Parts_genn2017_Atti Sorrento_seconda parte

Transcript

Parts_genn2017_Atti Sorrento_seconda parte
Concentrazioni
nell’aftermarket 4.0
13 - 14 ottobre 2016
Hilton Palace
Seconda parte
di Francesca Sirimarco
e acquisizioni
Seconda giornata
Caruso: dataplace per l’aftermarket,
dall’aftermarket
L’intervento di Alexander Haid, Head of Corporate Strategy & Projects e Project leader Caruso TecAlliance, ha
inaugurato i lavori della seconda giornata del Parts Aftermarket
Congress 2016. Haid ha presentato Caruso, il “dataplace
telematico per l’aftermarket dall’aftermarket”, concentrandosi
sulla necessità di adeguarsi alla trasformazione digitale, per
continuare ad essere protagonisti del futuro.
Tutti gli attori del comparto, indipendentemente dall’attività
svolta, devono partecipare a questa trasformazione. Il rischio è
non avere più un ruolo da protagonisti del mercato in un futuro
prossimo, perdendo sempre più posizioni.
Un esempio? Il caso Kodak, uno dei più importanti produttori
mondiali di strumenti fotografici, che non è stato capace di
mantenere la propria forza di mercato durante la trasformazione
del settore dovuta all’introduzione dei servizi digitali. A Kodak
non sono bastati la forza dei prodotti e del brand, l’ottimo
marketing, la logistica ben strutturata e i servizi post-vendita,
che sembravano perfetti e sotto controllo. Arrivata la digitalizzazione, l’azienda si è trovata del tutto impreparata a soddisfare
i nuovi bisogni degli utenti finali, che hanno abbandonato la
fotografia stampata per quella digitale.
Così, nell’automotive, l’auto non è più solo un veicolo ma uno
strumento di comunicazione. Come reagiscono i leader dell’aftermarket? Si stanno adeguando o aspettano?
L’integrazione della digitalizzazione è già iniziata e i veicoli
dialogano con noi in tempo reale, ci forniscono informazioni
disponibili online o su devices sullo stile di guida, sul comportamento dell’auto, su eventuali problemi al sistema elettronico
o sulle cause che hanno provocato un incidente.
Che cosa succede con l’auto digitale? Con la connettività, le
informazioni sui servizi saranno disponibili in anticipo: sapremo
esattamente quale auto arriverà in una determinata officina, di
quali interventi di riparazione e ricambi avrà bisogno.
Grazie alla disponibilità delle informazioni digitali, in futuro la
filiera dell’aftermarket sarà in grado di gestire ancor meglio
la catena del valore, perché sarà in rete. Catena del valore
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e della rete significa che l’utente finale sarà al
centro con la propria richiesta di servizio e la
propria domanda di officina digitale. Pertanto,
indipendentemente dall’attività svolta - fornitore
di servizi di assicurazione o riparativi, di dati,
di parti di ricambio, di diagnostica o di auto a
noleggio - occorre affidarsi al digitale, trovando
la propria collocazione nella catena del valore.
Dalla digitalizzazione dell’aftermarket automotive trae vantaggio anche l’utente finale, perché
riesce ad accedere a informazioni utili: sapere
subito quale officina è disponibile per offrire
un certo servizio e a quali costi, quindi dove
Alexander Haid,
Head of Corporate
Strategy & Projects
e Project leader Caruso
TecAlliance
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prenotare in futuro, accedere alle recensioni
degli altri automobilisti per conoscere il livello di
soddisfazione sul servizio usufruito…
I competitor esterni al settore sono già attivi:
Google, Apple, Samsung… L’industria, insomma,
è dalla parte dei consumatori ed è presente in
modo digitale sui dispositivi mobile con i quali
i consumatori prendono le decisioni. Rispetto a
questo, a che punto è l’aftermarket? L’aftermarket non si è ancora realmente adeguato: occorre
guadagnare in efficienza e ciò è possibile solo
disponendo di un workflow digitale interno, un
processo avviato solo da alcuni player. Ogni operatore della filiera deve avere un po’ di familiarità
con i servizi telematici: questo è un compito importante, perché in Europa ci sono 300 milioni di
veicoli che devono essere digitalizzati. Quanti di
questi possono essere connessi e quanti stanno
già usando servizi
Grazie alla
digitali? Questa è
disponibilità
delle
la prima domaninformazioni digitali,
da a cui dare
la filiera aftermarket
risposta oggi,
potrà gestire meglio
perché nel
2020 lo scenala catena del valore,
rio potrebbe esperché sarà in rete
sere diverso. Con
l’introduzione delle
chiamate di emergenza
eCall, per esempio, in Europa
nel 2018 i costruttori di veicoli inizieranno a
fornire “soluzioni incorporate”. Ma non è ancora chiaro come saranno disponibili i dati: ci
potranno essere più tecnologie, ma una sola
dovrà essere in grado di rispondere all’esigenza comune di ottenere le informazioni. Cosa
ne sarà, dunque, dell’aftermarket con l’arrivo
delle nuove tecnologie? Haid ha risposto con
l’esempio di Nokia, che ha lasciato liberi gli
utenti finali di scegliere il servizio desiderato
attraverso una piattaforma con uno standard
comune, fornito da Apple o da Samsung. Anche
l’aftermarket automotive ha bisogno di stabilire
un ecosistema per uno standard che integri tutti
i servizi offerti all’utente finale, dall’assistenza
stradale alla riparazione dei veicoli, dai ricambi
all’assicurazione o al noleggio, che aiuti a connettere i veicoli e gli utenti allo stesso sistema.
Se non lo si fa insieme, qualcun altro fornirà
questi servizi… e non è difficile capire chi possa essere. I costruttori OEM sono “orientati” a
crescere nell’aftermarket indipendente e questo
comporta la nascita di un nuovo player che si
rivolgerà agli utenti finali. Anche per questo
occorre trovare un accordo su uno standard
comune e una piattaforma di servizi condivisa,
così da agire organicamente e proporre una soluzione completa. Questo standard di
dati non è ancora disponibile,
ma è quanto si prefigge di
fare Caruso, con un linguaggio comune che
Indipendentemente
a oggi non esiste andall’attività svolta
cora, e infatti molti
occorre affidarsi al digistanno sviluppando
tale, trovando la propria
sistemi proprietari.
collocazione in questa
Per realizzare l’obietdimensione
tivo di una piattaforma comune i passaggi
sono molteplici: bisogna
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raccogliere tutti i dati di ogni data-service per
standardizzarli e quindi riunire i services provider
e costruire una rete commerciale con accesso
aperto ai dati. Oggi tutto questo nell’aftermarket
manca: gli standard di dati non sono ancora
disponibili e quindi non esiste un linguaggio
comune né un sistema integrato. Ma una cosa
è certa: la trasformazione digitale cambierà
completamente il mercato. Per prepararsi ad
affrontarlo al meglio, essere protagonisti e partecipare a questa trasformazione tutti insieme,
è importante e necessario costruire questo
ecosistema con un linguaggio standard, basato
su Caruso.
LeasePlan) detengono una quota del 46% sul
totale, mentre i player rimanenti hanno subito,
nello stesso arco temporale, una riduzione di
quota di mercato di 11 punti, passando dal 65%
del 2009 al 54% del 2015. In contemporanea,
nonostante il periodo di crisi, è cresciuta dell’8%
la flotta del noleggio a lungo termine, passando
dai 6,2 milioni di veicoli del 2009 ai 6,7 milioni
di veicoli del 2015. In Italia, questa tendenza
è ancora più marcata: qui i primi 4 player del
noleggio a lungo termine (Arval, ALD, LeasePlan e Leasys) detengono il 78% della quota di
mercato per flotta totale, in un settore che negli
ultimi 7 anni è cresciuto del 12%, passando da
Aftermarket 4.0: Arval
protagonista, dall’acquisizione
di GE Capital Fleet Service
alle opportunità per l’intera filiera
Concentrazioni e acquisizioni nell’aftermarket
4.0: anche le flotte non sono esenti da questo
trend, come ha illustrato nel corso del suo intervento a Sorrento Grégoire Chové, Direttore
Generale di Arval Italia. Chové ha dapprima
fatto una panoramica su come è cambiato il
mercato del noleggio negli ultimi 10 anni, per formulare alcune ipotesi su come cambierà ancora.
Uno dei motivi per i quali si ricorre alle concentrazioni e alle acquisizioni anche nel mondo del noleggio è l’accesso ai dati e alla gestione dei dati.
Dando uno sguardo ai numeri, in Europa negli
ultimi 7 anni (2009-2015) il mercato del noleggio
a lungo termine si è concentrato al punto che i
primi 4 top player di settore (Arval, Alphabet, ALD,
Grégoire Chové,
Direttore Generale
di Arval Italia
legata all’aftermarket, dove in alcuni ambiti
non esistono interlocutori di dimensioni tali da
poter investire anch’essi in modo significativo
e strategico, per sviluppare insieme una nuova
era del servizio ai clienti. Ben venga, dunque,
questo processo di acquisizioni e concentrazioni
anche nell’aftermarket, perché ciò consente ai
grandi player del noleggio di poter accelerare lo
sviluppo di nuovi servizi e lavorare insieme sulla
“driver happiness”.
poco più di 520mila a oltre 585mila veicoli.
Ciononostante, in Italia il mercato del noleggio a
lungo termine è ancora poco maturo e offre ampi
margini di espansione. Uno dei fattori di crescita
è dunque il ricorso alle acquisizioni. A riguardo
Arval ha recentemente acquisito GE Capital
Fleet Services, nello specifico 160mila veicoli in
Europa di cui 10mila in Italia. Questa operazione
di espansione non è stata l’unica per Arval, né
è isolata sul mercato italiano e mondiale del
noleggio a lungo termine. In Europa
Daimler, un costruttore, ha
acquisito Athlon Car Lease International, attore
Per rimanere tra
del noleggio a lungo
i primi top player
termine, mentre
sono richiesti investiALD ha comprato
menti tecnologici e di
Parcours, player di
digitalizzazione o di sviorigine francese
luppo impossibili per
presente anche in
Spagna e in Belgio.
i più piccoli
Arval ha inoltre ufficializzato anche la joint ven-
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ture con il partner cinese Arval Jiutong, per inaugurare il noleggio a lungo termine in Cina, dove
ancora non esiste, con 4mila veicoli. Infine, è stata acquisita Relsa, in Sud America: un’azienda
specializzata nel noleggio a lungo termine, con
cui è stata creata una joint venture in Cile e Perù
e di cui sono state acquisite le attività in Brasile.
Perché queste concentrazioni a livello mondiale?
Sicuramente perché, come in ogni settore, il
volume e una presenza geografica più ampia
permettono di ripartire meglio i rischi e di avere
accesso a più opportunità di crescita, soprattutto
nei mercati emergenti. Inoltre perché rimanere
tra i primi top player richiede degli investimenti
tecnologici e di digitalizzazione o di sviluppo di
nuovi prodotti che i piccoli player non possono
più permettersi perché vanno “spalmati” su volumi importanti. Ciò consente anche un maggiore
potere di acquisto, fondamentale per rimanere
competitivi in termini di canone di noleggio per i
clienti. In termini di digitalizzazione, è indispensabile poi saper gestire l’enorme quantità di
informazioni che ogni giorno vengono raccolte
con un Big Data Management. Ma a cosa serve
questa quantità enorme di informazioni raccolte?
In riferimento al mercato dell’aftermarket, le
società di noleggio gestiscono ogni anno diversi
milioni di interventi che riguardano i veicoli in
flotta circolanti. Per ciascun intervento vengono
registrate tutte le informazioni, per esempio il
contesto per il quale è richiesta la riparazione,
se cioè a seguito di un incidente o di un guasto, cosa è stato fatto in termini di riparazione,
quali pezzi di ricambio sono stati comprati per
quella specifica riparazione... Questi dati consentono di dialogare meglio con i partner, siano
essi costruttori di veicoli od operatori del mondo
dell’aftermarket. Questa dinamica spinge ad
andare oltre in termini di crescita organica, ma
anche ad accelerare il trend delle operazioni di
acquisizione e di concentrazione, dove contano
molto anche le dimensioni che, fra gli altri vantaggi, offrono altresì l’opportunità di sviluppare
nuovi approcci e nuove possibilità di investimenti
perfino nel mondo dell’aftermarket e nel mondo
dei network. Esiste però ancora una difficoltà
L’impatto della telematica
sul mondo assicurativo
La telematica, l’auto connessa con l’Internet
delle Cose e la guida autonoma stravolgeranno
sempre di più il mercato automotive nel suo insieme. Nel “faccia a faccia” con l’ingegnere Paola
Carrea, Direttore Generale AlfaEvolution
Technology del Gruppo UnipolSai, esperta di
telematica a livello internazionale, si è cercato
di comprendere quale sarà l’impatto dell’iperconnessione sulla mobilità e in che modo influirà
sull’aftermarket. Le auto a guida automatica
sono già una realtà. Ma quando entreranno
regolarmente in circolazione? Considerata la
rapida evoluzione delle tecnologie applicate alla
connettività, è possibile dar credito ai dati di analisti secondo i quali entro il 2035 il 25% dei veicoli
Paola Carrea,
Direttore Generale
AlfaEvolution
Technology
del Gruppo UnipolSai
a livello mondiale sarà a guida completamente
automatica. Queste auto, infatti, ormai esistono
da anni e in alcune aree geografiche, come negli
Usa, circolano anche in contesti di mobilità tradizionale con a bordo dei tecnici. Le Google Car
ne sono un validissimo esempio, anche se conti-
“Trofeo” a marc aguettaz per i 25 anni di GiPa Italia
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nuano ad essere implementate di tutti i possibili
uses-case per perfezionare sempre di più l’autonomia di guida e la sicurezza stradale. Il problema della loro messa in circolazione in contesti di
mobilità tradizionale allo stato attuale, pertanto,
riguarda più che altro l’integrazione di questa
tecnologia dei veicoli autonomi nel contesto
reale di guida, quindi l’integrazione con un’infrastruttura intelligente, che dialoghi con i veicoli e
fornisca informazioni sulla viabilità in riferimento
a un determinato percorso. Ma il futuro è questo.
Bisogna inoltre considerare il driver fortissimo
rappresentato dal consumer (cioè dell’Internet of
Things e dell’Information Technology), che obbliga
ad adattare le tecnologie applicate sui veicoli, per
renderle sempre più performanti e al passo con i
tempi, così da rispondere alle esigenze crescenti
degli utilizzatori. Un problema, certo, ma anche
un’opportunità. Infatti, mentre il mondo consumer consente all’utente finale di risolvere auto-
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nomamente piccoli problemi tecnici che possono
verificarsi su un dispositivo in uso - per esempio
se uno smartphone si blocca, basta staccare e
ricollegare la batteria - nel mondo automotive o
dell’aftermarket Original Equipment questo non è
possibile. Ciò significa che gli eventuali problemi
su un’auto automatizzata non potranno essere
risolti semplicemente aspettando l’operatore che
stacca i morsetti della batteria per poi ricollegarli:
occorrerà una professionalità specifica per la
riparazione e la manutenzione del veicolo. La
sfida ora consiste nel capire il trade-off tra ciò che
è “full automotive grande standard” e ciò che in
parte deve diventare “industrial standard”, sino
ad arrivare al consumer in termini di qualità e di
performance. Ci sono già dei tier 1 che stanno
utilizzando componenti “industrial grade” e non
“automatic grade” nella loro componentistica
per l’automotive. E nel campo della connettività
si sta andando molto in questa direzione. Ma
nell’attesa che questa realtà diventi operativa a
tutti gli effetti, che ci siano dei protocolli e che dai
prototipi si arrivi alla produzione di serie dei veicoli automatizzati, i distributori e le officine devono
cominciare ad attrezzarsi per la riparazione e la
manutenzione dei sistemi di ausilio alla guida.
Tali sistemi, oggi Original Equipment, potrebbero
arrivare in aftermarket. Per attrezzarsi ed essere
pronti ad approcciare questo nuovo segmento
occorre però investire. Tuttavia, poiché i numeri non saranno massivi nel breve, una strada
percorribile, nell’era della sharing economy, è
sicuramente quella di investire in gruppo, di fare
squadra. In sostanza: fare sharing di investimenti. Ma come impatterà la connettività nel mondo
assicurativo? Nell’era del Big Data ci sono delle
compagnie di assicurazioni che hanno compreso
il valore dei dati. Ciò significa che la grande mole
di dati raccolti attraverso le scatole telematiche
consente ad esempio di ottimizzare il claim ma-
nagement, quindi di ridurre i tempi per la liquidazione a seguito di un incidente, risparmiando al
contempo diversi milioni di euro. Inoltre, con i dati
che derivano dalle black box, si ha la possibilità
di offrire agli agenti, ai liquidatori e ai periti strumenti tecnologici per la ricostruzione oggettiva
degli incidenti. E mentre il mercato automotive
prosegue la sua evoluzione tecnologica per i
veicoli automatizzati, a livello internazionale le
compagnie di assicurazione si avvicinano sempre
più al mercato dell’aftermarket. A livello europeo,
infatti, alcune di queste stanno siglando importanti accordi con i big della componentistica. In
tale scenario, il mercato aftermarket si aspetta
di capire da chi le compagnie acquisteranno
i ricambi e soprattutto a chi verrà affidata la
riparazione dei veicoli incidentati. A riguardo,
UnipolSai - che tra le sue società di assistenza
vanta Autoprestoebene, dedicata alla riparazione
specializzata prevalentemente nelle carrozzerie ha già siglato un accordo di partnership con due
player di ricambi, per avere anche una propria rete
di assistenza in termini di reti di officine sul territorio. L’obiettivo è di offrire un servizio efficiente e
ottimale al cliente. Per garantire questa efficienza
di servizio con capillarità sul territorio, una soluzione potrebbe essere ricorrere a un interlocutore
unico importante. Ma occorre saper gestire la
complessità e pertanto mettersi nelle condizioni
di aggregare più interlocutori per soddisfare meglio la clientela e per garantire competitività al
Paese. Dunque l’apertura verso l’aftermarket c’è
laddove questo garantisce competenza tecnica
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riparativa. L’ingresso diretto delle compagnie di
assicurazione nel contesto riparativo può rivelarsi
una minaccia o un’opportunità? Le compagnie
con i loro dipendenti sono obbligate a entrare
direttamente nel contesto riparativo e dell’aftermarket per garantire competitività, lavoro alle
persone e la soddisfazione dei clienti finali, per la
cui fidelizzazione si investe sempre di più. Come
sempre, quella che può sembrare una minaccia
di fatto è un’opportunità: non c’è da reinventare
nulla e ciascuno deve continuare a operare con
professionalità e competenza nel proprio ambito,
facendo bene quello che fa. Le compagnie di
assicurazione, ad esempio, devono fare bene la
“crise-construction”, la “crise-validation” e tutta
la gestione assicurativa dell’RCAuto, così come le
officine e le carrozzerie devono performare bene
nei loro interventi di manutenzione e riparazione
dei veicoli. UnipolSai si avvale della propria rete
di carrozzerie grazie a una partnership con altri
player e ha già accordi di partnership per il mondo
delle officine. Ciò significa che non gestisce direttamente le officine, ma trova la soluzione migliore
collaborando con player che conoscono bene il
comparto. E questa è una decisa opportunità
per il settore.
Motorizzazione:
tutti gli aggiornamenti
L’edizione 2016 di Parts Aftermarket Congress
ha visto la partecipazione anche delle istituzioni,
con l’intervento del Direttore generale della
Maurizio Vitelli,
Direttore generale della
Motorizzazione civile
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Motorizzazione civile, l’architetto Maurizio
Vitelli, che ha risposto a una serie di domande su temi di attualità durante l’interessante
“faccia a faccia” con la Motorizzazione civile. Si
è parlato di Dieselgate, di sperimentazioni che
la Motorizzazione sta conducendo su vari fronti,
della campagna straordinaria di test e verifiche
sui veicoli Euro 6 e sui sistemi e componenti e
anche di sistemi di assistenza alla guida. Per
quanto riguarda il Dieselgate, l’architetto Vitelli
ha descritto i passaggi relativi alle procedure di
omologazione dei veicoli applicate in Europa,
spiegando in quale momento è avvenuta la
manomissione da parte di Volkswagen, anche
per descrivere le differenze di iter rispetto al mercato americano. Negli Stati membri UE, i veicoli
vengono sottoposti a una procedura di omologazione, attualmente secondo il ciclo NEDC (New
European Driving Cycle), che consiste in una
prova della durata di circa 20 minuti effettuata
su banco dinamometrico per le autovetture (veicoli della categoria M1 e N1). Durante il test - in
cui non è ammesso alcun sistema di manipo-
lazione all’allestimento del veicolo tipo, regola
non rispettata da Volkswagen - viene simulata la
percorrenza del veicolo nel ciclo urbano, extraurbano eccetera, con la finalità di verificare che le
emissioni del veicolo siano conformi agli standard definiti a livello comunitario, in relazione
alla categoria Euro che si sta omologando. Dal
2017 si passerà a un nuovo ciclo di omologazione, denominato WLTP (Worldwide harmonized
Light vehicles Test Procedures), più coerente con
l’uso reale del veicolo, accompagnato da una
prova RDE, cioè una prova di circolazione atta a
verificare le reali emissioni del veicolo durante la
circolazione stradale. In tutti gli Stati membri UE,
le prove per il rilascio dell’omologazione vengono
svolte dagli uffici tecnici preposti e per l’Italia se
ne occupa la Motorizzazione civile. La messa in
circolazione dei veicoli nel mercato americano,
invece, non richiede alcuna omologazione: è
sufficiente un’autocertificazione da parte del
costruttore, a cui segue un controllo da parte
degli organismi deputati, l’EPA in particolare.
Il Dieselgate ha avuto un impatto tanto forte
Dal Dieselgate al controllo delle emissioni, dai progetti di ricerca
e sperimentazioni utili a migliorare qualitativamente e funzionalmente i test della revisione obbligatoria, per rendere ancora
più oggettive le prove svolte durante le verifiche, fino alla “targa
smart” con intelligenza interna e alle auto a guida autonoma:
dalla Motorizzazione Civile un aggiornamento puntuale su tutto
Alcune immagini della Cena di gala
sponsorizzata da Sogefi Group
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sull’opinione pubblica da spingere il Parlamento
italiano, con la Legge di Stabilità del 2016, ad
affidare al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti l’incarico di avviare una campagna straordinaria di test e verifiche, sia su veicoli nuovi sia
su veicoli circolanti Euro 6. I test riguarderanno
anche i sistemi e i componenti più importanti del
veicolo, come le ruote (pneumatico e cerchi), i
freni, i seggiolini per bambini e altri elementi. Nel
corso del 2017, pertanto, la Motorizzazione sarà
fortemente impegnata in questa campagna straordinaria di prove, con il supporto di terze parti
per l’espletamento delle prove e delle verifiche.
Per quanto riguarda le sperimentazioni che vedono impegnata la Motorizzazione, particolarmente
interessante è quella relativa ai dischi freno che
consiste nell’esame del loro spessore e della
loro efficienza attraverso dispositivi di verifica
oggettiva, anch’essi in fase di test (il controllo
avviene attraverso una misurazione laser, senza
smontare la ruota). Al termine della sperimentazione, la Motorizzazione valuterà se inserire
questa ulteriore prova nelle fasi della revisione
obbligatoria. Ciò significa che oltre alle prove
dell’efficienza frenante, durante la revisione
si potrebbe controllare anche lo spessore dei
dischi. Un altro progetto ha come oggetto un
dispositivo laser che misura lo spessore del
battistrada dei pneumatici. L’obiettivo comune di entrambe le sperimentazioni è rendere
ancora più oggettive le prove svolte durante la
revisione obbligatoria dei veicoli. A proposito di
revisione, si è parlato anche del nuovo Protocollo
38
MCTC-Net2, ormai a regime, attraverso il quale
i risultati delle prove giungono in tempo reale
al CED (Centro Elaborazione Dati). I dati sono
oggetto di monitoraggio e di processo da parte
dell’amministrazione per verificare che i centri
di revisione operino correttamente. La sperimentazione sulla “targa smart”, condotta con
l’IPZS (Istituto Poligrafico Zecca dello Stato), ha
la finalità di testare una targa dotata di “intelligenza interna” grazie alla tecnologia RFID (RadioFrequency Identification). Con la targa smart sarà
possibile il riconoscimento digitale del veicolo
tramite una app installata sui dispositivi mobili,
che consentirà alle forze dell’ordine di ottenere
informazioni essenziali durante i controlli, per
esempio sul tipo di utilizzo del mezzo, sui chilometri percorsi, sulla manutenzione effettuata,
ma anche di sapere se il veicolo è in regola con
la revisione e con la copertura assicurativa.
Dalla “targa smart” alle auto a guida autonoma,
il passaggio è immediato: le istituzioni si stanno
adeguando con sperimentazioni in ambiti chiusi,
in attesa di misure che consentano le prove in
contesti aperti alla circolazione. Inoltre, a livello
comunitario, si è in attesa di comprendere se l’eCall, che entrerà in funzione nel 2018, sarà una
piattaforma aperta o chiusa. In conclusione si è
parlato anche dei dispositivi di assistenza alla
guida, oggi di primo impianto e che si avvalgono
dell’omologazione del veicolo. A breve potrebbero arrivare anche in aftermarket. In tal caso,
in assenza di norme comunitarie specifiche per
l’omologazione aftermarket, si potrebbe ricorrere
all’omologazione nazionale, come è facoltà degli
Stati membri UE e come già avvenuto in Italia per
altri sistemi o dispositivi aftermarket.
Glocalizzazione: il mondo in Italia,
l’aftermarket italiano nel mondo
A Paolo Vasone, Coordinatore Sezione AN-
FIA Aftermarket, il compito di chiudere gli interventi della “due giorni” di Sorrento e tirarne le
somme. Un primo, eloquente feedback, lo ha trasmesso il pubblico, non solo - come sempre - numeroso, ma sempre più interessato e coinvolto,
pronto a cogliere ogni possibile segnale positivo
e di fiducia nel futuro. Alte le aspettative della
platea, tutte soddisfatte grazie agli argomenti
trattati dai relatori nei loro interventi, in grado di
tracciare un panorama a 360 gradi sullo stato
dell’arte del mercato in tema di concentrazioni e
acquisizioni. I cambiamenti ci sono stati e sono
tuttora in atto. Se tra il 2008 e il 2010, pur se
complesso, il mercato era di facile lettura, nel
periodo immediatamente successivo (dal 2011
al 2014) è iniziato il processo di trasformazione.
Un’evoluzione prodotta dalle concentrazioni e
dalle acquisizioni, dall’emergere di nuovi canali
di vendita, dai nuovi parametri di business (geografici e intersettoriali), dai nuovi attori e dai
nuovi modelli di impresa di cui si è parlato molto
durante le giornate di Sorrento. Innumerevoli gli
spunti di riflessione sugli scenari
prossimi venturi offerti dalle relazioni presentate:
dalla manutenzione
Per quanto
predittiva alla realtà
riguarda il meraumentata, dalla
cato italiano, occorre
connettività al car
difendere le nostre
sharing, dall’e-Call
eccellenze, attrialla trasformazione
buendole il giusto
digitale. Di estrema
valore
contemporaneità i temi legati al ruolo delle
assicurazioni, ai nuovi player e alle flotte, al
noleggio a lungo termine, agli ITC globali, alla
catena del valore, al fare rete e ai Big Data.
Questi solo alcuni dei tanti concetti ritrovati più
volte negli interventi proposti e che, di fatto,
rappresentano importanti segnali delle trasformazioni in atto nel mercato dell’aftermarket. Le
informazioni e i dati condivisi nei due giorni di
lavoro saranno un valido aiuto per capire cosa
dovrà aspettarsi l’aftermarket per il prossimo
futuro. Tra dubbi e certezze, emerge una sensazione comune: di sicuro una maggiore consapevolezza sui futuri scenari possibili. “Quando
pensi di avere tutte le risposte, la vita ti cambia
tutte le domande”: così, se da anni si dice che
il mercato sta cambiando, oggi è chiaro che il
mercato è cambiato! Questo è il nuovo diktat.
Ma in questo mercato ormai “cambiato” come
ci si deve muovere? Innanzitutto, per quanto
riguarda il mercato italiano, occorre difendere le
nostre eccellenze e attribuire il giusto valore a
quanto si fa sul nostro territorio. Ecco, dunque,
il concetto di “glocalizzazione”, ovvero “l’applicazione a livello locale dei prodotti o servizi
creati grazie alla globalizzazione, attraverso un
processo che mette in relazione le specificità
delle singole realtà territoriali con il contesto
internazionale. La glocalizzazione, quindi, rappresenta il tentativo di difendere l’originalità
della cultura, della produzione e delle identità
locali dal conformismo e dall’appiattimento della
globalizzazione”. Dobbiamo essere consapevoli
che nell’intera filiera dell’aftermarket in Italia
esistono professionalità e competenze che il
Paolo Vasone,
Coordinatore Sezione
ANFIA Aftermarket
mondo ci invidia e che occorre concretizzare
e trasformare in pilastro portante il concetto
di glocalizzazione e di difesa dei valori locali.
ANFIA, per esempio, già da alcuni anni ha creato
un gruppo di lavoro dedicato a far emergere i
valori locali e nazionali all’interno di un contesto
internazionale in forte cambiamento. Oggi sono
54 i membri che promuovono le attività e i principi delle singole aziende in un ambito globale.
Il protocollo di intesa siglato a fine ottobre tra
ANFIA e ADIRA è altrettanto importante e testimonia l’urgenza di valorizzare la produzione e la
distribuzione italiane. Si parte da una certezza: il
mercato italiano (fonte dati GiPA) vale 16 miliardi
di euro. Un dato importante e da salvaguardare,
perché coinvolge tutte le aziende di produzione,
tutti i componentisti e tutta la filiera, in rapido
cambiamento. Serve quindi un nuovo approccio
da parte di tutti e un nuovo spirito, per esplorare
i nuovi mondi che sono stati delineati nel corso
di questi giorni di studio. Servono coraggio e
ottimismo, perché i prossimi anni non saranno
facili e non mancheranno le sfide. Per vincerle,
è fondamentale fare sistema, fare rete e fare in
modo che la grande famiglia dell’aftermarket
lavori sempre insieme e bene.
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