In questa parte vengono descritti gli interventi attuabili nell`ambito di

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In questa parte vengono descritti gli interventi attuabili nell`ambito di
PROVINCIA DI COMO – SETTORE RISORSE AMBIENTALI SERVIZIO PESCA
Studio geologico ambientale del Torrente Lanza
1.3
INTERVENTI PER IL MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ DELLE ACQUE
In questa parte vengono descritti gli interventi attuabili nell’ambito di studio per il
miglioramento della qualità delle acque del Torrente Lanza; tali interventi sono finalizzati alla
riduzione dei carichi inquinanti puntuali immessi attualmente nel corso d’acqua.
La tipologia d’intervento scelta riguarda l’affinamento dei reflui già precedentemente sottoposti
a trattamento depurativo convenzionale con l’impiego di sistemi naturali quali il lagunaggio e
la fitodepurazione, che possono essere impiegati anche in modo integrato.
Nell’immagine seguente è illustrato un sistema di fitodepurazione-lagunaggio per l’affinamento
dei reflui in uscita da un impianto di depurazione.
Figura 1-4: Impianto di affinamento nel Comune di Cadrezzate (VA): sistema ibrido con bacini di lagunaggio e
di fitodepurazione.
1.3.1
I trattamenti con macrofite
I trattamenti fitodepurativi si basano su processi biologici che si realizzano principalmente a
livello degli apparati radicali e rizomatosi di piante acquatiche e palustri.
Le considerazioni che verranno di seguito formulate sono sostenute da una ricca bibliografia
concernente appunto gli impianti di trattamento mediante idrofite degli scarichi inquinanti.
Le tipologie fitodepurative vengono adottate sia come trattamento secondario sia come
finissaggio di sistemi di depurazione convenzionali (vasche a fanghi attivi, dischi biologici,
ecc..); le numerose applicazioni a livello mondiale hanno permesso lo sviluppo di metodologie
di calcolo in grado di ottimizzarne la progettazione.
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I quantitativi di nutrienti assimilabili per tipo di pianta sono illustrati in Tabella 1-1 (fonte:
Bonomo & Pastorelli, 1996). I meccanismi di rimozione dei diversi inquinanti presenti
abitualmente in un refluo sono riportati schematicamente nella Tabella 1-2.
Le idrofite che esplicano l’azione fitodepurativa possono essere emergenti, sommerse o
galleggianti, differenziando così la tipologia del sistema naturale di fitodepurazione.
Tabella 1-1: Quantitativi di nutrienti assimilabili da alcune delle macrofite acquatiche più utilizzate in bacini di
fitodepurazione
Assunzione
[ g di P / m 2 *
d]
Stoccaggio
[g di P /m2]
Composizione
[g di P /kgSS]
Fosforo
Assunzione
[g di N /m2*
d]
Stoccaggio
[g di N /m2]
Azoto
Composizione
[g di N /kgSS]
Produttività
[gSS /m2 * d]
Densità
[gSS /m2]
Idrofite
Biomassa
GALLEGGIANTI
Eichhornia crassipes
20002400
16-30
10-40
30-90
0,53-1,6
1,4-12
6,0-18,0
0,1-0,31
Pistia stratiotes
6001050
14-22
12-40
9-25
0,37-1,4
1,5-11,5
2,0-5,7
0,08-0,3
Hydrocotyle sp.
7001100
8-16
9-30
0,15-0,88
2,0-12,5
2,3-7,5
0,04-0,21
Alternanthera sp.
1800
21
15-35
24-43
0,38-1,23
2.0-9,0
3,0-5,3
0,05-0,16
Lemna sp.
130
2-7
25-50
1-5
0,1-0,33
4,0-15,0
0,1-1,6
0,03-0,11
Salvinia sp.
240-320
2-12
20-48
2-9
0,1-0,47
1,8-9,0
0,4-2,4
0,03-0,12
0,5-4,0
4,5-37,5
0,02-0,11
15-45
EMERGENTI
Typha sp.
4302250
2-17
Juncus sp.
2200
15
Scirpus sp.
Phragmites sp.
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6003500
3-16
5-24
25-156
0,16-0,72
15
20-30
0,22
2,0
4
0,03
8-27
18-53
0,03
1,0-3,0
4,0-11,0
0,01
18-21
14-53
0,06
2,0-3,0
1,4-5,3
0,01
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Figura 1-5: Trattamenti di fitodepurazione
[a]: fitodepurazione
mediante idrofite
emergenti a flusso
superficiale e subsuperficiale con
impermeabilizzazione
(flusso orizzontale)
[b]: fitodepurazione
mediante idrofite
emergenti a flusso
superficiale senza
impermeabilizzazione
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Descrizione
Batteri e virus
Organiche
refrattarie
Metalli pesanti
Fosforo
Azoto
BOD
Solidi sospesi
Solidi sedimentabili
Meccanismi di
rimozione
Tabella 1-2: Meccanismi di rimozione nelle zone umide d’inquinanti presenti nelle acque reflue.
FISICI
P
S
Filtrazione
S
S
Particolato rimosso meccanicamente dal
passaggio dell’acqua attraverso il
substrato, gli apparati radicali o i pesci
S
Forze d’attrazione interparticellare (forze
di Van der Waals)
Adsorbimento
I
I
I
I
I
I
Sedimentazione gravitazionale di solidi in
stagni/paludi di sedimentazione
Sedimentazione
CHIMICI
Legenda:
Precipitazione
P
P
Adsorbimento
P
P
Decomposizione
I = effetto
incrementale
causato dalla
rimozione di un
altro inquinante
Adsorbimento su substrato e sulla superficie
radicale
S
P
P
Decomposizione o alterazione de composti
più stabili per ossidazione e riduzione
BIOLOGICI
P = effetto primario
S = effetto secondario
Formazione di composti insolubili o
coprecipitazione
Metabolismo
batterico
P
P
P
Matabolismo
delle piante
Assorbimento
della pianta
S
S
Rimozione di solidi colloidali e organici
solubili da parte di batteri sospesi, bentici
e aggregati alle piante. Nitrificazione e
denitrificazione batterica
P
S
S
S
In particolari condizioni, significative
quantità di questi contaminanti saranno
rimossi dalle piante
S
Decadimento
naturale
Assunzione e metabolizzazione di composti
organici da parte delle piante. La
secrezione della radici può essere tossica
per microrganismi di derivazione enterica
P
Decadimento naturale di organismi in
condizioni ambientali sfavorevoli
Le piante che trovano il più ampio campo applicativo sono emergenti della famiglia delle
Graminacee ed in particolare Typha latifolia e Phragmites australis per i seguenti motivi:
x elevata capacità depurativa (ossidazione della sostanza organica): queste specie sono
comunemente impiegate nella realizzazione di impianti di fitodepurazione di reflui civili ed
industriali. In particolare la Typha latifolia presenta elevate capacità di utilizzo dei nutrienti
(Tabella 1-1);
x facilità con cui attecchiscono e si propagano nel nostro clima: le specie in questione sono
infatti spontaneamente presenti nelle aree umide limitrofe;
x sono facilmente reperibili a costi relativamente bassi.
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I sistemi naturali ad idrofite presentano, se comparati ai trattamenti convenzionali, i seguenti
vantaggi:
x semplicità costruttiva;
x bassi costi gestionali caratterizzati da modesti consumi energetici e di manutenzione,
nonché da un limitato impiego di personale;
x impatto ambientale estremamente limitato;
x buoni rendimenti depurativi.
Gli svantaggi sono soprattutto dovuti a:
x elevata richiesta di superficie;
x grande variabilità delle caratteristiche qualitative in uscita con rendimenti depurativi
inferiori nella stagione invernale (basse temperature dei reflui);
x limitato abbattimento dei nutrienti (buoni rendimenti sono ottenibili soltanto impiegando
superfici molto estese);
x possibili problemi igienico-sanitari dovuti allo sviluppo di insetti.
1.3.2
Il post-affinamento in stagni biologici
Gli stagni biologici, a seconda del processo biologico di biodegradazione che li regola, possono
essere suddivisi in:
a) stagni facoltativi, dove negli strati superiori si instaura un'intensa attività fermentativa da
parte dei batteri aerobi (favorita dalla produzione di ossigeno da parte delle alghe), mentre
negli strati profondi e nei sedimenti, in carenza di ossigeno, prevalgono i processi
anaerobici facoltativi;
b) stagni anaerobici, nei quali i processi degradativi avvengono ad opera di batteri anaerobi
facoltativi in carenza di ossigeno (la crosta superficiale impedisce il passaggio della luce e
la conseguente fotosintesi algale).
In questa sede si considerano esclusivamente gli stagni facoltativi. Tali sistemi hanno come
scopo principale quello di migliorare la qualità globale degli effluenti biologici; in particolare,
nonostante non si abbiano sempre ottimi rendimenti per quanto concerne l’abbattimento di
BOD5 e COD (specialmente per effluenti già in partenza di buona qualità), sono sempre
garantiti ottimi rendimenti di rimozione per solidi sospesi e carica microbiologica
(disinfezione). Il lagunaggio è, infatti, una pratica comunemente adottata per l'affinamento di
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acque reflue da utilizzare in agricoltura, in quanto è in grado di garantire elevate efficienze di
abbattimento della carica microbica, al fine di ridurre al minimo il rischio igienico-sanitario
associato al consumo delle colture irrigate.
A tal proposito è fondamentale il dimensionamento del bacino, sia in termini di superficie
adibita a lagunaggio (superficie richiesta per abitante equivalente), sia per quanto concerne il
tempo di ritenzione dei reflui nello stagno.
Figura 1-6: Schema di funzionamento di uno stagno facoltativo
I principali meccanismi che determinano la rimozione di inquinanti in bacini di questo tipo
sono (Figura 1-6):
x radiazione solare;
x sedimentazione;
x degradazione aerobica e anaerobica da parte di alghe e batteri.
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2.1
PROPOSTE DI INTERVENTO IN BASE ALLE CRITICITÀ
INDIVIDUATE
GLI ELEMENTI DI CRITICITÀ RISCONTRATI NELLE INDAGINI PRELIMINARI
Sulla base dei dati disponibili e delle indagini specifiche descritte nei precedenti capitoli è stato
possibile definire un quadro delle problematiche che attualmente interessano il Torrente Lanza
e le aree circostanti.
In particolare, da una rielaborazione delle informazioni raccolte, sono state individuate quattro
tipologie di criticità:
1. Aree soggette a fenomeni di esondazione: benché in condizioni di piena il torrente esondi
in diversi punti, sono state individuate 3 aree critiche sotto questo profilo, corrispondenti a
tre insediamenti particolarmente vicini al torrente e soggetti a frequenti esondazioni. Le
aree critiche sono state individuare sulla base di osservazioni dirette e di colloqui tenutisi
con gli amministratori locali e con le persone che abitano negli edifici interessati dalle
esondazioni.
2. Tratti con problemi di carattere geomorfologico legati alla dinamica del corso
d’acqua: il rilievo geomorfolgico del torrente e della fascia perifluviale ha evidenziato
numerosi tratti soggetti a problemi di erosione spondale e di accumulo di materiale
nell’alveo fluviale; esaminando questi risultati si è cercato di individuare quelli critici,
considerandoli tali nei casi in cui rappresentino un elemento di rischio per: strade, ferrovia
o abitazioni; sono inoltre stati ritenuti critici i tratti in cui, pur non essendoci particolari
elementi di rischio, è stata rilevata un’eccessiva tendenza degenerativa della morfologia del
torrente. Complessivamente sono stati individuati 11 tratti critici sotto questo aspetto.
3. Tratti critici a livello di mesohabitat: il rilievo del mesohabitat fluviale ha consentito di
individuare quattro tratti caratterizzati da un’eccessiva banalizzazione dell’habitat fluviale;
le aree critiche corrispondono a tratti che sono stati in passato oggetto di interventi di
artificializzazione.
4. Immissioni di scarichi provenienti da depuratori: dai dati di qualità biologica del
torrente e dalle osservazioni dirette è emerso che gli scarichi dei depuratori di Cagno e di
Cantello rappresentano un elemento critico sotto questo punto di vista.
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2.1.1
1
Aree soggette a fenomeni di esondazione
Mulino Tibis
Percorrendo il tratto di torrente in esame da monte verso valle, il Mulino Tibis è il primo degli
insediamenti che sono stati ritenuti in posizione critica per quanto riguarda il problema delle
esondazioni. Il mulino si trova in Comune di Rodero, circa 400 m a monte del Mulino
Bergamo, che rappresenta il secondo insediamento ritenuto critico. Le informazioni di seguito
riportate provengono in parte da quanto si è potuto osservare durante i sopralluoghi e dal rilievo
geomorfologico ed in parte da quanto emerso da un colloquio con l’attuale proprietario del
mulino.
Secondo quest’ultimo, la frequenza delle esondazioni che interessano la sua proprietà è
notevolmente aumentata dopo che sono stati fatti i lavori di ripristino della ferrovia: con tali
lavori è stato modificato il percorso del torrente a monte, il che ha provocato un aumento del
trasporto solido verso valle. Secondo questa persona, negli ultimi 6-7 anni il fondo dell’alveo si
è alzato di quasi un metro a causa del materiale proveniente da monte.
Per quanto riguarda la situazione attuale, si verificano frequenti esondazioni nell’area
immediatamente a valle dell’abitazione, in corrispondenza della stalla (Figura 2-2). In questo
tratto il torrente esonda frequentemente (più volte all’anno), raggiungendo spesso la stalla che,
per questo motivo, non viene più utilizzata come tale. Dopo tali eventi è necessario rimuovere
il sedimento che si deposita nell’area antistante l’edificio (Figura 2-3-b).
Durante le piene più consistenti, che attualmente si verificano ogni 1-2 anni, il fiume tracima a
valle dell’immissione del Rio Renone, in corrispondenza dell’ultima curva prima del tratto
rettilineo che prosegue poi fino al mulino. L’acqua defluisce lungo il prato che si trova a monte
dell’edificio principale, per poi rientrare in alveo prima di raggiungere l’edificio principale
(Figura 2-3-a). Quest’ultimo si trova ad una quota più alta rispetto al torrente e quindi, durante
le piene, non viene interessato direttamente dalle esondazioni.
Per un quadro più preciso riguardo alla morfologia dell’area, si rimanda alla Tavole 1–d, 1-e.
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Figura 2-1: Mulino Tibis – edificio principale
Figura 2-2: Mulino Tibis – stalla posta a valle dell’edificio principale
Figura 2-3: Mulino Tibis – prato a monte dell’abitazione (a) e sedimento depositato davanti alla stalla dopo una
modesta esondazione (b)
2
Mulino Bergamo
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Il Mulino Bergamo si trova circa 350 m a valle del Mulino Tibis e vi si accede percorrendo una
strada sterrata che, partendo da quest’ultimo, costeggia il torrente in sponda destra fino a
raggiungere il mulino.
L’abitazione si trova ad una quota poco superiore a quella dell’alveo fluviale (Tavole 1-c, 1-d)
e pertanto è spesso soggetta ad allagamento durante le piene del corso d’acqua. Anche in questo
tratto l’alveo fluviale si è alzato notevolmente negli ultimi anni e, di conseguenza, è aumentata
la frequenza delle esondazioni.
Durante le piene, il torrente comincia a tracimare in corrispondenza della curva che si trova 200
m a monte dell’abitazione, rendendo inaccessibile l’unica strada di accesso. In corrispondenza
di questa curva, inoltre, è stato rilevato un fenomeno di erosione spondale che mette a rischio la
fruibilità della strada. Il tratto di torrente in cui il fiume tracima si estende fino a raggiungere la
pista di attraversamento del torrente: qui la sponda diventa leggermente più alta e riesce a
contenere meglio le piene. Durante le esondazioni tutta l’area circostante l’abitazione, ad
eccezione del lato ad ovest rivolto verso il versante, viene coperta dall’acqua, che raggiunge
anche il piano terra dell’abitazione.
Per un quadro più preciso riguardo alla morfologia dell’area, si rimanda alla Tavole 1-c, 1-d.
Figura 2-4: Mulino Bergamo
3
Mulino del Trotto
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Il Mulino del Trotto si trova nel Comune di Cagno, immediatamente a valle del ponte sulla
strada che collega Cagno a Cantello. In questo insediamento sono presenti diversi edifici, di cui
solo quello che in passato ospitava il mulino è interessato da problemi dovuti alle esondazioni.
Questa abitazione si trova in una posizione sfavorevole in quanto, oltre ad essere ad una quota
poco superiore a quella dell’alveo fluviale (Tavola 1-a), è collocato in una specie di catino;
fatta eccezione per il versante nord rivolto verso il fiume, è circondata da aree con una quota
maggiore: verso est c’è il rilevato stradale, verso sud un cortile interno e quindi il versante della
valle e verso ovest, dove dovrebbe esserci una modesta discesa, il terreno invece risale fino ad
un edificio posto sempre sulla riva del fiume 20 metri più a valle.
Inoltre, il terreno circostante l’edificio è anche ad una quota inferiore rispetto al prato che
costeggia la sponda destra del torrente (Figura 2-5). Si rimanda alla Tavola 1-a per avere un
quadro più preciso della morfologia locale.
Non esistendo alcun tipo di protezione dell’insediamento dalle esondazioni e, vista la
morfologia dell’area, la realizzazione di un’arginatura implicherebbe dei problemi legati al
drenaggio delle acque meteoriche provenienti dal versante retrostante.
Dalle conversazioni tenute con gli inquilini dell’abitazione è emerso quanto segue:
x L’area antistante l’abitazione si allaga assai frequentemente (più volte all’anno); in queste
occasioni l’acqua comincia a tracimare in corrispondenza della scala in pietra che scende
verso l’alveo (Figura 2-5), invade progressivamente tutto il piazzale che separa l’abitazione
dal torrente e, durante le piene più consistenti, anche l’area posta ad ovest della casa; inoltre
in queste occasioni si verificano danni al piano terreno dell’abitazione.
x Durante gli eventi più critici, che ultimamente si verificano con una frequenza di 1-2 anni,
il torrente tracima anche a monte del ponte, l’acqua passa sopra al rilevato stradale ed
invade il prato di fronte all’abitazione; durante gli eventi di tale entità, il battente idrico
davanti all’abitazione raggiunge facilmente l’altezza di 1 metro.
x Per quanto riguarda infine le conseguenze delle esondazioni, il principale problema non
risulta tanto essere rappresentano dai danni alle strutture e al contenuto dell’edificio, quanto
dall’ingente quantità di sedimento che rimane nel piano terra della casa e nel piazzale dopo
le esondazioni; i proprietari, in alcuni casi, ricevono l’aiuto del personale della Protezione
Civile, in altri devono invece provvedere a rimuovere il sedimento con i loro mezzi.
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Figura 2-5:
Mulino del Trotto visto da valle – la freccia gialla indica il punto in cui inizia a sfiorare l’acqua
durante le piene
Figura 2-6: Mulino del Trotto - due vedute dall’area che si allaga durante le piene
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2.1.2
Tratti con problemi di carattere geomorfologico legati alla dinamica del corso
d’acqua
In questo paragrafo verranno descritti i tratti in cui sono state rilevate criticità di carattere
geomorfologico, già individuate nella Tavola 4. I tratti critici sono descritti procedendo da
monte verso valle.
1
Tra il ponte ferroviario e il ponte della S.P. 20
In questo tratto, lungo circa 400 m, è presente una notevole quantità di materiale sedimentato
sia all’interno dell’alveo che sulle fasce spondali. L’alveo è estremamente dinamico, ma
mantiene un andamento pressoché rettilineo per tutto il tratto in esame.
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2
Tra la briglia a valle del ponte della S.P. 20 e il ponte ferroviario
Sono stati rilevati fenomeni erosivi piuttosto consistenti su entrambe le sponde che interessano
più o meno l’intero tratto; le erosioni non creano problemi sull’uso del territorio circostante e
sono probabilmente l’effetto della tendenza che ha il fiume a riassumere un andamento
meandriforme in seguito agli interventi di rettificazione. Sono inoltre presenti alcune zone di
accumulo ed una piccola traversa in calcestruzzo in pessime condizioni che, al momento, non
sembra avere alcuna utilità. Il tratto in esame è lungo circa 150 m.
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3
A valle della stazione ferroviaria
È stata rilevata la presenza di molto materiale grossolano che ha di fatto riempito l’alveo del
torrente; attualmente l’ambiente ha una discreta naturalità tuttavia il fiume non ha più un alveo
di magra vero e proprio bensì scorre sullo strato di ghiaia, per una lunghezza complessiva di
circa 200 m. A valle della stazione, in sponda sinistra, c’è un piccolo bacino che, negli ultimi
anni, si è riempito di una grande quantità di ghiaia.
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4
A monte della confluenza del Rio Renone
Il torrente ha un andamento estremamente meandriforme con consistenti erosioni all’esterno
dei meandri (specialmente in sponda sinistra) e accumuli di ghiaia all’interno. Questo tratto ha
una lunghezza di circa 150 m.
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5
A valle del Mulino Tibis
In questo tratto, lungo complessivamente circa 100 m, il torrente presenta due diversi problemi:
o in corrispondenza del ponte stradale a valle del mulino è presente un consistente accumulo
di materiale ghiaioso che ne riduce notevolmente la sezione di deflusso interferendo con il
deflusso idrico (specialmente durante le piene);
o a valle del ponte, dove il torrente curva verso sinistra, è presente una lunga fascia di
erosione in sponda destra che, in alcuni tratti, può coinvolgere la strada di accesso al
Mulino Bergamo.
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6
A monte del Mulino Bergamo
Poco a monte del mulino è presente un meandro dove è in atto un fenomeno erosivo su
entrambe le sponde (in corrispondenza del meandro, a sinistra, e, immediatamente a valle, a
destra) che sta avanzando piuttosto rapidamente. In questo tratto vi è inoltre un eccessivo
accumulo di materiale, in particolare all’interno del meandro. Il tratto è lungo
complessivamente 60 m.
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7
A valle del ponte ferroviario:
In questo tratto, lungo circa 150 m, sono presenti fenomeni erosivi consistenti su entrambe le
sponde. Le erosioni in sponda destra interessano inoltre la massicciata ferroviaria.
8
A valle dell’immissione del Rio dei Gioghi
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In sponda destra, ai piedi dello smottamento che interessa il versante meridionale della valle, è
presente un’erosione lunga circa 110 m che, in alcuni tratti, è particolarmente critica; è infatti
localizzata in prossimità della pista che costeggia il torrente fino alla traversa che un tempo
serviva a derivare l’acqua verso il Mulino del Trotto. In questo tratto sono inoltre presenti
numerosi accumuli di materiale ghiaioso.
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9
Sponda antistante il lato meridionale del depuratore di Cantello
In questo punto il fiume curva verso destra ed ha dato luogo ad un’erosione con un fronte di
circa 60 metri e alta 3-4 metri sulla sponda sinistra. La distanza tra la sponda stabile e la pista
che costeggia il torrente fino alla confluenza del Rio dei Gioghi è inferiore a 4 metri.
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10 A monte del ponte del Mulino del Trotto
In questo tratto sono stati rilevati fenomeni erosivi su entrambe le sponde; in particolare, le
erosioni in sponda destra potrebbero in futuro arrecare danni alla ferrovia. Il tratto è lungo
complessivamente 130 m.
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11 Davanti al Mulino del Trotto
Qui sono stati rilevati diversi tipi di problemi: oltre agli interventi correlati alla necessità di
realizzare una difesa spondale sulla sponda verso il mulino (si veda il precedente paragrafo),
sono stati rilevati i seguenti problemi:
9cedimento della parte terminale della
massicciata realizzata in sponda destra
immediatamente a valle del ponte
stradale ed eventuale necessità di
abbassare la stessa massicciata
per
facilitare lo spagliamento dell’acqua sul
lato destro durante le piene;
9presenza di una grossa radice in centro
alveo, che induce un processo di
erosione in sponda sinistra, vicino alle
abitazioni;
9presenza dei resti di un vecchio
sbarramento, un centinaio di metri a
valle del mulino, che interferisce con il
regolare deflusso delle portate idriche
specialmente durante le piene.
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2.1.3
1
Tratti critici a livello di mesohabitat
Tutto il tratto a monte della S.P.20
L’alveo presenta un habitat banalizzato privo di zone d’acqua profonda e con rifugi scarsi o
quasi assenti; ciò è dovuto, nel tratto iniziale a monte del ponte della SP 20, agli eventi
alluvionali che hanno allargato e spianato l’alveo. Proseguendo verso monte la naturalità del
percorso fluviale e dell’habitat è stata alterata pesantemente dagli interventi di regimazione e di
difesa spondale, anche in questo caso con effetto di banalizzazione della diversità idraulico –
morfologica e perdita di zone rifugio, aggravate dalla naturale carenza idrica nel periodo di
magra.
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2
Tra lo sbarramento a valle della S.P. 20 e la stazione ferroviaria
L’alveo è stato risagomato e rettificato, con evidente banalizzazione del mesohabitat; la
profondità dell’acqua è molto ridotta e i rifugi per i pesci sono quasi del tutto inesistenti, anche
a causa dell’assenza di naturalità della zona riparia in sponda sinistra.
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3
In corrispondenza del Mulino Tibis (a monte del ponte stradale)
La naturalità della zona riparia è piuttosto scarsa, con effetti negativi sulla disponibilità di rifugi
per i pesci. Il substrato di fondo risente della sedimentazione di materiale organico proveniente
dallo scarico del depuratore di Cagno (il Rio Renone, che riceve i reflui del depuratore, si
immette poco a monte).
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4
In corrispondenza del Mulino Bergamo (a monte del ponte pedonale)
L’alveo è parzialmente rettificato per effetto di un muro in sponda sinistra; ne risulta una
banalizzazione dell’habitat, con acque poco profonde e ridottissima presenza di rifugi.
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2.1.4
1
Immissioni di scarichi provenienti da depuratori
Depuratore di Cagno
Il depuratore di Cagno si trova nell’omonimo comune e scarica nel Rio Renone, circa 1
chilometro a monte dell’immissione nel Lanza. L’impianto è di proprietà comunale ed è
attualmente gestito dalla Saceccav; oltre al comune di Cagno, l’impianto serve i comuni di
Albiolo, Solbiate e Valmorea. Attualmente l’impianto è dimensionato per 5.600 abitanti
equivalenti, ma è previsto un ampliamento per portarlo a 8.600. La tipologia impiantistica è a
fanghi attivi. Da quanto si è potuto osservare durante i sopralluoghi e da quanto si è appreso
dalle conversazioni con gli amministratori locali e con gli abitanti del luogo l’impianto non
funziona in modo corretto: spesso l’acqua proveniente dal Rio Renone è schiumosa e
maleodorante, caratteristica che si mantiene poi anche a valle della confluenza.
Dai dati di monitoraggio biologico infatti risulta evidente l’impatto significativo generato dalla
presenza degli scarichi provenienti dal depuratore di Cagno sulla qualità ecologica del tratto in
questione. La classe di qualità del torrente, attribuita attraverso l’applicazione dell’indice IBE,
passa infatti da una II, tipica di ambienti “con sintomi di inquinamento o di alterazioni
moderati”, in corrispondenza della stazione situata a monte della punto di immissione del Rio
Renone, ad una III in corrispondenza della stazione localizzata a valle della confluenza. In
questo tratto, le acque vengono classificate come “inquinate” e il peggioramento della qualità
ambientale rispetto ai tratti posizionati a monte può essere verosimilmente imputata alla
presenza dello scarico proveniente dal depuratore di Cagno.
Figura 2-7: Confluenza tra Torrente Lanza (a sinistra) e Rio Renone (a destra). Si può assumere l’alterazione
del fondale indotta dalla qualità scadente del Rio Renone.
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2
Depuratore di Cantello
Il depuratore di Cantello è collocato a pochi metri dall’alveo del Torrente Lanza, dove scarica i
reflui depurati, in sponda destra. L’impianto, di proprietà del Consorzio dell’Olona e
attualmente gestito da Sogeiva, è in funzione dal 1994 e serve i comuni di Cantello e Rodero. Il
depuratore è stato dimensionato per servire 7.000 abitanti equivalenti, con una portata media di
2.500 m3/giorno. L’impianto è dotato di vasca a fanghi attivi per l’ossidazione della
componente organica e la nitrificazione dell’ammoniaca. I fanghi estratti sono sottoposti a
processo di digestione aerobica.
Dai colloqui tenuti con gli amministratori locali e con gli abitanti del luogo è emerso che,
durante le piene, il torrente esonda nell’area del depuratore, con evidenti conseguenze sulla
qualità delle acque e sul buon funzionamento dello stesso.
Come descritto nel paragrafo Errore. L'origine riferimento non è stata trovata., dai risultati
del monitoraggio biologico si evince che gli scarichi del suddetto depuratore inficiano la qualità
ecologica del Torrente Lanza, determinando la presenza di una comunità macrobentonica
alquanto alterata. Il punteggio ottenuto dall’applicazione dell’indice IBE, relativamente alla
stazione situata immediatamente a valle dell’impianto di depurazione, individua infatti una
classe di qualità III tendente a IV, corrispondente a un giudizio di ambiente “inquinato o
comunque alterato” tendente a “molto inquinato o comunque molto alterato”. La qualità
“critica” del tratto in questione è dunque da ascriversi principalmente a fenomeni di
inquinamento organico legati agli scarichi dei depuratori, accentuati dalla condizione di forte
magra che interessava il torrente durante il campionamento. L’impatto di tale scarico risulta
inoltre evidente nel passaggio dalla III classe di qualità della stazione immediatamente a monte
dell’impianto, alla III tendente alla IV della stazione a valle del suddetto.
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Figura 2-8: Il depuratore di Cantello
Figura 2-9: Scarico del depuratore di Cantello nel Torrente Lanza
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2.2
CRITERI PER LA SCELTA DEGLI INTERVENTI PIÙ IDONEI
L’individuazione degli interventi prioritari da eseguire sul Torrente Lanza viene fatta attraverso
un’analisi complessiva dei risultati emersi fino a questo punto. Le criticità precedentemente
individuate vengono tra loro confrontate in modo da suddividere il torrente in tratti secondo i
seguenti criteri:
a) tratti che non presentano particolari problemi né dal punto di vista geomorfologico, né per il
mesohabitat;
b) tratti con problemi di carattere geomorfologico, ma con un habitat sufficientemente
diversificato;
c) tratti senza particolari problemi di carattere geomorfologico, ma in cui è stata riscontrata
un’eccessiva banalizzazione dell’habitat;
d) tratti critici sia dal punto di vista geomorfologico che della qualità del mesohabitat.
Sulla base di questa nuova classificazione del corso d’acqua vengono definiti gli interventi più
adatti ai diversi tratti individuati, scegliendo in linea di massima tra quelli presentati nel
Capitolo 1.
Un discorso a parte vale per le criticità relative a qualità dell’acqua e a problemi di
esondazione. Nel primo caso saranno proposti interventi specifici ed esterni all’alveo fluviale,
che non possono pertanto essere abbinati ad interventi per risolvere criticità di diversa natura.
Nel caso delle esondazioni vengono invece considerate due tipologie di intervento:
1. Interventi locali, che possono consistere in arginature, rimozione del materiale accumulato
in punti critici, difese spondali, ecc... Gli interventi di questo tipo vengono analizzati
insieme a quelli di ingegneria naturalistica proposti per contrastare le criticità di carattere
geomorfologico e di banalizzazione dell’habitat; in pratica, nel suddividere il torrente in
tratti secondo i criteri esposti poc’anzi, si terrà conto anche di queste necessità.
2. Interventi su larga scala, che consistono in azioni specifiche per il controllo delle
esondazioni (paragrafo 1.2), che non interessano il solo alveo fluviale, ma richiedono
l’utilizzo anche di altre aree esterne al corso d’acqua.
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La scelta della tipologia di intervento più adatta ad uno specifico tratto del torrente viene fatta
considerando:
o la necessità di contrastare criticità di carattere geomorfologico ed il tipo di problemi
riscontrati (erosioni, accumuli, ...); si individua quindi una prima rosa di interventi adatti al
caso specifico;
o la necessità di contrastare criticità dovute ad eccessiva banalizzazione dell’habitat ed il tipo
di problemi riscontrati (mancanza di rifugi, mancanza di buche, alveo troppo largo e poco
profondo, ecc...); si individua quindi una seconda rosa di interventi adatti al caso specifico;
o la necessità di intervenire per risolvere, almeno in parte, problemi legati ad esondazioni del
torrente;
o le dimensioni del tratto su cui intervenire;
o la tendenza evolutiva dell’alveo fluviale;
o la salvaguardia dell’ambiente naturale;
o le caratteristiche idrauliche del torrente nel tratto su cui intervenire;
o la disponibilità di materiale con cui realizzare gli interventi di ingegneria naturalistica.
Sulla base di questi criteri vengono individuati uno o più interventi compatibili con le diverse
esigenze emerse; è anche possibile proporre la realizzazione di due o più tipologie di intervento
tra loro combinate. Infine, una volta proposta una certa modalità di intervento si verifica che
questa sia effettivamente compatibile con il territorio in cui deve essere inserita.
Occorre precisare che le tipologie che verranno di seguito proposte, prima di essere realizzate,
dovranno essere oggetto di una successiva fase progettuale, in grado di individuarne l’esatta
collocazione, le idonee dimensioni, i particolari costruttivi e quant’altro indispensabile per una
corretta ed efficace realizzazione.
Inoltre è indispensabile che la progettazione dei singoli interventi avvenga in modo integrato
con quanto previsto nell’ambito di questo studio a monte e a valle degli stessi.
Infine, soprattutto per quanto riguarda la creazione delle aree adibite a laminazione delle piene,
è indispensabile l’esatta determinazione dei volumi di invaso in relazione ai differenti tempi di
ritorno delle piene (Capitolo Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.).
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Figura 2-10: Schema logico della procedura utilizzata per la selezione degli interventi da realizzare
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2.3
PROPOSTE DI INTERVENTO
Nelle pagine che seguono vengono descritte le proposte di intervento individuate per il
Torrente Lanza, sulla base della metodologia esposta nel paragrafo precedente.
Poiché, come si è già visto, gli interventi per il miglioramento della qualità dell’acqua e gli
interventi per il controllo delle esondazioni non riguardano il solo alveo fluviale, ma
interessano anche altre aree, queste due tipologie di intervento verranno trattate a parte. Al
contrario, per quanto riguarda gli interventi da eseguire in alveo o sulle sponde del torrente,
questi saranno trattati unitamente procedendo da monte verso valle.
Per la localizzazione dei tratti di torrente e delle aree esterne cui si riferiscono gli interventi
proposti, si rimanda alla Tavola 5.
2.3.1
1
Interventi in alveo
A monte del ponte ferroviario
Riferimento al tratto n° 1 con criticità a livello di mesohabitat nella Tavola 4 e nel paragrafo
2.1.
Il tratto considerato è lungo oltre 1 chilometro e si estende dalla risorgiva nel Comune di
Bizzarone - dove termina il tratto in subalveo - fino al ponte ferroviario a monte del ponte
stradale della S.P.20. Qui l’alveo è molto largo (10 – 15 m), con un andamento pressoché
rettilineo, ed il fondo è costituito da materiale ghiaioso grossolano (D max = 25 cm; D50 = 8 cm),
che viene mosso durante le piene anche di modesta entità. L’attuale morfologia dell’alveo è il
risultato dei lavori per il ripristino della linea ferroviaria che, oltre ad aver modificato il
tracciato del torrente, hanno anche incrementato l’entità del trasporto solido. La sponda sinistra
è artificiale per quasi tutto il tratto in esame (in questo tratto la ferrovia si trova infatti in sponda
sinistra a pochi metri dal letto del torrente), mentre in sponda destra si alternano tratti
artificializzati e tratti naturali.
I principali problemi riscontrati in questo tratto sono quindi legati all’eccessiva banalizzazione
dell’habitat: la portata è infatti esigua e non esiste un alveo di magra stabile in cui la fauna ittica
possa svolgere efficacemente le proprie attività vitali. Inoltre, in seguito agli interventi di
rettificazione dell’alveo, la fascia perifluviale risulta estremamente degradata, il che ha effetti
negativi sia sulla stabilità della stessa, sia sulle sue funzioni di rifugio per i pesci.
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Considerata la situazione attuale si propone di intervenire mediante:
o Piantagione di specie arboree e arbusti lungo tutta la sponda sinistra del torrente e, ove la
distanza dalla linea ferroviaria lo consenta, anche in sponda destra; come è stato esposto
nella scheda n° 08, sono da utilizzare specie autoctone pioniere (ad esempio ontano e
frassino come specie arboree e nocciolo e sambuco come arbusti) che possano costituire il
punto di partenza per ricostruire una fascia perifluviale naturale.
o Interventi di ingegneria naturalistica che consentano di ripristinare una
buona alternanza di pool, run e riffle e di contenere l’acqua in un letto di
magra delimitato; si propone pertanto la realizzazione di deflettori o
costrittori ed eventualmente di piccole briglie che riducano il trasporto
solido e prevengano l’inghiaiamento del letto di magra (schede n° 10 e
11). Un possibile intervento per la realizzazione di un letto di magra è
Alveo
di magra
Pennelli
costituito dalla creazione di pennelli che fermino la ghiaia e, in
condizioni di magra, costringano l’acqua a defluire in una sezione
predefinita; con tale intervento è anche possibile sviluppare dei piccoli
Alveo attuale
meandri (scheda n° 04).
o Realizzazione di rifugi artificiali per pesci sia sulle sponde che in alveo; questo obiettivo
viene raggiunto in parte con gli interventi proposti al punto precedente ed in parte mediante
l’introduzione di massi in alveo (scheda n° 12). È anche possibile creare dei rifugi spondali
ancorando alle sponde i tronchi già presenti in alveo (scheda n° 06). Si sconsiglia la
realizzazione di semitronchi in quanto verrebbero probabilmente intasati dalla ghiaia in
tempi brevi.
Gli interventi di ingegneria naturalistica proposti per questo tratto sono in conclusione
riconducibili alle schede n° 4, 6, 8, 10, 11 e 12.
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2
Tra il ponte ferroviario e il ponte stradale della S.P. 20
Riferimento al tratto n° 1 con criticità a livello di mesohabitat e al tratto n° 1 con problemi
di carattere geomorfologico nella Tavola 4 e nel paragrafo 2.1.
Come si è visto nei precedenti paragrafi, questo tratto di torrente presenta problemi analoghi a
quello immediatamente a monte. In linea generale, si propongono quindi i medesimi interventi
proposti per il tratto più a monte, fatta eccezione per la piantagione delle sponde.
La differenza fondamentale tra questo tratto e quello a monte, che è anche il motivo per cui
questi sono stati divisi, risiede nel fatto che questo tratto corrisponde con l’area in cui si ritiene
debba essere realizzata la cassa di espansione. Per questo motivo, sempre nell’ottica di
intervenire in modo integrato sul torrente, non bisogna tanto ipotizzare degli interventi di
riqualificazione dell’alveo attuale, quanto progettare un alveo di magra ben diversificato
all’interno del progetto della cassa di espansione e con essa compatibile; tenendo presente
dunque quanto detto in questa parte, si rimanda al paragrafo 2.3.2 per maggiori chiarimenti su
come si propone di intervenire in questo tratto.
Gli interventi di ingegneria naturalistica proposti per questo tratto sono in conclusione
riconducibili alle schede n° 4, 6, 10, 11 e 12.
3
Tra la briglia a valle del ponte della S.P. 20 e la stazione ferroviaria
Riferimento al tratto n° 2 con criticità a livello di mesohabitat e al tratto n° 2 con problemi
di carattere geomorfologico nella Tavola 4 e nel paragrafo 2.1.
Nel tratto a valle del ponte della S.P. 20 sono stati rilevati problemi generali di erosione
spondale e di accumulo ed una generale banalizzazione dell’habitat. In particolare, i problemi
di carattere geomorfologico sono limitati al tratto compreso tra la briglia e il ponte ferroviario,
per una lunghezza di circa 150 m, mentre la scarsa qualità dell’habitat fluviale interessa il
torrente fino alla stazione ferroviaria, per una lunghezza complessiva di circa 450 metri.
Considerando che le erosioni in atto rilevate nel primo tratto non interferiscono con la fruibilità
del territorio circostante e che questa tendenza all’erosione può essere interpretata come un
processo naturale con il quale il torrente cerca di ricrearsi un andamento meandriforme in
seguito alle artificializzazioni passate, si ritiene inopportuno attuare interventi specifici di
difesa spondale; secondo quanto si è rilevato, infatti, un intervento di questo tipo contrasterebbe
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la tendenza evolutiva del corso d’acqua e con molta probabilità sposterebbe il problema più a
valle. Per quanto riguarda invece gli accumuli di materiale in alveo, questi non sono tali da
giustificare un intervento di sghiaiamento e comunque, se viene realizzata la cassa di
laminazione a monte (paragrafo 2.3.2), in questo tratto non dovrebbero più arrivare quantità
consistenti di ghiaia.
Ciò premesso, si è quindi ipotizzato di realizzare esclusivamente interventi finalizzati alla
diversificazione dell’habitat; nel tratto più a monte sono però stati privilegiati gli interventi in
grado di contenere, almeno in parte, i fenomeni erosivi.
Sulle sponde del tratto compreso tra la briglia e il ponte di ferro si suggerisce quindi di
collocare tronchi, radici e ramaglia già presenti in sito in modo da incrementare il numero di
rifugi e contemporaneamente limitare la tendenza all’erosione (scheda n° 12). Tali interventi
possono essere integrati realizzando dei ricoveri artificiali sottosponda (scheda n° 15), che
devono essere realizzati anche nel tratto più a valle. Per la diversificazione del mesohabitat si
propone la realizzazione di alcuni deflettori, valutando attentamente gli effetti di tali opere
sull’erosione spondale (scheda n° 11).
Infine, si suggerisce di rimuovere la briglia in cemento armato presente circa 100 m a valle del
ponte della S.P. 20.
Gli interventi di ingegneria naturalistica proposti per questo tratto sono in conclusione
riconducibili alle schede n° 11, 12 e 15.
Nel tratto n° 3 critico sotto il profilo geomorfologico, si è scelto di non effettuare alcun
intervento di sghiaiamento per i seguenti motivi:
1. gli interventi previsti a monte del suddetto tratto dovrebbero
ridurre notevolmente
l’apporto di materiale e facilitare un progressivo trasporto della ghiaia presente nel bacino
di sedimentazione proposto poco più a valle;
2. un intervento di sghiaiamento altererebbe avrebbe degli effetti negativi sul mesohabitat e
sull’ecosistema che, in questo tratto, ha riacquistato una propria naturalità;
3. il tratto non presenta particolari criticità legate alle esondazioni che possano giustificare un
intervento di questo tipo.
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4
In corrispondenza dell’immissione del Rio Renone
Riferimento al tratto n° 4 con problemi di carattere geomorfologico e all’area soggetta ad
esondazioni n° 1 nella Tavola 4 e nel paragrafo 2.1.
Questo tratto, lungo circa 200 m, ha un andamento meandriforme molto accentuato;
attualmente il torrente tende ad accentuare il suo andamento meandriforme, erodendo le sponde
all’esterno delle anse e sedimentando all’interno. L’evoluzione rilevata e tuttora in atto è
probabilmente un effetto della rettificazione effettuata a monte.
Vista anche la condizione del torrente a monte e a valle del tratto in esame, si è ipotizzato di
creare in quest’area una sorta di bacino di sedimentazione del materiale ghiaioso proveniente
da monte. Oltre al materiale che arriva a causa dell’elevato trasporto solido che attualmente
caratterizza il torrente, in futuro in quest’area si intende trattenere anche la ghiaia presente nel
tratto immediatamente a monte e che durante le piene sarà trasportata a valle; nello stesso
tempo questa opera dovrebbe frenare la tendenza all’innalzamento del fondo dell’alveo nel
tratto a valle. La realizzazione del bacino di sedimentazione richiede lo sghiaiamento di tutto il
tratto considerato non tanto nell’alveo bagnato, che in molti tratti è già relativamente pulito, ma
all’interno dei meandri dove è accumulata un ingente quantità di ghiaia. Inoltre, a valle
dell’area di sedimentazione, è necessario realizzare una briglia che nel caso specifico può
essere efficacemente sostituita da una rampa in pietrame (scheda n° 16). In quest’area, dopo
avere realizzato l’opera, è necessario prevedere interventi periodici di sghiaiamento. L’area di
intervento può essere raggiunta percorrendo la pista che, dal Mulino Tibis, risale il torrente in
sponda destra.
Oltre agli interventi necessari per la creazione del bacino di sedimentazione è necessario
provvedere a degli interventi di difesa spondale, in particolare nel tratto immediatamente a
monte dell’immissione del Rio Renone, dove attualmente l’area erosa ha un’altezza di oltre 4
metri.
Gli interventi di difesa spondale più adatti in questi meandri sono costituiti da palificate
(possibilmente doppie) o da coperture diffuse con astoni, prevedendo in entrambi i casi la
difesa al piede con massi di dimensioni idonee (schede n° 01 e 05).
Gli interventi di ingegneria naturalistica proposti per questo tratto sono in conclusione
riconducibili alle schede n° 1, 5 e 16.
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5
Tra il Mulino Tibis e il Mulino Bergamo
Riferimento al tratto n° 3 con criticità a livello di mesohabitat, ai tratti n° 5 e 6 con
problemi di carattere geomorfologico geomorfologico e alle area soggetta ad esondazioni n° 1
e 2 nella Tavola 4 e nel paragrafo 2.1
Il tratto considerato si estende dalla sezione in cui è prevista la realizzazione della rampa in
pietrame, descritta al punto precedente, fino all’erosione in sponda sinistra a monte del Mulino
Bergamo, per una lunghezza complessiva poco inferiore a 500 metri.
In questo tratto sono state rilevate diverse criticità sia di tipo geomorfologico che di
banalizzazione dell’habitat; inoltre, tutto il tratto è risultato critico per quanto riguarda il
problema delle esondazioni, a causa dell’innalzamento del fondo dell’alveo che si è verificato
negli ultimi anni.
Gli interventi previsti in questo tratto sono:
o Sghiaiamento di tutto il tratto, finalizzato ad abbassare la quota del fondo dell’alveo e a
rimuovere gli accumuli laterali; lo sghiaiamento deve essere fatto in modo da limitare gli
effetti negativi sull’ambiente naturale (evitando ad esempio di intervenire nelle buche). Tra
i punti più critici da questo punto di vista, si segnala il tratto in corrispondenza del ponte
stradale tra i due mulini, dove la ghiaia ha ridotto notevolmente la sezione utile per il
deflusso dell’acqua.
o Interventi di difesa spondale nel tratto in cui il torrente costeggia la strada di accesso al
Mulino Bergamo (lungo circa 100 m) e in corrispondenza della doppia erosione in sponda
sinistra nella parte più a valle del tratto in esame (lungo circa 60 m). Nel primo caso si
suggerisce di realizzare una scogliera rinverdita (scheda n° 03), piantando possibilmente
qualche arbusto anche nella fascia compresa tra il torrente e la strada (scheda n° 08). Nel
secondo caso, si propone invece un intervento di difesa spondale con tronchi o ramaglia
(scheda n° 06), la risagomatura della sponda a tergo e la piantagione di alberi o arbusti in
modo da stabilizzare la sponda risagomata (scheda n° 08); in alternativa si può prevedere
una copertura diffusa con astoni dotata di una buona protezione al piede (scheda n° 05).
o Interventi di diversificazione dell’habitat che da un lato devono essere finalizzati a
compensare gli effetti dello sghiaiamento, dall’altro all’aumento dei rifugi nel tratto
antistante il Mulino Tibis, che rientra tra le aree critiche a livello di mesohabitat. Poiché
l’area in esame è critica anche per il problema delle esondazioni, si sconsiglia la
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realizzazione di interventi che riducano sensibilmente la sezione di deflusso dell’acqua. È
possibile pertanto realizzare dei ricoveri sottosponda (scheda n° 15) o collocare in alveo dei
semi-tronchi (scheda n° 13).
Gli interventi di ingegneria naturalistica proposti per questo tratto sono in conclusione
riconducibili alle schede n° 3, 5, 6, 8, 13 e 15.
6
Davanti al Mulino Bergamo
Riferimento al tratto n° 4 con criticità a livello di mesohabitat nella Tavola 4 e nel paragrafo
2.1.
In questo tratto, lungo circa 50 metri, sono stati rilevati esclusivamente problemi legati alla
banalizzazione dell’habitat. Per le stesse considerazioni esposte al punto precedente, è
preferibile intervenire con manufatti che non interferiscano significativamente con il deflusso
delle acque. Si propone quindi la realizzazione di ricoveri sottosponda (scheda n° 15) e di semitronchi (scheda n° 13).
Gli interventi di ingegneria naturalistica proposti per questo tratto sono in conclusione
riconducibili alle schede n° 13 e 15.
7
A valle del ponte ferroviario
Riferimento al tratto n° 7 con problemi di carattere geomorfologico nella Tavola 4 e nel
paragrafo 2.1.
In questo tratto, con un andamento meandriforme piuttosto accentuato, sono stati riscontrati
problemi di carattere geomorfologico legati principalmente all’erosione spondale, ma anche
all’accumulo di materiale in alveo. In particolare ci sono due tratti in erosione in sponda
sinistra, di cui quello più a monte è lungo 30 metri e alto 7 e quello a valle è lungo 60 metri e
alto 6, un’erosione in sponda destra estremamente critica in quanto interessa la massicciata
ferroviaria ed una seconda erosione in sponda destra, anch’essa vicina alla massicciata, ma
meno insidiosa.
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Per quanto riguarda le due erosioni in sponda sinistra, si propongono le seguenti modalità di
intervento:
o risagomatura del fronte di erosione e difesa spondale con astoni protetta al piede (scheda n°
05);
o difesa spondale con tronchi o ramaglia (scheda n° 06), risagomatura del fronte di erosione e
piantagione di specie arboree per consolidare il versante risagomato (scheda n° 08);
o scogliera rinverdita al piede dell’erosione (scheda n° 03), risagomatura del fronte di
erosione e successiva piantagione di specie arboree per consolidare il versante risagomato
(scheda n° 08).
Per la prima delle due erosioni in sponda sinistra sembra che il gestore della ferrovia abbia già
provveduto a ripristinare la massicciata; si ritiene comunque opportuno proteggere tutto il tratto
della massicciata ferroviaria che costeggia il torrente con una scogliera rinverdita, anche di
altezza modesta (scheda n° 3). Analogamente, per quanto riguarda l’erosione più a valle, si
propone di prolungare l’opera di difesa già esistente con la realizzazione di una scogliera
rinverdita (scheda n° 3).
Infine, nel momento in cui si dovesse raggiungere questa zona con mezzi di lavoro, sarebbe
opportuno rimuovere parte del materiale sedimentato all’interno dei meandri.
Gli interventi di ingegneria naturalistica proposti per questo tratto sono in conclusione
riconducibili alle schede n° 3, 5, 6 e 8.
8
A valle dell’immissione del Rio dei Gioghi
Riferimento al tratto n° 8 con problemi di carattere geomorfologico nella Tavola 4 e nel
paragrafo 2.1.
I problemi riscontrati in questo tratto sono analoghi a quelli visti al punto precedente. La
sponda sinistra del torrente è in erosione per tutta la lunghezza del tratto (circa 170 m); in
generale l’erosione è modesta, ma è stata ritenuta critica in quanto è vicina alla pista che parte
dal Mulino del Trotto e risale il torrente. In particolare, per un tratto di circa 20 metri, la pista è
già franata a causa dell’erosione spondale e non è più percorribile da mezzi di trasporto.
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La soluzione ottimale per questo tratto consiste nella realizzazione di una palificata (scheda n°
1) che, almeno nel tratto in cui è franata la strada, deve essere doppia. In alternativa è possibile
realizzare una difesa spondale con tronchi o radici (scheda n° 06), che sono tra l’altro
abbondantemente presenti in questa zona, nei punti in cui l’erosione non interessa la strada e
una palificata doppia nel tratto in cui deve essere ripristinata la pista carrabile.
Analogamente a quanto esposto al punto precedente, anche in questo caso nel momento in cui
si dovesse raggiungere l’area con mezzi di lavoro, potrebbe essere opportuno rimuovere parte
del materiale ghiaioso depositato all’esterno dell’alveo di magra.
Gli interventi di ingegneria naturalistica proposti per questo tratto sono in conclusione
riconducibili alle schede n° 1 e 6).
9
A sud del depuratore di Cantello
Riferimento al tratto n° 9 con problemi di carattere geomorfologico nella Tavola 4 e nel
paragrafo 2.1.
In questo tratto è presente un’erosione spondale in sponda sinistra lunga circa 60 metri e con
un’altezza variabile tra 3 e 4 metri. L’erosione non interessa né infrastrutture, né edifici, fatta
eccezione per la pista sterrata di cui al punto precedente, che però in questo caso dista oltre 3
metri dalla sponda in erosione.
Per contrastare questo fenomeno si propone o la realizzazione di una palificata singola (scheda
n° 01) o, in alternativa, una difesa spondale con tronchi o radici (scheda n° 06). In questo
secondo caso è però necessario intervenire risagomando la sponda sopra l’opera di difesa
idraulica e provvedere alla piantagione di specie arboree e arbustive (scheda n° 08).
Gli interventi di ingegneria naturalistica proposti per questo tratto sono in conclusione
riconducibili alle schede n° 1, 6 e 8.
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10
Davanti all’azienda agricola in Comune di Cantello
Riferimento al tratto n° 10 con problemi di carattere geomorfologico nella Tavola 4 e nel
paragrafo 2.1.
In questo tratto sono stati rilevati brevi tratti in erosione su entrambe le sponde. In particolare,
in sponda destra, sono presenti due tratti in erosione: il primo è lungo circa 50 metri, ha
un’altezza media di 2 metri e dista oltre 6 metri dalla ferrovia, il secondo è invece lungo una
ventina di metri, alto circa 1 metro e mezzo ed arriva ad una distanza dalla ferrovia dell’ordine
di 1,5 m. Sull’altra sponda è invece presente un’erosione lunga circa 15 metri che non
comporta particolari problemi. Le erosioni sono tutte localizzate sui lati esterni dei meandri
presenti in questo tratto.
Viste le caratteristiche della sponda in erosione e dell’area retrostante, si propone di intervenire
sulle due erosioni in sponda destra realizzando una viminata (scheda n° 07) e una piantagione
di arbusti nella fascia retrostante (scheda n° 08); è inoltre necessario prolungare i tubi di scarico
di acque di dilavamento provenienti dall’azienda agricola retrostante che, attualmente,
contribuiscono ad erodere la sponda del torrente. In alternativa si può realizzare una difesa
spondale con tronchi e ramaglia (scheda n° 06), sempre associata alla piantagione di specie
arbustive (scheda n° 08).
Per quanto riguarda invece l’erosione in sponda sinistra, è possibile contrastare il fenomeno
mediante un intervento di difesa sponda con tronchi e ramaglia (scheda n° 06).
Gli interventi di ingegneria naturalistica proposti per questo tratto sono in conclusione
riconducibili alle schede n° 6, 7 e 8).
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11
Davanti al Molino del Trotto
Riferimento al tratto n° 11 con problemi di carattere geomorfologico e all’area soggetta ad
esondazioni n° 3 nella Tavola 4 e nel paragrafo 2.1.
L’ultimo tratto per il quale sono stati previsti degli interventi in alveo è quello che si estende a
valle del ponte della strada che collega Cagno a Cantello, per circa 180 metri.
In questo tratto, oltre ai problemi legati all’elevata frequenza di esondazione del torrente, vi
sono due tipi di problemi:
o Necessità di realizzare interventi di difesa spondale sia in sponda destra, dove la parte
terminale della massicciata a valle del ponte è stata distrutta ed attualmente è in atto un
processo erosivo, sia in sponda sinistra dove, oltre alla necessità di proteggere il Mulino del
Trotto dalle esondazioni più frequenti, è stato rilevato un dissesto 100 metri a valle del
ponte, che è necessario sistemare.
o Necessità di migliorare la capacità di deflusso del torrente, che attualmente è alterata a
causa della presenza di alcuni massi di grandi dimensioni (170 metri a valle del ponte), che
un tempo costituivano una traversa per la derivazione dell’acqua.
Gli interventi proposti in questo tratto di torrente sono:
o Realizzazione di un’arginatura a difesa del Mulino del Trotto, della lunghezza di circa 50
metri, costituita da una scogliera rinverdita (scheda n° 03) nella parte inferiore e da una
massicciata parzialmente cementata nella parte superiore; fatta eccezione per la scogliera al
piede, l’opera deve essere impermeabile e, in linea di massima, deve avere una quota di
circa + 1 metro rispetto all’area antistante l’abitazione. Oltre all’arginatura è necessario
anche prevedere un sistema per il drenaggio delle acque meteoriche.
o
Ripristino della massicciata in sponda destra, curando il raccordo con la sponda naturale a
valle.
o Sistemazione del dissesto a valle del mulino, che può essere realizzata o con una difesa con
tronchi e radici (scheda n° 06), ancorando la radice che attualmente si trova in alveo davanti
all’erosione, o con un palificata singola della lunghezza necessaria (scheda n° 01).
o Rimozione dei massi presenti a valle, al fine di ripristinare la continuità idraulica del
torrente (specialmente durante le piene).
Gli interventi di ingegneria naturalistica proposti per questo tratto sono in conclusione
riconducibili alle schede n° 1, 3 e 6.
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2.3.2
Interventi per il controllo delle esondazioni
Nei precedenti capitoli si è appurato che uno dei principali problemi riscontrati è rappresentato
dall’elevata frequenza con cui il torrente esonda e dai danni che esso arreca agli insediamenti
situati nelle vicinanze.
Come è stato illustrato nel Capitolo 1, questo problema può essere risolto solo in minima parte
mediante interventi in corrispondenza degli insediamenti da difendere; risultati più significativi
possono essere ottenuti realizzando interventi specifici quali casse di espansione e diversivi.
Nel corso dei sopralluoghi e da quanto è emerso dal rilievo topografico (Capitolo Errore.
L'origine riferimento non è stata trovata.), sono state individuate due possibili aree in cui
realizzare delle casse di espansione. Si tratta di aree che già adesso vengono inondate dal
torrente durante le piene, aumentandone la capacità di laminazione. Gli interventi di seguito
proposti prevedono quindi di migliorare la capacità di laminazione di queste aree e di realizzare
un sistema di scarico opportunamente dimensionato.
In Figura 2-11 e nella Tavola 5 sono indicate le aree proposte per la realizzazione delle casse di
laminazione e le aree attualmente soggette a fenomeni di esondazione.
1
Cassa di espansione a monte del ponte stradale della S.P. 20
L’area individuata è quella compresa tra il ponte ferroviario a nord, la massicciata ferroviaria a
ovest, la S.P. 20 a sud ed il prato presente a est del torrente. Attualmente la fascia esterna di
quest’area è colonizzata da bosco, mentre avvicinandosi alle sponde del fiume si trova un
accumulo sempre più consistente depositato dal torrente durante le piene. Viste le condizioni in
cui si trova e la frequenza con cui viene allagata, questa zona può essere difficilmente adibita
ad altro uso oltre che per gli allagamenti, anche per la notevole quantità di ghiaia che
attualmente si deposita in questa area. L’area in esame ha un estensione di circa 4 ha e si trova
in un punto depresso rispetto alle zone circostanti, il che fa si che possa già funzionare come
bacino di accumulo senza bisogno di dovere realizzare particolari arginature. Sono comunque
da prevedere interventi di protezione e di delimitazione dell’area di espansione, sia per
difendere le massicciate di strada e ferrovia, sia per evitare che il torrente spagli nel prato
presente a est del torrente.
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Considerando quanto appena esposto ed essendoci la possibilità di rimuovere il materiale
ghiaioso attualmente presente (che in alcuni punti ha spessore di oltre 1 m), si ritiene che in
quest’area possa essere invasata un’abbondante quantità d’acqua.
Figura 2-11: Localizzazione delle possibili aree di espansione individuate
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Viste inoltre le caratteristiche del bacino imbrifero a monte e a valle del ponte della S.P. 20
(Capitolo Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.), si ritiene che la cassa di
espansione realizzata in questo punto abbia effetti significativi fino al Mulino del Trotto.
Per quanto riguarda l’organo di scarico, la presenza del ponte della S.P. 20, ne agevola la
realizzazione in quanto la sezione in cui è costretta attualmente a defluire l’acqua costituisce
già adesso un punto di regolazione, che necessita solamente di essere modificato per ottenere il
coefficiente di laminazione desiderato.
Data l’ingente quantità di ghiaia proveniente da monte, si ritiene inoltre opportuno associare
alla cassa di laminazione la realizzazione di un bacino di sedimentazione, che può essere
collocato nella parte più a monte della cassa, o in prossimità dell’alveo di magra. Il bacino di
sedimentazione deve essere realizzato in modo tale da fermare tutto il materiale ghiaioso che
proviene da monte, al fine di evitare sia l’inghiaiamento della restante superficie della cassa di
laminazione, sia che la ghiaia proceda verso valle. Il bacino così concepito deve chiaramente
essere oggetto di periodici interventi di sghiaiamento che devono comunque essere autorizzati
dagli enti competenti.
Infine, è importante sottolineare che un intervento di questo tipo deve prevedere la presenza di
un letto di magra stabile e con un’adeguata diversificazione dell’habitat. Pertanto si ritiene
fondamentale che la realizzazione della cassa di espansione sia integrata con gli interventi in
alveo previsti nel medesimo tratto (intervento n° 2 del paragrafo 2.3.1).
Figura 2-12:
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Alcune immagini dell’area in cui è prevista la realizzazione della cassa di espansione: tratto di
alveo nella parte alta (in questa pagina) e due vedute da valle (nella pagina seguente)
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2
Cassa di espansione in prossimità dell’immissione del Rio dei Gioghi
La seconda area in cui si è valutata la possibilità di realizzare una cassa di espansione è
collocata in prossimità dell’immissione del rio dei Gioghi, ed interamente sulla sponda destra
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del Torrente Lanza. L’area in esame ha un estensione di circa 0,7 ha, di cui 0,1 a monte
dell’immissione del Rio dei Gioghi. A differenza di quanto visto per l’area a monte della S.P.
20, in questa zona la morfologia dell’area richiederebbe la realizzazione di argini lungo buona
parte della fascia perimetrale e non esiste alcuna struttura di supporto per la realizzazione
dell’organo di scarico. L’area ha inoltre una superficie inferiore di quella vista al punto
precedente. Sulla base di queste considerazioni si ritiene quindi che la realizzazione di una
cassa di espansione in questo punto debba essere presa in considerazione solo dopo avere
realizzato un’opera analoga a monte della S.P. 20, nel caso in cui si verifichi che l’effetto di
quest’ultima non sia sufficiente a laminare l’onda di piena in corrispondenza del Mulino del
Trotto.
Figura 2-13:
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Area individuata per la possibile realizzazione della cassa di espansione: punto di immissione
del Rio dei Gioghi (sopra) e area immediatamente a valle (sotto).
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2.3.3
1
Interventi per il miglioramento della qualità dell’acqua
Bacini di affinamento dello scarico del depuratore di Cagno
Il deterioramento della qualità chimica e biologica del Torrente Lanza a valle dell’immissione
del Rio Renone, che riceve i reflui depurati del depuratore di Cagno, rappresenta la principale
criticità per l’ecosistema acquatico del corpo idrico (paragrafo 2.1.4).
Nel presente studio si propone, quale intervento migliorativo della qualità dei reflui, un sistema
di finissaggio naturale degli stessi (paragrafo 1.3) da realizzarsi poco a valle dello scarico; è
stata infatti individuata un’area in sponda sinistra del Rio Renone in cui è possibile collocare
dei bacini per l’affinamento dello scarico.
Il sistema previsto è composto di un letto di piante acquatiche (fitodepurazione) seguito da una
serie di bacini di lagunaggio.
Lo scarico in uscita dall’impianto di depurazione è convogliato nel letto di macrofite
funzionante a flusso superficiale del refluo.
Per il tipo d’intervento in esame, si ritiene opportuno impiegare piante emergenti della famiglia
delle Graminacee ed in particolare Typha latifolia e Phragmites australis, per i motivi esposti
nel paragrafo 1.3.1.
Considerando l’attuale potenzialità dell’impianto di depurazione (circa 5.000 A.E.) e la
necessità di una superficie di affinamento per abitante equivalente di 0,4 m2, è possibile stimare
in circa 2.000 m2, l’area utile occupata dai bacini di fitodepurazione e lagunaggio (Figura
2-16).
La profondità media dell’acqua nelle vasche è di circa 1 metro ed il volume idrico (2.000 m3)
garantisce durante il periodo secco un tempo di residenza dei reflui di circa 2 giorni.
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Figura 2-14: Schema di un bacino di fitodepurazione a flusso superficiale
Figura 2-15: Essenze impiegate per la fitodepurazione delle acque reflue
Typha latifolia
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Phragmites australis
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Figura 2-16: Possibile localizzazione dei bacini di fitodepurazione - lagunaggio
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2
Bacini di affinamento dello scarico del depuratore di Cantello
Un intervento analogo a quello individuato per lo scarico del depuratore di Cagno, può essere
adottato per l’affinamento dei reflui in uscita dal depuratore di Cantello. Per la localizzazione
dei bacini è stata individuata un’area a sud dell’impianto, in sponda destra del torrente. La
superficie necessaria per l’affinamento è stata stimata in circa 2800 m2.
Figura 2-17: Possibile localizzazione dei bacini di fitodepurazione - lagunaggio
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2.3.4
Indicazioni sulle priorità di intervento
L’individuazione delle priorità con cui realizzare gli interventi proposti nelle pagine precedenti,
è stata svolta basandosi sui seguenti criteri:
a) selezione degli interventi in assoluto più urgenti;
b) necessità di realizzare interventi integrati: una volta che si interviene su un tratto del
torrente, è opportuno realizzare tutti gli interventi ivi previsti e, se necessario, prevedere
ulteriori accorgimenti per ripristinare la diversità dell’habitat;
Ciò premesso è stata individuata la scala di priorità di seguito proposta; gli interventi sono
richiamati con i nomi già utilizzati nella parte descrittiva (paragrafo 2.3), indicando tra
parentesi il numero che, nel paragrafo 2.3, identificava i diversi interventi.
I)
A monte del ponte ferroviario 1 e tra il ponte ferroviario e il ponte stradale della S.P. 20
2 , congiuntamente alla realizzazione della cassa di espansione prevista nella stessa area
1 ;
II)
Davanti al Mulino del Trotto 11 ;
III)
In corrispondenza dell’immissione del Rio Renone 4 e tra il Mulino Tibis e il Mulino
Bergamo 5 ;
IV) A valle dell’immissione del Rio dei Gioghi 8 ;
V)
Tra la briglia a valle del ponte della S.P.20 e la stazione ferroviaria 3 ;
VI) Davanti al Mulino Bergamo 6 ;
VII) A valle del ponte ferroviario dopo il Mulino Bergamo 7 ;
VIII) A sud del depuratore di Cantello 9 ;
IX) Davanti all’azienda agricola in Comune di Cantello 10 ;
X)
Cassa di espansione a valle dell’immissione del Rio dei Gioghi 2 , la cui effettiva
necessità deve essere valutata successivamente agli interventi sopra elencati.
Nella stesura di questa scala delle priorità non sono stati considerati i due impianti di
affinamento dei reflui in uscita da depuratori
1 e 2 . Tali interventi sono da ritenersi
indipendenti rispetto a quelli sopra elencati e, specialmente per quanto riguarda il depuratore di
Cagno, devono essere realizzati al più presto.
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3
CRITERI GENERALI PER LA MANUTENZIONE ORDINARIA
DELL’ALVEO FLUVIALE
È noto che le più importanti trasformazioni che avvengono in un corso d’acqua si verificano in
occasioni delle piene. Durante questi eventi estremi, infatti, un fiume può modificare il proprio
tracciato sia per la sua capacità erosiva, sia perché il materiale inerte trasportato dalla piena può
ridurre la sezione di deflusso costringendo il fiume a modificare il proprio percorso.
Analogamente i tronchi e le radici che si trovano all’interno dei corsi d’acqua vengono spostati
durante le piene e anche la caduta degli alberi in alveo è un fenomeno che, prevalentemente, si
verifica in dette occasioni.
Questi fenomeni, comuni a molti corsi d’acqua, sono particolarmente evidenti nel Torrente
Lanza a causa della presenza della folta vegetazione presente lungo le sponde del torrente;
inoltre, l’ingente trasporto solido di cui si è più volte parlato nel corso dello studio è un
fenomeno tipico delle piene.
Alla luce di queste considerazioni e del fatto che gli interventi all’interno di un corso d’acqua
devono essere eseguiti con la massima cautela onde evitare di modificare gli equilibri dello
stesso, nelle prossime pagine vengono fornite alcune indicazioni di massima su come
intervenire all’interno dell’alveo torrentizio, trattando separatamente gli interventi sul materiale
inerte e quelli sul materiale vegetale.
3.1
RIMOZIONE DEL MATERIALE SEDIMENTATO
La rimozione del materiale inerte presente nell’alveo (sabbia, ghiaia e ciottoli), rappresenta un
intervento turbativo degli equilibri del corso d’acqua: la rimozione di materiale, infatti, si
traduce in un locale aumento della pendenza che a sua volta induce un aumento della velocità
di deflusso a monte della sezione su cui si è intervenuti, specialmente durante le piene;
l’incremento di velocità comporta a sua volta un aumento della capacità erosiva e di trasporto
solido a monte. In pratica, in seguito ad un intervento localizzato di sghiaiamento il corso
d’acqua tende a ritornare nella precedente condizione di equilibrio, riportando altro materiale
dove questo è stato rimosso e recuperando la sua pendenza originaria.
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Di fatto gli interventi di sghiaiamento sono spesso dannosi perché, oltre a non risolvere i
problemi nel punto in cui vengono effettuati, hanno degli effetti negativi nelle sezioni più a
monte.
La filosofia generale a riguardo è quella di limitare al minimo gli interventi che modificano la
sezione dell’alveo, in quanto i torrenti tendono in ogni caso a portarsi in una condizione di
equilibrio e, quanto più consistenti sono gli interventi in alveo, tanto più si porta il corso
lontano dal suo stato di equilibrio.
Gli interventi proposti nel precedente capitolo, sono stati concepiti attenendosi a questa regola:
gli interventi di sghiaiamento dell’alveo sono stati sempre associati ad interventi che limitano
l’apporto di materiale da monte (bacini di sedimentazione) e riducono la velocità della corrente
proveniente da monte (organo di regolazione della cassa di espansione e rampa in pietrame). In
questo modo si è cercato di fare in modo che il torrente si porti ad una condizione di equilibrio
simile a quella che aveva prima degli interventi di artificializzazione e di arrestare la tendenza
all’inghiaiamento attualmente in atto.
In sintesi si ritiene che, ad eccezione degli interventi proposti in questo studio, sia da evitare
qualsiasi altro intervento di sghiaiamento dell’alveo del Torrente Lanza. Come infatti si è già
detto gli interventi qui previsti dovrebbero indurre un’inversione di tendenza e creare delle
zone specifiche da cui rimuovere il materiale ghiaioso in eccesso (bacini di sedimentazione).
In conclusione si ritiene che qualsiasi ulteriore ipotesi di intervento di questo tipo possa essere
presa in considerazione solo dopo aver verificato gli effetti reali degli interventi
precedentemente proposti.
3.2
RIMOZIONE DI PIANTE E PULIZIA DELL’ALVEO
La rimozione di piante e detriti vegetali dall’alveo deve essere fatta solo nei casi in cui:
o il materiale presente in alveo interferisca significativamente con il deflusso idrico;
o il materiale presente in alveo non interferisce significativamente con il deflusso idrico, ma
vi è un’elevata probabilità che in futuro aumenti la consistenza dell’ostruzione
e si
raggiungano in breve tempo condizioni analoghe a quelle di cui al punto precedente.
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In questi casi è fondamentale intervenire limitando al minimo l’impatto sull’ambiente naturale;
se possibile è meglio evitare l’utilizzo di mezzi pesanti e si devono limitare le attività
impattanti all’interno dell’alveo.
Il materiale rimosso dall’alveo deve preferibilmente essere riutilizzato in situ per interventi di
difesa spondale o di rinaturalizzazione del corso d’acqua (riferimento schede). Così facendo,
oltre a migliorare l’habitat del corso d’acqua, si riducono i costi di trasporto del materiale
rimosso e l’impatto sulla fascia perifluviale.
Per informazioni più dettagliate riguardo a questo tipo di interventi si rimanda all’allegato
“Ripristino ambientale dei corsi d’acqua”, realizzato dalla Provincia di Como.
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