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Relazioni sistemiche tra imprenditorialità interna
e gemmazione d’impresa: una ricerca empirica
sulla natura cognitiva delle nuove imprese*
VINCENZO MAGGIONI∗∗ MANLIO DEL GIUDICE***
Abstract
La gestione della conoscenza è sempre più considerata una delle principali fonti di
vantaggio competitivo per le imprese. La letteratura manageriale ha dimostrato in più
occasioni come tale vantaggio competitivo derivi dalla capacità delle imprese di migliorare
la circolazione della conoscenza all’interno della propria struttura sistemica. Si dimostra
dunque vitale un atteggiamento dell’organo di governo teso ad incentivare la flessibilità
organizzativa e la capacità di adattamento al cambiamento, attraverso la diffusione di una
cultura imprenditoriale basata sulla condivisione delle conoscenze a tutti i livelli
dell’impresa stessa. Ma se un tale atteggiamento ha dei risvolti positivi perché consente
l’aumento potenziale del grado generale di risonanza sub-sistemica, d’altro canto esso può
stimolare comportamenti destabilizzanti in seno al sistema d’impresa, come nel caso di
potenziali processi di spin off ostile. Il presente studio verifica empiricamente le relazioni tra
l’accumulazione di conoscenze firm specific e le gemmazioni imprenditoriali; indagando, del
resto l’idoneità dei processi di spin off a trasferire all’esterno dell’impresa madre, in modo
spontaneo o indotto, modelli comportamentali taciti, simili alle routine, ma più complessi e
raffinati di queste: gli script.
Parole chiave: script cognitivi, routine organizzative, condivisione di conoscenza,
trasferimento di conoscenza, spin off
The management of knowledge is increasingly considered as a main source of competitive
advantage for corporations. It is argued that companies enjoy a competitive advantage if they
know how to expand, disseminate and exploit organizational knowledge internally. Moreover,
*
∗∗
***
Il presente lavoro, frutto di uno sforzo comune dei due coautori, si articola in otto
paragrafi; di questi i § 1, 2 e 3 sono da attribuirsi a Vincenzo Maggioni, mentre i § 4, 5, 6
e 7 a Manlio Del Giudice.
Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese - Seconda Università degli Studi di
Napoli
e-mail: [email protected]
Professore a contratto e Dottore di Ricerca in Marketing e Gestione delle Imprese Seconda Università degli Studi di Napoli
e-mail: [email protected]
sinergie n. 71/06
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IMPRENDITORIALITÀ INTERNA E GEMMAZIONE D’IMPRESA
to achieve those goals the executive body is required to encourage knowledge sharing,
flexibility, and adaptation to change, by spreading the entrepreneurial learning throughout
all the levels of the organization. Although this attitude has positive results as it favours a
better circulation of know-how within the company, on the other hand it may also generate
upsetting behaviours leading to hostile spin off processes, as a result of the employees’
stratification of tacit knowledge and of cognitive maps. Then, this study assumes and
empirically tests the possible relationships between firm specific knowledge stratification and
corporate spin offs. By the way, spin off is assumed to be an adequate instrument for the
spontaneous or induced transfer outside the parent company of tacit behavioural models,
apparently similar to organizational routines, but as a matter of fact much more complex and
refined: the cognitive scripts.
Key words: cognitive scripts, organizational routines, knowledge sharing, knowledge
transfer, spin off
1. L’evoluzione del sistema d’impresa all’alba della società della
conoscenza
L’uomo ha in ogni epoca indagato sé stesso ed il mondo circostante,
concentrandosi sullo studio di diadi affascinanti: razionalità ed emotività, corpo ed
anima, materiale ed immateriale. Antitetici dualismi affondanti le proprie radici in
quell’humus culturale che, partendo dall’antica Grecia ed attraversando tutto il
pensiero occidentale, individua nella conoscenza una sua matrice comune.
Interpretandola a volte come mero frutto della mente, altre come prodotto
immateriale dell’esperienza sensibile.
Così, a partire da Platone fino ad arrivare ai nostri giorni, la conoscenza è
diventata oggetto di studio per intellettuali di ogni settore disciplinare (Quine, 1960;
Vygotsky, 1962; Merleau-Ponty, 1964). Tra costoro, gli studiosi di economia
d’impresa ne hanno progressivamente compreso l’importanza, analizzandone il
ruolo nei processi di gestione e di creazione d’impresa (Ceccanti, 1996; Golinelli
2000; Maggioni, 2000; Sciarelli, 2004). Vedendo in essa, inizialmente, una delle
tante risorse potenzialmente utilizzabili da un’organizzazione; ed interpretandola, in
tempi più recenti, come la risorsa immateriale per eccellenza, non più trattenibile
all’interno delle singole unità produttive e gestibile in maniera gerarchica, ma da
condividere necessariamente a tutti i livelli del sistema d’impresa (Vicari, 1991;
Noteboom, 2004; Rullani, 2004a, 2004b).
La crescente attenzione per tale complessa tematica da parte degli economisti
d’impresa e degli studiosi di management è stata, del resto, diretta conseguenza dei
dinamici cambiamenti della società industriale (Rullani, 1998; Baccarani, 2003). Nel
passaggio da un’economia industriale, in cui la sostanziale scarsità faceva sì che la
sola offerta dominasse il mercato con pochi stimoli a ricercare il cambiamento, ad
un’economia avversa a posizioni monopolistiche, tipica della nostra epoca dominata
dal caos organizzativo, dalla complessità e dal dinamismo delle posizioni
competitive, il punto di contatto è stato immediatamente individuato proprio nella
conoscenza, come prodromo principale dell’innovazione (Levitt, March, 1988;
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Kogut, Zander, 1992; Leonard-Barton, 1995; Tidd, Bessant, Pavitt, 1999). E difatti,
già a partire dalla rivoluzione industriale, il patrimonio cognitivo aziendale è assurto
al ruolo di elemento cardine del portafoglio di risorse a disposizione di un’impresa
per lo svolgimento dei propri processi.
Ciò che, però, negli ultimi decenni, è realmente evoluto nel modo in cui gli
studiosi percepiscono tale immateriale, sono le modalità con cui la conoscenza
permea la vita di un’impresa e degli individui in essa impegnati. Nel passaggio
dall’impresa taylorista all’impresa protagonista di quella che Drucker ha definito
“società della conoscenza”, il punto di svolta sembra essere stato proprio il
differente ruolo assegnato dall’imprenditore alle risorse cognitive (Drucker, 1993).
In quest’ottica la crescente complessità ambientale e la continua evoluzione delle
relazioni tra le forze competitive hanno progressivamente spinto le imprese ad una
finalizzazione sempre più marcata delle risorse cognitive verso i lidi della flessibilità
organizzativa e strutturale (Mazzoni, 2002; Baccarani, Brunetti, 2003; Baccarani,
2005). La necessità di ridurre gli intervalli temporali di risposta agli stimoli esterni
ed il susseguente aumento d’ingerenza del fattore tempo nel processo decisionale e
nelle scelte d’impresa hanno, di conseguenza, rapidamente agevolato, in tempi
recenti, una necessaria traduzione di autonomia decisionale dall’organo di governo
alle componenti della struttura operativa (Golinelli, 2000). Naturalmente, questo ha
reso parimenti necessaria una più profonda condivisione della conoscenza a tutti i
livelli dell’impresa. Si è, quindi, dimostrato vitale, in un ambiente dominato da
complessità, ambiguità e varietà, un atteggiamento dell’organo di governo teso a
garantire un grado complessivamente soddisfacente di “risonanza” aziendale tra le
componenti della struttura operativa del sistema d’impresa, migliorando la
circolazione dei flussi di conoscenza (Golinelli, 2000; Maggioni, 2000). L’efficacia
sistemica dell’impresa post-moderna risulta, infatti, oggi profondamente influenzata
dalla tipologia delle relazioni che si instaurano tra l’organo di governo e la struttura
operativa. Se, da una parte, la complessità e la pressione competitiva dei moderni
mercati ha spinto il primo a recepire in modo più sensibile gli input provenienti dalla
struttura sub-sistemica, d’altro canto la stessa variabilità delle dinamiche
competitive ha indotto quest’ultima ad assurgere a maggiori gradi di autonomia,
qualificando le sue componenti come sub-sistemi vitali, caratterizzati da centri
decisionali interrelati e da una forte vocazione all’imprenditorialità interna
(Sorrentino, 1996; Mustilli, 1999).
2. La natura cognitiva dell’impresa post-moderna: una literature review
Andando a ritroso negli studi di economia d’impresa, già nell’approccio paleoschumpeteriano il processo che porta alla condivisione della conoscenza sembra
assolutamente centrale per il sistema aziendale (Schumpeter, 1977). La conoscenza è
strettamente legata alla comprensione, all’elaborazione ed all’assimilazione di
informazioni e numerosi processi di gestione sono connotati da una forte dimensione
cognitiva (Maggioni, 1983). Su tale scia di pensiero, Rosemberg (1982) propone una
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struttura evolutiva della conoscenza, valida separatamente sia per il sistema
economico che per quello tecnico-scientifico, come antecedente della capacità di
innovazione di ogni impresa. Per Rosemberg, il processo di accumulazione di
conoscenze è strettamente legato al contesto applicativo ed è comunque “specifico”
di ogni impresa (firm specific). Del resto, ogni organizzazione ha una sua specifica
capacità di assorbimento e di utilizzo delle conoscenze, per cui la stessa diffusione
di tali conoscenze tra le funzioni della struttura operativa non è affatto un processo
automatico, ma complesso, a maggior ragione qualora queste non siano codificabili
in quanto tacite.
La conoscenza è, dunque, connotata da una dimensione contestuale all’impresa
(conoscenza situata) e da una dimensione cumulativa, in quanto le imprese stesse
sono guidate nel loro agire dalle conoscenze pregresse; le quali, a loro volta, sono
accresciute dalla ricerca di una relazione dinamica (Cohen, Levinthal, 1990).
Ceteris paribus, le conoscenze presenti nell’impresa sono considerate i principali
fattori produttivi delle potenziali conoscenze acquisibili in futuro (Antonelli, 1982).
A questo tipo di impostazione è senza dubbio collegata la teoria evolutiva del
cambiamento economico, che muove i suoi primi passi dall’omonimo lavoro di
Nelson e Winter del 1982. Per gli Autori, la dinamica economica è interpretata come
un processo evolutivo guidato, da un lato, da percorsi di apprendimento e di
costruzione di nuove conoscenze; dall’altro, da meccanismi che governano
l’economia, la politica e le istituzioni in generale (Malerba, 2000). Nel pensiero di
Nelson e Winter, l’impresa risulta caratterizzata da due capacità fondamentali:
produrre (nel senso tecnico del termine) ed accumulare conoscenze (Nelson, Winter,
1982).
Relativamente alla capacità di produrre, l’impresa tende ad utilizzare una
memoria organizzativa che implica la capacità di rispondere automaticamente
seguendo delle routine (Hodgson, 2004).
Per quanto riguarda, invece, la capacità di accumulare conoscenze, l’impresa è
caratterizzata da un bagaglio di conoscenze accumulato con il tempo e con le
esperienze: il know how. In quest’ottica, le risorse umane aziendali possono svolgere
nuove attività con l’ausilio delle proprie conoscenze, nonché generare nuove
conoscenze. Ma se, da un lato, Nelson e Winter riconoscono che le abilità
individuali sono decisive per i processi di creazione, accumulazione ed applicazione
della conoscenza alla tecnica, dall’altro essi vanno al di là delle capacità del singolo
individuo, considerando che l’impresa di successo è quella che riesce ad
implementare le abilità dei singoli in routine organizzative, proprie dell’impresa in
toto. Il leit motiv della teoria evolutiva, dunque, è che la conoscenza assume una
connotazione contestuale laddove l’apprendimento avvenga sia all’interno
dell’impresa che al suo esterno, generando - così - una connessione inscindibile tra
contesto e conoscenza che dà il senso ultimo del parallelismo tra questa teoria e
quella dell’evoluzione biologica.
La letteratura manageriale, a partire degli anni ’90, ha proseguito il dibattito sulla
conoscenza individuando in essa quella capacità del cervello umano di interpretare,
contestualizzare e mettere in relazione con cognizioni pregresse il cumulo di
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informazioni che lo “investe” (Nonaka, Takeuchi, 1995; Noteboom, 2000; Lazaric,
Lorenz, 2003). Anche in questi studi l’individuo possessore di una conoscenza è
detentore di una capacità per così dire generativa, perché, grazie alle proprie abilità
cognitive e di apprendimento, ogni individuo può sviluppare, a partire da questa,
altra conoscenza. Questo, altresì, significa che la conoscenza, come insieme di
informazioni contestualizzate, costituisce il background che permette i processi
decisionali, siano essi individuali o collettivi. S’inseriscono così in tale dibattito
Nonaka e Takeuchi che, sulla scia degli studi di Michael Polanyi (1966), operano
una distinzione tra diversi tipi di conoscenza, distinguendo tra conoscenza implicita
(o tacita) e conoscenza esplicita.
La prima, accomunata dai due Autori a quella di impostazione orientale, fa
riferimento ai modelli mentali, alle intuizioni, alle esperienze ed alle capacità insite
nella mente di ogni individuo, a ciò che è individuale, soggettivo ed empirico
(esperienziale) (Inumaru, 2001) ed è, pertanto, data la sua natura, “highly personal
and hard to formalize, making it difficult to communicate or to share with others”
(Nonaka, Takeuchi, 1995). A sua volta, la conoscenza tacita può essere suddivisa in
conoscenza professionale (legata al know-how ed alle competenze specifiche non
formalizzate, complesse da cogliere e descrivere) e conoscenza soggettiva (relativa
cioè alle percezioni individuali, agli schemi mentali e alle convinzioni personali).
Quest’ultima riflette sia la rappresentazione della realtà dell’individuo (ciò che è),
che la sua visione del futuro (ciò che vorrebbe essere), influenzandone così la
percezione di ciò che lo circonda. Ad ogni modo, entrambe le tipologie determinano
ogni azione e/o comportamento quotidiano degli individui che ne sono latori. Questi
ultimi sono consapevoli di parte della propria conoscenza tacita, per cui possono
decidere se esplicitarla o meno; ma restano del tutto inconsapevoli della maggior
parte di essa (Wuyts et al., 2005; Noteboom, 2005).
La conoscenza esplicita, che invece è accomunata dai due Autori alla cultura
occidentale, è articolata in regole e procedure, e si riferisce a ciò che è sociale,
oggettivo e teorico; per tale sua natura, può essere facilmente trasmessa in quanto
rappresentabile attraverso modelli formali su supporti cartacei od elettronici. Essa
ha, quindi, la forma del linguaggio, della parola affidata ad un supporto, qualunque
esso sia, ed assume così le vesti che l’esperienza quotidiana richiama alla memoria.
Nonaka e Takeuchi pongono l’accento proprio sulla dimensione relazionale della
conoscenza che, quindi, va ad alimentarsi ed a generarsi laddove gli individui
cooperino per condividere ed accrescere le proprie conoscenze. Di conseguenza
l’organizzazione deve perseguire l’obiettivo di fornire quel contesto necessario
affinché tale processo possa avere atto.
Al riguardo recentemente Cowan, David e Foray (2000) hanno delineato una
nuova classificazione della conoscenza, riprendendo la terminologia utilizzata da
Polanyi nel 1958: conoscenza articolata od inarticolata. Il primo tipo di conoscenza
è quella, appunto, delineata da Polanyi nel 1958 e riconducibile al concetto di
conoscenza codificata. Essa si riferisce ad un determinato gruppo che condivide già
un codice in un contesto di riferimento. La conoscenza inarticolata, invece, è quella
che costituisce il leit motiv della stessa produzione di conoscenza ed a cui ognuno
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quotidianamente fa riferimento, ma in maniera implicita. Questo tipo di conoscenza,
dunque, comprende sia la conoscenza tacita tout court (così come delineata da
Polanyi), sia quella conoscenza inarticolata che ha un displaced codebook (i.e. un
certo tipo di codice), il quale perciò resta non manifesto. In definitiva, è il tipo di
conoscenza a cui Nelson e Winter fanno riferimento nella loro teoria evolutiva, il cui
apprendimento avviene non tanto grazie all’utilizzo di manuali, ma - soprattutto grazie al learning by doing (Arrow, 1962) ed al meccanismo imitativo (Nelson,
Winter, 1982).
3. Routine organizzative e script cognitivi: un modello di riproduzione
della mappa cognitiva nei processi di gemmazione imprenditoriale
Le teorie passate in rassegna rappresentano i presupposti teorici del presente
studio. Matrice comune a tutte è l’attribuire un rilevante peso all’inerzia
organizzativa ed alla conseguente importanza dell’esperienza passata, alla lentezza
ed alla difficoltà di comunicazione e di condivisione nell’impresa della conoscenza
tacita. Come accennato, quest’ultima viene acquisita dall’individuo con la pratica e
tende a costituire la componente principale delle skill individuali mobilitate dalle
routine organizzative (Nelson, Winter, 1982; Cohen, 1991; Cohen, Bacdayan, 1996;
Becker, 2003; Noteboom, Bogenrieder, 2003; Bogenrieder, Nooteboom, 2004;
Noteboom, 2005).
Nell’era della complessità, stante l’obiettivo dell’organo di governo di aumentare
il generale grado di “risonanza” sistemica agevolando la circolazione dei flussi
interni di conoscenza e stimolandone la condivisione a tutti i livelli della struttura
operativa, emergono spesso spontaneamente, nell’impresa, modelli comportamentali
basati su conoscenze tacite e condivise, legati a routine organizzative (JohnsonLaird, 1983; Bogenrieder, Nooteboom, 2004; Hodgson, 2004). La sequenzialità
delle azioni in un determinato lavoro, la personalizzazione nell’interpretazione del
proprio ruolo, il modo di interagire dell’individuo con l’ambiente circostante e di
riuscire “meglio degli altri” nel proprio lavoro, hanno tutte un comune denominatore
di conoscenza tacita.
Ma se, da una parte, l’atteggiamento dell’organo di governo che stimoli la
condivisione della conoscenza tra le strutture sub-sistemiche ha dei risvolti positivi
perché agevola la risonanza e la formazione del seme dell’internal venturing, d’altro
canto quanto più le conoscenze oggetto di condivisione sono critiche per il successo
dell’impresa stessa, tanto più la loro sedimentazione negli individui che ne sono
latori può stimolare comportamenti destabilizzanti, come accade nel caso dei
processi di spin off1 ostile (Maggioni, Del Giudice, 2004; Dell’Anno, Del Giudice,
1
La creazione d’impresa, come processo genetico che origina all’interno di altre
organizzazioni (imprese, università, centri di ricerca) già esistenti, è identificata come
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2004). Processi idealmente attivati in parte, come dimostra la presente ricerca,
proprio dall’accumulazione di conoscenze tacite e di tratti della mappa cognitiva.
Partendo, allora, dal presupposto che la conoscenza, una volta sufficientemente
sedimentata negli individui che la posseggono, può “fuoriuscire” dal sistema
d’impresa, il presente studio ipotizza anzitutto che lo spin off sia uno strumento
idoneo:
a)
al trasferimento di conoscenze tacite critiche, firm specific, da un’impresa
madre ad una figlia, tentando di superare il problema segnalato in letteratura
delle barriere alla comunicabilità ed alla contestualizzazione delle conoscenze
tacite (Nelson, Winter, 1982; Nonaka, Takeuchi, 1995);
b) alla riproduzione della mappa cognitiva di un’impresa madre in una figlia, nel
tentativo di clonarne il successo della formula imprenditoriale.
Il modello proposto riconosce, dunque, implicitamente una natura fortemente
cognitiva alle nuove imprese nate per gemmazione. Del resto i modelli
comportamentali taciti oggetto del trasferimento, pur essendo simili alle routine
organizzative di Nelson e Winter, sono in realtà più complessi e raffinati di esse.
Tale presupposto rappresenta la seconda innovazione proposta dal presente lavoro
rispetto alla letteratura manageriale. I modelli individuati evolvono, infatti, in
maniera più dinamica e repentina rispetto alle routine. Sono notevolmente più
complessi ed hanno una base fortissima di conoscenza tacita: sono, infatti, degli
script cognitivi.
Lo script è presentato dagli studi di psicologia cognitiva come una struttura di
memoria che rappresenta conoscenza stereotipica relativa a sequenze di azioni
(Gioia, Poole, 1984; Gioia, Manz, 1985). A differenza delle categorie,
rappresentazioni definitorie e quindi statiche, gli script sono rappresentazioni
dinamiche di sequenze di comportamenti connessi ad un particolare contesto
(Abelson, 1976; Schank, Abelson, 1977). In quest’accezione sembrerebbero
accostarsi molto alle routine di Nelson e Winter: in realtà, tuttavia, gli script
possiedono un maggior grado di specificità e di dinamismo ed hanno per oggetto
micro-comportamenti o micro-eventi.
La letteratura manageriale ha mostrato in più occasioni l’importanza dello studio
degli script (Schank, Abelson, 1977; Woofford, 1994; Maggioni, Del Giudice, 2004;
Dell’Anno, Van der Sijde, Del Giudice, 2006). Per comprendere al meglio come la
visione script based combaci con il modello proposto, è necessario riflettere sul fatto
che gli script hanno origine dall’osservazione e dall’analisi di un fenomeno sociale
ancor prima che imprenditoriale: condividere la conoscenza, in gran parte tacita, di
azioni stereotipiche con altri individui, generando nuova conoscenza (Maggioni, Del
spin off. La matrice di tale processo è eminentemente imprenditoriale e non finanziaria
e/o di mercato (Dell’Anno, Del Giudice, 2004).
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Giudice, 2004)2. Del resto la letteratura è sempre stata comunemente d’accordo sul
fatto che la teoria degli script sostiene la necessità e l’importanza della ripetitività
degli schemi acquisiti (Gioia, Poole, 1984; Gioia, Manz, 1985; Tansik, Smith, 1991;
Woofford, 1994): la ripetizione e la progressiva personalizzazione ad opera del
dipendente di azioni stereotipiche consente ad uno script di diventare un
comportamento abituale, in grado di semplificare e ridurre lo sforzo cognitivo
dell’individuo nell’attivazione del processo latente allo script (Tansik, Smith, 1991).
Numerosi processi vitali alla base della formula imprenditoriale dell’impresa postmoderna devono il proprio funzionamento a script cognitivi: spesso il successo di
un’iniziativa imprenditoriale deriva dal fatto che l’iniziativa stessa si fonda in buona
parte su fattori critici fortemente firm specific. I quali hanno alla base proprio gli
script degli individui operanti nelle varie funzioni dell’impresa stessa (in questa
accezione l’emersione di una serie di script “vincenti” agevolerebbe il successo di
un’impresa dotandola di fattori chiave latori di vantaggio competitivo). La natura
fortemente tacita delle conoscenze latenti vedrebbe, dunque, nella definizione dello
script cognitivo da parte dell’individuo la sua parziale codificazione.
Il processo di generazione degli script è, d’altronde, fortemente autopoietico.
Come accennato, l’emersione e l’evoluzione di script cognitivi espressivi di
conoscenze tacite vitali, è agevolata dall’orientamento delle imprese a progettare la
struttura organizzativa in modo da far leva su un’efficiente circolazione della
conoscenza a tutti i livelli aziendali. L’organo di governo, incentivando la risonanza
sistemica, agevolerà al contempo la formazione di script cognitivi critici (i.e.
sintetizzanti processi vitali per l’impresa madre). Alla base del processo è posto un
forte orientamento all’internal customership.
La tematica, affrontata negli studi dei primi anni ’90 dalla letteratura
statunitense, aiuta a comprendere come l’imprenditore tenti di stimolare nel
management il riconoscimento di “clienti interni”, al fine di amplificare il grado di
coesione generale della struttura organizzativa (Mohr-Jackson, 1991; Kohli,
Jaworski, 1990).
Seguendo quest’approccio, le componenti sistemiche con un maggiore grado di
conoscenza devono riconoscere le componenti con un livello di conoscenza meno
consolidato come internal knowledge customer (Groonros, 1981; Lukas, Maignan,
1996).
Conseguentemente, l’organo di governo, nel tentativo di stimolare lo spirito di
gruppo e di agevolare la circolazione della conoscenza a tutti i livelli sub-sistemici
dell’impresa, perseguirà la finalità di incentivare la condivisione ed il trasferimento
delle conoscenze all’interno della struttura operativa attraverso processi di cross
2
Tale fenomeno sociale è a sua volta sfruttato dalla mente per semplificare il
ragionamento in tutte le situazioni che siano parte di esso. In ognuna di quelle situazioni
la mente non ha bisogno di compiere i complessi ragionamenti logici che sarebbero
teoricamente necessari, ma si limita semplicemente a eseguire il corrispondente script
(Schank, Abelson, 1977; Woofford, 1994).
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fertilisation3. In questa accezione sembra, dunque, mutato progressivamente negli
anni il ruolo dell’organo di governo: da demiurgo, nell’impresa shumpeteriana, a
coordinatore di relazioni inter-sistemiche, sostenitore di variegate e raffinate forme
di internal venturing, nell’impresa post-moderna.
Ma, come anticipato in precedenza, la creazione all’interno dell’impresa di un
contesto favorevole alla condivisione della conoscenza, alla flessibilità ed al
cambiamento, in cui lo spirito imprenditoriale sia condiviso a tutti i livelli
organizzativi, può facilitare l’emersione indotta (i.e. sotto controllo dell’impresa
madre) o spontanea (i.e. incontrollabile) di manager che aspirino a diventare
imprenditori per sfruttare le conoscenze acquisite ed avviarsi su un percorso
autonomo di imprenditorialità.
In definitiva, riconsiderando l’ipotesi, formulata in origine, di idoneità dei
processi di spin off a fungere da vettore per il trasferimento di conoscenze tacite firm
specific, ricomprese in script costituenti la mappa cognitiva dell’impresa madre, la
tendenza dell’imprenditore a strutturare l’organizzazione come una perfetta learning
organisation, basata su una pressoché totale condivisione delle conoscenze,
potrebbe creare i presupposti per trasferire alternativamente:
a)
volontariamente script cognitivi critici ad imprese figlie nate per gemmazione,
“clonando” così la mappa cognitiva dell’impresa madre e riproducendola nella
figlia per ottenere risultati simili in termini di competitività e di successo;
b) involontariamente gli stessi script cognitivi ai dipendenti che li usano
quotidianamente per attivare le funzioni d’impresa, ma che, una volta acquisiti e
personalizzati, potrebbero trasformarsi in promotori di imprese spin off,
potenziali competitor dell’impresa madre.
Nel primo caso, le motivazioni che potrebbero spingere un’impresa madre a
trasferire tracce della mappa cognitiva ad imprese spin off sono state approfondite in
più occasioni dalla letteratura manageriale; di sicuro, l’opportunità di creare un
“quasi-mercato”, di offrire uno sbocco “controllato” a potenzialità poco espresse
nella propria impresa e di ricreare in un’impresa figlia la struttura cognitiva ed
organizzativa di successo della madre, sembrano rappresentare le situazioni di studio
più diffuse (Dubini, 1991; Schillaci, 1992; Lipparini, Lorenzoni, 2000; Maggioni,
2000; Sorrentino, 2003).
Nel secondo caso, invece, più che di un knowledge transfer, sarebbe più corretto
parlare di una “fuga” di competenze firm specific e di un knowledge re-use. Infatti,
la progressiva autonomia dei dipendenti, una maggiore propensione al rischio,
3
Un simile approccio è stato ripreso, di recente, da Conduit e Mavondo (2001). Tale
visione era stata precedentemente teorizzata da Berry (1981) che anticipava il concetto di
risonanza sistemica, focalizzando l’attenzione sull’internal ed external customership.
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l’obiettivo di una remunerazione crescente, la fiducia in una propria idea di prodotto,
la ricerca di autorealizzazione, supportate dal possesso di conoscenze tecniche e
manageriali accumulate grazie a relazioni di internal customership con altri
individui, possono stimolare nel dipendente il bisogno di trasformarsi in
imprenditore.
Al contrario, un simile stimolo potrebbe dipendere anche dall’incapacità
dell’impresa madre di offrire le condizioni necessarie allo sviluppo di una business
idea che il dipendente ritenga innovativa: non potendola mettere in atto nell’impresa
originaria, il dipendente preferisce abbandonarla e sviluppare il suo progetto in
un’azienda autonoma.
Ad ogni modo, in entrambi i casi lo spin off appare, dai risultati della verifica
empirica condotta e di seguito presentata, come un valido strumento per vincere le
barriere alla comunicabilità ed alla contestualizzazione segnalate in letteratura, che
tipicamente ostacolerebbero il trasferimento all’esterno di conoscenze tacite firm
specific, stante proprio la loro parziale modificabilità. Confermando le ipotesi di una
natura cognitiva delle nuove imprese nate per gemmazione e di una possibile
riproducibilità della mappa cognitiva dell’impresa madre.
Sembrerebbe, quindi, che un attento monitoraggio delle condizioni che portano
alla sedimentazione delle conoscenze nei potenziali promotori di corporate spin off
possa “indirizzare” in qualche modo la condotta dell’imprenditore, in relazione ai
processi di condivisione di conoscenze e di cross fertilization, in modo che essi
rappresentino un’opportunità e non una minaccia per il sistema d’impresa.
Il presente studio, dopo aver verificato empiricamente l’effettiva riproducibilità
della mappa cognitiva di un’impresa in un’ottica script based, concentra l’attenzione
sui rapporti tra l’impresa madre e quella nata per gemmazione; in particolare
approfondisce il ruolo assunto da quest’ultima nei confronti della prima.
Facendo, dunque, riferimento alla teoria degli stakeholder e partendo dal
presupposto che, come anticipato, lo spin off possa manifestarsi come un processo
spontaneo (voluto, cioè, dai soli dipendenti) o indotto (voluto anche dall’impresa
madre), si arriva a teorizzare tre possibili atteggiamenti dell’impresa spin off nei
confronti dell’impresa madre: ostile, di supporto, non orientato. In quest’ottica,
l’impresa madre, al verificarsi di un processo di spin off, “guadagnerebbe” un nuovo
stakeholder.
La ricerca condotta, di cui di seguito si espongono alcuni risultati, per esigenze
di sinteticità della trattazione focalizza l’attenzione sull’impresa nata per
gemmazione spontanea. Ipotizza, pertanto, che tale stakeholder, in virtù degli script
“critici” di conoscenza sintetizzati dai neo imprenditori (ex dipendenti), persegua
finalità simili all’impresa madre, assumendo così atteggiamenti cosiddetti “di
ostilità” nei confronti di quest’ultima: dal processo di spin off, pertanto, originerebbe
un nuovo competitor. La plausibilità di tali ipotesi viene di seguito testata attraverso
tecniche di statistica multivariata.
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4. Uno studio empirico sulla natura cognitiva delle nuove imprese:
metodologia della ricerca e fase di sampling
Il lavoro di ricerca è stato impostato attraverso un processo di indagine “a
ritroso” 4. Inizialmente ci si è interrogati sull’opportunità di individuare contesti
imprenditoriali caratterizzati da due condizioni “scatenanti”: la diffusione di
imprenditorialità ed il trasferimento di conoscenza. In particolare, nello svolgimento
dell’indagine empirica, l’attenzione è stata posta sugli effetti della creazione di un
assetto organizzativo e di una cultura manageriale che favoriscano la creazione di un
humus fertile per la sedimentazione delle conoscenze. Le quali saranno facilmente
individuabili nell’organizzazione, nell’esperienza produttiva, nell’immagine
aziendale e, più in generale, in quel “saper fare meglio” che garantisce competenze
distintive, difficilmente imitabili, ed univocità d’impresa (Wuyts et al., 2005;
Noteboom, 2005). L’evidenza empirica conferma che, spesso, particolarmente nelle
PMI, l’imprenditore ed i suoi più stretti collaboratori sono depositari di un insieme
complesso di conoscenze e relazioni interpersonali non formalizzate, intangibili,
sulle quali molte volte si basa il successo dell’iniziativa imprenditoriale.
Seguendo tale indizio, l’attenzione è stata posta, all’interno delle organizzazioni
promotrici di spin off (imprese o Università/Centri di ricerca), sulle procedure
informali, fortemente iterative, tacitamente accolte e codificate dagli individui, che
potessero condurre l’individuo stesso alla diffusione di imprenditorialità per
gemmazione. Come già osservato, l’obiettivo dell’intero lavoro è stato quello di
indagare la trasferibilità degli script taciti di successo, costituenti parte della mappa
cognitiva dell’organizzazione madre, nonché la loro eventuale riproducibilità
attraverso processi di gemmazione.
Una delle fasi nodali della ricerca è stata l’individuazione del target di
riferimento. Al fine di giungere ad un’efficace categorizzazione dei processi di spin
off, sono state dapprima selezionate alcune regioni, individuate sulla base del grado
di diffusione dei fenomeni di spin off nel tessuto imprenditoriale. Successivamente,
sono state scelte tra queste alcune aree geografiche ritenute “di eccellenza”
scientifica, perché contraddistinte da caratteri identificativi omogenei di rilievo
4
La ricerca è stata sviluppata con il cofinanziamento del Ministero dell’Università e
Ricerca (MIUR) nell’ambito di un Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale biennale
(Cofin 2001). Il database di contatti della ricerca ad oggi sviluppato nell’ambito di un
network di Università che vede impegnate, oltre alla Facoltà di Economia della Seconda
Università degli Studi di Napoli, nel ruolo di coordinatore, anche l’University di Twente,
il più grande incubatore di imprese spin off a livello europeo, e la Graduate School of
Business di Grenoble (Group ESC Grenoble), è in continuo aggiornamento.
Recentemente [Dicembre 2005] si sono aggiunti numerosi altri questionari di imprese
spin off afferenti al Southern California Biomedical Council. Per i risultati scientifici
raggiunti e per l’innovazione delle ipotesi formulate, la ricerca può di fatto considerarsi
ancora in progress (Maggioni, Dell’Anno, Del Giudice, 2004; Maggioni, Del Giudice,
2004; Dell’Anno, Del Giudice, 2004).
182
IMPRENDITORIALITÀ INTERNA E GEMMAZIONE D’IMPRESA
(l’eccellenza è stata valutata facendo riferimento alle statistiche presentate dalle
fonti ufficiali, al numero medio annuo di spin off recensiti su pubblicazioni
scientifiche, all’importanza rivestita sul web e nella letteratura scientifica di
riferimento, etc.). In particolare, sono risultate interessanti ai fini della ricerca tre
“macro-aree” di eccellenza: l’Europa, gli USA ed il Canada. In ognuna di queste
aree sono state a loro volta individuate e selezionate alcune “sotto-regioni” di
eccellenza, sulla base dei caratteri distintivi precedentemente individuati. Infine, per
ogni regione di eccellenza, sono state individuate le learning organization
interessate, al contempo, da processi di trasferimento di conoscenza/tecnologia e
spin off.
L’analisi empirica è stata, dunque, scissa in due momenti. In una prima fase il
gruppo di ricerca si è dedicato allo studio dei processi di trasferimento di
conoscenza attivabili attraverso gli spin off da impresa (corporate spin off). In un
secondo momento ci si è concentrati sugli spin off da Università e da Ricerca
(academic spin off), utilizzati come variabile di controllo del processo.
I risultati empirici dei test delle ipotesi sul corporate spin off sono stati
confermati appieno da quelli sugli academic spin off, rivelando la natura cognitiva
del processo di gemmazione e confermando le ipotesi di fondo. Per esigenze di
sintesi, si omette la presentazione dei risultati dell’indagine sulla variabile di
controllo, possibile oggetto di future pubblicazioni, concentrandosi invece
unicamente sugli spin off da impresa.
Relativamente a tale analisi, il campo d’indagine è stato ristretto a tre regioni di
eccellenza - Italia, Olanda e Germania - presentanti caratteristiche distintive
omogenee relativamente ai processi di corporate spin off. Complessivamente sono
state selezionate 280 organizzazioni interessate da processi di corporate spin off, nel
ruolo di madri o di figlie, appartenenti tutte a settori quali l’IT e le TLC.
5. L’analisi empirica
Il primo passo del processo di analisi dello script del potenziale imprenditore e
della sua relazione con la sedimentazione della conoscenza derivata
dall’organizzazione madre ha comportato la realizzazione di uno studio iniziale di
tipo esploratorio, finalizzato ad indagare le principali conseguenze insite nel
possesso di uno script critico di conoscenza da parte del dipendente che aspiri a
diventare imprenditore.
Tale fase esploratoria ha richiesto la costruzione di un corpus di dati a partire dai
quali estrarre le informazioni pertinenti per il problema studiato, in vista di una
successiva misurazione. La fase di scale development è stata, dunque, resa possibile
grazie anzitutto alla tecnica dell’in-depth interview (Glaser, Strauss, 1967;
VINCENZO MAGGIONI - MANLIO DEL GIUDICE
183
Eisenhardt, 1989)5. In questa fase, il lavoro di rilevazione è consistito nello
svolgimento di una serie di interviste in profondità a top managers di 24 learning
organisation italiane operanti nel settore dell’IT e delle TLC (5 nel ruolo di madri,
19 nel ruolo di imprese spin off). Al momento della costituzione di tale campione
iniziale sono state tenute in considerazione (Bardin, 1977):
a)
la regola della rappresentatività, che consiste nel garantire che il corpus sia
rappresentativo delle differenti percezioni degli intervistati6;
b) la regola dell’esaustività, consistente nel prendere in considerazione tutti gli
elementi facenti parte del corpus;
c) la regola dell’omogeneità dei documenti sottoposti all’analisi di verifica7.
La preferenza verso la tecnica dell’in-depth interview, largamente utilizzata nelle
ricerche di management (Evrard et al., 1993), è stata giustificata dal fatto che essa
consente agli intervistati di esprimere liberamente le proprie opinioni all’interno di
un insieme di temi definiti dal ricercatore (Bailey, 1994). In particolare, le tematiche
di fondo utilizzate durante tale fase di scale development sono state:
-
la descrizione del processo di sedimentazione della conoscenza;
la descrizione dei processi di cross fertilisation all’interno dell’organizzazione
madre;
la percezione di conoscenze firm specific da parte del dipendente, potenziale
imprenditore;
la percezione delle conseguenze della conoscenza e della non conoscenza di tali
saperi firm specific;
le percezioni relative alla possibile creazione di un’impresa spin off a partire
dalle conoscenze acquisite.
Le interviste raccolte sono state sottoposte ad una prima serie di letture
“fluttuanti”, caratterizzate dall’assenza di ipotesi circa la presenza di elementi
specifici in esse contenute e dal tentativo di ottenere una prima visione generale del
tema trattato.Il processo, ripetuto più volte, ha consentito l’identificazione di una
serie di elementi, raggruppati successivamente in categorie (le frasi sono state
analizzate nel tentativo di far emergere le connessione e gli schemi di pensiero
latenti ogni intervista). A conclusione di questa prima parte si è giunti a formulare
alcune prime considerazioni relative all’apprendimento di uno script da parte del
5
6
7
Nella definizione degli scale e degli item sono state seguite le indicazioni in letteratura di
Churchill (1979) e Gerbin, Anderson (1988).
Il rispetto di tale regola è stato assicurato selezionando imprese con caratteristiche
strutturali (fatturato, n° di impiegati, capitale investito) diverse tra di loro.
Il corpus di dati analizzato ai fini del presente studio è risultato “omogeneo”, nel senso
che riguarda un tema comune alla totalità degli intervistati ed è stato ottenuto attraverso
una tecnica di rilevazione identica per tutti.
184
IMPRENDITORIALITÀ INTERNA E GEMMAZIONE D’IMPRESA
dipendente. Prima di descrivere in dettaglio la fase di sviluppo degli scale e degli
item che hanno caratterizzato l’analisi fattoriale esploratoria, è necessaria una
premessa metodologica.
Ad un livello generale, la letteratura ha dimostrato che gli script sono formati da
alcune azioni fondamentali, comuni alla totalità degli individui coinvolti (Schank,
Abelson (1977); Abelson (1981). Del resto, a livello individuale, la sequenza delle
azioni che caratterizza lo script può variare da individuo ad individuo (Eiglier et al.,
1979; Lovelock, Young, 1979; Bowen, 1986; Titus, Everett, 1995). Uno degli
obiettivi del lavoro di ricerca condotto è stato proprio quello di approfondire la
capacità di uno script tipicamente “semplice” (ad es. un processo di gestione) di
generarne uno “complesso” (l’attitudine del dipendente a riutilizzare la conoscenza,
anche tacita, acquisita per avviare un processo di creazione di impresa autonoma).
Tale processo è ancor più interessante se ci si sofferma sul ruolo giocato
dall’impresa, spesso inconsapevolmente ed “in buona fede”, nell’agevolare
l’accumulazione delle conoscenze nei dipendenti e ne favorisce il trasferimento
interno.
Dall’analisi delle interviste in profondità realizzate, si arriva facilmente a
concettualizzare il disegno di ricerca e le sue variabili di riferimento: anzitutto lo
script si manifesta attraverso la conoscenza dei processi spesso firm specific ed
altrettanto spesso “critici” per lo svolgimento delle attività d’impresa, come avviene
nel caso delle PMI. In secondo luogo, il possesso dello script induce
spontaneamente il dipendente ad una fisiologica propensione al cambiamento In
realtà il processo attraversa alcune variabili “mediatorie”: il possesso di uno script e
la percezione dell’importanza sottesa ad esso inducono l’individuo a riflettere sulla
possibilità di trasformarsi da dipendente in imprenditore, sfruttando il bagaglio di
conoscenza acquisito nei suoi anni di lavoro presso l’organizzazione madre.
Le interviste in profondità condotte hanno permesso la generazione di un pool
iniziale di item relativi a vari costrutti. Successivamente, gli item sono stati rivisti,
eliminando quelli ritenuti non significativi ai fini del presente studio. Il risultato
finale è stato un duplice questionario on line8 (un primo, relativo all’indagine
principale, i corporate spin off, organizzato in 43 item; un secondo, relativo alla
variabile di controllo, l’indagine sugli academic spin off, organizzato in 41 item).
All’interno del processo di operazionalizzazione delle variabili, una delle scelte
critiche effettuate ha riguardato il numero di punti della scala di misura. Nella
verifica empirica condotta, essendo prioritario l’obiettivo di precisione delle
informazioni, ma dovendo privilegiare anche l’esigenza di flessibilità nelle risposte,
si è deciso di adottare scale di tipo semantico differenziale da 3 a 5 punti (Bagozzi,
1994a)9. Gli intervistati, invitati a rispondere al questionario via e-mail, hanno avuto
8
9
Il sistema di acquisizione dei dati è basato su un database in ASP compilabile
direttamente dal link http://www.maggioni.org/mq/ucoeng1.asp.
Bitner (1992) suggerisce l’utilizzo dell’osservazione diretta per comprendere il
comportamento dell’individuo all’interno dell’ambiente in cui si svolge il processo
VINCENZO MAGGIONI - MANLIO DEL GIUDICE
185
accesso alle pagine dedicate, ed i dati, all’aumentare delle interviste, sono stati
raccolti automaticamente dal database predisposto.
Sono stati invitati a rispondere al questionario 280 manager di altrettante imprese
interessate da fenomeni di spin off (di cui circa il 20% di parent company).
L’answering rate è stato generalmente soddisfacente (Average AR = 67,5%): in
totale sono ritornati 189 questionari utili per il test delle ipotesi.
6. Le ipotesi alla base del disegno di ricerca
La ricerca ha indagato inizialmente le possibili conseguenze dell’organizational
learning sul dipendente. L’idoneità dello spin off a fungere da vettore per il
trasferimento di conoscenze firm specific sintetizzate in uno script è stata analizzata
formulando due prime ipotesi:
H1: L’accumulazione di conoscenza nel dipendente espone quest’ultimo ad un
processo spontaneo di acquisizione della mappa cognitiva e ad una naturale
propensione allo spin off
oggetto del nostro studio empirico. Essendo l’osservazione una metodologia lunga e
costosa (Evrard et al., 1993), difficilmente applicabile al presente studio, è stato preferito
il “metodo della taratura del campione”, così utilizzando una metodologia che
consentisse di coniugare i vantaggi dell’osservazione con quelli del questionario. Il
metodo ha previsto che la conoscenza dello script venisse misurata su un campione di
taratura (in questo caso dieci imprese italiane del settore hi-tech, originate da fenomeni
di spin off). Prendendo come riferimento l’esperienza di sedimentazione della
conoscenza ed emersione dello script nelle imprese interessate da fenomeni di spin off, la
conoscenza dello script è stata misurata sia attraverso dimensioni percettive che
attraverso misure osservate. Le dimensioni percettive sono state rilevate attraverso item
concernenti i processi di sedimentazione della conoscenza nei dipendenti e di
riproduzione dello script in una nuova impresa, laddove le misure osservate sono state
derivate attraverso l’analisi del grado di conoscenza accumulato dai dipendenti in
relazione al proprio lavoro ed ai risultati delle imprese spin off relativamente alle
funzioni di provenienza dei rispettivi intervistati. In seguito è stata calcolata la validità
convergente tra le due misure utilizzate (Heeler , Ray, 1972). Alla fine del presente
studio, dopo la somministrazione del questionario, il calcolo della correlazione tra i due
fattori latenti, conoscenza dello script percepita ed osservata, è risultato restituire un
elevato coefficiente φ (=0.96). La significativa convergenza tra i due costrutti è stata
assicurata dal fatto che ad un livello di confidenza del 95% (2 deviazioni standard)
l’intervallo per φ si è rivelato pari a 1,03< φ <0,82. Dal momento che l’intervallo
contiene il valore 1, i due fattori risultano come non distinti (Bagozzi, 1994b). In altri
termini, le misure di conoscenza percettive e di conoscenza osservate convergono,
suggerendo una notevole coerenza tra le dichiarazioni degli individui coinvolti in
processi di spin off ed il loro comportamento effettivo.
186
IMPRENDITORIALITÀ INTERNA E GEMMAZIONE D’IMPRESA
H2: L’accumulazione di conoscenza nel dipendente può condurre lo stesso ad
uno spontaneo processo di riproduzione della mappa cognitiva acquisita in
un’impresa spin off (attraverso il trasferimento di script comportamentali appresi)
In un secondo momento, l’analisi empirica si è concentrata sulla relazione tra le
modalità di apprendimento dello script da parte del promotore di spin off ed il suo
successivo atteggiamento nei confronti dell’impresa madre. In particolare, ci si è
soffermati sul caso dell’apprendimento e della susseguente decisione “spontanea” di
gemmazione da parte del dipendente (quindi non “indotta” dall’impresa madre). Di
tal che sono state formulate le seguenti ipotesi:
H3: Le imprese spin off possono assumere un atteggiamento ostile, di supporto o
non orientato nei confronti dell’impresa madre
H4: Le imprese spin off che assumono atteggiamenti ostili nei confronti
dell’impresa madre derivano la propria nascita da spin off script “spontanei”
7. Analisi statistiche e risultati empirici
7.1 Exploratory Factor Analysis
Le ipotesi sono state testate usufruendo del supporto di tecniche di analisi
multivariata. Al fine di ottenere risultati statisticamente più significativi il campione
a disposizione è stato diviso in due dataset: un exploratory dataset (n = 100) ed un
confirmatory dataset (n = 89).
E’ stata, dunque, inizialmente condotta un’exploratory factor analysis,
finalizzata alla determinazione di quali variabili potessero essere significative per
l’elaborazione del modello e per il test delle ipotesi. L’analisi dell’Alpha di
Cronbach ha rivelato livelli generalmente soddisfacenti di consistenza interna delle
variabili osservate selezionate (Tab. 1).
Successivamente sono stati rifiniti e selezionati gli item per eliminare quelli non
espressivi di sufficiente consistenza interna (internal consistency) in relazione al
modello proposto o che non esibivano un coefficiente elevato di correlazione con
altri item misuranti lo stesso costrutto.
La stima della consistenza interna di tutti gli scale selezionati una volta conclusa
l’exploratory factor analysis ha rispettato un cut off loading point > 0.70 (Nunnally,
Bernstein, 1994) (Tab. 1).
VINCENZO MAGGIONI - MANLIO DEL GIUDICE
Exploratory Factor Analysis
Scale/items
Accumulazione del knowledge (α=0.95)
(1) Considero l’utilizzo del know how acquisito una delle ragioni
principali che inducono l’individuo allo spin off
(2) Considero la fiducia nella mia business idea una delle ragioni
principali che inducono l’individuo allo spin off
(3) Considero il know how tecnico e la formazione come fattori
importanti che inducono l’individuo allo spin off
(4) Considero i contatti personali (sviluppati nel periodo di lavoro
presso la mia Organizzazione) come fattori importanti che inducono
l’individuo allo spin off
(5) Considero la partecipazione allo sviluppo di progetti avanzati
come fattore importante che induce l’individuo allo spin off
Propensione allo spin off (α=0.89)
(1) Considero l’utilizzo del know how acquisito una delle ragioni
principali che inducono l’individuo allo spin off
(2) Considero la fiducia nella mia business idea una delle ragioni
principali che inducono l’individuo allo spin off
(3) Alcuni individui nell’Organizzazione sono maggiormente inclini
a promuovere spin off di altri
(4) Alcune funzioni nell’Organizzazione sono maggiormente inclini
a promuovere spin off di altri
(5) Il processo di spin off è stato voluto spontaneamente sia
dall’Organizzazione madre che dal dipendente
Riproduzione della mappa cognitiva (α=0.86)
(1) L’impresa
spin
off
opera
nello
stesso
settore
dell’Organizzazione madre
(2) L’impresa
spin
off
opera
nello
stesso
settore
dell’Organizzazione madre in qualità di fornitore di servizi
(3) C’è generalmente un medio grado di continuità e di similitudine
(know how e tipologie di tecnologie utilizzate) tra l’Organizzazione madre
e l’impresa spin off
(4) Considero il know how tecnico e la formazione come fattori
importanti che inducono l’individuo allo spin off
(5) I promotori di processi di spin off sono soliti lavorare in
funzioni “tecniche” (R,S, Produzione) [anche nell’impresa figlia]
187
F1
F2
0.9
1
0.9
4
0.9
2
0.9
1
0.8
9
0.9
1
0.9
4
0.8
9
0.8
3
0.8
7
0.8
4
0.7
5
Eigenvalue
3.4
7
2.9
2
Percent explained variance
9.8
8.2
Tab. 1: Exploratory Factor Analysis
Fonte: Ns. elaborazioni
F3
0.8
1
0.9
2
0.8
7
5.2
1
14.
9
188
IMPRENDITORIALITÀ INTERNA E GEMMAZIONE D’IMPRESA
7.2 Confirmatory model: test delle ipotesi e discussione dei risultati empirici
L’exploratory factor analysis ha consentito di mettere in luce alcune prime
relazioni tra gli scale e gli item. La seconda parte dell’analisi empirica è, invece,
costituita da uno studio più approfondito e rigoroso degli scale derivati, al fine di
consentire il test delle ipotesi formulate. Il modello confirmatorio è stato eseguito su
tutto il campione (confirmatory dataset) al momento disponibile (n = 89). Il test
dell’ipotesi H1 ed H2 è stato affidato allo sviluppo di un confirmatory model
classico (test φ); per il test delle ipotesi H3 ed H4, invece, ci si è avvalsi del supporto
della cluster analysis. Tali scelte sono coerenti con le indicazioni della letteratura
manageriale sull’argomento (Gerbin, Anderson, 1988).
Nella definizione del modello i fit ratios hanno mostrato valori più che
soddisfacenti, suggerendo di mantenere inalterata l’impalcatura di variabili osservate
selezionate10. I risultati ottenuti hanno mostrato una buona robustezza interna di ogni
dimensione individuata del modello; allo stesso modo anche la composite reliability
(una misura generata da LISREL, simile all’Alpha di Cronbach) ha restituito valori
generalmente elevati (Tab. 2). Infine, la varianza estratta per ogni dimensione è
risultata generalmente maggiore di 0.60, indicando un’alta condivisione della
varianza tra gli indicatori di ogni dimensione (Fornell , Lacker, 1981)11.
Il modello sviluppato consta, quindi, anzitutto, di due momenti: un primo - (H1)
- nel quale il depositario di conoscenze firm specific, compresa l’importanza di
queste ultime e codificatele in uno script cognitivo, aspira a diventare imprenditore.
Ed un secondo - (H2) - nel quale tale individuo cerca di riprodurre in un’impresa
spin off gli intangibili firm specific, che ritenga critici e di successo, appresi
nell’impresa madre. Gli intangibili descritti compongono la mappa cognitiva di un
processo che il neo-imprenditore ritiene vitale per la sua nuova iniziativa
imprenditoriale.
L’ipotesi H1 indica, dunque, che l’accumulazione di conoscenza nel promotore
di processi di gemmazione, derivante dalla sua quotidiana “esposizione” ad
operazioni spesso “critiche” per l’impresa, sintetizzabili in uno script cognitivo,
conduce ad un processo imprenditoriale spontaneo che abbia come effetto finale la
riproduzione della mappa cognitiva.
Come accennato in precedenza, le imprese tendenzialmente sono portate a
favorire la circolazione della conoscenza nella struttura organizzativa, con
l’obiettivo di favorire lo sviluppo e l’innovazione. Tutto ciò comporterà un
necessario incremento nel trasferimento di conoscenze tacite ed esplicite tra gli
10
11
Nonostante il χ2 abbia restituito valori statisticamente elevati (χ2 = 35.52, df = 88,
P<.01), altri indici di fit hanno confermato la piena accettabilità del modello (Tucker
Lewis Index = 0.82; Comparative Fit Index = 0.93; Bollen, 1989). Del resto è risaputo
come il χ2 risenta fortemente della grandezza del campione selezionato.
Nel presente studio, per esigenze di semplicità, si ometteranno i valori relativi ai χ2
difference test, i quali hanno tutti restituito valori pienamente soddisfacenti.
VINCENZO MAGGIONI - MANLIO DEL GIUDICE
189
individui componenti la struttura organizzativa ed un conseguente maggiore
coordinamento di tali flussi da parte del top management.
In particolar modo nelle PMI gli individui si troveranno più facilmente a contatto
con processi critici per il sostegno del vantaggio competitivo dell’impresa. Sarà,
dunque, per loro più semplice gestire tali processi sviluppando script di
comportamento idonei a ridurre lo sforzo cognitivo insito nell’attivazione del
processo vitale cui sono preposti (Maggioni, Del Giudice, 2004). E’ bene precisare
che l’ipotesi H1, pur mettendo in stretta correlazione tale capacità di sintesi di uno
script cognitivo con i costrutti latenti “propensione allo spin off” e “riproduzione
della mappa cognitiva”, non esclude ovviamente la compartecipazione al processo di
gemmazione delle classiche motivazioni che spingono l’individuo verso
l’imprenditorialità. Ma il punto critico nello svolgimento dell’analisi empirica è
stato dimostrare anzitutto l’esistenza di una possibile correlazione tra
l’accumulazione della conoscenza (espressiva dell’acquisizione dello script
cognitivo) e la propensione allo spin off, collegate ad una precisa volontà del neoimprenditore di riprodurre la mappa cognitiva della parent company. Il modello
confirmatorio sviluppato (Tab. 2) evidenzia con chiarezza tali strette correlazioni
(accumulazione di conoscenza, propensione spin off => φ= 0.82; accumulazione di
conoscenza, riproduzione mappa cognitiva =>φ= 0.75), dimostrando l’attitudine
dell’individuo che abbia appreso ed elaborato uno script a trasformarsi da
dipendente a imprenditore, sulle “orme” del successo dell’impresa madre.
Dimensioni del modello
Accumulazione conoscenza (1)
Propensione allo spin off (2)
Riproduzione mappa cognitiva (3)
Standard deviation
Composite reliability
Variance extracted
Coefficiente φa
1
2
1.00
0.82
1.00
(22.57)b
0.75
0.72
(18.64)b
(16.49)b
1.19
0.79
0.42
1.37
0.74
0.53
3
1.00
1.81
0.89
0.65
a
Il primo numero indica il valore assunto dal coefficiente φ. Il secondo è il valore
assunto dalla t
b
Significativo al livello P <.01
Tab. 2: Confirmatory Model
Fonte: Ns. elaborazioni
190
IMPRENDITORIALITÀ INTERNA E GEMMAZIONE D’IMPRESA
Il modello confirmatorio aiuta dunque a comprendere anche la validità della
seconda ipotesi formulata (H2), vale a dire che l’accumulazione della conoscenza
nel dipendente conduce ad uno spontaneo processo di riproduzione della mappa
cognitiva acquisita (attraverso il trasferimento di script comportamentali).
Le ipotesi H3 ed H4 permettono, invece, di cogliere ulteriori sfumature del
processo descritto, fornendo un’interessante chiave di lettura delle relazioni postspin off tra le imprese interessate dal processo di gemmazione.
L’ipotesi H3 introduce l’ipotesi H4 e sostiene che le imprese spin off possono
assumere un atteggiamento ostile, di supporto o non orientato nei confronti
dell’impresa madre. Il test ha reso necessario l’utilizzo della cluster analysis.
L’esame condotto ha, dapprima, utilizzato una procedura di clusterizzazione
gerarchica (hierarchical clustering procedure), realizzato con il metodo di Ward e
con la distanza Euclidea al quadrato. Successivamente, è stata applicata la tecnica
della multiple discriminant analysis (MDA) e l’analisi multivariata della varianza
(MANOVA) contestualmente al post hoc Scheffe test (finalizzato a pervenire ad una
stima affidabile della consistenza interna dei gruppi oggetto della classificazione).
I risultati dell’analisi multivariata della varianza, sviluppata in concomitanza con
la MDA, hanno rivelato caratteristiche distintive per ognuno dei tre cluster ottenuti.
La correlazione tra le variabili latenti del modello (Barlett test of sphericity = 139.8
con 9 d.f., p < 0.0001) ha, del resto, confermato la validità della scelte effettuate per
l’analisi multivariata dei dati (il tutto è stato, inoltre, sostenuto anche dai risultati
positivi ottenuti dai test di Pillais, T2 di Hotelling, Lambda di Wilks, esprimenti tutti
valori significativi al livello p<0.000). Il risultato finale, che ha confermato in prima
battuta l’ipotesi H3, è dato dalla sussistenza di tre differenti tipologie (cluster) di
imprese spin off, originate dal processo di acquisizione dello script cognitivo (Tab.
3).
La MDA e l’analisi multivariata della varianza mostrano che tutte le variabili
latenti contribuiscono a differenziare significativamente i cluster tra loro
(p<0.0001); questo è confermato anche dal fatto che le due funzioni discriminanti
originate dalla MDA esplicano rispettivamente il 53,2% ed il 46,8% della variabilità
totale tra i cluster. In particolare, i fattori discriminanti ed i gruppi centroidi
mostrano con chiarezza che la funzione 1 discrimina il Cluster I dal Cluster II e III,
laddove la funzione 2 differenzia il Cluster II dal Cluster I e III. Del resto, l’hit ratio
(= 88.76%) indica che quasi il 90% dei casi esaminati sono stati classificati
correttamente12.
12
Le variabili latenti e la clusterizzazione effettuata sono perfettamente coerenti con i
modelli teorici presenti in letteratura (Davenport , Prusak, 1998). Questo conferma la
validità del modello sviluppato in quanto anche Aldenderfer , Blashfield (1984) hanno
dimostrato che l’accuratezza nella classificazione dei casi (indicata da un hit ratio
elevato) è condizione necessaria per l’affidabilità della clusterizzazione, ma non è anche
condizione sufficiente per affermare la validità di quest’ultima. Al fine di accertare la
validità del modello, bisogna sempre incrociare i dati empirici ottenuti dalla
VINCENZO MAGGIONI - MANLIO DEL GIUDICE
191
A questo punto, attraverso l’F-ratio, si possono presentare le caratteristiche dei
cluster più in profondità e verificare le ipotesi H3 ed H4 (Tab. 4).
Supporto allo spin off dalla parent company13
Propensione spontanea allo spin off
Continuità di business con la parent company
Intensità relazioni post-spin off
Cluster I
Cluster II
Cluster III
Eigenvalue
Percentage of variance
Canonical correlation
Lambda di Wilks
Chi-quadro
Significatività
Classificazione
Discriminant loadings
Function 1
Function 2
.63
.52
.47
.44
.67
.39
.72
-.75
Group Centroids
1.57
0.79
- 0.32
-1.39
-1.87
1.53
1.75
1.57
53.2%
46.8%
.809
.765
.186
.352
87.0
127.3
.000
.000
N° di Casi
Cluster attuali
I
Cluster I
25
Cluster II
Cluster III
52
12
Hit Ratio: 88.76%14
Appartenenza prevista ai cluster
23
92,05%
3
6,2%
1
0
II
1
4.2%
III
1
0
46
89,7%
1
7.5%
3
1.4%
10
83.4%
Tab. 3: Sintesi dei risultati della Multiple Discriminant Analysis (MDA)
Fonte: Ns. elaborazioni
13
14
clusterizzazione con le tesi sostenute dalla letteratura più accreditata per verificare se le
posizioni effettivamente collimano.
Gli scale indicati sono stati ricavati dall’analisi fattoriale esploratoria, precedentemente
illustrata in Tab. 1 in formato ridotto. Per esigenze di sintesi si omettono le variabili
osservate (item) collegate ai singoli costrutti e si riportano solo i valori dell’α di
Cronbach per le variabili latenti (scale), tutti perfettamente in linea con il cut off level
atteso (CTL > 0.70) (i valori dell’α sono risultati rispettivamente: 0.75, 0.72, 0.87, 0.93).
Com’è noto, l’hit ratio, percentuale di casi classificati correttamente, è dato dalla somma
dei valori di predicted membership diviso la somma dei casi risultanti appartenenti ai
diversi cluster. In questo caso HR = [(23+46+10) / (25+52+12)]*100 = 88.76%.
192
IMPRENDITORIALITÀ INTERNA E GEMMAZIONE D’IMPRESA
Supportive Non-supportive Mixed Blessing
(Cluster I) (Cluster II)
Cluster III)
(n = 25)
(n = 52)
(n = 12)
Scale
Mean Scores e (Standard Deviations) F-ratio Sig.
Supporto allo spin off dalla parent company 2.9 (.75)
0.2 (.92)
1.8 (1.1)
44.3 .000
Propensione spontanea allo spin off
0.4 (.93)
2.8 (.87)
1.2 (1.3)
32.7 .000
Continuità di business con la parent company 2.8 (.70)
0.9 (.90)
2.1 (.98)
65.2 .000
Intensità relazioni post-spin off
2.9 (.65)
0.3 (.64)
1.4 (1.1)
12.4 .000
Tab. 4: Caratteristiche dei cluster derivati
Fonte: Ns. elaborazioni
La cluster analysis sviluppata ha consentito, dunque, l’individuazione di tre
cluster di imprese spin off, coerentemente con l’ipotesi H3. Le relazioni evidenziate
in Tab. 4 permettono, d’altronde, un’immediata verifica dell’ipotesi H4: le imprese
spin off aventi atteggiamenti post-gemmazione ostili nei confronti dell’impresa
madre derivano la propria nascita per gemmazione da script rigorosamente
“spontanei”. Difatti, i valori di Mean e Standard Deviation osservati per i vari scale
hanno consentito di individuare un cluster “non supportive” caratterizzato da un
basso supporto allo spin off da parte dell’impresa madre (MS = 0.2; STD_DEV =
.92), un’elevata propensione spontanea degli individui che lo compongono allo spin
off (MS = 2.8; STD_DEV = .87), una bassa continuità di business con l’impresa
madre (MS = 0.9; STD_DEV = .90) e di relazioni post-spin off (MS = 0.3;
STD_DEV = .64)
8. Conclusioni
Una delle maggiori evidenze empiriche del percorso di ricerca seguito risiede
nell’opportunità offerta all’imprenditore di conciliare il suo obiettivo di diffusione
della conoscenza all’interno dell’impresa, perseguendo la creazione di una struttura
organizzativa perfettamente integrata, con il possibile rischio di provocare, anche
involontariamente, le condizioni scatenanti i processi di gemmazione. Tale rischio è
confermato, nell’analisi condotta, proprio dall’idoneità dei processi di spin off a
trasferire al di fuori dell’impresa script cognitivi basati su conoscenze tacite firm
specific.
La possibile individuazione delle aree dove più facilmente si possono annidare le
condizioni per lo spin off, la conoscenza dei tempi di “incubazione” di uno spin off,
le sue modalità di realizzazione, i bisogni latenti alla base offrono all’imprenditore
una duplice scelta. Sostenere ed incentivare l’imprenditorialità interna per perseguire
l’innovazione, cercando la strada della gemmazione di supporto, oppure premunirsi
e monitorare possibili focolai di spin off ostile che sfocerebbero in una perdita di
risorse e nella creazione di imprese spin off in competizione con la stessa
organizzazione madre (Dell’Anno, Van der Sijde, Del Giudice, 2006).
VINCENZO MAGGIONI - MANLIO DEL GIUDICE
193
La verifica empirica condotta nel presente studio mette, dunque, in luce
l’esigenza, da parte dell’organo di governo dell’impresa, di gestire i flussi di
conoscenza e le condizioni di imprenditorialità interna della struttura operativa, in
modo efficiente e tempestivo. Un costante supporto del sistema d’impresa allo
sviluppo dell’entrepreneuship ed un efficace monitoraggio delle imprese spin off
sarà vitale per gestire relazioni di quasi-mercato ed alimentare il vantaggio
competitivo della parent company attraverso una gestione collaborativa degli spin
off. Se da una parte, infatti, le analisi delle relazioni inter-organizzative tra madri ed
imprese gemmate, confermano l’attitudine dei promotori di processi di spin off ad
assumere generalmente il ruolo di stakeholder nei confronti del sistema d’impresa, è
pur vero che tale ruolo può essere interpretato dall’impresa spin off a vario titolo e
secondo differenti modalità (di supporto, ostile, non orientato). Si è, inoltre,
dimostrato che nel caso si formino nei dipendenti script di spin off spontanei, è
elevato il rischio per l’impresa madre di avere involontariamente trasferito
conoscenze vitali ad un probabilissimo competitor.
Nel tentativo, dunque, di dominare l’instabilità dei mercati e di gestire
proficuamente i fenomeni di diffusione di imprenditorialità per gemmazione,
l’organo di governo deve essere in grado di acquisire e trasformare tempestivamente
in informazioni strategiche, sia i dati provenienti “dall’interno” del sistema
d’impresa, desumibili dall’osservazione del comportamento organizzativo e dalle
attitudini imprenditoriali della struttura operativa; sia quelli desumibili dal contesto
“esterno”.
In conclusione, si può affermare che lo studio delle determinanti degli script che
possono condurre a processi di spin off, oltre a confermare una natura fortemente
cognitiva delle nuove imprese, aiuta del resto a prevedere le ipotetiche relazioni
future con le imprese gemmate ed il loro eventuale atteggiamento nei confronti
dell’impresa madre. Un più attento monitoraggio dei flussi interni di conoscenza ed
una migliore gestione degli script esplicanti processi “critici” per l’impresa favorirà
l’imprenditore a gestire i processi di gemmazione in modo da integrare
verosimilmente l’impresa spin off in una relazione di “quasi mercato” con l’impresa
madre: in buona sostanza, consentirà lo sviluppo di una relazione collaborativa
finalizzata alla creazione di una “meta-organizzazione”.
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