenza" CARLO BERTINI ROMA «Faccio un appello: Matteo fermati finché sei in tempo, perché rischiamo di espandere il marcio di Roma su scala nazionale se riapriamo la pratica delle preferenze che furono la causa di tangentopoli». Roberto Giachetti, renziano doc, capogabinetto di Rutelli sindaco e oggi vicepresidente della Camera, da quando è scoppiata la grana romana ha un solo assillo: prevenire il peggio. «Chi deve spendere cento mila euro per la campagna deve trovare i soldi e le preferenze non si conquistano da sole...». Quindi? «Bisogna tornare alla formula originaria dell'Italicum, un simbolo con tre nomi sulla scheda, liste corte con tre candidati che la gente sul territorio conosce. Punto». Torniamo a bomba, però. «Io dico che il consenso andrebbe raggiunto più sulla base della politica e meno degli interessi. Ci sono comportamenti che non sconfinano nell' illegalità ma che non sono consoni. Il problema non è solo quando arriva un avviso di garanzia. E' un problema che non riguarda solo Roma e che investe tutta la politica e quindi anche il Pd». Quale? «Se ricevi migliaia di euro anche se certificati, non va tutto bene. Visto che non c'è più il finanziamento pubblico, un conto è se un partito fa una cena di autofinanziamento e raccoglie centinaia di migliaia di euro. E un mese fa alla cena romana nessuno sapeva che personaggio fosse Buzzi. Ma se alcuni esponenti di un p a r t i t o r i cevo n o f i n a n z i a menti da cooperative, gruppi o imprenditori, anche se non c'è niente di illegale, politicamente è un problema». E come si fanno le campagne elettorali d'ora in poi? «Ecco: se in questo momento non si ha la lucidità di fermarsi ed evitare di trasportare anche sulla legge elettorale nazionale il sistema delle preferenze che è la madre di tutte queste vicende, quando andremo a votare scopriremo l'acqua calda: questi fenomeni invece di diminuire aumenteranno. Se una campagna costa centinaia di migliaia di euro è evidente che diventa il traino di un rapporto perverso e di un'esplosione dei costi della politica». Voi renziani avete notato che qualcosa non andava a Roma ai tempi delle primarie? «Ce ne siamo accorti e lo abbiamo denunciato: è chiaro che c'era un sistema organizzato, una guerra per bande che pesava su qualunque decisione. Le primarie per essere sane devono essere regolate per legge». Esami agli iscritti, commissioni per valutare la passione politica? Sarà la fine del modello di partito aperto a tutti? «No, anzi questo sistema romano non consentiva apertura a tutti, perché era fin troppo organizzato e diventava refrattario per la gente comune». Blindate Marino e volete evitare le urne a Roma dopo averlo messo all'indice come inadeguato? «Sul fatto che Marino sia una persona onesta non ho mai avuto dubbi. Ma avevo e ho delle riserve sulla tenuta della sua amministrazione. A prescindere da questa vicenda, Roma necessitava di una forte stretta di bulloni perché l'amministrazione faticava». Bisogna tornare alla formula originaria dell'Italicum, un simbolo con tre nomi sulla scheda Roberto Giachetti Deputato Pd SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 186 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LE INTERVISTE Il renziano Roberto Giachetti 08/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 7 (diffusione:309253, tiratura:418328) "Sul peso dei clan la sinistra sbaglia a minimizzare" GUIDO RUOTOLO ROMA Da giurista, insegna Diritto penale alla Università di Palermo, Giovanni Fiandaca spiega di non aver alcun dubbio dal punto di vista tecnico: «"Mafia capitale" può rientrare tra le organizzazioni criminali che operano con metodo mafioso». E sulla ventilata ipotesi di commissariamento del Campidoglio, Fiandaca invita i supporter della giunta Marino alla cautela: «Per la credibilità degli strumenti dell'antimafia non si possono usare due pesi e due misure». Professore, il comune di Roma va commissariato? «Mi sorprende che il neocommissario del Pd romano, Matteo Orfini, se ne sia uscito con molta sicurezza - in realtà direi con imprudenza ed eccessiva tendenza alla minimizzazione - nell'escludere che possano esserci i presupposti per lo scioglimento dell'assemblea capitolina per inquinamento mafioso». Quindi per lei i presupposti ci sono? «Lo scioglimento lo si può disporre quando emergono elementi di collegamento diretti o indiretti con la criminalità organizzata o forme di condizionamento degli amministratori stessi che compromettono la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento o regolare funzionamento dell'amministrazione comunale. Tutto ciò potrebbe essersi già verificato a Roma». Ma per Roma i contraccolpi sarebbero durissimi. «Se il Campidoglio fosse tuttora in mano al centrodestra, il centrosinistra invece di minimizzare avrebbe già chiesto tutto e di più». "Mafia capitale" - questo è il ragionamento dei "minimalisti" che non credono alla associazione mafiosa - sembra più un associazione di reduci neofascisti che fanno affari con la corruzione... «Per il legislatore non è importante che la specifica forma di organizzazione criminale si connoti come mafia classica. L'ultimo comma dell'articolo 416 bis del Codice penale estende l'associazione mafiosa a tutte le organizzazioni comunque localmente denominate. L'importante è che si avvalgano della forza intimidatrice del vincolo associativo e che perseguano scopi corrispondenti a quelli della mafia». Insomma, esiste una mafia autoctona, locale, romana? «Devo dire che sulla base di ciò che ho letto sui giornali in questi giorni, la prospettiva dell'associazione mafiosa mi sembra plausibile e non una forzatura. Del resto è nota la preparazione tecnica e la prudenza del procuratore Pignatone che se si è spinto alla contestazione dell'associazione mafiosa evidentemente deve avere elementi molto seri». I critici all'impostazione della Procura riducono il clan Carminati a una associazione finalizzata alla corruzione... «Le analisi criminologiche sulle associazioni mafiose degli ultimi decenni hanno messo in evidenza che le organizzazioni di tipo mafioso nel mondo contemporaneo utilizzano la corruzione come metodo di condizionamento dei pubblici poteri. Sullo sfondo rimane sempre la possibilitã di intimidazione attraverso la violenza. E non c'é bisogno del ricorso concreto alla violenza, è sufficiente che l'interfaccia, sia esso una vittima o un colluso, sia ben consapevole della caratura criminale del suo interlocutore». Lo scioglimento si può chiedere quando vi siano forme di condizionamento degli organi elettivi Giovanni Fiandaca Università di Palermo SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 187 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LE INTERVISTE/Il giurista Giovanni Fiandaca 06/12/2014 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:210842, tiratura:295190) Rigenerare i partiti e spazzare le cricche Alessandro Campi L'invito a delimitare le responsabilità penali per definizione individuali, colpendole duramente se provate, e ad evitare accuse sommarie e generiche o attribuzioni collettive di colpa, rischia di apparire, dopo la bufera mediatico-giudiziaria che ha investito Roma, persino tardivo. La tentazione sarebbe infatti quella di cedere al sentimento di denuncia e riprovazione - lo schifo per usare un'espressione di Renzi verso tutto e tutti, verso la politica in ogni sua espressione, che molti cittadini in questo frangente coltivano. Ma invece di aggiungere macerie alle macerie, abbandonandosi ai processi sommari e agli insulti, non è preferibile trarre da questa vicenda, per quanto possibile, qualche lezione salutare, che aiuti a cambiare rotta a questo Paese ormai disperato? Esemplare il caso - strumentalmente politico - per cui alcuni stanno chiedendo in queste ore lo scioglimento del Comune di Roma per infiltrazioni mafiose. Ma una simile débacle istituzionale, che comunque dovrebbe essere sorretta da inoppugnabili ragioni tecnico-legali e non rispondere a un generico bisogno di cambiamento e trasparenza, è davvero la risposta migliore a fronte del verminaio politicoaffaristico che ci è stato messo dinnanzi agli occhi? L'esistenza di una corruzione capillare non implica una corruzione assoluta. Se esiste - come è certo anche in questo caso - una riserva pubblica di onestà, competenza e decenza, tra rappresentanti del popolo e funzionari dell'amministrazione, da qui converrebbe ripartire. Continua a pag. 26 segue dalla prima pagina A meno che non si ritenga che la politica può rigenerarsi solo dopo averne fatto tabula rasa. Lo squallido scenario venuto a galla dovrebbe anche servire per separare definitivamente i farabutti che usano la politica come pretesto per arricchirsi, finendo per prendere ordini e soldi da avanzi di galera, da chi la pratica mosso da passione civile, non per affossarli tutti insieme in attesa di un mondo perfetto che verrà. Ciò detto, anche i politici perbene, che meritano di poter continuare il loro impegno e che anzi proprio adesso vanno sostenuti con più forza, dovrebbero farsi molte domande su quanto accaduto sotto i loro occhi, per ricavarne degli ammonimenti per il futuro. Ecco, un politico serio non può distrarsi o comportarsi con leggerezza nelle sue relazioni pubbliche e istituzionali, come invece a Roma sembrerebbe essere stata la regola. Una buona politica è probabilmente una politica che torni ad essere selettiva, che stabilisca dei filtri e dei criteri di affidabilità, non rispettando i quali - come si è visto in Italia in questi anni - si rischia di essere travolti dal discredito e di trovarsi alla mercé degli avventurieri. Serve una maggiore prudenza, o semplicemente più accortezza, nella scelta dei propri collaboratori o interlocutori: una regola peraltro elementare e antica, ma che evidentemente è stata dimenticata. Se ciò è successo, naturalmente, non è per caso. Una politica destrutturata sul piano organizzativo, priva di addentellati nel territorio, priva altresì di un suo progetto culturale intrinseco, dunque votatasi solo al pragmatismo e al fare, è inevitabilmente esposta alle infiltrazioni di chi - proprio perché privo di orizzonti ideali e interessato unicamente al guadagno - nelle sigle di partito vede solo un mezzo attraverso il quale incunearsi nella macchina pubblica per lucrare a danno della collettività. C'è insomma da ricostruire il tessuto della politica, partendo in particolare dal basso, dove esso appare da anni più slabbrato: è infatti nel livello perifericoamministrativo, come mostrano l'esperienza e il susseguirsi nel tempo di scandali e inchieste, che si è prodotta più facilmente quella commistione dei ruoli e delle funzioni che ha favorito la degenerazione affaristica del governo locale. Il male dei partiti organizzati di una volta erano le correnti, nonché i loro apparati pletorici, che per essere sostenuti necessitavano di risorse finanziarie spesso attinte attraverso finanziamenti illeciti (come dimostrò Tangentopoli). Il male dei partiti liquidi di oggi è se possibile peggiore ed è rappresentato dalle cricche o consorterie che, senza più nemmeno avere legami organici col centro, senza più nemmeno alcuna giustificazione ideologica o ideale, finiscono per incistarsi al loro interno sul territorio con l'unico obiettivo di fare affari coi soldi pubblici. Ancora una volta è un problema di filtri e barriere che le forze politiche debbono tornare ad imporre a coloro che entrano nei loro ranghi, invece di accogliere chiunque ne faccia richiesta, ivi inclusi i malintenzionati. Quel che si vorrebbe sperare è che il "mondo di mezzo" emerso a SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 188 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Etica e garantismo 06/12/2014 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:210842, tiratura:295190) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 189 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Roma sia in realtà un mondo vecchio o declinante, nato e consolidatosi solo grazie allo sbandamento che l'Italia ha vissuto negli ultimi due decenni, trascorsi invano nell'attesa di stabilizzare nuovi equilibri istituzionali. Ora ci sono a livello nazionale degli interessanti segnali di cambiamento il cui interprete, piaccia o meno, è Matteo Renzi, che non a caso molto insiste sulla necessità di spezzare le logiche consociative e corporative che hanno per troppo tempo dominato le relazioni di potere in questo Paese. E quello romano è appunto un caso esemplare di amalgama-commistione tra destra e sinistra, tra politica e burocrazia, tra imprenditoria e amministrazione che annullando le differenze, le responsabilità e le competenze ha finito per produrre opacità e dunque malcostume affaristico. Bene, questo sforzo che si sta facendo al centro di rinnovare la prassi politica, le sue articolazioni istituzionali e le sue logiche di funzionamento andrebbe perseguito a maggior ragione al livello delle autonomie e degli enti locali, che sembrano essere divenuti il vero punto debole quanto a sprechi, inefficienza, bassa qualità del personale politico, clientelismo e corruzione - del sistema politico italiano. 06/12/2014 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:210842, tiratura:295190) Il premier blinda Marino: avanti con le Olimpiadi Alberto Gentili Matteo Renzi blinda Ignazio Marino: «È una follia parlare di scioglimento del Comune per mafia». A pag. 7 ROMA Matteo Renzi blinda Ignazio Marino: «E' una follia parlare di scioglimento del Comune per mafia», ha ripetuto parlando con i suoi. Ma blinda anche la città, tant'è che conferma l'intenzione di candidare Roma alle Olimpiadi. Lo slogan «Non consentiremo, insieme al sindaco e ai cittadini onesti, che la Capitale sia accostata a fenomeni squallidi di corruzione e disonestà». E il premier non è certo impressionato che alla richiesta di scioglimento per mafia del Campidoglio si sia associato Silvio Berlusconi. Per Renzi si tratta solo di una «disperata operazione politica» per tentare di «lucrare su una vicenda che fa letteralmente schifo». IL PD FA QUADRATO Che questa sia la linea lo dimostrano le parole di Matteo Orfini, il presidente nazionale del Pd che il segretario ha spedito a commissariare il partito romano dopo che nell'inchiesta su "Mafia Capitale" sono finiti il presidente del Consiglio comunale Mirko Coratti, l'assessore alla Casa Daniele Ozzimo e il consigliere regionale Eugenio Patané. «Berlusconi vuole lo scioglimento della giunta Marino per infiltrazioni mafiose? Strano e curioso, forse si è sbagliato», ironizza Orfini, «immagino che quando l'ex Cavaliere parla di scioglimento, si riferisca alla giunta guidata da Alemanno. Le vicende agghiaccianti descritte dall'inchiesta della Procura romana, con il malaffare insediato in Campidoglio, riguardano infatti gli anni in cui era il suo partito, il Pdl, a guidare la Capitale. Ma la giunta Alemanno, per fortuna, l'hanno già sciolta nel 2013 i cittadini romani...». Secco anche il niet allo scioglimento di Lorenzo Guerini, il vicesegretario del Pd: «Marino ha dimostrato con gli atti della sua giunta e in base a quanto si legge nelle intercettazioni, che è stato un argine alla criminalità romana. E di certo non si può colpire con lo scioglimento un'amministrazione che ha alzato un muro contro le infiltrazioni criminali. Ma queste sono valutazioni politiche, la decisione tecnica sta in capo al prefetto e al ministro dell'Interno cui spetta, per legge, decidere l'eventuale scioglimento». Non è un caso che Guerini rimandi la palla nel campo di prefetto e ministro. I segnali che arrivano da Giuseppe Pecoraro sono infatti rassicuranti: dopo l'incontro di giovedì pomeriggio con Marino, il prefetto ha definito «prematuro parlare di scioglimento», mentre in mattinata era stato decisamente meno prudente. E anche Alfano si è detto contrario all'ipotesi di lasciare senza governo la Capitale: «Lo scioglimento è un procedimento molto complesso e bisogna andarci con i piedi di piombo, anche perché il sindaco Marino non è coinvolto in queste vicende e Roma è una città sana. Non è marcia». LE DIMISSIONI FORZISTE Eppure, Berlusconi insiste. Alla disperata ricerca di un modo per riprendere l'iniziativa politica e mettere in difficoltà il Pd, l'ex Cavaliere tramite il suo braccio destro Giovanni Toti ha invitato i consiglieri comunali alle dimissioni di massa «per tornare alle urne». Una linea condivisa da Fratelli d'Italia e dai Cinquestelle. «Peccato però», dice Orfini, «che per ottenere lo scioglimento servono le dimissioni della maggioranza più uno dei consiglieri. E i numeri non li hanno. Ma in fondo il rischio neppure c'è: vogliamo proprio vedere i consiglieri d'opposizione rinunciare alla poltrona, il cappone non insegue il Natale...». Alberto Gentili Foto: Ignazio Marino parla all'orecchio di Matteo Renzi L'intervista Alfano ieri sul Messaggero SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 190 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il retroscena 06/12/2014 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 2 (diffusione:210842, tiratura:295190) E il boss si vantava così: Cola l'ho messo io in Finmeccanica LA PREOCCUPAZIONE DOPO L'ARRESTO DELL'EX AD EUR: «IN CARCERE GLI ABBIAMO TROVATO CALORE UMANO» Sara Menafra ROMA Non è salito ai vertici di Finmeccanica. Ma c'è arrivato davvero vicino. E' lo stesso Massimo Carminati, il Cecato, a raccontare quanto è arrivato in alto nella gestione della più grande azienda ancora a maggioranza pubblica. Lo fa chiacchierando nel suo quartiere generale, il distributore Ip di Corso Francia, con l'ex direttore commerciale di piazza Montegrappa, Paolo Pozzessere. E' il 13 giugno 2013, e da poco è finito in carcere Riccardo Mancini, uomo di riferimento per gli affari della mafia capitale. Carminati non ha problemi ad ammettere che è stato lui a presentare Lorenzo Cola alle persone giuste, quando questo era il braccio destro dell'ad Guarguaglini. «DICONO CHE DECIDO TUTTO» Carminati: «E' chiaro che se io ho presentato, per dire a Cola qualcuno..Poi loro dicono "no... dietro..." la solita cazz, "Grande Fratello..."! Eh, va be'.. tutte 'ste minchiate» Pozzessere: «L'appuntamento...»; Carminati: «E lo sanno che (con Riccardo Mancini ndr) ce conosciamo da trent'anni, tanto è vero che a me dicono "come mai solo a te?". Abbiamo fatto le rapine. Io con Riccardo ho pigliato pure le sveglie. Non è perché è un grassone...»; Carminati: «Mo tutti fanno finta di non conoscere Cola, ma Cola entrava con i piedi a da' i calci alle porte là, Cola era un personaggio, si vedeva». LO SFOGO DI POZZESSERE La conversazione spazia, i due commentano la figura di Guarguaglini, che a detta di Carminati era «uno valido», che «si occupava sostanzialmente di Telecom». Paolo Pozzessere parla anche di Sergio Di Gregorio, attualmente protagonista a Napoli del processo sulla compravendita di parlamentari da parte di Berlusconi. Pozzessere: «Di Gregorio me veniva a trova'....» Carminati: «Che latrineria eh?» Pozzessere: «Basta guardarlo in faccia ... penso che abbia abbuscato pure da noi... perché lui è stato presidente della Commissione Difesa al Senato, chiedeva in continuazione...». C'è anche spazio per Berlusconi ed Esteban Caselli, eletto all'estero e finito nell'inchiesta su Finmeccanica a Napoli. Pozzessere: «Senti questa.. mi chiama Berlusconi, il Presidente le deve parlare, mi alzo stavo a tavola...mi fa "senti Paolo ci sarebbe un mio carissimo amico, una persona specchiata"»; Carminati: «Se la presenti te? Brutto c...» Pozzessere: «Specchiata e "che ha delle forti aderenze in Indonesia e ti voleva dare dei suggerimenti, te lo passo". Come fai a dirgli di no?». CALORE PER MANCINI Certo è che, proprio il ruolo di Riccardo Mancini sembra preoccupare l'organizzazione, specie quand quest'ultimo finisce in carcere. Come ha dimostrato questa inchiesta, in cui lo stesso Mancini è accusato di associazione mafiosa, il suo ruolo era fondamentale per tutto ciò che toccava gli appalti provenienti da Eur Spa, posizione da cui avrebbe favorito anche le richieste di Cola. E infatti quando lo arrestano Salvatore Buzzi è inquieto. Buzzi: «Comunque se sta a comportà bene, però quando l'hanno arrestato un pò de paura ce l'hai no...» Campennì (un collaboratore): «Si ma poi là dentro gli ho fatto trovare un pò di calore (secondo i pm si tratta di utilità economiche ndr)» Buzzi: «Non usciva dalla cella s'era messo paura, perché lui era abituato bene. Era abituato con quattro domestiche». L'organizzazione, è l'accusa dei pm Michele Prestipino Paolo Ielo, Giuseppe Cascini e Luca Tescaroli, avrebbe fatto in modo di affiancargli un avvocato che lo convincesse a mantenere il silenzio. Foto: Riccardo Mancini SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 191 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL RETROSCENA 06/12/2014 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 21 (diffusione:210842, tiratura:295190) Visco: «C'e un conflitto nella Bce» «Le norme consentono se necessario di acquistare titoli di stato sul mercato» IL GOVERNATORE: PROBLEMI CI SAREBBERO IN CASO DI ACQUISIZIONI MASSICCE PADOAN APPOGGIA LA LINEA DI DRAGHI: BENE IL QUANTITATIVE EASING Rosario Dimito MILANO La Banca d'Italia porta alla luce del sole le divergenze in corso da oltre un anno all'interno della Bce e riproposte nel direttivo di giovedì scorso. «C'è un conflitto di cui dobbiamo discutere apertamente», ha detto ieri il governatore della banca centrale italiana e membro del board Bce, Ignazio Visco, a proposito del nuovo rinvio della decisione di acquistare titoli pubblici. Un rinvio sine die, non a tempi brevi. «Se necessario, saranno introdotte ulteriori misure per accrescere la dimensione del bilancio della Bce - ha proseguito Visco L'obiettivo è contrastare il rischio di restare per un periodo troppo lungo in una situazione di bassa inflazione, ed evitare di cadere in deflazione. Un rischio non trascurabile, siamo consapevoli delle gravi conseguenze che ne potrebbero derivare data la dimensione dei debiti pubblici, e privati, in tutta l'area». Gli schieramenti nel board di Eurotower sono cristallizzati: la maggioranza, tra cui Visco, appoggia Draghi a tenersi pronti ad attivare le misure non convenzionali, come il Quantitative easing (acquisto di titoli di Stato sul mercato), una minoranza si oppone per motivi interpretativi, cioè che l'acquisto di titoli violi la norma di non poter finanziare direttamente gli Stati. Sicché anche l'altro giorno il governatore della Bundesbank, Jens Weidmann, il membro tedesco Sabine Lautenschlaeger, il rappresentante olandese Klaas Knot e Yves Mersch, l'esponente lussemburghese, hanno avuto da ridire su questioni di lana caprina. GLI STRUMENTI A DISPOSIZIONE Secondo Visco «acquisti sul mercato secondario necessari per la politica monetaria non sono formalmente in conflitto con il divieto del Trattato». Ammette che può esserci trade off «nel caso di acquisti massicci sul piano sostanziale». Ma non esita a parlare chiaro: «Il conflitto può essere discusso apertamente, senza esprimere valutazioni particolari sull'ortodossia eccessiva o sul lassismo finanziario, in un'interpretazione rigorosa del Trattato. Resta il punto che per garantire la stabilità dei prezzi la politica monetaria non può esimersi dall'usare tutti gli strumenti a sua disposizione». Draghi ha subito raccolto l'appoggio anche del ministro Pier Carlo Padoan: «Si dovrebbe andare verso il Quantitative easing, anche se un ministro dell'Economia non dovrebbe mai commentare la politica monetaria». Foto: Il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 192 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LA POLEMICA 07/12/2014 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 41 (diffusione:210842, tiratura:295190) Guerra sulla Commissione Trasparenza Centrodestra contro la presidenza al M5S IN CASA PD RITIRATA LA MOZIONE DI SFIDUCIA NEI CONFRONTI DEL SEGRETARIO FABIO MELILLI Fa.Ro. Nessun soccorso a Ignazio Marino, che anzi per Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio dovrebbe fare un passo indietro «per il bene della città e del Paese». Ma il Movimento 5 stelle adesso punta a prendersi quella commissione trasparenza (riservata da sempre all'opposizione) che gli era stata sottratta a inizio consiliatura, con una manovra interna al centrodestra finita negli atti dell'inchiesta su Mafia Capitale. «Così faremo chiarezza nel torbido romano», sottolinea il capogruppo M5s Marcello De Vito che, come attuale vice presidente della commissione, potrebbe essere il candidato pentastellato per succedere al dimissionario Giovanni Quarzo. Per arrivare alla presidenza, però, i pentastellati dovranno ottenere il via libera delle altre forze d'opposizione, che non è scontato. Nel centrodestra - dove la parola d'ordine è «non partecipiamo più alle nomine in questa consiliatura, che consideriamo conclusa» - in molti vorrebbero però tentare un secondo sgambetto al M5s. «La commissione deve andare a un esponente dell'opposizione - dice, a microfoni spenti, uno dei capigruppo della maggioranza - Ma i grillini non hanno certo brillato per l'attività di contrasto alla giunta Marino: tanto per fare un esempio, in diverse occasioni hanno aiutato il centrosinistra a garantire il numero legale in aula Giulio Cesare». LE IPOTESI Come nome alternativo ai consiglieri M5s, tra i banchi della minoranza qualcuno pensa a Mino Dinoi, capogruppo di Movimento cantiere Italia. Ma il diretto interessato smentisce un suo interessamento: «Continuo a essere convinto, come al momento della formazione delle commissioni, che la guida della trasparenza debba andare ai Cinque stelle, che è stato il secondo partito più votato alle elezioni comunali di Roma», sottolinea Dinoi. Difficile, peraltro, che il centrodestra possa organizzare altri blitz anti-M5s, dopo quello di luglio 2013. Soprattutto dopo aver disertato l'elezione del nuovo ufficio di presidenza, sottolineando così di non voler più partecipare alle trattative nell'attuale consiglio e scegliendo la strada dell'opposizione dura e senza sconti. LA SFIDUCIA Intanto, in casa Pd, è stata ritirata la mozione di sfiducia che era stata presentata dieci giorni fa contro il segretario regionale Fabio Melilli. Il documento aveva raccolto complessivamente 114 firme provenienti da diverse anime dei democrat. Un segnale di svolta nel partito dove, dopo la bufera dell'inchiesta su Mafia capitale, dal Nazareno è arrivata forte è chiara la richiesta di azzerare le correnti, bloccando le tante sfide aperte all'interno dei democrat di Roma e del Lazio. Giovedì la questione sarà discussa nella direzione regionale del partito. LA PRECISAZIONE Riguardo alla mozione di sfiducia nei confronti del sindaco, presentata dall'opposizione nel consiglio comunale straordinario sul "Pandagate", i Cinque stelle precisano intanto che «la mozione di sfiducia è stata sottoscritta dai consiglieri M5s De Vito, Frongia, Raggi e Stefàno, i quali hanno raccolto le adesioni degli altri componenti dell'opposizione (tranne quella di Dinoi)». Gli esponenti M5s hanno integrato la mozione «con l'ulteriore elemento relativo al Multagate» e proceduto, quindi, «a far convergere su di essa anche le altre forze dell'opposizione». 12 I componenti della commissione trasparenza del Campidoglio Foto: L'ingresso del Palazzo Senatorio in Campidoglio SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 193 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL RETROSCENA 07/12/2014 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:210842, tiratura:295190) Il governo: Roma non andrà al voto Grillo attacca Marino: deve lasciare Marco Conti La faccia la metterà di nuovo alla "Leopoldina". Per Renzi il vorticoso giro corruttivo è un'occasione importante per cambiareil Pd romano. A pag. 5 Stanganelli a pag. 5 IL RETROSCENA R O M A La faccia ce l'ha messa e la esporrà di nuovo domani quando interverrà alla "Leopoldina", l'assemblea dei giovani del Pd che oggi pomeriggio - all'ex Mattatoio - aprirà il sindaco di Roma. Per Matteo Renzi il vorticoso giro corruttivo, emerso dall'inchiesta del procuratore Giuseppe Pignatone e che coinvolge buona parte del Pd romano, è un'occasione importante per mettere le mani su una federazione che da tempo sfugge al controllo di via del Nazareno. INNESTI Intorno alla blindatura del sindaco Marino il segretario del Pd intende raccontare un nuovo modo di amministrare la cosa pubblica riprendendo, sull'onda degli arresti, ciò che fece a Milano quando scoppiò il bubbone dell'Expo che venne affidato alle cure del magistrato Raffaele Cantone. L'azzeramento dei vertici e il commissariamento del partito affidato a Matteo Orfini rende la strategia del presidente del Consiglio ancor più sottile perché Orfini è un ottimo conoscitore del partito romano. Soprattutto nella ramificazione tra ex dalemiani come Marroni, ex veltroniani come Zingaretti ed ex democristiani come Gasbarra. Ad Orfini tocca quindi imbracciare l'accetta imponendo il passo indietro a molti dei suoi compagni di partito ed ex colleghi di corrente, come a Marino il compito di individuare i giusti innesti in giunta. Novità anche eclatanti che permettano di dare il segno di un drastico cambio di passo e pongano un argine a quella caduta d'immagine della Capitale che rischia di travolgere anche quella del Paese. L'incontro con i giovani democratici di domani, seppur organizzato da tempo, rappresenta per Renzi l'occasione per dare il senso di una svolta imminente di metodo anche attraverso i sessanta tavoli sparsi per gli ampi locali dell'ex Mattatoio. Tra questi anche quello sulle mafie coordinato da due giovani che al toscano e deputato del Pd Federico Gelli, al magistrato Silvia della Monica e a Salvatore Calleri, presidente della fondazione Antonino Caponnetto, chiederanno risposte in linea con gli scandali. DESTINO Renzi domani interverrà con inusitata durezza sollecitando la giovane generazione del Pd a «prendersi» il partito dal basso. Una richiesta di mobilitazione e l'avvio di un cantiere di idee per cambiare le città che non riguarda solo Roma, ma che serve a trasferire sul territorio quella «volta buona» e quel «cambio di marcia» che il presidente del Consiglio sottolinea ogni volta da palazzo Chigi. La blindatura del sindaco Marino che per Renzi è stato «pretestuosamente attaccato sulla Panda proprio mentre in Procura si scrivevano i mandati d'arresto», cementa un tale legame tra Campidoglio e palazzo Chigi da unirne i destini. Orfini ieri, per dare ancor più il senso di un partito che si affida alla faccia del sindaco-marziano, ha sostenuto che la giunta non va a casa e che comunque anche se ci fossero elezioni, il candidato sarebbe ancora Marino. Per evitare che l'inchiesta sul sacco di Roma lambisca palazzo Chigi, Renzi non solo ha messo il lanciafiamme nelle mani di Orfini, ma dal presidente del partito si attende una relazione sugli iscritti e sulle casse del partito. Così come la chiusura di molti circoli aperti e gestiti a "titolo personale" e il rinvio dei congressi cittadini. Battere il ferro finché è caldo sia sul fronte del partito sia sul fronte capitolino appoggiando il cronoprogramma che Marino ha fissato nella recente assemblea capitolina e che l'inchiesta rende ancor più urgente. Compresa la rotazione dei dirigenti e dei funzionari capitolini che Renzi, da ex sindaco, sponsorizza a spada tratta. Foto: Matteo Renzi con Matteo Orfini SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 194 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il Campidoglio 07/12/2014 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 3 (diffusione:210842, tiratura:295190) L'EX SENATORE DEM DI GIOVAN PAOLO: «CENE E SOLDI, TUTTI SAPEVANO MA NESSUNO HA AGITO ORFINI NON SI LIMITI A UNA RIVERNICIATA» Ma.Con. L'INTERVISTA R O M A «Spero che Orfini vada fino in fondo e non si limiti ad una riverniciata». Roberto Di Giovan Paolo, ex senatore del Pd, le primarie del 2013, quelle delle tessere comprate a pacchetti all'ultimo secondo, le ricorda bene per essere stata una delle vittime del metodo Di Stefano e non ricandidato. «Più che parlamentarie furono correntarie. Furono decise il 22 dicembre e svolte il 30, mentre noi eravamo a votare la legge di stabilità». Sorpreso di quanto emerso in questi giorni o se l'aspettava? «La dimensione mi ha sorpreso, ma se uno cambia sei partiti negli ultimi dieci anni e resta solo se fa l'assessore non c'è poi da meravigliarsi. Se c'è chi fa decine di cene con decine di persone e nessuno del partito si interroga dove prende i soldi, perché poi si scandalizza. La verità è che mi trovo a combattere nel Pd le correnti così come le combattevo nella Dc». Ora con l'arrivo di Orfini deciso da Renzi pensa possa cambiare qualcosa? «Orfini conosce il territorio. Sarà per lui una sfida e dovrà decidere se tornare alla competenza e dire cose che non vanno più di moda, o limitarsi ad una verniciata». Cosa non va più di moda? «Che il finanziamento pubblico ai partiti, controllato, è molto meglio dei soldi che ti danno i privati perché tanto le campagne elettorali costano uguale. Comunque spero che Orfini non si limiti all'immagine ma si basi sulle competenze e su coloro che possono dare un contributo». Orfini conosce il territorio o conosce anche le persone finite in questa inchiesta? «Conosce tutto, come ognuno di noi conosce le persone con le quali ha fatto politica in questi anni. Il problema è vedere se deve solo garantire a Renzi che il problema scompaia dai giornali o se vuole premiare uno stile di fare politica fatto di sobrietà, di riunioni serali in un circolo e non di serate passate a feste con vip e calciatori. Non è sfoggio di virtù ma necessità fondamentale per sviluppare una militanza in grado anche di controllare e frenare certi appetiti». Nel Lazio la fusione tra ex Dc ed ex Pci sembra avvenuta sugli affari. Non crede? «Avendo combattuto per molti anni lo sbardellismo posso dire che molti ex Ds, non provenienti dal Pci, abbiano trovato grande fratellanza con coloro che utilizzavano la Dc come un autobus per il potere e i propri interessi». Alemanno, complice o raggirato? «Il limite di Alemanno è sempre stata la classe dirigente di cui si è circondato composta da camerati e basata più sulla fedeltà che sulla competenza». Parteciperà all'assemblea di mercoledì a Laurentino 38? «Certo, d'altra parte ora ho capito anche perché persi la battaglia per chiudere i campi rom favorendo l'integrazione». SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 195 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «Io e la beffa delle parlamentarie Pd truccate» 07/12/2014 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 5 (diffusione:210842, tiratura:295190) Sonia Oranges L'INTERVISTA R O M A «L'unica soluzione possibile è andare alle elezioni». Giovanni Toti, consigliere politico di Forza Italia, conferma la linea del voto subito come anno zero dell'amministrazione di Roma, travolta dagli scandali. Con volti nuovi e possibilmente puliti. Perché esclude altre soluzioni? «Una capitale commissariata sarebbe un pessimo segnale dato agli italiani come all'estero. E sarebbe incomprensibile se il prefetto Giuseppe Pecoraro decidesse di non sciogliere il consiglio comunale, visto che altrove è accaduto per molto meno. Dal canto suo, il sindaco Ignazio Marino ha dato ampia prova di non saper gestire nemmeno l'ordinaria amministrazione, figuriamoci questa crisi. Non vedo altra strada se non che tutti i partiti si assumano la responsabilità della soluzione, dimettendosi e lasciando scegliere ai romani il futuro della città. Non possiamo attendere che la magistratura faccia il suo corso, dobbiamo essere noi a dimostrare di aver compreso la gravità della situazione e delle conseguenze politiche che potrebbe produrre sul Paese. Serve un colpo di reni». L'ex sindaco Gianni Alemanno è indagato. Ed era un esponente del Pdl. «Se Alemanno ha avuto condotte di rilevanza penale, lo deciderà l'inchiesta. Di sicuro ha fatto errori politici e di valutazione molto gravi. Quando parlo di un colpo di reni, parlo di un'assunzione di responsabilità della politica, se non vogliamo che gli italiani disertino definitivamente le urne. Servono risposte nette. Torniamo al voto, con liste pulite, escludendo chiunque sia coinvolto in queste vicende, direttamente o indirettamente. Tolgano le mani dalla capitale». Il governo, invece, sembra blindare il Campidoglio. «Matteo Renzi è stato durissimo. Parole condivisibili e che devono avere una conseguenza. Non può essere Marino a portare la città fuori da questo schifo. Né la politica può tirare per la giacca il prefetto per evitare lo scioglimento. La soluzione è quella delineata da Silvio Berlusconi. Se i partiti non daranno risposte adeguate in termini di rinnovamento, efficienza e moralità, non ricostruiremo mai più il rapporto tra i cittadini e i loro rappresentanti. La fiducia degli elettori non si recupera con le autorità anticorruzione tanto care a Renzi. Gli elettori in Emilia Romagna gli hanno già dato un segnale. A Roma ora servono scelte concrete, non proclami. Facendo anche qualche scelta dolorosa. Qui non si tratta di abbandonare il solco del garantismo, pietra miliare dell'azione politica di Forza Italia, ma di riuscire a coniugarlo con una risposta credibile e doverosa al Paese». C'è una relazione tra gli scandali e la bocciatura di S&P? «C'è una relazione diretta tra il taglio del rating e le politiche economiche improduttive e le riforme inattuate. Una politica incapace di dare alle persone risposte ai temi che riguardano le loro vite, dal lavoro ai servizi, e che ora offre pessimi esempi, come quelli romani. Acuendo la crisi sociale e la sfiducia nelle istituzioni». Foto: Giovanni Toti SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 196 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Toti: «Il Prefetto sciolga il Consiglio comunale. È la sola via» 07/12/2014 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 15 (diffusione:210842, tiratura:295190) HA APPRESO DA FACEBOOK DELLA MORTE DEL FIGLIO, SUA MOGLIE NON LO CHIAMÒ. MA LUI LA DIFENDE: «È UNA MADRE SPECIALE» N.C. IL RETROSCENA dal nostro inviato SANTA CROCE CAMERINA (Ragusa) Pietà, compassione o altro ancora, magari la comprensibile decisione presa in famiglia di dirgli solo di persona, una volta a casa, quello che è accaduto. O addirittura la disperata idea che si risolva tutto prima che lui lo sappia. Fatto sta che nessuno avverte Davide, il padre di Loris, per lunghissime ore. Alle quattro del pomeriggio di sabato scorso l'allarme della scomparsa è stato dato poco prima dell'una -, decide allora di muoversi il maresciallo di Santa Croce, Luigi Valenti. Comanda la stazione del paese da 18 anni, sa quali sono le parole giuste. Va da Veronica, la mamma di Loris, e la convince ad avvertire il marito. Davide con il suo camion è all'altezza di Perugia, sta andando a Nord. Chi lo conosce sa quanto gli sia caro quel figlio, sa quanti messaggini si scambiano mentre lui è lontano, quanti pensieri, quanti abbracci. E Davide non ha dubbi, fa marcia indietro e lascia a Napoli il suo camion, da lì un aereo per Catania. Ma intanto le ore passano. Alle cinque il cacciatore Orazio Fidone scopre il corpo, si scatenano i siti e le televisioni, ma nessuno trova la forza o il coraggio di chiamare ancora il papà di Loris, tanto meno Veronica. Saprà della morte di suo figlio, del piccolo amatissimo Loris, di quel furetto delle arti marziali, soltanto da un annuncio su facebook, l'amico di un amico, una notizia rimbalzata da chissà dove. Eppure in questa settimana di dolore e di perquisizioni, di sospetti atroci e anche di volgarità, Davide Stival, 29 anni, non s'è fatto né sentire né vedere. Solo ieri pomeriggio ha affidato al suo avvocato, Francesco Villardita, poche parole: «Veronica è una mamma speciale, non voglio che s'infanghi il suo nome». Foto: Fiori e biglietto per Loris SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 197 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Nessuno avvertì il padre della tragedia 08/12/2014 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 11 (diffusione:210842, tiratura:295190) Ma Renzi irritato tira dritto «Non ci faremo intimidire» IL PREMIER SICURO: «VADO AVANTI PER LA MIA STRADA, ENTRO MARZO TUTTI GLI IMPEGNI SARANNO RISPETTATI» Alberto Gentili R O M A Matteo Renzi non ha preso bene la bacchettata di Angela Merkel. Non l'ha presa bene per una questione politica: «Non mi piace che qualche altro capo di governo ficchi il naso in modo così sgradevole nelle nostre politiche». E perché la scudisciata della Cancelliera tradisce una simpatia manifestata, con battute e sorrisi, in tutte le occasioni in cui i due si sono incrociati. Una chimica che ora sembra in crisi, anche sei i due avranno modo di chiarirsi già al Consiglio europeo del 18 e 19 dicembre. E poi, in forma ufficiale, in occasione del vertice bilaterale tra Italia e Germania in programma a Firenze in gennaio. «La Merkel è stata molto scorretta, ha deragliato e ha avuto una caduta si stile: un capo di governo non dovrebbe mai permettersi di dare pagelle agli altri partner europei», sostiene uno strettissimo collaboratore di Renzi, «forse la Cancelliera ha voluto lanciare un messaggio al suo partito in vista della riconferma a segretario della Cdu. Ma da una leader del suo livello non ci si saremmo mai aspettati una strumentalizzazione così becera a fini interni delle delicate relazioni europee». Nella giornata di riposo a Pontassieve dedicata alla famiglia, Renzi non è voluto uscire personalmente allo scoperto. Per rispondere alla Merkel ha mandato avanti prima il suo sottosegretario all'Europa, Sandro Gozi e Graziano Delrio. Il leitmotiv è una forte irritazione verso la Cancelliera. Tanto più che la stroncatura di Frau Merkel cade a ventiquattr'ore dal declassamento del debito italiano da parte di Standard & Poor's e a due giorni dalla faticosa approvazione del Jobs act, una riforma strutturale con la quale Renzi sperava di mettere a tacere i critici. «Forse la Merkel ha detto quelle parole per mettere sotto pressione l'Italia», dicono a palazzo Chigi, «ma noi non accettiamo diktat e non ci faremo né intimidire, né condizionare. Andiamo avanti con la nostra strada». Ed è una strada, quella di Renzi, che porta a una «fortissima accelerazione» di tutte le riforme. Dal varo a inizio gennaio dei decreti attuativi della riforma del mercato del lavoro, all'approvazione delle nuove regole su fisco, pubblica amministrazione, giustizia, scuola, legge elettorale. Guarda caso i temi toccati dalle raccomandazione della Commissione recapitata a Roma in giugno. L'obiettivo del premier: «Ci faremo trovare pronti per marzo», quando Bruxelles sarà chiamata a dare una nuova valutazione, dopo aver approvato la nostra legge di stabilità con riserva. E quando Roma spera di veder confermata l'applicazione (in cambio delle riforme strutturali) della tanto invocata flessibilità delle regole di bilancio. «E' evidente», aggiungono a riguardo a palazzo Chigi, «che Merkel ha giocato sull'ambiguità, visto che la Commissione ha detto che dobbiamo fare di più. Ma per noi "di più" vuol dire approvare tutte le riforme entro marzo, non farne di altre e tantomeno varare manovre correttive che strozzano la crescita». Foto: La sede del governo SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 198 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL RETROSCENA 08/12/2014 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 13 (diffusione:210842, tiratura:295190) «Abbiamo perso l'emozione Il logo? Tema da affrontare» Ste.Pi. P A R M A Giulia Sarti, la deputata che non ha escluso un simbolo del Movimento senza il nome di Grillo, è al centro dell'attenzione di giornalisti e militanti. Lei ha detto che il simbolo non è un tabù, cosa intende? «Non bisogna girarci tanto attorno. Il simbolo è di proprietà di Beppe Grillo che in quanto garante, se volesse, potrebbe anche non farci votare. È un problema che va discusso». Può esistere un movimento senza Beppe Grillo? «Non è in discussione, adesso». Perché è stata una giornata importante oggi? «Qui abbiamo capito che il confronto serve e che dobbiamo aprirci di più. Abbiamo capito cosa vuol dire essere maggioranza, un aspetto che non è stato sempre affrontato. Qui possono darci molti consigli perché dobbiamo imparare a essere credibili come alternativa di governo. I cittadini hanno un enorme bisogno di sentirci di più, qui ho visto proprio la foga della base di parlare e farsi ascoltare». Come sono visti Grillo e Casaleggio dagli attivisti che ha incontrato oggi? «Ho sentito degli interventi molto duri e critici». Cosa apprezza del sindaco Federico Pizzarotti? «Il saper spiegare alle persone i bellissimi risultati raggiunti e la capacità di parlare a molti». Come gliela tradurrà questa giornata al direttorio? «Dirò che abbiamo parlato dello statuto, abbiamo capito molto di più qua cosa significa governare. E che serve quando si sta all'opposizione». Sul referendum lanciato da Grillo, lei è per rimanere dentro l'euro o per uscire dalla moneta unica? «Sono per uscire, abbiamo indetto un referendum apposta. Perché stiamo perdendo sovranità. Ma bisogna anche capire che idea hanno i cittadini dell'Europa. E un referendum può essere utile». Come si fa a tornare al movimento delle origini? «Confrontandosi e anche emozionandosi. Io sono nel movimento dal 2007, siamo cambiati. L'aspetto dell'emozione è un qualcosa che abbiamo perso. E poi mi piacerebbe tornare al confronto che c'era una volta». Dopo oggi come cambiano i rapporti col vostro gruppo a Roma? «Non cambiano in alcun modo. Avremo la possibilità di coinvolgere meglio i nostri colleghi. Proveremo a organizzare una giornata come questa a Roma. Anzi, possibilmente anche più partecipata». Come se lo immagina il prossimo Presidente della Repubblica? «Sicuramente onesto, alta caratura morale, uno non politicizzato, che non abbia posseduto tessere di partito. Vorremmo un percorso condiviso come quello seguito per l'elezione dei giudici della Corte Costituzionale. Ma ci penseranno le nostre quirinarie a tirare fuori dei nomi. Io mi immagino uno come Stefano Rodotà. La rete, gli attivisti non ci hanno mai deluso e sapranno indicarci anche stavolta, come per le ultime votazioni, nomi all'altezza». Foto: «PER IL COLLE PENSO A UN PERCORSO CONDIVISO, NOI FAREMO LE QUIRINARIE IO IMMAGINO UN UOMO COME RODOTÀ» Foto: Giulia Sarti, deputata del Movimento Cinquestelle SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 199 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista Giulia Sarti 06/12/2014 Il Giornale - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:192677, tiratura:292798) Se un alieno atterra sul Colle Marcello Veneziani Certo che sarebbe bello un parto extrauterino per il Quirinale. Non un Presidente partorito dal ventre stanco della politica, ma una personalità venuta fuori dalla cultura, dall'arte, dalla società civile. Sarebbe anche più coerente con un Paese anomalo e speciale come l'Italia che dà il meglio di sé in quei campi e tra quelle svettanti solitudini, piuttosto che nello Stato, nei partiti e nelle istituzioni. Però quando sento i loro nomi s'incrina la mia convinzione. Pescare per esempio il presidente tra i senatori a vita nominati da Napolitano, tutti pendenti a sinistra, significa fare già una scelta partigiana; Elena Cattaneo e il Renzo Piano non sembrano adatti al ruolo (e col secondo sarebbe un caso acuto di renzite nei Palazzi). Ancor peggio sarebbe un Umberto Eco, intellettuale settario, un po' giacobino e girotondino. Il Quirinale non è il risarcimento per il Nobel, una specie di Nobel casereccio. Un consenso più esteso, anche nel versante destro, potrebbe riscuotere Riccardo Muti, che di amor patrio e di attitudine a dirigere se ne intende. Ma le candidature illustri servono in realtà a due scopi. Uno, a far fare bella figura a chi le lancia, sapendo poi che gli altri le bruceranno, e così puntare sul candidato vero e più malleabile. Due, nel caso di Renzi, a non avere altro politico al di sopra di sé, nessuno che manovri sulla sua testa, ma un «libero professionista» con ufficio al Quirinale, privo di truppe, scarso di agganci parlamentari e privo d'uso politico. Però sarebbe bello, e poi, piuttosto che un Prodi... SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 200 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Cucù 07/12/2014 Il Giornale - Ed. nazionale Pag. 11 (diffusione:192677, tiratura:292798) Italicum, tempi stretti Si cerca il compromesso sullo sbarramento al 4% Per gli azzurri è ancora possibile trovare l'accordo. Ma avvertono: Renzi rispetti i patti FdF Roma La trattativa sull'Italicum continua ma il timore di un «accordo capestro» resiste nello stato maggiore di Forza Italia. «Non siamo sereni» è l'ammissione che risuona tra i massimi dirigenti azzurri. Il partito non sembra disposto ad alzare le barricate sul premio alla lista, così come sulla possibile riduzione dei seggi bloccati (anche se dopo lo scandalo romano nel Pd è nuovamente in corso una riflessione sull'opportunità di aumentare il numero degli eletti con le preferenze). Si attende, invece, un segnale da via del Nazareno sulla soglia di sbarramento, «altrimenti Renzi smentirebbe quello che ha sempre detto, e ha detto anche a noi sul potere di ricatto dei piccoli partiti», dice in privato Berlusconi. Un compromesso potrebbe essere trovato sullo sbarramento al 4%, ovvero quello già applicato per Europee e Regionali. C'è anche chi sostiene che qualora Renzi dovesse decidere di tenere duro e non smentire l'accordo stipulato con la sua maggioranza (con la soglia al 3%), potrebbe su questo pun to dettare una disciplina non troppo ri gida ai suoi senatori nel momento in cui si voterà in aula. In ogni caso bisognerà vedere quale testo davvero il Pd porterà in Commissione. Martedì si voterà l'ordine del giorno Calderoli che punta a rimandare l'entrata in vigore della nuova legge elettorale al via libero definitivo della riforma costituzionale. Dopo il voto sulla proposta del Carroccio dovrebbe esserci la presentazione, da parte della presidente della commissione e relatrice Anna Finocchiaro, degli emendamenti del Pd. Mercoledì scade il termine per gli emendamenti, 24 ore dopo quello per i sub-emendamenti. Insomma nell'ar co di 48 ore si deciderà molto del desti no dell'Italicum e del patto del Nazareno. Paolo Romani, capogruppo azzurro a Palazzo Madama, parlando ad Affaritaliani , manifesta un prudente ottimismo. È ancora possibile un accordo tra il Pd e Forza Italia sulla legge elettorale? «Ci stiamo lavorando, nel senso che al Senato, in prima Commissione, attendiamo la proposta della relatrice Finocchiaro che immagino riprenda in parte o interamente gli argomenti che sono stati oggetto degli ultimi incontriRenzi- Berlusconiesuquellabase poi abbiamo tempo fino a mercoledì di fare degli emendamenti. Mi pare chela materianonsia stata del tutto risolta, soprattutto per quanto riguarda le preferenze. Quindi c'è ancora spazioetempoperlavorare ».Sullosfondo Raffaele Fitto continua il pressing su BerlusconieDenisVerdiniperconvincerli a convocare le primarie in Puglia. L'europarlamentare pugliese si dice convinto di riuscire a portare alle urne più votanti dei 140mila che hanno partecipatoallapreselezionedelcandidato Pd, Michele Emiliano.Unsuccesso di partecipazione che potrebbe contribuireaportareentusiasmoeriaprire una partita sulla carta già chiusa, vista la popolarità di cui gode l'ex sindaco di Bari. 0,2% La quota di voti con cui, spiegailCav,lasinistraha vinto le elezioni: la maggioranza è inesistente SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 201 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato il retroscena 08/12/2014 Il Giornale - Ed. nazionale Pag. 13 (diffusione:192677, tiratura:292798) «Così fan tutti (o quasi) Ora serve trasparenza si muova il Parlamento» GSu Ci avete provato già due anni fa a smascherare i furbetti del sindacato. Marco Paolo Nigi, segretario generale della Confsal, non è cambiato nulla? «La ratio della nostra ricerca era far percepire quanto fosse grave la mancata trasparenza sul numero degli iscritti nel settore privato. Era ed è resa possibile dalle dichiarazioni senza riscontro "fondato" sulla certezza del numero delle deleghe fatte annualmente da ogni sindacato al ministero del Lavoro e consentiva "azzardi numerici" che sostenevano e giustificavano gli "azzardi mediatici" di qualche particolare sigla confederale». Denuncia caduta nel vuoto? «Non facemmo che dire "il re è nudo" in quanto, da confederazione autonoma sganciata dalla politica, trovavamo non solo sospetto ma anche pericoloso che sigle "baciate" dal favore partitico-politico potessero motivare così il loro diritto di sedersi ai tavoli di concertazione». Ma così fan tutti, o no? «Qualche anno fa feci una sorta di autodenuncia. Dicevo che la cifra da noi dichiarata al ministero era maggiore per necessità, poiché altre confederazioni meno consistenti di noi dichiaravano così tanto da rendere impossibile la nostra verità. Ora si faccia chiarezza e si vedrà che la Confsal è la vera quarta confederazione sindacale». Chi bluffa allora? «Non credo che le grandi confederazioni abbiano bluffato sul numero dei loro iscritti, non ne hanno bisogno. E poi - a parte il caso palese dell'Ugl - un range di qualche punto percentuale va concesso, proprio per la vita "mobile" del sindacato nel corso della quale può accadere che ci siano alcuni slittamenti di consensi e di tessere». Si può «cambiare verso» al sistema? «Il governo proponga e il Parlamento vari finalmente una legge sulla rappresentanza e rappresentatività sindacali. Non basta un semplice accordo facilmente eludibile. Serve un sistema che consenta di calcolare i reali numeri sindacato per sindacato, confederazione per confederazione». Intanto i sindacati restano nel mirino. «Verità dei numeri, chiarezza della rappresentatività, nuova dignità della rappresentanza: di questo il sindacato ha bisogno. È e deve essere in proporzione al mandato dei suoi iscritti e nessuno, neanche un premier, può negare il dovere e il diritto di rappresentanza». SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 202 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA NIGI (CONFSAL) 08/12/2014 Il Giornale - Ed. nazionale Pag. 30 (diffusione:192677, tiratura:292798) Il codice etico del duplicatore di ricevute Paolo Granzotto Caro Granzotto, so che è banale dire che nei suoi aspetti di accusa, difesa, strumentalizzazioni, amnesie, chiamate in correo e a discolpa, «Mafia Capitale» svela il volto ipocrita del teatrino della politica. Ma, come diceva il filosofo, non si fa lega con la vita se non quando con tutto il cuore si dice una banalità. Mario Righetti e-mail Teatrino del quale i Buzzi, i «mafiosi» alla vaccinara, i bulletti capitolini e l'intera compagnia dei magnaccioni impallidisce nel ruolo di comparsa, caro Righetti. Svettando sulla scena Ignazio Marino. Al quale, per grazia ricevuta da Matteo Renzi - lui, il rottamatore: non gliela perdonerò mai - dell'imbroglio capitolino gli si consente di chiamarsi fuori, lavandosene le mani. Dispensandolo così dal rendere in qualche modo conto delle azioni dei suoi collaboratori, dei suoi uomini di fiducia, dell'intero governo della sua città. Bel colpo. Applausi. Non pago, s'è poi eretto a paradigma della legalità, del rigore etico. A immagine del politico senza macchie o scheletri negli armadi o trascorsi o frequentazioni dubbie, odoroso di bucato ancor più dell'uomo in lavatrice di Bio Presto. In tale veste impartendo lezioni sulla dirittura morale, sull'onestà e la rettitudine calpestata, invece, sotto i suoi occhi, entro le stanze adiacenti a quella del primo cittadino. Ebbene, a Renzi che glielo lascia fare vorrei ricordare che Marino fu accusato dal datore di lavoro, l'Università di Pittsburg, di aver prodotto « a dozens of duplicate originals of receips » - una montagna di ricevute duplicate, false - traendone forte lucro personale. E che di conseguenza fu condannato alla restituzione dei soldi rubati, alla rinuncia alla liquidazione e all'allontanamento immediato sia dalla Pittsburg University come dal Centro dei trapianti Ismet di Palermo, dallo stesso ateneo finanziato e del quale era direttore. Il campione di virtù. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 203 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'angolo di Granzotto 06/12/2014 Avvenire - Ed. nazionale Pag. 5 (diffusione:105812, tiratura:151233) «Troppi gli allarmi inascoltati Non c'è alternativa ai salvataggi» Schiavone, segretario Asgi (Studi giuridici sull'immigrazione): basta con operazioni di fortuna ILARIA SESANA L'Italia riprenda l'operazione Mare Nostrum così come era originariamente concepita, come scelta politica e di civiltà». È la richiesta di Gianfranco Schiavone, membro del consiglio direttivo dell'Asgi, l'Associazione studi giuridici sull'immigrazione, all'indomani della notizia della morte di 17 profughi nel Canale di Sicilia. «Sono le prime vittime ufficiali del mare dopo la fine di Mare Nostrum. E, stando alle informazioni fornite, i decessi sono stati causati da ipotermia e disidratazione - sottolinea Schiavone -. E questo è un elemento di cui tenere conto». Perché? Non si è trattato di un naufragio che, solitamente, avviene nell'arco di poco tempo. Il fatto che queste persone siano morte di freddo e di sete vuol dire che il gommone è rimasto alla deriva per molto tempo, forse anche un giorno, senza che nessuno intervenisse. Se fosse stato attivo un sistema di monitoraggio effettivo, i tempi per l'avvistamento e il salvataggio non sarebbero stati così lunghi e queste persone avrebbero potuto salvarsi. Cosa è cambiato con il passaggio da Mare Nostrum a Triton? Le operazioni di salvataggio in acque internazionali avvengono in maniera fortunosa. Il Canale di Sicilia ora non viene più pattugliato sistematicamente e questo significa che nessuno vede più quello che avviene al di là delle 30 miglia, che rappresentano il limite delle operazioni di Triton. E anche se qualcuno riuscisse a lanciare l'allarme, potrebbe essere troppo tardi per intervenire. Cosa chiede l'Asgi per scongiurare il ripetersi di tragedie come questa? Torno a ribadire quello che chiediamo da tempo assieme ad altre associazioni: il governo riprenda l'operazione Mare Nostrum con quelle medesime caratteristiche con cui era stata pensata. E se l'Italia, giustamente, ritiene di non potersi far carico da sola di questo impegno, allora faccia pressione sull'Unione europea perché diventi un'operazione condivisa. Mare Nostrum è la sola risposta a queste tragedie? Oppure si può pensare a soluzioni alternative come la creazione di corridoi umanitari? Qualsiasi soluzione "terza" non è alternativa ai salvataggi in mare. Si possono mettere in campo varie risposte, tutte parziali, ma con un obiettivo unico: ridurre i drammi in mare e "avvicinare" la protezione alle persone che ne hanno bisogno. Vanno sicuramente portate avanti altre iniziative, anche in Paesi al di fuori dall'Unione Europea. Penso, ad esempio, a una diversa politica dei visti per motivi umanitari o al lancio di un vero piano europeo per il resettlement (il trasferimento di quote di profughi presso Paesi sicuri, ndr ). C'è però un rischio da evitare. Quale? Non bisogna commettere l'errore di esternalizzare il diritto d'asilo, affidando la gestione delle domande di protezione a Paesi terzi, spesso dittatoriali o instabili, che non offrono nemmeno le garanzie minime per il rispetto dei diritti umani. Periodicamente si torna a parlare della realizzazione di campi di transito in Paesi come la Libia. Che cosa pensa di questa proposta? Sono assolutamente contrario. La Libia oggi è un Paese disgregato, uno Stato che non possiamo nemmeno più definire tale. Pensare di affidare questo compito alla Libia ha il sapore della beffa, di cosa stiamo parlando? Chi dovrebbe controllare cosa? E con quale autorità? Cosa può fare l'Italia in sede europea? Oltre a richiedere la partecipazione dell'Unione a Mare Nostrum, deve fare pressioni per cambiare la politica europea sull'asilo. La gestione dei profughi e dei richiedenti asilo è una questione europea, per questo bisogna rivedere il Regolamento di Dublino per fare in modo che ci sia una redistribuzione dei profughi soccorsi in mare tra tutti i Paesi dell'Unione. Foto: ESPERTO. Gianfranco Schiavone SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 204 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista 06/12/2014 Avvenire - Ed. nazionale Pag. 10 (diffusione:105812, tiratura:151233) Intervista a De Poli «Assemblea fondativa a Roma il 21 o 22 dicembre. Guardiamo ai 9 milioni di moderati che non votano più. E sui temi sensibili al Senato saremo decisivi» ANGELO PICARIELLO ROMA Area popolare non sarà solo un gruppo parlamentare. Diventerà anche un nuovo soggetto politico, molto presto. Antonio De Poli, portavoce e numero due dell'Udc annuncia un'assemblea nazionale fondativa già prima di Natale: «Alle Regionali vorremmo essere presenti massicciamente e non c'è molto tempo». Iniziamo però dal Parlamento. Su che numeri potete contare? Il processo che vede l'adesione di esponenti di Ncd, Udc, e Popolari per l'Italia non si è ancora concluso. Le adesioni sono già circa 70, ma contiamo di poter raggiungere gli 80 a breve: c'è interesse anche da parte di alcuni esponenti di Scelta civica, Forza Italia e anche M5S. Detta così può però apparire un'operazione di Palazzo, magari per contare nella corsa per il Quirinale. In tal caso non avremmo grande fretta visto che per noi Napolitano deve restare, almeno fino a che lo riterrà e solo dopo si porrà il problema, non facile, di individuare un profilo politico di pari valore. Invece? Invece c'è un vuoto enorme di 9 milioni di voti moderati, che non si sentono rappresentati e rappresentano la componente più significativa di quel 50 per cento, o anche più, che ora non va a votare. A Roma leggendo le cronache di questi giorni, questa area è la grande assente, fra destra e sinistra coinvolte nelle inchieste. Col senno di poi la crisi di rappresentanza che vive da alcuni anni l'area moderata nella Capitale si rivela un punto a favore, si potrebbe dire... Esistono però i peccati di omissione. Infatti, una proposta politica che riprenda in mano la tradizione popolare non può che partire da Roma, anche alla luce delle terribili vicende che stanno emergendo. A Roma, fra l'altro, terremo la nostra assemblea fondativa, probabilmente il 20 o il 21 dicembre, la prossima settimana lo annunceremo in una conferenza stampa. Si era parlato anche di contatti con Raffaele Fitto, il cui dissenso dentro Forza Italia non è per niente rientrato. L'ascesa di Salvini mette Forza Italia in una condizione molto difficile, che noi rispettiamo: con Fitto possono esserci contatti, ma i tempi non sono maturi. In ogni caso, noi siamo nel Ppe e siamo convintamente in Europa, per cui posizioni alla Le Pen sono inconciliabili con la nostra, sebbene noi guardiamo con attenzione alle istanze federaliste e ad altri esponenti della Lega. Sui temi cosiddetti sensibili Forza Italia e Pd sbandano spesso verso posizioni laiciste. Voi come vi porrete? Saremo laici, ma non laicisti. Non ci metteremo di traverso sul riconoscimento dei diritti, ma se ci fosse il tentativo di introdurre dei simil-matrimoni faremo pesare i nostri voti, che al Senato sono ampiamente decisivi. Il Ncd ha già chiesto un chiarimento in Commissione Giustizia e con la costituzione del gruppo potremo far valere le nostre ragioni con più forza. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 205 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «Il lancio di Area Popolare prima di Natale» 06/12/2014 Libero - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:125215, tiratura:224026) Claudio Martelli: «I socialisti? Alla fine si sono tutti sistemati» GIANCARLO PERNA Sarà per il successo della sua autobiografia, Ricordati di vivere , fatto sta che Claudio Martelli è le settebellezze. I capelli graziosamente brizzolati sono il solo indizio dei 71 anni del Giovin Signore del socialismo italiano nei tempi in cui la Prima Repubblica declinava. «Confesso di non avere letto il tuo libro, anche se è vecchio di un anno», (...) segue a pagina 11 segue dalla prima (...) dico io. «Mai avuto illusioni sui giornalisti. Ho qui una copia», dice lui e me la porge. «L'avrei letto comunque. Hai avuto solo recensioni positive. Inconsueto per un politico,che in genere attira antipatie», dico io. «Ha stupito anche me», risponde e sediamo all'aperto in un Caffè di Villa Borghese nonostante sia buio e la serata umida. «Sembri uno 007», dice Martelli accennando al lungo impermeabile con sciarpa che indosso. «Sono vestito esattamente come te», replico, squadrandolo. «Infatti, ci prenderanno per cospiratori», dice e aggiunge: «Ci penso io». Chiama il cameriere e ordina: «Grog al cognac con cannuccia». Con la pozione fumante davanti e il suo modo leggiadro di succhiare, Claudio assume l'aria del perfetto dandy che richiama irresistibilmente il Martelli degli anni '80 quando sfoggiando i suoi blazer era il Lord Brummel dei palazzi romani. Siamo socialmente riabilitati e nessuno potrà più prenderci per truci scagnozzi. «Seicento pagine! - esclamo, sfogliando il libro -. Perché hai pensato che un tale malloppone su di te potesse interessare?». «Sono presuntuoso e i fatti mi hanno dato ragione. Alla Bompiani sono felici. Si aspettavano un saggio noioso, è invece un racconto con aneddoti e personaggi. Non sono molti i libri sulla storia italiana dal '68 agli anni '90. Trentamila copie vendute, e si vende ancora dopo un anno. Due premi: il Carlo Levi e il Vincenzo Padula». «Più tante lodi», aggiungo. «Ho infranto un pregiudizio» racconta. «Diversi mi hanno detto: "Pensavo tu fossi il tipico rampante socialista. Letto il libro, mi devo ricredere"». «Quando scrivevi eri forse già cambiato rispetto al presuntuoso delfino di Bettino Craxi», osservo. «Il merito è del tempo che ha riabilitato la politica della Prima Repubblica. Nel libro riporto questa frase del procuratore Borrelli, gran sacerdote di Mani pulite: "Dobbiamo chiedere scusa agli italiani. Non valeva la pena buttare via il mondo precedente, per cadere in quello attuale". Per me, è come avere vinto. Se poi pensi che Di Pietro -l'eroe eponimo di Tangentopoli che ha distrutto un'intera classe politica sul finanziamento illecito dei partiti - è stato accusato di intascare i soldi del suo, il cerchio è chiuso». Gli chiedo: «Meglio la vita da politico o gli ultimi vent'anni dopo il tuo ritiro?». «Quella da politico era la mia giovinezza ed è difficile non rimpiangerla. Quella dell'ultimo ventennio ha avuto varie fasi. Sei anni li ho dedicati ai processi e fare l'imputato non è un bel mestiere. Liberato da quel peso, pensando a Bettino ormai morto, volevo rimettere in piedi il Psi, senza capire che era tutto cambiato. I socialisti si sparpagliavano tra destra e sinistra. Cercavo di riunire e quelli obiettavano: "Non si può. Oggi va il bipolarismo". Menavo il can per l'aia. Fu il periodo peggiore della mia vita. Poi vidi un battibecco tv con due ex psi, Fabrizio Cicchitto e Giorgio Benvenuto, in cui uno rappresentava la destra di Fi, l'altro la sinistra del Pd. Stessa scuola ma schieramenti opposti. Allora, mi dissi: "Si sono sistemati, perciò non mi danno retta"». Povero Claudietto, si è incupito. Ha resistito al tracollo di tre matrimoni con quattro figli da mogli diverse, ma non digerisce la diaspora socialista. So che da anni ha smesso di votare, ma chissà se avrà ancora le sue simpatie e quali. Glielo chiedo. Ci pensa, ordina un secondo grog e prima di rispondere spazza via le patatine che facevano da ancelle all'aperitivo. Poi dice: «Se qualcuno combatte una battaglia liberale o socialista, sono pronto a battermi con lui. Socialisti e liberali, questo è il mio mondo». Come vivi la crisi italiana? «Malissimo, malissimo, malissimo. Vorrei fare qualcosa. Detesto l'inconcludenza». Allusione alla politica attuale? «Girando per presentare il libro, ho visto che la gente ha un bisogno spasmodico di concretezza e verità. Che mancano del tutto. Ecco perché uno su due non vota. C'è solo populismo che fabbrica nebbia. Uno sfinimento democratico del quale qualcuno potrebbe profittare». Matteo Renzi? «All'inizio, ci sono cascato anch'io vedendolo sbaraccare il fortilizio comunista. Ma l'estinzione di quel Jurassic Park era nelle cose più che dovuta alla bravura di Renzi. Non poteva sopravvivere». Sarò più preciso: il profittatore che esce dalle SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 206 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Le interviste di «Libero» 06/12/2014 Libero - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:125215, tiratura:224026) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 207 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato nebbie è Renzi? «Renzi non ha né una cultura politica, né un disegno, né una visione dell'Italia. Ha un progetto di potere che persegue con determinazione alla ricerca della sua personale supremazia. Cambiare per cambiare non risolve. Il cambismo non è riformismo». Gioca a fare il salvatore dell'Italia. È pericoloso? «Il salvatore in Italia è sempre uno che vuole un potere unico e personale. Tuttavia, o Renzi fa cose serie o sarà travolto. Perciò non mi fa paura. Inoltre è giovane, con grandi possibilità di migliorare. Nel frattempo, l'Italia va a fondo. Siamo il solo Paese Ue ancora in recessione». Di fronte al declino che avrebbe fatto il duo CraxiMartelli? «Aggredito le questioni fondamentali: troppo debito, troppe spese, troppe tasse. Nell'ordine, Perna». Uscire dall'euro o vent'anni di vacche magre agli ordini dell'Ue? «Affrontiamo il debito, sfruttando il nostro patrimonio pubblico e privato. Convertiamo parte delle azioni di imprese di Stato - Eni, Enel, Finmeccanica, ecc- e di partecipate locali dandole a privati in cambio di denaro per abbassare il debito pubblico. Diminuiti gli interessi sul debito, che oggi ammontano a 80 miliardi l'anno, si potranno ridurre le tasse. E il più sarà fatto». Il grosso del debito fu opera del governo Craxi tra il 1983 e il 1987 . «Luogo comune. Con noi, il debito passò dal 70 al 90 per cento del Pil. In gran parte per spese decise in precedenza dai governi del compromesso storico, specie per Sanità e Previdenza. Con Craxi, aumentò invece il Pil, in media del quattro per cento. Crescita che tenne il debito sotto controllo». A causa del referendum sul nucleare voluto da te, la bolletta energetica del Belpaese è la più cara d'Europa. «L'Italia non è un Paese per il nucleare. Troppo limitato e sismico. Non sapremmo neanche come smaltire correttamente le scorie. Di fronte alla complessità, gli italiani cercano scappatoie. Non siamo tedeschi o giapponesi. Conoscendo i miei concittadini, mi confermo di avere avuto ragione». Giuliano Amato al Quirinale? «Solo se vogliamo un presidente che non faccia ombra a Renzi. Amato è un perfetto secondo». L'inquilino ideale per il Colle? «Un presidente politico con le palle. Un Pertini, attualizzato». Tu, ex Guardasigilli, al contrario di molti, dici che la trattativa Stato-Mafia c'è stata. Ma, se era per evitare un danno, dov'è lo scandalo? «Lo scandalo è che la neghino. La domanda è: la trattativa ha impedito nuove stragi? No. Vedendo i cedimenti dello Stato, Riina ordinò: "Bisogna dare ancora un colpettino". E sono seguite le bombe di Milano, Firenze e Roma. Chi si fa pecora, il lupo se la mangia». L'inumano e incostituzionale carcere duro è stato introdotto da te. Buttando Beccaria alle ortiche. «Tu sei completamente fuori di testa ( è alterato, ndr ). Detenzioni speciali per criminali incalliti ci sono in tutto il mondo. Rispetto agli Usa, il 41 bis è un cinque stelle. È solo un isolamento severo, non è che vengano picchiati o altro». Berlusconi? «Non lo capisco più. Non so se sia in una fase di genio creativo o sia bollito. Non può contemporaneamente nominare propri eredi Renzi e Salvini che sono opposti. Un modo certo per distruggere Fi e regalare gli elettori ai due Mattei». Hai un Paese modello? «La Svezia. Tante tasse e tanti bei servizi». Sei socialista nelle budella. Se da noi finisse male, ti rifugi lassù? «Resterei qui. Per vivere la catastrofe con le persone cui voglio bene». Foto: L'ex Guardasigilli Claudio Martelli è nato a Gessate il 24 settembre 1943 [Ansa] 07/12/2014 Libero - Ed. nazionale Pag. 12 (diffusione:125215, tiratura:224026) «Sogno una scissione nel Pd per fare il partito dei moderati» Beatrice Lorenzin (Ncd): «Salvini l'ha creato il Cav, il centrodestra non esiste più Sposarmi? Me lo devono chiedere. Io incinta? Spero di dare presto il lieto annuncio» BARBARA ROMANO Ministro, lei si è vaccinata con il Fluad contro l'influenza? «Ho fatto quel vaccino per cinque anni di seguito, ma quest'anno non l'ho ripetuto per altri motivi». È in dolce attesa, come sostiene il settimanale Oggi? «Diciamo che le mie attuali condizioni di salute mi proibiscono di sottopormi a un vaccino». Ha lanciato una campagna per la natalità spronando gli italiani a fare più figli. Lei quando darà il lieto annuncio? «Spero presto». Come ha vissuto il giorno in cui il vaccino è stato sospettato di aver ucciso alcuni pazienti? «Sono state le 24 ore più terribili da quando sono al ministero della Salute. Un incubo. Ho temuto che si bloccasse la campagna che porto avanti da oltre un anno sui vaccini, che salvano milioni di persone. Per fortuna l'allarme è rientrato». Lei ha puntato il dito contro le Regioni e Chiamparino l'ha accusata di fare lo «scaricabarile». «Da questa situazione è emersa una falla nella farmacovigilanza dei vaccini, che è in mano alle Regioni, sulla quale ho intenzione di intervenire per la sicurezza di tutti.Anche se la legge lo permette, non è corretto che ogni Regione agisca a modo proprio, specie quando si tratta con i virus. Sostengo la riforma del titolo V che prevede che la politica del farmaco e della prevenzione abbia nuovamente un carattere nazionale». Marino ha detto: «Ho fatto sei vaccini in quattro giorni e sono ancora qui». Si aspettava un assist dal sindaco di Roma, contestato ogni giorno dal Ncd? «Sìperché Marino è un medico e chi è addetto ai lavori ha il dovere di dire la verità. L'anno scorso sono morte 8.000 persone per la mancata vaccinazione contro l'influenza». A Roma è emerso un secondo cupolone, mafioso. Lei conosce bene la Capitale: se ne era mai accorta? «Una cosa cosìera inimmaginabile. Ma nel Lazio c'è un'atmosfera pesante ormai da anni, che è assolutamente trasversale. Fa male vedere la nostra Capitale tacciata come simbolo della mafia». Marino deve dimettersi? «Uno scioglimento del Campidoglio per mafia avrebbe ripercussioni pesantissime sull'immagine dell'Italia nel mondo». Come giudica il sindaco? «Basta sentire i commenti sull'autobus. Se Marino aveva in mente una politica innovativa per Roma, non l'ha capita nessuno». C'è aria di elezioni anticipate a Roma. Lei sosterrebbe Meloni, Marchini o chi altri? «In una situazione del genere ci vuole un politico, che abbia la forza di reggere l'urto e reagire. Un sindaco civico non ce la potrebbe fare». Il medico di Emergency colpito dall'Ebola è in gravi condizioni. Gli ha parlato? «Non voglio usare un malato come vetrina per un passaggio in tv. Sono in contatto con l'associazione. Sento due volte al giorno i dirigenti dell'ospedale, monitoriamo le procedure e ho chiamato ministri della Salute di altri Stati per avere i farmaci. C'è una collaborazione internazionale stupenda». State collaborando anche con Emergency? «Ho parlato con Cecilia Strada e abbiamo concordato un metodo di approccio nel rispetto della persona e della sua famiglia, anche per assicurare la maggiore tranquillità possibile allo Spallanzani, dove ci sono trenta persone che lavorano solo intorno a lui. Abbiamo garantito gli straordinari e cambiato i turni di lavoro. Stiamo tutti facendo il tifo per il medico di Emergency, una persona straordinaria. Pur avendo figli, si è messo volontariamente a rischio per aiutare gli altri. Era l'unico virologo presente per Emergency. È un vero combattente, anche in queste ore». Esiste oggi un rischio contagio Ebola in Italia? «Assolutamente no. Ebola arriva dalla "prima classe": operatori, cooperatori, altissimi funzionari che escono dal West Africa senza i controlli adeguati, senza aver fatto i 21 giorni di quarantena o senza che le Ong ce li segnalino. Ci sono stati numerosi falsi allarmi in questi mesi, quindi abbiamo avuto modo di stressare le strutture e sappiamo di essere in grado di far fronte alle emergenze senza che ci siano rischi di contagio. Certo, se in Africa si scatenasse una pandemia ci troveremmo davanti una situazione inimmaginabile». Però ogni giorno, dall'Africa, arrivano centinaia di migliaia d'immigrati che potrebbero portare il virus qui. Cosa state facendo per scongiurare il pericolo? «Appena è partito Mare Nostrum abbiamo cominciato a controllare a tappeto gli sbarchi per la poliomielite e la tubercolosi. Abbiamo monitorato e vaccinato più di centomila persone. Da quando è scattato l'allarme SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 208 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il ministro della Salute: nessun rischio Ebola e i vaccini sono sicuri INTERVISTA 07/12/2014 Libero - Ed. nazionale Pag. 12 (diffusione:125215, tiratura:224026) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 209 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Ebola abbiamo rafforzato gli strumenti e il personale di monitoraggio nei punti di sbarco. Inoltre nella legge di Stabilità abbiamo garantito una copertura per i controlli nella fase di passaggio e stanziato un fondo per completare il padiglione dello Spallanzani specializzato nella cura dell'Ebola e per fornire al personale tutto il materiale necessario». Intendete agire anche sul piano legislativo? «Ho presentato un emendamento che non ha avuto buon esito alla Camera, quindi lo ripresenterò al Senato, con il quale chiedo di rafforzare gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera, con 60 medici specializzati per vigilare anche sulle merci, perché i virus non passano solo attraverso le persone. Ma abbiamo riscontrato uno strano atteggiamento dal Ministero dell'Economia...». Padoan non vi dà i soldi? «Nel suo ministero fanno resistenza contro i concorsi, perché c'è il blocco del turnover». Sognava di fare il ministro della Salute da bimba? «No. Fino a 13 anni volevo fare l'archeologa. Poi la scrittrice, ma dopo i primi racconti fallimentari capii che non era la mia strada. Quindi decisi di fare la giornalista, anche perché avevo il mito di Oriana Fallaci e vedevo i film con Jane Fonda cronista d'inchiesta. Ma dopo poco mi resi conto che raccontare i fatti non mi bastava, dovevo essere dentro le cose». La sua prima cotta? «Alessio, un compagno del ginnasio che non mi vedeva nemmeno, anche se io disegnavo tanti cuoricini sul diario. Il primo amore ricambiato l'ho vissuto a 16 anni». E la sua prima volta? «L'ultimo anno di liceo. Ma mia madre non lo sa ancora». Lei è fidanzata ufficialmente. Perché non vi sposate? «Per sposarmi me lo devono chiedere...». Messaggio inviato. È un addio per sempre quello a Fi? «In politica la parola "sempre" non esiste. Di sicuro oggi non ci sono le condizioni per tornare insieme, perché Fi si sta schiacciando sulle posizioni di una destra lepenista». Quella è la Lega. «Che Fi sostiene. È stato Berlusconi a creare il fenomeno Salvini. Prima gli ha dato la volata sul suo giornale e nelle sue tv, poi gli ha regalato il candidato leader del centrodestra in Emilia trainando voti di lista da Fi alla Lega e infine gli ha dato un'investitura ufficiale». I suoi rapporti con Renzi? «Sono molto buoni, ma in Consiglio dei ministri mi scavalca sempre a destra». Lei dove vede il futuro del Ncd, nel centrodestra o nel Partito della nazione? «Non c'è più una coalizione di centrodestra di stampo moderato, esiste solo l'interesse della nazione e dei cittadiniche è la nostra unica priorità». Quindi finirete nel Pd di Renzi. «Noi andiamo verso un nuovo gruppo allargato, per fare quel grande partito popolare europeista che manca in Italia. Osserviamo con grande attenzione le evoluzioni del Pd. Se lì avvenisse una scissione e diventasse un partito non ideologizzato che raccoglie il meglio del centrosinistra e del centrodestra...». Lei ci andrebbe. «Magari. Per me sarebbe la Terra promessa». Foto: «VOLEVO FARE L'ARCHEOLOGA...» Foto: Beatrice Lorenzin è nata a Roma il 14 ottobre 1971 ed è stata eletta per la prima volta alla Camera nel 2008 (col Pdl). «Fino a 13 anni», racconta, «volevo fare l'archeologa. Poi la scrittrice, ma dopo i primi racconti fallimentari capii che non era la mia strada» [Fotogramma] 06/12/2014 Il Secolo XIX - Ed. nazionale Pag. 6 (diffusione:103223, tiratura:127026) Grillo: «Io, in isolamento con la Bibbia di Fazio» «Volevo mandare vino a Vespa, la guardia ha avvisato i pm» RENZO RAFFAELLI LA SPEZIA. È un uomo provato Luigi Grillo ma non rassegnato. Dopo 83 giorni di isolamento in carcere e 96 di arresti domiciliari nella sua casa di Monterosso, l'ex Parlamentare Pdl parla delle sua esperienza con eloquio sorvegliato. E dice: «Per i prossimi due anni continuerò a bere l'amaro calice della giustizia, mi impegnerò nei servizi sociali cui sarò affidato dal giudice, leale e rispettoso come deve fare un uomo delle istituzioni. Poi racconterò la mia verità». E si capisce che la sua verità non è quella che emerge dalle carte processuali. Oggi, tornato in libertà, non vuol parlare dell'inchiesta sugli appalti pilotati dell'Expo 2015 e della sanità lombarda in cui è stato coinvolto. Accusato di associazione per delinquere finalizzata a corruzione e turbativa d'asta, ha patteggiato 2 anni e 8 mesi. Sette mesi li ha già fatti tra il carcere e i domiciliari, restano appunto due anni e poco più di servizi sociali. Grillo, come è cambiata la sua vita dopo questa esperienza? «Quando ti capitano vicende come questa rivedi la moviola di tutta la tua vita e impari ad apprezzare cose che prima non apprezzavi sino in fondo. Per 34 anni ho corso, sempre: in auto, in treno o in aereo per fare tante cose e accontentare tante persone. In carcere capisci che è importante fermarsi a pensare e impari così a cogliere anche i gesti semplici della quotidianità. In isolamento sono riuscito a resistere grazie alla famiglia, agli amici e alla Fede». Una scoperta o una riscoperta la Fede? «Ai Salesiani alla Spezia ho studiato, giocato al calcio e pregato. Ma non avevo mai provato la gioia della preghiera come in carcere. Nell'ora d'aria in cortile passeggiavo e pregavo. Ed era un piacere vero». Leggeva? «Certo. Ho letto sempre la Bibbia che mi aveva fatto avere l'ex governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio, il quale mi ha inviato anche un libro su Paolo VI e gli scritti di un sacerdote. Poi ho letto una dozzina di libri di Arrigo Petacco, la storia raccontata con l'agilità e la curiosità di un cronista. E ogni giorno avevo 35-40 lettere a cui rispondere». Chi le scriveva? «Familiari, amici e conoscenti. Ne ho ricevute in tutto 1200 di cui 365 da mia figlia Giulietta. Ogni giorno l'arrivo della posta era un rito molto laborioso al secondo piano di Opera dove si trovava la mia cella numero 10. La guardia deve aprire ogni busta davanti al detenuto e controllare che non ci sia null'altro che lo scritto. Ci volevano 35-40 minuti per espletare quella procedura che mi riguardava». Una volta - era uscito sui giornali - ha tentato di comunicare con l'esterno... Sorride. «Quando ho potuto incontrare per la prima volta i miei familiari mi ero segnato su un foglietto le cose da dire loro. C'era un nome in testa alla lista ed era quello di Bruno Vespa. Volevo che gli inviassero un paio di bottiglie della nostra nuova produzione di sciachetrà. So che è un intenditore e possiede anche lui un'azienda vinicola. La guardia ha requisito il biglietto e lo ha fatto avere al pm. E sui giornali è uscita quella notizia». Una lunga carriera politica: parlamentare, presidente di commissione, relatore di leggi importanti, uomo di governo. Nell'inchiesta sulla "Cupola degli appalti" la funzione che le viene accreditata è quella di uomo di collegamento tra il mondo della politica e quello delle imprese. Lo stesso Antonio Rognoni, ad di Infrastrutture Lombarde, ha dichiarato al Pm che lei era considerato il numero uno in Italia nel settore infrastrutture soprattutto per le questioni attinenti al project financing, la finanza di progetto di pubblico e privato. Era questo il suo ruolo? «Per dieci anni ho presieduto la commissione Lavori Pubblici e trasporti al Senato e nell'ambito di quella funzione ho conosciuto tutti i più grandi imprenditori e manager italiani. Non c'è nessuno di loro che possa dire che ho utilizzato questi rapporti per chiedere qualcosa di men che lecito». Ha conosciuto anche Enrico Maltauro, l'ad dell'omonima spa, che avrebbe liquidato a Sergio Cattozzo, l'ex segretario ligure dell'Udc, una consulenza da 150 mila euro e gli avrebbe versato 400 mila euro per alcuni appalti? «L'ho conosciuto nel 1983 ma non l'ho mai frequentato più di tanto. Quando ero parlamentare mi cercava ogni due mesi circa per conoscere il quadro politico e i progetti in cantiere. Non mi ha mai offerto un caffè. Negli ultimi due anni a Natale è venuto a Monterosso dove ho l'azienda vinicola Buranco a comprare bottiglie per omaggi ai suoi dirigenti». La corruzione è un male SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 210 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA ALL'EX PARLAMENTARE PDL: ARRESTATO PER GLI APPALTI DELL'EXPO, HA PATTEGGIATO 2 ANNI E 8 MESI L'INTERVISTA 06/12/2014 Il Secolo XIX - Ed. nazionale Pag. 6 (diffusione:103223, tiratura:127026) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 211 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato endemico del nostro Paese e un ostacolo alla crescita. E anche la sua vicenda giudiziaria si colloca in questo quadro di malcostume nazionale «Guardi, sono convinto anch'io che la corruzione sia uno dei freni allo sviluppo del nostro Paese. Devo aggiungere che oggi è rischioso fare il politico perché i confini del lecito e dell'illecito non sono molto netti. Il mio ruolo nella vicenda degli appalti Expo in sostanza sarebbe quello di aver fatto da garante, sul versante politico, alla carriera di Antonio Rognoni e di Angelo Paris, direttore generale di Expo 2015. Ma i diretti interessati hanno dichiarato di non aver mai avuto da me promesse o impegni a sostenere la loro carriera». La politica è uscita dai suoi orizzonti? «Sì. Ho dato le dimissioni dal Ncd e non parteciperò all'attività di nessun partito. Mi occuperò dell'azienda, della famiglia e degli amici. E farò il commercialista, una professione che ho sempre amato». LA CONOSCENZA CON SERGIO CATTOZZO L'ho conosciuto nel 1983, mai frequentato più di tanto. Viene da me a comprare il vino da regalare ai clienti LUIGI GRILLO ex parlamentare Pdl Foto: Luigi Grillo, 71 anni, dopo la laurea in Economia entra nella Dc. Prima di patteggiare, è stato 83 giorni in cella a Opera e 96 ai domiciliari 06/12/2014 ItaliaOggi Pag. 1 (diffusione:88538, tiratura:156000) Veltroni ora se lo sogna il Colle dopo lo scandalo del Pd capitolino GOFFREDO PISTELLI Pistelli a pag. 5 Veltroni ora se lo sogna il Colle dopo lo scandalo del Pd capitolino Per chi ami la politica, da giornalista, da addetto ai lavori o da semplice cittadino, Massimo Bordin, direttore di Radio Radicale, è un po' uno di famiglia. Si è così abituati a sentire il suo Stampa e regime, rassegna quotidiana dell'informazione, che pare di conoscerlo da sempre, questo romano, classe 1951. Domanda. Direttore, l'inchiesta romana, sulla mafia in Campidoglio, ha diverse conseguenze politiche. La prima è che rafforza il sindaco Ignazio Marino? R. Diciamo che si sposta il faro dalla Panda in divieto di sosta.E se, come si diceva, c'era un scontro fra lui e l'apparato del Pd nell'Urbe, mi pare che ora stia messo peggio quest'ultimo. D. Eppure l'apparato, alle primarie votò per Marino. Paolo Gentiloni, il candidato renziano, non toccò palla. R. È vero, i Nicola Zingaretti, i Goffredo Bettini sostennero Marino, forse pensando che fosse più malleabile. Il sindaco si dice invece che sia persona poco incline a lavorare in gruppo, che abbia i suoi obiettivi e li porti avanti. D. E questo scandalo non potrebbe nuocere a Renzi stesso? In fondo, la sua battaglia politica ha spesso sfi orato l'antipolitica e oggi, nei giudizi sommari della gente, si tende ad accumunare un po' tutti. R. Non credo, perché quel tipo di assetto, è pre-esiste al ciclone Renzi. È un assetto diverso, di un gruppo dirigente romano che non ha saputo governare. Nella migliore delle ipotesi. D. Il premier, già in calo di gradimento, non ne soffrirà, insomma... R. Renzi sicuramente non sarà stato contento ma, fra tutti i dirigenti del Pd, è l'unico che ancora può dire di voler cambiare verso al partito. Quello che succede è l'esito del verso precedente. Anche se, da un'altra storiaccia, viene fuori Marco Di Stefano, l'ex-assessore regionale, con un curriculm già inquientante... D. ...che è fi nito a coordinare un tavolo all'ultima Leopolda... R. Eh sì, tutti saltano nel carro del vincitore, specialmente se il bigliettaio è distratto. Però, Renzi, a differenza di altri, può dire sono qui per cambiare e questa storia la può cavalcare. D. Altre conseguenze politiche: fi ne della corsa di Walter Veltroni al Quirinale? L'inchiesta colpisce uomini che gli sono stati molto vicini. R. Eh sì, il colpo c'è. Veltroni ha una storia politica di rilievo nazionale ma ha sempre avuto a che fare con le cose romane. Di più: è stato sindaco. Mettiamola modo elegante: questa vicenda non lo rafforza. D.A proposito di Quirinale, la corsa è partita. E s'è registrato subito un singolare intervento di Silvio Berlusconi, che ha bruciato la candidatura di Giuliano Amato, anche sei suoi dicono che invece il Cav creda davvero nelle possibilità del Dottor Sottile. R. Una sortita che mi ha colpito per la sua assoluta inutilità. Una cosa da kamikaze. Anche nella logica della mera trattativa, il primo nome che si fa, inevitabilmente cade per l'opposizione dell'altro contraente, no? Ma il problema di Amato, peraltro, è un altro. D. Quale? R. E cioè è il Pd che non lo vota. Si è già visto quando è stato eletto Giorgio Napolitano. E forse B. l'ha fatto per quello: era cioè un c a n d i d a t o bruciato in partenza. Eh, naturalmente, spiace per il professore Amato, che questo trattamento non lo merita. D. Senta, in questi giorni sono partiti i primi retroscena: Repubblica ne ha rivelato uno che vorrebbe la minoranza del Pd pronta a schierare un suo uomo, forte addirittura di 100 grandi elettori... R. Guardi, qui c'è una tradizione della prima repubblica: quella che riguarda i candidati del partito di maggioranza, i quali si devono inevitabilmente guardare dal partito stesso. È stato così per la Dc, il cui candidato di bandiera è stato regolarmente impallinato dai suoi. C'erano sempre i franchi tiratori. Salvo nel caso di Francesco Cossiga, che Ciriaco De Mita fece eleggere al primo colpo. E questo è un pezzo di eredità democristiana del Pd. D. Le elezioni per il Colle potrebbero essere un test per le possibili collaborazioni Pd-M5s, di cui si è parlato in questi giorni, dopo l'incrinatura del Patto del Nazareno? R. Quello è un altro mistero. Beppe Grillo, con le sue chiusure e il suo arroccamento, ha praticamente provocato la seconda elezione di Napolitano. Ora potrebbe di nuovo risultare decisivo. D. E come? R. Impegnandosi a sbattere fuori la gente dal suo gruppo parlamentare, ormai ha creato un novero consistente di fuoriusciti, dandogli quella possibilità di trattare che prima non avevano. E questa sarà una delle novità: un nucleo importante di eletti M5s che non dovranno avere il via libera di Grillo e Gianroberto Casaleggio. D. E comunque se, come ha scritto qualcuno, il M5s vuole tentare il premier proponendo una donna come la SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 212 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA LO DICE MASSIMO BOLDRIN 06/12/2014 ItaliaOggi Pag. 1 (diffusione:88538, tiratura:156000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 213 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato costituzionalista Lorenza Carlassare, mi pare fuori strada: la professoressa ha attaccato Renzi in tutte le salse. R. E infatti, mi pare diffi cile che Renzi ci possa stare. D. Il quale Renzi farà di tutto per avere a Palazzo del Quirinale una personalità che gli sia amica, come lo è stato Napolitano. R . U n a s p o n d a a l Colle è sempre stato il sogno di ogni p r e s i d e n t e del Consiglio, perché, chécché se ne dica, mai si è creduto che il capo dello Stato fosse un signore che tagliava nastri e basta. Chi lo fa, dimentica che quella personalità ha poteri veri, non simbolici e, soprattutto, sta in carica per sette anni, e nessuno può mandarlo via. I grandi scontri politici prima dell'elezione di un presidente si rintracciano anche per Luigi Einaudi, fi gurarsi. D. E anche le presidenze di Giovanni Gronchi e Antonio Segni non furono così docili. R. Assolutamente, il primo grande dibattito pubblico sull'esondazione di un presidente dalle proprie prerogative si registrò a metà degli anni '50, con lo stesso Gronchi, che intervenne sul finanziamento alla scuola, in polemica col governo. Era uno scontro tutto democristiano con A m i n t o r e Fanfani, allora a Palazzo Chigi. E vinse Gronchi, peraltro. D. Insomma non c'è stato solo il Picconatore Cossiga, col quale scoprimmo il potere di esternazione. R. Ma anche con Cossiga, De Mita pensò di aver trovato il presidente amico da opporre a Bettino Craxi. D. Mal gliene incolse... R. E infatti, travolse anche lui. D. Ma torniamo a Renzi. Secondo lei che sta facendo su questo fronte? R. Sta sondando qualche grand commis d'Etat, alla ricerca di un personaggio che gli dia affi damento. La comparsa di Sabino Cassesse, sabato scorso, in tv, da Lilli Gruber, mi pare signifi cativa. D. Sarebbe un buon presidente per il premier? R. Gli è stato chiesto e pure direttamente. E Cassese ha risposto col famoso aforisma francese: «Gli incarichi pubblici non si richiedono, né si rifi utano». D. Quanto alle riforme, sembra il premier voglia occuparsi prima dell'Italicum che chiudere il percorso della legge costituzionale sul Senato. Fatto che metterebbe in crisi anche il Patto del Nazareno. R. Ah, sul N a z a r e n o ci si perde un po'. E si perde forse l'essenziale di questa riforma costituzionale. D. Ossia? R. Che è una schifezza. D. Non le manda a dire, lei... R. Massì, se c'è un'area della politica nazionale che mostra, da tempo, i propri limiti, in modo più che palpabile, è proprio quella regionale e che si fa? Gli regaliamo il Senato? Guardi che tutte le critiche dei costituzionalisti, da Stefano Rodotà a Gustavo Zagrebelski, non sono campate in aria. D. Sull'Italicum, Renzi potrebbe cedere sullo tema dello sbarramento e forse sulle preferenze, ma non sull'impianto che prevede un forte premio di maggioranza... R. E infatti, su quello sarà irremovibile. Si tratta della riforma a cui tiene di più e sulla quale fonda la possibilità di durare e incidere. D. Più che gli avversari politici sarà l'economia, coi suo dati negativi, a fermare Renzi. Lo pensano in molti, è d'accordo anche lei? R. Gli economisti dicono che la famosa uscita dal tunnel non ci sarà e ancora per molto tempo. Ma qui entra in ballo l'Europa, un capitolo appassionante. D. In che senso? R. Che si sta per chiudere il Semestre italiano, alla vigilia annunciato come importantissimo. E il bilancio qual è? continua a pag. 5 SEGUE DA PAGINA 5 D. Lo dica lei... R. Aldilà delle male parole con Jean Claude Juncker, che cosa si ricorderà? Abbiamo convinto l'Europa a superare l'austerità? Se è successo qualcosa, in questo senso, direi che è merito di Mario Draghi. D. Eppure si è detto che Renzi avesse fortemente voluto guidare lui il Semestre. Anzi, secondo alcuni, è stato il vero motivo del «dimissionamento» di Enrico Letta. Però si dice anche che poi il premier si sia disamorato del giocattolo. R. Beh, sa, il giocattolo è complicato. Per padroneggiarlo occorrono anche molte relazioni e, in questo, credo che Renzi si sia dimostrato un presidente ancora molto giovane. D. Radio Radicale come va, Bordin? R. Svolge il suo ruolo politico nella galassia radicale. Qualcosa di originale rispetto alla tradizione dei partiti perché, è infatti un organo di partito molto particolare: non si chiude infatti nella rappresentazione della politica radicale ma offre un servizio pubblico di informazione non mediata sulla vita istituzionale e politica del Paese. D. E sempre con una linea chiara... R. Che è sempre stata quella di Marco Pannella, com'è giusto che fosse. È apparentemente un paradosso ma il massimo garante dell'autonomia della radio, anche dal partito, è sempre stato lui. D. E in questi anni, qual è il fatto, raccontato dalla radio, che ne fotografa più di ogni altro l'essenza? L'anima di questa emittente è stata più raccontare la morte di Giorgiana Masi sul Lungotevere, nel 1977, o le segreteria telefoniche aperte agli sfoghi di tutti nel 1986? R. Lei ricorda due vicende, ognuna delle quali emblematica. Perché sul caso della Masi, Radio Radicale documentò accuratamente, con un'autentica inchiesta, tutta la vicenda. D. E su quella 06/12/2014 ItaliaOggi Pag. 1 (diffusione:88538, tiratura:156000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 214 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato che fu chiamata «radio parolaccia»? R. Fu una previsione, con metodo del tutto originale, di quello che stava per succedere. Allora il linguaggio, specialmente quello della politica, era più paludato.E quella esperienza dette elementi utili a capire a come si sarebbe arrivati ad avere certi personaggi in Parlamento. Allora nessun poteva pensare che un Antonio Razzi potesse diventare deputato e che lo stessero pure a sentire. Da quelle segretarie telefoniche si capiva come il Paese stesse cambiando. Ma ci furono altri momenti importanti. D. Per esempio? R. Direi la liberazione del giudice Giovanni D'Urso, nel 1980, da parte della Br che l'avevano rapito. D. Voi radicali foste gli unici a dichiarare necessaria una trattativa. R. Pannella parlava di «dialogo», per la verità, sostenuto da Leonardo Sciascia, che intervenne anche in radio. D. I Radicali, in questi anni, sono stati protagonisti di una diaspora che li ha portati nei vari schieramenti. È stato meglio così? R. È una storia antica, è la teoria della semina, un fenomeno oggettivo. Discutibile che sia stato produttivo per quelli che sono rimasti. Certamente lo è stato per le carriere di molti, alcuni dei quali sicuramente meritevoli. twitter @pistelligoffr Foto: Massimo Bordin 06/12/2014 ItaliaOggi Pag. 2 (diffusione:88538, tiratura:156000) Governo Renzi, qualche risultato concreto ora comincia a vedersi Ma non è detto che siano suffi cienti ad avviare la ripresa SERGIO SOAVE Non si può più dire, dopo l'approvazione della delega assai corposa per la riforma del mercato del lavoro e delle norme per il rientro dei capitali, che l'azione dell'esecutivo si limita agli annunci. Se si andrà con lo stesso ritmo, varie altre questioni cruciali, compresa la riforma della pubblica amministrazione e quelle istituzionali, dovrebbero arrivare presto alla conclusione del loro iter. Non si tratta più di capire se Matteo Renzi è in grado di realizzare il suo programma (naturalmente con gli adattamenti imposti dalle situazioni mutevoli), visto che è risuscito a far digerire alla sinistra misure che sembravano inimmaginabili solo un anno fa, ma di comprendere se questo pacchetto di iniziative è in grado di promuovere un'effettiva crescita economica e di consolidare un assetto politico che resta assai fragile ed esposto ai rischi di crollo repentino sotto la sferza dello scandalismo dominante. Le due questioni non sono automaticamente connesse: basta guardare alle vicende della vicina Spagna, dove la politica di riforme liberiste del governo di Mariano Rajoy ha ottenuto un successo considerevole nell'azione per riavviare la crescita dopo una crisi peggiore di quella subita dall'Italia, ma rischia di subire una pesante punizione elle elezioni politiche di primavera per la crescita di un movimento estremistico chiamato Podemos, che secondo i sondaggi ufficiali dovrebbe addirittura ottenere il primo posto nelle preferenze dei cittadini spagnoli. L'ondata di scandali per corruzione e la protesta per le condizioni sociali ancora assai pesanti fanno premio, almeno a sentire chi interpreta gli orientamenti dell'opinione pubblica, sui risultati dell'azione di governo. In Italia la situazione è ancora più complessa, perché non si vede ancora né si può sapere se e quando si vedrà, un effetto concreto delle riforme che si cominciano ad attuare. In realtà un dato positivo c'è, e riguarda il costo del servizio del debito pubblico, che si è dimezzato in un periodo abbastanza breve, il che dà un sollievo ai conti pubblici assai problematici del nostro paese. Ma i cittadini non si orientano in base allo spread, hanno dato credito alle promesse di Renzi, almeno nel voto europeo, ma bisogna vedere se ora che quelle promesse si traducono in realtà, naturalmente meno mirabolanti delle promesse, continueranno a puntare su quella proposta di rinnovamento o se cercheranno altre ipotesi, magari più illusorie ma apparentemente più gratifi canti. Sarebbe saggio tenere i nervi saldi e utilizzare il tempo della legislatura per completare i processi di riforma anziché affi darsi alla roulette russa delle elezioni anticipate, ma non sempre la saggezza prevale. © Riproduzione riservata SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 215 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL PUNTO 06/12/2014 ItaliaOggi Pag. 5 (diffusione:88538, tiratura:156000) Troppa Google-fobia fa il gioco di Big G MAURO MASI* I lettori di questa ormai più che triennale rubrica ben sanno che il vero fi lo rosso che vi si può individuare è la battaglia perché anche su Internet siano in vigore, pur con le ovvie specifi cità della rete, quelle poche e chiare regole che nel mondo non digitale tutelano gli elementi di base del vivere civile (tutela della privacy; della sicurezza) e dello sviluppo economico (tutela del diritto d'autore/copyright). Siamo stati tra i primi in Italia a sottolineare come le aziende cosiddette «over the top» (Google, Facebook, Twitter, Microsoft, Amazon, Apple) fi nissero per assumere un potere eccessivo sulla rete proprio perché, nella sostanza, non rispondevano a nessuna regola in nessun paese. Così come ci siamo schierati senza se e senza ma dalla parte degli editori italiani quando (così come hanno fatto i loro omologhi in tante altre parti del mondo) chiedevano a Google di riconoscere anche patrimonialmente i loro giusti diritti. Ora però ci sembra che questa «Google fobia» che sembra aver contagiato alcune alte autorità dell'Ue e molti membri del parlamento europeo sia francamente eccessiva e, paradossalmente, fi nisca per fare il gioco di Big G. Stiamo ai fatti. Che Google sia dominante sul mercato non c'è alcun dubbio (secondo gli ultimi dati copre circa il 70% delle ricerche web negli Usa; più del 90% in molti dei paesi dell'Ue) è invece piuttosto dubbio che «abusi» di questa oggettiva dominanza. Anche perché la supremazia sul mercato non è stata conseguita attraverso pratiche discutibili (tipo quelle di Microsoft contro Netscape della fi ne degli anni 90) ma da una conclamata superiorità del proprio prodotto rispetto agli altri offerti dai concorrenti. E poi va considerato che la rete offre possibilità di accesso per nuove imprese molto più agevoli che non su mercati tradizionali non digitali e quindi i «monopoli» digitali devono sempre difendere le proprie quote di mercato non cercando di alzare impossibili barriere ma sostenendo la superiorità tecnica e commerciale del loro prodotto. Se dietro la battaglia del Parlamento Ue c'è la voglia di far pagare a Big G e agli altri over the top le tasse nei paesi dove producono reddito, ben venga ma se la battaglia nasconde la voglia di difendere il «prodotto» europeo, la strada legale temo serva a poco: le imprese europee dovrebbero invece essere aiutate a elaborare un algoritmo più effi cace di quello di Google. Se ci riescono. Voglio ringraziare i tanti lettori che hanno mandato commenti e valutazioni sulla rubrica della scorsa settimana relativa all'ipotesi di assicurazione obbligatoria contro i danni catastrofali. Ad alcuni ho risposto direttamente; più in generale, mi sembra che ci siano dubbi che il sistema assicurativo sia in grado di gestire senza rischi speculativi un mercato di questo genere in Italia. Non so se ciò sia vero, constato però che un sistema di assicurazione obbligatoria presuppone che lo stato regolamenti il mercato in maniera chiara e precisa e ciò sia intervenendo direttamente oppure fi ssando «paletti» per premi e prestazioni. Non è detto poi che il sistema dell'assicurazione universale obbligatoria sia il migliore dei modi possibili (tra l'altro lascia aperti problemi notevoli come quello dei danni alle infrastrutture) ma è sicuramente quello che meno impegna risorse pubbliche (e ben conosciamo gli attuali vincoli di bilancio) e permette rimborsi ragionevolmente certi e puntuali. * delegato italiano alla proprietà intellettuale CONTATTI: [email protected] © Riproduzione riservata SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 216 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL PUNTO DI MAURO MASI* 06/12/2014 Financial Times Pag. 4 (diffusione:265676, tiratura:903298) The prime minister believes supply flows will soon come more from the south than east JAMES POLITI - ROME A day after Vladimir Putin made his surprise move to scrap a grandiose pipeline meant to carry fresh supplies of Russian gas to Europe for generations to come, Matteo Renzi, the Italian prime minister, was in Algiers plotting a very different vision for Europe's energy policy. Standing beside his Algerian counterpart, Abdelmalek Sellal, in the windswept north African capital, Mr Renzi suggested on Monday that the east-west pipelines that have fed gas to the continent would be eclipsed. "In the future the energy question will increasingly be [developed] in a north-south direction," the Italian prime minister said. "And so the relationship with African countries will be very important." The remarks were not mere flattery for his Algerian hosts. One of Mr Renzi's most significant foreign policy efforts since coming to power in February has been a "pivot to Africa" based partly on the need to diversify supply sources. Italy imports about 90 per cent of its gas - and in the first 10 months of this year, 46 per cent was supplied by Russia, followed by north Africa, northern Europe and Qatar, according to the Italian ministry of economic development. That mix appears increasingly untenable at a time when relations between Russia and the west are turning hostile as they spar over Ukraine. "At a time of geopolitical instability, diversifying energy sources has become a very important theme," says one senior Italian official. To encourage the shift, Mr Renzi has been working closely with Eni, Italy's largest energy group. As it happens, the company, which is 30 per cent owned by the Italian government, is a partner in the stalled South Stream project with Russia's Gazprom, and still has close ties to Moscow. Still, Eni has made a huge bet on Africa in recent years, which has paid off with a large discovery of natural gas just off the coast of Mozambique. With Claudio Descalzi, Eni's chief executive, Mr Renzi made a trip to sub-Saharan Africa in July, with stops in Mozambique, Angola and Congo-Brazzaville. He also met Armando Guebuza, Mozambique's president, in Rome on Wednesday. "We have always had strong and structured relationships with north Africa and they are a source of diversification," says Carlo Calenda, Italy's vice-minister for economic development. "But if you are looking for a contribution from other areas like subSaharan Africa in 10 years' time, you need to lay the groundwork now. If Eni is investing billions in Mozambique, it can be of significant help." The EU and its member states have long talked about reducing their dependence on Russian gas - particularly after supply cuts in 2006 and 2009 - only to see it grow in recent years. Analysts are sceptical that will change meaningfully anytime soon. For Italy, in particular, the close ties to Gazprom and Mr Putin have prompted criticism for Rome's supposed reluctance to join western partners in imposing tough sanctions on Moscow. , To the extent it succeeds, the Africa pivot may be one way to try to defuse that. "Italy has real interests in Africa and is building those up," says one European diplomat. "That was part of signalling that Italy could survive without Russian gas if it were turned off." But there are limits. Matteo Verda, an energy policy analyst at the University of Pavia, who is affiliated with the Institute for the Study of International Politics in Milan, cautions that bringing sub-Saharan African gas to Europe remains a distant and very costly prospect. "While the attention to north Africa really is about Italy's energy security, when it comes to sub-Saharan Africa it's about supporting Eni because most of that production won't be destined towards the Italian market," says Mr Verda, who believes it is more likely to supply faster growing Asian markets, or African countries themselves. And relying on African gas carries its own risks, as Italy knows. Under Muammer Gaddafi, Libya was a vital gas supplier to Italy. But flows halted for months in 2011 during the civil war that toppled him. Italian officials argue there are other benefits to Mr Renzi's African push. The creation of closer trade and investment relations might also help stem the numbers of migrants to Europe crossing the Mediterranean Sea. "This is a long-term strategy that will help tackle the deepest roots of illegal immigration," says Luigi Marras, the director-general for global affairs at the Italian foreign ministry. To diversify away from Russia, Mr Renzi has also sought closer ties with Caspian producers SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 217 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Renzi woos Africa to wean Italy off Russian gas 06/12/2014 Financial Times Pag. 4 (diffusione:265676, tiratura:903298) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 218 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato such as Azerbaijan and Turkmenistan. But during his Algerian trip he said that "even greater determination" was needed to explore the north-south axis. "It's obvious," says Mr Calenda, "that a shift is under way." Matteo Renzi and Congo-Brazzaville president Denis Sassou Nguessou wave to crowds in Brazzaville, the capital, in July - GUY-GERVAIS KITINA/AFP/GETTY 06/12/2014 Financial Times Pag. 1 (diffusione:265676, tiratura:903298) Opening shot Simon Kuper You walk around Reggio Emilia and you think: this is paradise. Here, on a sun-dappled autumnal morning, was the paceless, impeccable life of a northern Italian provincial town. Well-dressed locals swarmed through ancient piazzas. But it was an illusion of paradise. That morning, the locals were swarming to Reggio's giant open-air clothes market where prices started at 50 cents. New shoes cost €6. As Italy sinks, people keep up appearances. "Crisis" isn't the word for Italy any more, says John Foot, a British historian of Italy. A "crisis" ends, whereas Italy just keeps declining, like almost no other developed country since 1945. Over three visits to northern Italy this autumn, I've tried to understand how ceaseless decay changes the way a country lives. The "lost generation" of young Italians suffers most. They sit chatting on the steps of Bologna Cathedral, reluctant to spend €1 on a perfect espresso in a café. Italy's demographic pyramid functions as follows: the old have nice pensions, the middle-aged are unsackable and the young fight for temporary contracts. A common situation: a highly educated young Italian performs menial tasks for a less qualified older boss, often for free. "It's not like you can have life plans like having a baby or buying a house," says Marianna Albini, a young writer. "If you have a contract for six months, you wonder if you should join the gym. What's a career?" she laughs. But the new dispensation has upsides, she says. If you have no chance of a career, staying late in the office is pointless. Instead, younger Italians seek fulfilment outside work, in personal projects like blogs or evenings with friends, says Albini. Another solution: forfeit the good Italian life and emigrate. A banker's wife told me of a recent party for Milan's elite where almost everybody seemed to have sent their children abroad. When even the elite flees, there's a problem. Many southern Italians are desperate. But in northern families, hardship typically remains limited. Italian families have relatively little private debt. Because few people are now having babies, families are dying out, which diminishes the need to save. So northern families slowly consume their wealth, and even the young get their share. Some 37-year-olds still live with their parents, the generations clamped in a perverse alliance. In one of Elena Ferrante's novels, a woman wears her dead mother's underwear, "much mended and with ancient elastic that showed here and there through the torn seams". You wish this were only a metaphor. Older Italians often dismiss young people as "big babies" who won't grow up. The writer Giuliano da Empoli told me that in fact it's the older generation incarnated by Silvio Berlusconi - whose shortsighted teenage self-gratification created today's mess. Most young people don't want much, says Gianni Riotta, a senior Italian journalist: just the simple Italian life of good food and drink, and a seaside holiday in summer. That's the sogno italiano, or "Italian dream", to borrow the slogan of a Reggio ice-cream parlour. Even an unambitious job for life used to buy you that. But young people cannot get jobs for life. The consequence: hopelessness. In an extreme version of the western condition, many Italians seem to believe in nothing any more. In Tommaso Pellizzari's latest novel, a new nihilistic leader exhorts Italians: "Ask not what your country can do for you. It can do nothing, nothing at all." The historian Paul Ginsborg, grappling for positives, says that at least democracy hasn't collapsed. Political passions are so exhausted that even Italy's eternal right-versus-left domestic "cold war" has wound down. Not long ago, Berlusconi's rants against "communists" still excited rightists. Now, a hedge-fund manager so rightwing that he once supported South African apartheid confided to me that he'd voted for the centre-left prime minister Matteo Renzi. Renzi, famously, is 39, which in gerontocratic Italy is almost like being 14. Instead of waiting his turn for ever, he enacted a fantasy of young Italians: elbow aside the geriatrics and take over. Now he just needs to save Italy. The country has one last great asset: the Italian quality of life. "What is the hipster movement?" Erik Jones, of the Johns Hopkins School of Advanced International Studies in Bologna, asked me over another wonderful lunch. "Hipsters celebrate the excellence of everyday life. The Italians are the original hipsters in that respect." Increasingly, they are flogging Italian living to foreigners. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 219 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato How Italy lost la dolce vita 06/12/2014 Financial Times Pag. 1 (diffusione:265676, tiratura:903298) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 220 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Pellizzari took me to the vast Milanese branch of the food market Eataly. Here's a plausible future: Italy as Eataly, a food hall with some museums attached, a staging-post for Asian tour groups. Italy can undoubtedly do better than that but nobody I spoke to could quite see how. [email protected] a frenetic period of travel involving 10 separate trips overseas in the past three months, I am trying to catch my breath, shake off the jet lag and make sense of what I have seen. Leaving aside the big geopolitical themes, one tentative conclusion I have reached is that world leaders and hotel lobbies do not mix. This first struck at the Ritz Hotel in Madrid as I waited to greet Mariano Rajoy, the Spanish prime minister, who was the guest-of-honour at the FT's Spain Summit. On one side of the lobby was a bank of photographers and TV crews. I was standing on the other side with a couple of FT colleagues and the hotel management. Rajoy's limo drew up and we could see him and his entourage heading towards the entrance. Just at that moment, a party of elderly Americans came out of the lift, clad in their trademark tracksuit bottoms and fluorescent visors, and began to totter across the lobby, demanding loudly, "Where's the coach?" The hotel manager froze - torn between the desire to shove the Americans out of the way and his duty to be courteous. He just about pulled it off but it was a close-run thing. The following week in Milan, I encountered a variant of the same scene at the Westin Hotel, which was being used as a base by several world leaders during an Asia-Europe summit in the city. Tourists with shopping bags meandered through the lobby, apparently oblivious to the fact that just off to the side, in the delightfully named Casanova restaurant, Vladimir Putin was dining with Angela Merkel, François Hollande and Ukraine's president Petro Poroshenko. I only realised something was up when I spotted Dmitry Peskov, Putin's blow-dried spokesman, muttering into his mobile by the concierge desk. Eventually, the doors of the Casanova opened, disgorging the leaders. First out were Merkel and Hollande, chatting away as they made for their cars, their heavies holding back a media scrum. Next out was an expressionless Putin, surrounded by security guards whose bulk only accentuated the Russian leader's diminutive size. I was at the Westin to meet another leader, Japan's prime minister. Shinzo Abe was in a first-floor conference room, surrounded by advisers and press people. We had last spoken at the World Economic Forum in Davos in January, where I had asked him an apparently unexpected question about the risk of war between China and Japan. Abe's surprisingly frank reply - comparing the situation in east Asia to Europe before the first world war - had caused him a bit of trouble. So this time his advisers had asked for questions before the interview and, in a moment of weakness, I had agreed. Big mistake. As soon as I asked my first question, the prime minister opened a large briefing book on his lap and began to read out an answer. For the remaining 45 minutes, my colleague James Politi and I did our best to coax the Japanese leader into saying something spontaneous. Afterwards, in a state of some anxiety, we tried to identify some news in Abe's carefully phrased responses. The best we could come up with was an apparent hint that Abe might postpone a rise in Japan's consumption tax. It seemed rather drily technical at the time. But just a few weeks later, Abe called a snap election: the consumption tax was crucial to his decision to go to the polls. I am still not sure if he had deliberately used our interview to signal a change in policy, or whether that is just how it worked out. Interviewing prime ministers can be exciting but the most memorable meetings are often with people further down the food chain. In Kiev, for example, I met a Ukrainian-American who had just returned from fighting with the Azov battalion - a paramilitary organisation battling Russian-backed separatists (and plain old Russians) in eastern Ukraine. The Azov battalion is a controversial outfit that the Russians have accused of harbouring neo-Nazis. When I asked my interviewee about this, he responded with surprising geniality - "Oh no," he said. "No neo-Nazis that I've noticed, but quite a lot of pagans and sun-worshippers." Then I met a taxi driver. (I know it is a terrible cliché for journalists to quote taxi drivers, and I was once advised by a colleague to refer to any cabby I quoted as a "small-business man". But I'll be honest, he was a taxi driver.) The two of us spent so long together that by the end of the day we were discussing the existence of God. As well as being a skilled linguist, my driver turned out to be an original theologian. As he put it: "I like to keep fish. My fish think they understand their world. They are battling for control of their fish tank, But what they do not know is that standing outside the tank is Me. I like my fish. But if something more important comes along, I will go away 06/12/2014 Financial Times Pag. 1 (diffusione:265676, tiratura:903298) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 221 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato and let them die - and buy some more fish when I come back. It is like that with God. We are battling for control of our world, and he is watching us. But I think he is running several universes and our world is just one of them. We have to hope he does not lose interest in us." I was about to get him to expand on this intriguing line of thought, when we arrived at the airport. Gideon Rachman is the FT's chief foreign affairs commentator Luke Waller 08/12/2014 Financial Times Pag. 11 (diffusione:265676, tiratura:903298) EUROPE Wolfgang Münchau The European debate about quantitative easing has reminded me of Zeno's paradox of motion: Achilles could never catch up with a tortoise - because whenever he had bridged the distance between them, the tortoise advanced. Same here: whenever the conditions seemed to be in place for QE, new ones popped up. All that changed on Thursday. The European Central Bank voted to elevate the €1tn increase in the size of its balance sheet from something it expected to happen to something it intends to accomplish. This is more than a rhetorical change. Without QE the target cannot be reached. By committing to this number, the ECB in effect agreed to QE. Those who have opposed the programme know that once the ECB has a balance sheet target, QE will follow by default. The ECB's existing programmes are not big enough to reach that goal. In light of this new situation, the question is no longer whether QE will happen but how it will work. I would expect the size of any programme to be about €500bn. With that, the balance sheet target could be in reach. So what would €500bn buy? The total amount of the eurozone's government debt is about €9tn, so such a programme would just be 5.5 per cent of the total. Compare this to the UK, where the Bank of England's stock of government debt was about 25 per cent of the total issued as of 2013. If the ECB wanted to do as much as the BoE did from 2009 onwards, in relative terms, it would have to commit to asset purchases of more than €2tn. In fact, it has to do quite a bit more because it has started much later, and because the situation in the eurozone is more serious. Those on the ECB's governing council who oppose QE fear that it would trigger a larger programme later on. This is why I expect Berlin to mount a legal challenge in the European Court of Justice. A €2tn programme, or something approaching that, would have a similar economic effect to a eurozone bond - that is, a jointly issued debt security - which is something Germany has been resisting. In that scenario the ECB would absorb a big chunk of the outstanding debt of highly indebted eurozone countries, and keep it on its books forever. The alternative to a large programme is an inadequate one - for example, one that stops at €500bn. It would meet less opposition in Berlin. Unfortunately, it would also be economically irrelevant. To see this, one should consider the channels through which QE works. The most direct impact would be on the interest rates of the securities purchased. If the central bank buys fiveyear government bonds, the price of those bonds will rise and the yield will fall. Since those bonds serve as a benchmark for bank loans, the interest rates on banknotes may fall as well, in theory, though probably not in the eurozone. Then there is the "portfolio rebalancing channel": when banks sell bonds to the ECB, they will need to buy something else instead. They might lend it out. They might buy other risky securities. This may well be the most important effect but it will probably not be as effective as it was in the US and the UK, when asset prices were lower. What about the exchange rate? This is the most overrated channel. The euro's trade-weighted exchange rate has fallen by only 4 per cent in the past year. It could come down a little further, but this is not going to do the heavy lifting. The eurozone is simply too big for that. The only truly significant conduit of a QE programme would be a debt relief channel. If the ECB were to buy, and retire, a quarter of Italian debt, life in Italy would become a lot easier. That, however, is not going to happen - either because the programme is too small or, if not, Berlin would challenge it legally. If you want to push the money through these channels into the economy, you will need a lot of money and a lot of pushing. Ideally, you would not start from here but from where the US Federal Reserve or the Bank of England started in 2008 and 2009 respectively. My fear is that a European QE programme will happen but still stay trapped in Zeno's paradox. [email protected] SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 222 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato The ECB, demigods and eurozone quantitative easing 08/12/2014 Financial Times - Weekly review Pag. 13 (diffusione:265676, tiratura:903298) THE LAST WORD John Plender For much of this year the equity market story has been about central banks conducting levitation in share prices through the jerky ratchet known as risk-on, risk-off. Investors' perceptions about whether monetary tightening would come sooner or later have caused markets to twitch up and down, yet the overall trajectory has remained upwards. The big question has been whether corporate earnings could rise sufficiently to justify the valuation uplift. But since June something real has been going on that greatly improves the prospects for both economic growth and corporate earnings in a developed world that has been suffering from anaemic growth. The fall in oil prices of more than 30 per cent over that period gives consumers in the advanced economies the equivalent of a tax break at the expense of oil producers. Since advanced countries spend more of their income than emerging market oil producers the outcome is a boost to aggregate demand. This is a boon, especially in the eurozone, which suffers acutely from deficient demand. Yet many fear that the energy-induced decline in the price level will tilt the eurozone into deflation and put it on to the road to perdition. I have long been worried that the European Central Bank has been slow to address the threat of deflation. But a fall in energy prices is not a good reason for panic because deflation can be good, bad or something in between. In the depression of the 1930s it was undoubtedly bad, because it reflected excess supply and deficient demand. In the late 19th century it was good. During the misnamed Great Depression of 1873-96, there was average annual real growth of 2 per cent despite a decline in the general price level, spurred by shrinking land values and falling prices in older industries. The experience of falling energy prices comes closer to the 19th century example than the 1930s. The problem with a malign deflation is that consumers defer spending decisions because they expect things to become cheaper. Yet history suggests that a rise in real incomes resulting from falling energy prices is more likely to encourage people to spend. That said, there are other very powerful deflationary forces at work in the eurozone, such as the restrictive German fiscal diktat and an ECB monetary policy that is delivering below-target inflation of just 0.3 per cent. By putting downward pressure on inflation, the fall in energy prices will add to the pressure on the ECB to move to full US-style quantitative easing. Here, paradoxically, there could be a malign impact. For if the ECB moves to full QE against the wishes of the German members of the governing council, the damage to the ECB's credibility would be devastating. It is hard to see how the eurozone central bank could operate without the support of Europe's economic superpower. Yet if Mr Draghi, the president, does persuade the Germans that the ECB's legal mandate cannot be fulfilled without QE, it would send a curious signal. The Germans are not alone on the governing council in being sceptical about QE, given the very different financial structure in the eurozone compared with the US. While markets, gripped by a hunger for yield, are currently fired up about the prospect, they would ultimately have to recognise that a move to QE would be a sign of desperation - the last throw of the eurozone dice. Indeed, investors are placing a euphoric bet on a policy of probably limited effectiveness. To return to energy prices, the big corporate losers will be fracking companies and other high-cost producers. That is a worry for investors in credit, since the energy sector is a big chunk of the highyield bond and leveraged loan markets. Risk premia in credit markets are already astonishingly low relative to government securities thanks to the search for yield. A rash of energy sector defaults, especially if combined with worries about the ECB's credibility, could spell the beginning of the end of the great yield mania. [email protected] If the European Central Bank moves to full QE against the wishes of the German members of the governing council, the damage to the ECB's credibility would be devastating - Thomas Lohnes/Getty SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 223 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato QE is the last throw of the eurozone dice 06/12/2014 International New York Times Pag. 10 (diffusione:222930, tiratura:500000) International New York Times ''E-commerce is a very analytical and process-driven business, while luxury is very visual - it's all about creativity, the content and image.''From page 9 British fashion vendor owned by the Swiss luxury group Richement, or members-only flash-sale sites like Vente Privée of France or Gilt.com, which is based in New York.The e-luxury sites have grown by serving as online merchants for the designer brands. But Yoox also makes about one-third of its revenue - which totaled 456 million euros, or about $563 million last year - by providing the back-end technology for the designers' own websites, including Valentino, Alexander Wang, Dolce & Gabbana and Jil Sander. The pickup in luxury e-tailing could enable Yoox to grow and prosper. The risk, though, is that as more luxury brands recognize the possibilities of online commerce, they will elect to take that business in-house, rather than farm it out to Yoox.''Yoox was a shortcut for luxury brands to go online at a time when online was seen as something exotic and separate,'' Mr. Solca said. ''The more that the large brands realize that this is strategic, the risk is that they become less willing to accept the powered-byYoox offer.''Founded in 1999 by Mr. Marchetti, Yoox was one of the earliest entrants to the online luxury market. At the time, Mr. Marchetti - the son of a Fiat warehouse manager and a telephone operator - was a recent graduate of Columbia Business School in New York with a background in investment banking and a passion for technology and beautiful things. He was also very busy. ''The definition of luxury is so different to many people,'' Mr. Marchetti said. ''For me it's time, I was buying luxury, but I didn't have time to go around to the shops. I wanted this kind of a store, to be able to find everything I wanted in one place.''The result was Yoox - the name refers to the Y and X chromosomes, with the ''OO'' meant to evoke binary digital code which made its debut with just over $1.5 million in venture capital funding. Ten years later, in 2009, the company listed on the Milan Stock Exchange.Yoox has a stock market value of just over ¤1 billion. But the share price is down more than 40 percent this year, slumping along with many European retailing stocks, in light of the region's flagging economy. Still, Yoox remains one of the few online luxury players to turn a consistent profit throughout the downturn. Its net earnings rose 24 percent in 2013, to ¤12.6 billion, and the company expects both sales and operating profit to increase by 20 percent for full-year 2014.One key to that profitability is maintaining a tight lid on costs, Mr. Marchetti said, which Yoox seeks to do through its highly automated Bologna operation. Next door to its robot-driven warehouse is a mechanized studio, where employees continually dress and photograph a parade of plexiglass mannequins as they glide along rails. Twothirds of the images for Yoox.com's catalog are produced this way - up to 200 images per hour.Given the breadth of its inventory and distribution network - the company has sent more than 30 million items to more than 100 countries - Yoox is sometimes referred to as the Amazon of high fashion. And with 14 million fashionistas trawling through its stores each month, Yoox also sits on a global gold mine of information about its customers, who spend an average of $250 per order.Those databanks might reveal, say, which colors or skirt lengths are most popular in Shanghai or São Paulo, or track a fading taste in Germany for lowrise skinny jeans.''The sheer amount of data they have really puts them in a superior position,'' said Philip Guarino, a Paris-based luxury consultant. ''It's a huge asset.''Some Yoox executives say they are flattered by any comparisons to Amazon - up to a point.''We are one-one thousandth of their size,'' said Alberto Grignolo, Yoox's general manager, who helped write the roughly 500,000 lines of software code that drive the company's stores. ''We are similar in that we keep in mind that the customer is the key person on the other side of the screen. And we exploit the same kinds of numbers and processes to the benefit of the customer.''But in terms of the shopping experience, Mr. Grignolo said, the companies could not be more different. ''If you go and search 'Bottega Veneta' on Amazon, it might come up with a book, an off-brand handbag or maybe some razor blades,'' Mr. Grignolo said.Yoox also tries to distinguish itself from the fashion e-tail pack by acting as a behind-the-scene contractor. Since 2006, it has quietly run the websites, order SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 224 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato With Yoox, luxury brands shake off digital fears 06/12/2014 International New York Times Pag. 10 (diffusione:222930, tiratura:500000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 225 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato fulfillment, logistics and customer service operations of more than threedozen different designers. Yoox provides these services for a commission of about one-third of the retail sales value of each online purchase. ''Yoox already had critical mass, rich expertise and rich teams,'' said Stefano Sassi, chief executive of Valentino, which enlisted Yoox to run its online store in 2008.Valentino - whose products are also sold on the websites of high-end department stores like Neiman Marcus and Saks Fifth Avenue - has seen its ecommerce transactions grow to as much as 8 percent of its sales, up from less than 1 percent five years ago, Mr. Sassi said.Two years ago, Yoox landed its most prominent e-commerce partnership to date: a seven-year deal with the French luxury conglomerate Kering to manage the online stores of seven of its most popular labels, including Balenciaga, Alexander McQueen and Stella McCartney. The arrangement is structured as a joint venture, and Kering has said it is open to letting Yoox drive the online stores of its other brands, which include Gucci, Christopher Kane and Boucheron jewelry. Kering hopes the venture with Yoox can bolster its online sales to as much as ¤1 billion by 2018 - equivalent to around 10 percent of its revenue last year.Yet despite this momentum, some analysts worry that Yoox risks losing its early advantages. Generalist e-tailers like Amazon and T-Mall in China are eager to grab a slice of the luxury pie. That shift could force companies like Yoox to adjust their strategy to confront a more crowded digital marketplace. It might also mean that Yoox, which has spent years courting luxury companies, may wind up being pursued by one itself.''I could foresee interest from one of the big groups, maybe even Kering itself - much in the same way that Richemont bought Net-a-Porter,'' in 2010, said Mr. Guarino, the Paris analyst. Mr. Marchetti said he had no illusions about the rapidly changing dynamics of luxury retail. To try to keep a step ahead, he said Yoox was already adapting in response to expectations of web-savvy brands by offering consulting services that now include digital marketing, social media strategy and advanced customer analytics.''We are someone to leverage on,'' Mr. Marchetti said. ''We provide the car, but for us the best thing is if we have a great driver. And the driver is the brand.'' 06/12/2014 International New York Times Pag. 11 (diffusione:222930, tiratura:500000) Italian proposal counters bid by Chinese group in heated takeover fight BY DAVID JOLLY Laure Fourquet contributed reporting. Andrea C. Bonomi, the Italian businessman who is fighting a Chinese investor for Club Méditerranée, raised his bid on Friday for the French resort operator, extending the life of what is already France's longest-running takeover battle.Mr. Bonomi's Global Resorts consortium said it was now offering 24 euros, or $29.60, a share, topping the ¤23.50 offered on Monday by Gaillon Invest II, a rival consortium led by Fosun Industrial, a Chinese conglomerate that has the backing of Club Med's management.The new bid, the third time in less than a month that the price has been raised, values the company at ¤915 million, Global Resorts said in a statement.The consortium recently increased its financial muscle by opening its doors to the Wall Street private equity investor Kohlberg Kravis Roberts as a minority investor.Mr. Bonomi insisted that his rivals' strategy overemphasizes Asian growth at the expense of Europe and said it unrealistically aims on moving upmarket in search of profit.''China is important, but it's not unique,'' he told a Paris news conference. ''You can't be strong elsewhere if you're not strong in your own country.''Global Resorts said the new offer was ''fully financed with equity, which allows for the continuation of the industrial expansion strategy of Club Méditerranée and return to profitable growth.''Club Med has been ''in play'' since May 2013, when management announced a plan with Fosun and AXA Private Equity, now known as Ardian, to take the company private at ¤17 a share; opposition from minority shareholders led them to raise the offer to ¤17.50. Mr. Bonomi upended what had been looking like a sure deal in June with a ¤21-ashare offer.The French market regulator, the Autorité des Marchés Financiers, has begun to accelerate the bidding process in a push for a conclusion after a year and a half of uncertainty. The authority, which had given Mr. Bonomi until Dec. 17 to raise his bid or walk away, said on Friday that it was setting a Dec. 19 deadline for Fosun and its allies to act.Club Med shares rose 2.2 percent on Friday afternoon, to ¤24.33, suggesting investors expected a counterbid from the Chinese side.Fosun's Gaillon Invest II is ''reviewing the situation,'' a spokeswoman saidClub Med, which operates 70 vacation villages in 40 countries around the world, last year played host to about 1.2 million visitors. Its business performance has weakened as its core European customer base has suffered since the financial crisis.Both bidders say they will invest more in fast-growing emerging markets including China and Brazil, and in many ways their offers have begun to look similar. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 226 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato A new offer promises to extend battle for Club Med 06/12/2014 International New York Times Pag. S4 (diffusione:222930, tiratura:500000) What actually constitutes an economic giant? We all know that the United States is one - its economy still makes up some 20 percent of global gross domestic product despite a modest relative decline in recent years. But who else? And does the word ''giant'' refer only to economic size, or should it also reflect a country's wealth, its people's prosperity and other measures of their lifestyle - perhaps even their freedoms?It isn't easy to make simple distinctions, other than for the United States, which on virtually all criteria is easily at the top of such a group, and looking into the future - at least the next 20 to 30 years - seems set to remain so.A country's economic size is essentially driven by two long-term forces: the nation's workforce in terms of the number of people able and eligible to work, and its productivity. The size of the workforce is mostly driven by the country's demographics, although its immigration policies, its stance on when young people can begin work and its retirement age all have an influence.On the list of the top 20 largest economies in the world, most have large populations. From the developed world, the United States is No. 1, with Japan (No. 3), Germany, France, the United Kingdom and Italy all among the top 10 - although their relative ranking has slipped in the past decade as China, Brazil and Russia have entered this group.Over the remainder of this decade, Italy might find it a challenge to remain in the top 10, and going into the 2021-30 decade, the other developed economies outside of the United States will, too.While Japan and Germany's economies might be considered large by developed country standards, these countries are not economic giants. China has the second-largest economy in the world; it has become almost twice the size of Japan's and is bigger than Germany's, France's and Italy's combined.Is China a giant? If it doesn't have a gargantuan economy already, it is certainly headed in that direction. In addition to being as big as continental Europe's three largest economies put together, China's economy is about 55 percent the size of the United States' in current U.S. dollars, and based on recent estimates from the World Bank International Comparison Program, it is probably slightly bigger than the United States' in purchasing power parity terms.China is also, in U.S.-dollar terms, one and a half times the size of the other three so-called BRIC economies combined (Brazil, Russia, India and China), and if its growth continues in the 7-7.5 percent vicinity, with inflation around 3 percent and the value of its renminbi stable to modestly rising, it is adding another $1 trillion to global GDP every year. I often point out to people that China is adding another India to the world economy every two years.Still, it seems to me that although China's current wealth is in the $7,000$8,000 per capita vicinity because of its 1.3 billion people, which is multiples lower than that of the United States and other developed economies, China should be considered a giant. While its growth rate has slowed, and is likely to slow further, I still believe that sometime around 2025-27, China's economy has a reasonable chance of becoming as large as the United States' in U.S.-dollar terms. It is already the major trading partner for many countries - both exports and imports - and I would expect that before this decade is over, possibly quite a bit before, China will replace the United States as the world's largest importer. From the rest of the world's perspective, China will certainly be an economic giant then.What about the other BRIC countries? Today, the economies of Brazil, India and Russia are all generating around 3 percent of global GDP, similar to Italy. But the countries' big populations and reforms to increase productivity still mean their economies have a reasonable chance of going above the 5 percent threshold. They may someday become giants.I amquite confident that India will make this leap - its economy has a really good chance of becoming the world's third-largest before 2040. The country has exceptionally favorable demographics, and in electing Prime Minister Narendra Modi, India has given itself the best chance in at least 30 years of being run by a government that is not smothered by its democracy but flourishes instead.Brazil and Russia's economies have different reasons for their recent disappointments, but they share a dilemma: They are too dependent on volatile commodities. Unless they can shift away from that dependency, their paths will remain volatile, influenced by the vagaries of commodity prices. With reforms, SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 227 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato And the next economic giants are... 06/12/2014 International New York Times Pag. S4 (diffusione:222930, tiratura:500000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 228 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato both Brazil and Russia could generate more than 5 percent of global GDP.Of the rest of the world's largest populated countries, I believe none has a realistic chance of producing 5 percent of global GDP or more, but there are a few that could reach the 3-5 percent range, or more than Italy, which currently has the world's eighth-largest economy. Mexico, Indonesia, Nigeria and Turkey - the so-called MINT economies - along with the more developed South Korea, have this chance. Mexico in some ways is going to be especially interesting to watch for the rest of this decade, since the scale of reforms undertaken by its government are vast. Creating a more competitive energy industry with cheaper electricity costs might not solve all the country's problems, but many parts of the economy should benefit. 08/12/2014 International New York Times Pag. 18 (diffusione:222930, tiratura:500000) REUTERS BRUSSELS The guessing game over the timing of eurozone stimulus will intensify as the European Central Bank releases a closely watched gauge of policy this week, the highlight of a calendar dominated by Europe's malaise.On the other side of the Atlantic, investors will continue placing their bets on a different but equally crucial event: when the Federal Reserve will raise interest rates. Economic data from the United States and several Fed policy makers will give a sense of the speed of the recovery and when a rate rise might be merited.Oil prices and Chinese data will provide more for markets to digest.''The key story is going to be in the eurozone,'' said James Knightley, the senior economist at the Dutch bank ING, referring to the announcement on Thursday of how banks have chosen to participate in the E.C.B.'s targeted longterm refinancing operations, the lowcost loans known as T.L.T.R.O.'s.The loans are one of the E.C.B.'s main ways to push money into the stagnating eurozone economy.''If the takeup is poor, that could increase market talk that the E.C.B. is going to step in and use other tools,'' Mr. Knightley said.That could mean a program to buy sovereign bonds, like the quantitative easing programs used in the United States, Britain and Japan. Germany fears bond-buying by the E.C.B. would encourage reckless state borrowing and fuel inflation. Such a program might come early next year, analysts say. ''The takeup of T.L.T.R.O.s could swing the E.C.B.'s Governing Council between January and March, depending on how the number looks,'' said Guillaume Menuet, a Citigroup economist.In the first round of the E.C.B.'s targeted refinancing, in September, banks borrowed 83 billion euros, or $102 billion. Hopes are higher for this time, but forecasts hover around the ¤150 billion mark, which would leave the E.C.B. short of the ¤400 billion it was prepared to offer banks in total.On Monday in Brussels, Mario Draghi, the president of the E.C.B., was expected to tell eurozone finance ministers that no amount of stimulus could replace reforms to tax, labor and pension systems to bring down near-record unemployment.New forecasts by the E.C.B. predict that the eurozone, which generates a fifth of global output, will grow just 1 percent in 2015, rather than the 1.6 percent predicted three months ago.Data on German industrial production for October and French business sentiment for November, due on Monday, are likely to show the weakness of the rebound as the bloc struggles to overcome its debt and banking crises.Falling oil prices will also have an effect on the E.C.B.'s thinking as it deals with low inflation. Brent crude slipped 57 cents to settle at $69.07 a barrel on Friday, averaging below $70 in the week for the first time since 2010.Eurozone finance ministers will also try to decide on how to best help Greece in the coming weeks because a new credit line for Athens will not by ready by the original Monday deadline.It's a different story in the United States, where the economy is recovering strongly. American employers added the largest number of workers in nearly three years in November, and wage gains picked up. That could push the Fed closer to raising interest rates.The Fed has held overnight borrowing costs near zero since December 2008. Some economist predict that the first rate increase will come in September of next year, but others see rates rising in July.With a weak global economy, some investors fear that strong short-term growth in the United States may give way to slower expansion beginning in the middle of next year, leaving inflation below the Fed's target levels and influencing the timing of a rate increase.Investors are waiting for the next meeting of the United States central bank's policy makers, the Federal Open Market Committee, on Dec. 17, but will be treated to a host of data before then including November retail sales and October wholesale inventories. One Fed policy maker, Dennis Lockhart, was to speak on Monday, while producer prices for November and consumer sentiment will be published during the week.Many expect the Fed to soon eliminate its guidance that it will keep rates near zero for a ''considerable time.''''The removal of 'considerable time' at the December F.O.M.C. meeting is very likely,'' BNP Paribas said in a report.Beyond Europe and the United States, Chinese data will give the latest snapshot of the pace of that economy following November's interest-rate cut.On Monday, China's trade balance for November will show how exports have fared after slowing foreign sales in SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 229 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Loans will set a bar for E.C.B. stimulus 08/12/2014 International New York Times Pag. 18 (diffusione:222930, tiratura:500000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 230 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato October and could prompt policy makers to roll out more stimulus measures. Beijing will release consumer and factory inflation data on Wednesday. 08/12/2014 The Guardian Pag. 15 29 June head among 37 arrested in Italian capital Allegations of bribes over migrant camp contracts The Guardian Domestic edition week. "We're not interested," said a man at the gate. "We're not giving interviews - or anything." Was there no one in charge? "No." Three days earlier, the head of the 29 June co-operative, Salvatore Buzzi, was among 37 people arrested in raids that prosecutors claim sliced through a web of links between city hall officials, neo-fascist militants and mobsters. More than 100 other people have been formally placed under investigation, including Gianni Alemanno, the mayor of Rome from 2008 to 2013 and a former member of the neofascist Italian Social Movement (MSI).Buzzi, who has not been charged with any offence and denies wrongdoing, was jailed for murder in 1984. He is alleged by prosecutors to have been the "entrepreneurial right hand" of Massimo Carminati, the man they identify as the top mobster.A former member of the NAR neo-fascist terrorist group who lost an eye when he was shot by police in 1981, Carminati also denies wrongdoing. Dubbed "the last king of Rome" by his associates, he too has been jailed but not charged.His organisation is claimed to have bribed officials to win contracts, including for the management of migrant holding facilities and Roma camps. Evidence submitted by police in support of their application for warrants includes a wiretapped phone conversation in which one speaker is claimed to be 59-year-old Buzzi."Do you know how much you earn from immigrants?" the speaker asks. "Drug trafficking earns less."Assets worth € 204m (£ 161m) were seized from Carminati's home, including artworks by Andy Warhol and Jackson Pollock. The alleged ringleader owns a home in Notting Hill and has plans to invest elsewhere in London. Other illegal profits have been traced to the Bahamas, Switzerland and Venezuela, Rome's Il Messaggero newspaper said on Sunday.Prosecutors claim it was at the 29 June co-operative's headquarters that bribes were readied for delivery in the form of envelopes stuffed with bank notes.The organisation Carminati is alleged to have created is not a branch of any of Italy's established mafias. But the prosecutors' claims suggest that Mafia Capitale, as they have dubbed it, operates in much the same way - forging close links with politicians in Rome and perhaps the surrounding region of Lazio.Last week's arrests are certainly embarrassing for the leader of the Italian right, Silvio Berlusconi. Alemanno was elected mayor as the candidate of Berlusconi's Freedom People (PdL) alliance, though since his defeat in an election last year he has left to join another party.Berlusconi has called for Rome's city council to be dissolved, a drastic move which has the backing of Beppe Grillo's Five Star Movement (M5S). Such a suggestion is not without precedent. Two years ago the council of Reggio Calabria, a regional capital in the toe of Italy's boot, was swept aside over ties to the wealthy 'Ndrangheta mafia.One so far unresolved question is the extent to which Alemanno's election led to the preferment of other former neofascists, including Carminati. The latest allegations also pose a threat to the centre-left Democratic party (PD) of the prime minister, Matteo Renzi: those arrested last week included two municipal councillors and a regional lawmaker from the PD.Another question is whether the administration that replaced Alemanno's unknowingly inherited the links with Mafia Capitale or had a more active relationship. The PD mayor, Ignazio Marino, at first said he had "never held conversations" with Buzzi. Yet the two appear in a photograph on the co-operative's website, apparently talking earnestly. In a message posted to Facebook after the photo was publicised, the mayor said: "I visited the 29 June co-operative for social reinsertion during the electoral campaign. The photographs in circulation, including those with Buzzi, were taken on that occasion." SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 231 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Co-operative said to be mafia-style gang base 08/12/2014 The Guardian Pag. 27 Facing the deepest crisis in its history, the EU now needs the voices of those who have grown up with it The Guardian Domestic edition 'Iwas mad at you," says Mario, an Italian student. He was angry about a column I wrote just after the European elections in May arguing that to choose JeanClaude Juncker as president of the European commission was the wrong answer to the continent-wide discontent. Well, as the commission president, Juncker, proposes a prestidigitated investment package to boost the European economy, and the former Polish prime minister Donald Tusk prepares to chair his first summit of EU heads of government, it's worth asking again who is going to save the European project. My answer: it will not be saved without the more active engagement of Mario and his contemporaries - the Erasmus and easyJet generation.Of course, the rescue also requires good policies from above. But Super Mario - that's Draghi, chairman of the European Central Bank, not Balotelli, the Instagram footballer - can't do it on his own, even with another €1tn on his balance sheet. It needs young Mario too.I have never known a time when there was so much intellectual pessimism about the future of the EU among those (including myself) who have been its ardent supporters. Here are three big reasons for this pessimism. First, the eurozone. Loukas Tsoukalis, a pro-European expert, notes that "the design was wrong, and so was membership". Too many, too diverse economies were hitched together in a common currency without a common treasury. These fundamental design flaws have been exacerbated by German-led austerity policies, which underestimate the differences between national economic cultures, and the need for more investment and demand.Second, the politics. Election after election has revealed that European voters are deeply disillusioned with their current politics and political elites. That expresses itself both in more apathy and in more votes for antiestablishment, anti-system parties of every colour - from Hungary's Jobbik and France's Front National, through Britain's Ukip, all the way to Italy's Five Star Movement and Greece's Syriza.If this is so within the member states of the EU, how much more is it true of the European institutions? Planet Brussels has become the showcase example of remote elites. The television shots from European summits show endless middle-aged men in suits getting in and out of large black cars.Despite direct elections to, and enhanced powers for, the European parliament, there is scant sense of popular representation. Fewer than 500,000 Europeans watched any of this spring's three panEuropean televised debates between the main party groupings' lead candidates for the post of European commission president, whereas more than 67 million Americans watched the first US presidential debate between Barack Obama and Mitt Romney in 2012.This brings me to a third ground for gloom: there is no shortage of manifestos, plans and books dedicated to saving the European Union, but most of them are written by people the wrong side of 50. Appeals for more "leadership" pour from retired leaders, who imply that everything was better in their day.I see few proposals coming from the generation of young Mario. On the face of it, this is odd, because his is the first generation to have enjoyed Europe as a single space of freedom, from Lisbon to Tallin and Athens to Edinburgh. When I invited suggestions for this column on Twitter, Dan Nolan replied: "Compulsory Erasmus for all".He linked to an interview with Umberto Eco in which that great sage argued that the university exchange programme Erasmus "has created the first generation of young Europeans. I call it a sexual revolution: a young Catalan man meets a Flemish girl - they fall in love, they get married and they become European, as do their children. The Erasmus idea should be compulsory - not just for students, but also for taxi drivers, plumbers and other workers."Quite what the 17th-century Catholic priest Desiderius Erasmus of Rotterdam would make of becoming a synonym for sexual revolution I'm not sure, but there is something in this. There is a lived, everyday Europe of transnational intermingling. In the EU-wide SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 232 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato TEACH CHIRCHILL VALUES IN CLASS? NO THANKS 08/12/2014 The Times Pag. 33 Philip Willan Rome The "king of Rome" has been in the city's Queen of Heaven prison since last Tuesday, but the incarceration of the one-eyed bandit accused of suffocating the capital in a criminal embrace has done little to reassure Italians.Recordings of police phone taps and bugs released since the arrest of Massimo Carminati have painted an alarming picture of a criminal organisation that systematically paid local politicians and officials to obtain lucrative public contracts. If mild forms of persuasion failed to work, it called on former terrorists, mobsters and thugs.In one recorded conversation, Carminati described how members of the gang would decide in the morning who would be killed that evening. However, he insisted that he had never been involved in drug-trafficking. "I used to rob ten banks a month," he said.His fondness for weapons is evident. In another recorded conversation, he is allegedly heard praising a silenced Makarov pistol: "You don't even hear the clack. Before anyone notices, the pool of blood is already spreading."For other forms of persuasion, Carminati, 56, is said to have relied on a muscle-bound "thumb-breaker", referred to as "Watson the elementary" for his limited intellectual prowess.The combination of violent intimidation and corruption served to create a business empire specialising in environmental services and camps for displaced Roma and asylum seekers, which Carminati ran from a petrol station on the northern edge of Rome.He boasted of contacts including mafia bosses, senior managers at the Bank of Italy, the state-controlled arms conglomerate Finmeccanica, and the former mayor of Rome, Gianni Alemanno, who is under investigation for corruption.Carminati, a former member of the right-wing Armed Revolutionary Nuclei, lost an eye in a gunfight with police in 1981. Over the years, he has been accused of involvement in the Bologna station bombing in 1980, the assassination of a journalist, and a robbery at a bank inside Rome's main judicial complex, which is believed to have netted sensitive documents belonging to magistrates. He has never been convicted of the most serious charges.With big corruption inquiries under way in Milan and Venice, the discovery that the town hall of the capital was in the pocket of a crime gang is another blow to Italy's battered reputation. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 233 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 'King of Rome' shocks Italy with boasts of mafia terror 08/12/2014 La Tribune Quotidien Pag. 46 LATRIBUNE.FR La chancelière allemande estime que les réformes engagées jusqu'ici par Paris et Rome ne sont pas suffisantes.La France et l'Italie doivent entreprendre davantage de réformes afin de s'assurer que leurs budgets 2015 respecteront les règles de l'Union européenne, déclare Angela Merkel dans une interview publiée dimanche par Die Welt. La chancelière allemande estime que la décision européenne de donner plus de temps à Paris et Rome pour finaliser leurs programmes de réformes se justifie, mais elle ajoute : "La Commission a dit clairement que ce qui a été mis jusqu'à présent sur la table n'est pas suffisant. Je suis d'accord avec cela."RÉPIT JUSQU'AU PRINTEMPSBruxelles a accordé un ultime répit à Paris et à Rome il y a une semaine, en reportant au printemps son verdict sur leurs budgets 2015 mais en évoquant un risque d'infraction avec les règles de l'UE et en exigeant plus d'efforts. La Commission européenne a averti la France qu'elle n'hésiterait pas à la sanctionner si elle ne met pas rapidement en oeuvre des réformes structurelles pour améliorer ses perspectives de croissance et ses finances publiques. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 234 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato MERKEL APPELLE LA FRANCE ET L'ITALIE A REFORMER PLUS 08/12/2014 La Tribune Quotidien Pag. 94,95 La Tribune Le propriétaire de la holding, Andrea Bonomi, a contré l'offre du chinois Fosun qui proposait 23,5 euros par action lundi dernier. L'AMF a décidé de suspendre la cotation. La société Global Resorts, qui porte l'OPA lancée sur Club Méditerranée par l'homme d'affaires italien Andrea Bonomi, a surenchéri vendredi 5 décembre, proposant plus que le Chinois Fosun : à savoir 24 euros par action, a indiqué à l'AFP une source proche du dossier. Le conglomérat chinois Fosun avait en effet relevé son offre lundi à 23,50 euros par action avec un nouvel allié, le Brésilien Nelson Tanure. M. Bonomi et ses alliés avaient quant à eux jusqu'au 17 décembre pour revoir leur copie.SUSPENSION DE SÉANCELe titre de Club Méditerranée a été suspendu à la mi-journée entre 12h20 et 15h30 à la Bourse de Paris, à la demande du régulateur. Après la surenchère de Fosun lundi, le conseil d'administration de Club Méditerranée s'était dit "préoccupé des conséquences des surenchères compte tenu des impératifs de rendement qu'elles impliquent et de leur impact sur l'intérêt social, les salariés et les partenaires de Club Méditerranée". SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 235 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato CLUB MED: NOUVELLE SURENCHERE DE GLOBAL RESORTS 06/12/2014 Le Figaro Pag. 8 RICHARD HEUZÉ ROME ITALIE Le pays a l'impression de vivre un cauchemar : un gang composé d'extrémistes de droite et de truands affiliés à Cosa Nostra est parvenu au fil des années à faire main basse sur le Capitole, la mairie de Rome. Corrompant hommes politiques, conseillers municipaux, fonctionnaires, policiers, et rançonnant industriels et commerçants. Cette « Coupole » arrogante et avide ne connaissait pas de limites. Une vaste opération de police baptisée « le Monde du milieu », en référence au Seigneur des anneaux, a conduit, mardi dernier, à 37 arrestations, une centaine de mises en examen et autant de perquisitions.En apprenant l'ampleur du phénomène criminel, Matteo Renzi s'est mis en colère. Il a démis mercredi matin les responsables du Parti démocrate (PD) de Rome, et désigné le président du parti auquel il appartient, Matteo Orfini, commissaire extraordinaire. « Sur neuf conseillers de la junte Ignazio Marino (le maire de gauche élu en mai 2013, NDLR), six sont dans notre poche », se vantaient les mafieux au téléphone. Son prédécesseur, Gianni Alemanno (maire de 2006 à 2013), a également été mis en examen pour connivence présumée. Son entourage immédiat, composée d'anciens activistes de droite, est directement impliqué. Certains de ses membres ont été arrêtés. Alemanno, qui provient lui-même de l'extrême droite, proteste de son innocence, tout en admettant « une erreur de casting ».Adjudications truquées des marchés publics, gestion frauduleuse des fonds d'aides aux immigrés et aux Roms, usure, racket, trafic de fausse monnaie : la liste des méfaits semble infinie. Les mafieux avaient apparemment leurs petites entrées au Capitole. Les écoutes téléphoniques rendues publiques par la police sont édifiantes. Parlant des fonctionnaires corrompus, Salvatore Buzzi, le « trésorier » de la bande criminelle, un ancien meurtrier sorti de prison en 1991, y déclare : « À un tel, 5000 euros par mois : ça suffitÀ tel conseiller municipal, 10 000 euros. Il nous a rapporté 40 millions d'euros en contrats. Franco Panzironi (ex-président de l'agence de la voirie municipale AMA, arrêté, NDLR) nous demande 2,5 % pour tout contrat qu'il nous obtient. Donnons-les lui ! » Après un épisode neigeux sur Rome en février 2012, la province débloque 200000 euros d'aides d'urgence. « X me demande 40000 euros. Je dois encore en trouver 15. Quelles sangsues, ces politiques !!! », se plaint le « trésorier » mafieux.Les immigrés rapportent gros. Les centres d'accueil perçoivent 42 euros par jour pour chacun d'eux, 80 pour chaque mineur. Une véritable aubaine pour Salvatore Buzzi, dont la « coopérative sociale 29 juin » fait main basse sur une partie de ces fonds, jusqu'à cinq millions d'euros par mois. « De quoi te plains-tu ? Les immigrés nous rapportent plus que la drogue », dit Buzzi à l'un de ses contacts.Au domicile d'un jardinier de la mairie, la police a découvert 570 000 euros dans un coffre-fort dissimulé dans un mur. Chez une secrétaire, elle a saisi une liste complète de noms d'industriels et d'hommes d'affaires qui étaient rançonnés, avec les tarifs habituellement pratiqués. Quelque 200 millions d'euros ont été séquestrés sur divers comptes en banque. Riccardo Mancini, ex-président d'un organisme public chargé de la promotion de Roma-Capitale, a été arrêté : en son temps, il avait fait du lobbying pour que la Ville éternelle se porte candidate aux JO de 2024 et accueille un Grand Prix de Formule 1. Certains agents de la police municipale étaient également de mèche avec la bande criminelle.Giuseppe Pignatone avait pourtant multiplié les mises en garde. Samedi dernier encore, le procureur en chef de la capitale dénonçait les « inquiétantes compromissions » entre pouvoir et argent à Rome. Quant à Paola Severino, Garde des sceaux de 2011 à 2013, elle a créé un Observatoire de la criminalité et s'inquiétait, il y a une semaine, de la prolifération de locaux, bars, restaurants et boîtes de nuit ouverts avec des capitaux d'origine douteuse. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 236 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La pieuvre étrangle la capitale italienne 06/12/2014 Le Figaro Pag. 25 L'Italien a relevé le prix de son offre d'achat. Il propose une stratégie différente de celle du management. Andrea Bonomi n'est pas encore propriétaire du Club Med, mais sa formation de GO avance à grand pas. L'homme d'affaires italien a en tout cas fait preuve d'un parfait sens du timing pour annoncer le dernier rebondissement dans le feuilleton de l'OPA sur le groupe de tourisme.Vendredi, Henri Giscard d'Estaing, le PDG du Club Med, associé au groupe chinois Fosun dans son offensive pour prendre le contrôle du groupe, recevait à Val Thorens 700 invités venus de 26 pays pour un week-end d'inauguration du village 4 tridents de Val Thorens. Au moment même où Henri Giscard d'Estaing prononçait son discours, Andrea Bonomi convoquait une conférence de presse. Un peu plus tard, l'Italien relevait son offre à 24 euros, soit 50 centimes de plus que celle de Fosun, rehaussée lundi. Très loin de l'offre de départ du chinois lancée mi2013, à 17,50 euros.« Il y a toujours eu un côté irrationnel au Club Med, que ce soit chez les managers, les investisseurs et les clients » , a reconnu Serge Trigano, ex-PDG du Club, destiné à en prendre la présidence non opérationnelle si Bonomi (associé au fonds d'investissement américain KKR, qui pourrait détenir jusqu'à 40% du groupe) l'emporte.Bonomi et Trigano, qui s'exprimaient pour la seconde fois depuis leur offre de juin, ont critiqué la focalisation du management du Club sur la montée en gamme et le développement en Chine. «La montée en gamme a commencé en 1954 lorsque nous sommes passés des tentes, qui prenaient l'eau, aux cases polynésiennes, rappelle Serge Trigano. Le Club a besoin de se réinventer dans son concept. Je ne suis pas là pour être le protecteur de l'ADN du Club mais pour lui redonner une dynamique.» Sans détailler ses idées, le fils du fondateur a précisé qu'il fallait améliorer à la fois l'état des villages 3 tridents, leur offre, la commercialisation et la tarification. «Le Club ne doit pas abandonner le moyen de gamme à Look et Marmara», martèle Serge Trigano.Fosun peut surenchérir jusqu'au 19 décembre« Si les résultats sont si mauvais, ce n'est pas parce que tout le monde est contre le Club Med, a surenchéri Andrea Bonomi, soulignant l'habitude du management de trouver chaque saison des raisons conjoncturelles aux piètres performances. Le marché du tourisme n'est pas facile, mais aucun marché n'est facile. Le groupe a besoin d'amour pour se relancer. » L'Italien a prévenu que le retour aux bénéfices prendrait plusieurs années, précisant : «Notre plan est un plan de croissance, pas de coupure d'effectifs et de cessions d'actifs. »Pendant ce temps, à Val Thorens, Henri Giscard d'Estaing, cigarette à la main, ne contenait pas sa mine défaite. Et la consternation régnait au sein du comité de direction. Réunis autour du bar, un autocollant «Go for our Strategy» au logo du Club collé sur leur Tshirt, une dizaine de salariés expliquaient leur soutien à la stratégie de montée en gamme, menée par Henri Giscard d'Estaing depuis dix ans. Mais la plupart des GO de Val Thorens semblaient surtout préoccupés par les agapes. L'Autorité des marchés financiers a fixé au 19 décembre la limite de l'éventuelle prochaine surenchère de Fosun. Les représentants du groupe chinois, qui arrivent samedi à Val Thorens, n'auront pas beaucoup l'occasion de skier. S'ils décident de poursuivre la bataille, l'AMF fixera un nouveau butoir, qui sera peut-être définitif. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 237 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Club Med: Bonomi charge la direction du groupe 08/12/2014 Le Figaro Pag. 2 NICOLAS BAROTTE CORRESPONDANT À BERLIN @nbarotte EUROPE Rarement, elle a été aussi directe. Pour Angela Merkel, le compte n'y est pas. La France n'a pas mené les réformes nécessaires et met en danger non seulement l'équilibre économique de l'Europe mais aussi la crédibilité des règles communes, en ne respectant pas les limites de déficit autorisées dans la zone euro. Dans une autre mesure, l'Italie non plus. Alors Berlin a décidé d'accentuer la pression sur Paris, comme sur Rome, les deux pays dans le viseur de la Commission européenne. Dans une interview au quotidien Weltam Sonntag parue dimanche, la chancelière invite les deux capitales à beaucoup plus d'efforts.« La Commission européenne a établi un calendrier selon lequel la France et l'Italie devront présenter des mesures supplémentaires. C'est justifié car les deux pays se trouvent effectivement dans un processus de réformes », explique Angela Merkel au journal, qui l'inter-roge sur l'absence de sanctions àl'encontre des deux pays. « Mais la Commission a aussi dit de façon claire que ce qui est jusqu'à présent sur la table n'est pas encore suffisant. Ce avec quoi je suis d'accord. »L'argument italienLa Commission s'est laissé un délai supplémentaire avant de rendre un avis sur le budget français et une éventuelle procédure de sanction. Il faudra attendre début mars pour connaître le verdict. Il reviendra ensuite au Conseil européen de se prononcer le cas échéant. L'avis de l'Allemagne sera évidemment déterminant.Angela Merkel se retranche derrière l'analyse de Bruxelles pour critiquer la France. Elle cherche à minimiser le sentiment d'affrontement entre Paris et Berlin en englobant l'Italie dans son constat. Mais, sur le fond, le cas italien et le problème français sont perçus différemment en Allemagne. Le président du Conseil, Matteo Renzi, élu cette année, est déjà en train de mettre en oeuvre ses réformes tandis que celles de FrançoisHollande se font attendre, dit-on à Berlin. La patience allemande a atteint ses limites. En novembre, le commissaire européen à l'Économie numérique, l'allemand Gunther Öttinger, avait déjà appelé Bruxelles à la fermeté contre la France, un pays « déficitaire récidiviste ».L'Allemagne craint la tentation du statu quo ou de la paralysie de l'autre côté du Rhin. Dans une note parue en novembre, la fondation Konrad Adenauer, proche de la CDU, semble déjà tirer un trait sur les deux années à venir en France. « 2017 est-elle plus importante que les réformes ? », s'interroge le texte en étudiant les alternatives possibles à droite et à gauche à François Hollande. « Le gouvernement n'a plus la force politique ni la base » pour agir, explique-t-on. Cette analyse est contestée à Paris où l'on défend les réformes engagées. « La fenêtre de tir restante pour agir est courte pour le gouvernement Valls », explique cependant un interlocuteur français du premier ministre.En prônant la rigueur vis-à-vis de la France, Angela Merkel satisfera la base de la CDU, exaspérée par le « laxisme » des pays en crise. Sans rival, la chancelière est assurée de sa réélection à la tête de la famille chrétienne-démocrate, qui tient son congrès cette semaine à Cologne. En 2012, elle avait été réélue présidente de la CDU avec 97,9des voix.Malgré le plébiscite annoncé, Angela Merkel tient à faire taire les critiques au sein du parti sur son virage social. Depuis un an, la CDU a beaucoup cédé à la gauche au sein de la grande coalition au pouvoir et laissé un petit espace à sa droite au nouveau parti anti-euro AfD.Contrairement à François Hollande, Angela Merkel n'a pas à se poser la question des prochaines élections, prévues en 2017. Selon un sondage Emnid paru dimanche dans Bild, 56 % des Allemands souhaitent qu'elle soit réélue pour un quatrième mandat. Sa popularité est au beau fixe dans l'opinion, même si le débat commence à s'ouvrir sur les fragilités de l'économie allemande et les réformes que le pays devra mener. Si l'Allemagne n'est pas dans une situation d'urgence comme la France, elle a des défis de long terme à relever, comme son tournant énergétique ou le vieillissement de sa population. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 238 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ANGELA MERKEL MET EN GARDE ET SES REFORMES INSUFFISANT 06/12/2014 Le Monde - Dossier Pag. 4 (diffusione:30179, tiratura:91840) L'homme d'affaires italien Andrea Bonomi a décidé, vendredi 5 décembre, de surenchérir à nouveau pour s'offrir le Club Méditerranée. Il propose désormais 24 euros par action, soit 2 % de plus que l'offre du conglomérat chinois Fosun qui tenait jusqu'à présent la corde. Son offre valorise à 916 millions d'euros le groupe français de tourisme, alors même que celui-ci perd de l'argent depuis plusieurs années. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 239 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Andrea Bonomi surenchérit pour s'offrir le Club Med 07/12/2014 Le Monde - Dossier Pag. 4 (diffusione:30179, tiratura:91840) L'agence de notation américaine Standard & Poor's a annoncé, vendredi 5 décembre, avoir abaissé la note souveraine de l'Italie de BBB à BBB-, la ramenant à un cran au-dessus de la catégorie spéculative. L'agence de notation estime en effet que la faible croissance du pays ainsi que sa compétitivité détériorée mettent désormais en péril la viabilité de sa colossale dette publique. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 240 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La note de l'Italie dégradée par Standard & Poor's 07/12/2014 Le Monde - Dossier Pag. 6 (diffusione:30179, tiratura:91840) Audrey Tonnelier Eu-pho-rique. Difficile de penser à un autre qualificatif pour décrire le comportement des investisseurs américains. Depuis le début de l'année, le S & P500, l'indice-phare de la Bourse new-yorkaise, a battu son record historique pas moins de... 47 fois en clôture - sans doute bien davantage en prenant en compte les plus hauts atteints en cours de séance.Dernier exploit en date : mardi 2 décembre, à plus de 2 074 points. De quoi assurer au S & P500 une hausse d'au moins 12 % depuis le début de l'année, quand l'Eurostoxx, son homologue pour les marchés européens, se " traîne " à un peu plus de 4 % de gain depuis le 1er janvier.Les raisons de ce décalage ? Elles sont connues. Il y a le rebond de l'économie américaine. Partant, la bonne tenue des profits des entreprises de l'Oncle Sam, largement tirés par la bonne santé leur marché domestique.Il y a aussi le retour à meilleure fortune du marché de l'emploi : vendredi, le département du travail américain a indiqué que les créations d'emploi s'inscrivaient au plus haut depuis janvier 2012, et le taux de chômage, au plus bas depuis six ans, à 5,8 %. Enfin, il y a l'effet bénéfique des monceaux de liquidités déversés par la Fed jusqu'en octobre.Conséquence : quand Wall Street grappille des points, séance après séance, se rapprochant doucement mais sûrement de nouveaux sommets, les Bourses du Vieux Continent font du yo-yo au gré des annonces et des petites phrases.Parfois, cela revient à peu près au même. Comme durant la semaine écoulée, où la quasi-totalité des grandes places mondiales a fait du surplace en cinq jours. Le CAC 40 a crû de 0,67 %, tandis qu'en Allemagne, le Dax s'adjugeait 1,06 % et le Footsie londonien, 0,30 %. Outre-Atlantique, le Dow Jones a gagné 0,73 % et le Nasdaq était en baisse de 0,23 %.Pourtant sur le fond, si les marchés américains ont retrouvé le sourire, l'Europe, elle, a encore besoin de trouver des raisons d'y croire. Elle pensait en tenir une, et lui avait même trouvé un nom : Super Mario.Las, Mario Draghi, le président de la Banque centrale européenne, a plutôt déçu les marchés cette semaine. Les grandes Bourses ont reculé, jeudi 4 décembre, après la réunion de politique monétaire de l'institut francfortois.M. Draghi a pourtant indiqué que le conseil des gouverneurs s'était penché sur " plusieurs options d'assouplissement quantitatif " - les fameux rachats d'actifs - et avait " intensifié la préparation " de nouvelles mesures de soutien à l'économie. " Mais il y a encore du travail à faire " avant leur éventuelle mise en œuvre, a-t-il ajouté.Les investisseurs, eux, avaient déjà acheté la rumeur : ils voyaient Super Mario, en sauveur de la zone euro, donner le coup d'envoi à une politique de rachat massif d'actifs sur les marchés - et notamment de dette souveraine." Les marchés sont trop pressés. La communication ces dernières semaines de Mario Draghi et de son numéro deux, Vitor Constâncio, a certes contribué à développer des anticipations hasardeuses au sein de la communauté financière. Pourtant, avant le TLTRO - méga-prêt aux banques - du 11 décembre - ... - , il apparaissait peu probable qu'un - rachat - d'obligations souveraines soit lancé ", tempéraient les analystes d'Aurel BGC dans une note, vendredi matin.Et de conclure : " La question qui se pose après la BCE n'est pas de savoir si un QE - quantitative easing, assouplissement quantitatif - de titres souverains sera mis en place, mais quand il le sera. " Dont acte. Les débats entre observateurs portent désormais sur la date à laquelle sera annoncée cette nouvelle politique : lors de la prochaine réunion de la BCE, le 22 janvier, ou lors de la suivante, en mars ?En attendant, les marchés ont dû chercher d'autres raisons de retrouver le sourire. Ils ont sauté sur l'occasion, vendredi 5 décembre, d'une amélioration de la croissance au troisième trimestre dans la zone euro : le PIB y a crû de 0,2 %, a confirmé Eurostat en publiant une deuxième estimation de cet indicateur. Une embellie bien modeste, mais réelle après une croissance de seulement 0,1 % au deuxième trimestre.Il en est que ces atermoiements ne semblent guère gêner : il s'agit des financiers qui se livrent à une incroyable bataille rangée pour mettre la main sur le Club Med. Vendredi, l'homme d'affaires italien Andrea Bonomi a décidé de surenchérir une nouvelle fois face au conglomérat chinois Fosun. M. Bonomi propose 0,50 euro par action de plus que son concurrent... qui avait lui-même surenchéri quatre jours plus tôt, de 0,50 euro par action !Après plus d'un an et demi de surenchère, le groupe SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 241 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Les marchés veulent y croire 07/12/2014 Le Monde - Dossier Pag. 6 (diffusione:30179, tiratura:91840) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 242 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato présidé par Henri Giscard d'Estaing est désormais valorisé à 916 millions d'euros. Une somme étonnante, pour ne pas dire incongrue, pour une société en perte chronique. 08/12/2014 Les Echos Pag. 4 (diffusione:118722, tiratura:579000) Loraine Donnedieu de Vabres-Tranié Dans une interview à la presse allemande, la chancelière somme la France d'aller plus loin dans les réformes. A la question posée à Angela Merkel - à la veille de sa réélection à la tête de la CDU - sur le répit de trois mois accordé par Bruxelles à la France et l'Italie pour améliorer leurs finances, la réponse a fusé. Le délai accordé n'est justifié que parce que les deux pays se sont engagés dans un processus de réformes, mais pour la chancelière allemande, ce qui est sur la table « ne suffit pas ». Au-delà du calcul de politique intérieure, pour donner un gage à l'aile droite du parti conservateur et obtenir un sacre demain à Cologne, la chancelière allemande est très inquiète de la situation en France, qui vient d'adopter in extremis quelques mesures fiscales supplémentaires. Le doute sur la capacité de la France et de l'Italie à se réformer s'est installé outre-Rhin, malgré le projet de loi Macron. L'inquiétude est grande, confirme Michel Barnier, ancien commissaire européen : « Le problème d'un pays devient très vite le problème de tous. Les pays européens y compris du Sud - veulent que le règlement de copropriété de l'euro soit respecté par tous. » Il faut donc dire les choses et les marteler avant qu'il ne soit trop tard. C'est encore le temps de la prévention, chère à la Commission, avant celui de la sanction. En mars prochain, la France, si elle ne réduit pas son déficit, risque en effet d'être sanctionnée par Bruxelles, ce qui peut aller jusqu'à la mise sous tutelle de son budget. Le FN en tirerait, une nouvelle fois, les bénéfices. Angela Merkel ne l'ignore pas. D'un autre côté, elle n'a pas à se mêler du détail des mesures que la France doit prendre pour respecter ses engagements budgétaires. Dans l'Hexagone, des voix se sont élevées pour dénoncer les effets désastreux des politiques d'austérité. Pour Anne Hidalgo, maire de Paris, « l'investissement public, quand il prépare l'avenir, n'est pas une mauvaise dépense. » C'est aussi l'avis du FMI. Sa directrice générale considère que les annonces d'investissements dans la zone euro ne suffiront pas à relancer la croissance. Côté allemand, on ne l'entend pas de cette oreille. Pour Berlin, c'est aux autres pays d'être à l'équilibre budgétaire. Pas question de s'endetter pour investir plus. La peur viscérale du retour de l'inflation n'est jamais loin. Ceci explique-t-il la réponse cinglante de la chancelière ? Christine Lagarde, interrogée par téléphone du Chili où elle se trouve, tente la synthèse : « La réforme n'est pas une destination, mais un mouvement. » Des deux côtés du Rhin, les gouvernants feraient bien de s'en inspirer. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 243 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La mise en garde de Merkel à la France 08/12/2014 Les Echos Pag. 26 (diffusione:118722, tiratura:579000) Tourisme : Engagée le 30 juin, la bataille boursière pour la prise de contrôle du Club Méditerranée est à nouveau relancée. Le groupement d'investisseurs mené par l'homme d'affaires italien Andrea Bonomi a relevé, vendredi, son prix, le portant de 23 à 24 euros par action, soit 50 centimes au-dessus du dernier prix du consortium mené par Fosun, le partenaire chinois du Club. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 244 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Club Med : Bonomi défie à nouveau Fosun avec une nouvelle surenchère 08/12/2014 Les Echos Pag. 42 (diffusione:118722, tiratura:579000) Pierre Moscovici La baisse des cours pourrait faire basculer l'euro dans la déflation... ... ou favoriser un plan de relance providentiel pour la croissance. Les prix du baril de brent ont chuté de presque 40 % depuis juin. Le mouvement a été accentué le 27 novembre par la décision de l'Organisation des pays exportateurs de pétrole - l'Opep - de maintenir son plafond de production. Tous les pays ne sont pas affectés de la même manière. Les producteurs d'or noir voient leurs revenus d'exportation diminuer, ce qui représente un risque réel pour la stabilité économique et financière de certains, comme la Russie. Pour 2015, les prévisions d'évolution du prix du pétrole, notamment sur la base des marchés à terme, laissent présager une tendance stable. Les prévisions économiques d'automne de la Commission européenne avaient déjà revu ses estimations sur le brent. Or ces prix pourraient être encore plus bas. Il faudra donc évaluer l'ampleur et la constance de cette tendance à moyen terme, pour en estimer tous les effets sur la croissance européenne et mondiale. En territoire négatif La dépréciation de l'euro a légèrement atténué l'impact de la baisse des prix du pétrole, libellés en dollars, sans pour autant stériliser totalement son effet sur l'inflation. Le président de la BCE, Mario Draghi, a souligné le 4 décembre la nécessité d'évaluer les conséquences des récents développements du prix du pétrole sur l'inflation à moyen terme au sein de la zone euro. Empiriquement, on constate qu'une diminution de 10 % des prix du pétrole a un impact négatif sur l'inflation de 0,1 à 0,3 point la première année. Alors que l'inflation en zone euro est aujourd'hui très basse, le risque de passer en territoire négatif doit être surveillé, même si la menace déflationniste (anticipations générales de baisse future des prix) ne semble pas probable. La zone euro serait cependant plus sereine si l'inflation était à 2 %. La BCE a clairement indiqué qu'elle était prête à mettre en oeuvre une large palette d'outils, y compris non conventionnels, pour sortir de cette situation. Au-delà de ce risque, la baisse du pétrole est une bonne nouvelle pour la zone euro, importateur net, car elle constitue un choc d'offre positif, bénéfique pour la demande intérieure. C'est un facteur de soutien au pouvoir d'achat et à la croissance. Un choc négatif de 10 % sur les prix du pétrole produirait ainsi selon certaines estimations une hausse de la croissance de 0,1 à 0,2 point. A l'échelle mondiale, elle permet une légère augmentation de la demande globale, en redistribuant la richesse des pays exportateurs nets vers les pays importateurs nets (Union européenne, Japon, Chine ou Inde). La situation doit aussi encourager les responsables européens à enclencher des mesures concrètes de préparation à la transition énergétique. C'est en période de baisse des prix que la mise en place de dispositifs d'incitation à la sortie progressive des énergies fossiles - par exemple par l'annonce crédible d'une trajectoire de renchérissement du carbone dans le futur - est la plus aisée politiquement. Par ailleurs, le plan européen d'investissement, porté par le président Jean-Claude Juncker et la nouvelle Commission, constitue un outil ambitieux pour soutenir le financement de projets d'infrastructure et de recherche dans ce domaine. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 245 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La chute du pétrole, une opportunité à saisir pour la zone euro 08/12/2014 Les Echos Pag. 43 (diffusione:118722, tiratura:579000) Stéphane Courbit 80 % de la production française est perdue, du jamais-vu depuis 60 ans. Quels enseignements tirer de l'histoire de la mouche de l'olive? L'histoire de la mouche de l'olive , si elle est dramatique pour les oléiculteurs francais, ne devrait pas créer de séisme dans l'économie européenne en cette fin 2014. Toutefois, elle est une parfaite illustration de l'incompréhension qui persiste entre les acteurs de l'écologie et les acteurs économiques de notre pays. Le bilan risque d'être lourd Pour rappel, les trois quarts de la production mondiale d'huile d'olive proviennent d'Europe du Sud, dont deux tiers pour l'Espagne et l'Italie. Or cette année, la sécheresse en Espagne, la douceur de l'hiver et l'humidité excessive en Italie devraient réduire cette production de moitié. Une aubaine pour les producteurs français ? Hélas non. La faute à cette fameuse mouche qui, de son côté, grâce à un hiver très doux, s'est développée à son aise sur les oliviers du sud de la France. Conséquence : jusqu'a 80 % de la production française est perdue (du jamais-vu depuis près de 60 ans), bien pire que pour nos voisins. La question que l'on peut se poser est donc : aurions-nous pu éviter cette catastrophe ? « Oui » selon Olivier Nasles, le president de l'Afidol (Association française interprofessionnelle de l'olive), mais pas dans le cadre réglementaire actuel très contraignant en termes de produits tolérés. La prolifération de cette mouche, connue depuis 50 ans, laissait dès les mois de juin et juillet présager du pire. « Les traitements autorisés ne permettaient pas d'éviter la catastrophe annoncée. Et, pour ceux qui l'étaient, comme le traitement par l'argile, il eût fallu en passer toutes les semaines. » Le bilan risque donc d'être lourd pour les producteurs, mais également par ricochet pour les transformateurs, moulins, coopératives, sans oublier toutes les structures commerciales qui ont investi dans l'huile de France. Tous ces professionnels bénéficieront peut-être d'une aide de l'Etat, mais cet argent aurait pu être « mieux » utilisé, y compris a des fins écologiques. Un des buts de l'écologie étant le maintien du tissu économique rural. Ne pourrait-on pas de temps en temps assouplir quelques règles, se parler un peu plus, ne pas considérer l'écologie comme ennemie de l'économie ? Et si Bactrocera oleae (la mouche de l'olive) était la mouche qui devait nous piquer ? SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 246 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Crise de l'huile d'olive : la France tiraillée entre l'écologie et l'économie 08/12/2014 Les Echos Pag. 44 (diffusione:118722, tiratura:579000) Guillaume Cerutti Le CCSF devrait parvenir à un compromis le 15 décembre sur les critères de comparaison des offres d'assurance de crédit. Déblocage en vue dans le très sensible dossier de l'assurance des crédits immobiliers. Le Comité consultatif du secteur financier (CCSF) est sur le point de trouver, enfin, un accord sur les points qui permettront aux lois Lagarde et Hamon de produire leur effet. Celles-ci avaient ouvert la possibilité aux particuliers de faire jouer la concurrence pour le choix de l'assurance de leur prêt. Souvent méconnu, l'enjeu pour l'emprunteur est pourtant de taille, puisque le coût de cette assurance, qui couvre notamment les risques liés au décès, à l'invalidité ou à l'incapacité, peut représenter jusqu'à 25 % du montant total du coût du prêt immobilier. Il restait cependant à définir les modalités concrètes de mise en jeu de cette avancée consumériste. Pouvoir discrétionnaire La banque garde en effet le pouvoir de refuser le contrat d'assurance alternatif apporté par son client si ce contrat ne présente pas un niveau de garanties jugé « équivalent » à celui qu'elle offre. Un pouvoir discrétionnaire dénoncé par les associations de consommateurs, notamment l'UFC-Que Choisir. Le CCSF, qui réunit assureurs, banquiers et représentants des consommateurs, a donc été chargé de trouver un compromis avant la fin de l'année. A l'issue de la réunion du 3 décembre, Emmanuel Constans, son président, s'est dit « confiant dans l'aboutissement d'un accord "gagnant-gagnant" pour toutes les parties, vers davantage de transparence pour les consommateurs et davantage de concurrence entre les acteurs ». Au coeur des débats : la question du moment où l'emprunteur peut effectivement faire jouer la concurrence, et les critères selon lesquels les offres peuvent être comparées. Pour Eric Lombard, directeur général de Generali France, qui reflète la vision des « pure players » de l'assurance, l'emprunteur « doit pouvoir faire jouer la concurrence le plus en amont possible de la signature du prêt ». Chez les bancassureurs, à l'instar d'Henri Le Bihan, directeur général de Crédit Agricole Creditor Insurance, on souligne surtout l'importance de la personnalisation de l'offre d'assurance selon le profil de l'emprunteur, et donc la nécessité de comparer finement les contrats dans la phase finale de la conclusion de l'offre de prêt. Réponse espérée le 15 décembre, à l'issue de la réunion plénière du CCSF. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 247 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Un accord de place en vue pour l'assurance emprunteur 08/12/2014 Les Echos Pag. 46 (diffusione:118722, tiratura:579000) Jean-Michel Blanquer Emmanuel Hoog Politique et pragmatique, le président de la Banque centrale européenne abat progressivement ses cartes. On le croyait banquier. Mario Draghi en 2014 s'est affirmé d'abord comme un grand politique. Par touches successives, depuis son accession à la tête de la Banque centrale européenne (BCE) en 2011, il a réussi à imprimer sa marque. Formé par les jésuites, passé par le MIT et Goldman Sachs, professeur à Florence et à Turin, « Super Mario » a tout d'un condottiere moderne, habile et conquérant. Tel un joueur avisé, il abat progressivement ses cartes. En 2012, il apparaît aux yeux du monde entier comme le sauveur de la zone euro prise dans la tourmente de la crise des dettes souveraines en abaissant les taux d'intérêt et en injectant des liquidités. A cette occasion, au-delà de sa maîtrise technique, il a montré sa capacité à être un homme de communication qui sait parler aux marchés. Son engagement à racheter de la dette souveraine avait été suffisant pour restaurer la confiance sans qu'il fût nécessaire de passer à l'acte. L'euro fut sauvé, mais l'Europe toujours pas guérie. En août 2014, il abat une nouvelle carte importante. Son discours de Jackson Hole, au milieu des banquiers centraux de la planète, est un tournant dans un milieu, habitué à la continuité et à la mesure. Il édicte ses « Draghinomics » pour affronter la crise. Il identifie clairement le chômage de masse et la déflation comme la menace qui guette l'Europe, et il assigne à la BCE un rôle majeur dans la résolution du problème. Avec sa dernière conférence de presse du 4 décembre, Draghi s'est positionné sur une sorte de troisième voie entre l'approche allemande, rivée sur les risques d'inflation et les déficits budgétaires, et l'approche française, toujours tentée par la relance de la demande. Un axe Juncker Draghi Il réaffirme clairement la complémentarité de deux politiques. D'un côté, les réformes de la fiscalité et du marché du travail sont indispensables, notamment dans des pays comme la France et l'Italie. De l'autre, la BCE doit assurer un environnement économique favorable au rebond de la croissance. Il n'y a donc pas une seule formule, mais une combinaison de facteurs à réunir. Si Draghi semble préparer les esprits à de possibles « QE » (rachats d'actifs) de la part de la BCE en 2015 - une nouvelle divergence avec la position allemande -, il lui reste à définir techniquement comment cela pourra être efficace. Politiquement, il s'est affirmé comme le patron, prêt à compter sur une majorité des membres de son Conseil des gouverneurs, même en cas de veto allemand. Il lui faudra trouver aussi une complémentarité avec la politique de relance de la Commission. L'axe Juncker-Draghi comme moteur de l'Europe est peut-être ce qui pourra relayer le moteur franco-allemand, aujourd'hui en panne. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 248 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Mario Draghi, le Latin qui ne perd pas le nord 08/12/2014 Les Echos Pag. 46 (diffusione:118722, tiratura:579000) Olivier Gonzalez A un tournant historique, la BCE fait de l'euro un de ses outils pour éviter la déflation. La baisse de l'euro, une bonne ou une mauvaise nouvelle ? La monnaie unique, qui n'avait paradoxalement pas été affectée par la crise de la zone euro, a entamé depuis septembre une baisse très prononcée. Aujourd'hui autour de 1,23 dollar, l'euro affiche un recul de près de 11 % depuis le début de l'année. Une bouffée d'oxygène pour les exportations et l'emploi de la zone euro. Celle-ci doit beaucoup au président de la Banque centrale européenne (BCE), Mario Draghi, qui avait annoncé qu'il ferait tout pour sauver l'Europe de la déflation. Les banques centrales s'efforcent d'exporter à leurs partenaires leur problème principal, la déflation (baisse généralisée et durable des prix). Affaiblir sa monnaie est la solution de facilité, et même dans certains pays (Japon), la solution de la dernière chance. La « guerre des changes », la course aux dévaluations compétitives sont devenues un conflit mondial avec l'entrée de l'euro. Jusqu'ici, ce dernier avait été plutôt neutre dans ce conflit. Mais la nette détérioration de la conjoncture en Europe ne lui laisse pas d'autre alternative. Japonisation contre germanisation La baisse de l'euro ne fait pas l'unanimité en Europe. Selon Berlin, elle doit s'accompagner impérativement de réformes structurelles pour être bénéfique sur le long terme. D'ailleurs, la chancelière allemande Angela Merkel a de nouveau encouragé Français et Italiens, dans une interview à « Die Welt », à se focaliser en priorité sur les réformes. Elle est favorable à l'idée de donner plus de temps à Paris et Rome, mais reste inflexible sur le respect des déficits publics. Baisser sa devise, même fortement comme dans le cas du yen, n'a pas tous les effets bénéfiques escomptés. La BCE est à la croisée des chemins face aux risques d'une longue période de japonisation, une dépression économique prolongée sans espoirs de reprise. Pour éviter ce piège, elle voudrait que ses membres se réforment vite, en s'inspirant du modèle allemand. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 249 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La baisse de l'euro ne fait pas l'unanimité 08/12/2014 Les Echos Pag. 46 (diffusione:118722, tiratura:579000) Bruno Lafont Les taux d'intérêt à long terme sont historiquement bas. L'impact sur l'économie dépendra notamment de la réponse des Etats. Les Etats peuvent emprunter à des taux historiquement bas. Pour la première fois, cette année, le taux français à 10 ans est tombé en dessous de 1 %, à 0,944 %, vendredi dernier. En Italie et en Espagne, le coût d'emprunt a atteint un niveau jamais vu, respectivement à 1,931 % et à 1,759 %. Cette baisse est la conséquence des annonces de la Banque centrale européenne (BCE) qui prévoit de déployer un programme de rachats d'obligations d'Etat. Cette situation de très bas taux d'intérêt à long terme devrait durer. Selon AXA IM, le taux d'intérêt moyen de la dette publique française pourrait ainsi descendre de 2,5 % (en 2013) à un plancher de 1,9 % en 2017. Pour les Etats endettés, cette baisse est une aubaine. Non seulement elle facilite les perspectives de refinancement, car simultanément les « spreads » (différentiel de taux, notamment entre la France et l'Allemagne) restent stables, mais encore elle en réduit le coût, qui diminue la charge financière et les déficits. Mais cette aubaine pourrait être de courte durée. Car, dans le même temps, les perspectives économiques se dégradent. Dans la zone euro, le produit intérieur brut reste inférieur de 3 % à celui d'avant-crise et l'investissement des entreprises a baissé de 17 % depuis 2007, selon Natixis. La BCE vient de revoir à la baisse ses prévisions de croissance pour 2015 (de 1,6 à 1 %) et d'inflation (de 1,1 à 0,7 %). Spectre de la déflation Cette dégradation aura mécaniquement un impact négatif sur les comptes (moins de recettes) et sur les dettes publics. Nombreux sont ceux qui évoquent de plus en plus souvent le spectre de la déflation, spirale négative de la baisse des prix sur les revenus, sur les anticipations des acteurs économiques et donc sur la croissance. Plus généralement, l'impact de cette baisse des taux sur l'économie, l'investissement, la croissance et l'emploi dépendra surtout de la réponse des Etats. Potion potentiellement magique si les Etats ne se contentent pas de profiter de l'aubaine créée par la baisse des taux mais l'utilisent pour accélérer les réformes structurelles et réduire le déficit. Cadeau empoisonné si cette baisse reste insuffisante pour avoir un impact sur l'économie réelle et si, suite à l'action insuffisante des Etats, elle conduit, comme l'indiquent certains scenarii, à de nouvelles dégradations des notations financières (la France est sous perspective négative, l'Italie a été dégradée vendredi par S&P) et bien sûr à de nouvelles cures d'austérité... D'où la question d'un bon calibrage de cette baisse de taux. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 250 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Les taux très bas, une potion magique ? 08/12/2014 Les Echos Pag. 51 (diffusione:118722, tiratura:579000) Jean-Pierre Mustier L'Opep fait plus que les Etats européens pour aider la BCE. L'or noir deviendrait-il un chèque en blanc ? Après la décision de l'Opep, la semaine dernière, de ne pas réduire sa production de pétrole brut et la dégringolade du prix du baril, de 36 % depuis le mois de mai, la question mérite d'être posée. Car il est probable que le cours du bidon d'huile - actuellement proche de 70 dollars - pourra baisser encore, car il se situe dans la fourchette haute des prix avant la crise financière qui a débuté en 2008. Et il faut s'en réjouir : rarement une baisse des prix du pétrole aura été autant utile aux consommateurs et aux sociétés non énergétiques, qui sont les grands gagnants de cette évolution. L'impact positif sur le PIB européen est estimé entre 0,25 et 0,5 % l'année prochaine, selon les économistes d'UniCredit. Les impacts économiques négatifs s'avèrent en revanche plus limités, pour l'essentiel hors d'Europe : moins d'investissement dans le gaz de schiste aux Etats-Unis et forte baisse de revenus sur quelques pays producteurs qui n'ont ni modernisé ni développé leurs outils industriels, comme la Russie, le Venezuela et l'Iran. Sur les marchés actions, si le secteur pétrolier en a fait les frais, vu l'impact lourd sur ses bénéfices, les marchés obligataires, eux, semblent aujourd'hui focalisés sur le risque de baisse de l'inflation, et peut-être même de déflation, lié à cette baisse du prix des hydrocarbures. C'est probablement une surréaction, cet effet n'étant que temporaire, concentré sur l'année 2015 et certainement plus limité que prévu, car les baisses de prix sont souvent moins retransmises aux consommateurs. Par exemple, en Europe, la composante hors taxe du prix du carburant n'a baissé que de 16 % en moyenne depuis mai, moitié moins que le prix du baril. Mais pour la Banque centrale européenne, avoir à gérer une baisse de l'inflation et même peut -être un taux négatif au premier trimestre constitue une belle raison supplémentaire de mettre en place sa politique d'assouplissement quantitatif, la dernière roue de secours de la croissance européenne. Un gros chèque de liquidités à venir pour l'économie. M. Draghi pourra remercier les cheikhs de l'Opep ! SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 251 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Le bidon a du bon ! 08/12/2014 Les Echos Pag. 57 (diffusione:118722, tiratura:579000) En France l'art-thérapie est encore embryonnaire en matière de RH. Mais dans la santé, c'est un outil précieux comme le montrent les 15 associations qui l'utilisent en structures médicales et ont été récompensées le 2 décembre par l'opération de mécénat du GPMA avec le soutien de Generali. Depuis huit ans, 658 associations ont participé à ce prix, chaque année sur un thème, et 104 ont été distinguées. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 252 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'art-thérapie primée par Atout Soleil 2014 08/12/2014 Liberation Pag. 8 Mafia : Rome, ville offerte Monde - Par Éric Jozsef Correspondant à Rome «Panzironi : 15 000 euros par mois. Odevaine : 5 000 euros. Alemanno : 75 000 euros en banquets électoraux»... Entre conseillers municipaux et régionaux, fonctionnaires et policiers, ils sont des dizaines à figurer dans le carnet noir de la corruption romaine saisi mardi par les carabiniers au terme d'une opération antimafia spectaculaire : 37 personnes ont été appréhendées, 76 autres sont visées par une enquête, dont l'ancien maire de droite Gianni Alemanno. Avec, en toile de fond, une conviction des enquêteurs : la criminalité organisée a fait main basse sur l'administration de Rome. De droite comme de gauche, des élus faussaient, en échange de pots-de-vin, les appels d'offres pour le nettoyage urbain, les transports publics ou encore la gestion des camps de nomades au profit d'un clan organisé autour de Massimo Carminati, un ancien activiste néofasciste. Personnage tout droit sorti du livre Romanzo criminale, de Giancarlo De Cataldo, celui-ci a longtemps fréquenté, dans les années 70, la redoutable Banda della Magliana, avant de faire fructifier sa propre entreprise mafieuse. Surnommé le «Borgne» parce qu'il a perdu un œil lors d'un échange de coups de feu avec la police, il serait, au fil des ans, devenu le nouveau roi de Rome. Capable, avec son bras droit et ancien meurtrier Salvatore Buzzi, de piloter les attributions de fonds publics ou d'imposer des changements dans le budget de la capitale. Malgré son passé tumultueux, Massimo Carminati, âgé de 56 ans, avait su se faire discret au cours des dernières années, préférant gérer dans l'ombre, au milieu de ses tableaux d'Andy Warhol et de Jackson Pollock, son énorme pouvoir sur la ville. «Ville contaminée». «La mafia de Rome ne tue pas, elle corrompt. Elle n'use pas d'intimidations à travers le contrôle du territoire mais en s'appuyant sur la réputation criminelle de certains de ses responsables, passés du terrorisme d'extrême droite à la délinquance commune», souligne le Corriere della Sera. «Le nom de Carminati est murmuré avec peur dans la ville», confirme le spécialiste de la mafia Lirio Abbate. Convaincu que les mondes de la légalité et de l'illégalité sont destinés à se côtoyer, Carminati a forgé sa «théorie du monde du milieu» : «Il y a les vivants au-dessus et les morts en dessous. Et nous, nous sommes au milieu, là où tout le monde se rencontre», explique-t-il à l'un de ses complices dans une conversation interceptée par la police. Dans la capitale, Massimo Carminati a parfaitement mis en pratique sa théorie. Son organisation criminelle serait parvenue à détourner au bas mot 60 millions d'euros par an en rémunérant des édiles et bureaucrates dociles pour s'adjuger les marchés publics. Y compris ceux concernant les centres d'accueil des réfugiés. «Tu as une idée, toi, de combien je gagne sur les immigrés ? Le trafic de drogue rapporte moins», avance, dans une conversation, Salvatore Buzzi. Des policiers véreux étaient aussi régulièrement arrosés. «C'est l'instantané d'une ville contaminée jusqu'au sommet», résume le Corriere della Sera alors que le scandale fait aujourd'hui trembler une bonne partie du monde politique italien. Massimo Carminati aurait notamment profité pleinement de l'élection à la mairie en 2008 du post-fasciste Gianni Alemanno. Le chef du cabinet du maire semble avoir été à la pleine disposition du Borgne. De même que Franco Panzironi, l'expatron de la très appétissante entreprise municipale de nettoyage. Incriminé, Alemanno se défend en jurant n'avoir jamais rencontré Carminati : «J'aurais dû faire davantage attention dans le choix de mes collaborateurs.» Mais à gauche aussi, l'enquête du parquet antimafia provoque un séisme. Plusieurs responsables locaux sont visés. Notamment Luca Odevaine, l'ancien bras droit de Walter Veltroni (exministre et maire de Rome de 2001 à 2008) ou Mirko Coratti, le président de l'assemblée municipale qui a démissionné. La mafia romaine aurait également financé la campagne électorale de l'actuel maire démocrate, Ignazio Marino, pour tenter de le conditionner. Matteo Renzi a fait savoir qu'il était «choqué». Le chef du gouvernement italien a décidé de mettre sous administration spéciale la section romaine du Parti démocrate (PD). Si son courant n'est pas directement touché, le jeune Premier ministre craint qu'après les scandales de l'Expo 2015 à Milan (1) et ceux du chantier «Moïse» à Venise (2), ces nouvelles affaires viennent obscurcir le SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 253 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Récit. Une vaste opération policière menée mardi éclabousse des dizaines d'hommes politiques et montre une capitale sous la coupe du parrain local, Massimo Carminati. 08/12/2014 Liberation Pag. 8 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 254 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato vent de renouveau qu'il s'emploie à incarner. «Ménage». De son côté, Roberto Saviano, l'auteur de Gomorra, est intervenu pour demander des comptes à Giuliano Poletti, ministre du Travail et ancien président de la puissante Ligue des coopératives, liée au Parti démocrate. Sur la photo d'un dîner tenu en 2010, celui-ci est en compagnie de l'ex-maire Alemanno, de l'ancien patron de l'entreprise de nettoyage Panzironi, mais surtout de Salvatore Buzzi, le bras droit de Carminati. Pour l'heure, Matteo Renzi est venu au secours de son ministre. Mais au sein du Parti démocrate, on craint de nouvelles révélations. L'instrument des primaires du PD est notamment fortement mis en cause. Il aurait favorisé les malversations et les clientélismes. «Seuls 30% des citoyens y participent parce qu'ils y croient. Les autres sont contrôlés par les caciques locaux ou payés pour voter», se désole un ancien adjoint au maire, Roberto Morassut. Matteo Renzi veut en tout cas faire «un ménage complet». Il y a urgence. Dans son dernier rapport, publié mercredi, Transparency International indique que l'Italie est devenue, avec la Grèce, le pays plus corrompu de la zone euro. (1) La mise au jour d'un vaste réseau de corruption politico-financière portant sur les marchés publics de l'Exposition universelle a mené en début d'année à de nombreuses arrestations. (2) Une enquête pour corruption et blanchiment d'argent vise ce chantier d'installation de digues géantes pour protéger la ville. 08/12/2014 Wall Street Journal Pag. 1.8 BY IAN TALLEY 'It's good news for the global economy,' said Christine Lagarde.Many of the world's top policy makers are rewriting their economic forecasts for the U. S., Europe and elsewhere in the world, betting that plummeting oil prices will boost growth by handing consumers and manufacturers a windfall.Officials at the International Monetary Fund, U. S. Federal Reserve and European Central Bank have in recent days shrugged off concerns that the tumbling cost of crude signals a global economic slowdown. Instead, they project cheaper oil will be a shot in the arm for the world economy overall, especially countries with high energy tabs.Stanley Fischer, vice chairman of the U. S. Federal Reserve, called it a "supply shock" that will help the U.S. "It's more likely to increase GDP than reduce it," he said."The effect is unambiguously positive," European Central Bank President Mario Draghi declared after the bank's monthly meeting last week.Some economists warn that the nearly 40% plunge in crude- oil prices in recent months is more a harbinger of gloom as Europe flirts with recession, Japan tries to recover from its own slump and China's slowdown risks morphing into a steeper pullback. Indeed, historically, sharp drops in oil prices tend to be associated with recessions as energy demand collapses.This time, though, a range of supply- boosting factors is shifting the calculus for many officials and economists-from advanced drilling techniques to a revival in Libyan oil supply and a bid by some Middle East producers to price competitors out of the market."This time is different," said Guy Caruso, a former head of the U. S. Energy Information Administration and a senior adviser at the Center for Strategic and International Studies.Whether the recent price tumble is driven more by a supply glut or a drop in demand could determine the direction of the global economy in the coming year.Falling energy prices are clearly hurting major oil exporters such as Iraq, Algeria and Nigeria that rely heavily on petroleum revenues. It is particularly bad news for countries such as Russia, Venezuela and Iran already facing deep economic problems.But for major oil importers such as Japan, Italy and Germany, the IMF calculates the price plunge since June could add nearly a percentage point of gross domestic product to their economies. The IMF is raising its forecast for U. S. growth next year to 3.5% from its last estimate of 3.1%, in part because of expected lower energy costs."There will be winners and losers, but on a net-net basis, it's good news for the global economy," said IMF Managing Director Christine Lagarde at The Wall Street Journal CEO Council annual meeting last week.The fund attributes roughly 80% of the fall in oil prices to supplyside causes, such as decisions by the Organization of the Petroleum Exporting Countries and fuel- efficiency standards, and only 20% to declining demand from slowing growth.J. P. Morgan Chase economists put the ratio lower: 55% because of supply and 40% from weaker emergingmarket growth. The bank still estimates, however, that the price decline could add 0.7 percentage point to global growth over the next two quarters.Part of the boost comes from lower transportation and manufacturing costs, particularly for energyintensive industries such as airlines and steelmaking. The primary benefit is more cash in consumers' wallets as they spend less of their paychecks fueling their vehicles, spurring more consumer spending.Research group IHS Global Insight says the average U. S. household should have an extra $750 in its pockets over the next year compared with the last 12 months, if prices hold.One risk for policy makers: Viewing the drop in oil prices as a net positive could cloud an underlying sluggishness in the global economy. Key emerging markets from Brazil to South Africa to India have been struggling for more than a year."China is the big issue," said Kevin Book, managing director at Clear View Energy Partners. Mr. Book is skeptical that growth in oil demand next year will come close to the International Energy Agency's estimate of 1.1 million barrels a day. The reason: slower growth than currently expected from the world's No. 2 economy. "And weakness in one place generally portends weakness elsewhere," especially in Europe, he said."It seems unreasonable to think that the industrial engine of the emerging markets is somehow disconnected from the consuming engine of the developed world," Mr. Book said.Most previous major oil- price drops accompanied recessions, or at least signaled downturns. A SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 255 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Tumble in Oil Prices Spurs Bet On Growth 08/12/2014 Wall Street Journal Pag. 1.8 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 256 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato series of contractions in the U.S. economy and other major powerhouses of the global economy in the early 1980s are blamed for sending inflation-adjusted prices from a high of $116 a barrel in April 1980 to a 13-year low of $25 by 1986. Prices also skidded in the wake of the Asian financial crisis in the late 1990s and the 2008 global financial crisis.Economists generally agree the current drop is partly due to anemic growth in Europe and a slowdown in China. But the IEA and other experts say outsize oil production is largely behind the decline. 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:581000) Federico Fubini Ci sono classifiche dove la Germania è ai primi posti, per esempio esportazioni e occupazione giovanile. Altre invece possono far pensare a un marziano sbarcato sulla Terra che la Germania è un piccolo Paese. Vanta il surplus più vasto al mondo, eppure i tedeschi non compaiono fra le prime venti nazionalità del pianeta per acquisti di beni di lusso. E' la quarta economia al mondo, eppure nelle graduatorie relative al settore finanziario la Germania emerge come un Paese di media grandezza. Nell'elenco del Financial Stability Board, fra le 29 banche globali d'importanza sistemica figurano tre istituti francesi, due spagnoli, due svizzeri e un unico tedesco: Deutsche Bank. Uno solo è espresso anche dall'Olanda, dagli scandinavi e dall'Italia. Può apparire strano ma, come spiega questo numero di Affari e Finanza , non lo è se si considera che, dopo il brusco declino di Commerzbank durante la crisi, l'unica banca di respiro nazionale in Germania è Deutsche Bank. Una poderosa economia da oltre tremila miliardi di fatturato, capace di dominare i mercati globali dei beni ad alto valore aggiunto, ha un solo istituto di credito indipendente che non sia provinciale. Un'occhiata alle 19 banche tedesche esaminate dalla Bce nei suoi ultimi stress test rivela che gli altri sono locali, regionali, finanziarie di gruppi dell'auto o braccia operative del governo. Quel mondo fa credito in gran parte al riparo di una garanzia del governo e ha ricevuto salvataggi pubblici per 144 miliardi di euro negli ultimi anni, contro i 6 del sistema finanziario italiano o i 26 di quello francese. Soprattutto, quel mondo è quasi completamente a controllo pubblico. Appartiene alle autorità locali e regionali ed è a partire dalle città di provincia tedesche che la politica distribuisce cinquemila posti nei consigli di amministrazione. La taglia ridotta di queste aziende finanziarie e i salvataggi di cui esse hanno avuto bisogno ne rivela le difficoltà. Quel mondo viene gestito come a molti acerrimi critici della cancelliera Angela Merkel piacerebbe avvenisse in tutto il mondo: la politica azionista delle banche le tratta come una sorta di servizio sociale, ancelle dell'industria, non come imprese il cui primo obiettivo è il profitto. La redditività degli istituti nella Repubblica federale è insufficiente, la gestione dei risparmi della clientela mediocre, di conseguenza questo ecosistema detesta l'inflazione. Anche quella moderata e sana. Quando il denaro rende zero, persino un carovita 2% distrugge ricchezza in termini reali. È dunque probabile che dietro la resistenza della Bundesbank a una politica più attiva della Bce contro la deflazione agisca questa realtà di provincia. In questo senso è incompatibile con la vita nell'euro perché non ne accetta gli obiettivi di inflazione, e andrebbe modernizzata, tanto quanto dovrebbe accadere a molte istituzioni economiche italiane. Né di più, né di meno. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 257 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL WELFARE DEL CREDITO PER LE IMPRESE DI ANGELA 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:581000) Titoli italiani vincitori e vinti nel collasso dei prezzi del greggio Luca Pagni Titoli italiani vincitori e vinti nel collasso dei prezzi del greggio a pagina 16 C'è chi sostiene che sia una g u e r r a c o m m e r c i a l e mossa dall'Arabia Saudita nei confronti degli Stati Uniti per frenare il fenomeno shale oil: mantenere bassi i prezzi del greggio per rendere economicamente insostenibile la ricerca di nuovi giacimenti di petrolio estratto dagli strati rocciosi del sottosuolo. E chi, invece, ritiene che arabi e americani siano - in realtà - alleati per mettere in difficoltà stati "politicamente" avversari come la Russia, l'Iran, il Venezuela, l'Algeria, i cui conti pubblici e le possibilità di crescita si basano su un livello del greggio scambiato sui mercati internazionali a 100-120 dollari. Ma il dibattito geopolitico interessa fino a un certo punto fondi e istituzioni finanziarie. Quello che conta, per programmare gli investimenti del 2015, è la decisione dell'Opec di lasciare invariate le quote di produzione. Il che ha convinto gli analisti che i prezzi del Brent (il prezzo di riferimento del mercato di Londra) e il Wti (la quotazione a New York) rimarranno a bassi livelli per i prossimi mesi. Un dato che non può non aver ripercussioni anche sui piani delle società quotate a Piazza Affari i cui business principali sono strettamente legati al mercato degli idrocarburi. Ma non è detto che le ricadute del caro-greggio siano per tutti negative. C'è chi potrebbe addirittura approfittarne per aumentare la redditività con nuove occasioni di business. Non è il caso di Eni. Il principale gruppo di Piazza Affari per capitalizzazione risente oltremodo della situazione: nelle ultime settimane i manager del gruppo sono impegnati nel rivedere gli obiettivi, visto che il piano finanziario e i target sono allineati a un prezzo del petrolio compreso da 90 e i 100 dollari. Secondo le stime degli analisti, ogni dollaro di calo del barile riferito al Brent equivale alla perdita di 100 milioni di euro di free cash flow . In discussione sono gli utili del 2015 da distribuire nel 2016, se la situazione di ribasso dovesse perdurare: Banca Imi arriva a ipotizzare fino a un taglio del 40% degli utili, il che potrebbe portare a una riduzione dei dividendi. Il problema per il gruppo di Metanopoli è doppio, perché coinvolge anche la controllata Saipem : il calo delle quotazioni sta portando alla sospensione di molti nuovi progetti di esplorazione. Il che potrebbe penalizzare le società di ingegneria specializzate nella tecn o l o g i a Exploration&Production. Eni potrebbe così essere costretta a rinviare la vendita della sua quota del 42%, nell'ambito di un piano che prevede operazioni straordinarie per almeno 6 miliardi nel 2015. Ripercussioni negative sul breve, ma opportunità di guadagno in prospettiva per il gruppo Saras . La società controllata dalla famiglia Moratti è reduce da una trimestrale ancora in rosso per 29,5 milioni, anche per la riduzione di valore degli inventari petroliferi in seguito al calo dei prezzi. Allo stesso tempo, la società potrà ora acquistare materia prima da raffinare a prezzi più convenienti. Inoltre, rispetto ai competitor è in grado di lavorare anche nuove produzioni di "olio" con caratteristiche chimico-fisiche molto particolari. Per cui la maggior parte degli analisti prevede un lieve incremento dei margini di raffinazione per il 2015. Nel caso di Saras, pesa anche la situazione geopolitica. A causa delle sanzioni della Ue nei confronti della Russia non è ancora operativa la joint venture con il gruppo Rosneft, che ha rilevato il 21% della società. Non c'è dubbio che la riduzione degli investimenti per i progetti che hanno ritorni sopra i 90 dollari rischia di penalizzare società come Tenaris . Il gruppo della famiglia Rocca fornisce soprattutto manufatti per l'industria estrattiva e la Borsa ha già scontato il calo dei prezzi nelle valutazioni dell'utile del prossimo anno. Ma la società è ben posizionata in nazioni con grande potenziale di crescita nella produzione come il Brasile e il Messico. Buone potenzialità anche in Argentina, dove tutto è legato allo sviluppo dell'enorme giacimento di shale gas di Vaca Muerta. Se il prezzo del petrolio dovesse rimanere a questi livelli, si aprirebbero nuove opportunità di business per Maire Tecnimont , specializzata nella costruzione di impianti per il settore energia e della chimica. Le raffinerie, ad esempio, possono potenziare gli impianti per la lavorazione di distillati di qualità più alta destinata ai motori Euro 5 e 6. Mentre dallo sviluppo dello shale gas possono arrivare commesse per il metano consumato "in loco". Come dimostra, il contratto da 1,6 miliardi appena stipulato da Maire Tecnimont negli Usa per un grande complesso di fertilizzanti nello stato dell'Indiana. Una via di mezzo, SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 258 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato finanza e borsa 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:581000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 259 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato infine, è rappresentata da Snam. La società guidata da Carlo Malacarne ha già esaminato i possibili svantaggi: una riduzione degli investimenti complessivi non può che riguardare anche il settore del downstream del gas. Ma il calo del petrolio porterà all'allineamento dei prezzi spot con quelli di lungo periodo ( take or pay ), spesso legati alle quotazioni del greggio. Il che - considerano gli analisti della società dovrebbe portare a un aumento della liquidità sul mercato e a maggiori scambi, la situazione ideale per chi incassa garantendone il trasporto. Foto: Qui sopra, l'ad di Eni, Claudio Descalzi (1) e Paolo Rocca (2), presidente e ad di Tenaris MOVIMENTI AL RIBASSO Qui sopra, l'andamento del titolo Tenaris in Borsa. A sinistra, sopra la foto, quello dell'azione Eni 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:581000) Burocrazia più efficiente la chiave della ripresa Paolo De Ioanna La prima lettura alla Camera della legge di stabilità ha chiarito che il Governo, più che una manovra espansiva, ha messo in campo misure che consentono una mancata restrizione rispetto ai vincoli esterni, rinviando al 2017 l'obiettivo del saldo strutturale del bilancio pubblico. Molto opportunamente si è aperta una discussione critica sul metodo con cui questo saldo strutturale viene costruito in sede europea, con specifico riferimento alla disoccupazione, e le recenti indicazioni dell'Ocse, in particolare proprio sul calcolo della disoccupazione strutturale, hanno rafforzato la posizione tecnica del Governo italiano. In questo contesto, rimane piena la convergenza, in Italia e in Europa, sulla necessità delle riforme strutturali e di una forte ripresa degli investimenti pubblici. Per riavviare gli investimenti pubblici e privati, è necessario eliminare gli ostacoli normativi e ripensare gli strumenti di finanziamento; semplificare il quadro giuridico e riprendere con buona lena la via della riforma della pubblica amministrazione. Comunque la si giri, per far ripartire gli investimenti occorre una PA performante. segue a pagina 10 segue dalla prima Che cosa sono infatti le riforme di struttura? Sistemi nazionali che garantiscano terreni fertili per i semi della crescita: dunque riforma fiscale, infrastrutture adeguate, istruzione, ricerca e innovazione al passo coi tempi, investimenti adeguati nello sviluppo di sistemi complessi - trasporti, digitalizzazione e telecomunicazioni avanzate, reti energetiche liberalizzazioni in alcuni settori e mercato del lavoro più chiaro e semplice. Per progredire su questi terreni ci vuole una macchina pubblica efficace, presente su tutto il territorio, competente e trasparente. Il Governo pare intenzionato a riprendere con decisione il filo di questo discorso facendo centro su cinque macro temi e su un certo numero di missioni specifiche, affidate a ben individuati centri di responsabilità: il metodo sembra interessante e varrà la pena seguire con cura la fase attuativa. E' dal 1992 (decreto legislativo " Cassese" n. 29 e poi decreti legislativi "Bassanini", 1998-1999) che le parole d'ordine di ogni governo sono le stesse: semplificazione del contesto normativo e della regolazione; efficacia e chiarezza delle disposizioni che danno corpo a specifiche politiche pubbliche e delle relative responsabilità, enfasi sulla verifica dei risultati. Anche la riforma "Brunetta" (2009) era incentrata su questi nodi. Tuttavia nonostante una certa continuità, anche nelle strutture di supporto dei ministri, poco o nulla è cambiato in oltre venti anni. Che cosa non ha funzionato? Colpa del cattivi burocrati? Della debolezza dei cosiddetti legisti, cioè di chi traduce in norme l'input politico? Della debolezza degli specialismi che danno corpo alle politiche pubbliche? Colpa di un federalismo che ha ulteriormente offuscato poteri e responsabilità politiche, fiscali e gestionali? Nel momento in cui il Governo rilancia questo nodo forse è utile cercare di riproporre queste domande per imboccare la strada giusta e non finire ancora una volta su un binario morto. Anche se si intende centrare la costituzione economica materiale in prevalenza sul controllo della finanza pubblica, per realizzare questo assetto ci vuole comunque metodo, chiarezza di obiettivi, trasparenza, capacità di programmare, controllare e monitorare; soprattutto capacità di capire e correggere in tempo gli effetti economici reali delle misure finanziarie. Ma ci vogliono competenze economiche e gestionali che si sono inaridite nella macchina pubblica. A questo inaridimento c'è una prima risposta in chiave storica: la fuga dalla programmazione si può leggere come la debolezza di una classe politica che non ha compreso, al momento giusto, la rilevanza di una macchina pubblica rinnovata, competente, capace di tessere e rafforzare il contesto della legalità e di mettere in campo una regolazione chiara, che interconnettesse pubblico e privato, proprio a partire dagli investimenti e dalle politiche pubbliche sul territorio. Una classe politica che poi ha inseguito la riforma della PA sempre dentro la stessa cornice giuridico procedurale. Oggi l'amministrazione, con poche eccezioni, non è in condizione di fare nessuna politica di infrastrutturazione ben programmata del territorio; questa è una debolezza cruciale rispetto alle altre economie europee, Francia e Germania in testa. L'amministrazione pubblica, che dovrebbe sciogliere e integrare le complessità della gestione dei territori, si presenta invece come una rete non al servizio dei bisogni del cittadino e delle imprese, ma tutta svolta all'interno della dimensione giuridica. Il buon andamento SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 260 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato [ IL COMMENTO ] 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:581000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 261 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato dell'amministrazione sembra essere stato di fatto devoluto alla sola magistratura attraverso interventi sanzionatori di attività illegali, "assolvendo da questi compiti la dirigenza pubblica (e la politica) che sono chiamate a rispondere solo di comportamenti giuridicamente rilevanti, ma non del cattivo utilizzo delle risorse pubbliche derivante dalla loro allocazione subottimale, da processi ridondanti, strutture inutili, investimenti fallimentari, elementi che possono essere propriamente valutati solo sotto un profilo economico-gestionale." Qui c'è una questione di risorse, ma ancora di più c'è una questione di organizzazione, di competenze, di chiara imputazione delle responsabilità e dunque anche di regole da semplificare. Una seconda questione, legata alla prima, sta proprio nella conoscenza reale dei processi di produzione delle amministrazioni, dell'impiego dei fattori, dei costi, della produttività, dei prodotti. Si tratta di costruire il vestito procedurale e formale di ogni specifica azione amministrativa solo dopo aver definito strumenti e modalità economico gestionali che devono costituire i vincoli operativi per l'azione degli amministratori; vincoli saldamente ancorati ai bisogni e alle esigenze dei cittadini e degli operatori economici. Probabilmente le norme per fare tutto ciò ci sono già tutte, si tratta di rinnovare a fondo le strategie di gestione. Se la revisione della spesa ha come scopo l'innovazione strutturale delle politiche e il forte rilancio degli investimenti, dentro una visione chiara e una scala nitida di priorità, può essere il metodo e l'occasione per superare il nostro federalismo senza risorse e un contabilismo fine a se stesso, senza orizzonte valutativo e senza bussola. Si tratta di far avanzare il ruolo di un ceto tecnico, di specialisti delle politiche pubbliche, ai quali i giuristi offriranno solo la veste per soluzioni innovative, dentro le priorità economiche nitidamente scelte dalla politica. 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:581000) Andrea Greco Andrea Tarquini L'ultimo scandalo in ordine cronologico è stato piccante e galeotto, di natura sessuale. Walter Kleine, 55 anni, ha dovuto gettare la spugna dopo aver molestato per mesi alcune dipendenti giovani e carine. Può succedere ovunque. Ma il caso di Herr Kleine, numero uno appena dimessosi della Sparkasse di Hannover è solo la punta dell'iceberg. Di un iceberg visibile, anzi: Sparkassen e Landesbanken sono un mondo opaco. segue alle pagine 2 e 3 con un commento di Rainer Masera segue dalla prima Le Sparkassen sono le casse di risparmio, le Landesbanken sono le banche che appartengono in comproprietà ad alcuni dei sedici Bundeslaender, cioè gli Stati che compongono la Repubblica federale. Lobbyismo, complicità, amicizie e favori con i poteri politici locali e federali, perdite per miliardi, affari illeciti. Se la trojka fosse stata incaricata di indagare su Sparkassen e Landesbanken con la durezza con cui ha posto sotto esame la Grecia, la Bundesrepublik ne sarebbe uscita male. Ma non è stato così: solo sei Landesbanken sono state sottoposte agli stress test e poi alla vigilanza unica della Banca Centrale Europea, e hanno passato l'esame. Le altre Landesbanken, e le Sparkassen, no. Ma è il sistema bancario tedesco nel suo complesso, che sembra essere sempre un po' "più uguale degli altri". Come ha detto Ignazio Angeloni, membro del supervisory board della vigilanza bancaria europea, i criteri di discrezionalità nazionali utilizzati in occasione dei due test di stress e sulla qualità degli attivi sono stati ben 103. E hanno pesato molto nel risultato finale, finendo per gonfiare di 126 miliardi la patrimonializzazione del campione esaminato. Parlando di singoli paesi, Angeloni ha notato che le banche tedesche hanno beneficiato di filtri prudenziali e altri tipi di deroghe per oltre 30 miliardi, quelle spagnole circa 25 miliardi, mentre per le italiane l'ammontare delle eccezioni è attorno ai 15 miliardi. «Ci vorrebbe più trasparenza su queste esenzioni, e in generale più certezza nelle misure di gestione e aumento di capitale, le quali non dovrebbero essere dipendenti da discrezionalità nazionali», ha dichiarato Angeloni all'agenzia Bloomberg. Ecco tre esempi di trattamento dispari: i crediti ristrutturati in Germania possono diventare immediatamente «buoni», mentre in Italia per almeno due anni le partite ristrutturate devono permanere tra i crediti deteriorati. Oppure i criteri di calcolo del valore delle garanzie: sempre a fair value al di qua delle Alpi, al valore nominale se si tratta di garanzie immobiliari tedesche. O infine gli avviamenti, che in Germania sono inclusi nel patrimonio, una possibilità che la Banca d'Italia non concede. Ci sono poi le asimmetrie risultanti dal modo in cui le verifiche sugli attivi svolte dalla Bce (i cosiddetti Aqr) hanno ponderato diversi tipi di rischi. Mentre i crediti sono stati falcidiati, l'Eurotower ha usato la mano leggera per derivati e strutture finanziarie complesse, quelle per cui la contabilizzazione è delegata a sistemi interni agli istituti. Le quattro banche europee più esposte su questi attivi, chiamati «di terzo livello», sono Bnp Paribas, Crédit Agricole, Bpce e Deutsche Bank, che a fine 2013 ne detenevano per 74 miliardi di euro. Ma in seguito agli Aqr le rettifiche complessive sono state di appena 1,2 miliardi di euro, l'1,6 per cento del valore di quegli attivi. E Deutsche Bank, che ne è un po' la regina - nel 2013 aveva attivi level 3 pari al 70 per cento del patrimonio netto tangibile - le rettifiche sono state di 94 milioni, lo 0,32 per cento; fortuna che si parla di strumenti ad alto rischio e prezzi incerti. Ma si sa, ovunque un meccanismo collettivo veda la presenza dominante d'una potenza egemone, se tutti sono uguali alcuni sono più uguali degli altri. Per cui ad esempio gli aumenti di capitale sostenuti dalla mano pubblica per le banche. I dati ufficiali dell'Unione Europea parlano chiaro: tra il 2008 e il 2012 la Germania ha rimpolpato con 64 miliardi di euro il suo sistema bancario malato, che all'inizio della crisi dei subprime si fece trovare zeppo (circa 500 miliardi) di mutui immobiliari statunitensi di basso valore e alto rendimento, e quando scoppiò la crisi sovrana si rivelò il primo investitore dei debiti di Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo, Spagna (altri 535 miliardi). Per questo la mano pubblica tedesca ha dovuto pagare forte, un assegno pari al 2,4% del Pil. E qui si sorvola sul doppio gioco politico, perché è ormai una verità storica che la severità dei tedeschi nelle istituzioni comunitarie nei confronti dei paesi cicala è servita anche a proteggere l'esposizione e il rientro in emissioni periferiche delle banche teutoniche. In Italia, invece, SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 262 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Banche, il lato oscuro di Berlino 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:581000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 263 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato gli aiuti di Stato sono stati quasi assenti: 6 miliardi nei quattro anni neri, uno 0,5% del Pil tricolore e quasi tutti restituiti con gli interessi (resta solo un miliardo di bond convertibili al Monte dei Paschi). E qui parliamo delle sole banche semipubbliche o locali che sono state 'visitate' dagli stress test: chissà quanto hanno intascato le altre, esentate a seguito del vittorioso pressing del potere il cui volto è inevitabilmente, sulla scena globale, quello di Angela Merkel. Le Landesbanken che sono state sottoposte allo stress test sono solo una parte, le Sparkassen si sono salvate. E anche questo non è stato un vantaggio da poco, per Berlino. Quando ai primi di settembre la Bce pubblicò l'elenco delle 120 banche che sarebbero finite sotto la lente della vigilanza unica, emerse rumorosamente l'assenza di mezza Germania bancaria: ben 1.697 banche su 3.532 tedesche non superavano la soglia sistemica, quindi sarebbero rimaste sotto l'ombrello grigio delle vigilanze locali. Tra queste tutte le Sparkassen, tutte le cooperative ( V o l k s b a n k e n o R a i f f e i s e n banken), che costituiscono l'ossatura finanziaria di imprese e politica locali in tutto il paese. L'autorevole pensatoio bruxellese Bruegel mise a nudo la cosa, negoziata al Consiglio Ecofin nove mesi prima: «L'eccezione fu introdotta durante il negoziato al Consiglio, apparentemente dopo la forte insistenza della Germania - ha detto l'economista Nicolas Véron - le conseguenze sulla struttura dell'Unione bancaria sono asimmetriche. Bisogna vedere se genereranno, o meno, tensioni politiche in futuro». Ma parliamo delle sei Landesbanken, tutte promosse agli esami della Bce. Bayerische Landesbank, 10 miliardi bruciati per affari oscuri con la AlpeAdria e con l'allora governo dello Stato austriaco di Carinzia ai tempi di Joerg Haider, il leader fondatore della nuova destra euroscettica austriaca, che poi morì guidando in eccesso di velocità sotto effetto di alcol e droghe dopo un party omosessuale. Hsh, la banca pubblica del Nord, uscita malissimo nei media per un'inchiesta. Landesbank Baden-Wuerttemberg; Landesbank Berlin della capitale iperindebitata che non riesce neanche a costruirsi un aeroporto moderno, decente e sicuro; la Landesbank che unisce l'Assia (lo Stato di Francoforte) e la Turingia, Stato-pilota dell'ex Est tedesco. Davvero sono tutte più sane e credibili delle banche italiane o di altri Stati dell'Europa meridionale bocciate negli stress test? E davvero non andrebbero esaminate, in nome di un settore bancario sano nell'Unione Europea, anche le Sparkassen? Le risposte dei massimi economisti tedeschi tendono a essere prudenti e quasi assolutorie, eppure qua e là ammettono o lasciano capire che qualcosa non va. «Le Sparkassen si sono rivelate un fattore di stabilità durante la crisi finanziaria internazionale», dice la professoressa Dorothea Schaefer, massima esperta in materia del Diw, forse il più indipendente tra i grandi istituti di analisi economica qui. E aggiunge: «Non è un problema di situazioni tipo 'too big to fail, le Sparkassen hanno i loro affari tradizionali con clienti tradizionali, cioè depositi di risparmio e crediti ad aziende locali». Ma sulle Landesbanken già il giudizio di Schaefer si fa più differenziato: «Sono state fortemente coinvolte nella crisi, e una, la Westdeutsche Landesbank, è stata chiusa». E poi ancora: «I bilanci delle Landesbanken si sono molto rimpiccioliti, forse le Landesbanken sono ancora troppe, sebbene gli sviluppi degli ultimi anni vadano nella direzione giusta. In tema responsabilità c'è ancora molta strada da fare». Allora, continuare a chiudere? E come peserebbe ciò sul rating della potenza egemone d'Europa? Qui le risposte si fanno più possibiliste e vaghe. «Visto che la maggioranza delle banche tedesche hanno superato gli stress test, ciò riguarda sicuramente anche le Landesbanken esaminate», continua Dorothea Schaefer, e aggiunge: «E verosimilmente l'avrebbero superato anche la maggioranza delle Sparkassen. I loro affari sono soprattutto locali e vista la stabile situazione economica non hanno tanti crediti in sofferenza». Verità ufficiali, verità parziali. Le perdite delle Landesbanken negli ultimi anni ammontano a miliardi di euro, per crediti e affari dubbi decisi e conclusi con l'intesa dei poteri politici locali. Dalla Baviera, dove si parla appunto di 10 miliardi in rosso per lo scandalo dell'appoggio ad Alpe-Adria ai tempi di Haider, fino alla LBBW, la Landesbank del ricchissimo BadenWuerttemberg, i cui dirigenti sono stati oggetto di indagini della magistratura per sospetto di malversazione. O al caso limite della WestLb, Westdeutsche Landesbank, quella che appunto è stata costretta a chiudere dopo aver parcheggiato i propri affari più sofferenti e sporchi in una bad bank appoggiata dal potere pubblico locale. Il problema, dice Rolf Hess del sito investigativo Jungle World, è anche la confusione giuridica: le Landesbanken sono 'istituzioni di diritto pubblico', che però con le spalle coperte dai poteri politici si presentano sui mercati come banche 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:581000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 264 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato d'affari. E insieme ai Bundeslaender, i loro proprietari o azionisti di riferimento sono le Sparkassen. Coesistenza d'affari e interessi diversi, perché appunto le Sparkassen vivono di piccola clientela prima di tutto, le Landesbanken appoggiano le grandi medie e piccole aziende locali. Con quali controlli, con quali garanzie di rigore? La HSH Nordbank, la banca semipubblica dei Bundeslaender di Amburgo e SchleswigHolstein, si è salvata di recente solo con aiuti per diversi miliardi di denaro dei contribuenti, dopo anni di pratiche finanziarie disinvolte e di retribuzioni spaventosamente alte dei suoi dirigenti. La WestLB è stata chiusa, come scrivevamo, ma solo per il pressing - un'eccezione - delle autorità di Bruxelles. I miliardi di perdite alla fine erano diventati troppi: 1,2 miliardi di perdite dopo la restituzione alle autorità di 1,4 miliardi di aiuti ritenuti illeciti dalla Ue nel 2004, poi 3,4 miliardi di altri aiuti illeciti denunciati e bocciati da Bruxelles nel 2010, alla fine (2013) perdite totali per 18 miliardi di euro. Dieci almeno, sempre secondo i media liberal tedeschi, sono i miliardi bruciati dalla Bayerische Landesbank con Alpe Adria ma anche, denuncia la Sueddeutsche, col controverso Bernie Ecclestone. E sospetti - nati in Austria sul conto della Bayerische Landesbank - di falso in bilancio. Foto: [ AL VERTICE ] Nella foto, il primo ministro tedesco Angela Merkel e il presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi Il ceo di Deutsche Bank Juergen Fitschen (1) JohannesJörg Riegler (2) ceo di Bayern LB Constantin von Oesterreich (3) presidente di Hsh NordBank Foto: Sopra, il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble (1) Ignazio Angeloni (2) Supervisory Board Bce 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:581000) Adriano Bonafede Il fondo immobiliare costituito a Bologna per realizzare nuove e moderne scuole pubbliche funziona in modo semplice: il Comune ha conferito i suoi beni - edifici utilizzati come istituti educativi ma non adatti a tale scopo - e si impegna ad alimentarlo con gli affitti. Invimit, la società che fa capo al ministero dell'Economia, è entrata nel fondo con una quota e si è incaricata di far costruire le nuove scuole necessarie mentre poi ristrutturerà i vecchi edifici e li metterà sul mercato una volta valorizzati. segue a pagina 8 segue dalla prima Poi la stessa Invimit cercherà altri soci (è già arrivata Inarcassa, l'istituto di previdenza di ingegneri e architetti) che investano soldi nel fondo in cambio di un rendimento, non elevato ma certo, intorno al 4 per cento. Alla fine saranno tutti contenti: il Comune di Bologna perché realizzerà le nuove scuole necessarie guad a g n a n d o c i a n c h e qualcosa dalla vendita dei vecchi edifici; chi ha investito nel fondo, perché avrà un rendimento dignitoso per un investimento sociale; i costruttori e il loro indotto perché avranno finalmente lavoro. Il classico uovo di Colombo per vendere finalmente gli immobili pubblici e rilanciare il mercato delle costruzioni? Forse, ma di sicuro siamo di fronte all'innesco di un circolo virtuoso del Mattone di Stato, che per fortuna non è più un fatto isolato. Invimit, infatti, ha già fatto l'istruttoria e sta per entrare con il suo Fondo di fondi in altri quattro strumenti costituiti da enti locali. Perché il Fondo di fondi intervenga, infatti, devono essere rispettate alcune condizioni: il fondo immobiliare locale deve essere già stato costituito anche con l'intervento dei privati e il rendimento non deve essere inferiore al 3,5 per cento. Forse non un target goloso per i Soros o le Goldman Sachs, i grandi speculatori immobiliari internazionali, ma un più che dignitoso impiego del capitale per molti investitori istituzionali. La società di gestione del risparmio del ministero dell'Economia ha elaborato e diffuso una sorta di "manuale" a uso degli enti locali in modo che questi possano comprendere quali sono le condizioni cui devono sottostare perché Invimit possa investire. Invimit ha a disposizione per i suoi interventi la somma iniziale di 1,4 miliardi fornita dall'Inail per investimenti in fondi immobiliari che diano un rendimento obiettivo pur basso ma sufficiente. Ma non dobbiamo dimenticare che di questi tempi un Btp decennale rende meno del 2 per cento. «L'idea che sta dietro al fondo dei fondi - dicono in Invimit - è di utilizzare questo strumento per far crescere il Pil perché nelle varie valorizzazioni necessarie le imprese di costruzione hanno lavoro». L'effettiva partenza di Invimit, guidata da Elisabetta Spitz e creata dall'ex ministro dell'Economia Vittorio Grilli, è il vero fatto nuovo dopo tanti discorsi sul Mattone di Stato. Si sa che dietro questa partenza c'è stato nei mesi passati un lavoro di crescita della struttura manageriale accelerato dal consiglio d'amministrazione, in vista dell'approssimarsi della piena operatività. Un lavoro che ha portato e sta portando all'arrivo di qualificati tecnici in grado di padroneggiare una materia, quella immobiliare, particolarmente complessa perché piena di numerosi risvolti e di interessi contrapposti. Certo, rispetto ai tempi passati in cui si annunciava trionfalmente una grande vendita (o svendita) di immobili pubblici per 400 o 500 miliardi, un sogno a lungo covato da tanti che speravano di abbattere in questo modo parte del mostruoso debito pubblico italiano, s t i a m o e v i d e n t e mente parlando di briciole. Finiti i sogni di gloria rimane la cruda realtà: immaginare di vendere una massa così grande di immobili pubblici in poco tempo è quasi una contraddizione in termini. A meno di non pensare a operazioni forzose (e qualcuno lo ha fatto) come la creazione di un unico fondo nazionale e il suo collocamento obbligatorio presso i risparmiatori italiani ai quali verrebbe riservato in compenso un piccolo rendimento. La minima entità degli attuali interventi di Invimit non cambia anche se consideriamo l'operatività degli altri due soggetti mobilitati, e cioè la Cassa depositi e prestiti e il Demanio. La Cassa, che peraltro continua ad avere una sua sgr e diversi fondi immobiliari (Fiv, per la valorizzazione degli immobili pubblici; Fit, per gli investimenti nel turismo e Fia per l'housing sociale) ha nel nuovo sistema il ruolo di acquirente da una parte e di "vetrina" per la vendita ai privati dall'altro. Acquirente perché si è impegnata con il ministero dell'Economia e delle Finanze a comprare, per quatto anni, 500 milioni all'anno di immobili che sono già stati regolarizzati dal punto di vista catastale con mutamento della SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 265 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il Mattone dei Comuni si ricomincia da tre 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:581000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 266 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato destinazione d'uso e quindi pronti per essere ristrutturati. Venditrice perché deve poi trovare un privato che compri questi immobili. In tutto stiamo parlando di 2 miliardi in quattro anni, che sommati agli 1,4 di Invimit costituiscono un intervento non enorme ma non disprezzabile. Altri interventi la Cassa li mette in piedi con i tre fondi che abbiamo visto. C'è poi il ruolo del Demanio, che con una recentissima ricerca ha - provocando un po' di sorpresa - di fatto ridotto a 58,9 miliardi di euro il valore del patrimonio effettivo dello Stato (vedi grafico in pagina), la maggior parte del quale è occupato da uffici della stessa pubblica amministrazione centrale (47,1 miliardi). Il lavoro al quale è chiamato il Demanio, oggi guidato da un politico, l'ex sottosegretario Roberto Reggi, è importante e delicato perché va a ledere e smuovere interessi consolidati. Si tratta infatti di razionalizzare gli spazi, risparmiare sui consumi e, per questa via, arrivare ad alienare (alla Cdp principalmente) immobili detenuti inutilmente. In soccorso di Reggi c'è il Dl 66/2014 che costringe tutte le Pa a ridurre del 30 per cento gli spazi utilizzati e del 50 per cento le "locazioni passive" entro il 2016. Vale la pena soffermarsi su quest'ultima anomalia. Pur avendo a disposizione spesso immobili poco utilizzati o addirittura chiusi, lo Stato spende cifre colossali, nell'ordine di miliardi, per prendere in affitto degli uffici dagli enti locali - che, non dimentichiamolo, sono proprietari dei tre quarti degli immobili pubblici) o dai privati. Da qui l'idea, obbligatoria per legge ma cavalcata da Reggi, di spingere verso la razionalizzazione. Ed ecco il guizzo originale: è in dirittura d'arrivo il "Fondo locazioni passive" di Invimit. Caserme, prefetture, altri enti dello Stato trasferirebbero a questo fondo il canone che pagano agli enti territoriali. Invimit subentrerebbe nella proprietà consentendo agli enti locali di poter abbattere il debito con il ricavato. Poi lo stesso fondo costruirebbe uffici più idonei, magari nelle periferie, liberando gli immobili più centrali, rimettendoli a posto e infine cedendoli a prezzi di mercato. Demanio, Cdp e Invimit costituiscono dunque un "sistema tripolare" capace almeno di uscire dalla palude delle parole vuote, valorizzando finalmente gli immobili pubblici e risparmiando sulle spese vive degli affitti e della gestione. L'input politico fa riferimento al ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ma il coordinamento sul campo sembra far capo al nuovo direttore generale del Demanio, catapultato lì con un blitz del governo dello scorso settembre, tanto da far immaginare un piano dello stesso presidente del Consiglio Renzi o comunque da lui sostenuto. Ma Reggi non ha un potere formale né sulla Cassa né su Invimt, le quali restano entità autonome ciascuna delle quali controllate dallo stesso ministero dell'Economia. Il raccordo fra le varie iniziative è però necessario per evitare che, come spesso accaduto, ogni ente corra per conto suo. Reggi è fortemente determinato a lavorare per realizzarlo in termini sostanziali. Soltanto il tempo dirà se ci riuscirà. © RIPRODUZIONE RISERVATA FONDO INAIL FONDO INPS FONDO REG LAZIO FONDO UNIVERSITA` FONDO STATO DIFESA FONDO LOCAZIONI PASSIVE FONTE DIPARTIMENTO TESORO MEF BANCA D'ITALIA MEF 240 MILIARDI DI EURO A tanto ammonterebbe l'effettivo valore di tutti gli immobili pubblici, quasi la metà di quello che era stato immaginato negli anni scorsi sulla base di una parziale valutazione del ministero Foto: Qui sopra, Franco Bassanini (1), pres. Cdp, Piero Fassino (2), pres. Anci e Elisabetta Spitz (2), ad di Invimit LA STRATEGIA Il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il ministro Pier Carlo Padoan (nella foto) credono nella strategia dei piccoli ma concreti passi per valorizzare gli immobili pubblici Foto: Nei grafici a sinistra, l'ultima valutazione del Mef sugli immobili pubblici Quelli degli enti locali rappresentano i tre quarti del totale 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:581000) Ilva, voglia di Stato le lezioni dall'estero Paolo Griseri Nazionalizzare si può. Da slogan degli economisti della sinistra radicale la ricetta del ritorno dello Stato in consiglio di amministrazione sta diventando realtà con il governo Renzi. Complice il disastro dell'Ilva, una delle più grandi acciaierie d'Europa che senza la mano pubblica rischia la chiusura. segue a pagina 4 con un articolo di Eugenio Occorsio segue dalla prima «Se perdessimo le produzioni italiane di acciaio spiega il patron di Brembo Alberto Bombassei - questo avrebbe pesanti conseguenze sull'intero sistema della nostra manifattura». Interesse nazionale dunque. E, pare di capire da quel che trapela negli uffici dell'esecutivo, anche una presenza, temporanea, dello Stato, nell'azionariato. Per salvare non solo le migliaia di dipendenti e l'economia di un'intera città. Ma anche una parte non irrilevante della struttura economica d'Italia. E' davvero una bestemmia immaginare di avere, per quanto in situazioni eccezionali, il ritorno dello Stato padrone? In giro per l'Europa non è peccato. Uno dei motivi che da noi rendono abbastanza impopolare il ritorno del pubblico in cda è la storia del capitalismo italiano del Novecento. L'epoca dei boiardi, dei signori dell'azione pubblica. Quando lo Stato produceva i panettoni della Sme e aveva la maggioranza delle quote nelle società dei servizi. Quando alle assemblee Telecom i piccoli azionisti discutevano per l'intera giornata sprecando energie in liti e tornei oratori fino al momento in cui un signore si alzava dalle prime file, andava al microfono e con tono pacato faceva un breve discorso che suonava immancabilmente così: «Buongiorno. Sono l'avvocato Tali e in questa assemblea rappresento il Tesoro (cioè, all'epoca, l'80 per cento delle azioni n.d.r. ). Sono favorevole alla proposta presentata dal Consiglio di amministrazione e voterò sì. Arrivederci». Fine dell'assemblea. Torneranno quei tempi? Probabilmente no e molti se lo augurano. Semplicemente perché non è automatico che la proprietà pubblica, o anche solo una golden share pubblica, debbano per forza coincidere con inefficienze e sprechi. Il caso virtuoso è quello tedesco. Dove grandi aziende manifatturiere pubbliche non ci sono ma dove esiste una notevole capacità del pubblico di condizionare le scelte delle aziende private. Ad esempio attraverso le quote dei Lander, i potenti governi regionali. Il Land della Bassa Sassonia possiede il 19,9 per cento della Volkswagen, casa automobilistica indubitabilmente privata. Quella minoranza di blocco in mano al governo regionale può fermare ogni decisione considerata strategica per il futuro dell'azienda. Invano nel corso degli anni l'Unione Europea ha tentato di ottenere da Berlino l'abrogazione della cosiddetta «legge Volkswagen» che garantisce il potere del socio pubblico fin dal dopoguerra. Ancora lo scorso anno l'Ue ha perso di fronte alla Corte di Strasburgo l'ultimo ricorso. Il modello pubblico/privato tedesco sembra in Europa quello che attualmente garantisce i migliori risultati economici. Come è noto prevede anche un forte coinvolgimento dei sindacati nelle scelte delle grandi aziende. Il caso della Francia è noto per il grande ruolo che gioca in ogni caso la mano pubblica. Anche quando, è il caso di Air France, lo stato possiede solo il 15 per cento del gruppo nato dalla fusione con gli olandesi di Klm. Oltralpe il peso delle scelte politiche è ben maggiore delle partecipazioni azionarie. Quando l'attuale crisi industriale ha cominciato a far sentire i suoi effetti in Europa, il governo di Parigi ha deciso di stanziare 6 miliardi di euro a sostegno dell'innovazione della propria industria automobilistica. Non solo di Renault, in mano pubblica dal 1935 al 1996, ma anche di Peugeot, all'epoca totalmente privata. Un finanziamento statale che fece scandalo ma che consentì al governo di imporre ai costruttori nazionali di continuare a produrre in Francia e non delocalizzare all'estero. Ancora oggi, dopo la privatizzazione e l'alleanza con Nissan, lo Stato possiede il 15 per cento della Regie Nationale des Usines Renault. Mentre l'esecutivo di Parigi ha giocato un ruolo decisivo nel salvataggio di Peugeot, da sempre privata e ora posseduta al 20 per cento dal governo e al 20 per cento dai cinesi di Dongfeng. Perché, nonostante gli aiuti di Stato e la presenza del governo nella proprietà delle aziende, la mano pubblica non è riuscita a mettere al riparo le aziende dalla crisi e dal rischio di soccombere. Del resto, nel settore automobilistico il ricorso alla mano pubblica è stato necessario anche nel tempio dell'iniziativa privata: ancora oggi i puristi del liberismo rinfacciano al governo Obama i salvataggi SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 267 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato [ L'INCHIESTA ] Un'immagine dell'Ilva di Taranto, che il governo vuole pubblicizzare 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:581000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 268 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato di Chrysler e General Motors. Una storia certamente paradossale è quella del ritorno della Gran Bretagna alle ferrovie pubbliche. La privatizzazione di Railtrack era stato uno dei vanti dei governi conservatori di Margareth Thatcher. Cedere ai privati la gestione della rete dei binari era parsa una buona idea per recuperare valore e far ritirare lo Stato da uno dei servizi chiave. Ma ben presto il piano si rivelò un disastro. L'incidente del 17 ottobre del 2000, quando 4 persone morirono per il deragliamento di un treno ad alta velocità sulla tratta Londra-Edimburgo, mise in evidenza le gravi carenze nella manutenzione affidata alla società privatizzata. Soprattutto, i vertici di Railtrack si resero conto di aver esternalizzato ad altri privati tutte le competenze di manutenzione: così la società non era più in grado di ricostruire la storia e i problemi delle singole tratte. Presto Railtrack fallì: il timore di nuovi incidenti aveva imposto velocità commerciali troppo basse finendo per paralizzare il traffico. Toccò allo Stato fondare (e foraggiare con i denari del contribuente) una nuova società pubblica, la Network Rail, incaricata di rimettere in piedi la rete ferroviaria britannica. Il piano di privatizzazioni dei governi di centrodestra guidati da José Maria Aznar aveva già portato nella seconda metà degli anni Novanta 32 miliardi di euro nelle casse dello Stato spagnolo. Erano passate in altre mani società come l'energetica Endesa, finita all'Enel, mentre di Telefonica era stato ceduto un pacchetto del 21 per cento. Ora invece il governo Raoy ha in programma la privatizzazione di Aena, l'operatore dei servizi aeroportuali. Una società che vale 16 miliardi e che il governo di Madrid intende cedere al 49 per cento in due tranches. L'obiettivo è quello di incassare, al netto dei debiti, circa 2,5 miliardi di euro. Rimangono ancora in mano pubblica le ferrovie, che presto saranno a loro volta privatizzate a partire dalle linee di alta velocità gestite dall'operatore pubblico Renfe che collegano Madrid alla costa. Un discorso a parte merita infine la Tve, la tv pubblica spagnola che usufruisce di sovvenzioni statali e in cambio da quest'anno non trasmette più pubblicità nei suoi programmi. Le possibilità di intervento pubblico in giro per l'Europa sono dunque numerose e non necessariamente considerate un'eresia. Quasi sempre l'intervento delle casse dello Stato viene giustificato con la necessità di tutelare attività economiche ritenute strategiche o di rimettere in sesto aziende disastrate dalla mala gestione dei privati, com'è accaduto con le ferrovie inglesi. Quasi mai accade invece quel che si è verificato per molti decenni in Italia: l'intervento della mano pubblica come ammortizzatore sociale, per garantire cioè un reddito a decine di migliaia di persone che il sistema privato non sarebbe in grado di mantenere. 4 AIR FRANCE RENAULT DEUTSCHE BAHN VOLKSWAGEN FINMECCANICA ENI ENEL [ GLI ESEMPI ] Alcuni esempi di aziende pubbliche presenti e future in Europa: l' Aena (1), l'operatore aeroportuale spagnolo che il governo Rajoy vuole privatizzare; l 'Ilva ( 2), che il governo Renzi vorrebbe affidare allo Stato; la Renault (3), da moltissimi anni a maggioranza pubblica; l'operatore della rete ferroviaria britannica Railtrack (4), ripubblicizzato dopo una fallimentare privatizzazione negli anni '80 e ridenominata Network Rail Foto: Piero Gnudi (1), commissario staordinario dell' Ilva ; Alexandre de Juniac (2), presidente dell' Air France e Carlos Ghosn (3), presidente della Renault 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 4 (diffusione:581000) Acciaio, un business dominato dai gruppi asiatici IN TESTA ALLA CLASSIFICA, SPECCHIO DELLA FORZATA INDUSTRIALIZZAZIONE DELL'EST, L'INDIANA MITTAL CHE HA ACQUISTATO LA FRANCESE ARCELOR, QUINDI NIPPON STEEL E POI UNA LUNGA TEORIA DI NOMI CINESI: HEBEI, BAOSTEEL, WUHAN. SESTI I COREANI Eugenio Occorsio Ètutta asiatica la classifica dei gruppi mondiali dell'acciaio, quelli contro cui dovrà battersi la rinnovata Ilva, privata o pubblica che sia. Un'impressionante lista di bandierine cinesi in primis e poi indiane, giapponesi, sudcoreane, per la maggior parte gruppi nati negli ultimi decenni, quelli della prepotente industrializzazione ad est. Per trovare un nome occidentale bisogna scendere fino alla casella 13, occupata dalla gloriosa US Steel, peraltro con una produzione ormai ridotta a non più di 20 milioni di tonnellate. Che sono poi esattamente quelli che potrebbe produrre, secondo la capacità installata, una rilanciata Ilva (ora siamo su livelli assai inferiori, non più di 8 milioni autorizzati dalla gestione commissariale di cui solo 5,7 effettivamente prodotti nel 2013). Per la verità il primo gruppo in classifica, l'ArcelorMittal, risulta con sede a Lussemburgo. Ma è solo una soluzione, ovviamente, fiscale. In realtà i proprietari sono gli indiani della famiglia Mittal, che hanno acquistato per 30 miliardi di euro nel 2006 la Arcelor (che derivava a sua volta dalla fusione della francese Usinor, erede della storica siderurgia pubblica dell'Alsazia-Lorena, con la spagnola Aceralia). Fu un'acerrima battaglia contro i russi delle Severstal che erano a un passo dall'affare: i Mittal si inserirono a gamba tesa all'ultimo momento scompaginando i piani con un takeover ostile che alla fine ebbe la meglio su quello concordato che invece stava per chiudersi. Non solo l'inizio fu rocambolesco: nel 2008 il Ceo Lakshmi Mittal annunciò il licenziamento di 30mila dipendenti e la chiusura di diversi impianti specialmente in Europa ma anche in America (quello della controllata Bethlehem vicino New York e quello della Ltv Steel nell'Illinois). I travagli non erano finiti: pochi mesi dopo il gruppo fu coinvolto in un'accusa di cartello mossa dal commissario europeo alla concorrenza Joaquin Almunia, che scoprì che 17 società siderurgiche europee si scambiavano sottobanco informazioni e direttive per tenere artificiosamente alti i prezzi dell'acciaio da ben 18 anni. Finì con maxi-multe per tutti, e l'ArcelorMittal pagò la più salata (era la principale accusata). Oggi il gruppo produce 96,1 milioni di tonnellate di acciaio: a conferma del trend orientale di cui si diceva, è un netto calo dai 116,4 del 2007 mentre i concorrenti asiatici sono tutti in vertiginoso aumento. Al secondo posto in classifica troviamo la Nippon Steel, che ha prodotto l'anno scorso 50,1 milioni di tonnellate con un secco incremento rispetto ai 35,7 del 2007 a dispetto della crisi del Paese, aumento dovuto però per lo più al merger con la Sumitomo Metal (nel 1970 aveva invece rilevato la Fuji Iron & Steel). Nata nel 1950, la società è diventata forse più di qualunque altra il simbolo della ricostruzione e della tumultuosa crescita del Giappone nel dopoguerra fino al ruolo di seconda potenza mondiale (oggi è stata superata dalla Cina e si batte spalla a spalla con la Germania per restare sul podio). La Nippon Steel è oggi quasi miracolosamente visto l'"ecosistema" in cui si trova ad operare, una società sana con 125mila dipendenti, 45 miliardi di euro di fatturato e 2 di utile netto, ma in passato ha avuto i suoi guai. In particolare, nel 1981 scoppiò una violenta crisi con la necessità di massicci licenziamenti: ma in osservanza alla (buona) abitudine giapponese di non licenziare mai nessuno, a parte i prepensionamenti si inventò una serie di diversificazioni anche impensate, dalla chimica fino ai semiconduttori, dal parco a tema Space World fino addirittura alla coltivazione di funghi che utilizza il calore prodotto delle fornaci. La crisi fu comunque lunga da superare perché in quegli anni stavano emergendo i concorrenti sudcoreani e di altre neo-tigri (infine la Cina), che facevano concorrenza soprattutto per il costo del lavoro. Solo negli anni '90 la Nippon ne venne a capo, ma la vera svolta è degli anni 2000, quando con il nuovo partner Sumitomo sperimentò nuove soluzioni tecnologiche (come il carbone derivante dai rifiuti in plastica o nuove leghe superleggere per i container) che ripristinarono a forza di investimenti da molti miliardi di yen la profittabilità. Il terzo gruppo mondiale del settore è la Hebei, colosso cinese da 40 miliardi di dollari di fatturato nato nel 2008, così come cinesi sono la Baosteel (quarta), che ha SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 269 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato [ IL RETROSCENA ] 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 4 (diffusione:581000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 270 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato legato il suo nome a quella che è rimasta per molti anni la principale Opa sulla Borsa di Shanghai (l'equivalente di 1,5 miliardi di euro nel 2000) e la Wuhan Iron and Steel. Sono tutte aziende statali, che beneficiano più di quelle di qualsiasi altro settore, di una razionale e minuziosa pianificazione. Per ognuna viene identificata un'area, poi le vengono assegnati i migliori ingegneri disponibili a seconda della zona e della specializzazione, le viene attribuito un giusto numero di commesse pubbliche e l'accesso alle miglior tecnologie disponibili. Oggi tutte e tre producono intorno ai 40 milioni di tonnellate, con aumenti esponenziali soprattutto per la Wuhan che ha raddoppiato dal 2007 ad oggi. Al sesto posto compare la già citata e potente sudcoreana Posco, fondate nel 1968 con 38,4 milioni di tonnellate prodotte (erano 31,1 nel 2007), 64 miliardi di dollari di fatturato e 3,2 miliardi di utile l'anno scorso. In aggiunta, la Posco ha in corso una jointventure con la Us Steel che ha un importante stabilimento in California. È un gruppo interamente pubblico: nel 1997 il governo di Seul annunciò l'intenzione di privatizzarlo almeno in parte, ma i primi tentativi di emettere azioni rivelarono una risposta di mercato così negativa che un anno dopo il progetto rientrò. La top ten della siderurgia si chiude con un'altra sfilza di società cinesi - Jiangsu Shagang, Anstee e Shougang - e infine con una giapponese, la Jfe. Per la cronaca, all'undicesimo posto c'è il gruppo indiano Tata, al 12° ancora uno cinese, Shandong, e al tredicesimo come si diceva ecco gli americani. ARCELOR MITTAL LUSSEMBURGO NIPPON STEEL GIAPPONE HEBEI STEEL GROUP CINA WUHAN STEEL GROUP CINA POSCO COREA ILVA ITALIA Foto: La classifica dei gruppi siderurgici del mondo, dove l' Ilva sta precipitando nelle zone più basse; a destra la sede della Nippon Steel a Tokyo 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 30 (diffusione:581000) L'OSSERVATORIO SULLE POLITICHE RETRIBUTIVE 2014-2015 DI TOWERS WATSON CONDOTTO SU 500 AZIENDE MEDIO-GRANDI, APPARTENENTI A TUTTI I PRINCIPALI SETTORI AD ESCLUSIONE DEI SERVIZI FINANZIARI, IN ESCLUSIVA PER AFFARI & FINANZA Luigi Dell'Olio La fuga dei cervelli, partita dai giovani neolaureati, rischia di allargarsi a quadri e dirigenti. Con ricadute nefaste per la competitività delle aziende italiane. I manager che hanno varcato le Alpi negli ultimi anni costituiscono già una schiera numerosa, da Vittorio Colao (ceo di Vodafone) a Diego Piacentini (vice president di Amazon), da Luca Maestri (cfo di Apple) ad Alberto Cribiore (vice chairman di Citigroup), ma in questi casi si tratta di professionisti che avevano già un profilo globale. Diverso è il discorso per quanti decidono di trasferirsi oltreconfine nell'impossibilità di trovare condizioni contrattuali adeguate nel nostro Paese. Il rischio è concreto a scorrere l'Osservatorio sulle politiche retributive 2014-2015 di Towers Watson (condotto su 500 aziende, prevalentemente medio-grandi, appartenenti a tutti i principali settori ad esclusione dei servizi finanziari), che Affari&Finanza pubblica in esclusiva. Si scopre che negli ultimi anni si è allargata sensibilmente la forbice retributiva tra le professionalità elevate impiegate in Italia e negli altri Paesi europei. Da noi un top manager (direttore, secondo la classificazione della ricerca), che pure non può lamentarsi a fronte di una retribuzione lorda media di 228mila euro lordi annui, guadagna al netto il 14% in meno di un tedesco e il 13% nei confronti di uno inglese. Non solo: il vantaggio è ormai quasi azzerato per le aziende attive nella Penisola anche con i mercati emergenti come la Polonia e la Turchia. Il differenziale rispetto alle retribuzioni nel resto d'Europa è ancora più marcato tra i dirigenti (nella ricerca vengono identificati così quelli di seconda fascia), che in Italia portano a casa mediamente 110mila euro lordi annui e che in termini di retribuzione netta significa il 13% meno degli omologhi francesi e britannici, ben il 20% rispetto a quelli tedeschi. La situazione è particolarmente difficile per i quadri, che nell'ultimo triennio hanno visto addirittura contrarsi le retribuzioni (-3,3%, ma la perdita di potere d'acquisto è superiore all'8% considerando l'impatto dell'inflazione) e oggi guadagnano mediamente 55mila euro lordi. I quadri in Francia portano a casa il 38% in più rispetto ai pari livello italiani e gli inglesi ci superano addirittura dell'80%. "Le riorganizzazioni aziendali hanno colpito soprattutto questa fascia di lavoratori", spiega Rodolfo Monni, responsabile indagini retributive di Towers Watson Italia. "Molti middle manager senior sono usciti dal mondo del lavoro e sono stati sostituiti da profili più giovani, con retribuzioni contenute". Senza trascurare i casi dei contratti di solidarietà applicati durante la crisi e di quelli rinegoziati al ribasso pur di salvaguardare il posto. Si difendono invece i sales (51mila euro annui di media), che nell'ultimo triennio hanno visto crescere intorno al 15% le retribuzioni e oggi guadagnano più o meno in linea con i colleghi europei. Un trend che si spiega con la persistente crisi dei consumi nella Penisola, che spinge le aziende a premiare maggiormente i venditori più abili a districarsi in questo contesto. Di positivo c'è che in Italia tendono a calare le differenze retributive tra uomini e donne. Tra i quadri si aggirano intorno a un punto percentuale, che salgono a tre nel caso dei dirigenti. L'eccezione è rappresentata dal settore vendite, dove la forbice arriva al 12%. "Va comunque detto che solo poche donne arrivano a occupare posizioni di vertice: sono appena il 16% dei direttori attivi nelle aziende della Penisola, il 23% dei dirigenti e il 35% dei quadri", sottolinea Monni. Detto della situazione attuale, lo studio di Towers Watson si proietta anche verso il futuro. Le aziende intervistate hanno messo a punto budget per gli aumenti salariali di tutte le categorie di lavori sostanzialmente omogenee: per i direttori ci sono spazi per rialzi del 3,0%, per i dirigenti e i venditori del 2,9%, infine per i quadri e gli impiegati del 2,8%. Se queste intenzioni si trasformeranno in decisioni concrete, i lavoratori italiani potranno prendere una boccata d'ossigeno, considerato che l'inflazione è destinata a restare debole ancora per qualche tempo. Alla fine, molto dipenderà dall'andamento dei conti aziendali, ai quali è legata la retribuzione variabile, che assume un peso crescente via via che si sale nella scala delle responsabilità aziendali. S.DI MEO SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 271 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato I manager italiani guadagnano sempre meno e ora guardano all'estero 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 30 (diffusione:581000) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Foto: Nei grafici, le retribuzioni medie dei manager in Italia e il confronto con altri paesi Foto: Qui sopra, Rodolfo Monni (1) e Diego Piacentini (2) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 272 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 17 (diffusione:581000) Saipem ai minimi, i fondi pronti all'assalto L'ANNULLAMENTO DEL GASDOTTO SOUTH STREAM, PER IL QUALE LA SOCIETÀ AVEVA CONTRATTI PER 2,4 MILIARDI DI EURO, INSIEME ALLA PREVEDIBILE FRENATA DELLE NUOVE ESPLORAZIONI, HA PENALIZZATO IL TITOLO E RISVEGLIATO L'INTERESSE DEI PRIVATE EQUITY (l.pa.) Davanti alla possibilità di un buon affare non ci sono controindicazioni geo-politiche che tengano. Così, i grandi fondi di private equity anglosassoni non hanno potuto che applaudire Vladimir Putin quando ha annunciato di voler cancellare dalle cartine geografiche il progetto South Stream. Improvvisamente, il presidente russo si è trasformato da nemico delle economie occidentali nonché anti-democratico che vuole invadere un paese sovrano come l'Ucraina, nell'uomo che potrebbe favorire un'operazione quanto mai profittevole. L'annullamento del cantiere per la costruzione del gasdotto che avrebbe dovuto portare 63 miliardi di metri cubi di gas in Europa, passando sotto il Mar Nero, ha fatto crescere l'interesse dei grandi fondi internazionali per Saipem. I quali ora sarebbero pronti a mettersi in fila con l'advisor Credit Suisse per rilevare il pacchetto di maggioranza della società di ingegneria, il 42 per cento del capitale che Eni ha deciso di mettere in vendita entro il 2015. Sembra un paradosso: come ha confermato la stessa società, le penali previste in contratto coprono solo per una parte il mancato incasso, un contratto complessivo da oltre 2,4 miliardi di euro (di cui 1,25 già previsti per il 2015) anche se in una nota ufficiale ha scritto che «non è possibile determinare gli impatti economici della sospensione in quanto non è nota la durata né è prevedibile la decisione finale del cliente». Lo stop imposto dal Cremlino alla sua controllata Gazprom scombussola i piani di Saipem. Tanto che l'ad Umberto Vergine - in un'intervista a Sole24Ore - ha ammesso che «il 2015 doveva essere l'anno del consolidamento e, invece, sarà ancora un anno di transizione». La batosta del South Stream ha avuto immediate ripercussioni in Borsa. I titoli della società di Metanopoli hanno perso fino al 15 per cento dal giorno dell'annuncio di Putin, arrivando a toccare il minimo storico a 9,7 euro, con una capitalizzazione di 4,4 miliardi. Per Eni una perdita di valore che complica i piani di vendita: soltanto due anni fa la società valeva 40 euro (massimo storico) e la quota in capo a Eni valeva 7,5 miliardi mentre ora si è ridotta a meno di 2. Un crollo causato da due profit warning in poco più di un anno innescati dall'inchiesta della procura di Milano su presunte tangenti pagate da dirigenti Saipem in Algeria che ha portato Vergine (subentrato a Pietro Tali, indagato dai giudici) a svalutare molti contratti, aggiornandone i valori. Una situazione di difficoltà culminata con il rosso con cui è stato chiuso il 2013 (404 milioni di perdite), cui si sono aggiunte le revisioni al ribasso degli obiettivi del 2014, con il ritorno all'utile ma nella parte bassa della forchetta annunciata al mercato (non più di 280 milioni). Tutto questo a fine ottobre, prima del crollo verticale del prezzo del greggio - che potrebbe portare al blocco di molti progetti di ricerca di nuovi giacimenti a livello globale - e dell'annuncio della Russia sul South Stream. Tutto questo spiega perché, nonostante le difficoltà, sia cresciuto l'interesse per Saipem da parte dei fondi. Ovviamente, Eni non ha intenzione di vendere un asset che viene comunque considerato un gioiello della tecnologia e con un portafoglio ordini importante. Una società con profondi legami con le università italiane e con la filiera dell'energia: ecco perché si sta lavorando anche a una possibile cordata con il Fondo Strategico della Cdp pronto a rilevare una quota del pacchetto in mano a Eni, in alleanza con il fondo sovrano di un paese che conosce bene il business (Qatar o Kuwait) o la tecnologia della ricerca di idrocarburi (Corea). Anche se a Eni conviene aspettare tempi migliori in Borsa. Foto: In basso, l'ad Saipem Umberto Vergine (1) e Francesco Carbonetti (2), presidente SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 273 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Milano 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 18 (diffusione:581000) L'IMPORTO DOVREBBE FERMARSI POCO SOTTO QUELLA CIFRA, IN LIEVE AUMENTO RISPETTO AI 18,35 RICHIESTI ALL'ASTA PRECEDENTE. MEDIOBANCA, BPER E UNICREDIT HANNO GIÀ ESAURITO IL PLAFOND. LE RICHIESTE DI UBI E BPM Vittoria Puledda Le tesorerie delle banche italiane stanno facendo gli ultimi conti, ma i giochi sono praticamente fatti e non si discosteranno troppo dal canovaccio già andato in scena nella scorsa Tltro, l'asta di finanziamento della Bce finalizzata al sostegno dell'economia reale: anche al prossimo appuntamento dell'11 dicembre non ci sarà ressa per prendere i fondi offerti dalla Banca centrale, al tasso dello 0,15%, ma certo l'asta non andrà deserta. «Non mi aspetto una forte domanda all'asta Bce - conferma Angelo Baglioni, professore di Economia politica all'Università Cattolica e redattore de la voce.info del resto non si può dare tutta la colpa alle banche: la domanda di credito resta debole, le previsioni di crescita continuano a essere riviste al ribasso e il rischio di credito rimane alto». Dai primi conteggi, dieci banche italiane chiederanno complessivamente un importo che dovrebbe fermarsi poco sotto i 21 miliardi di euro rispetto ai 18,35 richiesti all'asta precedente dallo stesso campione di istituti. Non parteciperanno a quest'asta perché hanno già ric h i e s t o t u t t o l'importo disponibile (si possono richiedere fondi fino al 7% degli impieghi erogati al 30 aprile scorso, esclusi i mutui) M e d i o b a n c a , Bper e Unicredit ( q u e s t ' u l t i m a probabilmente concorrerà per i fondi relativi all'Austria, chiedendo due miliardi). Al contrario, farà il suo esordio in asta Tltro la Bpm, con una richiesta di 1,5 miliardi, così come parteciperanno per la prima volta Ubi (con una richiesta intorno ai 3 miliardi) Popolare Vicenza (1,2 miliardi) e Veneto Banca (950 milioni). Per Intesa invece si tratta di una seconda puntata, ma ben più corposa: a settembre erano stati presi 4 miliardi, ora dovrebbero essere 8,5. Quasi triplicata la domanda per il Banco Popolare, che aveva chiesto un miliardo la volta scorsa e ora si attesterà a 2,7 mentre Mps ha ripartito esattamente a metà l'importo: 3 miliardi a settembre, altrettanti ora. In generale, però, anche questa seconda asta di Tltro ripropone il nodo dell'altra volta: la liquidità non manca, e anche a buon prezzo, quel che è più difficile individuare sono impieghi remunerativi. La sensazione è che non poche banche si stiano facendo avanti adesso solo perché altrimenti avrebbero la strada preclusa in seguito, alle altre aste (trimestrali). Dal 2015 in poi, infatti, i finanziamenti saranno per importi parametrati all'andamento degli impieghi nei periodi di osservazione pregressi (in teoria fatti proprio grazie alle due aste Tltro 2014): insomma, chi non si fa avanti almeno in una delle due scadenze di quest'anno rimane escluso anche dalle aste successive. Senza questo incentivo, è probabile che qualche banca non si sarebbe nemmeno presentata all'appuntamento. Il coro, in generale, è infatti che il cavallo (le imprese) ancora non beve. «Alla fine sono gli imprenditori che devono ritrovare la fiducia nel Paese e decidere se i segnali che ricevono dalle istituzioni sono sufficienti per ricominciare ad investire - spiega Giuseppe Castagna, amministratore delegato di Bpm - la cosa positiva è che se c'è la domanda, le banche hanno tanta liquidità a disposizione per fare più impieghi. Per quanto ci riguarda, il nostro obiettivo è crescere nei prestiti». A livello di sistema, gli impieghi continuano a scendere anche se a ritmo più basso; inoltre, gli ultimi dati aggregati si fermano ad ottobre: troppo presto per valutare l'effetto delle aste Tltro. Un elemento qualitativo, invece, è abbastanza condiviso, a livello di sistema: la concorrenza tra le banche, per conquistare clientela per fare impieghi, comincia ad essere pressante. Per il momento riguarda quasi solo le società di maggiori dimensioni e di più alta affidabilità, insomma dal circuito continuano ad essere abbastanza escluse le Pmi. Ma, ma dal punto di vista dell'offerta, il mercato ha ricominciato a mettersi in moto. UNICREDIT INTESA SANPAOLO MONTE PASCHI ICCREA BPER BANCO POPOLARE CREVAL CREDEM CARIGE MEDIOBANCA Foto: 1 Foto: Qui sopra, l'ad di Intesa Sp, Carlo Messina (1) e l'ad di Bpm, Giuseppe Castagna (2) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 274 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Bce, 21 miliardi alle banche italiane 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 18 (diffusione:581000) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Foto: A destra, le sottoscrizioni delle banche italiane alla prima asta, nel settembre scorso, di Tltro SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 275 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 19 (diffusione:581000) NEGLI USA I RIACQUISTI DI AZIONI PROPRIE SONO ESPLOSI: PIÙ 20% NEL 2013, PIÙ 26% QUEST'ANNO E PIÙ 18 NEL 2015. IN ITALIA LA SITUAZIONE È STABILE: LA METÀ LO FA PER SUPPORTARE I PIANI DI STOCK OPTION DESTINATE AI DIPENDENTI Filippo Santelli Rompicapo quotidiano da direttore finanziario: come impiegare gli utili? Si possono reinvestire in azienda. Oppure distribuire agli azionisti. La soluzione sarà sempre in mezzo, ma dopo la crisi la seconda opzione, almeno negli Stati Uniti, sta assumendo un peso sempre maggiore. Cresce la quota di liquidità destinata ai dividendi. Ma soprattutto esplodono i buyback , i riacquisti di azioni proprie da parte delle società. Su del 20% nel 2013, del 26 quest'anno e ancora del 18 il prossimo, stima Goldman Sachs, quando toccheranno la cifra record di 707 miliardi di dollari contro i 740 spesi in conto capitale. Un'impennata che in Europa, considerato che qui si è partiti più tardi, potrebbe essere pure più decisa. Ma che a meno di sorprese non dovrebbe coinvolgere il mercato italiano. Le nostre imprese ricomprano, certo, tra le ultime Eni, Impregilo e Gtech. Ma più che come politica di redistribuzione lo fanno per alimentare i piani di stock option o stabilizzare l ' a n d a m e n t o del titolo. Oltre Oceano sono in particolare i giganti high tech, seduti su montagne di liquidità, a trainare la tendenza. Giusto un anno fa Microsoft ha annunciato un programma di buyback da 40 miliardi di dollari. Solo nell'ultimo trimestre Apple ne ha spesi 17 in azioni proprie. Secondo Goldman Sachs il totale dei riacquisti a fine anno per l'S&P500 sarà di 600 miliardi di dollari. Dopo il crollo del 2009, acme della crisi finanziaria, una crescita costante, che nel 2015 porterà ad aggiornare il precedente massimo. Effetto della fragile ripresa globale, spiega Carla Scarano, 37 anni, portfolio manager dell'azionario Usa per Anima Sgr. Gli incentivi a investire in azienda, in assenza di chiare prospettive di crescita, diminuiscono: «Al di là della ripresa americana l'Europa resta in stallo e la Cina dà segni di rallentamento. I Cfo delle multinazionali rimangono poco fiduciosi». Più sicuri gli effetti dei buyback, spingere utili per azione e valore del titolo. Dalla sua creazione nel 2007 il Bloomberg Buyback Index, paniere delle cento società Usa a più alta incidenza di riacquisti, è cresciuto d e l 6 4 % , c o n t r o i l 2 5 % dell'S&P500. Ma non è detto che duri, avvertono gli analisti. Facebook, per esempio, è stata premiata dalla Borsa proprio perché continua a destinare molte risorse agli investimenti societari. Mentre le azioni Ibm sono state vendute, nonostante l'annuncio di un buyback da 5 miliardi. Segno che un piano di riacquisto non basta a compensare i dubbi sulla crescita organica: «Al mercato piace un utilizzo oculato della cassa. Ma se un'impresa fatica, quel che si vuole vedere sono interventi sul business», dice Scarano. Alcuni economisti, per esempio Mariana Mazzucato, hanno suonato un campanello d'allarme. Dirottare tanta liquidità sugli azionisti, dicono, potrebbe danneggiare innovazione e crescita economica nel lungo periodo. Non secondo Scarano: «Si tratta comunque di risorse che rimangono nel sistema: la ricchezza è trasferita, non distrutta». Dal 2016, poi, gli investimenti dovrebbero tornare a crescere più veloci dei buyback, +8% contro +5%. Il boom di riacquisti, secondo JpMorgan, potrebbe allora trasferirsi in Europa, dove la ripresa sarà anemica per molti trimestri e i buyback rappresentano al momento solo l'1,2% della capitalizzazione dello Stoxx 600, contro il 3% abbondante dell'S&P 500. Nelle ultime settimane Nestlè, Glencore e Moeller Maersk hanno varato operazioni su azioni proprie per un totale di 11 miliardi: potrebbe essere un indizio. Anche qualche big italiana si è mossa. Salini Impregilo ha da poco avviato un piano di riacquisto, fino al 10% del capitale, così come Gtech e Recordati. Stm lo ha appena concluso. Mentre è in corso da inizio anno quello di Eni: nel mirino sempre il 10% del flottante, per un impegno stimato vicino ai 6 miliardi di euro. Casi che però a sentire gli operatori non rivelano una tendenza: «La situazione è stabile», commenta Nicola Giaretta, 50 anni, del Corporate solutions group di Banca Imi, società che segue una trentina di quotate italiane in fase di buyback, circa la metà del totale. Spiega Giaretta: «Il 50% lo fa per supportare i piani di stock option rivolti ai dipendenti». È il caso di Stm e Recordati. «Un 30% per stabilizzare il titolo in caso di fluttuazioni eccessive», l'obiettivo di Gtech. «L'ultimo SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 276 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Eni, Salini Impregilo, Gtech la via nazionale al "buyback" 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 19 (diffusione:581000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 277 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 20% per incrementare il valore della società». Eni per esempio, anche se l'operazione, annunciata a inizio anno sta procedendo a rilento. «In Italia la tendenza è far approvare il buyback dall'assemblea e utilizzarlo successivamente, in caso di necessità - conclude Giaretta - ma nella grande maggior parte dei casi non viene poi attuato». «Nelle fasi di stress può essere un messaggio di fiducia per il mercato e sostenere il titolo», riconosce Alberto Zorzi, 49 anni, responsabile investimenti retail di Arca Sgr. Convinto però che i riacquisti a Piazza Affari rimarranno limitati. Di certo i conti delle nostre quotate non scintillano. E almeno per le banche negli ultimi mesi il problema è stato opposto: raccogliere capitale, spesso tra mille difficoltà. «In Italia i pochi buyback sono inseriti all'interno di piani strategici pluriennali», spiega Vincenzo Capizzi, 43 anni, professore di Finanza all'Università del Piemonte orientale. «Negli Stati Uniti invece sono usati in maniera tattica, come alternativa ai dividendi». Spesso più conveniente, perché più flessibile: «Alzare la cedola crea nel mercato aspettative future, mentre i riacquisti non vincolano». Più che di ciclo economico, allora, il professore ne fa una questione di consapevolezza finanziaria: «Credo che con gradualità si diffonderanno anche in Italia». FONTE COMPUSTAT AND GOLDMAN SACHS GLOBAL INVESTMENT RESEARCH Foto: 1 Foto: Qui sopra, l'ad del Nyse, Jeffrey Sprecher (1) e l'ad di Borsa Italiana, Raffaele Jerusalmi (2) Foto: A sinistra, la costante crescita dei buyback nel corso degli ultimi cinque anni 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 24 (diffusione:581000) Auto, linea di montaggio 2.0 per Marchionne rivoluzione a metà LA NUOVA FILOSOFIA ADATTA I MOVIMENTI DELLA CATENA AGLI UOMINI: RUOTA LE SCOCCHE PER RIDURRE LA FATICA E TAGLIARE LE PAUSE. UN SONDAGGIO TRA I DIPENDENTI DI TRE STABILIMENTI ITALIANI MOSTRA PERÒ RISULTATI CONTRASTANTI Paolo Griseri Work in progress: sta cambiando il modo di lavorare in Fiat, ma non dappertutto agli stessi ritmi. La fotografia che emerge dai 5.000 questionari distribuiti dalla Fim Cisl ai dipendenti degli stabilimenti italiani mostra vantaggi e limiti del Wcm, la metrica introdotta da Marchionne, in Italia prima e in America poi. La filosofia del nuovo modo di lavorare sembra semplice: diminuire la fatica contenuta in ogni singolo gesto degli operai in linea e aumentare la produttività. La discussione sulla metrica è sempre stata il punto di incontro/scontro in tutte le fabbriche del mondo. Perché chi decide la metrica ha in mano il potere. Non per caso l'introduzione del Wcm ha scatenato lo scontro tra Fiat e Fiom e ha diviso i sindacati. Negli anni Sessanta e Settanta del Novecento la metrica la decidevano i cronometristi: si sistemavano a lato degli operai di linea e misuravano il tempo che ciascuno impiegava a compiere ogni singolo gesto. Poi sommavano i gesti e decidevano i tempi necessari per chiudere un ciclo di operazioni prima di ricominciare da capo. Particolare decisivo perché quei tempi definivano la velocità della linea e dunque la fatica che ciascuno compie durante la giornata. Il Wcm è l'ultima evoluzione del sistema. Prevede postazioni di lavoro meno faticose. L'esempio classico è quello delle lavorazioni sotto la scocca dell'automobile: un tempo svolte alzando le braccia e oggi realizzate ad altezza d'uomo perché è la scocca che ruota su se stessa. Un dettaglio che riduce molto la fatica. Analogamente, il Wcm prevede la preparazione dei pezzi in modo da evitare il più possibile agli operai gli spostamenti a lato linea per prendere viti, tappi di gomma, guarnizioni. Oggi c'è un carrello che segue ogni addetto alla postazione abbattendo i suoi tempi di spostamento. Sono solo alcuni esempi per far capire le innovazioni concrete dell'ultima metrica. Che hanno avuto una conseguenza immediata: il taglio delle pause previste dai precedenti accordi sindacali. Il ragionamento dell'azienda era semplice: se le innovazioni riducono la fatica, si possono ridurre le pause per il recupero delle forze stabilite ai tempi del sistema precedente. Questo era stato il primo oggetto di scontro con l'azienda e di divisione tra i sindacati: le riduzioni di fatica consentite dal nuovo sistema giustificavano la riduzione delle pause? Ma il Wcm non è solo metrica. E' anche appiattimento della tradizionale piramide aziendale. Anche qui più che inventare qualcosa di nuovo si organizza e si spinge al massimo quel che era stato intuito negli anni precedenti. Nel sistema tradizionale per ogni dipendente produttivo ce n'era un altro che svolgeva funzioni di controllo o amministrative. Organizzazione piramidale che in Fiat era esasperata dalla tradizione militare sabauda. Abbattere il numero dei controllori e responsabilizzare i controllati è stata una sorta di rivoluzione copernicana. Il passaggio dal capo al team, la discussione comune sui miglioramenti del processo produttivo parevano un obiettivo irraggiungibile quando vennero enunciati la prima volta nella Fiat di Romiti. Sembravano molto più realizzabili quando a dirigere il gruppo è arrivato il manager con il maglioncino. Con il Wcm è davvero così? Davvero la piramide si è appiattita, davvero le decisioni vengono prese anche dalle tute blu? La questione della fatica e quella del coinvolgimento degli operai sono inevitabilmente i due punti dirimenti per rispondere al quesito di fondo: con il Wcm in Fiat si lavora meglio? I 5.034 questionari restituiti alla Fim dei dipendenti Fiat rappresentano certamente il più vasto campione di indagine svolto in tempi recenti negli stabilimenti italiani del gruppo. I dati sono stati elaborati da docenti dei politecnici di Torino e Milano. La presentazione dell'analisi completa dei risultati verrà fatta nelle prossime settimane a Roma a cura del Ciret, il centro interuniversitario dedicato alla figura di Ezio Tarantelli. I primi risultati della ricerca sono stati anticipati nel maggio scorso al Politecnico di Milano. Emerge innanzitutto che dove il Wcm è applicato in maniera estesa e completa, l'indice di soddisfazione dei dipendenti è tendenzialmente maggiore. E' il caso dello stabilimento di Pomigliano dove più del 77 per cento dei rispondenti dichiara che con il nuovo sistema è diminuita la fatica e, più in generale, sono SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 278 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Torino 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 24 (diffusione:581000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 279 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato migliorate le condizioni di lavoro. Ma a Melfi solo il 18 per cento dichiara che oggi il lavoro è meno faticoso e addirittura l'87 dichiara che è aumentato lo stress. Analogamente a Pomigliano ben il 96,3 per cento dei rispondenti dichiara di «sentirsi parte di un team di lavoro» mentre a Melfi la percentuale crolla al 36,5, più bassa di quella di Mirafiori Carrozzerie dove il Wcm non è introdotto perché si lavora qualche giorno al mese. I risultati completi e l'interessante geografia interna agli stabilimenti italiani saranno commentati nel convegno in calendario a Roma. Oggi si può dire che la trasformazione è a metà strada. Foto: Qui a lato, i primi risultati del sondaggio condotto dalla Fim Cisl negli impianti di Melfi, Pomigliano e Mirafiori 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 37 (diffusione:581000) I DATI DI UBS: DA NOI LA RICCHEZZA AUMENTA PIÙ VELOCEMENTE DELLA MEDIA EUROPEA. NEL MONDO PER PORTAFOGLI SUPERIORI A 30 MILIONI DI DOLLARI IN TESTA GLI USA, IN EUROPA LA GERMANIA . CHE PRECEDE REGNO UNITO, SVIZZERA E FRANCIA Mariano Mangia Roma Èuna ricchezza in gran parte ereditata, quella degli ultra milionari italiani, ma è una ricchezza che cresce più velocemente della media europea. E' quanto emerge dall'ultima edizione del "Wealth-X and UBS World Ultra Wealth Report 2014" che traccia una panoramica completa della popolazione definita Ultra High Net Worth, i fortunati individui in possesso di un patrimonio netto ultra elevato, in soldoni, una ricchezza dai 30 milioni di dollari in su. Il numero di ultra milionari è cresciuto in tutto il mondo: a giugno 2014 erano 211.725, nuovo record, il 6% in più rispetto al 2013; rappresentano appena lo 0,004% della popolazione mondiale adulta, ma detengono quasi il 15% della ricchezza complessiva, il loro patrimonio è misurato in 29.700 miliardi di dollari. Ricchi, ma con una predisposizione alla liquidità: quasi un quarto della ricchezza totale, si legge nel rapporto, è detenuta in asset liquidi. A dispetto di un'economia che fatica a crescere, è l'Europa a far meglio di America e di Asia in termini di incremento del numero di ultra-milionari, +6,5%, e del loro patrimonio complessivo, 8.355 miliardi di dollari, in crescita dell'8,9%. La performance dell'Europa è dovuta, secondo gli estensori della ricerca, alla sua solida reputazione e alle opportunità che molti dei suoi mercati, relativamente stabili, offrono. L'Europa e in particolare l'Europa Occidentale sono diffusamente considerati il "porto sicuro", tanto per il capitale finanziario che per quello umano. "Anche con un conflitto in corso tra Ucraina e Russia, invece di vedere un forte calo nella popolazione e nella ricchezza Uhnw nell'area, registriamo movimenti al suo interno di persone e di patrimoni. Questo fenomeno permetterà all'Europa di mantenere la sua posizione di seconda maggior area geografica Uhnw del mondo nei prossimi cinque anni". I tre paesi europei con una popolazione di ultra ricchi più ampia sono la Germania, che con 19.095 ultra milionari è anche il secondo paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, per numerosità e per patrimonio, il Regno Unito e la Svizzera. Il nostro paese si colloca al quinto posto, preceduto dalla Francia e seguito dalla Spagna. Sono 2.295 gli italiani che vantano una ricchezza personale superiore ai 30 milioni di dollari, il loro numero è cresciuto del 10,6% nel 2014, contro una media europea del 6,5%, il patrimonio complessivo ha raggiunto i 270 miliardi di dollari, con una crescita del 14,9% ben superiore, anche in questo caso, alla media europea dell'8,9%. Solo 250 di questi milionari sono di sesso femminile, ma, curiosamente, le donne hanno in media 12 milioni di dollari di patrimonio in più rispetto alle loro controparti maschili. Come si spiega la performance del mercato italiano, visto l'andamento economico del nostro paese? La risposta degli estensori del rapporto è che gli ultramilionari italiani traggono profitto da settori specifici, hanno costruito la maggior parte della loro ricchezza in mercati di nicchia, come il tessile, l'abbigliamento e i beni di lusso, un'industria da cui derivano le fortune di oltre il 13% di queste persone; altri due settori importanti sono il manifatturiero e le costruzioni, a livello mondiale è invece il settore finanziario la maggior fonte di ricchezza. Uno dei motivi principali per cui la popolazione più ricca del paese ha fatto registrare una crescita così elevata è rappresentato dal fatto che la maggior parte di loro "adotta modelli di business orientati verso una dimensione internazionale, guarda oltre il mercato interno, limitando così l'esposizione alle volatili, e qualche volta precarie, condizioni socioeconomiche del paese". I 2.295 ultra-milionari italiani possiedono solo il 2,5% della ricchezza totale del paese, la quota più bassa tra tutti i paesi oggetto del report, un dato probabilmente influenzato dal fatto che molti milionari, nati in Italia o eredi di facoltose famiglie italiane, si sono trasferiti in paesi vicini, come la Svizzera, lasciando così alla fascia più alta della piramide del nostro paese una percentuale più bassa di ricchezza rispetto alle altre nazioni analizzate nel rapporto. A caratterizzare la fascia più elevata di milionari italiani è, tuttavia, soprattutto l'origine della loro ricchezza: in Italia, si legge nel rapporto, c'è una predominanza di ricchezza ereditata. Solo il 41% della popolazione più ricca italiana è interamente self-made, SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 280 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato In Italia crescono i milionari ma il patrimonio è ereditario 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 37 (diffusione:581000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 281 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato di tutti i paesi analizzati nel rapporto, solo la Germania ha una percentuale altrettanto bassa. C'è un 24% che conta esclusivamente su patrimoni ereditati e un altro 35% la cui ricchezza deriva in parte da eredità e in parte è frutto della propria attività imprenditoriale o professionale, un patrimonio ereditato ma accresciuto, quindi. Per aumentare la fascia di popolazione più ricca del nostro paese e la sua ricchezza, conclude il rapporto, è necessaria una nuova ondata di imprenditori. Ma c'è speranza: la nuova generazione di ultra milionari italiani è costituita da imprenditori e da persone che hanno ereditato ricchezza e più della metà ha ulteriormente accresciuto tale ricchezza con le proprie forze. S.DI MEO [ LA SCHEDA ] I tre paesi europei con la maggiore popolazione Uhnw sono Germania (19.095 individui); Regno Unito (11.510); e Svizzera (6.635). La Germania è seconda al mondo, dopo gli Usa, sia in termini di dimensioni della popolazione che di ricchezza. La popolazione Uhnw Londra controlla da sola quasi il 9% della ricchezza totale del paese. l 75% degli individui Uhnw del Regno Unito è self-made, la percentuale più alta tra i paesi europei analizzati nello studio. Foto: AI 2.295 ultramilionari italiani il 2,5% della ricchezza totale 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 40 (diffusione:581000) Mix di valute per guadagnare, il dollaro in testa L'ANALISI DI ADRIAN OWENS, DIRETTORE INVESTIMENTI DI GAM, PREVEDE CHE L'EURO PROSEGUIRÀ NEL SUO CALO, MENTRE SI RAFFORZERÀ ANCORA IL BIGLIETTO VERDE. TRA LE POSSIBILI SORPRESE POTREBBE SPUNTARE LA CORONA NORVEGESE Luigi Dell'Olio Londra «La diversificazione valutaria non può mancare nei portafogli di una certa consistenza, e questo vale a maggior ragione oggi, a fronte di opportunità di rialzo un po' limitate delle altre asset class, dato che i mercati azionari sono reduci da una lunga corsa e i bond hanno poco spazio di crescita a fronte dei tassi ai minimi storici». E questa la convinzione di Adrian Owens, direttore investimenti di Gam, gruppo di asset management quotato al listino Six Swiss Exchange di Zurigo con 124,1 miliardi di franchi svizzeri (poco più di 100 miliardi di euro) in gestione, nonché gestore del fondo Gam Star Global Rates e del fondo Gam Star Discretionary FX. Nella seconda parte dell'estate l'euro ha cominciato a indebolirsi verso il dollaro e il trend è proseguito fino all'inizio di novembre, mentre nelle ultime settimane si è assistito a una fase sostanzialmente laterale intorno a 1,23-1,25, pur con diverse oscillazioni. A suo avviso si è raggiunto un livello di equilibrio tra le due valute più importanti al mondo? «Direi di no, almeno se ragioniamo in un'ottica di medio periodo, quella che dovrebbe sempre caratterizzare la clientela private. A nostro avviso, vi sono ancora spazi per una discesa dell'euro, anche sotto quota 1,20, probabilmente fino a 1,15. In questo modo il cambio tra la moneta unica europea e la divisa americana si avvicinerebbe alla media storica. Del resto, se guardiamo ai principali indicatori dell'economia reale - dai nuovi ordini del settore manifatturiero all'andamento della disoccupazione si vede chiaramente che le due sponde dell'Atlantico hanno intrapreso direzioni opposte. A questo va aggiunto, poi, il differente orientamento delle banche centrali, con la Fed che sta valutando il rialzo dei tassi, mentre la Bce ragiona su ulteriori misure di allentamento monetario». Ritiene possibile un aumento dei tassi negli Usa già nella prima metà del 2015? «Al momento è impossibile fare previsioni perché gli indicatori economici non danno indicazioni chiare. Ma, nell'ottica dei risparmiatori, è più importante prendere consapevolezza che il rialzo partirà con il nuovo anno, anche se sarà molto graduale, complice la mancanza di pressioni inflazionistiche. Infatti, se da una parte la progressiva discesa del tasso di disoccupazione - ormai al di sotto del 6% - fa immaginare una futura pressione sui salari, dall'altra il calo dei prezzi petroliferi aiuta a raffreddare i prezzi». In questo scenario, sono possibili turbolenze a breve? «Come si è visto nelle ultime settimane, potranno esservi aggiustamenti nei cambi tra le due valute, ma senza particolari scossoni. Il dollaro è destinato a rafforzarsi anche perché questo trend può contribuire al riequilibrio dell'economia globale. Vale la pena notare che i governi di Nuova Zelanda, Corea, Israele e Repubblica Ceca sono tutti intervenuti per deprezzare le rispettive valute quando il dollaro si era indebolito». Ritiene che la forza del dollaro potrà contagiare anche le valute dei Paesi più legati al biglietto verde, come il peso messicano e il dollaro canadese? «Sì, soprattutto il peso perché il Messico sta registrando buone performance sul fronte dei consumi interni e si sta dimostrando capace di attrarre investimenti dall'estero. Di recente, sia la Bmq, che la Toyota hanno annunciato l'apertura di stabilimenti nel Paese, nonostante un costo del lavoro ben più alto rispetto a molti Paesi asiatici. Le ragioni sono principalmente due: il dinamismo dell'economia messicana (il Pil dovrebbe crescere intorno al 2,5% quest'anno e tra il 3 e il 4% nel 2015, ndr), favorito da una riforma fiscale che incoraggia gli investimenti internazionali, e nella presenza di manodopera qualificata. Condizioni ideali per servire il mercato interno e quello nord - americano». Vi sono altre valute con potenziale di rivalutazione? «Guardiamo con interesse alla corona norvegese, che nelle ultime settimane ha sofferto per il deprezzamento del petrolio. Abbiamo approfittato della debolezza attuale per incrementare la nostra posizione, convinti da fondamentali molto solidi. A questo va aggiunto l'accelerazione dell'inflazione, che si sta avvicinando al target della banca centrale, fissato al 2,5%. Un trend che dovrebbe spingere a una stretta monetaria già nel corso del prossimo anno, mentre le stime fino a qualche tempo fa indicavano tassi fermi SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 282 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA 08/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 40 (diffusione:581000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 283 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato all'attuale 1,5% fino al 2016». L'andamento delle valute è il più difficile da stimare, considerato che i movimenti non sono dettati solo dall'andamento delle rispettive economie nazionali, ma anche dalle mosse delle banche centrali. Non ritiene che un'eccessiva esposizione su questo fronte possa alzare troppo il rischio di portafoglio? «Riteniamo che la componente di investimenti in valute debba essere presente in un portafoglio diversificato. Teniamo conto delle esigenze degli investitori e nel nostro fondo Gam Star Discretionary FX puntiamo su un basket di valute che reputiamo destinate a un rafforzamento nei mesi a venire». S.DI MEO Foto: Adrian Owens direttore investimenti Gam gruppo di asset management quotato a Zurigo 08/12/2014 Corriere Economia - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 1 Intervento pubblico: facile innamorarsi, difficile lasciarsi MASSIMO FRACARO La memoria corta dello Stato. Sono in tanti quelli che in questi mesi hanno bussato alla porta del Pubblico. E molti altri seguiranno se non si troverà, finalmente, una via d'uscita dalla crisi. Se non si accelererà sul piano delle riforme. La tentazione di ascoltarli (con il retro-pensiero di acquistare potere) è forte. Tanto le risorse non sono mai un problema: si prendono dalle tasche dei cittadini... E poi su una spesa pubblica di 800 miliardi che differenza fa... Rispetto al passato, poi, manager bravi, globalizzati, sul mercato ce ne sono. Ma quanti saranno in grado, una volta dentro, di capire che l'intervento pubblico, se proprio strettamente necessario, deve essere breve e puntato alla rapida uscita e non alla permanenza dello Stato nell'economia? Quanti ricordano i danni dell'ultima fase dell'Iri? E chi ha ancora in mente quanto ci è costato l'Efim (la crisi dell'ente ha provocato perfino una crisi valutaria...). Negli ultimi anni avevamo assistito, finalmente, a una parziale ritirata dello Stato. Ma anche alla crescita, grazie ai risparmi dei cittadini, del potere e della forza della Cassa depositi e prestiti. Tutti hanno cercato di coinvolgerla per risolvere situazioni critiche o per potenziare le infrastrutture. Certe volte è riuscita a resistere. Altre no. Ha fatto operazioni buone, investendo su aziende che dovevano crescere. E altre volte no. Non sempre è stata chiara la finalità di certe sue operazioni. In qualche caso gli interessi dei privati, beneficiati dagli interventi, sono sembrati prevalere su quelli del Pubblico. Eravamo partiti dal fatto che si dovesse privatizzare e siamo arrivati a ipotizzare massicci interventi statali. A spremere le aziende pubbliche per incassare lauti dividendi. Giusto occuparsi dei problemi sociali e industriali. Non dimenticando, però, l'Iri, l'Efim, le vecchie Eni ed Enel ai tempi dei boiardi. Lo Stato pasticciere ha fatto fin troppi danni. Non ha bisogno di nuovi dolcetti. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 284 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL PUNTO 08/12/2014 Corriere Economia - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 1 Ilva e le altre Il rischio Iri: due leggi per avere più Stato ALESSANDRA PUATO Oltre l'Ilva ci sono altre aziende in difficoltà che potrebbero vedere l'intervento dello Stato. Italtel, per esempio, o Natuzzi, Esaote. Al ministero dello Sviluppo ci sono 152 tavoli di confronto attivi per le imprese in crisi. E nei diversi ministeri si lavora a strumenti di supporto pubblico. Uno è la revisione della congelata legge 181, che consentirebbe a Invitalia di rilevare quote nelle aziende: dovrebbe essere pronta a inizio 2015. L'altro è un nuovo fondo misto, banche-Cdp, per ristrutturare i debiti. A pagina 2 Chi sarà il prossimo? L'Italtel, Natuzzi, Esaote? Oltre all'Ilva, ci sono altre aziende italiane in difficoltà che potrebbero invocare l'intervento dello Stato. Sono meno grandi e diverse, ma rappresentano l'Italia e il governo è al lavoro per trovare soluzioni. Un'idea, in queste o altre situazioni, è intervenire con il supporto pubblico, cercando però di non replicare l'Iri. Non è semplice e la situazione è tutt'altro che definita. Le novità Al ministero dello Sviluppo (Mise) ci sono 153 tavoli di confronto attivi sulle imprese in crisi, coinvolgono 140 mila dipendenti (ultimi dati a fine novembre, vedi grafico; 152 tolta l'Ast di Terni, risolta la scorsa settimana). Secondo fonti diverse, sono almeno quattro le possibilità allo studio per l'eventuale supporto dello Stato: 1) rianimare la congelata legge 181, cioè Invitalia; 2) varare un fondo pubblico-privato fra banche e Cdp per ristrutturare i debiti; 3) rilanciare la legge Sabatini per il finanziamento dei macchinari; 4) promuovere il credito d'imposta sulla ricerca. Vediamo. La legge 181/89 è quella per il rilancio delle aree industriali colpite da crisi di settore. Consente a Invitalia, agenzia del Tesoro (ex Sviluppo Italia), di rilevare in minoranza quote delle aziende sane, dice ora la norma, per uscirne dopo cinque anni e averle rilanciate. Settori attuali: manifatturiero, estrattivo, servizi, elettricità. Per Invitalia, stoppata nelle partecipazioni quattro anni fa, sarebbe un clamoroso rilancio. «In questi anni è mancato l'intervento diretto dello Stato nel sistema produttivo - dice Domenico Arcuri, amministratore delegato -. Dal 2008 al 2013 il Pil dell'Ue è sceso dello 0,8%, quello dell'Italia dell'8,9%. Il Paese soffre una crisi più profonda degli altri ma non ha disegnato un modello di sviluppo». Negli ultimi nove mesi, sottolinea Arcuri, «solo per i contratti di sviluppo Invitalia ha promosso e finanziato investimenti per 1,8 miliardi, il 43% dei quali con investitori esteri. In passato ha svolto un contributo nelle aree di crisi che può essere riproposto in forme diverse». La 181? «Era stata messa in cantina, ora viene rinnovata. Noi eroghiamo contributi e agevolazioni, ma anche acquistiamo capitale di imprese che investono. Nel primo trimestre 2015 dovrebbe partire». Fra le aree d'intervento si pensa all'indotto siderurgico a Taranto, Napoli, Brindisi, Genova; a elettrodomestici e ceramiche in Marche ed Emilia; alla bonifica intorno a Porto Marghera. Ci sarebbero «centinaia di milioni da investire». Ma non tutti, al governo e nell'industria, sembrano d'accordo. Il «turnaround» Il fondo chiuso pubblico-privato di turnaround, per la ristrutturazione finanziaria delle aziende, avrebbe invece una dotazione di almeno 500 milioni. Sarebbe finanziato da banche e Cdp. Le prime potrebbero convertire in quote azionarie il debito con le imprese in portafoglio; la seconda entrerebbe con un 10-15%, ma dietro garanzia del Tesoro, per proteggere il risparmio postale sul quale basa la raccolta. Non è semplice trovare la quadra, perché per il Tesoro questo può significare l'aumento del debito pubblico. Il neo-fondo potrebbe comunque, in linea teorica, essere utilizzato per Italtel, ma anche con Sirti, Fila, Safilo (che nell'elenco del Mise non ci sono): aziende importanti, ma con debito alto. Peraltro, partecipate finora da fondi privati. La Finanziaria Gli altri due strumenti sono entrambi per le aziende senza debiti. Con la Nuova Sabatini si concedono alle aziende prestiti agevolati per l'acquisto dei macchinari, attraverso capitali messi a disposizione delle banche da Cdp. La Camera ha appena approvato un emendamento alla Legge di Stabilità per ri-finanziarla in modo SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 285 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Pubblico Da Italtel a Natuzzi i piani anticrisi 08/12/2014 Corriere Economia - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 1 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 286 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato da erogare altri 2,5 miliardi alle imprese: si vedrà l'esito degli ulteriori passaggi legislativi. Il credito d'imposta per la ricerca, infine, prevede sconti sulle tasse alle aziende che investono in innovazione. Ma è tutto da vedere. Resta poi, naturalmente, il Fondo strategico (Fsi) della Cdp, con i suoi vincoli: aziende in utile e in settori strategici. Interviene direttamente nel capitale delle imprese ma non può rischiare, gioca su imprese diverse rispetto alle 152 all'attenzione del Mise. È ancora però allo studio, secondo fonti, l'ipotesi di un suo ingresso in Ilva attraverso Arvedi (o una sua controllata), oppure attraverso Marcegaglia con un veicolo specifico: però, diverso dalla newco già proposta. Dei 153 tavoli di novembre al Mise, 18 riguardano aziende su tutto il territorio nazionale, per il resto con sedi in pari quota a Nord e Sud. Fra i casi, Alcoa e Alcatel, Ideal Standard, e Valtur, Ferretti e Cementir. All'unità di crisi del dicastero guidato da Federica Guidi lavorano giorno e notte, in contatto con i sindacati, e per una crisi che si chiude ce n'è una che si apre. Settimana scorsa si è risolta Ast ed partito il tavolo sulla Sangalli di Manfredonia, vetri a tecnologia avanzata. L'obiettivo è dare una risposta a tutte le crisi, da Termini Imerese alle raffinerie. Fra i dossier scottanti, la Natuzzi che sembrava un caso risolto, invece no; la storia infinita di Esaote; l'Idi, Istituto dell'Immacolata concezione che ha azzoppato la Nerviano Medical Sciences. Dietro le tanta difficoltà non c'è solo la crisi di settore, ma anche la gestione. Dei privati. © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: In questi anni è mancato l'intervento diretto del pubblico nel sistema produttivo. Noi siamo pronti Progetti Domenico Arcuri, a capo di Invitalia 08/12/2014 Corriere Economia - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 1 Finmeccanica: più leggera e si spera più competitiva fabio tamburini A pagina 4 L'eventuale uscita da Mbda, il salotto europeo dei produttori di missili, in cui Finmeccanica è presente con una partecipazione del 25 %, e la fine del programma avviato con i russi di Sukhoi per jet di nuova generazione. L'intenzione di crescere nel consorzio Atr, leader negli aerei regionali, e le verifiche sulla dismissione dell'americana Drs technologies, che fornisce servizi di elettronica per la difesa. Il ruolo sempre più centrale degli elicotteri di AgustaWestland e la selezione delle attività nell'aeronautica di Alenia Aermacchi sostituendo quella che l'amministratore delegato di Finmeccanica, Mauro Moretti, chiama «carpenteria metallica», cioè le attività a basso valore aggiunto, con prodotti di tecnologia avanzata. Questi sono i passaggi chiave del piano strategico di Finmeccanica che, come annunciato dallo stesso Moretti nei giorni scorsi, è allo studio e verrà presentato entro gennaio, con l'obiettivo di ridisegnare la mappa del gruppo. Aria di svolta Una dichiarazione, quella di Moretti, accolta con favore anche dai consiglieri di amministrazione perché il clima è di attesa per una svolta vera, destinata a modificare il perimetro di uno dei pochi gruppi italiani con dimensioni multinazionali. Punto di partenza, a sette mesi dalla nomina, sono due certezze dell'amministratore delegato. Prima di tutto la necessità di trasformare Finmeccanica da conglomerata a holding che punta le risorse disponibili su un numero ristretto di business in cui ha leadership sui mercati di tutto il mondo, abbandonando settori e attività giudicate non strategiche. Poi l'emergenza debito, che richiede interventi altrettanto determinati. L'uscita da Mbda, il consorzio europeo costruttore di missili e tecnologie per la difesa, permetterebbe d'incassare 1-1,2 miliardi, certamente non trascurabili per ridurre significativamente l'esposizione verso le banche. Nell'ultimo bilancio è risultata intorno a 4 miliardi ma la media annuale, come ha dichiarato Moretti, è molto superiore: 5 miliardi, con punte fino a 6 su ricavi che nel 2013 hanno superato di poco i 16 miliardi. Il debito è davvero insostenibile? L'amministratore delegato ne è convinto anche se il suo predecessore, Alessandro Pansa, era di opinione esattamente opposta. La rinuncia a Mbda, peraltro, non è scontata perché significa abbandonare un consorzio che produce utili (superiori al 10 % dei ricavi) ma che, soprattutto, permette di sedersi al tavolo delle grandi aziende della difesa europea. E di partecipare a forniture che servono a completare la gamma di altri prodotti del gruppo o di alleati, per esempio equipaggiando gli elicotteri di AgustaWestland e le navi militari di Fincantieri. Ecco perché il rischio è di trarre un beneficio immediato dalla vendita della partecipazione, ma pagando pegno nel medio e lungo periodo. La selezione dei business su cui puntare è però la strada scelta da Moretti e dipenderà dalle analisi avviate, d'intesa con i consulenti McKinsey, sulla redditività e sulle prospettive delle singole linee di prodotto, con la rinuncia a quelle non sufficientemente profittevoli. La conseguenza, nell'immediato, potrebbe risultare una caduta dei ricavi destinata a marginalizzare l'insieme del ruolo di Finmeccanica ma che, invece, secondo il Moretti pensiero, funzionerà esattamente come la potatura delle piante, con meno rami ma più rigogliosi. Scelta a Tolosa Tra questi spiccherà Atr, la joint venture alla pari con Airbus group nel segmento del trasporto regionale. Atr è un successo, ma risulta frenato nello sviluppo di nuovi prodotti da Airbus, che non intende fare concorrenza ai più piccoli di gamma dei suoi aerei. Convincere i francesi a mollare la presa è davvero immaginabile? E, se questo accadrà, l'Atr made in Italy riuscirà a sopravvivere avendo il quartier generale a Tolosa, in Francia, circondato dall'ex partner? L'alternativa potrebbe essere mantenere la joint venture con Airbus e investire in solitudine nello sviluppo, considerando che la piattaforma Atr è l'unico prodotto Alenia Aermacchi con prospettive davvero interessanti sui mercati internazionali. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 287 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La cura Moretti 08/12/2014 Corriere Economia - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 1 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 288 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Sempre nelle joint venture aeronautiche, molto probabilmente, è destinata a terminare un'altra alleanza: il programma avviato con la russa Sukhoi negli aerei di portata regionale, che finora non ha avuto le performance immaginate e che richiederebbe di essere rilanciato con investimenti significativi, difficili da immaginare come priorità. L'operazione era nata con prospettive ambiziose ma non è mai decollata, anche per problemi non banali di messa a punto del prodotto. In più, dopo le sanzioni decise per l'Ucraina, non è certo un momento favorevole alle alleanze con partner russi. Tra le potature annunciate sta andando avanti la cessione di Fata, nell'impiantistica, dopo lo scorporo delle attività nella logistica, e sono in arrivo sia lo sfoltimento delle attività di Selex nell'elettronica civile sia il verdetto finale sulla presenza nello spazio, cioè le joint venture con la francese Thales e la partecipazione in Avio, leader nella propulsione spaziale. © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Top Mauro Moretti, da sette mesi alla guida del gruppo Finmeccanica Conferme Giovanni De Gennaro, presidente del gruppo Finmeccanica 08/12/2014 Corriere Economia - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 9 Unicredit La svolta verso l'hi-tech «Il nostro modello? Amazon» Parla il dg Nicastro: «Più semplicità di utilizzo del web per avvicinare il cliente» stefano righi I principali concorrenti di Unicredit? Non sono Intesa, Banco Popolare, Ubi o, all'estero, BnpParibas, Deutsche, Hsbc. Si chiamano Amazon, ApplePay, Paypal. Non sono banche, ma venditori di servizi, soprattutto sono aziende globali che hanno stabilito un elevato standard qualitativo nel rapporto con la propria clientela. Cambiamenti «In effetti - spiega Roberto Nicastro, direttore generale del gruppo Unicredit - più che a veri concorrenti ci troviamo in una situazione di co-opetition , perché non è chiaro quanto Amazon, ApplePay e Paypal siano competitor e quanto nostri cooperatori, partner di un certo modo di fare business. L'unica cosa chiara è che Unicredit ha avviato un profondo mutamento del suo essere banca». L'hanno chiamata Trasformazione Digitale ed è un progetto a cui sono stati destinati, nell'arco di cinque anni, investimenti per 1,5 miliardi di euro. Una cifra importante, considerando che le architetture digitali, al netto del layout linguistico, saranno disponibili in maniera uniforme in tutti i paesi in cui Unicredit è presente. «Le direttrici su cui abbiamo sviluppato il nostro progetto di Trasformazione Digitale - spiega Nicastro - sono molteplici. Volendo sintetizzare, le più importanti mi paiono essere la volontà di arricchire l'esperienza del cliente e la semplicità. Se il focus è l'investimento nella customer experience , allora dobbiamo sapere che oggi il nostro cliente si forma le proprie aspettative sul servizio che riceve da Amazon, che quindi diventa il benchmark . E questa esperienza noi la ridisegniamo in continuo dialogo coi clienti con l'obiettivo di un customer journey , lo abbiamo chiamato così, integrato, multicanale». Unicredit offre insomma - come altre banche - diverse modalità di accesso ai propri servizi, dall'agenzia bancaria, al tablet , dal pc d'ufficio allo smartphone . Piattaforme profondamente diverse che devono trovare un momento di sintesi e sincronizzazione per facilitare l'esperienza del cliente e arrivare in minor tempo a soddisfare la sua domanda. Evitando lo spiacevolissimo episodio del «riassunto delle puntate precedenti», che paga il costo certo della perdita di tempo e ingigantisce il rischio di perdere qualcosa strada facendo. Nuova «app» «L'aspetto poi più distintivo - sottolinea Nicastro - una vera e propria linea guida di tutto il progetto di Trasformazione Digitale è la nostra marcata volontà di semplificazione. Oggi l'informatica è in grado di fornire una massa enorme di dati che si traducono in operatività spesso complesse e distraenti. Ecco, noi non vogliamo questo. Vogliamo cose semplici, applicazioni semplici, per facilitare l'esperienza del nostro cliente, non per complicarla. È l'idea che ha portato in Italia a Subitobanca , la app appositamente pensata per un pubblico digitale spesso sottovalutato, quello dei pensionati che si avvicinano alle potenzialità del web, i cosiddetti silversurfers». In Subitobanca ha vinto il principio di sottrazione: meno cose, meno complessità. «Il tutto per arrivare a offrire maggiore semplicità d'uso, non solamente per favorire gli anziani - evidenzia Nicastro - ma anche per agevolare tutta quella fascia di clientela di prima immigrazione che non è ancora pienamente a proprio agio con la lingua italiana». Leadership Oggi, in Italia, Unicredit conta circa 3,5 milioni di utilizzatori attivi dei servizi di Internet e Mobile banking, che salgono a 5 milioni considerando i soli abilitati. Soprattutto il gruppo, che considerando la clientela ha una quota di mercato in Italia che varia tra il 13 e 14 per cento - percentuali abbastanza simili al totale del parco agenzie - arriva a superare il 25 per cento se si considerano i clienti digitali attivi. Quasi il doppio. A questo risultato concorre per il 7 per cento Fineco, la digital bank del gruppo recentemente quotata in Borsa, e per il 18 per cento la banca «tradizionale». Cosicché, sia considerando i dati separatamente che aggregandoli, l'impatto della digital bank all'interno del gruppo guidato dall'amministratore delegato Federico Ghizzoni SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 289 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La svolta Nel progetto Trasformazione Digitale il gruppo investirà 1,5 miliardi di euro in cinque anni 08/12/2014 Corriere Economia - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 9 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 290 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato equivale a una percentuale da leadership nazionale. «Cerchiamo di essere molto attenti alle esigenze della nostra clientela - conclude Nicastro -. In 20 paesi ormai il digitale si integra con l'agenzia Unicredit, che permane vincente per i servizi a elevata intensità di fiducia. La stessa Fineco, nostra punta di diamante e pioniere del digitale in Italia combina una multicanalità di eccellenza con il servizio superpersonalizzato dei promotori. Poi c'è il servizio di Personal financial manager e MoneyMap, che permettono un miglior controllo delle spese e dei risparmi. Sono già 700 mila i clienti italiani che usano abitualmente queste opportunità. Ora lo esportiamo anche all'estero. Infine tutti i servizi di semplificazione vera e propria, come la firma grafometrica che abbatte la produzione cartacea. Siamo stati i primissimi in questo settore». Il 2015 in casa Unicredit non sarà solo l'anno del rinnovo del board , con la discussione sul futuro del presidente Giuseppe Vita che è già iniziata. Sarà anche il momento di una più profonda trasformazione dell'intero gruppo creditizio nel segno della digitalizzazione dei servizi. @Righist © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Piazza Aulenti Il direttore generale Roberto Nicastro Foto: Amazon Il fondatore Jeff Bezos Foto: eBay Il «ceo» John Donahoe Foto: DEI CLIENTI SUL WEB 25% La quota di Unicredit che ha circa il 13% del mercato totale 08/12/2014 Corriere Economia - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 11 Al Fondo italiano piace il paradiso delle viti inventato dal cavalier Brugola CARLO TURCHETTI Il Paradiso della Brugola. In un film del trio Aldo, Giovanni e Giacomo era l'insegna (di fantasia) di un negozio di ferramenta. Nome icona, perché brugola identifica ovunque un prodotto usato in 50 stabilimenti automobilistici al mondo (da Ford a Volkswagen, a Gm, da Peugeot e Renault a Volvo e Bentley). Ossia le viti di fissaggio delle testate cilindri con il caratteristico incavo esagonale. E Brugola Oeb è l'azienda di Lissone, alle porte di Milano, che ne produce per un miliardo e mezzo di pezzi all'anno, fin dal 1926 quando il fondatore Egidio Brugola brevettò quelle viti con la testa cava. Oggi l'azienda guidata dal figlio Giannantonio, cavaliere del lavoro, 71 anni, e dal nipote Egidio «Jody», di 35, si appresta a chiudere il bilancio con ricavi in crescita dell'8% a 130 milioni. E forse un record planetario: il 100% dei ricavi all'export. Per 88 anni è rimasto tutto in famiglia, a parte due piccole quote indirette di Fontana e Agrati, gli altri nomi noti della bulloneria del distretto brianzolo. Ma presto il capitale verrà aperto a un partner di standing primario: il Fondo italiano d'investimento (Fii) promosso quattro anni fa da Mef, Cdp, Abi, Confindustria e dalle tre maggiori banche del Paese. Il fondo presieduto da Innocenzo Cipolletta e guidato dall'ad Gabriele Cappellini sta infatti negoziando l'ingresso nella Brugola Oeb (una lettera d'intenti risulterebbe già firmata) per fornire nuovi capitali destinati allo sviluppo. Top secret le cifre dell'affare, che però non dovrebbero discostarsi molto dal ticket medio che Fii ha destinato ai 37 investimenti diretti fin qui realizzati (10-15 milioni) per quote di minoranza nel range 10-20%. Le officine brianzole hanno raddoppiato i ricavi dal momento nero del 2009, l'anno più buio per l'automotive di Detroit, grazie alla ripresa del mercato internazionale (un record di 80 milioni di vetture a livello globale nel 2013), al parco clienti che è guidato da Ford e Volkswagen (in pratica manca solo Fiat Chrysler di cui non è fornitore di riferimento) e alla tecnologia brevettata delle viti Polydrive, un'evoluzione del disegno esagonale. I debiti sono scesi a una ventina di milioni, ben sotto il patrimonio. E l'ebitda ha superato l'8% del fatturato. Anche l'andamento degli ordinativi lascia intravvedere uno spazio di crescita ulteriore. Ora c'è un nuovo impegno da finanziare: il primo stabilimento all'estero nel Michigan destinato al cliente Ford, che dovrebbe partire entro sei mesi con una cinquantina di dipendenti (alla casa madre di Lissone lavorano 300 addetti). Da qui i colloqui avviati con il Fii che, pur avendo finora impegnato 785 milioni su una dotazione totale di 1,2 miliardi (tra partecipazioni in aziende e impegni in altri veicoli di private equity), ha ancora spazio per altri investimenti diretti. Sempre con un orizzonte di medio periodo, prima di valutare l'uscita dal capitale, e con la missione industriale di favorire processi di aggregazione ed espansione all'estero nel mondo delle medie aziende. © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Brevetto Giannantonio Brugola, presidente delle officine Oeb SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 291 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Operazioni 08/12/2014 Corriere Economia - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 27 Siti web Edison vince l'oro tra le aziende non quotate Prima con 51 punti. La seguono Sea, Sace, Fs, Wind, Sisal Mercoledì 10 dicembre per tutti la premiazione al «Corriere» MASSIMO SIDERI Edison, Sea, Sace, Ferrovie dello Stato, Wind, Sisal, Expo 2015, Chiesi, gruppo Menarini e Bnl. Ecco le dieci migliori società, tra quelle non quotate, in termini di comunicazione finanziaria online. Per la prima volta la ricerca Webranking Comprend-Lundquist - nota per quello che potremmo definire lo «stress test» sull'utilizzo del web e dei social media per la comunicazione con gli stakeholder - ha allargato il proprio campo di analisi, finora limitato alle maggiori società quotate in Europa, fino alle aziende non quotate. L'obiettivo è capire come queste rispondano alla crescente richiesta di presa di responsabilità da parte dei clienti e della comunità interessati a conoscere cosa sta dietro a prodotti e servizi. Edison, dunque, che è stata considerata tra le società non quotate poiché in Borsa con sole azioni di risparmio pari al 2% del capitale sociale, ha ottenuto un punteggio pari a 51, un risultato che le avrebbe permesso di superare lo stress test delle cugine maggiori, quelle quotate (guarda la classifica su CorrierEconomia del primo dicembre). Ma già dalla seconda posizione, quella di Sea, si scende a 39,5 punti mentre la terza si ferma a 32,4. Dimensioni In Italia le aziende fuori dal circuito di Piazza Affari rappresentano una parte fondamentale dell'economia. E pur non avendo gli obblighi di trasparenza delle società quotate va considerato che, avendo un ruolo vitale per il territorio, hanno stakeholder simili alle società presenti sul listino. «Spesso competono sugli stessi mercati, devono attrarre dipendenti qualificati, hanno la necessità di mantenere buoni rapporti con i media, viene loro richiesto di dare conto dell'impatto sul territorio, devono attrarre finanziatori ed eventualmente investitori. E dunque - spiega Joakim Lundquist, fondatore dell'omonima società di consulenza - una maggiore trasparenza dimostra l'abilità di governare la propria reputazione sui canali digitali, poiché permette di ottenere una maggiore credibilità nei confronti degli stakeholder. Questa si traduce in un migliore accesso al mercato dei capitali, una maggiore fiducia presso i consumatori e una maggiore capacità di attrarre i talenti o di definire i temi chiave in un particolare settore». In termini di risultati medi le aziende non quotate italiane mostrano poca trasparenza sui canali digitali. Il campione comprende grandi aziende con un peso importante per l'economia del Paese, società a partecipazione pubblica ma anche realtà che hanno mostrato in questi anni di considerare la quotazione nel loro orizzonte temporale. Numeri In media queste aziende che sono state valutate sulla base di 78 criteri (contro i 100 delle quotate) hanno ottenuto il 23% del punteggio massimo totale, contro il 42% delle altre. In generale mancano informazioni un po' su tutto il range di elementi messi sotto la lente, tranne che per la sezione about us : almeno è rispettata la tradizionale capacità della cultura italiana di saper parlare di se stessi. La sostenibilità, al contrario, non è, evidentemente, considerata un fattore distintivo e l'84% delle aziende non presenta il bilancio di quest'area per il 2013. Maggiore attenzione, se si confronta il risultato pari al 23% delle aziende contro il 30% delle quotate, sembra esserci per i siti responsive, cioè con la capacità di adattarsi al tipo di device da cui l'utente si collega. Una caratteristica che in piena migrazione al «mobile» riveste una particolare importanza in termini di soddisfazione e accessibilità. Passando all'analisi per settori merceologici colpiscono gli scarsi risultati ottenuti dai classici cavalli di battaglia del made in Italy: moda e food, i due fanalini di coda con punteggi molto bassi. Nemmeno le società che hanno espresso l'intenzione di collocarsi in Borsa negli ultimi due anni (alcune hanno poi interrotto l'iter di quotazione) hanno ottenuto punteggi significativamente superiori al resto del campione (21,8 punti rispetto a SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 292 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Award Il test Comprend-Lundquist per la prima volta esce da Piazza Affari 08/12/2014 Corriere Economia - N.41 - 8 dicembre 2014 Pag. 27 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 293 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 18,3). La comunicazione digitale non viene utilizzata da queste società come strumento per creare reputazione in vista di una possibile quotazione, per attirare investitori e per far conoscere l'azienda a un pubblico più ampio. Sono proprio le aree relative alle informazioni finanziarie e alla governance ad aver ottenuto i punteggi più bassi. Mercoledì 10 dicembre, presso la Sala Buzzati del Corriere della Sera , si terrà l'annuale appuntamento dell'Italian Webranking Award, durante il quale, oltre alla premiazione delle migliori società, si discuterà del settore per condividere esperienze, risultati e obiettivi della comunicazione finanziaria online. © RIPRODUZIONE RISERVATA Edison3 Sea Sace Ferrovie Stato Italiano Wind Sisal Expo 2015 Chiesi Gruppo Menarini BNL Enav Sky Italia Sia Mapei Alitalia Barilla Bracco Lavazza Costa Crociere Gruppo Cremonini De Agostini Poste Italiane Ferrero Intercos Gruppo Grimaldi Marcegaglia Fedrigoni Esselunga Ermenegildo Zegna Gruppo Coin Ilva Coop Italia Perfetti Van Melle Segafredo Zanetti Api Favini Rai Artsana Calzedonia Bolton Group Gruppo Illy Dolce & Gabbana Gruppo Armani Società 1° Fonte: Webranking by Comprend in collaborazione con Lundquist Bruno Lescoeur, amministratore delegato Edison Alessandro Castellano, amministratore delegato Sace Pietro Modiano, presidente Sea 1) Le 43 società sono state selezionate in base al fatturato, il numero di dipendenti, la rappresentatività del marchio nell'ambito del «Made in Italy» e il peso sul sistema Paese, così come l'essere prossime a quotazione o averla considerata in passato. 2) Il protocollo per le società non quotate considera 78 criteri per un totale di 80 punti, ed è stato ottenuto eliminando criteri specifici delle aziende quotate (informazioni sul titolo, informazioni per gli analisti, dettagli sul debito, ecc.) dal protocollo Webranking 2014, che contiene 100 criteri per un totale di 100 punti. La «percentuale sul punteggio massimo» permette di raffrontare il punteggio delle non quotate agli 80 punti totali e di confrontarlo con quello delle società quotate (calcolato su 100 punti massimi). 3) Edison è considerata tra le società non quotate poiché quotata solo con azioni di risparmio (che corrispondono al 2% del capitale socia 06/12/2014 Milano Finanza - N.240 - 6 dicembre 2014 Pag. 8 (diffusione:100933, tiratura:169909) Rinvii pericolosi Marcello Bussi La reazione a caldo delle borse ha mostrato tutta la delusione dei mercati per il nulla di fatto uscito dall'ultimo Consiglio direttivo della Bce. E così giovedì 4 dicembre a Piazza Affari il Ftse Mib ha chiuso in ribasso del 2,8%. Ma il giorno successivo ha messo a segno un rialzo del 3,4%, non solo recuperando tutte le perdite, ma riportandosi addirittura sopra quota 20mila. Che cosa era cambiato nel frattempo? Niente. Anzi, venerdì 5 si è capito che quelle di un'acutissima divisione del Consiglio direttivo sull'opportunità di lanciare il Qe, ovvero di acquistare titoli di Stato, non erano solo voci. Sul quantitative easing della Bce «c'è un conflitto di cui dobbiamo discutere apertamente», ha affermato senza mezzi termini il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco nel suo intervento alla celebrazione del centenario della nascita di Federico Caffè, il maestro del presidente della Bce Mario Draghi, i cui insegnamenti, secondo alcuni critici, vengono quotidianamente sconfessati dalle azioni dell'allievo. Visco ha spiegato che nei trattati europei viene dato alla Bce un mandato «molto chiaro»: conseguire la stabilità dei prezzi. «Il problema», ha osservato il governatore, «è che, nel momento in cui per conseguire questo obiettivo si acquistano titoli pubblici, si può mettere in discussione un altro vincolo: non finanziare monetariamente i Paesi membri. È un conflitto di cui bisogna discutere apertamente. Ci sono diverse considerazioni possibili, prima di esprimere un giudizio sull'ortodossia, la non cooperazione o la ristrettezza mentale di alcuni o sull'interpretazione poco rigorosa di altri». L a d i v i s i o n e e s i s t e, quindi. E non è limitata all'opposizione del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann. Secondo il quotidiano tedesco Die Welt, infatti, Draghi avrebbe perso la maggioranza all'interno del direttorio della Bce: tre dei sei membri avrebbero votato contro il documento da lui sostenuto. Ai no della tedesca Sabine Lautenschlaeger e del lussemburghese Yves Mersch, che già si erano detti scettici sull'acquisto dei titoli di Stato, si sarebbe infatti aggiunto quello del francese anche Benoit Coeure. Così si spiegherebbe il motivo per cui Draghi non è passato all'azione giovedì 4. Il passaggio dell'esponente francese al fronte tedesco è particolarmente preoccupante. Ecco perché Draghi, da qui alla prossima riunione del Consiglio direttivo, composto da 24 membri in programma il 22 gennaio, cercherà di convincere la maggior parte dei recalcitranti a dare il via libera al Qe, che in teoria può prevedere l'acquisto di qualsiasi asset a eccezione dell'oro, come ha affermato lo stesso numero uno dell'Eurotower in conferenza stampa. Draghi ha anche ricordato che già altre volte la Bce ha preso «decisioni rilevanti a maggioranza». Ma un conto è avere il voto contrario del solo Weidmann, come è successo per il varo dell'Omt, il piano per acquistare i titoli di Stato di quei Paesi che ne facessero richiesta a condizione che attuino le famose riforme strutturali (nessuno ne ha mai chiesto l'attivazione, alla fine è stato solo un modo per dare un minimo di sostanza alla famosa promessa fatta da Draghi il 26 luglio 2012, «la Bce è pronta a fare tutto il necessario a preservare l'euro. E credetemi: sarà abbastanza»), un altro paio di maniche e lanciare il Qe con una maggioranza risicata, così come ha fatto recentemente il governatore della Banca del Giappone, Haruhiko Kuroda, che ha dato il via a un nuovo super allentamento quantitativo con solo 5 voti favorevoli e 4 contrari. Può darsi che per convincere il maggior numero di esponenti del Consiglio direttivo, Draghi si prenda tempo fino alla riunione del 5 marzo nella disgraziatissima Cipro, l'isola ormai nota per il prelievo forzoso sui conti correnti. Nel frattempo, grazie anche al crollo dei prezzi del petrolio, Eurolandia potrebbe essere finita in deflazione conclamata, rendendo così più difficile per Weidmann sostenere che in realtà il calo-greggio equivale a un mini-stimolo per l'economia. Il problema è che più passa il tempo senza fare niente, più Draghi rischia di perdere autorevolezza. E nel mentre la situazione rischia di deteriorarsi ulteriormente, come ha dimostrato venerdì 5 il taglio del rating dell'Italia operato da Standard & Poor's, da BBB a BBB-, appena un gradino al di sopra della spazzatura ( si veda il box a pagina 11 ). C'è poi il rischio che i mercati siano afflitti da una volatilità molto alta e che le dichiarazioni del più marginale esponente del Consiglio direttivo della Bce possano provocare sconquassi. Il tutto prima del mezzogiorno di fuoco fra Draghi e Weidmann del 22 gennaio. Sfida finale che potrebbe essere SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 294 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ASPETTANDO IL QE 06/12/2014 Milano Finanza - N.240 - 6 dicembre 2014 Pag. 8 (diffusione:100933, tiratura:169909) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 295 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato rinviata al 5 marzo, ma non oltre. Perché un'ulteriore dilazione innescherebbe quasi sicuramente un patatrac sui mercati, al punto da rimettere in discussione la sopravvivenza dell'euro. (riproduzione riservata) SPREAD BTP/BUND GRAFICA MF-MILANO FINANZA Differenziale di rendimento tra i titoli di stato G'14 F L MAASMOGND INFLAZIONE EUROLANDIA 2013 2014 2012 '11 Foto: Mario Draghi Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/bce 06/12/2014 Milano Finanza - N.240 - 6 dicembre 2014 Pag. 17 (diffusione:100933, tiratura:169909) Il paradiso è perduto Antonio Satta Addio Lugano bella. Il canto degli anarchici di fine 800 diventerà l'inno di tutti quei correntisti italiani di banche elvetiche che finora sono riusciti a mantenere l'anonimato nei confronti del fisco? A sentire un esperto come Giuseppe Corasaniti, avvocato dello Studio Uckmar, la storia è ormai scritta. Domanda. Cominciamo dall'inizio. Conviene aderire alla voluntary disclosure? Risposta. Dipende. E dipende da tanti fattori, a cominciare da quanto tempo si detiene il deposito all'estero. Se sono capitali stagnanti da molti anni o sono di più recente formazione. Se si sono formati in epoche remote, pur applicando il raddoppio dei termini di accertamento, e pur considerando quel capitale come reddito sottratto a tassazione, ormai non si può più tassare la fonte produttiva ma soltanto i rendimenti. Se viceversa il capitale è stato costituito in tempi recenti è ovvio che l'amministrazione tributaria vorrà conoscere in modo analitico e preciso la genesi di quel deposito e quindi sapere tutto degli imponibili sottratti che hanno alimentato quegli stessi investimenti. Se un professionista non ha denunciato alcuni proventi, percependoli all'estero, nel momento in cui accede a questa collaborazione volontaria dovrà ricostruire in maniera analitica, documentata e dimostrabile la storia di quei compensi, nonché fornire ogni informazione sui redditi che quegli investimenti all'estero hanno prodotto. D. In sostanza lei sta dicendo che conviene più per i depositi più remoti che per quelli recenti. R. Dal punto di vista dei costi, non c'è dubbio che sia così. Ma non metterei la questione sul piano della convenienza. Stiamo parlando di un'adesione necessitata. Questo non è uno scudo, ma un ravvedimento operoso di tipo speciale. Il contribuente si autodenuncia e dichiara tutti gli investimenti che si sono formati nel corso degli anni. Il vero problema, quindi, è la complessità della procedura, perché non solo si devono dichiarare le consistenze detenute ma si deve ricostruire in modo puntuale l'origine degli investimenti, producendo anche i movimenti bancari che li hanno determinati. D. Mettiamola in altri termini. Il prezzo è giusto? R. Il prezzo dipende dall'obiettivo, che è quello di recuperare le imposte dovute, fino all'ultimo centesimo, Irpef, Irap, Iva, tutto. Quindi non stiamo parlando di un condono o di uno scudo fiscale, ma come ho già detto, di un ravvedimento operoso sui generis che consente di rettificare le dichiarazioni passate, con l'unico beneficio di ottenere una riduzione delle sanzioni e la non punibilità dei reati tributari,o almeno di quelli più gravi. In sostanza non si verrà puniti per le fatture emesse su operazioni inesistenti, per la sottofatturazione o per gli altri artifici attraverso i quali si sono costituiti i fondi esteri. Le tasse, invece, bisognerà pagarle. D. A proposito di reati penali. La nuova formulazione dell'autoriciclaggio funziona o no? R. C'è ancora molto dibattito. Certo è difficile tracciare un confine netto sull'utilizzo personale (non punibile) rispetto alle altre fattispecie. Mi spiego: se con i soldi depositati all'estero ho acquistato la casa in cui abito e in cui, magari, ho anche lo studio professionale, si tratta di un reimpiego per attività personali o per attività finanziarie o economiche? Nel primo caso non sarei punibile nel secondo sì, ma come si fa a distinguere le due fattispecie. E se con i soldi ho acquistato un quadro, l'ho fatto per il mio gusto personale o per speculazione? Forse servirà ancora qualche aggiustamento, almeno interpretativo. D. Mi scusi, gliela formulo in maniera diversa, ma la domanda è sempre la stessa: perché chi ha portato i soldi all'estero dovrebbe farli rientrare? Che convenienza ha? R. Continua a metterla sul piano della convenienza. La realtà è che non ha alternativa. Lo scambio d'informazioni tra i paesi è un processo inarrestabile, basta vedere come il Facta sta cambiando i rapporti tra gli Stati Uniti e le altre nazioni. Anche Guernsey e le Isole del Canale si stanno adeguando al nuovo sistema. Con la Svizzera è solo questione di mesi. La situazione è veramente cambiata, anche rispetto ai tempi dello scudo fiscale. In più c'è la novità del reato di autoriciclaggio. Non c'è alternativa all'emersione. D. L'obiettivo del governo d'incassare almeno 5 o 6 miliardi di gettito è realistico? R. Non saprei fare una stima precisa. Certo in questo anno e mezzo di gestazione delle norme alcune procedure d'emersione sono già state avviate e altre addirittura concluse, generando gettito fiscale aggiuntivo. In ogni caso ogni operazione fa storia a sé, un conto è l'emersione di capitali contenuti, che fanno riferimento a persone fisiche e un altro è il SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 296 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato RIENTRO CAPITALI/2 INTERVISTA 06/12/2014 Milano Finanza - N.240 - 6 dicembre 2014 Pag. 17 (diffusione:100933, tiratura:169909) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 297 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato caso di cifre consistenti detenute magari attraverso soggetti interposti. Con lo scudo fare previsioni era semplice, tanti soldi emersi, tanto gettito incamerato, bastava fare un calcolo percentuale, qui stiamo parlando del recupero di tributi molto diversi tra loro. (riproduzione riservata) Foto: Giuseppe Corasaniti 07/12/2014 The Sunday Times Pag. 42 Nicholas Farrell @stforeign ITALIAN farmers are resorting to video cameras and armed guards to protect olive groves as soaring prices attract thieves to what is left of their ravaged crops.After torrential rain in July and August, followed by apocalyptic hailstorms in September, olive production has slumped by 40% from the average and wholesale prices have doubled.The weather created ideal conditions for the olive's deadliest enemy - a fruit fly, Bactrocera oleae, whose larvae disfigure the fruit and destroy its taste.Olives are harvested between November and December and in some parts of Italy the harvest is 90% down on last year. Italy is the world's second-biggest olive producer after Spain, where the outlook is just as bad. The Mediterranean grows 90% of the world's olives.The crisis has encouraged criminals to steal olives or olive oil from farmers, especially in the southern regions of Calabria and Puglia.It has also prompted them to palm off inferior foreign oil, especially from north Africa, as Italian. Tunisia has enjoyed a vintage olive harvest this year."Last year the average wholesale price of olive oil was €3 [£2.40] a litre; this year it is at least €6," said Giampiero Cresti, of the Association of Tuscan Olive Farmers, a cooperative that represents 800 growers. "For Tuscan olive oil it is now €9 or €10, compared with €6 or €7 in 2013."Producers are desperate to keep prices down and are using reserves from the 2013 harvest to meet the shortfall so as to avoid passing the price rise on to consumers. But experts say the cost of a bottle of basic supermarket olive oil, currently around £3.40 a litre in Britain, could rise by £2."It's the worst crisis any of us can recall," said Cresti. "No one is going bankrupt yet, but only because olive farmers don't just rely on olives, but are diversified."Some olive farmers are asking regional governments to declare a state of emergency and provide them with cash help. Growers in Arezzo, in southeast Tuscany, told the city council last week the crisis risked causing "the death of an entire agricultural sector, which would have devastating economic and social consequences for our community". SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 298 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Gangsters and fruit flies terrorise Italy's olive farms 05/12/2014 L'OBS - N.2613 - 4 dicembre 2014 Pag. 124 Science poilitique Autrefois, les députés et les ministres de la lit République la portaient bien fournie. Aujourd'hui, la barbe a disparu en politique. Petite théorie d'un poil devenu rebelle PHILIPPE AZOURY On caresse là peut-être le livre le plus drôle de l'année, en tout cas le moins barbant : taillé à la serpe (143 pages qui rentreraient dans la poche d'un jean). « La Barbe ! », de Xavier Mauduit (agrégé en histoire, producteur d'émissions sur France-Inter et Arte) est un précis qui pique quand on l'embrasse. Il a la drôlerie de faire l'historiographie d'une disparition : celle de la barbe en politique. Mais, histoire de ne raser personne, il le fait tout en fantaisie, sous la forme semi-hallucinée d'une correspondance mail entre l'auteur ([email protected]) et Julien ([email protected]), oui, Julien l'empereur (331-363) qui la portait plutôt en pointe avant un jour de la tailler, en ayant soupe des railleries sur sa barbe. Pauvre Julien... L'apostat ne pouvait savoir qu'il lançait là un mouvement de fond qui habite aujourd'hui l'ensemble de la classe politique française : une politique glabre, qui n'irrite pas le discours, qui ne va jamais contre le sens du poil. Une politique de politiciens rasés. De droite comme de gauche, le barbu a bel et bien disparu du champ politique. Les visages, tous semblables, voudraient nous faire croire qu'ils n'ont plus rien à cacher. Quand, à l'inverse, on peut tout aussi bien se dire qu'ils ont perdu du poil de la bête. On a beau chercher, il n'y a plus grand monde : où êtes-vous Charles Hernu, et derrière vous, où sont passés ces colliers socialistes qui fleuraient bon le congrès d'Epinay ? Disparue avec l'union de la gauche, la barbichette façon nain de jardin ou santon de Provence que seul Robert Hue garde encore, contre vents, marées et glasnost ? Envolé avec le Grand Soir, le poil contestataire, cette barbe en désordre et libre, que portait tout gauchiste qui se respectait dès le 22 mars 1968 ? Où s'est enfoui le temps où la droite aussi s'affichait barbue (on met de côté l'éternelle exception Séguin, qui sur la fin la portait « à la Pialat »). Oui, il faut être historien comme Xavier Mauduit pour se souvenir de la partie de billard à trois barbes que se livrèrent les orléanistes (qui arboraient des favoris), les légitimistes (qui leur préféraient le collier à la Henri IV) et les bonapar- / tistes (barbichette toute). Tout ça a bel et bien disparu d'un coup de rasoir. LE BUSINESS POLITIQUE Pour Philippe Moreau Chevrolet, conseiller en communication politique, la fin du poil en politique est le signifiant absolu d'une génération politique qui se vit en chef d'entreprise : « L'homme politique veut montrer qu'il gère les dossiers, parfois 24 heures sur 24, toujours sur le pont, le doigt sur la couture du pantalon, ne prenant jamais de vacances. Il doit être mince, sportif, performant. La barbe est désormais réservée en France à ceux qui se sont mis en retraite ou ceux qui veulent bien apparaître de temps en autre dans un magazine en "mode week-end" ; alors la barbe devient un insigne vestimentaire, un prolongement du "casual friday". » La première image qui vient à l'esprit est évidemment celle d'un Sarko retiré des affaires et qui, n'y pensant plus en se rasant le matin, en oublie complètement de la raser. Cette petite barbe circa 2012-2014, qui lui donnait de faux airs de « bad boy gay » selon le mot extraordinaire de Roselyne Bachelot, a disparu, aussitôt amorcée sa tentative de reconquête de l'UMP. A gauche, l'image de DSK à Rikers Island, façon usual suspect, a fait beaucoup de mal. On a ainsi vu un strauss-kahnien, Jérôme Guedj, lâcher dans le même mouvement sa barbiche un rien d'Artagnan et son mentor. On remarquera chez les lisses éléphants du PS, la valse-hésitation d'un Moscovici, effaçant toute trace de barbe à son entrée au gouvernement Ayrault, ou au contraire la barbe repoussant sur le visage de Benoît Hamon, une fois la liberté de parole retrouvée après avoir quitté le gouvernement Valls. Le cas Frédéric Cuvillier est unique : en juin, en pleine crise, le ministre des Transports aimait faire un point média au petit matin. Et bien sûr, il adorait le faire non rasé, tant la nuit avait été longue en négociations. Il y a un moment dans le bras de fer politique où on a plus important à faire que de se raser le matin. HOMME RASÉ, HOMME LISSÉ Pour le reste, c'est la non-identification à tous les étages. Si on veut reconnaître une couleur politique, il faut chercher du côté de la cravate (violette chez JeanChristophe Lagarde, de l'UDI, rouge chez Mélenchon). Comme si l'imagerie politique vivait encore sous les SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 299 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato HISTOIRE TENDANCES 05/12/2014 L'OBS - N.2613 - 4 dicembre 2014 Pag. 124 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 300 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato prédictions apocalyptiques de François Mitterrand déclamant qu'après lui il n'y aurait plus que des comptables. Lesquels ont tous voulu ressembler désespérément à des comptables. Au risque d'asseoir l'idée d'une pensée unique passant par une représentation unique du politique. C'est en historien que Xavier Mauduit pose la question de la synthèse impossible entre la différence des idées et l'indistinctibilité des apparences : « D'une part les idées de l'homme rasé ne sont pas celle de l'homme barbu ; d'autre part, la barbe s'est raréfiée en politique : est-ce là l'explication de la pensée unique ? » Même inquiétude du côté de Philippe Moreau Chevrolet : « L'absence d'identification visible appuie la thèse UMPS, et c'est quelque chose de dangereux à quoi les politiques devraient faire attention. A l'heure où le trentenaire urbain, ayant compris deuxtrois choses des codes de la société dans laquelle il vit, porte quasi obligatoirement la barbe, nos politiques, comme avec un train de retard, l'ont éliminée en tant que signe. » Pourtant, comme Xavier Mauduit l'écrit dans son livre, « la barbe a une utilité symbolique. Elle affiche la force, la virilité et la domination. Quand sont apparues les premières civilisations, elle fut un signe de puissance ». Les mauvaises langues voient en son effacement, une métaphore de l'impuissance du politique. D'une politique qui n'accroche plus ? Mais déjà Philippe Moreau Chevrolet observe un nouveau virage dans la représentation politique dont l'incarnation est Matteo Renzi : « Le président du Conseil italien s'imagine lui aussi en chef d'entreprise, mais il se met du côté de l'innovation, de l'entreprise cool, des "start-uppers". Dans cette logique, la barbe comme insigne politique devrait revenir. » Nous devrions le savoir, et depuis longtemps : en politique comme en toute chose, la jeune barbe toujours repousse. D - La Barbe ! La politique sur le fil du rasoir ». de Xavier Mauduit, Les Belles Lettres, 9 euros. MEDIAS SoPresse P. 126 MODE D'EMPLOI Lebonnet P. 127 Linge de maison® p. m Foto: Nicolas Sarkozy. Benoît Hamon. 05/12/2014 L'OBS - N.2613 - 4 dicembre 2014 Pag. 14 Closer Voici HEBDO DU GROUPE PRISMA MÉDIA CRÉÉ EN 1987 IDYLLE AU PALAIS C'est la photo derrière laquelle couraient tous les paparazzis depuis un an : François Hollande et Julie Gayet ensemble. Pionnier de la presse people en France, « Voici », qui s'était laissé distancier sur ce sujet par « Closer », a décroché la timbale en publiant la photo des amoureux, attablés, en tête à tête dans les très privés jardins de l'Elysée. La semaine suivante, il remettait une pièce dans le juke-box avec cette une : « II a revu Valérie en secret ». TAUPES SARKOZYSTES ? L'Elysée n'a pas cru une seconde à l'affirmation de « Voici » selon laquelle la photo aurait été prise au téléobjectif depuis une planque située hors de l'enceinte du palais. Le cliché indiscret devient un fait politique dès lors que le couple a été photographié avec un smartphone depuis une des fenêtres de l'appartement privé. Selon l'Elysée, quatre des cinq coupables potentiels qui travaillaient au service privé du président avaient été nommés par Sarkozy. Et la photo litigieuse a transité par Sébastien Valente, ami de Caria Bruni et photographe attitré de Sarko... POLITIQUE COMMERCIALE En 2013, les ventes de « Voici » avaient reculé de 13% (306 521 exemplaires en moyenne), la concurrence étant multiforme. La plupart des magazines féminins et des news font désormais du people. Sans même parler d'internet. Sur les neuf premiers mois de l'année, « Voici » s'est vendu en moyenne à 292 953 exemplaires. A la peine, l'hebdo a sorti une nouvelle formule en juin. LE VERDICT « Closer », dirigé par Laurence Pieau (à dr.), tient la corde. Son scoop de janvier et ses répercussions - séparation, livre de Valérie Trierweiler, vengeance de l'ex à l'étranger... ont fait l'année de la presse people, qui a trouvé là un supplétif à la téléréalité. Mais le filon n'est pas inépuisable. « Sorti de Nicolas Sarkozy et François Hollande, ça ne marche pas très bien », confiait, dernièrement, Manon Alombert, rédactrice en chef de « Voici » (à dr). VÉRONIQUE GROUSSARD HEBDO DU GROUPE MONDADORI CRÉÉ EN 2OOS VAUDEVILLE A L'ELYSEE En photographiant un François Hollande, casqué, en scooter, arrivant nuitamment à l'immeuble de Julie Gayet, rue du Cirque, et n'en ressortant que le matin, « Closer », l'hebdo du groupe italien Mondadori, déclenchait, le 10 janvier, une bombe à fragmentation : séparation de François et Valérie, « best-seller » de la femme trompée (« Merci pour ce moment »), propos vengeurs de la même distillés lors de sa tournée de promo à l'étranger... TAUPES SARKOZYSTES (BIS) ? L'idée que la filière sarkozyste ait pu alimenter « Voici » éclaire d'un jour nouveau le scoop de « Closer ». Le paparazzi qui a surpris François entrant chez Julie avait-il été informé, lui aussi, par une taupe à l'Elysée ? Dans « Sarko s'est tuer », Fabrice Lhomme et Gérard Davet rapportent ces propos de Sarkozy, montrant qu'il était au parfum deux mois avant « Closer » : « Hollande qui sort trois fois par semaine de l'Elysée en scooter pour aller voir sa bonne amie... Que font les journalistes ? Rien, bien sûr. » COMMERCE POLITIQUE Averti de l'info sensible de « Closer », Carminé Perna, le patron France de Mondadori, avait un peu avancé son retour de Milan. Et, le jour J, avait pu vérifier dès son jogging que les kiosques étaient en rupture de stock. François et ses femmes ont fourni à « Closer » la matière de seize unes en onze mois. Après une année 2013 en berne, les ventes ont augmenté de 4% sur les neuf premiers mois de l'année, avec une moyenne de 348137 exemplaires. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 301 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LE DUEL 05/12/2014 L'OBS - N.2613 - 4 dicembre 2014 Pag. 158 "LES BANQUES CENTRALES VONT SOUTENIR LA CROISSANCE" Philippe Waechter, directeur de la recherche économique de NatixisAsset Management, estime que les conditions sont plus favorables dans la zone euro en 2015 ® PROPOS RECUEILLIS PAR THIERRY SERROUYA Le FMI table sur 3£% de croissance économique mondiale en 2014. N'est-ce pas décevant ? Ça l'est par rapport à ce qui était attendu à la fin de 2013. Les Etats-Unis semblent avoir digéré le choc de 2008-2009 même si l'ajustement du marché du travail est encore incomplet Point nouveau, ils ne jouent plus le rôle de locomotive capable de changer rapidement la trajectoire de l'économie mondiale. En zone euro, certains pays périphériques (Espagne, Portugal) ont surpris positivement, les inquiétudes s'étant déportées sur la France, l'Italie et l'Allemagne. Au Japon, les « Abenomics » n'ont pas généré les effets escomptés et l'économie est retombée en récessioa Quant à la Chine, sa croissance sera au-dessous de 7,5% cette année et montre de véritables signes d'essoufflement Les banques centrales vont donc rester à la manœuvre? Elles vont continuer d'œuvrer pour soutenir la reprise mondiale. Elles en ont la volonté. La Banque centrale européenne (BCE) va prendre le relais de la Réserve fédérale américaine en apportant d'importantes liquidités. La Banque du Japon va aussi continuer d'intervenir massivement. Aux Etats-Unis, la FED pourrait opter pour une remontée de ses taux d'intérêt dans la seconde partie de 2015. Mais elle serait plus à son aise pour le faire si la croissance globale était plus robuste. La question est posée aussi pour la Banque d'Angleterre, qui a repoussé le moment où elle remontera son taux d'intérêt de référence. Mario Draghi, président de la BCE, veut se donner les moyens d'une véritable politique monétaire accommodante pour faciliter la croissance et éloigner le risque de déflation. Il s'est pour cela prononcé en faveur d'un policy-mix intégrant des politiques budgétaires plus favorables et mieux coordonnées, leur donnant une dimension presque fédérale afin d'en améliorer l'efficacité. Cela évitera-t-il à la zone euro la ? déflation? | Pour Mario Draghi, la politique de taux ï zéro actuelle est encore trop restrictive, " Pour réduire le risque de basculer en déflation, elle doit être encore plus accommodante via un ajout massif de liquidités. Des mesures techniques (TLTRO ou opérations de refinancement ciblées à long terme) et des rachats d'actifs financiers ont déjà été mis en place. Mais si cela n'était pas suffisant, il pourrait décider début 2015 d'aller plus loin en achetant des dettes souveraines. Quels autres soutiens voyez-vous pour2015? La reprise américaine restera un élément clé. La baisse du prix du pétrole observée cette année constituera un soutien fort pour le consommateur et le rétablissement des marges des entreprises. De même, la poursuite de la dépréciation de l'euro, fruit de la politique menée par la BCE dans la durée, sera un facteur essentiel pour l'ensemble des pays de la zone. Au G20, l'accent a été mis sur l'investissement jugé insuffisant. Un axe de soutien également retenu par JeanClaude Juncker, président de la Commission européenne, qui propose un plan d'investissement de 300 milliards d'euros. C'est aussi un objectif du CICE et du pacte de responsabilité en France. Après 0,3% de croissance au troisième trimestre, la France entrevoit-elle enfin le bout du tunnel? Ce chiffre est meilleur qu'attendu, et tant mieux. Cependant, la dynamique reste faible puisque, depuis le premier trimestre 2011, la croissance du PIB n'est que de 0,4% en rythme annualisé. En outre, au troisième trimestre la croissance a reposé principalement sur les stocks. Le moral chancelant des entrepreneurs noté dans les enquêtes et le repli des commandes suggèrent une liquidation des stocks qui pèsera sur le chiffre du dernier trimestre. La croissance devrait néanmoins être proche mais au-dessous de 0,4%. Le point à souligner est la mise en place de conditions plus favorables en zone euro. La baisse de l'euro, du prix du pétrole, la politique monétaire durablement accommodante et une politique budgétaire moins restrictive devraient permettre de retrouver une trajectoire d'expansion plus robuste favorisant une dynamique intraeuropéenne plus durable. C'est cela qu'il faut viser pour 2015, et la zone euro peut avoir les moyens de sortir de cette longue période de stagnation. G SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 302 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SPECIAL PLACEMENTS LAVIS D'UN EXPERT 05/12/2014 L'OBS - N.2613 - 4 dicembre 2014 Pag. 166 LES VALEURS EUROPÉENNES ONT LA COTE Taux d'intérêts bas, croissance aux Etats-Unis et perspective de relance en Europe : les Bourses ont déjà repris leur progression. Comment en profiter ? &> THIERRY SERROUYA Après un début d'année difficile, les marchés actions se sont bien repris. Certes, l'exercice n'est pas clos, mais au 27 novembre, les principales places financières - excepté Londres (-0,38%) - affichent une performance positive en devises locales : le DAX gagne 4,43% ; le CAC 40,2,01% ; le Nikkei, 7,17%. Quant à la Bourse de New York, elle poursuit sa marche en avant Les indices Dow Jones et S&P 500 progressent respectivement de 7,55% et de 12,14%. « L'économie américaine est sur le chemin de la reprise (2,2% en 2014, selon l'OCDE) et absorbe assez bien la fin du "quantitative easing", c'est-à-dire de la politique monétaire non conventionnelle, indique Laurent JacquierLaforge, directeur de la gestion actions chez La Française AM. Déplus, à la différence des entreprises européennes, les sociétés américaines enregistrent une hausse régulière et soutenue de leur résultat. » II est vrai qu'en zone euro, l'activité tourne au ralenti. Les prévisions de croissance ne cessent d'être revues à la baisse par le FMI et l'OCDE, qui l'estiment à 0,8% en 2014. Ailleurs, le Japon peine à sortir de vingt ans de déflation et est retombé en récession. Quant à la Chine, sa croissance économique connaît aussi un ralentissement et ne devrait afficher que 7% de croissance, contre un objectif officiel de 7,5%. Dans un contexte de croissance mondiale modérée (3,7% en 2015, selon l'OCDE), les banques centrales vont rester à la manœuvre, mais avec des divergences entre les régions. Avec une reprise économique robuste - le PIB du troisième trimestre a été revu à la hausse à 3,9% -, la question de l'augmentation des taux d'intérêt aux Etats-Unis se pose. Mais Janet Yellen, présidente de la Fed, se veut prudente en annonçant que la politique monétaire était « data dépendent ». Traduction : la Fed agira quand tous les voyants seront au vert. Rien ne sera »-» w* entrepris pouvant compromettre la reprise. L'absence de plein emploi, de pression salariale combinée à une faible inflation militent pour une hausse plutôt fin 2015, voire début 2016. Si l'économie américaine peut se passer de relance monétaire à son échelle, c'est loin d'être le cas pour les autres zones économiques. La Banque du Japon, la Banque populaire de Chine (PBOC) et la Banque centrale européenne (BCE) ont annoncé successivement des mesures pour soutenir leur économie. La première va augmenter son programme de rachats d'actifs. De son côté, la PBOC a, par surprise, décidé de baisser ses taux directeurs - une première depuis juin 2012 - pour stimuler sa croissance. Enfin, face à une croissance atone et une inflation anémique en zone euro, la BCE, par la voix de son président Mario Draghi, s'est dite prête si nécessaire à revoir la taille, le rythme et la composition de ses rachats d'actifs. Comprendre la mise en place d'un «quantitative easing» européen. Par conséquent, «en 2015, l'environnement pourrait se révéler porteur pour les actions car les taux d'intérêt vont rester bas encore longtemps et les banques centrales vont continuera injecter des liquidités », déclare Marco Bruzzo, directeur général délégué de Mirabaud Asset Management. Dès lors, quelles zones géographiques privilégier? «La vigueur des résultats trimestriels et des derniers indicateurs économiques devrait continuer à porter le marché américain», déclare Laurent JacquierLaforge. Le S&P 500 se paye aujourd'hui 15,8 fois les bénéfices et les estimations misent sur 14 fois en 2015. L'appréciation du dollar bénéficie aussi aux valeurs domestiques et attire les flux de capitaux. De même, la forte baisse du prix du pétrole joue positivement sur la consommation des ménages et l'investissement, et renforce les marges des entreprises. Sur ce point, Marco Bruzzo fait remarquer que, « en raison d'un cycle économique faible et prolongé, les marges sont peu élevées. Il y a donc un potentiel de levier considérable au moment de la reprise de la croissance. » Pour Laurent JacquierLaforge, « il faudra surveiller attentivement les chiffres d'affaires des entreprises européennes, car on constate qu'ils sont stables et que leur activité ne croît pas ». Mais pour 2015, il y a « davantage de raisons de croire à la croissance des bénéfices », assure Marco Bruzzo. La politique accommodante de la BCE, le plan de relance budgétaire de 315 milliards d'euros d'investissement de la SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 303 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ACTIONS 05/12/2014 L'OBS - N.2613 - 4 dicembre 2014 Pag. 166 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 08/12/2014 304 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Commission européenne, la baisse de l'or noir et de l'euro face au dollar sont autant d'éléments favorables. « Une croissance supérieure à 10% l'an prochain est envisageable », déclare Laurent Jacquier-Laforge, qui privilégie « les sociétés européennes réalisant une part importante de leur activité en dollars, et celles qui exportent en produisant essentiellement en Europe. » Quant au Japon, une hausse de 10% des résultats est anticipée pour 2015. Le marché est bien orienté alors que l'archipel est en récession et que le yen se déprécie. Une fois sa zone définie, vers quels secteurs s'orienter ? Si la reprise se confirme, cela profitera aux valeurs cycliques et de croissance. « Les stress tests des banques de la zone euro ont été bons dans l'ensemble, ce qui donne une certaine solidité au secteur : une croissance des bénéfices par action, une demande de crédit en hausse et des valorisations raisonnables », affirme Marco Bruzzo. Même choix pour Laurent Jacquier-Laforge, qui estime que «les banques devraient profiter de l'action de la BCE, notamment les banques espagnoles et italiennes ». Les valeurs technologiques européennes, comme les SSII [sociétés de services en ingénierie informatique, NDLR], profiteront de la reprise américaine avec des valorisations inférieures de l'ordre de 25% par rapport à leur moyenne historique. De même pour les softwares, qui accusent un retard en termes d'investissements. Les secteurs automobile (renouvellement du parc) et de la construction ont aussi les faveurs des gérants. En revanche, Laurent Jacquier-Laforge reste à l'écart des valeurs défensives qui présentent une valorisation trop élevée. Enfin, le thème du rendement soutient l'attrait des actions et de certains secteurs, mais il convient d'être sélectif. D Foto: Les valeurs à Wall Street, la Bourse de New York.