Jacques louis david1

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Jacques louis david1
JACQUES LOUIS DAVID
David nacque a Parigi il 30 agosto 1748, suo padre era un commerciante di ferro all'ingrosso,
mentre la madre proveniva da una stirpe di architetti. Una famiglia agiata e solida che venne
improvvisamente sconvolta nel 1757 dalla morte del padre, ucciso in un duello. Fu quello il
primo dei numerosi tragici avvenimenti che lo avrebbero accompagnato per tutta la vita. Il
giovane David fu affidato alla cure di due zii, Jacques Buron e Pierre Desmaison, entrambi
architetti, che gli assicurarono una solida educazione classica iscrivendolo al prestigioso
collegio Dormans-Beauvais. Gli zii ovviamente avrebbero voluto che David intraprendesse la
loro stessa professione, ma il giovane, che aveva già sviluppato la passione per il disegno ed
era determinato a diventare un artista, non si fece condizionare. Per assecondare il nipote,
Buron consultò un lontano cugino, il pittore François Boucher (1703-1770), che suggerì di
affidare il giovane a Joseph Marie Vien, allora all'apice del successo.
Joseph-Marie Vien non ha il prestigio e il talento dell'anziano maestro François Boucher, ma è
un pittore di successo: l'anno precedente ha presentato al Salon
parigino la Venditrice di amorini, che è diventato il manifesto della
nuova pittura che ora si chiama di goût antique o anche à la
grecque e un giorno sarà chiamata neoclassica. Quello del Vien è
un neoclassicismo ancora timido, legato alla tradizione barocca,
una pittura di transizione, dunque, ma è la pittura più moderna.
Quella di Boucher - pittore glorioso ma esponente della corrente
rococò ormai avviata al tramonto - si rivela pertanto una scelta di
generosa intelligenza e sarà gravida di conseguenze per David e
per tutta la pittura francese.
Il dolore, pastello, 1773
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Dal 1766, oltre a fargli frequentare il proprio atelier, il Vien lo fa studiare nell' Académie royale
dove, sotto la direzione di Jean Bardin, David apprende composizione, anatomia e prospettiva,
e ha per compagni di studi, fra gli altri, Jean-Baptiste Regnault, François-André Vincent e
François-Guillaume Ménageot. Michel-Jean Sedaine, amico di famiglia, segretario dell'
Académie d’architecture e autore teatrale, diviene il suo protettore e si preoccupa di dargli una
più compiuta formazione intellettuale, mettendolo in contatto con personalità della cultura
dell'epoca. È forse in questo periodo che una ferita alla guancia, procuratasi in un duello alla
spada contro un compagno di bottega gli lascia una cicatrice che egli si preoccuperà di
nascondere nei suoi autoritratti.
Il terzo premio ottenuto nel 1769 al «Prix de quartier» gli consente di partecipare al Prix de
Rome: vincere quel premio consente di ottenere una borsa di studio triennale che permette di
conoscere e studiare a Roma la pittura italiana e le memorie dell'antichità. Egli vi ottiene, nel
concorso del 1771, vinto da Joseph-Benoît Suvée, solo il secondo posto con il Combattimento
di Marte e Minerva, dipinto in uno stile rococò e strutturato con una composizione che la giuria
giudica di debole fattura.
L'anno dopo fallisce ancora il primo premio con Diana e Apollo saettano i figli di Niobe e,
ritenendo di essere stato vittima di un'ingiustizia, per un momento arriva al punto di pensare
al suicidio. Anche il tentativo fatto nel 1773 con La morte di Seneca si rivela un insuccesso:
vince Pierre Peyron, il quale, benché rétro nello stile, viene premiato per la novità della
composizione, mentre il dipinto di David è giustamente giudicato troppo teatrale; egli riceve
tuttavia un premio di consolazione per un suo pastello, Il dolore.
Tutti questi insuccessi pongono David in urto con l'istituzione accademica e si è poi sostenuto
che egli in questi anni abbia maturato quel rancore che nel 1793 lo porterà a far adottare dalla
Convenzione il decreto di soppressione delle Accademie. In verità, le sue critiche si
rivolgeranno soprattutto alla cattiva organizzazione dell'insegnamento accademico, che
prevedeva allora la rotazione mensile dei professori, con evidenti danni nel profitto degli
studenti.
Antioco e Stratonice, 1774, Parigi, Ècole des BeauxArts
Alla fine del 1773, Marie-Madeleine Guimard,
prima
ballerina
dell'Opéra,
lo
incarica
della
decorazione del suo hôtel privato, trasformato in
teatro, che Fragonard aveva lasciata incompiuta,
e finalmente, nel 1774, vince il Prix de Rome:
l’opera presentata, Antioco e Stratonice, per
quanto
non
composizione
manchi
semplificata
pertanto conforme ai nuovi canoni dell'espressione drammatica.
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di
teatralità,
e
più
ha
una
rigorosa
e
Patroclo, 1780, Cherbourg, Musée Henry
Il 2 ottobre 1775 David parte per Roma
insieme con il suo maestro Vien, che è
stato
appena
nominato
direttore
dell'Accademia di Francia - che allora
aveva sede in Palazzo Mancini - e con gli
altri due giovani premiati, gli scultori
Pierre
Labussière
e
Jean
Bonvoisin.
Durante il viaggio, che dura un mese e fa
tappa a Lione, a Torino, a Parma e a Bologna, può ammirare le opere del Correggio, di Guido
Reni e dei Carracci. Il primo anno, a Roma, segue il consiglio del suo maestro di consacrarsi
essenzialmente nella pratica del disegno e studiare attentamente gli antichi, facendo centinaia
di schizzi di monumenti, di statue e di bassorilievi: il complesso di questi studi finiscono per
costituire cinque voluminose raccolte in-folio.
I miglioramenti sono lenti e difficili: la novità dell'ambiente romano, con la viva presenza delle
antichità classiche che si contrappongono a quel gusto dell'antico prima soltanto coltivato da
David attraverso suggestioni puramente letterarie, ha inizialmente sul giovane pittore un
effetto straniante e paralizzante, tanto da portarlo a dubitare di poter mai migliorare nella sua
arte. Tuttavia il tratto del suo disegno si trasforma, si fa più incisivo e scabro, si depura della
vaporosità del rococò. Le copie delle tele del Cinquecento e del Seicento romano gli sono utili
soprattutto allo scopo di impadronirsi del segreto del metodo compositivo dei grandi maestri
del passato.
San Rocco, 1780, Marsiglia
Nel 1776 realizza un disegno di grandi dimensioni, I duelli di
Diomede, una delle sue prime prove del genere storico,
concretizzata due anni dopo nei Funerali di Patroclo, ampio
studio a olio destinato alla commissione dell'Académie des
Beaux-Arts di Parigi, incaricata di valutare i progressi dei
pensionnaires del Prix de Rome. Il giudizio dei commissari è
sostanzialmente positivo: la tela «annuncia un genio fecondo.
Noi pensiamo che egli avrebbe bisogno di moderarlo e di
controllarlo in modo da dargli più energia».
Se la prova incoraggia il talento di David, ne sottolinea però
anche le carenze nella resa dello spazio, l'oscurità della scena e l'incertezza del trattamento
prospettico. Dipinge anche molte tele in uno stile desunto dal Caravaggio: due studi virili,
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Ettore (1778) e Patroclo (1780), ispirate dalla statua del Galata morente, un San Gerolamo,
una Testa di filosofo e, destinata alle collezioni reali di Versailles, una copia della Ultima cena
del Valentin.
Nel luglio del 1779, David comincia a manifestare i primi segni di una crisi depressiva che si
prolungherà per alcuni mesi: per svagarsi, viaggia a Napoli in compagnia dello scultore
François Marie Suzanne e insieme visitano le rovine di Ercolano e di Pompei. In questa
occasione David dichiara apertamente la sua conversione al nuovo stile ispirato all'antico: dirà
che era come «aver fatto un'operazione di cataratta: compresi che non potevo migliorare la
mia maniera, il cui principio era falso, e che dovevo separarmi da tutto ciò che in precedenza
avevo creduto essere il bello e il vero. È possibile che l'influsso dell'antiquario Quatremère de
Quincy, seguace di Winckelmann e di Lessing, sia stata importante per la risoluzione di David,
anche se nessuna fonte dell'epoca attesta che vi sia mai stata una conoscenza fra i due uomini.
È difficile stabilire la causa della sua depressione, che David superò comunque prima della fine
dell'anno: secondo la corrispondenza del pittore, potrebbe essere stata legata a una relazione
con la cameriera di madame Vien e ai suoi dubbi sulla nuova strada artistica da percorrere.
Per aiutarlo a superare la crisi, Vien aveva cercato di stimolarlo al lavoro, ottenendogli la
commissione di un quadro a soggetto religioso, che commemorasse le vittime dell'epidemia di
peste propagatasi a Marsiglia nel 1720, il San Rocco intercede presso la Vergine per gli
appestati, destinato al lazzaretto di Marsiglia. L'opera ha tracce di caravaggismo, ma si ispira
più direttamente all' Apparizione della Vergine a san Giacomo di Poussin. Terminato nel 1780 e
presentato a palazzo Mancini, il quadro produce una forte impressione; Diderot, che lo vide
l'anno dopo, quando fu esposto a Parigi, fu in particolare impressionato dall'espressione
dell'appestato ai piedi di san Rocco, una figura che tornerà dieci anni dopo in una tela di David,
a rappresentare l'espressione del console Bruto durante i funerali del figlio.
A David, giudicato pittore molto promettente, fu concesso dall'Accademia di prolungare il
soggiorno a Roma per un altro anno allo scadere del quale Pompeo Batoni, influente pittore
italiano e precursore del Neoclassicismo, tentò invano di convincere David a rimanere a Roma.
Belisario chiede l'elemosina, 1781,
Il 17 luglio 1780, con il San Rocco e due tele ancora
incompiute, Belisario chiede l'elemosina e il Ritratto
del conte Stanislas Potocki - gentiluomo polacco, questi,
appassionato d'arte e traduttore di Winckelmann David parte per Parigi dove giunge alla fine dell'anno.
Termina il Belisario, con l'intenzione di presentarlo per
l'approvazione all’Accademia di pittura in modo da
ottenere il permesso di esporre al Salon, secondo la
norma istituita dal conte d’Angiviller, direttore generale dei Bâtiments du Roi, sorta di
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ministero delle imprese pubbliche del Regno. Ispirato a un popolare romanzo di Marmontel,
l'opera testimonia il nuovo orientamento davidiano, indirizzato al neoclassicismo. Il dipinto
viene accolto con favore dall'Accademia e, presentato al Salon, riceve anche gli elogi di
Diderot: «Tutti i giorni lo vedo e credo sempre di vederlo per la prima volta». Il generale
bizantino è rappresentato ormai vecchio e cieco, in compagnia di un bambino, mentre
protende l'antico elmo per ricevere l'elemosina da una passante: il soggetto aneddotico, reso
da David con «il gusto del dramma a tinte forti» di moda in quegli anni, è il pretesto per un
insegnamento morale sulla caducità della gloria umana e sulla desolazione della vecchiaia. Il
dipinto è strutturato con semplicità e chiarezza e all'astrazione classicista di Poussin unisce un
realismo espressivo che dà saldezza e incisività alle forme. David si indirizzerà verso un’arte
capace di stimolare, attraverso l’esempio della storia passata, virtù morali e civiche.
Nel 1782 David sposa Marguerite Charlotte Pécoul, più giovane di 17 anni; il suocero, CharlesPierre Pécoul, è un appaltatore dello Stato e dota la figlia della bella somma di 50.000 lire,
consentendo a David i mezzi finanziari per allestirsi un atelier al Louvre dove dispone anche di
un alloggio. Avranno quattro figli: il primo, Charles-Louis Jules, nasce l'anno seguente. Nell'
atelier accoglie i primi allievi, Fabre, Wicar, Girodet, Drouais, Debret.
Allo scopo di essere accettato come membro dell'Accademia, nel 1783 presenta Il compianto di
Andromaca sul corpo di Ettore: il dipinto è accolto con favore il 23 agosto 1783 e il 6
settembre successivo David presta giuramento nelle mani di Jean-Baptiste Marie Pierre.
Era dal 1781 che David pensava di fare, per rispondere ai desideri dei Bâtiments du Roi, una
grande pittura di storia, ispirata al duello degli Orazi e dei Curiazi. Solo tre anni dopo David
conduce in porto il progetto scegliendo però un episodio assente nella pièce corneilliana, Il
giuramento degli Orazi. Grazie all'aiuto finanziario del suocero, David parte per Roma
nell'ottobre del 1784, accompagnato dalla moglie e dal recente vincitore del Prix de Rome, suo
allievo e assistente Jean Germain Drouais. Alloggiato a Palazzo Costanzi, prosegue a dipingere
la tela, già iniziata a Parigi.
Il giuramento degli Orazi, 1785, Parigi,
Louvre
La tela non doveva superare i tre
metri
per
tre,
secondo
la
commissione reale, ma David finisce
per ingrandirla di alcuni metri - le
sue dimensioni sono di 3,30 x 4,25
metri - e questa sua noncuranza
delle istruzioni ufficiali gli varranno
la nomea di artista indipendente, se
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non ribelle. Oltre tutto, prende l'iniziativa di esporre l'opera già nel suo studio romano, prima
della presentazione ufficiale al Salon, dove produce una profonda impressione negli ambienti
artistici.
Anche se fu definito dal direttore dell'Accademia «un attacco al buon gusto», esso fu acclamato
dai più come «il più bel quadro del secolo». Il dipinto rappresenta il momento in cui i tre fratelli
Orazi giurano di sacrificare la propria vita per la patria. La scena è inserita davanti a un
semplice portico con archi a tutto sesto, ognuno dei quali racchiude uno dei gruppi dei
personaggi, allineate su uno stesso piano-scena: i tre fratelli, il padre che unisce le tre spade e
le donne, madre e sorelle, piangenti, quest'ultimo gruppo facendo da contrappeso emozionale
ai due precedenti. Nella sua semplicità e gravità, la tela può essere accostata sia ai bassorilievi
antichi, che alle opere del primo Rinascimento, allora al centro di una nuova riscoperta e
assunse grande importanza anche perché riuscì a rappresentare lo stato d'animo di molti
francesi di quel delicato periodo. Vi si lesse l'esaltazione dei valori di rigore morale e spartana
semplicità dell'antica Repubblica romana, secondo il dettato di una lunga e fortunata tradizione
retorica, ma non sembra che si percepissero messaggi rivoluzionari. Del resto, lo stesso David,
in una lettera del 1789, descrivendo il dipinto non accenna a significati rivoluzionari, ma la
Rivoluzione si «impossessò» dell'opera, traendovi l'esaltazione della fede repubblicana.
Secondo gli storici dell'arte Jacques Brengues, Luc de Nanteuil e Philippe Bordes, David
sarebbe stato massone e avrebbe trasmesso nell'opera rituali tipici delle associazioni
massoniche. Nel 1989 Albert Boime ha effettivamente dimostrato attraverso un documento del
1787 l'appartenenza dell'artista alla loggia massonica della Modération.
Il giuramento degli Orazi consacra David come capofila della moderna scuola di pittura, che si
chiama Vrai style, vero stile: il termine Neoclassicismo non è ancora in uso, e apparirà solo alla
metà dell'Ottocento, quando la scuola sarà ormai al tramonto. Egli è così anche soggetto alle
gelosia di molti colleghi d'Accademia, tanto che il Prix de Rome del 1786 è annullato, perché i
candidati sono tutti suoi allievi e la sua candidatura alla direzione dell'Accademia è respinta.
La morte di Socrate, 1787,
New York, Metropolitan
Nel 1787 David dipinge per
Charles Michel Trudaine de
la Sablière, un aristocratico
liberale,
consigliere
parlamento di
del
Parigi, La
morte di Socrate. Si dice
che il gesto della mano
diretto
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alla
coppa
del
veleno gli fu suggerita dal poeta André Chénier, per esprimere più pienamente la stoica
accettazione dell'ingiusta pena. Esposta al Salon del 1787, l'opera si trova in concorrenza con
la tela, di pari soggetto, del Peyron, commissionata dai Bâtiments du Roi e il confronto si
risolve a tutto vantaggio di David.
Nel 1788 è la volta de Gli amori di Paride ed Elena, dipinti per conte d’Artois, futuro Carlo X,
iniziata due anni prima. È l'unica commissione che vi perviene da un membro della famiglia
reale: quella di un ritratto di Luigi XVI, richiesta nel 1792, che doveva rappresentare il re
mentre mostra la costituzione di Francia al delfino, non sarà mai realizzata. Il 1788 è anche
l'anno della morte precoce, per vaiolo, del suo allievo favorito, Jean Germain Drouais.
I littori riportano a Bruto i corpi dei figli, 1789,
Parigi, Louvre
Nel 1788 David fa il Ritratto di Lavoisier e
della moglie. Il chimico Antoine Lavoisier
è anche fermier général - esattore delle
imposte
-
ed
è
dell'amministrazione
anche
responsabile
delle
Poudres
et
salpêtres, le munizioni e gli esplosivi
dell'esercito.
Nell'agosto
del
1789
Lavoisier fa depositare nell'Arsenale di
Parigi
una
gran
quantità
di
munizionamenti per cannoni, iniziativa che viene sospettata avere intenti contro-rivoluzionari:
per questo motivo, l’Académie Royale ritiene prudente non esporre la tela al Salon.
Anche il dipinto I littori riportano a Bruto i corpi dei suoi figli provoca timori nelle
autorità, poiché si teme un paragone tra l'intransigenza del console Lucio Giunio Bruto, che
non esitò a sacrificare i figli che cospiravano contro la Repubblica, e la debolezza di Luigi XVI
rispetto al fratello conte d’Artois, favorevole alla repressione dei rappresentanti del Terzo
Stato. Così, il dipinto non venne esposto al Salon, benché si trattasse di una commissione dei
Bâtiments du Roi, ma i giornali non mancarono di sottolineare la censura esercitata dal
governo, costringendo l'Accadémie a esporre il dipinto, che David dovette però modificare,
eliminando le immagini delle teste decapitate dei figli di Bruto issate sulle picche, che
figuravano nella versione primitiva della tela.
Il grande successo del Bruto si ripercosse sulla moda: si adottarono le pettinature «alla Bruto»,
le donne abbandonarono le parrucche incipriate e l'ebanista Georges Jacob realizzò mobili in
stile presunto «romano» disegnati da David.
Nel 1789 scoppiò la Rivoluzione Francese e David si trovò coinvolto nella sommossa, e, non
certo casualmente, sembra che fosse già presente al Jeu de Paume, il Giuramento della
Pallacorda, nel giungo 1789, quando l’Assemblea giurò per darsi una nuova Costituzione.
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Il giuramento della Pallacorda, 1791, Versailles
Nel
1790
comincia
a
dipingere
il
Giuramento del Jeu de paume, iniziativa
suggeritagli da Dubois-Crancé e Barère, la
più ambiziosa delle realizzazioni del pittore
fino a quel momento, dal momento che,
una volta terminata, avrebbe misurato 10
metri x 7 rappresentando i 630 deputati
dell'Assemblea costituente. Il progetto ha l'appoggio della Société des amis de la constitution,
il primo nome del Club dei Giacobini, alla quale David ha appena aderito.
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Malgrado il lancio
di una sottoscrizione, i fondi necessari non vengono però raccolti: una successiva proposta di
Barère all'Assemblea costituente di finanziare il dipinto non è accolta e David abbandona
definitivamente il progetto, per il quale aveva presentato il disegno preparatorio, di questo
lavoro conserviamo un disegno preparatorio ed un bozzetto al Muséé National di Versailles.
Nell'agosto del 1790 Charlotte David, monarchica e perciò in disaccordo con le opinioni del
marito, si separa da David.
L’artista, giacobino e amico di Maximilien de Robespierre e Jean-Paul Marat, divenne un fedele
traduttore dei nuovi ideali.
Nel 1792 fu eletto deputato di Parigi nell’Assemblea Costituente e la sua preoccupazione
principale fu quella di sopprimere l’antica Accademia, per sostituirla, nella sua funzione di
istituto di promozione ella Comune des Arts e successivamente dalla Societé populaire et
repubblicaine des Arts, che divenne l’organo ufficiale degli artisti. David può essere definito il
“dittatore”
artistico
della
rivoluzione,
infatti
da
lui
dipese
la
propaganda
artistica,
l’organizzazione delle feste, la didattica delle scuole d’arte e l’organizzazione di esposizioni e
musei.
Madame Pastoret, 1792, Chicago, Art Institute
Dal 16 al 19 gennaio 1793
vota per la morte di Luigi XVI,
cosa che provoca la richiesta di divorzio della moglie. Il 20
gennaio il convenzionale Louis-Michel Lepeletier de SaintFargeau è assassinato dai monarchici per aver votato la
condanna del re. David è incaricato da Barère di organizzare
le cerimonie funebri ed egli fa esporre il corpo in place des
Piques. Dipinge poi una tela, esposta alla Convenzione, che
rappresenta il deputato nel suo letto di morte: sembra che
quest'opera sia stata distrutta nel 1826 dalla figlia del
convenzionale assassinato e resta nota solo da un disegno
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dell'allievo di David, Anatole Desvoge, e da un'incisione di Pierre-Alexandre Tardieu.
All'annuncio dell'assassinio di Marat, il 13 luglio 1793, la Convenzione incarica David di fare per
Marat quel che aveva fatto per Lepeletier. Amico di Marat, David era stato tra gli ultimi ad
averlo visto ancora vivo. Egli si occupa anche dei funerali che si svolgono il 16 luglio nella
chiesa dei Cordeliers. In ottobre, la tela è terminata e viene esposta, insieme con quella di
Lepetelier, nella sala delle sedute della Convenzione dal novembre del 1793 fino al febbraio del
1795.
La tela presenta in una luce caravaggesca la figura di Marat abbandonata alla morte. Il corpo
emerge dalla vasca come da un sarcofago, con il capo avvolto in un panno che evoca l'infula di
un antico sacerdote. L'uomo ha in mano la lettera con cui la Corday gli chiedeva udienza, per
introdursi in casa sua, ed ha accanto una cassa di legno che funge da scrittoio, con penna e
calamaio, sulla quale il pittore incide la propria dedica: À MARAT - DAVID.
Nel dipinto David non ricorre a tradizionali repertori retorici per commentare l'omicidio, ma si
limita a descrivere il fatto, dal quale tuttavia emerge la virtù di Marat e, di conseguenza, la
condanna del delitto.
Marat assassinato, 1793, Bruxelles, Musée des
Beaux-Arts
La composizione, di accentuata essenzialità, è
costruita su un ritmo orizzontale spezzato dal
braccio del morto che cade verticalmente, ed
evoca in alcuni tratti - la solennità, la ferita al
costato, l'espressione mansueta della vittima
- quasi un Cristo morto, come ricorda il
reclinare del capo sulla spalla e il braccio che
evoca quello analogo della giovanile Pietà
michelangiolesca
e
della
Sepoltura
di
Caravaggio. Più della metà del dipinto è vuota
e buia, a evocare la morte e il lutto.
« Nel quadro c'è un deciso contrapposto di ombra
e di luce, ma non c'è una sorgente luminosa, che
lo giustifichi come naturale. Luce sta per vita, ombra per morte: non si può pensare la vita senza pensar
la morte e inversamente. Anche questo è nella logica della filosofia di David. La fermezza e la freddezza
del contrapposto luce-ombra dà al dipinto un'intonazione uniforme, livida e spenta, i cui estremi sono il
lenzuolo bianco e il drappo scuro. In questa intonazione bassa spiccano, agghiaccianti, le poche stille di
sangue: segnano l'acme di questa tragedia senza voci e senza gesti »
(G. C. Argan, L'arte moderna. 1770-1970, Firenze, 1970, p. 41)
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Con La morte del giovane Barra David fa il suo terzo e ultimo quadro sul tema dei martiri della
Rivoluzione: l'esempio è dato, questa volta, dal caso di un giovanissimo tamburino di 13 anni,
Joseph Barra, ucciso dai vandeani per essersi rifiutato di gridare «viva il re». David avrebbe
anche dovuto occuparsi delle cerimonie funebri del ragazzo e di quelle di Viala, ma gli
avvenimenti del 9 termidoro, data della caduta di Robespierre, non permettono la realizzazione
del progetto.
David aveva anche pensato di celebrare un altro eroe della Rivoluzione, il generale de
Dampierre, del quale fece qualche schizzo preparatorio per una tela che però non verrà
realizzata, all'annuncio della morte di Marat.
Maria Antonietta condotta al patibolo, disegno, 1793, Louvre
Nel giugno del 1793 David è nominato presidente del club
giacobino e il mese dopo è segretario della Convenzione. Prende
parte attiva nella politica del Terrore divenendo il 14 settembre
1793 membro del Comitato di sicurezza generale e presidente
della sezione interrogatori. A questo titolo, firma circa 300
mandati d'arresto e una cinquantina di arresti, traducendo i
sospetti davanti al tribunale rivoluzionario. Fa presidiare il
Comitato
durante
la
messa
in
stato
d'accusa
di
Fabre
d'Églantine, controfirma l'arresto del generale Alessandro di
Beauharnais, nel processo contro Maria Antonietta partecipa come testimone all'interrogatorio
del piccolo Capeto , della quale farà un celebre disegno mentre l'ex-regina viene condotta alla
ghigliottina sulla carretta dei condannati.
Non si oppone all'esecuzione di vecchi amici o clienti, come i fratelli Trudaines, Lavoisier, la
duchessa de Noaille, per la quale aveva dipinto un Crocifisso, o André Chénier. Carle Vernet lo
accusa di responsabilità nella esecuzione della sorella Marguerite Émilie Vernet, moglie
dell'architetto Jean-François-Thérèse Chalgrin. Ma David protegge Dominique Vivant Denon,
facendone cancellare il nome dalla lista degli emigrati e procurandogli un lavoro di incisore,
appoggia la nomina di Jean-Honoré Fragonard al Conservatorio del Louvre e aiuta Antoine-Jean
Gros, noto realista, dandogli i mezzi per consentirgli di partire per l'Italia.
Nel 1794 David viene nominato presidente della Convenzione, una funzione che egli occupa dal
5 al 21 gennaio. Come organizzatore di feste e cerimonie rivoluzionarie, insieme con
l'architetto Hubert, del falegname Duplay - il padrone di casa di Robespierre - del poeta MarieJoseph Chénier, fratello di André, e del compositore Méhul, la festa della Réunion del 10
agosto, la traslazione di Marat al Panthéon, la festa per la riconquista di Tolone e la cerimonia
del culto della Ragione e dell'Essere supremo, disegnando i carri del corteo e gli elementi della
cerimonia. Fa anche delle caricature di propaganda per il Comitato di salute pubblica, e
disegna i costumi per i rappresentanti del popolo.
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Imprigionato nell'agosto del 1794, dopo la caduta del Robespierre, rimase in bilico per alcuni
mesi tra la condanna a morte e l'assoluzione, finché sua moglie riuscì a farlo rilasciare. A quel
tempo il matrimonio era andato in frantumi lacerato dalla Rivoluzione e nel febbraio del 1794 i
due si separarono. Dopo che David uscì dal carcere le incomprensioni scomparvero si
risposarono nel 1796.
Il 28 dicembre, prosciolto da ogni accusa, David è rimesso in libertà.
Madame Sériziat e figlio, 1795, Louvre
Durante la prigionia, David aveva dipinto il suo Autoritratto,
ora al Louvre, e aveva progettato un Omero che recita ai
greci i suoi versi, del quale resta solo un disegno, aveva
forse dipinto i giardini del Luxembourg
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e ritratto Jeanbon
Saint-André, un convenzionale imprigionato con lui.
Il Direttorio ripristina l'Institut de France e invita David a far
parte della sezione di pittura della Classe de littérature et
Beaux-arts. Nell'ottobre del 1795 torna al Salon con due
ritratti della famiglia Sériziat realizzati nella loro casa di
Saint-Ouen e dipinge i ritratti dei due diplomatici Gaspar
Mayer e Jacobus Blauw.
Le Sabine, 1795-1798, Parigi, Louvre
Ma
la
sua
occupazione
principale
è
la
realizzazione delle Sabine, dipinte dal 1795
al 1798, nelle quali sono simboleggiate le
rivalità fratricide delle fazioni rivoluzionarie e
le
virtù
della
riconciliazione
e
della
concordia. Rivendicando il ritorno al «puro
greco», la tela rappresenta l'evoluzione del
suo
stile
nella
scelta
di
rappresentare,
audacemente secondo la sensibilità dell'epoca, la nudità degli eroi, giustificata da David nel
breve scritto Note sulla nudità dei miei eroi Il suo esempio è seguito da una parte dei suoi
allievi, costituiti intorno a Pierre-Maurice Quays sotto il nome di Barbus, o Gruppo dei primitivi,
che auspicano un ritorno radicale al modello greco, fino a entrare in dissidio con il loro
maestro, rimproverandogli il carattere non
abbastanza arcaico della rappresentazione
dell'antico episodio della leggenda romana. David finisce per licenziare i suoi allievi PierreMaurice Quays e Jean-Pierre Franque rimpiazzandoli con Jérôme-Martin Langlois e con Jean
Auguste Dominique Ingres, destinato a un grande avvenire.
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Al contrario dei suoi quadri precedenti qui è lo spirito familiare a trionfare su quello patriottico,
il mondo delle donne, diventando soggetto attivo, impone la sua legge a quella degli uomini. I
personaggi, dalle membra levigate ed efebiche, di una bellezza idealizzata, danno vita ad
un’azione incruenta e meccanica. L’artista, infatti, si concentrò nella resa accurata di ogni
particolare evitando ogni contrasto chiaroscurale e cromatico.
Le Sabines non vengono esposte al Salon: seguendo l'esempio dei pittori americani Benjamin
West e John Singleton Copley, David organizza un'esposizione a pagamento nella vecchia sala
dell'Académie d’architettura e installa davanti al dipinto uno specchio, in modo che gli
spettatori si vedano parte integrante dell'opera. L'esposizione si protrasse fino al 1805, con
grande successo: grazie agli incassi, David acquistò nel 1801 una proprietà di 140 ettari, la
fattoria dei Marcoussis, a Ozouer-le-Voulgis.
In questo periodo, accanto alla sua produzione “pubblica”, l’artista realizzò anche quadri
destinati all’ambito privato, soprattutto ritratti, tra cui i due ritratti dei cognati Sèrizavat, 1795.
In queste ultime due tele, entrambe conservate al Louvre e realizzate con clori chiari e sobri,
inserì i suoi personaggi, simbolo di un’eleganza tutta borghese, in un’ambientazione
imprecisata.
Il Primo Console supera le Alpi al Gran San Bernardo,
1800, Malmaison
Nel 1797 restò affascinato dall’entrata trionfale
di Napoleone Bonaparte a Parigi e, lasciata ogni
cautela, si votò immediatamente alla sua causa
con lo stesso fervore che aveva provato per la
Rivoluzione, diventando il prèmier peintre di
Napoleone, da parte sua, incoraggiò questo atto
di devozione, anche se non fu sempre entusiasta
dei risultati artistici. Del 1800 è il Napoleone al
passo del Gran San Bernardo, ora conservato
alla
parigina
Mamaison,
in
cui
il
corso
è
rappresentato in groppo ad un cavallo rampante
mentre s’appresta a superare le Alpi, come
prima di lui aveva fatto il generale cartaginese
Annibale, avviluppato in un turgido mantello.
Nell'ottobre del 1804 riceve da Bonaparte, ora l'imperatore Napoleone I, la commissione di
quattro quadri di cerimonia: L'incoronazione di Napoleone I, La distribuzione delle aquile,
L’intronizzazione e L'arrivo all'Hôtel de Ville. È anche nominato ufficialmente «primo pittore»,
mentre l'amministrazione delle attività artistiche restano affidate a Dominique Vivant Denon.
12
L'incoronazione di Napoleone, 1808, Parigi, Louvre
Sistemato a Notre-Dame, da dove può seguire tutti i particolari della cerimonia dell'
Incoronazione e ha lo spazio necessario per dipingere poi l'enorme tela di 9,80 x 6,21 metri,
portata a termine in tre anni di lavoro. Egli stesso descrisse le circostanze dell'impresa:
« Disegnai la scena dal vivo e fissai separatamente tutti i gruppi principali. Annotai quello che non potevo
fare in tempo a disegnare [...] Ciascuno occupa il posto secondo l'etichetta, vestito degli abiti propri alla
sua dignità. Dovetti affrettarmi a riprenderli in questo quadro, che contiene più di duecento figure »
Se David ha concepito da solo la composizione dell'opera, che originariamente doveva
mostrare l'imperatore mentre s'incorona da solo, ma la scena principale fu poi sostituita
dall'incoronazione di Giuseppina per mano dello stesso Napoleone - cambiamento suggeritogli
da François Gérard - Napoleone gli ordinò altre modifiche, facendogli aggiungere la madre
Letizia che in realtà non era presente, e di far dare al papa Pio VII un gesto di benedizione,
mentre David lo aveva rappresentato in atteggiamento passivo.
David approfitta della venuta del Papa per fargli il ritratto ora al Louvre. L'imperatore rifiutò poi
un ritratto di David, destinato a Genova, scontento del risultato: «così brutto, talmente pieno
di difetti, che non l'accetto e non voglio mandarlo in nessuna parte, specie in Italia, dove si
farebbero una ben cattiva opinione della nostra scuola». L'incoronazione è l'avvenimento del
13
Salon del 1808 e Napoleone dimostra tutta la soddisfazione per l'opera facendo David ufficiale
della Legion d'onore.
Alla Distribuzione delle aquile David deve apportare su ordine di Napoleone due importanti
modifiche: la cancellazione degli allori che cadevano dal cielo sopra le bandiere dei reggimenti
e poi, nel 1809, la figura di Giuseppina, dalla quale aveva divorziato. La prima modifica rende
incongruo il movimento delle teste dei marescialli, volte in alto a guardare un cielo vuoto.
Léonida alle Termopili, 1800-1814, Parigi, Louvre
A partire dal 1810 le relazioni tra l'artista e il potere si raffreddano, principalmente a causa
delle difficoltà di pagamento dei quadri dell' Incoronazione e della Distribuzione delle aquile,
che fu l'ultimo impegno di David per Napoleone. L'amministrazione contesta il compenso
richiesto dal pittore, giudicato esorbitante, e David è escluso dalla commissione istituita per la
riorganizzazione dell' École des Beaux-Arts. L'ultimo ritratto dell'imperatore - il Napoleone nel
suo gabinetto di lavoro - è in realtà il risultato di una commissione richiesta dal collezionista
scozzese Alexander Hamilton.
Lo stesso anno l'Institut de France organizza il concorso per il premio decennale che onora le
opere particolarmente significative degli ultimi dieci anni e L'incoronazione è premiata come
miglior dipinto ma David considerò un affronto vedere Le Sabine classificarsi decima davanti
alla Scena di diluvio di Girodet, premiato come miglior dipinto di storia del decennio.
David riprende così a lavorare su commissioni private: il dipinto mitologico Saffo, Phaos e
Amore è destinato al principe russo Nicolai Yussupov, una ripresa in chiave galante de Gli
amori di Paride ed Elena, mentre il Leonida alle Termopili, terminato nel 1814, gli era stato
commissionato quattordici anni prima, come mostra del resto lo stile «puro greco» al quale
David si era allora indirizzato con Le Sabine, del quale il Leonida costituisce il pendan.
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Durante i Cento Giorni David riprende il suo posto di «primo pittore», dal quale era stato
esonerato
durante
la
breve
prima
Restaurazione,
e
ottiene
anche
l'onorificenza
di
commendatore della Legion d'onore. Egli sottoscrive, nel maggio 1815, l'Atto addizionale alle
costituzioni dell'Impero, la modifica costituzionale di ispirazione liberale con la quale Napoleone
si illudeva di poter riguadagnare un prestigio e un consenso ormai compromesso.
[90]
Amore e Psiche, 1817, Cleveland Museum of Art
Mentre i suoi vecchi allievi Antoine-Jean Gros, François
Gérard e Girodet rendono omaggio alla restaurata
monarchia, David non si attende comprensione dal
nuovo potere a causa del suo passato rivoluzionario e
bonapartista e, dopo Waterloo, affidato il suo atelier a
Gros, messe al sicuro le sue Sabine, l' Incoronazione, la
Distribuzione delle aquile e il Leonida, si rifugia in Svizzera e poi, cercata invano accoglienza a
Roma, il 27 gennaio è a Bruxelles, dove ritrova vecchi convenzionali come Barrère, Alquier e
Sieyès, oltre a precedenti allievi belgi, Navez, Odevaere, Paelinck e Stapleaux, il quale diventa
suo collaboratore.
Rifiutato l'invito in Prussia di Federico Guglielmo III, si interessa alle opere dei maestri olandesi
e fiamminghi che può vedere a Bruxelles, e dipinge diversi ritratti di esiliati e di notabili belgi,
oltre a dipinti di soggetto mitologico. Ritrae le figlie di Giuseppe Bonaparte, di passaggio a
Bruxelles, e dà lezioni di disegno a Charlotte Bonaparte, dipinge Amore e Psiche nel 1817 per il
conte Sommariva - il cui trattamento di Cupido è giudicato scandaloso per il troppo verismo L'ira di Achille nel 1819, Gli addii di Telemaco e di Eucaride e una copia dell' Incoronazione nel
1822 per committenti americani.
Marte disarmato da Venere, 1824, Bruxelles
A 75 anni esegue Marte disarmato da Venere e le
Grazie,
l'ultimo
dipinto
mitologico:
lo
espone
a
Bruxelles, nell'aprile del 1824, e il racavato va in
beneficenza; anche a Parigi, dove viene esposto in
maggio, il dipinto ottiene grande successo, attirando
6.000 visitatori. In quel Marte che si lascia disarmare da
Venere e dalle Grazie è facile vedere la fine della lunga,
esaltante ma anche tragica epopea vissuta dalla Francia
e dall'Europa: «gli eroi erano stanchi, e anche il vecchio
maestro, reduce da tante battaglie, era pronto a deporre le armi».
Appare, anonima, la sua prima biografia, Notice sur la vie et les ouvrages de M. J.-L. David.
Dal 1820 la sua salute peggiora: nel 1824 è investito da una carrozza, nel novembre 1825 ha
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le mani paralizzate e muore nel suo letto 29 dicembre. Il governo francese rifiuta anche la sua
salma e David è sepolto nel cimitero Saint-Josse-ten Noode di Bruxelles: solo il cuore è
interrato a Parigi, al Père Lachaise, accanto alla moglie Charlotte, deceduta pochi mesi dopo.
Nel 1819, rispondendo agli inviti di chi voleva che egli tornasse in Francia rendendo un
inevitabile omaggio ai nuovi potenti, David aveva scritto al figlio Jules: «Tutti i miei colleghi
rientrano in Francia; io sarei certamente del numero se avessi la debolezza di chiedere per
iscritto che mi si faccia tornare. Ma tu conosci tuo padre e la fierezza del suo carattere. Può
egli fare un simile passo? Sapevo quel che facevo. Ero adulto, avevo l'età per sapere quel che
facevo».
[
L'arte di David
Generi e temi
Nella sua formazione e nel percorso artistico David è innanzi tutto un pittore di storia, il
«genere grande» della pittura, secondo la classificazione elaborata da Félibien nel XVII secolo:
« colui che dipinge paesaggi alla perfezione sta in un grado più alto di chi dipinge solo frutta, fiori e
conchiglie. Colui che dipinge animali vivi merita maggior considerazione di chi dipinge cose morte e prive
di movimento [...] colui il quale imita Iddio dipingendo figure umane , è assai più eccellente di tutti gli
altri [...] il pittore che fa solo ritratti non ha ancora raggiunto la perfezione nell'arte [...] per questo è
necessario passare dalla rappresentazione di una sola figura a quella di più figure insieme, trattare la
storia e la mitologia, rappresentare, come gli storici, figure grandi [...] bisogna saper adombrare sotto il
velo delle allusioni mitologiche le virtù dei grandi uomini e i misteri più elevati »
(A. Félibien, Conferences de l'Académie royale de peinture et de sculpture, Paris, 1669)
E David, fino all'esilio, attribuisce la maggiore importanza alle composizioni storiche ispirate a
soggetti tratti dalla mitologia - Andromaca, Marte disarmato da Venere - o dalla storia romana
e greca - Bruto, Le Sabine, Leonida. Con la Rivoluzione, cerca di adattare la sua ispirazione
fondata sull'antico a soggetti del proprio tempo, dipingendo anche opere con soggetti
contemporanei: Il giuramento della Pallacorda, La morte di Marat, L'incoronazione.
Il secondo genere prediletto, ancora sull'esempio di Félibien, è il ritratto. All'inizio della carriera
e fino alla Rivoluzione, ritrae suoi famigliari e notabili della sua cerchia, poi Napoleone, il papa
e qualche esponente del regime; in questo genere, il suo stile prefigura la ritrattistica di
Ingres. Il suo catalogo comprende anche tre autoritratti. Solo tre sono i soggetti religiosi: un
San Girolamo, il San Rocco che intercede presso la Vergine, e un Cristo in croce. Gli si
attribuisce un solo paesaggio e nessuna natura morta.
I disegni
L'opera grafica di David si divide in due gruppi: nel primo, disegni originali, fregi classici,
caricature, il celebre schizzo di Maria Antonietta condotta al patibolo e progetti di medaglie e di
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costumi; nel secondo, schizzi e abbozzi preparatori alle tele, dalla semplice idea fino
all'elaborazione ricca di dettagli, ai disegni di monumenti e di paesaggi romani raccolti nei suoi
album che utilizza da modelli per le future composizioni. Le tecniche impiegate vanno dal
carboncino alla matita, dall'acquerello all'inchiostro.
Lo stile
L' evoluzione al Neoclassicismo
David, nato in pieno periodo rococò, non poté che esserne un rappresentante. Il soggiorno in
Italia fu fondamentale per lo sviluppo della sua personalità artistica, potendo conoscere e
apprezzare due maestri del Rinascimento come Raffaello e Correggio, un classicista come
Guido Reni fino alla scoperta di Caravaggio e della sua scuola. Al suo ritorno da Napoli,
maturato l'abbandono della formazione barocca, la sua conversione al Neoclassicismo passa
innanzittutto attraverso gli insegnamenti del proprio maestro Joseph-Marie Vien, dalla
meditazione dell'opera di Poussin, di Gavin Hamilton, di Pompeo Batoni, di Raffaello Mengs e
dei suoi studi dell'antichità, favoriti dall'opera di Winckelmann.
La novità di David consiste nell'aver combinato una ispirazione sia estetica che morale, unendo
ragione e passione, piuttosto che l'imitazione della natura e dell'antico.
[93]
Con il Belisario e Il
giuramento degli Orazi David trova il suo stile che varierà appena con Le Sabine. Nel ritratto,
la sua maniera è più libera, vicina al naturalismo di Chardin, e rappresenta un'evoluzione al
ritratto psicologico iniziato da Quentin de la Tour.
La tecnica
La tecnica utilizzata da David è visibile negli abbozzi incompiuti che ci sono rimasti e che
permettono di osservare la sua maniera di dipingere e di conoscere i processi di realizzazione.
Così, l'incompiuto Ritratto di Bonaparte lascia apparire lo strato di preparazione di pigmenti
bianchi a base di piombo sul quale dipinge, ma egli dipingeva anche su una preparazione
collose.[94]
Girodet: Ippocrate rifiuta i doni di Artaserse
La tavolozza di David era costituita nell'ordine
dai colori
« bianco piombo, giallo Napoli, ocra gialla, ocra rossa,
ocra Italia, bruno rosso, terra di Siena bruciata, lacca
carminio, terra di Cassel, nero avorio, nero pesca o
vigna. Indistintamente blu di Prussia, blu oltremare,
blu minerale, poi poneva sotto questi colori cinabro e
vermiglione. Verso la fine della carriera aggiunse il giallo cromo e il cromo rosso per dipingere i soli
arredamenti »
17
Nella composizione, abbandona la struttura piramidale in voga nel XVII secolo preferendo
quella a fregio ispirata ai bassorilievi antichi, generalizzandola a partire da Il giuramento degli
Orazi, una composizione di struttura rettangolare. Probabilmente David utilizzava uno schema
ortogonale basato sul ribaltamento dei lati minori del rettangolo, ma nessun disegno di David
mostra tracciati che permettano di verificare il suo modo di comporre, anche se forse il disegno
preparatorio dell'Ippocrate rifiuta i doni di Artaserse di Girodet è anche un esempio di come
David costruisse i propri dipinti.
Lo scrupolo di David può essere dimostrato, per esempio, dai ripetuti rifacimenti – venti volte Le false attribuzioni
Ritratto di François Devienne
Alla morte del pittore apparve un certo numero di nuove tele
che gli furono erroneamente attribuite. Il successo di David e il
costo elevato dei suoi dipinti favorirono naturalmente l'attività
dei falsari, come avvenne per il Barère alla tribuna, ora
restituito a Laneuville (Kunsthalle, Bremen), quello di SaintJust, o quello del flautista François Devienne ai Musées Royaux
des Beaux-Arts di Bruxelles, considerata autografa fino agli
anni Trenta del Novecento.
Nel 1883 Jacques-Louis Jules David, nipote del pittore e autore di una sua monografia, notò in
occasione di un'esposizione che su diciannove tele presentate come autentiche, solo quattro
potevano essere considerate autografe, segnalando in particolare che nessuno dei quattro
presunti autoritratti esposti era autentico.
L'errore è propagato dalle autenticazioni degli «esperti», come avvenne per il ritratto del
convenzionale Milhaud, la cui attribuzione si basò anche sulla falsa firma presente nella tela e
si poté depennare il ritratto dal catalogo di David solo grazie all'apparizione di una replica
dell'allievo Garneray. Il tribunale dovette poi stabilire la falsa attribuzione di una replica del
Marat assassinato conservata nel Castello di Versailles.
Le esposizioni retrospettive hanno permesso di fare il punto sul catalogo davidiano: quella del
1948 ha escluso Il convenzionale Gérard e la sua famiglia e il ritratto di Devienne, mentre nel
1989 fu esclusa l'attribuzione di un ritratto, restituito a Quatremère de Quincy, e delle Tre
dame di Gand, conservata al Louvre, e pone dei dubbi sul Ritratto del Geôlier del museo di
Rouen.
[modifica] La Scuola di David
L'influenza di David può essere valutata dal numero di allievi che frequentarono il suo atelier
dal 1780 al 1821: se ne sono calcolati circa 470.
David aveva fondato una scuola al suo ritorno a Roma nel 1780 e tra i primi allievi vi furono
Wicar, Drouais, Girodet. L'espressione «École de David» fu coniata ai primi del XIX secolo e
18
comprende sia l' atelier che l'influsso esercitato dalla sua pittura. Qualificato di dogmatico,
[105]
David favorì però l'espressione di talenti originali e anche lontani dal suo stile, come Antoine
Gros, pittore che annuncia il romanticismo di Géricault e Delacroix, pur restandogli fedele e
prendendo in mano, su invito del maestro, l'atelier al momento dell'esilio di David.
Una dissidenza fu pure espressa da un gruppo di suoi allievi, i Barbus, intenzionati a
radicalizzare il neoclassicismo esprimendo un'antichità più primitiva, ispirata direttamente allo
stile greco arcaico, anziché classico. David si oppose a Girodet e a Ingres. dei quali non
comprese gli orientamenti artistici: dopo aver visto il dipinto di Girodet L'apoteosi degli Eroi
francesi morti per la patria, reagì esclamando: «È pazzo, Girodet! Lui è pazzo o io non capisco
più niente di pittura. Sono personaggi di cristallo quelli che ci ha fatto! Che peccato! Col suo
talento, ques'uomo non farà che follie! Non ha senso comune». E sul Giove e Teti di Ingres,
avrebbe detto che «è delirante».
Molti suoi allievi furono anche suoi collaboratori: Drouais l'aiutò nella realizzazione del
Giuramento degli Orazi, Jean-Baptiste Isabey lavorò su Gli amori di paride ed Elena, François
Gérard su Gli ultimi momenti di Lepelletier de Saint-Fargeau, tre allievi collaborarono a Le
Sabine, Jean-Pierre Franque, Jérôme-Martin Langlois e, occasionalmente, Ingres, che collaborò
anche al Ritratto di madame Récamier. Georges Rouget è considerato l'assistente preferito di
David, e lavorò alle repliche del Bonaparte al Gran San Bernardo e della Incoronazione, dove è
rappresentato accanto al maestro, e al Leonida alle Termopili.
19
Le opere del giovane David ben si inseriscano nel
contesto
pre-neoclassico:
infatti,
nonostante
dipinti come Combattimento di Minerva contro
Marte (1771) e La morte di Seneca (1773)
presentino soggetti tratti dal mondo antico, la
dinamicità, i colori a tratti pastello, e il lascivismo
delle pose dei personaggi poco si prestano ad
essere considerate neoclassiche. D’altra parte,
come già accennato, ci troviamo in un periodo di
transizione in cui gli ideali neoclassici si stavano
ancora definendo, e la prima formazione di
David, sotto l’egida di Boucher, difficilmente
Combattimento di Minerva contro Marte
poteva spingere l’artista verso questa rivoluzione
neoclassica. L’incontro con Vien, invece, è stato
d’aiuto al giovane pittore per “depurare” il suo
stile dalle impurità formali del Rococó, dandogli la
possibilità di esprimersi attraverso un linguaggio
meno frivolo, ma ancora troppo grazioso ed
elegantei, mentre sicuramente determinante è
stato il viaggio in Italia che David ha intrapreso
verso il 1775, tramite il quale ha potuto studiare i
classicisti bolognesi e Raffaello su tutti. E di
questo classicismo italiano ne è testimonianza il
San Rocco intercede con la Vergine per guarire gli
appestati, del 1780: la dolcezza dei volti della
La morte di Seneca
Vergine e del Bambino, nonché il gesto affettuoso
di quest’ultimo nei confronti della madre, sono
indubbiamente memori della lezione raffaellesca, mentre il crudo naturalismo della parte
inferiore della scena tradisce gli influssi che le opere di Caravaggio hanno esercitato sul
francese. A mio avviso, peró, nonostante la totale adesione ai precetti classicisti, neppure
quest’opera puó essere considerata neoclassica: infatti, come accennato nell’introduzione,
l’Illuminismo piú puro (di cui il Neoclassicismo ne è la derivazione artistica) auspicava la
vittoria del razionalismo sulle componenti irrazionali, tra le quali veniva annoverata anche la
religione, e «l’interpretazione razionale della realtà»ii. Il Belisario riconosciuto (1781), invece,
si avvicina in maniera piú decisa a quei tratti che diverranno poi distintivi del Neoclassicismo,
nonostante
in
questo
dipinto
si
possano
anche
rintracciare
moduli
di
ascendenza
neopoussiniana, nel paesaggio con architetture e nella composizione per piani paralleli in
profondità, che torneranno nella pittura di David verso l’inizio del secolo successivo.
20
Il David neoclassico
La carriera artistica di David di fine Settecento è stata già a fondo analizzata da un’infinità di
studiosi, e non è sicuramente nelle mie intenzioni riproporre una banale rielaborazione di
questi studi: una rapida analisi di quelli che sono i canoni del Neoclassicismo è pero necessaria
per poter spiegare e far comprendere il capitolo successivo.
Intorno ai primi anni del nono decennio del secolo, la pittura di David va incontro, forse a
causa dell’ennesimo viaggio a Roma, ad una ulteriore depurazione (per riprendere il termine
usato in precedenza): a partire da questo periodo, infatti, il classicismo di David espresso negli
anni passati si evolve in un linearismo puro, che rinuncia «a ogni effetto sensualmente pittorico
e ad ogni concessione che riducesse il quadro ad una festa per gli occhi»iii. Questo stile
asciutto, mai raggiunto da altri classicisti suoi predecessori, nonché la forza spirituale delle
tematiche affrontate nei dipinti (come si vedrà in seguito), rispondevano pienamente allo
stoicismo della borghesia rivoluzionaria, la quale vedeva nella Roma repubblicana e nelle sue
virtú (filtrate, e forse esagerate, dagli scritti latini del tempo) un esempio da seguire.
Nonostante quindi vi siano teorici che non ammettano il rapporto di causa-effetto tra arte
rivoluzionaria e Rivoluzione, mi sembra innegabile che la spinta verso il Neoclassicismo piú
puro sia stata data da quegli strati sociali piú impegnati nella Rivoluzione stessa, sicuri che le
forme semplici e disciplinate dell’arte classicheggiante riflettessero appieno il loro essere. Il
cambiamento precipuo che ha permesso a questi nuovi classicisti di distinguersi dagli altri
artisti che in passato si sono espressi attraverso una cifra stilistica affine è, quindi, lo spirito
rivoluzionario e sovversivo che i primi sono riusciti a infondere nelle loro opere, nonché la forza
nobilitante delle tematiche trattate. Attenzione, peró, perché quest’arte non puó essere definita
rivoluzionaria solo per i soggetti e le idee, come sostenuto da alcuni teoriciiv, ma le innovazioni
riguardano anche forme e stile: gli stessi contemporanei, «erano perfettamente consci della
differenza stilistica che correva tra David e i suoi predecessori»v. Come sostiene Thévoz,
«ritenere che la sua pittura sia stata rivoluzionaria per contenuto e accademica nella forma,
significherebbe ricorrere a un’opposizione epistemologica assai sospetta».
Generalmente riconosciuta come l’opera neoclassica per eccellenza, Il giuramento degli Orazi
(1784-1785) racchiude in se tutte le peculiarità che un dipinto neoclassico dovrebbe possedere
per essere considerato tale («peindre comme on parlait à Sparte», suggeriva Diderot):
- uno stile rigoroso e severo dai contorni netti;
- abolizione dei colori pastello;
- visione frontale della scena;
- pochi personaggi;
- rigidità nelle pose;
- essenzialità nell’impostazione generale della scena;
21
- un messaggio morale (in questo caso il giuramento come espressione di lealtà politica)
da porre a esempio universale.
Punti, questi, rintracciabili nei dipinti di David eseguiti negli ultimi quindici anni circa del
Settecento, a iniziare dalla Morte di Socrate (1787), nel quale ritroviamo una gestualità
teatralmente contenuta e colori bassi che ne riflettono il dignitoso messaggio dell’eroismo
morale nell’avversità: nonostante stia per bere la mortale cicuta, Socrate affronta il suo
destino con totale stoicismo, attorniato da fedeli addolorati per la perdita di un uomo di tale
forza. Si notino in questa scena la visione frontale, che riecheggia gli antichi fregi, e l’austerità
dell’ambiente circostante, aspetti compositivi che ritroviamo successivamente nel dipinto
raffigurante I littori riportano a Bruto le salme dei figli (1789), il cui messaggio è racchiuso
nella meditazione di un padre che ha fatto decapitare i propri figli, considerati traditori, per il
bene della repubblica romana.
La perdita degli ideali
Il titolo di questo capitoletto contiene in sé la spiegazione sulle cause che ritengo abbiano
portato il Neoclassicismo verso una monotona ripetizione di stilemi, i quali vennero epurati dal
contesto originario nel quale questi stessi stilemi presero vita. Riassumendo brevemente, ho
illustrato finora come lo stile che puó essere considerato pienamente neoclassico fosse spinto
dagli ideali di libertà della borghesia rivoluzionaria, i quali venivano tradotti sulla tela tramite
una cifra stilistica rigida e secca, scevra della sfarzosità rococó. Dopo la Rivoluzione, e in
particolar modo con l’avvento di Napoleone, il rapporto arte-politica si fa piú forte, venendo
riconosciuta la prima come un vero e proprio strumento di governo e di propaganda, incentrata
sul culto della personalità dell’imperatore. Durante l’Impero napoleonico il (neo)classicismo è
sempre la base dell’arte ufficiale, ma questa inizia a perdere quei valori morali, ispiratigli
dall’antichità, che erano l’essenza stessa del Neoclassicismo: cosí come durante la Rivoluzione
e sotto il Consolato i francesi guardavano all’eroismo della Roma repubblicana, ora la
propaganda politica di Napoleone richiama i fasti e la magnificenza dell’Impero Romano.
L’antico diviene di moda, smette di ispirare, diventa convenzione, e questa mancanza di ideali
si riflette anche nell’arte, trasformando i nobili pensieri neoclassici in uno stile puramente
decorativo, in una sorta di revival dell’antico: e quando l’arte segue i «dettami della moda o i
capricci del committente, allora la sua dissoluzione è vicina».
Analizzando i quadri che David dipinge in questo periodo, si puó comprendere il motivo per cui
sostengo che anche il principale maestro del Neoclassicismo, una volta svuotato dell’impeto
rivoluzionario (sia in campo sociale che artistico), abbia contribuito al decadimento dello
stesso: la sua posizione di premier peintre dell’Impero, che lo poneva come esempio assoluto
per i giovani artisti, ha certamento accelerato questo processo.
22
Uno dei dipinti piú famosi di David è certamente Le Sabine (1799): tralasciando il
significato politico di riconciliazione nazionale, mi preme sottolineare come quest’opera abbia
perso il carattere intransigente degli anni rivoluzionari. Lo stile è indubbiamente classicista, ma
la linea risulta piú elegante, la composizione piú affollata e il rigorismo morale che impregnava
le opere precedenti viene qui messo da parte: iniziano a comparire, a differenza delle opere di
qualche anno prima, nudità sia maschili che femminili, prima immortalate solo nelle scene
giovanilivi. L’artificiosità delle nuove composizioni davidiane si riflette anche nel Leonida alle
Termopili (1812), un soggetto sicuramente eroico per il messaggio che reca con sé. Come per
Le Sabine, peró, ad un significato che di neoclassico ha, a prima vista, ancora qualcosa non
corrisponde una cifra stilistica pienamente neoclassica: questo tripudio di figure nude, piú
vicine alla grazia greca che alla statuaria romana, è nuovamente memore delle lezione
poussiniana, e gli stessi personaggi sono lontanissimi dalla solidità delle opere eseguite tra gli
anni Ottanta e gli anni Novanta del Settecento. L’imperante manierismo nei confronti dell’arte
rivoluzionaria, che denota come ormai questa sia convenzione pura, è addirittura qui evidente
nel rimando al dipinto manifesto del Neoclassicismo, per David una sorta di vano
autocitazionismo: i tre soldati alla destra di Leonida sono un lampante omaggio ai tre Orazi che
giurano di sacrificare la propria vita per la patria, ma il gesto è qui privo di qualsiasi valore. Le
loro braccia non sono piú protese verso le spade con le quali dovranno combattere, anzi, con in
mano tre corone di alloro (simbolo di vittoria e gloria), i tre soldati indicano una sorta di lastra
celebrativa: il messaggio che traspare da questo gesto non è piú quindi nobilitante, non è piú
neoclassico in senso stretto, e sottolinea quasi come sia piú importante il combattere non per
la patria ma per la gloria personale.
Paride e Elena 1788
È evidente come, dall’Ottocento in poi, la
vera essenza del Neoclassicismo sia stata
pienamente abbandonata: anche il tema
dell’amore è completamente cambiato. Nel
confronto tra due dipinti di tema amoroso,
come Paride e Elena (1788) e Amore e
Psiche
(1817),
le
differenze
sono
innegabili: il primo è presentato come un
amore contemplativo, e la nudità di Paride
non ha nulla di erotico, mentre nella
seconda scena l’espressione compiaciuta di
Cupido palesa il compimento dell’atto sessuale e la figura di Psiche lo stato di piacere (estraneo
alla cultura neoclassica) che da esso scaturisce. Laddove Elena, in un’austera dimora, si
dimostra pensierosa riguardo l’infedeltà nei confronti del marito, Psiche si abbandona
totalmente ad un sonno edonistico in un alcova sfarzosa. Questo ritorno alla vecchia e
23
voluttuosa visione dell’antichità non solo introduce tematiche erotiche e corrotte, ma altresí
accompagna
l’abbandono
di
architetture
iper-razionaliste
sullo
sfondo
delle
scene:
emblematico di questa tendenza è il dipinto Marte disarmato da Venere e dalle Grazie (1824),
sul cui sfondo non v’è piú il sobrio porticato dorico che fa da cornice al Giuramento degli Orazi,
ma un tempietto con colonne corinzie dai capitelli dorati che sorreggono un fregio decorato,
davanti al quale Marte cede alla provocante Venere e viene disarmato.
Un soggetto che certamente David non aveva intenzione di porre a modello universale, ma che
dimostra un ulteriore cambiamento nella sensibilità dei primi artisti neoclassici, che da qualche
tempo non attingevano piú dalla stoica repubblica romana gli esempi da seguire, e il semplice
richiamo a tematiche e simboli tratti dall’antichità era sufficiente a farli sentire parte del
sentimento neoclassico.
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Il giuramento degli Orazi è di certo il quadro neoclassico più famoso e quello che meglio
sintetizza le nuove concezioni artistiche di David. L’immagine è costruita con perfetto
equilibrio, con linee nette e colori freddi. La scena è collocata in un ambiente di severa e
spartana solidità. L’ambiente è raffigurato secondo i principi della prospettiva centrale. Ciò dà
un senso di equilibrio orizzontale che accentua la solennità del momento rappresentato. Il
quadro si divide idealmente in tre riquadri distinti, segnati dai tre archi a tutto sesto dello
sfondo. Nel primo riquadro ci sono i tre fratelli Orazi. Sono visti di scorcio così che sembrano
quasi formare un corpo solo. Hanno le gambe leggermente divaricate in avanti, il braccio
proteso. I loro lineamenti sono tesi, le espressioni sono concentrate: esprimono tutta la
determinazione che li porta a sacrificare la loro vita per la patria. Al centro, nel secondo
riquadro, c’è il padre. Ha un aspetto solenne. Ha in mano le tre spade che sta per consegnare
ai figli dopo aver raccolto il loro giuramento. L’altra mano è sollevata in alto, a simboleggiare la
superiorità del principio per il quale vanno a combattere: la difesa della patria e delle loro
famiglie. Nel terzo riquadro ci sono le moglie degli Orazi con due figli. Sono accasciate ed
addolorate anche se non compiono gesti di teatrale disperazione. Non piangono neppure. La
loro sofferenza è intensa ma composta. Sopportata con grande dignità, perché comprendono la
necessità del sacrificio dei loro uomini.
Il soggetto storico è qui utilizzato con un unico contenuto: l’esaltazione dell’eroismo. Eroi sono
coloro che volontariamente scelgono di mettere a rischio la propria vita per il bene comune dei
propri familiari e della propria terra. L’eroe, in questo quadro, ha caratteri di intensa virilità che
contrastano con i molli caratteri dei tanti damerini che affollavano la società aristocratica del
Settecento. Ma non è un attributo solo degli uomini. Eroiche sono anche le donne che devono
pagare il prezzo del dolore. La differenza psicologica dei personaggi viene resa in forme visibile
dalle loro pose: diritte e tese le linee che formano gli uomini, curve e sinuose le linee che
disegnano le donne.
Rispetto alla pittura rococò, che cercava la sensualità della visione con colori tonali, luci calde e
ombre accoglienti, la pittura di David si mostra al contrario fortemente idealizzata. La luce che
illumina la scena è netta e tagliente, le forme sono disegnate con grossa precisione, il rilievo
dei corpi è affidato al più classico del trattamento chiaroscurale. Nulla deve essere seducente
per l’occhio o i sensi. L’immagine deve invece colpire la coscienza dell’osservatore. Non deve
offrirgli consolanti sensazioni estetiche ma deve smuovergli il cuore. Deve richiamarlo a valori
forti. Valori come l’eroismo. Valori tanto necessari in una fase storica come questa in cui la
società francese si prepara a quella rivoluzione destinata a cambiare il corso della storia
europea.
Il richiamo all’eroismo è il grande contenuto di questo quadro. Un contenuto etico. Un
contenuto forte. E, per far ciò, il David abbandona del tutto quella sensazione di attimo
fuggente che caratterizza tutta la pittura del Settecento rococò. Egli sceglie di rappresentare la
vicenda secondo la tecnica del momento pregnante. Il momento eterno. Quel momento in cui
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la coscienza cambia per sempre per una scelta che non può più farci tornare indietro. Quel
momento da consegnare per sempre alla storia.
Il quadro di David fu realizzato a Roma e poi trasportato a Parigi. Il successo che ebbe fu
immenso e decretò la fama di David. La data della sua esecuzione, a soli quattro anni dallo
scoppio della Rivoluzione Francese, fanno sì che questo quadro ben rappresenti il clima
prerivoluzionario della Francia. Un clima in cui, anche grazie ai quadri di David, si avvertiva la
necessità di un ritorno ai valori etici forti che avrebbero consentito ai francesi il sacrificio di
tante vite umane pur di affermare i nuovi valori di libertà, uguaglianza e fraternità.
Il David ha utilizzato la storia classica per altri quadri simili a questo. Ricordiamo «Belisario
riconosciuto» (1781), «Il dolore di Andromaca», «Le Termopili», «I Littori portano a Bruto i
corpi dei suoi figli» (1789), e «Il Ratto delle Sabine» (1799). Ma in nessuno di questi quadri
David riesce a raggiungere un uguale livello di comunicatività e di sintesi tra contenuto e
forma. Nelle sue altre opere di soggetto storico si avverte un’ispirazione più di maniera ed una
eccessiva teatralità scenica che stemperano l’emozione che l’immagine vuole trasmettere.
Se il giuramento degli Orazi è di certo il quadro neoclassico per eccellenza, la morte di Marat
è il quadro che più di ogni altro dà immagine al dramma della Rivoluzione Francese. Anche qui
il contenuto del quadro è l’eroismo, ma nel doloroso prezzo che tale scelta impone: il sacrificio
della propria vita.
La Rivoluzione Francese era scoppiata nel 1789. Dopo la deposizione della monarchia si ebbe
in Francia un periodo di grossa instabilità politica, caratterizzata da un periodo violento e
sanguinoso. Tra i protagonisti di questa cruenta fase della Rivoluzione, che culminò con la
condanna e l’esecuzione del re Luigi XVI, ci fu anche Jean-Paul Marat. L’uomo politico fu
assassinato nel 1793 da Carlotta Corday. Marat, che soffriva di dolori reumatici, trascorreva la
maggior parte del suo tempo immerso in una vasca con l’acqua calda. Carlotta Corday lo
sorprese mentre era nella vasca, e lo pugnalò con un coltello.
David, che era amico di Marat, ricordò la sua morte con un quadro che divenne
immediatamente famoso. L’artista voleva esaltare le virtù eroiche di Marat e, nel contempo,
rendere emozionante e densa di significato la sua morte. Scelse così, come «momento
pregnante», non il momento in cui venne assassinato, ma il momento successivo in cui il corpo
inanimato ci mostra tutta la cruda realtà della morte. Marat è solo. Il quadro nella parte
superiore è completamente vuoto e scuro. Nella parte inferiore ci mostra il corpo in tutta la
solitudine e il silenzio della morte. Tutta la composizione è giocata su pochissimi elementi
rappresentanti con linee orizzontali e verticali. Marat, nel momento in cui fu assassinato, stava
rispondendo ad una donna che gli aveva scritto perché era in difficoltà finanziarie. Marat, pur
non essendo ricco, le stava inviando un assegno che si intravede sul piccolo tavolino affianco al
calamaio. Il coltello, usato dalla donna, è a terra sporco di sangue. Marat ha ancora in una
mano la lettera e nell’altra la penna per scrivere. Questo braccio, che ricorda il braccio del
Cristo nel quadro della Deposizione di Caravaggio, è abbandonato a terra, creando l’unica linea
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diagonale della scena. La testa, appoggiata sul bordo della vasca, è reclinata così da mostrarci
il viso di Marat.
Tutto il quadro ispira un silenzio che non può essere rotto in alcun modo. Esso rimane come la
testimonianza più lucida e commovente di quel periodo del Terrore che avrebbe portato al
sacrificio di tante vite umane.
I littori riportano a Bruto i corpi dei suoi figli, 1789
Il quadro rappresenta un episodio della storia romana. Bruto, ritratto in primo piano sulla
sinistra, condannò i propri figli a morte perché colpevoli di tradimento contro la patria. Dietro
la sua figura, che ricorda il ritratto etrusco chiamato «Bruto capitolino» conservato a Roma, si
vedono i littori che riportano i corpi dei figli di Bruto. Sulla sinistra il gruppo delle donne, madre
e sorelle delle vittime, si disperano per l’accaduto. Anche questo quadro, come il «Giuramento
degli Orazi» sfrutta un episodio della storia romana per proporre un concetto etico: il valore
della patria è un valore supremo, superiore anche all’affetto che un padre prova per i propri
figli. In realtà, per la crudezza quasi spietata dell’episodio, ed anche per una composizione
formale meno controllata e compatta, il quadro risulta meno emozionante e coinvolgente
rispetto al «Giuramento»
Belisario che riceve l'elemosina, 1781
Il quadro è stato dipinto da David, tra il 1778 e il 1781, al suo rientro a Parigi dopo il soggiorno
a Roma. È dunque il primo di una lunga serie di quadri in cui il pittore francese utilizzerà la
storia come ispirazione ed esempio morale. In questo caso l’episodio rievocato è quello del
generale bizantino Belisario, vissuto nella prima metà del VI secolo, che, dopo una gloriosa vita
di guerre condotte per difendere l’impero contro Goti, Unni, Persiani e Vandali, in vecchiaia,
oramai cieco, fu dimenticato da tutti e, ridotto in miseria, fu costretto a chiedere l’elemosina
per vivere. L’episodio, già utilizzato da altri pittori, viene ripreso dal David per ricordarci come
sia caduca e provvisoria la gloria conquistata e triste la condizione della vecchiaia. Il monito è
che l'agire umano non deve essere ispirato dalla ricerca di gloria, perché questa è sempre
molto fugace, ma da propositi etici scevri da intenti di fama.
«Le Sabine» 1794-99 è un quadro che viene concepito e realizzato subito dopo il
«Giuramento degli Orazi» e ne prosegue il fortunato filone. L’episodio leggendario di storia
romana rievocato è in questo caso il ratto delle Sabine. Il popolo romano, nei primi tempi della
loro storia, era formato soprattutto da uomini, e ciò pregiudicava ovviamente la possibilità di
far continuare la loro stirpe. Cercarono quindi di procurarsi delle donne rapendole al vicino
popolo dei Sabini. Quando questi si resero conto dell’accaduto, mossero guerra ai romani. La
guerra fu tuttavia scongiurata dall’intervento pacificatrice proprio delle donne rapite, che
riuscirono a riportare la pace acconsentendo ad un unione matrimoniale con i romani.
L’episodio, in questo caso, tende a dare alla donne il ruolo anch’esse di protagoniste della
storia, soprattutto quali elementi che tendono alla pace, donne che invece nei quadri
precedenti, quali «Il Giuramento» o «Il Bruto», subivano i dolorosi lutti provocati dalle
necessità di stato.
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Leonida alle Termopili, 1814
Il quadro è un altro esempio di eroismo tratto dalla storia classica. L’episodio raffigurato in
questo quadro rievoca la battaglia dei greci contro i persiani alle Termopili nel 480 a.C. I greci,
comandati dal re di Sparta Leonida I, che proprio in questa battaglia perse la vita, pur essendo
solo 300 uomini, grazie al loro eroismo di combattenti riuscirono a fermare un esercito di gran
lunga più numeroso, riuscendo in questo modo ad evitare che la Grecia venisse invasa dai
persiani del re Serse.
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