sangue di drago

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sangue di drago
I.P.S.I.A. “GIORGI”
Lucca
RACCONTI
FANTASTICI:
FANTASTICI
RACCONTI
CONCORSO LETTERARIO
Edizione 2009
1
3° classificato
SANGUE DI DRAGO
di Daniele Cambi
(1OMA)
Hartur era un folletto come tanti altri, dalla pelle verde acceso e con due orecchie a
punta molto buffe. Viveva nel paese di Greenriver, dove la fonte principale di vita era la
vendita delle erbe medicinali raccolte nella zona.
Hartur sognava di viaggiare un giorno in paesi lontani per vendere quelle preziose
merci, ma per il momento era ancora troppo piccolo.
Era orfano, e l’unico membro della famiglia che gli fosse rimasto era il suo vecchio
nonno Iork.
Egli spiegava al nipote tutto ciò che era necessario sapere per fare il mercante di erbe
medicinali, dato che in tempi lontani anche lui aveva praticato questo lavoro.
Purtroppo un giorno il nonno di Hartur si ammalò. Tutti i medici del villaggio lo visitarono
e dissero che era grave; l’unico modo per salvarlo era andare nel pericoloso Paese dei
Draghi e prendere il sangue del loro capo: il Drago d’Oro.
Hartur non sapeva cosa fare, ma vedendo il nonno stare così male, decise che sarebbe
andato lui stesso nel Paese dei Draghi.
Prima di partire andò a chiedere il permesso agli anziani del villaggio, che gli
consegnarono un medaglione che gli avrebbe indicato la strada.
Hartur partì
immediatamente, prendendo solo una sacca con qualche provvista, sapendo che lungo
la strada avrebbe comunque trovato dei frutti commestibili.
I folletti compiono la maggior parte dei loro viaggi a piedi, ma quando si tratta di rotte
lontane, come quella che doveva intraprendere Hartur, utilizzano un particolare mezzo:
le farfalle.
Il nonno Iork ne aveva regalata una al nipote circa due mesi prima, si chiamava Hely.
Hartur saltò in groppa alla sua farfalla e assieme partirono.
Per arrivare alla terra dei Draghi dovevano oltrepassare tre ostacoli. Il primo era la
Terra dei Solitari, dove vivevano i folletti esiliati e lì confinati.
Non fu difficile sorpassarlo, perché Hely volava in alto ed era impossibile vedere lei ed
Hartur.
Il secondo ostacolo consisteva nel superare un cancello d’oro: sembrava la prova più
semplice, ma invece si rivelò molto complessa.
Il cancello non si poteva oltrepassare in volo, perché c’era una barriera magica
altissima e l’unico passaggio era un portone sorvegliato da due elfi.
Hartur chiese loro di poter passare, ma gli elfi risposero che il cancello si poteva aprire
solo se risolveva il seguente indovinello:
“questa cosa ogni cosa divora,
ciò che ha vita, la fauna e la flora,
i Re abbatte e così le città,
rode il ferro, la calce già dura,
e dei monti pianure farà’’
Hartur era disperato perché nonostante si sforzasse, non riusciva a risolvere il
rompicapo.
Si sedette per riflettere e guardò il cielo: una nube oscura e carica di pioggia stava
coprendo il sole
Infuriato esclamò: “Ora arriva anche il brutto tempo!”.
Sgranò gli occhi; quella parola, “tempo”, risolveva tutti i quesiti che l’indovinello poneva:
era riuscito a risolverlo!
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Si girò e vide che i due elfi erano spariti ed il portone era aperto: senza aspettare un
secondo di più saltò in groppa ad Hely ed attraversò il cancello.
Rimaneva solo l’ultimo ostacolo.
Quando giunse nel luogo in cui doveva superare la prova capì subito di cosa si trattava:
un labirinto.
All’entrata c’erano altri due elfi che, senza dire una parola, presero Hely e la
condussero per un passaggio che si richiuse subito alle loro spalle.
Hartur non li fermò, aveva capito che doveva andare da solo.
Appena entrato, anche la porta che aveva appena passato si richiuse alle sue spalle
con un cigolio sinistro.
Svoltò l’angolo e vide qualcosa per terra: era una tomba e sulla lapide c’era il nome di
suo nonno! Un senso di terrore invase il corpo di Hartur, che cambiò subito direzione,
ma un’altra immagine stava apparendo davanti ai suoi occhi: stavolta rappresentava lui,
tutto insanguinato e stretto nelle zampe del Drago d’Oro.
Hartur fu preso dal panico e si mise a correre senza sapere dove stesse andando.
Si fermò e chiuse gli occhi, pensando a come fare per uscire da lì. D’un tratto si ricordò
del medaglione che gli avevano dato gli anziani del villaggio e gli venne un’idea: strappò
un pezzo di tela dalla sua maglietta e si bendò gli occhi.
Dato che il medaglione, quando lo guidava, prendeva la forma di una freccia che poteva
andare verso destra, verso sinistra o dritto, ad Hartur bastava toccarla per sapere dove
andare.
In più, avendo gli occhi bendati, non vedeva le immagini che rappresentavano le sue
paure.
Nonostante cadesse molte volte inciampando o andando a sbattere, finalmente sentì
che la pietra si scaldava: voleva dire che era vicino all’uscita.
Finalmente sentì i caldi raggi del sole sulla pelle: si scoprì gli occhi e vide che era fuori
dal
labirinto.
Notò che in più punti si era tagliato a causa delle molteplici cadute e così si medicò con
il particolare nettare del Fiore del Paradiso.
Vide inoltre che a pochi passi c’era Hely ad aspettarlo: Arthur saltò in groppa alla sua
farfalla ed insieme partirono per il pericoloso Paese dei Draghi.
Sorvolando il luogo in cui vivevano i draghi, Hartur si accorse che non c’era un filo
d’erba: la terra era brulla e arida, non c’era altro che una pozza d’acqua fangosa,
mentre a Greenriver scorreva un fiume dalle acque cristalline.
Atterrarono davanti alla caverna indicata dal medaglione ed Hartur vide una bestia
immensa dalle scaglie dorate: il Drago d’Oro.
Stava dormendo e per un folletto era un’occasione perfetta per ucciderlo, ma Hartur non
lo fece: come poteva uccidere un essere così bello?
Nonostante sapesse che era pericoloso, decise che avrebbe fatto un piccolo taglio nella
zampa del drago e dopo aver raccolto qualche goccia di sangue, sarebbe fuggito con
Hely.
Hartur poco dopo si trovò a volare, con il Drago alle calcagna, il vento che gli fischiava
nelle orecchie, nelle mani la preziosa boccetta contenente il sangue del drago.
Non era difficile scappare, perché sapeva che una volta attraversato il confine, i draghi
non potevano spingersi oltre grazie ad una barriera di protezione.
Arrivò finalmente a Greenriver e corse alla sua capanna, dove trovò il nonno ancora in
vita, anche se stava malissimo.
I dottori gli fecero bere il sangue del Drago d’Oro e dopo qualche minuto Iork era in
piedi ed abbracciava il suo coraggioso nipote.
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