Intervento Lucrezia Ungaro

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Intervento Lucrezia Ungaro
Marmi colorati, marmi dipinti tra illusione e realtà
Il variegato dibattito sul tema dei marmi dipinti e la prosecuzione dello studio delle lastre dipinte
dal Foro di Augusto, mi danno l’occasione per tornare su questo affascinante e, al tempo stesso,
insidioso argomento: il colore applicato alle superfici lapidee in architettura e scultura.
Gli studi tuttora in corso stanno prendendo in esame alcune centinaia di frammenti marmorei
provenienti dagli edifici del complesso augusteo, permettendo di fare considerazioni di carattere
generale sulla genesi e sull’evoluzione della cultura artistica in quell’epoca, che si concretizzano
nello specifico, grandioso cantiere del Foro.
La cultura augustea coagula elementi della tradizione greco-ellenistica, macedone ed alessandrina:
le suggestioni e i motivi decorativi, le soluzioni architettoniche e il dispiegamento degli apparati
scultorei, tutto può in qualche modo riferirsi ai molteplici modelli conosciuti, visitati ed apprezzati
da Ottaviano in quelle terre di conquista. Nello stesso tempo, esiste una tradizione etrusco-italica e
repubblicana che pure è presente. Cosa cambia quindi nella “nuova” cultura artistica romana? La
forza dell’ideologia da trasmettere al “pubblico” contemporaneo attraverso la comunicazione
dell’opera d’arte.
Cosa cambia realmente nell’impiego del colore ed è possibile ricostruire l’effetto visivo di insieme
reale? In che modo il Foro di Augusto diviene “modello” nell’uso del colore?
Allo stato attuale delle conoscenze sappiamo che nel Foro, come nel precedente tempio di Apollo
Sosiano e nella contigua Basilica Emilia, vengono introdotti marmi colorati quali testimonianze
concrete e materiche dell’espansione militare e politica nelle terre del Mediterraneo e della
penetrazione nel sistema di estrazione e approvvigionamento dei marmi nelle cave ancora per
poco in mani private. Nella Basilica Emilia agli ordini architettonici in marmi colorati, si aggiungono
le statue di “barbari” con capigliature giustapposte e colorate. Nel Foro un’intera parete marmorea
viene dipinta per creare un effetto illusionistico, mentre le parti “bianche” degli ordini architettonici
vengono dipinte. Nel Tempio di Marte Ultore si sta delineando la decorazione delle specchiature
delle pareti laterali di fondo attraverso marmi colorati dalle sfumature policrome delicate, mentre i
fusti degli ordini architettonici dovevano essere in marmi colorati ma alternati. Tutto concorre
quindi a ricomporre un sistema coloristico raffinato, che deve suggerire cautela nella odierna
lettura: ovviamente per le dipinture immaginiamo i colori di base, ma come effettivamente
venivano applicati e resi nella “presentazione finale” delle superfici e quanto venivano armonizzati i
marmi dipinti con i marmi colorati? In altre parole, riteniamo indispensabile una maggiore
attenzione e magari anche dei tentativi di restituzioni con l’ausilio di restauratori, decoratori, pittori
che possano aiutarci a percepire una visione di insieme e non la sola giustapposizione di cromie.
In altro contesto, nella prolifica regione ispanica ed in particolare a Cartagena, sono in corso
importanti studi che paiono voler superare il concetto di semplice imitazione dei marmi colorati
attraverso la stesura del colore su pietre locali. Piuttosto pare che sia adottato anche in quel
contesto il criterio del colore applicato sugli elementi architettonici e non in funzione di imitazione
del marmo colorato ma proprio in funzione coloristico-decorativa in analogia al Foro di Augusto.
Si accresce quindi il valore ideologico del “modello” augusteo, trasposto in contesti diversi e con
modalità diverse, ma senza perdere il senso della sua funzione di propaganda politica del nuovo
corso, dalla capitale alle province.
Lucrezia Ungaro
Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma