Aveiro e il Portogallo restano nel mio cuore
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Aveiro e il Portogallo restano nel mio cuore
DOSSIER PORTOGALLO Aveiro e il Portogallo restano nel mio cuore Maria-Solene Marches è arrivata in Svizzera, come tante sue concittadine, in quel periodo degli anni Ottanta in cui molte giovani portoghesi venivano per lavorare nella ristorazione. Il motivo della sua venuta è lo stesso di gran parte di chi decide di lasciare il proprio paese ed emigrare: cercare, per un breve tempo, una sperata sicurezza economica per sé e per i propri cari. Una partenza decisa sulla base del sentito dire e delle esperienze di conoscenti e amiche. di Ennio Carint Una rete di canali fu costruita ad Aveiro nel XIX secolo per permettere agli spedizionieri di arrivare al mare 14 Che età ha e da dove viene dal Portogallo? Ho 45 anni e sono nata a Quinta do Picado, Aveiro nei pressi di una gran laguna, la Ria de Aveiro nella Beira Litoral, costa atlantica, a metà strada tra Coimbra e Oporto, nel Portogallo centro-settentrionale. Perché è venuta in Svizzera? Come tutti gli emigranti: per cercare una maggiore sicurezza economica, risparmiare qualche cosa e ritornare al mio paese. Ero intenzionata a restare un anno. E prima di arrivare qui? Ho frequentato le scuole obbligatorie e ho lavorato un poco qua e là. A 18 anni, nel dicembre del 1980 mi sono sposata. Nel maggio del 1982 ho avuto mio figlio. Mio marito lavorava, ma il lavoro non era sicuro. D: In che anno è partita per la Svizzera? R: Sono venuta nel gennaio del 1986 come aiutante in cucina in un Tea Room. Il marito inizialmente restò in Portogallo poi nel marzo dello stesso anno mi raggiunse per lavorare da stagionale in una fonderia. D: Come sono stati i primi momenti? R: Molto duri. Lavoravamo più che potevamo per tornare a casa a ogni fine stagione, prima di Natale. Avevamo lasciato il figlio con i nonni. I mesi qui erano lunghissimi e interminabili. I tre mesi poi che, come stagionali dovevamo passare in Portogallo, trascorrevano così in fretta da non sembrare possibile. Mio marito, dopo la chiusura della fonderia, trovò un altro lavoro, sempre da stagionale, in una fabbrica di materiali per l’edilizia. il dialogo 4/07 E poi, si è inserita qui in Svizzera? Nel mio lavoro, di solito a contatto con la gente di qui nel nord della Svizzera, ho cominciato presto a comprendere e a parlare lo “schwitzerdütsch”. Questo è stato molto importante, mi ha dato sicurezza e integrazione. Potevo parlare ed essere ascoltata perché questa è la cosa più importante quando si vive fuori dal proprio paese. Nel 1992, dopo sei anni da stagionali, io e il marito abbiamo ottenuto il permesso C. Portammo subito in Svizzera il figlio che qui frequentò la scuola e poi l’apprendistato, ottenendo la qualifica di muratore. Qui ha frequentato anche ore suppletive di portoghese che erano organizzate tramite il governo del nostro paese. Ha frequentato o frequenta associazioni o gruppi della comunità portoghese? A dire il vero no! No mi sono mai interessata di queste cose. Mi sono invece molto avvicinata alle ACLI, dove con mio marito ci siamo sentiti in famiglia e tra veri amici. In particolare ho sentito vicino gli amici del Circolo quando il 20 aprile del duemila mio marito, che non era quasi mai stato malato, morì improvvisamente d’infarto. È stato un momento durissimo per me e per mio figlio appena diciottenne. Un momento che ho superato con l’aiuto di tante persone buone e generose, a partire dalla mia datrice di lavoro, di conoscenti e amici portoghesi ma soprattutto e in particolare per l’aiuto, il conforto e la vicinanza degli amici del Circolo ACLI che sono diventati la mia seconda famiglia. E oggi, il lavoro, la comunità locale, la vita di tutti i giorni come sono? Dopo aver lavorato in diversi ristoranti come aiuto cucina e infine come cameriera, e per qualche tempo in un impiego interinale, ho ora un lavoro definitivo in una piccola fabbrica di materiali elettrici. È un lavoro bello e interessante che faccio volentieri: mi trovo bene. Non ho grandi pretese, mio figlio vive con me e ho un compagno con il quale condivido i miei giorni e le mie speranze. Che cosa la tiene ancora qui? La sicurezza economica, la vita ordinata, l’efficienza delle istituzioni e non da ultimo, la considerazione che le persone ricevono se solo fanno lo sforzo iniziale di comprensione della lingua e dei costumi del posto e cercano, nel rispetto delle regole più semplici di convivenza, un’integrazione non per speculazione, ma per dare valore alla propria esistenza. La Svizzera resta sempre un paese esemplare. Infine, che cosa la lega ancora al Portogallo? Tutto. Il Portogallo resta il mio paese, resta il paese del mio cuore, dove finiscono sempre i miei pensieri.