Attentati di Parigi

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Attentati di Parigi
Attentati di Parigi:
Il mondo è in guerra e noi ne sappiamo poco
Più consapevolezza e più responsabilità
Parigi: stavano ascoltando un concerto o erano a cena al ristorante con gli
amici. La loro vita si è spenta sotto il fuoco della follia fanatica di poche
persone. Siamo rimasti sgomenti di fronte a tanta violenza verso persone
inermi e innocenti. Quasi tutte giovani le vittime, giovani gli stessi terroristi,
indottrinati e armati dall’Isis (Islamic State of Iraq and Syria). “Ci si chiede come possa
il cuore dell’uomo ideare e realizzare eventi così orribili” – ha commentato papa
Francesco. “Un baratro è l’uomo e il suo cuore un abisso ” – recita il salmo 63.
Le stragi di Parigi sono arrivate, subito dopo gli attentati terroristici all’aereo
russo e al mercato di Beirut in Libano: l’Isis, in difficoltà sul terreno degli scontri
dopo l’intervento militare della Russia e della Francia, sta “esportando” il suo
terrore nel mondo. Dopo questi fatti, tante parole di giusta condanna e
riprovazione, di dichiarazioni e supposizioni sul perché e il come, su cosa fare
per difendersi e fermare questa organizzazione terroristica che sta spargendo
nei paesi arabi e nel mondo tanta violenza e distruzione. Commenti
comprensibili, inevitabili per la gravità dei fatti accaduti, dettati dall’emotività e
dalla paura per le ripercussioni nel nostro paese, ma che sono stati utili anche
per confondere le idee dell’opinione pubblica. E’ opportuno, allora, fare uno
sforzo per pensare e comprendere quel che sta accadendo, per non cadere nel
tranello delle tesi false e ideologiche che ci stanno inondando. A partire
dall’idea semplificatoria che sia in atto uno scontro di civiltà e di religione. Non
è una guerra di religione, ma una guerra che strumentalizza la religione.
L’equazione: islamici uguale a terroristi è sbagliata. Si è alla presenza di gruppi
organizzati di fanatici fondamentalisti islamici che usano pezzi di Corano per
plagiare giovani finiti nella trappola di cacciatori di “martiri”, disposti a
uccidersi per ammazzare. Papa Francesco ci ha messi in guardia da questa tesi,
che fa il gioco dell’Isis: ” La strada della violenza e dell’odio non risolve i
problemi dell’umanità e utilizzare il nome di Dio per giustificare questa strada è
una bestemmia” (Angelus del 15 novembre 2015). Esiste un unico Dio che è
misericordioso per i cristiani, per gli ebrei e i musulmani. Poi, quel che
veramente sta accadendo nel mondo ci viene nascosto, distorcendo la realtà e
determinando nell’opinione pubblica un vuoto di coscienza, perché “ciò che
non si vede, non esiste”. La realtà è che ci sono nel mondo tante “Parigi” (e
anche peggio). Molti sono i conflitti che si consumano nell’indifferenza
generale. Il Rapporto della Caritas italiana sui “Conflitti dimenticati” attesta che
nel 2014 sono ben 424 gli scontri di varia intensità, alcuni dei quali durano da
decenni. Di questi, oltre trenta sono guerre vere e proprie e stanno provocando
morte e sofferenza a milioni di persone. Negli ultimi mesi, mentre le guerre in
Siria, in Iraq e in Ucraina, gli scontri in Palestina riscuotevano l’interesse dei
mezzi d’informazione, su altri conflitti è continuato a scendere un silenzio
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assordante. Che ne sappiamo veramente delle guerre civili nella regione del
Darfur e negli stati meridionali del Sudan con decine di migliaia di morti e oltre
4 milioni di profughi? Degli scontri armati in Nigeria, nel Congo (2,7 milioni di
profughi), in Somalia, Eritrea, Yemen, Libia? Altri conflitti di portata ridotta sono
in corso in India, Pakistan, Thailandia, Birmania, Etiopia, Mali, Nepal, Sri Lanka,
Indonesia…. Il Papa ha denunciato da tempo questa situazione: ”Siamo entrati
nella terza guerra mondiale, solo che si combatte a pezzetti, con un livello di
crudeltà spaventoso”(Conferenza stampa,volo di ritorno dal viaggio apostolico in Corea del Sud,
agosto 2014). Riguardo alla guerra scatenata dall’Isis con l’intento di creare uno
Stato islamico, non si sa bene quando e dove il tutto è iniziato, quando, dove e
come finirà. Un conflitto dove non sono visibili gli interessi in gioco, non si sa
bene chi lo vuole e chi non vuole che finisca. Chi fornisce le armi che
alimentano questa guerra? Mons. Nunzio Galantino, Segretario Generale della
CEI ha denunciato: ”Bisogna chiedersi chi ci guadagna da queste guerre. A me
piacerebbe che i leader mondiali si guardassero in faccia e si chiedessero chi
ha venduto armi a questi terroristi” . E’ una realtà che l’Arabia Saudita e gli
Emirati Arabi sono ai primi posti per importazione e vendita (a Isis e altri) di
armi provenienti da cinque Paesi che risiedono nel Consiglio di Sicurezza
dell’ONU: USA, Francia, Gran Britannia, Cina e Russia. Anche l’Italia, insieme
alla Francia, è tra i maggiori esportatori di armi da guerra nelle regioni arabe.
Insomma siamo al paradosso di nutrire il male che si vorrebbe combattere.
Anche su questo papa Francesco ha gridato con forza: ”Coloro che vendono
armi e operano la guerra, che fanno le guerre, sono maledetti, sono
delinquenti” (Omelia Santa Marta, 19 novembre 2015). Chi compra sul mercato nero il
petrolio estratto nei campi petroliferi in Iraq e Siria, ora in mano all’Isis? Tale
commercio (nella maggior parte in Turchia), insieme alle attività illecite dei
saccheggi, rapimenti e traffico di esseri umani (soprattutto donne e bambini),
vendita di reperti archeologici, fruttano all’Isis ben 3 milioni di dollari al giorno.
Perché la Comunità internazionale non interviene nei confronti di Paesi, come la
Turchia, il Qatar e l’Arabia Saudita che finanziano l’Isis attraverso il sistema
bancario del Kuwait? Se si vuole veramente fermare l’Isis, occorre mettere
mano ad azioni di contrasto: questo non significa necessariamente rispondere
alla violenza con altra violenza. Occorre ben altro. “I have a dream” affermò
Martin Luther King nel celebre discorso del 1963, simbolo della lotta contro il
razzismo. Anche io ho un sogno. Sogno una reazione della Comunità
internazionale che si chieda: quali errori sono stati fatti per generare tanto
odio? Cosa rende possibile che tanti giovani possano essere facile presa di
persone che amano solo la violenza? Sogno che la Comunità internazionale
metta in atto un Piano di pace e di sviluppo in tutto il Medio Oriente, si
prendesse la responsabilità di impiegare soldi per far prosperare altri, a
cominciare dai più indifesi e dai più poveri. Che cosa possiamo fare noi? Questa
terza guerra mondiale a pezzetti è una guerra “liquida”, nel senso che non è
così evidente “chi combatte chi e dove”, e può interessare chiunque in
qualsiasi momento e in qualsiasi situazione, come hanno dimostrato i fatti di
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Parigi. Allora, per prima cosa, dobbiamo comportarci da cittadini e chiedere ai
nostri governanti una diversa politica estera europea e internazionale.
Dobbiamo chiedere che non si continuino gli errori fatti nel passato, quando si
mise fine ai regimi di Gheddafi e Saddam Hussein senza aver chiaro cosa
sarebbe successo dopo. Destabilizzando così tutto il Medio Oriente. Dobbiamo
chiedere una diversa politica per un’Europa che, anziché tentennare, alzare
muri o chiudere le frontiere, metta in atto un Piano di accoglienza e
d’integrazione gestito rigorosamente anche sul versante sicurezza: non si può
non aiutare tutta questa gente che scappa dalle guerre e dalla miseria.
Dobbiamo, poi, sentirci responsabili in prima persona di quel che accade nei
nostri paesi e i nostri quartieri. E’ scritto nel libro di Zaccaria (9,8): ”Mi porrà
come sentinella per la mia casa contro chi va e chi viene, non vi passerà più
l’oppressore, perché ora io stesso sorveglio con i miei occhi”. La natura, le
modalità e i luoghi scelti per gli attentati di Parigi attestano che più che paura
occorre prevenire e stare allerta. Tutti, non solo chi è istituzionalmente
preposto alla sicurezza, possono e devono contribuire a controllare il territorio,
saper vedere e segnalare tempestivamente ogni situazione anomala che si
verifica nel proprio vicinato. Papa Francesco nell’indire l’Anno straordinario del
Giubileo della Misericordia ci sprona ad “aprire il cuore a quanti vivono nelle
più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in
maniera drammatica. Quante situazioni di precarietà e sofferenza sono
presenti nel mondo d’oggi! Quante ferite sono impresse nella carne di tanti che
non hanno più voce perché il loro grido si è affievolito e spento a causa
dell’indifferenza dei popoli ricchi. In questo Giubileo ancor più la Chiesa sarà
chiamata a curare queste ferite, a lenirle con l’olio della consolazione, fasciarle
con la misericordia e curarle con la solidarietà e l’attenzione dovuta”
(Misericordiae vultus, 15). Come appartenenti al CVS abbiamo un motivo in più per
sentirci soggetti attivi per conquistare il bene della pace. Il Papa ha detto che
l’unico modo per vincere la guerra è non farla. Nel libro di Giuditta (16, 2) è
scritto: ” Il Signore è il Dio che stronca le guerre”. Il CVS si prefigge di attuare le
richieste della Madonna a Lourdes e a Fatima. La Vergine Maria ha chiesto
espressamente di pregare e offrire le sofferenze della propria vita per la pace
nel mondo.
Accogliamo l’appello di papa Francesco di pregare incessantemente per la
pace: “Ci farà bene anche a noi chiedere la grazia del pianto per questo mondo
che non conosce la strada della pace, che vive per fare la guerra, con il cinismo
di dire di non farla” (omelia Santa Marta del 19 novembre 2015).
Pasquale Caracciolo
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