SPECIALITÀ E PROFESSIONE IN PEDIATRIA
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SPECIALITÀ E PROFESSIONE IN PEDIATRIA
nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 1 TRIMESTRALE A CARATTERE SCIENTIFICO Anno VIII, Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 ISSN 2039-8344 SPECIALITÀ E PROFESSIONE IN PEDIATRIA Riccione, 14-15-16 Marzo 2013 Presentazione di Giorgio Rondini Introduzione di Giuseppe Saggese Le scuole di specialità medica ed i doveri e i diritti dei medici in formazione specialistica di Francesco Ciro Rampulla Contributi Scientifici degli Specializzandi 1 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 2 PRESENTAZIONE Anno VIII Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 Periodico trimestrale a carattere scientifico Registrazione Tribunale di Milano n. 607 del 02/10/2006 Editore SINERGIE Edizioni Scientifiche S.r.l. Via la Spezia, 1 - 20143 Milano Tel. 02 58118054 - Fax 02 8322004 E-mail: [email protected] www.edizionisinergie.com Direttore responsabile Mauro Rissa Direttore scientifico pediatria Gian Luigi Marseglia Clinica Pediatrica Università di Pavia Fondazione IRCCS Policlinico S. Matteo Scuola di Specializzazione in Pediatria Direttore scientifico farmacodinamica Francesco Rossi Professore Ordinario di Farmacologia, Facoltà di Medicina, Seconda Università di Napoli Redazione Sinergie Edizioni Scientifiche S.r.l. Impaginazione Sinergie Edizioni Scientifiche S.r.l. Stampa Galli Thierry Stampa S.r.l. Via Caviglia, 3 - 20139 Milano Tiratura 3.000 copie Copyright ©2013 SINERGIE Edizioni Scientifiche S.r.l. Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere fotocopiata o riprodotta senza l’autorizzazione dell’Editore. Siamo giunti alla 8a edizione dell’ormai tradizionale e atteso Convegno Interattivo fra i Direttori delle Scuole di Specializzazione in Pediatria e gli Specializzandi rappresentanti di ogni Scuola. Nel corso della riunione viene ospitata, come di consueto, la Conferenza dei Direttori, che affronterà le normative inerenti le Scuole di Specialità in Pediatria. Il Professor Rampulla, giurista dell’Università degli Studi di Pavia, affronterà un’analisi critica, discutendo dei diritti e dei doveri degli Specializzandi nell’ambito della normativa che regola il loro contratto. Sempre per restare nell’ambito “giuridico”, il professor D’Agostino metterà a fuoco un aspetto chiave della professione del Pediatra ,anche nel corso della Scuola di formazione, segnatamente la responsabilità civile e penale e ,di conseguenza, gli aspetti assicurativi. Sono poi previste sessioni su temi scientifici grazie all’ausilio di casi clinici, da parte dei rappresentanti delle diverse Scuole, con successiva discussione collegiale tra gli specializzandi e i loro docenti presenti in sala. In dettaglio nella mattina di venerdì verrà dedicata un’intera sessione ad u corso monografico su Infezioni e Immunità. Seguirà la Conferenza dei Direttori delle Scuole di Specializzazione in Pediatria, presieduta da Giuseppe Saggese, con conseguente riunione plenaria dei Direttori e degli Specializzandi. Di grande impatto sarà sicuramente la Tavola rotonda che abbiamo definito ”Faccia a Faccia con i Pediatri in formazione” cui parteciperanno Giovanni Corsello, Armido Rubino, Sergio Bernasconi e Roberto Corrocher quale rappresentante del Ministero. Sabato il programma continua con l’intervento del Professor Basso che parlerà del curriculum formativo del medico in formazione e con uno spazio dedicato all’ONSP. Ancora una volta Specialità e Professione in Pediatria sarà un momento di confronto e formazione organizzato con i giovani e per i giovani. Da ultimo ma non per ultimo, un ringraziamento particolare alla Reckitt Benckiser che con grandissima sensibilità rende possibile questo evento. Auguro a tutti un’efficace e proficua partecipazione a questo incontro voluto e sostenuto, fin dalla sua nascita, dagli Amici Gian Paolo Salvioli e Armido Rubino che con me hanno dato avvio a questo importate momento di confronto e continuano a sostenerlo con lo stesso entusiamo. Giorgio Rondini nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 3 INDICE INTRODUZIONE 6 LE SCUOLE DI SPECIALITA’ MEDICA ED I DOVERI E I DIRITTI DEI MEDICI IN FORMAZIONE SPECIALISTICA 8 TERAPIA ENZIMATICA SOSTITUTIVA IN DUE FRATELLI CON SINDROME DI HURLER/SCHEIE: 9 ANNI DI FOLLOW-UP 31 IPOGLICEMIA O IPERGLICEMIA? QUESTO E’ IL PROBLEMA 32 MALFORMAZIONI ARTERO-VENOSE ED ASCESSI CEREBRALI: OCCHIO ALLA SINDROME NASCOSTA 33 MODIFICAZIONI DELL’OSSIGENAZIONE CEREBRALE E SPLANCNICA DURANTE L’ALIMENTAZIONE CONTINUA E CON BOLI NEL NEONATO PRETERMINE 34 UN CASO DI ALLERGIA ALLE PROTEINE TERMOLABILI DEL LATTE VACCINO 35 UN CASO DI CANDIDIASI FAMILIARE 36 UN’INFEZIONE DA CMV… DIAGNOSI PRIMARIA O INFEZIONE INTERCORRENTE? 37 UNA MANO “RIVELATRICE” 38 DAVIDE, UNA NUOVA-VECCHIA STORIA 39 MYCOPLASMA PNEUMONIAE E ASCESSO POLMONARE 40 DESCRIZIONE DI UN CASO CLINICO DI MALATTIA DI KAWASAKI REFRATTARIO ALLA TERAPIA 41 CHI RICORDA LO SCORBUTO? 42 CONDRODISPLASIA METAFISARIA TIPO SCHMID: DESCRIZIONE DI UN CASO CLINICO 43 INFEZIONE DA BARTONELLA HENSELAE E TIROIDITE AUTOIMMUNE: UN CASO CLINICO 44 EPILESSIA E SCLEROSI TUBEROSA: NUOVA MUTAZIONE DEL GENE TSC1 45 EPILESSIA NELLA PRIMA INFANZIA. IL CASO DI UNA LATTANTE CANDIDATA ALLA CHIRURGIA PRECOCE 46 LINFADENITE TUBERCOLARE SEGUITA DALL’INSORGENZA DI ARTERITE DI TAKAYASU: DESCRIZIONE DI UN CASO CLINICO IN UN’ADOLESCENTE 47 EPPURE NON SEMBRAVA “SCIOCCO” 48 NEONATO CON IDROURETERONEFROSI E RACCOLTA PERIRENALE OMOLATERALE: UN CASO DI DIFFICILE INTERPRETAZIONE 49 CASE REPORT: INFEZIONE CONGENITA DA CMV PER RE-INFEZIONE MATERNA IN GRAVIDANZA 50 IPOTONIA MUSCOLARE: “SPIA” DI UN CASO DI IPOPITUITARISMO CONGENITO 51 OBESITÀ INGRAVESCENTE AD INSORGENZA PRECOCE 52 FEBBRE RICORRENTE, SPLENOMEGALIA, PANCITOPENIA E LIEVE RIALZO DEGLI INDICI DI FLOGOSI: UN CASO DI LEISHMANIOSI VISCERALE E LE DIFFICOLTÀ DI UN ADEGUATO PERCORSO CLINICO STRUMENTALE 53 OTITE, PAROTIDITE, LINFADENITE, ANEMIA E… EPATITE 54 DOLORABILITÀ ALL’ARTO SUPERIORE SINISTRO 55 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 3 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 4 UNA STRANA IPOCALCEMIA… 56 IPOTONIA NEL NEONATO: UN SINTOMO NUMEROSE DIAGNOSI 57 SINDROME FETALE DA INATTIVAZIONE DEL RECETTORE PER ACETILCOLINA 58 LA STORIA DI ANDREA: UNO STRANO CASO DI DIABETE 59 UN CASO DI OSTEOMIELITE CRONICA MULTIFOCALE RICORRENTE 60 IPOGAMMAGLOBULINEMIA IN PAZIENTE CON MOSAICISMO PER DELEZIONE INTERSTIZIALE DEL CROMOSOMA 21 61 UN CASO DI ENTERCOLITE ALLERGICA INDOTTA DA PROTEINE ALIMENTARI ASSOCIATA AD IPOPROTEINEMIA ED IPOALBUMINEMIA 62 LO STRIDORE NEL LATTANTE: SINDROME DA COMPRESSIONE DELL’ARTERIA ANONIMA 63 E SE FOSSE UN PROBLEMA DI CLORO? 64 SINDROME DA ENCEFALOPATIA POSTERIORE REVERSIBILE (PRES): RARO ESORDIO DI UNA GLOMERULONEFRITE POST-STREPTOCOCCICA IN ETA’ PEDIATRICA 65 DA UNA LINFADENOPATIA AL MELANOMA: IMPORTANZA DELLA CORRETTA VALUTAZIONE DELLE LESIONI MELANOCITARIE ATIPICHE IN ETÀ PEDIATRICA 66 UN CASO DI SINDROME DI RUBINSTEIN-TAYBI CON MALFORMAZIONE DI ARNOLD-CHIARI DI TIPO 1 E DEFICIT DI GH 67 QUANDO IL PORTATORE DI TALASSEMIA HA UN FENOTIPO CLINICAMENTE SIGNIFICATIVO… 68 UN FALSO CASO DI MUNCHAUSEN 69 UN CASO DI CHARCOT-MARIE-TOOTH E RITARDO DELLO SVILUPPO PSICOMOTORIO 70 VA’ DOVE TI PORTA IL CUORE 71 QUANDO LA FACCENDA SI COMPLICA 72 ENTEROCOLITE ALLERGICA: PATOLOGIA IN CRESCITA MA SPESSO MISCONOSCIUTA. IMPARIAMO A PENSARCI! 73 EPATITE GLICOGENICA: UNA RARA COMPLICANZA NEL DIABETE DI TIPO 1 74 IPERTENSIONE ARTERIOSA: IL PRIMO SINTOMO DI UNA PATOLOGIA SISTEMICA 75 “KICKBOXING: MANEGGIARE CON CAUTELA!” 76 TUTTO E’ BENE QUEL CHE FINISCE BENE! UN CASO DI PANCITOPENIA 77 NEUTROPENIA, MA QUALE? 78 UNA MALATTIA DI KAWASAKI ATIPICA 79 UNA NUOVA MUTAZIONE “GAIN OF FUNCTION” DEL CALCIUM-SENSING RECEPTOR (CASR) IN UN PAZIENTE CON IPOCALCEMIA E SINDROME DEL QT LUNGO (LQTS) 80 UNA STRANA DIPLOPIA 81 TROMBOSI DELLA VENA GIUGULARE INTERNA IN CORSO DI MASTOIDITE IN UN BAMBINO DI 2 ANNI 82 CONVULSIONI NEONATALI: DALLA CLINICA ALLA GENETICA. DESCRIZIONE DI UN NUOVO CASO FAMILIARE 83 4 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 5 UNA IMMUNODEFICIENZA CON IPER-IGM 84 IL TRATTAMENTO ORMONALE IN CROMOSCOMA RING (10): UNO SPUNTO PER ULTERIORI RICERCHE 85 ASSOCIAZIONE TRA DEFICIT DI GH E SINDROME DI CROUZON. UN CASO CLINICO 86 LA IALINOSI SISTEMICA INFANTILE: CASO CLINICO 87 PREGNANCY IN A METHYLMALONIC ACIDEMIA PATIENT WITH KIDNEY TRANSPLANTATION: A CASE REPORT 88 CASO CLINICO DI SCID: DA UNA NUOVA IMMUNODEFICIENZA PRIMITIVA AD UNA IMMUNODEFICIENZA SECONDARIA. IPOTESI A CONFRONTO 89 UN CASO INSOLITO DI SATURAZIONE DI OSSIGENO AL DI SOTTO DELLA NORMA 90 DISTURBI DEL SONNO, IPERTENSIONE ARTERIOSA ED OBESITÀ IN ETÀ PEDIATRICA: UN APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE PER UNA TEMPESTIVA DIAGNOSI ED UNA EFFICACE TERAPIA 91 UN CASO DI TROMBOSI DEI SENI VENOSI CEREBRALI COME COMPLICANZA DI UN’OTOMASTOIDITE 92 TUBERCOLOSI DELLA PARETE TORACICA ASSOCIATA A BASSI LIVELLI DI 25 IDROSSI-VITAMINA D IN UNA BAMBINA DI 15 MESI 93 UNA BASSA STATURA… MA NON SOLO 94 LE MILLE FACCE DELL’ANEMIA… 95 PERIOSTITE IN LATTANTE 96 CISTI POROENCEFALICA REVERSIBILE. UNA RARA COMPLICANZA DEL POSIZIONAMENTO DEL RESERVOIR DI OMMAYA 97 MENINGITE DA STREPTOCOCCUS AGALACTIAE IN UN LATTANTE DI 5 MESI 98 UNA POLMONITE CHE NON SI RISOLVE 99 UNA STRANA DISIDRATAZIONE 100 DOLORE TORACICO: UNA DIAGNOSI A PELLE… 101 UN CASO DI LEISHMANIOSI VISCERALE 102 SINDROME DI SHWACHMAN – DIAMOND 103 SHAKEN BABY SYNDROME: QUANDO SI INSINUA L’IPOTESI 104 UNO STRANO CASO DI VERSAMENTO PLEURICO 105 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 5 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 6 INTRODUZIONE Questo volume raccoglie gli Atti del 8° Incontro “Specialità e professione in Pediatria”, un appuntamento ormai consueto nella vita della Scuola di Specializzazione di Pediatria e di cui sono grato a Giorgio Rondini e a Gianluigi Marseglia che dalla prima edizione ne curano l’organizzazione. Quest’anno, oltre ai vari casi clinici presentati e discussi dagli stessi specializzandi, o meglio “medici in formazione specialistica”, l’incontro è arricchito da riunioni plenarie che riguardano argomenti molto attuali che vanno dalla ricerca come risposta ai bisogni di salute dei bambini, alla gestione delle infezioni in diversi contesti e condizioni cliniche, dalle riflessioni su quali debbano essere i diritti e i doveri del medico in formazione specialistica, alla responsabilità professionale del pediatra. Dunque, anche per questa edizione, la scelta dei temi non poteva essere più appropriata. Infatti, trovo che sia molto utile analizzare e discutere queste tematiche in modo collegiale, perché contribuisce non solo ad accrescere il bagaglio culturale di ciascuno di noi, ma anche a migliorare l’organizzazione di aspetti della formazione e del lavoro, all’interno delle nostre Scuole, come la didattica, l’attività clinica, i livelli di autonomia, l’attività di ricerca, non dimenticando che i nostri specialisti debbono avere una formazione spendibile in Europa. Quest’ultimo punto, cruciale, è stato ampiamente dibattuto all’interno della Conferenza Nazionale dei Direttori delle Scuole di Specializzazione di Pediatria, che è giunta alla conclusione che sarebbe utile rivedere l’attuale modello italiano di Scuola di Specializzazione di Pediatria, così come istituito nel 2005 dal decreto di “riassetto delle Scuole di Specializzazione di Area Sanitaria”, per renderlo più simile a quello europeo. Questo, come ho già avuto modo di osservare in altre occasioni, comporta di organizzare la formazione del Corso di Specializzazione di Pediatria in un triennio, il curriculum pediatrico di base, propedeutico al curriculum della formazione specifica e dei percorsi elettivi, finalizzato a far acquisire la maturità professionale, consolidando competenze già in essere e ad acquisirne di nuove, in relazione ai percorsi elettivi e professionalizzanti, scelti tra quelli che la Scuola è in grado di offrire. Per cercare di raggiungere quest’obiettivo, il decreto è stato rivisitato, gli obiettivi formativi ampliati e maggiormente dettagliati, prevedendo quelli specifici per il curriculum pediatrico di base e quelli per il biennio della formazione specifica e dei percorsi elettivi. E’ infatti necessario ricordare che la pediatria rappresenta la “medicina interna” del neonato, del bambino e dell’adolescente; questo significa che il pediatra deve possedere sia competenze generali, con una visione olistica dei pro- blemi di salute del bambino, anche per quanto riguarda il suo sviluppo psicosociale, sia competenze specialistiche al fine di garantire al bambino le migliori cure in caso di specifiche patologie d’organo e apparato. Nonostante il lungo lavoro, non siamo che all’inizio poiché vi sono altri aspetti organizzativi da definire. Ad esempio, è probabilmente necessario stabilire gli indicatori che definiscano la “progressiva acquisizione di autonomia” nella gestione del paziente e nell’espletamento delle procedure mediche. Fino a che punto il medico in formazione specialistica può essere autonomo nella gestione del piccolo paziente? Questo è un altro aspetto assolutamente non definito dal contratto di formazione specialistica, sul quale vi è difformità di comportamento tra le varie Scuole di Specializzazione di Pediatria. I risvolti di responsabilità legale sono notevoli e spesso legati alla figura giuridica del medico in formazione, abilitato alla professione medica, ma non ancora specialista ed in parte ancora studente. Una riunione plenaria è dedicata a questa problematica. Un progetto importante è quello di collegare il Corso di Specializzazione di Pediatria con corsi di Alta formazione, come il Dottorato, in modo da fondere il quinto anno di specializzazione 6 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 7 con il primo di Dottorato che avrebbe una durata di due anziché di tre anni, riducendo l’intero percorso da otto a sette anni, al termine del quale il Pediatra è un vero e proprio sub-specialista. Anche quest’argomento verrà trattato nell’ambito di una riunione plenaria. Negli ultimi 20 anni, la pediatria si è sviluppata notevolmente nei vari settori delle specialità pediatriche con il risultato che, oggi, un bambino con problemi specialistici viene seguito in modo efficace da pediatri con specifiche competenze specialistiche e non da specialisti dell’adulto. Il pericolo è che nel prossimo futuro tutto questo lavoro possa essere disperso e vanificato con le difficoltà che il nostro Paese sta attraversando e con esso anche quelle del SSN. L’impegno di tutti noi, con le nostre riflessioni, analisi e discussioni, ma anche con azioni concrete, deve essere quello di formare pediatri competenti nei vari ambiti di questa disciplina e motivati, per soddisfare i bisogni di salute dei nostri bambini e adolescenti. L’incontro di Riccione è certamente un’occasione importante. Giuseppe Saggese Presidente della Conferenza dei Direttori delle Scuole di Specializzazione di Pediatria RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 7 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 8 LE SCUOLE DI SPECIALITA’ MEDICA ED I DOVERI E I DIRITTI DEI MEDICI IN FORMAZIONE SPECIALISTICA Francesco Ciro Rampulla Professore di Diritto Amministrativo dell’Università degli Studi di Pavia L’individuazione del fabbisogno Il D.Lgs. 17 agosto 1999 n° 368, più volte modificato da normative successive in aspetti particolari, si prefiggeva di radicare nell’ordinamento un solido ed organico impianto volto all’attuazione della direttiva 93/16 CE in tema di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei titoli, ma per fare questo si dovevano uniformare, alle indicazione dell’Unione, le condizioni attraverso le quali si conseguiva il diploma di medico specialista sia in medicina generale che nelle altre tipologie di specialità professionali1. Per raggiungere questi obiettivi il decreto dedica due titoli, il IV e il VI alle tematiche della formazione rispettivamente in medicina generale (della quale non ci occuperemo) e nelle altre specializzazioni di cui all’Allegato C) al decreto stesso, così come modificato dal D. Lgs. 277/2003. La formazione dei medici specialisti si svolge presso le Scuole Universitarie di Specializzazione in Medicina e Chirurgia, la cui tipologia e durata sono determinate dall’art. 20 del decreto e dal relativo allegato C e sono comuni a tutti od a due ovvero a più degli Stati membri dell’Unione Europea, anche se possono essere attivate specialità non comuni ad almeno due degli Stati membri per peculiari esigenze del Servizio Sanitario Nazionale (co. 2 art. 34 D. Lgs. 368/1999). L’elenco delle specializzazioni è predisposto ed aggiornato con decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (per brevità dell’Università) di concerto con quello della Salute (co. 3 art. 34 D. Lgs. 368/1999). L’individuazione del fabbisogno di specialisti da formare avviene secondo una complessa procedura che vede come protagonisti sia lo Stato che le Regioni2: infatti le Regioni e le Province Autonome individuano le loro necessità entro il 30 aprile di ciascun triennio e le comunicano ai Ministri dell’Università e della Salute, i quali, di concerto tra loro e con il Ministro dell’Economia, determinano il numero di specialisti da formare per ciascuna tipologia di specializzazione (co. 1 art. 35 D. Lgs. 368/1999). Il Ministro dell’Università, su parere di quello della Salute, determina il numero dei posti da assegnare a ciascuna Scuola accreditata. Le Regioni e le Province Autonome possono, però, istituire e finanziare con risorse proprie posti aggiuntivi a quelli disposti in sede centrale, per appagare particolari esigenze del territorio. Una ragionevolmente congrua percentuale di posti disponibili è fissata per le esigenze della Sanità militare, per quelle della Polizia di Stato e per quelle funzionali alle necessità dei Paesi in via di sviluppo, così come può essere autorizzato un dieci per cento in più per dare appagamento, in correlazione a bisogni del sistema sanitario nazionale, alle esigenze formative di medici già in servizio presso strutture sanitarie, si direbbe sia pubbliche che private accreditate, diverse da quelle inserite nella rete di ogni specifica Scuola (co. 3 e 4 art. 35 D. Lgs. 368/1999). Le singole Scuole, per essere accreditate, devono rispondere agli standards stabiliti dall’Osservatorio Nazionale della formazione medico specialistica, in punto adeguatezza delle strutture ed attrezzature per la didattica, la ricerca e lo studio, numero e varietà delle procedure pratiche assistenziali da eseguirsi dagli specializzandi, presenza di servizi generali e diagnostici, coesistenza di specialità affini, sussistenza di un controllo di qualità delle prestazioni, rispetto del numero dei tutors che devono essere uno per un massimo di tre specializzandi: l’accreditamento è disposto, su proposta dell’Os- 8 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 9 servatorio, con decreto del Ministro della Salute, di concerto con quello dell’Università (art. 43 D. Lgs. 368/1999). Come si desume linearmente dal contesto complessivo di questa parte del decreto, le Scuole, per essere accreditate, devono avere al loro interno i percorsi di studio, ricerca ed assistenza ovvero le Università di appartenenza delle Scuole devono convenzionarsi con Aziende Sanitarie ai fini della formazione assistenziale in strutture degli ex Policlinici (ora Aziende Universitarie-Ospedaliere), di Aziende Ospedaliere, di Presidi nosocomiali di Asl, di Asl, di IRCCS pubblici e di diritto comune, di Ospedali religiosi equiparati o di Case di Cura. Gli Atenei, sede di Scuole in Pediatria, come meglio vedremo più avanti, devono trovare altresì accordi con i pediatri di famiglia per consentire lo svolgimento di attività pratiche presso gli ambulatori dei medesimi, prescritti dal D.M. 1 agosto 2005, in Gazz. Uff. n° 258/2005, alla voce “Nel settore della Pediatria di famiglia e di comunità”. In tal modo il legislatore ha ritenuto, sia pure con una procedura un poco pesante, di programmare i posti a disposizione e di organizzare i percorsi di studio e di assistenza pratica: si deve, però osservare che il decreto legislativo era inizialmente entrato in vigore ben prima della riforma costituzionale del Tit. V del 2001 e che oggi mal si coniuga con le disposizioni dell’art. 117 della carta fondamentale, che prevedono che allo Stato spettino le competenze normative relative alle disposizioni generali sull’istruzione e quelle inerenti i livelli essenziali delle prestazioni sociali (art. 117 Cost., co. 2, lett. m ed n) ed alle Regioni quelle esclusive in tema di formazione professionale (art. 117 Cost. co. 3 e 4). Ne deriva che l’attribuzione delle Regioni non può oggi esser appagata dalle previsioni del D. Lgs. 368/1999 e s.m. circa il concorso procedimentale delle autonomie regionali nella definizione dei fabbisogni formativi. E’, però, del tutto pacifico che i due tipi di attribuzioni si debbano tra loro coordinare ed integrare per ovvio rispetto dei diritti civili e sociali. Le scuole di specialità e la loro organizzazione Le Scuole di specialità dell’area medica sono istituite, su proposta della Facoltà di Medicina e Chirurgia se istituita ovvero su proposta del Dipartimento interessato, con deliberazione del Senato Accademico, previo parere favorevole del Consiglio di Amministrazione, in base all’art. 2 co. 1, lett. e) della L. 240/2010 e dello Statuto dell’Ateneo e devono aver sede presso l’Università interessata (art. 3, co. 1 D.M. 1 agosto 2005). Ma più Atenei, dotati della Facoltà medica, possono convenzionarsi tra loro, ex art. 15 della L. 241/1990 e s.m., al fine di istituire un’unica Scuola, utilizzante in fase sinergica le rispettive risorse umane, strutturali e finanziarie, la cui sede amministrativa viene individuata in sede convenzionale. Una volta istituite le Scuole, esse devono darsi un proprio ordinamento, costituito dal Regolamento di funzionamento della Scuola, il quale deve prevedere gli organi - Consiglio, eventualmente Giunta e Direttore -, le loro attribuzioni e le modalità di funzionamento, nonché i mezzi finanziari a disposizione ed i sottoconti del bilancio unico di Ateneo (art. 5, co. 4 lett. a) L. 240/2010)3. Il Regolamento, adottato dal Consiglio della Scuola, è approvato dal Senato Accademico, previo parere del Consiglio di Amministrazione ed è emanato mediante decreto del Relatore dell’Ateneo, ex art. 2, co. 1, lett. e) della L. 240/2010, e deve esser conforme alle normative secondarie dell’Ateneo interessato. Ovviamente gli ordinamenti delle Scuole saranno funzione dell’autonomia che ciascun Ateneo configura a favore delle Scuole e nel limitare, con norme secondarie più o meno rigide, le competenze e la relativa discrezionalità dei Consigli nel disciplinare le Scuole stesse4. Un aspetto, però, degli assetti delle Scuole è definito in modo specifico dal D.M. 1 agosto 2005 che, all’art. 4, determina la composizione del corpo docente: esso è costituito dai professori di ruolo di prima e seconda fascia, dai ricercatori universitari, dai professori a contratto, ex art. 23 della L. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 9 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 10 240/20105, anche, impersonati dal personale operante in strutture non universitarie, appartenenti alla rete formativa della Scuola, nominato dal Consiglio di Facoltà, su proposta del Consiglio della Scuola: per vero l’art. 23 della legge Gelmini prevede che i professori a contratto siano nominati con decreto rettorale su proposta del Dipartimento interessato, ove non sia costituita la Facoltà, previa, se del caso, delibera del Consiglio della Scuola. Da questa norma ne deriva, quindi, che all’interno del corpo docente, costituito dal personale sopra ricordato, dovrebbero trovare rappresentanza in seno al Consiglio delle Scuole anche i medici estranei all’accademia: il loro numero, le loro prerogative ed il loro apporto ai lavori del Consiglio, se deliberativo o consultivo, deve esser determinato dagli ordinamenti di Ateneo e da quelli delle Scuole. Infine dovrebbero avere una rappresentanza anche gli specializzandi, in analogia a quanto previsto dalla lett. h) del co. 2 dell’art. 2 della L. 240/20105bis. Il corpo docente deve comprendere almeno un professore di ruolo (essendo stato abolito il fuori ruolo) del settore scientifico-disciplinare di riferimento per tipologia di scuola. La figura del Direttore, che di regola deve esser eletto dal Consiglio della Scuola secondo gli ordinamento secondari dell’Ateneo, deve esser individuata tra i professori di ruolo del settore scientifico disciplinare interessato: se ne dovrebbe desumere, quindi dal disposto del co. 3 dell’art. 4 del D.M. 1 agosto 2005, che l’elettorato passivo per la carica di Direttore di Scuola sia esteso almeno a tutto il personale docente, di prima e di seconda fascia, purché di ruolo. Tuttavia il testo della legge Gelmini, di cui alla lett. b) del co. 2 dell’art. 2, nulla dicendo sull’eleggibilità a Direttore di Dipartimento di preordinate categorie, lascia sostanzialmente liberi i regolamenti di Ateneo nel determinare le caratteristiche della figura del Direttore di Scuola di specialità, applicando in via analogica il principio contenuto nella L. 240/20106. L’unico elemento, discendente da questa normativa è quello del divieto per i Direttori di Scuole di Specializzazione di ricopre altre cariche accademiche od incarichi di natura politica (lett. s) del co.1 dell’art. 2, D. Lgs. 240/2010). Le Scuole di specialità devono esser accreditate, su proposta dell’Osservatorio Nazionale della formazione medica specialistica che valuta, sulla base di standards predeterminati, i requisiti di idoneità della rete formativa relativamente all’adeguatezza delle strutture e delle attrezzature per la didattica e la ricerca, il numero e la varietà delle procedure pratiche per l’addestramento professionalizzante, la presenza di servizi generali e diagnostici collegati alla struttura dove si svolge la formazione, la coesistenza di specialità affini al fine di assicurare una formazione multidisciplinare, l’attivazione di idonei strumenti di controllo ed il rispetto del rapporto fra tutors e specializzandi, con decreto del Ministro della Salute di concerto con quello dell’Università (art. 43 D. Lgs. 368/1999)7. E’, dunque, evidente che, ai fini dell’accreditamento delle Scuole ed attese le indicazioni dell’Osservatorio regionale per la formazione medico-specialistica8 ai fini delle rotazioni tra le strutture inserite nella rete formativa di cui al co. 2 dell’art. 38 del D. Lgs. 368/1999, le Scuole stesse devono convenzionarsi, nell’ipotesi in cui non dispongano direttamente di strutture sanitarie adeguate alle necessità formativa, quali ad esempio Aziende Universitario-Ospedaliere di cui al D. Lgs. 517/1999, con entità nosocomiali pubbliche e private, Aziende Ospedaliere, Presidi di Asl, Asl, IRCCS pubblici e privati, Ospedali religiosi equiparati e Case di Cura, stabilendo in convenzione gli impegni formativi di tali entità in relazione allo svolgimento dei compiti assistenziali degli specializzandi ed i tutors delle attività formative di tipo pratico (art. 38, co. 4. D.Lgs. 368/1999). E’, peraltro, pacifico che debbano esser pure convenzionate anche le Aziende Universitario-Ospedaliere, trattandosi di soggetti diversi dall’Ateneo, anche se in questi casi il rapporto può darsi sostanzialmente per scontato. Nel contesto della programmazione dei posti globalmente a disposizione e di quella relativa alle 10 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 11 singole specialità, nonché dei posti assegnati alle specifiche Scuole, il Ministro dell’Università determina, con decreto, le modalità di ammissione alle Scuole di specializzazione, i criteri per la valutazione dei titoli ed i contenuti, nonché i caratteri delle prove d’esame. Le prove si svolgono a livello locale presso gli Atenei, in una medesima data per tipologia di specialità, in modo da evitare quella sorta di “turismo concorsuale” praticato in anni passati, e sulla base di contenuti predefiniti a livello nazionale. L’accesso alle prove è consentito anche ai già diplomati in altre specialità, avendo la Corte Costituzionale con sentenza 219/202 cassato il precedentemente vigente divieto in tal senso ed avendo il legislatore abrogato il co. 4 dell’art. 34 del decreto con D. Lgs. 277/2003. I punteggi da assegnarsi alle prove devono esser oggettivabili, come quelli da attribuirsi ai titoli, tra i quali devono essere considerati necessariamente il voto di laurea ed il curriculum degli studi. Le commissioni giudicatrici sono costituite, con decreto del Rettore, a livello locale dal singolo Ateneo che gestisce una Scuola di Specializzazione (art. 38 D.Lgs. 368/1999). Possono presentare domanda di iscrizione alle Scuole, previo superamento dell’esame di ammissione, tutti i laureati in Medicina e Chirurgia in possesso dell’abilitazione professionale e, per particolari Scuole (Biochimica clinica, Farmacologia, Microbiologia e Virologia e Patologia clinica ad es.), anche i laureati in altre materie congrue con il percorso degli studi. Con questa disciplina, dunque, l’esame di ammissione è configurato come unico a livello nazionale, anche se è tenuto presso le singole sedi universitarie e la valutazione delle prove e dei titoli considerabili è stabilita con l’applicazione di parametri sostanzialmente, ai fini della parità di trattamento, oggettivi, in punto del peso da riconoscersi ai titoli ed alle prove di ammissione. Le Scuole di specializzazione sanitaria sono distinte in tre aree, quella medica, quella chirurgica e quella dei servizi clinici, a sua volta distinta nelle sottoaree dei servizi clinici diagnostico-terapeutici e di quelli organizzativi e della sanità pubblica (art. 2, co. 1 D.M. 1 agosto 2005). Per il conseguimento del titolo di specialista, lo specializzando deve acquisire nell’arco del periodo di durata del corso 300 CFU complessivi, articolati nei 5 anni, ovvero 360 CFU per le scuole di 6 anni (art. 2, co. 2 D.M. 1 agosto 2005). Il complesso dei Crediti è così ripartito: a) attività di base 5 CFU; b) attività caratterizzanti, per così dire obbligatorie, 270 CFU per le scuole di durata quinquennale e 330 per quelle di durata di 6 anni; c) attività caratterizzanti a scelta dello specializzando, cui può esser assegnata una quota dei CFU sopra indicati in numero massimo di 45 CFU ovvero di 50 a seconda della durata della Scuola; d) attività affini, integrative ed interdisciplinari 5 CFU; e) altre attività ricomprendenti abilità linguistiche, informatiche e relazionali 5 CFU; f) attività volte alla prova finale 15 CFU (co. 4, art. 2 D.M. 1 agosto 2005). Si deve, però, precisare che il co. 5 del citato art. 2 stabilisce che almeno il 70% del complesso delle attività formative deve esser riservato alle attività pratiche, pari, quindi, a 210 CFU per le Scuole quinquennali ed a 252 CFU per quelle di 6 anni: ne deriva, pertanto, che solo residualmente devono esser coltivate le lezioni frontali, i seminari e le conferenze, anche in termini di percentuali di orario sulle 38 ore complessive di “servizio” formativo degli specializzandi. In particolare, il co. 7 del ricordato art. 2 divide le attività caratterizzanti in due ambiti, il primo denominato tronco comune e dedicato all’apprendimento di saperi base necessari alla formazione dello specialista nelle diverse aree, cui devono esser riservati il 30% dei CFU dedicati alle attività caratterizzanti dell’intero percorso formativo, di cui almeno 81 CFU o 99 CFU devono esser dedicati ad attività pratiche, ed il secondo, qualificato come quello delle discipline specifiche del singolo corso, cui devono esser riservati il 70% dei CFU complessivi, segnatamente dedicati alle attività pratiche. Per fare un esempio relativo alla classe di specializzazione in medicina dell’età evolutiva, Pediatria, RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 11 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 12 il Decreto, più volte citato, stabilisce un preciso elenco di obbiettivi relativi al tronco comune (Adolescentologia, Allergologia ed immunologia clinica, Cardiologia, Endocrinologia, Ematologia, Farmacologia clinica, Gastroenterologia, Genetica, Malattie infettive, Nefrologia, Neonatologia, Neurologia pediatrica, Nutrizione pediatrica, Oncologia pediatrica, Pediatria di Famiglia e di Comunità, Pediatria d’urgenza, Pneumologia, Psichiatrica, Radiologia, Reumatologia), a loro volta articolati in obbiettivi formativi di base, in obbiettivi della formazione generale ed obbiettivi formativi propri della tipologia di Scuola. A questi elenchi si aggiungono le declinazioni delle attività pratiche, a loro volta distinte in attività obbligatorie con l’indicazione del numero e della tipologia dei ricoverati e dei pazienti da seguire ed attività per così dire opzionali (Pediatria Generale, Adolescentologia, Allergologia ed Immunologia pediatrica, Broncopneumologia pediatrica, Cardiologia pediatrica, Endrocrinologia e Diabetologia pediatrica, Infettivologia, Gastroenterologia ed Epatologia, Nutrizione, Genetica Clinica, Nefrologia, Neonatologia e Terapia intensiva pediatrica, Oncologia ed ematologia pediatrica, Pediatria di Famiglia e Comunità, Pediatria d’urgenza e Reumatologia pediatrica). Parimenti per le attività caratterizzanti, opzionali, a scelta dello specializzando, il Decreto elenca una serie di aree formative con l’indicazione, per ciascuna di esse, del numero dei pazienti e dei ricoverati da seguire: a titolo esemplificativo nell’area della Pediatria di Famiglia e di Comunità, il D.M. statuisce che lo specializzando deve frequentare gli ambulatori dei Pediatri di Famiglia tutors o le strutture distrettuali delle Asl di pediatria di Comunità per 60 giorni nel corso del 2° e 3° anno e per 120 giorni durante il 4° e 5° anno della Scuola, eseguendo almeno 600 visite ambulatoriali nelle diverse sottospecialità ed acquisendo abilità e conoscenze in campo normativo, organizzatorio delle Asl ed in quello proprio della struttura e della strumentazione dell’ambulatorio, dalla cartella clinica in poi. Ciò, come vedremo più avanti, pone una serie di problematiche giuridiche irrisolte in ordine agli accordi con i liberi professionisti convenzionati con le Asl e con le strutture distrettuali delle stesse Asl dedicate alle specifiche funzioni formative delle Scuole, relativamente alle assicurazioni per lo specializzando. Passando, però, dal particolare al generale è evidente che le Scuole devono definire sia le attività didattiche frontali per il tempo di loro durata che la tipologia sia di tronco comune che di attività formative specifiche di tipo pratico con l’individuazione del numero degli interventi da eseguirsi. Il contratto degli specializzandi ed il trattamento previdenziale- assicurativo Gli specializzandi stipulano un contratto annuale, rinnovabile di anno in anno per la durata del corso ed a condizione di aver superato le prove intermedie, la cui cadenza ed il cui valore è stabilito dagli ordinamenti di ciascuna Scuola, ai sensi del co. 4 dell’art. 5 del D.M. 1 agosto 2005, e la prova annuale, contratto che è qualificato giuridicamente come di “… formazione specialistica…” (co. 1 art. 37 D. Lgs. 368/1999)9. Il contratto è finalizzato esclusivamente all’acquisizione delle capacità professionali di specialista, attraverso le attività didattiche e seminariali, nonché attraverso la formazione pratico-assistenziale. Il contratto non dà assolutamente diritto all’accesso ai posti del S.S.N. od dell’Università od altri rapporti di lavoro (co. 1 art. 37 D.Lgs. 368/1999), anche se, in evenienze di accesso ai posti, deve esser apprezzato il diploma di specialità. Lo schema tipo di quel contratto è stabilito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Università, di concerto con i Ministri della Salute, dell’Economia e del Lavoro e delle Politiche Sociali, udita la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome (co. 2 art. 37 37 D.Lgs. 368/1999). 12 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 13 La stipula del contratto, sottoscritto dallo specializzando, avviene con due soggetti giuridici, da un lato l’Università da cui dipende la Scuola e dall’altro la Regione, nel cui territorio hanno sede le Aziende Sanitarie convenzionate: si tratta di un’inutile complicazione, in quanto le Regioni non hanno certo la legale rappresentanza delle Aziende Pubbliche, che fruiscono di autonoma personalità giuridica (D. Lgs. 229/1999), né degli IRCCS pubblici o privati (D. Lgs. 288/2003), ma men che meno dei soggetti gestori di strutture di diritto comune accreditate: si tratta di un ulteriore sorta di “contentino” dato alle Regioni, unitamente al parere sullo schema-tipo di contratto, che non possono certo dirsi appagate oggi da questo modesto coinvolgimento di natura procedimentale e formale, a fronte della loro sopravvenuta competenza normativa di tipo esclusivo in tema di formazione professionale (art. 117 Cost. combinato disposto co. 3 e 4)10. Al di là dei casi di risoluzione contrattuale, contemplati al co. 5 dell’art. 37 del decreto legislativo, bisogna indagare quale tipo di contratto sia quello degli specializzandi. Si tratta certamente di un contratto di tipo civilistico e cioè retto prevalentemente da disposizioni di diritto privato, anche se conforme ad uno schema-tipo di marca pubblicistica, approvato con DPCM 06.07.2007 e con una retribuzione stabilita autoritativamente, fissata inizialmente con DPCM 07.03.2007. Ad esso, data la finalità formativa, non possono certo applicarsi le discipline giuslavoristiche consuete, anche se potrebbe forse rinvenirsi una qualche analogia con le disposizioni, contenute negli articoli 47, 48, 49, 50 e 51 del D. Lgs. 376/2003 (la cosiddetta Legge Biagi), relative all’apprendistato ed in particolare al contratto di apprendistato volto anche all’acquisizione di un diploma o di un titolo di studio universitario (art. 50). Tuttavia quest’ultima tipologia contrattuale è intesa normativamente a coniugare unitamente il lavoro con lo studio11, mentre nel contratto degli specializzandi lo studio e le attività pratiche-assistenziali sono esclusivamente indirizzate alla formazione professionale, sotto la guida dei docenti e la supervisione del tutor, ed è espressamente stabilito dall’ultimo alinea del co. 3 dell’art. 38 del decreto legislativo che “in nessun caso l’attività del medico in formazione specialistica è sostitutiva di quella del personale di ruolo”12. Da questi tratti può derivarsi che il legislatore abbia costruito un contratto civilistico atipico volto esclusivamente alla formazione professionale, cui possono applicarsi solo le discipline privatistiche generali inerenti le obbligazioni ed i contratti e quelle discendenti o direttamente dal decreto legislativo che lo prevede (ad esempio al co. 5 dell’art. 37 relativo alla risoluzione anticipata per rinuncia al corso, per violazione dei doveri di incompatibilità, per prolungata assenza e per mancato superamento delle prove annuali) ovvero dal contratto-tipo e dal contratto concretamente stipulato (co. 1 art. 37 D.Lgs. 368/1999)13. Si sarebbe portati a dire che il contratto assume la forma sinallagmatica atipica, ma che l’impostazione ultima del rapporto assomiglia per molti versi al contenuto tipico di una sorta di borsa di studio, soprattutto perché non è possibile la contrattazione, essendo stabiliti con provvedimento autoritativo sia i contenuti del contratto che la retribuzione. Purtuttavia resta il dato contrattuale che determina precisi diritti e doveri per il medico specialista in formazione, cosa che muta geneticamente il rapporto. Essendo stato approvato con DPCM del 06.07.2007 il contratto-tipio ci si sarebbe potuti aspettare che esso contenesse anche le disposizioni di dettaglio in ordine agli aspetti sinallgmatici del rapporto tra medici specialisti in formazione, da un lato, ed Università e Regioni dall’altro. Così, viceversa, non è stato ed il contratto-tipo, ricopiato pedissequamente da tutti gli Atenei, contiene sostanziali ripetizioni delle disposizioni legislative senza null’altro aggiungere in ordine alle problematiche applicative del rapporto. Ad esempio nulla si dice sulle ferie spettanti ai medici specialisti in formazione, anche se si può desumere dall’equiparazione dell’impegno degli stessi ai medici strutturati a tempo pieno che agli spe- RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 13 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 14 cializzandi spetti quel diritto per il tempo necessario ai fini della completa equiparazione, in applicazione del principio costituzionale di cui all’ult. co. dell’art. 36 Cost., che, pur parlando di ferie per i lavoratori, deve applicarsi anche agli specializzandi giusta l’equiparazione normativa ai medici strutturati. Egualmente per quanto concerne il vestiario, l’accesso alle mense ed ai parcheggi della struttura sanitaria i diritti relativi discendono linearmente dalla rammentata equiparazione. Pur tuttavia si pone il problema delle relative spese che non è detto a quale soggetto facciano carico, anche se dovrebbero, ma il condizionale è d’obbligo, incombere sulle strutture sanitarie ospitanti gli specializzandi. Pertanto la contrattualistica-tipo è carente e non certo chiarificatrice di problematiche di dettaglio operativo, ma estremamente determinanti per chiarire la tipologia dei diritti degli specializzandi. Questo complesso di omissioni disciplinatorie, di cui si sono solo indicati alcuni esempi, deriva probabilmente dalla scarsa abitudine dei dirigenti dei Ministeri a conformare strumenti pattizi, cosa assai grave in un periodo storico in cui la pubblica amministrazione sta, sempre più, orientandosi verso l’utilizzo dei modelli per pacta14. Il vero dato positivo è che le eventuali controversie saranno di competenza del giudice ordinario specializzato che sarà chiamato a risolvere, con le sentenze, i dubbi ed a colmare le lacune. E’ questa la maggiore garanzia che deriva dal passaggio dalle borse di studio al contratto, oltre al mutamento dalla condizione di studente a quella di titolare di diritti ed obblighi contrattualmente stabiliti, giustiziabili da parte del Giudice Ordinario15. La remunerazione degli specializzandi, a seguito della sottoscrizione del contratto con l’Università e con la Regione, è costituita da un trattamento economico annuo omnicomprensivo (co. 1 art. 39 D. Lgs. 368/1999), determinato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Università, di concerto con i Ministri della Salute e dell’Economia, e corrisposto mensilmente dalle Università presso le quali operano le Scuole di Specializzazione (co. 3 e 4 art. 39 D. Lgs. 368/1999). Il trattamento economico è articolato in due parti, la prima fissa, eguale per tutte le specializzazioni e per la durata del corso (pari ad € 22.300 annui), ed una variabile, avuto riguardo alle singole tipologie dei corsi (pari ad € 2.300 annui per i primi due corsi e poi 3.300 per i restanti con una palese violazione della normativa che parlava di tipologia di corsi); per il biennio 2006-2008 la parte variabile della retribuzione non può superare il 15% di quella fissa. Nei periodi di legittima sospensione della formazione, superiori a quaranta giorni, allo specializzando compete solo la parte fissa trattamento, limitatamente, però, al massimo di un anno oltre alla durata del corso di formazione (co. 5 art. 40 D: Lgs. 368/1999), mentre per le assenze più brevi non vi è alcuna decurtazione degli emolumenti. Ovviamente i caratteri, fissati in generale dal decreto legislativo, avrebbero dovuto essere meglio precisati e svolti dal contratto dei medici specialisti in formazione: ad es. nei periodi di recupero per legittima sospensione del contratto oltre i quaranta giorni, spetterà allo specializzando la retribuzione piena ovvero solo la sua parte variabile non percepita anteriormente? E’ questo dubbio non sciolto dal contratto tipo, né dal DPCM sulle retribuzioni, i quali, nulla dicendo in proposito, lasciano però intendere che allo specializzando spetti, nei periodi di recupero, la retribuzione variabile. Viceversa per quanto attiene al trattamento previdenziale e fiscale di quel contratto è il testo normativo a dare indicazioni più precise. Gli specializzandi devono, a cura dell’Ateneo, essere iscritti preso un’apposita gestione separata dell’Inps, finalizzata all’estensione dell’assicurazione obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti, 14 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 15 ai sensi dell’art. 2, co. 26, primo periodo della L. 335/1995, e dell’art. 45, co. 1 della L. 326/2003, a seguito della modifica del co. 2 dell’art. 41 del decreto. L’aliquota contributiva pensionistica è, per coloro i quali non siano assicurati presso altre forme obbligatorie, stabilita in misura pari a quella dei commercianti (sino ad un massimo del 19% sulla retribuzione effettivamente percepita) (art. 45 L. 326/2003). Questa la situazione previdenziale degli specializzandi contrattualizzati. Parimenti puntuale è il co. 3 dell’art. 41 che prescrive che i medici specializzandi siano assicurati obbligatoriamente per i rischi professionali, per la responsabilità civile e per gli infortuni, connessi all’attività assistenziale svolta, in modo equipollente ai medici dipendenti, a cura e spese dell’Azienda Sanitaria presso la quale svolgono il loro tirocinio assistenziale16. Una particolare situazione giuridica si pone in relazione ai già segnalati periodi, in cui in base al D.M. più volte citato, gli specializzandi sono tenuti ad operare, per la loro formazione pratica, presso i pediatri di famiglia, tutors, ovvero presso le strutture distrettuali, a ciò dedicate, delle Asl: su chi incombe, in tali casi, l’obbligo dell’assicurazione per i rischi professionali, per la responsabilità civile e per gli infortuni? Seguendo la logica del co. 3 dell’art. 41 del D. Lgs. 368/1999 si dovrebbe realizzare un’interruzione dell’assicurazione delle Aziende Sanitarie ed i relativi oneri dovrebbero gravare sul professionista convenzionato ovvero sull’Asl. In alternativa si potrebbe considerare l’ipotesi attraverso un’apposita clausola contrattuale con la compagnia assicuratrice, di estensione dell’assicurazione anche agli eventi occorsi presso gli studi professionali o presso l’Asl, con rimborso all’Azienda Sanitaria di una quota del costo. Il trattamento economico è esente completamente dall’imposta sul reddito delle persone fisiche. Al termine del corso il medico specializzato fruisce, tra i titoli di carriera, nel caso di concorsi pubblici, della obbligatoria valutazione dell’attività prestata per tutta la durata del Corso stesso come servizio svolto nel livello iniziale del profilo medico dipendente (ormai, dopo il D. Lgs. 229/1999, dirigenti). Gli obblighi delle Scuole In base al combinarsi delle disposizioni normative, contenute negli artt. dal 34 al 45 del D. Lgs 368/1999, di quelle portate dal D.M.1 agosto 2005 ed, infine, discendenti dalle norme contrattuali si possono desumere gli obblighi delle Scuole. In particolare le Scuole devono conformare i loro ordinamenti interni al portato del D.M. in modo da coerentizzarle con la disciplina del riassetto delle Scuole di specializzazione di area sanitaria. Ed in quell’ottica sono tenute a stipulare, con l’apporto degli organi d’Ateneo, le convenzioni con la Aziende Sanitarie e con i professionisti convenzionati, nel caso in cui le Università non dispongano di idonee strutture sanitarie proprie, al fine di far svolgere agli specializzandi la parte pratica della loro formazione. Le convenzioni possono essere stipulate anche con strutture sanitarie di altri Paesi, purché conformi alle regole delle Scuole (co. 5, art. 40). In tale contesto, con separato atto, in quanto annualmente variabile, ex co. 1 dell’art. 38 del D. Lgs. 368/1999, devono esser individuati, sulla scorta di un elevato curriculum professionale, di documentata capacità didattico-formativa e di significativa qualificazione scientifica, i tutors, nella misura massima, come già accennato, di uno ogni tre specializzandi17. Ora, poiché il ruolo del tutor è quello di guidare le attività pratiche dello specializzando, il quale acquisisce progressivamente l’autonomia professionale che però non è mai disgiunta dal ruolo del tutore, è pacifico che le istruzioni tutoriali devono esser impartite, per gli aspetti generali, in apposite riunioni, di cui è opportuno tenere sintetici registri, mentre quelle particolari, impartite al letto del RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 15 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 16 paziente, negli ambulatori, nei pronto soccorsi e nelle guardie, ovvero in sede di discussione di casi clinici, devono esser formulate caso per caso18. Poiché, però, il tutor non può esser sempre presente in coincidenza degli orari degli specializzandi affidati alle sue cure, è opportuno che siano indicati dei vice-tutors, nelle figure di personale strutturato di volta in volta in servizio. In tal modo si potrebbe dare appagamento al disposto normativo del co. 3 dell’art. 38 che stabilisce che l’autonomia professionale progressiva degli specializzandi è comunque condizionata dalle istituzioni del tutore e che queste ultime costituiscono vincolo per chi le riceve. Parimenti, a latere delle convenzioni, la Scuola deve concordare con la Direzione Sanitaria dell’Azienda e con i Responsabili delle U.O. interessate i tempi e le modalità di svolgimento dei compiti assistenziali, nonché la tipologia degli interventi che lo specializzando deve eseguire, ai fini di una graduale assunzione dei compiti caratterizzati da una crescente autonomia, sia pure sempre nel contesto delle direttive impartite dal tutore (co. 3, art. 38 D. Lgs. 368/1999). E’, però, sin tropo ovvio che la Scuola, nel concordare tempi e modalità, dovrà attenersi alle prescrizioni in materia dettate dal D.M. 1 agosto 2005, rispettando il numero e la tipologia delle prestazioni sanitarie obbligatorie per gli specializzandi. In questo contesto generale di funzionamento delle Scuole, le stesse sono tenute ad obblighi di comunicazione agli specializzandi circa l’organizzazione della didattica e della pratica assistenziale. In particolare le Scuole devono comunicare, mediante il sito internet o mediante avvisi cartacei, agli specializzandi, all’inizio del corso il calendario e gli orari degli impegni didattici frontali, costituiti da lezioni, seminari, conferenze ecc., in applicazione del co. 2 dell’art. 38 del D. Lgs. 368/1999 e dell’art. 2 del contratto, comunicazione che deve esser aggiornata annualmente in relazione al divenire delle necessità didattiche e delle specifiche esigenze di formazione. Parimenti, le Scuole devono informare, con idonei strumenti, i medici in formazione circa il numero e la tipologia degli interventi assistenziali che devono esser eseguiti per esser ammessi alle eventuali prove intermedie, a quelle annuali ed alla prova finale, in applicazione del co. 2 dell’art. 38 del D. Lgs. 368/1999. Infine, le Scuole devono precisare i nominativi dei tutors, nella misura massima di uno ogni tre specializzandi e, se ritenuto funzionale, dei vice-tutors, tenendo conto di chi è, di volta in volta, in servizio come strutturato: si possono, a tal fine, ipotizzare almeno tre situazioni e cioè che il tutor sia presente in corsia od in ambulatorio o nei pronto soccorsi od in sede di guardie, che sia comunque in reparto e pertanto raggiungibile in caso di necessità di direttive, ovvero che sia presente nel contesto nosocomiale e che, in quanto tale, sia contattabile mediante strumenti di comunicazione; in casi diversi potrebbero supplire nelle funzioni tutorali i vice-tutors. Altrimenti, l’assenza del tutor o del vice-tutor renderebbe, a secondo delle circostanze e del grado di maturazione professionale dello specializzando, l’operato del medico in formazione privo di istruzioni, in specie per affrontare casi clinicamente complessi: tuttavia, ed è bene sottolinearlo, lo specializzando è pur sempre un medico abilitato che ha l’obbligo deontologico e giuridico (art. 54 C.P.) di intervenire, secondo scienza e coscienza, in caso di urgenza19. Le Scuole dovrebbero, da ultimo, comunicare, dato che il contratto omette di trattare nel dettaglio tale aspetto, l’orario complessivo cui sono tenuti gli specializzandi e cioè 38 ore settimanali, ripartite in orario per le attività didattiche frontali ed in orario per le attività professionalizzanti pratiche, in base al dato che l’art. 4 del Contratto dice che “… l’impegno richiesto per la formazione specialistica è pari a quello previsto per il personale medico del Servizio Sanitario Nazionale a tempo pieno”: ne consegue dunque che nei limiti dell’orario complessivo debbano esser ricomprese le due tipologie di attività. 16 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 17 Le stesse sono pure tenute ad aprire un libretto individuale su cui sono periodicamente annotati gli interventi assistenziali del singolo specializzando a firma dei Responsabili delle Unità Operative in cui gli stessi svolgono le attività formative pratiche, i quali controfirmano il case-book (co. 4, art. 38 D. Lgs. 368/1999). Parimenti, le Scuole stesse devono attivare idonei strumenti di controllo della partecipazione sia ad attività didattiche frontali, attraverso ad es. fogli presenza, che ad attività formative pratiche, ad es. mediante registrazioni informatiche, anche per le finalità relative alla risoluzione anticipata del contratto per prolungate assenze non giustificate (lett. c, co. 5, art. 37 D. Lgs. 368/1999). I doveri degli specializzandi e le loro responsabilità e quelle dei tutors I doveri che incombono sugli specializzandi sono condensati in una disposizione di carattere generale che attiene al vincolo di seguire con la massima diligenza il programma di formazione professionale, stabilito anche dal D.M. 1 agosto 2005, specificato negli ordinamenti delle Scuole e nelle comunicazioni, secondo pure le disposizioni regolamentari degli Atenei sede di Scuole. In particolare, lo specializzando è tenuto a seguire, con la dovuta frequenza obbligatoria accertata da idonei strumenti di controllo, le attività didattiche frontali, costituite da lezioni, seminari, conferenze ecc. (co. 3, art. 38, D. Lgs. 368/1999 ed art. 2 Contratto). Le Scuole possono determinare vincoli di presenza a tali attività didattiche, anche in termini di un minimo di frequenza. E’ sin troppo ovvio che le Scuole devono previamente informare i medici in formazione specialistica degli obblighi che sugli stessi incombono. Parimenti gli specializzandi sono tenuti a svolgere, con profitto, le attività assistenziali pratiche, costituite da compiti sanitari loro attribuiti, nel numero e nelle tipologie previste dal D.M. 1 agosto 2005, secondo gli ordinamenti delle Scuole (co, 3, art. 38, D. Lgs. 368/1999 ed art. 2 Contratto). Le Scuole devono informare gli specializzandi circa i luoghi sanitari in cui le attività pratiche devono svolgersi, la tipologia ed il numero di interventi assistenziali che gli stessi cono tenuti ad eseguire per accedere, anche sulla base delle attività didattiche, alle prove intermedie, a quelle annuali ed a quella finale, al termine del corso professionalizzante. E’, però, discendente dalle prescrizioni dell’art. 7 del D.M. del 2005 che le Scuole non possono derogare alla tipologia ed al numero di interventi assistenziali degli specializzandi (ad es. nel settore della Broncopneumologia Pediatrica almeno 90 casi di raccolta dell’anamnesi familiare, ambientale e personale mirata all’apparato respiratorio) e che, per converso, devono attivare, accanto al casebook, anche strumenti di controllo oggettivi. I medici in formazione specialistica hanno altresì il dovere di attenersi alle istruzioni sia generali, impartite in apposite riunioni preferibilmente formalizzate, sia particolari, impartite al letto del paziente o negli ambulatori o nei pronto soccorsi ovvero nel corso delle guardie ed infine, in sede di discussione di casi clinici dai tutors ed eventualmente dai vice-tutors (co. 3, art. 38 D. Lgs. 368/1999)20. Tale dovere discende direttamente dal portato normativo, in quanto lo stesso afferma che le istruzioni, le indicazioni ed i suggerimenti del tutore vincolano l’autonomia professionale dello specializzando in sede di attività formative assistenziali. In tale contesto normativo, si pone, però, la problematica dell’acquisizione progressiva da parte dello specializzando dell’autonomia professionale, aspetto che, per vero, la legge ed il contratto citano, senza ancorarla ad atti formali (co. 3, art. 38, D. Lgs. 368/1999). Nel rapporto dialettico tra tutor e specializzando, è facilmente immaginabile che le direttive del primo abbiano un valore più stringente per il secondo che frequenti il primo anno di corso, mentre le stesse avranno una valenza più indicativa e di supporto per uno che frequenti l’ultimo anno. La legge ha, dunque, costruito un rapporto basato sulle istruzioni che dovrebbe pervadere tutti gli RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 17 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 18 atti assistenziali dello specializzando, ma la cui valenza ed intensità, specie se si tiene conto della natura spesso orale delle medesime istruzioni con difficoltà di prova in sede giudiziale, varia a seconda del livello di maturità professionale raggiunta dallo specializzando21. L’ulteriore problematica che si pone nel contesto del rapporto tutor-specializzando è quella delle responsabilità civile e penale del primo e del secondo. A questo proposito si deve rammentare che il fulcro della responsabilità si attesta attorno alle condotte commissive ovvero omissive di entrambe le figure, che sono legate, se si vuole, da un vincolo discente-docente, in qualche modo assimilabile a quello che intercorre tra il Responsabile di una struttura ospedaliera ed i dirigenti medici, che però, ex art. 15 del D. Lgs. 229/1999, godono di piena autonomia professionale a differenza degli specializzandi, operanti nella struttura. La giurisprudenza, nel delineare la responsabilità del Responsabile di U.O. Ospedaliera, ha, anche di recente22, ribadito che sullo stesso incombono precisi doveri di sorveglianza sulle scelte diagnostico-terapeutiche dei dirigenti operanti nella struttura e, di conseguenza, il potere-dovere di fornire preventivamente le informazioni di carattere programmatico per un efficiente svolgimento dell’attività sanitaria e, quindi, l’esercizio di coerenti direttive tecnico-organizzative, il potere così detto di delega per quei casi risolvibili in base alle normali conoscenze del singolo sanitario ed, infine, il potere-dovere di vigilanza ed eventualmente di avocazione dei casi che eccedono quelle competenze. In buona sostanza il vincolo cui è tenuto il Responsabile, nell’ottica di un ragionevole contemperamento con i munera intestati ai medici collaboratori portatori di piena autonomia professionale, è quello di impartire direttive generali e particolari, avocando a sé i casi caratterizzati da maggior complessità o repentina evoluzione critica del quadro clinico del paziente: in caso di omissioni o di errate direttive risponde, oltreché il medico che ha posto in essere i comportamenti assistenziali, anche il Responsabile di U.O.23. Ovviamente deve ascriversi alla responsabilità del medico collaboratore l’errore che si compie, in relazione alla complicanza che insorge in ragione dell’evoluzione di un determinato quadro clinico - sia essa probabilisticamente attesa per quanto scongiurabile nel suo concreto prodursi - mentre, viceversa, è da escludersi la responsabilità in relazione alla mera fatalità che determina il sopravvenire di un evento imprevedibile24. In analogia con le indicate linee giurisprudenziali su di una fattispecie che presenta alcuni tratti di analogia con quella in esame si devono, però, segnalare le differenze con il rapporto tutor-specializzando: è, per vero, del tutto pacifico che lo specializzando, pur essendo un medico abilitato, non gode, nel contesto della formazione assistenziale, di una piena autonomia professionale, essendo la stessa, ancorché accrescibile in via progressiva, vincolata alle direttive generali e particolari del tutor25. Ne consegue, dunque, che il ruolo del tutor è quello ben più pregnante di quello del Responsabile di una U.O. nei confronti dei medici collaboratori, in quanto lo stesso, nei riguardi dello specializzando, assume un’obbligazione di origine legale intesa ad un facere il cui oggetto è costituito dal guidare il discente a compiere gli interventi pratici, in modo da fargli acquisire progressivamente le migliori capacità operative, tali da renderlo un professionista cui è possibile commettere, in futuro, le decisioni da adottare, in piena autonomia, a favore dei pazienti che si affideranno alle sue cure. Da questa considerazione paiono potersi desumere due distinti titoli di responsabilità del tutor: l’uno ascrivibile alla culpa in eligendo, configurabile tutte le volte in cui un tutor adibisse un giovane medico alle prime armi ad attività diagnostico-terapeutiche particolarmente complesse, ovvero ai casi pur di facile esecuzione ma, tuttavia, a carico di pazienti particolarmente compromessi da patologie correlate o di complesso inquadramento, senza fornirgli o fornendogliele in modo non consono indicazioni e direttive, e l’altro ascrivibile alla culpa in vigilando, riferibile a quelle fattispecie riconducibili non solo all’omissione di fornire concrete e dirette disposizioni nel corso dell’attività 18 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 19 sanitaria, ma anche di impartire indicazioni non congrue, determinando così un affievolimento dell’autonomia del medico in formazione, al punto di renderlo, nei fatti, irresponsabilmente autonomo26. Se ne desume, quindi, che le responsabilità civili e penali del medico in formazione e del tutor sono ascrivibili a condotte commissive od omissive, con diverso grado di intensità, poiché è da sottolineare, ancora una volta, che gli specializzandi non godono di una piena autonomia professionale. Va, comunque, rammentato, come già detto, che gli specializzandi, essendo medici abilitati, devono intervenire comunque in casi di urgenza, essendo coperti dal disposto dell’art. 54 C.P., e devono astenersi da azioni assistenziali là dove queste superino obbiettivamente la loro competenza o nel caso di non concordanza con le istruzioni impartite dal tutor27. Un secondo aspetto dei doveri degli specializzandi è costituito dall’obbligo del tempo pieno, nel senso che ai medesimi è inibito, nel corso degli anni di formazione, l’esercizio della libera professione e l’assunzione di qualsiasi tipo di rapporto di lavoro, sia esso dipendente che coordinato e continuativo che da relazioni professionali (co. 1 art.40, D. Lgs. 368/1999). Ovviamente ai medesimi sono consentite le eccezioni espressamente previste per legge e per contratto, e cioè quelle relative alla professione intramuraria (anche se in via del tutto teorica) ed alle sostituzioni dei medici di medicina generale e per l’effettuazione delle guardie notturne, festive e turistiche (co. 1 art. 40, D. Lgs. 368/1999 e L. 448/2001). Tant’è vero che il co. 5 dell’art. 37 del decreto legislativo ipotizza, alla lett. b), la risoluzione anticipata del contratto nell’ipotesi di violazione delle norme sull’incompatibilità, formula riferibile ai casi di violazione dell’obbligo del tempo pieno. Un terzo profilo dei doveri degli specializzandi è costituito dal dovere di astenersi dal sostituire, in qualsiasi modo, personale strutturato delle Aziende Sanitarie in cui gli stessi svolgono la loro attività formativa pratica (co. 5, art. 37, D. Lgs. 368/1999). Ora le ipotesi concrete in cui può avvenire, di fatto, la vicariazione del personale strutturato sono quelle classiche dell’operatività in corsia, in ambulatorio e nelle guardie divisionali, interdivisionali od ospedaliere. Il divieto ha però carattere generale e si estende, di conseguenza a tutte le mansioni sanitarie proprie degli strutturati. Ciò sta a significare che, ancorché lo specializzando sia tenuto ad eseguire personalmente gli interventi sanitari previsti dal D.M. del 2005 (ad es. per Pediatria, seguire con responsabilità diretta e crescente 150 ricoverati per problemi acuti), lo stesso deve comunque attenersi agli indirizzi generali ed alle direttive particolari del tutor o del vice-tutor, che limitano la sua autonomia professionale e non può mai vicariare nelle mansioni personale strutturato: in buona sostanza, il divieto di discorso implica che lo specializzando non dovrebbe assolutamente operare da solo e se l’ipotesi è marginale in corsia, è ben più probabile in ambulatorio e nelle guardie28. Tuttavia, essendo lo specializzando comunque un medico abilitato, lo stesso è tenuto, come già evidenziato, deontologicamente e giuridica-mente ad intervenire, al fine di evitare danni alla persona di terzi, tutte le volte in cui vi sia un’urgenza inderogabile e non altrimenti affrontabile (art. 54 C.P.). Un ulteriore profilo, che si ricollega logicamente a tale divieto, è quello della raccolta del consenso informato e della redazione della cartella clinica29. L’obbligo della raccolta del consenso informato ai trattamenti sanitari, ormai discendente oltreché dal Codice Deontologico dei medici e degli odontoiatri e dalle regole di accreditamento, è una funzione obbligatoria per le strutture nosocomiali e che deve esser svolta preliminarmente all’esecuzione degli interventi: può lo specializzando attendere a tale mansione, che dovrebbe esser propria di un medico dell’equipe sanitaria? La risposta a questo quesito dovrebbe esser negativa, in quanto la mansione è propria degli strutturati, ma, tuttavia, è fattualmente possibile che lo specializzando concorra alla raccolta del consenso, illustrando al paziente la diagnosi, la prognosi, gli effetti dei trattamenti, le loro controindicazioni e le conseguenze di eventuali rifiuti. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 19 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 20 Il concorso dello specializzando deve esser svolto nella sua qualità di medico in formazione e non può mai esser sostitutivo degli strutturati. Anche la redazione della cartella clinica è un’attività riservata agli strutturati, ex combinato disposto degli artt. 15, 15ter del D. Lgs. 229/1999 ed art. 7 del D.P.R. 128/1969, e che deve esser firmata dai dirigenti dell’equipe e controfirmata dal Responsabile dell’U.O., talché parrebbe esser inibita agli specializzandi. Tuttavia vi sono disposizioni del D.M. del 2005 che paiono contraddire tale conclusione: ad es. per la Geriatria si afferma che sono, tra le altre, attività professionalizzanti obbligatorie “… l’aver redatto e firmato 100 cartelle cliniche di pazienti ricoverati o ambulatoriali”. A parte il dato che una disposizione di un D.M. non può certo superare norme di legge ordinaria, se ne può inferire che lo specializzando possa concorrere alla redazione della cartella e firmarla per quanto lo riguarda come appunto medico in formazione, ma che tale attività non sia comunque sostitutiva di quella del medico strutturato e tampoco del Responsabile della U.O. Un problema similare, per ciò che attiene sia il consenso che la cartella clinica o la scheda sanitaria, si pone nel settore della Pediatria per le attività svolte presso gli ambulatori dei pediatri di famiglia e nelle strutture distrettuali dedicate alla pediatria di comunità delle Asl, ma anche in questi casi la soluzione non può che esser quella del semplice concorso nella redazione degli atti, senza sostituzione del professionista tutor o del medico strutturato dell’Asl. Infine, sugli specializzandi, che abbiano diligentemente seguite le attività didattiche frontali e le attività formativo pratiche, incombono i doveri di attendere alle eventuali prove intermedie e di svolgere le prove annuali e quella finale, costituita dalla discussione di una tesi di specializzazione (co. 2, art. 5, D.M. 1 agosto 2005). I diritti degli specializzandi Per quanto riguarda i diritti di cui godono gli specializzandi questi si devono, solo descrittivamente, dividere in due categorie, e cioè quella dei diritti loro espressamente intestati dalla legge e dal contratto con l’Ateneo e con la Regione e quella delle equipollenti posizioni giuridiche solo implicitamente loro attribuite a seguito della sostanziale equiparazione agli strutturati a tempo pieno. Cominciando dalla prima categoria si deve riconoscere che allo specializzando spetti un diritto pieno alla retribuzione contrattuale, oltreché al trattamento previdenziale, articolata in una quota base ed in una variabile30. Gli emolumenti contrattuali degli specializzandi sono versati agli stessi dall’Ateneo, sede di corso di specialità di area medica, in tranches mensili, sulla base delle determinazioni assunte con D.P.C.M., su proposta del Ministro dell’Università, di concerto con i Ministri della Salute e dell’Economia e riviste ogni triennio, utilizzando le apposite risorse rese disponibili sul Fondo Sanitario Nazionale ed, eventualmente, sugli ulteriori fondi a ciò destinati dalle Regioni e dalle Province Autonome, intese a soddisfare peculiari esigenze dei rispettivi Servizi Sanitari (art. 39,co. 1, 2 e 3 D.Lgs. 368/1999). Come già accennato la parte variabile del trattamento economico dovrebbe esser differenziata per tipologia di specialità, per sua durata e per anno di corso (co. 3, art. 39, D. Lgs. 368/1999): in realtà ciò non è occorso e, per i primi anni di efficacia della legge in discorso, si è avuta una quota variabile sostanzialmente uniforme, ancorché accresciuta per gli ultimi anni di corso. Poiché non sempre le Università assolvono tempestivamente alla loro obbligazione contrattuale di provvedere ai pagamenti, si deve rammentare che, in base all’art. 4 del D. Lgs. 231/2002, gli specializzandi hanno diritto, senza preventiva messa in mora, a pretendere gli interessi maturati in misura di sette volte il tasso di sconto della BCE. In secondo luogo, agli specializzandi spetta il diritto a svolgere, fuori dall’orario prescritto per le at- 20 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 21 tività didattiche e pratico-formative, la professione intramuraria. Si tratta, per vero, di un diritto di non facile attuabilità, poiché, se è pur vero che il medico in formazione è un medico abilitato, dovrebbero esser trovati accordi con l’Azienda Sanitaria che lo ospita in ordine ai locali anche allargati, alle tariffe e via dicendo, e di teorica realizzabilità poiché lo specializzando non ha ancora un appeal particolare sul mercato delle prestazioni assistenziali (co. 1, art. 40, D.Lgs. 368/1999). Parimenti lo specializzando può operare le sostituzioni dei medici di medicina generale e fare le guardie mediche notturne, festive e turistiche, sempreché vi siano necessità, con l’assenso del Direttore della Scuola, che, doverosamente informato, determina, se del caso, i periodi di recupero (co. 11, art. 19, L. 28 dicembre 2001 n° 448). Per vero, nella prassi tali attività vengono svolte nel periodo di ferie e, pertanto, non necessitano di provvedimenti direttoriali in ordine ai recuperi. Allo specializzando è viceversa inibito di supplire medici specialisti, poiché per attendere alle attività proprie degli specialisti convenzionati, è necessario aver conseguito il titolo di specialità: per fare un caso, gli specializzandi in pediatria non possono sostituire i pediatri di famiglia, anche se devono svolgere periodi di formazione pratica presso gli studi professionali di questi ultimi; tuttavia, nonostante l’inibizione normativa, si sono dati, in aree particolarmente necessitose, casi in cui l’Autorità regionale ha, per vero in modo illegittimo, autorizzato tali sostituzioni31. Nell’ambito dei diritti espressamente sanciti, si hanno altresì ulteriori tipi di posizioni giuridiche. Il primo è costituito da un diritto ad astenersi dalle attività della Scuole per i periodi di gravidanza e puerperio, contemplati dalla L. 1204/1971 e s.m., estensibile quest’ultimo anche ai medici di sesso maschile, e per quelli di malattia superiori a quaranta giorni (co. 3, art. 40, D. Lgs. 368/1999). Per la durata di quei periodi la formazione resta sospesa, fermo restando che l’intero periodo di durata della Scuola deve esser comunque completato, attraverso la fissazione da parte del Direttore di periodi di recupero, pari alle pregresse sospensioni. Durante i periodi di sospensione, che non possono eccedere l’anno, allo specializzando compete solo la quota fissa della retribuzione (co. 5, art. 40, D. Lgs. 368/1999), mentre nei periodi di recupero al medesimo è liquidata soltanto la parte variabile del trattamento. Un secondo diritto è quello di potersi astenere dalle attività della Scuola per un massimo di 30 giorni, per motivi personali quali quelli di famiglia, che devono esser preventivamente autorizzati dal Direttore in vista dell dato che l’assenza non pregiudichi la formazione, che non deve esser recuperata e che non comporta riduzione degli emolumenti (co. 4, art. 40, D. Lgs. 368/1999). L’ulteriore tipologia di diritti deriva, viceversa, da disposizioni implicite del decreto legislativo, più volte citato, e del contratto degli specializzandi. Premesso che il 2° alinea del co. 1 dell’art. 40 dice espressamente che “L’impegno richiesto per la formazione specialistica è pari a quello previsto per il personale medico del S.S.N. a tempo pieno… ”, è pacifico che sullo specializzando gravino obblighi di orario, ma che, altresì, spettino, a diverso titolo giuridico, tutti i diritti alle ferie ed ai recuperi che sono propri dei dirigenti medici del S.S.N. E’, infatti, di tutta evidenza che “… l’impegno…” richiesto agli specializzandi non potrebbe esser “… pari…” a quello degli strutturati a tempo pieno, nel caso in cui non venissero osservate le disposizioni legislative e di contratto collettivo nazionale e, se del caso, di contratto aziendale proprie dei sanitari a tempo pieno del S.S.N.32. Da questa osservazione discendono, quindi, i diritti implicitamente riconosciuti agli specializzandi. Il primo di tali diritti riguarda, come già illustrato, quello relativo agli orari di formazione, che deve esser contenuto, sia per le attività didattiche frontali che per quelle pratiche, nell’ambito del massimale previsto per i dirigenti a tempo pieno: 38 ore settimanali comprensive, quindi, dell’orario per attività didattiche. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 21 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 22 Il secondo diritto concerne le ferie annuali, per un totale di quattro settimane, in forza dell’art. 36 della Costituzione e dell’art. 10 del D. Lgs. 66/2003, concernente gli orari di lavoro, recuperabili, ove non godute per esigenze di servizio, entro il primo semestre dell’anno successivo, ex art. 36 del D.P.R. 3/1957, sulla disciplina generale del pubblico impiego. Il terzo diritto riguarda il riposo settimanale di almeno 24 ore consecutive, di regola coincidenti con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero, in base all’art. 9 del D. Lgs. 66/2003. Il quarto diritto è relativo al riposo giornaliero e concerne le undici ore consecutive di astensione dal servizio ogni ventiquattr’ore, fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata, ex art. 7 del D. Lgs. 66/2003. Il quinto diritto è quello inerente il congedo matrimoniale, da fruirsi per quindici giorni consecutivi, salve esigenze di servizio, in applicazione dell’art. 37 del citato D.P.R. 3/1957. Il sesto diritto, applicabile agli specializzandi, è quello che concerne i periodi di recupero, conseguenti per undici ore nella giornata successiva, in caso di partecipazione, sempre con il vincolo delle direttive del tutor, a guardie notturne e festive, sulla scorta delle previsione dell’art. 7 del D.Lgs. 66/2003 e dell’art. 16 del contratto collettivo nazionale dei dirigenti medici del S.S.N.. A tal proposito, è opportuno segnalare le limitazioni, discendenti dall’art. 11 del citato decreto legislativo del 2003, concernenti il divieto di adibizione alle guardie notturne di personale femminile con un figlio di età inferiore a tre anni od, in alternativa, dal lavoratore padre convivente con la stessa, di una lavoratrice o lavoratore che sia l’unico genitore di una figlia di età inferiore a dodici anni ed, infine, di una lavoratrice o lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile, ai sensi della L. 104/1992 e s.m.. Ovviamente allo specializzando spettano altresì le tutele volte a prevenire i rischi occupazionali, in coerenza con quanto previsto per il personale strutturato. In conclusione i diritti impliciti degli specializzandi derivano dal principio di sostanziale equiparazione agli strutturati a tempo pieno, ma sono, altresì, asseverati da una disposizione esplicita, contenuta nella lett. c) del co. 2 dell’art. 17 del D. Lgs. 66/2003 che intesta al Ministro della Funzione Pubblica, di concerto con il Ministro del Lavoro, il potere di adottare con decreto le regole per casi determinati, in mancanza di disciplina contrattuale collettiva: il n° 1 di tale lettera recita testualmente che, in riferimento all’accettazione, al trattamento ed alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi, “… comprese le attività dei medici in formazione…”, si applicano le norme del decreto. Se ne desume, dunque, che le disposizioni di contratto collettivo, del decreto legislativo del 2003, nonché del decreto del Ministro, in carenza di strumenti collettivi, si applichino anche agli specializzandi. Si deve, pertanto, riconoscere che i titoli giuridici, che sorreggono le differenti ma coordinate tipologie di diritti degli specializzandi, discendono dall’applicazione alla fattispecie di disposizioni ora costituzionali, ora legislative laburistiche, ora normative in punto formazione medica speciale, ora contrattuali proprie del rapporto sinallagmatico dei medici in formazione specialistica, ora, infine, propri del contratto collettivo ed aziendale dei dirigenti medici a tempo pieno33. I rapporti con le Aziende Sanitarie, con le Asl e con gli specialisti convenzionati Siccome la maggior parte delle Scuole di Specialità di area medica necessita, come già evidenziato, del supporto, tramite apposite convenzioni, di Aziende Sanitarie – siano esse Aziende Ospedaliere, Presidi nosocomiali di Asl, strutture distrettuali di Asl, IRCCS di diritto pubblico o privato, Ospedali religiosi equiparati e Case di Cura – per far svolgere le attività formative pratiche, nell’ipotesi in cui l’Ateneo, sede di Scuola, non disponga di strutture proprie quali le Aziende Universitarie-Ospedaliere con le quali il rapporto è scontato, è necessario che le Scuole stesse si leghino sinallagmaticamente a tali strutture. 22 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 23 Come si è detto, le Scuole devono convenzionarsi, tramite anche le determinazioni degli Organi di governo dell’Ateneo ex L. 240/2010, prescritte dallo statuto universitario, con le Aziende Sanitarie e tali convenzioni devono prevedere la utilizzabilità di Unità Operative per la formazione, la messa a disposizione di personale strutturato per il ruolo di tutor o di vice-tutor, gli obblighi di concordare con la Direzione Sanitaria aziendale e con i Responsabili delle U.O. interessate la tipologia ed il numero degli interventi sanitari degli specializzandi, conformemente al D. M. in materia, nonché, infine, le obbligazioni delle Aziende nei confronti degli specializzandi. Poiché le convenzioni, ancorché previste da norme pubblicistiche34, sono strumenti sottoposti alle discipline di diritto comune e devono avere un contenuto tipizzato, esse rispondono ai canoni civilistici delle obbligazioni e dei contratti. Tra i contenuti tipici delle convenzioni, sono, dunque, ricomprese anche le obbligazioni nei confronti degli specializzandi, che vanno a costituire correlativamente diritti di questi ultimi. Le convenzioni devono pertanto, come già segnalato, contenere disposizioni in ordine alla possibilità, per vero teorica, di svolgimento della libera professione intramuraria, se del caso anche allargata, con le specificanti dei luoghi di esercizio, degli orari e delle tariffe. Esse devono, pure, contenere la indicazione dei servizi di cui gli specializzandi possono fruire a carico dell’Azienda, al fine di appagare il principio di sostanziale equiparazione dei medesimi agli strutturati a tempo pieno: si tratta, come intuibile, dei servizi di mensa, di vestiario e di parcheggio che devono esser assicurati agli specialzzandi alle medesime condizioni di accesso, di fruizione ed economiche, praticate al personale strutturato (co. 1, art. 40, D. Lgs. 368/1999): in questo contesto si pone, altresì, l’obbligo di fornire allo specializzando il cartellino identificativo, munito delle necessarie indicazioni anagrafiche e di fotografia, nonché della chiara qualificazione dello stesso quale medico in formazione specialistica. Infine, le convenzioni devono garantire agli specializzandi le assicurazioni per i rischi professionali, per la responsabilità civile e per gli infortuni, inclusive, ai fini della definizione del rischio, del ruolo dei tutors, a carico delle Aziende Sanitarie e contemplare l’obbligo di comunicare agli stessi le categorie di rischi, la tipologia delle responsabilità, le franchigie ed i premi assicurativi (co. 3, art. 41, D. Lgs. 368/1999). Tale ultimo obbligo di informativa discende, ovviamente, dalla sostanziale equiparazione agli strutturati. Si pone, per gli specializzandi in Pediatria, l’ulteriore problematica del rapporto con i pediatri di famiglia e con le strutture distrettuali delle Asl dedicate alla pediatria di Comunità (D.M. 1 agosto 2005). Ora mentre per le strutture distrettuali delle Asl non si pongono particolari questioni circa la convenzione e la relativa assicurazione, che sospende quella stipulata dall’Azienda Sanitaria interessata, ovvero la integra, per i periodi formativi presso gli ambulatori dei pediatri di famiglia si pongono almeno due interrogativi. Il primo concerne l’eventualità che tali pediatri, convenzionati con l’Asl, non siano in numero sufficiente ad appagare le esigenze ovvero che non siano disponibili ad esercitare il ruolo di tutor: in tali casi dovrebbe soccorrere l’utilizzo, in via analogica, della lettera d) del co. 2 dell’art. 26 del D. Lgs. 368/1999 che, a proposito della formazione dei medici di medicina generale, prevede che qualora non sia reperibile un numero di medici convenzionati, la formazione possa avvenire anche presso le Aziende Sanitarie. Nell’ipotesi in cui, viceversa, siano reperiti e disponibili pediatri di famiglia convenzionati con la Asl, con gli stessi dovrà esser stipulata, magari avvalendosi della collaborazione dell’Ordine e delle Associazione di Categoria, una convenzione, avente i contenuti tecnici necessari alla bisogna. Resta, ovviamente, da risolvere, in tale ultima ipotesi, il tema assicurativo che dovrebbe esser, per RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 23 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 24 logica del co. 3 dell’art. 41 del decreto, a carico dei professionisti convenzionati, ma che incontrerebbe sicuramente difficoltà di realizzazione, sia per le modalità operative che per gli aspetti di aggravio economico. D’altra parte le compagnie assicuratrici non risponderebbero sicuramente di accadimenti occorsi fuori dalle Aziende Sanitarie. Al di là di questa irrisolta problematica, è pacifico che le indicate disposizioni vadano a costruire un ulteriore pacchetto di diritti a favore degli specializzandi. Una legislazione ed un contratto da integrare e da applicare compiutamente. Le prospettive sbagliate di riforma Tentando di trarre le file del discorso sin qui svolto, è possibile rilevare alcune carenze normative ed una parziale disapplicazione del contratto, pur mancante di alcuni indispensabili precisazioni, degli specializzandi. La normazione risalente al 1999 non è compiutamente adeguata alle discipline sopravvenute, poiché trattavasi di una normativa che, per un verso, era precedente alla riforma degli ordinamenti universitari, realizzata come noto con la L. 240/2010 e, per altro rispetto non è coordinata né con la riforma del tit. V della Costituzione, come già segnalato, né con il decreto ministeriale sul riassetto delle scuole di specializzazione di area medica. A titolo di esempio possono citarsi due casi: l’art. 4 del D. M. prescrive che il corpo docente delle Scuole comprenda anche personale operante in strutture sanitarie non universitarie, appartenente, sulla scorta delle convenzioni, alla rete formativa, “… nominato dal Consiglio di Facoltà su proposta del Consiglio della Scuola”. Ora le Facoltà sono, in base alla lett. c) del co. 2 dell’art. 2 della legge Gelmini una eventualità con mere funzioni di coordinamento didattico, costituite, se del caso, sulla base di accordi tra più Dipartimenti competenti sia per la ricerca che per la didattica e comunque la potestà di nominare professori a contratto, a titolo gratuito od oneroso, è riservata al Rettore dell’Ateneo, in base all’art. 23 della legge stessa35. Ora, ancorché per successione di norme nel tempo si debbano applicare le disposizioni più recenti, è evidente che, per chiarezza, dovrebbero esser riviste le discipline in materia. Un ulteriore aspetto delle carenze normative concerne l’implicito diritti degli specializzandi ai servizi che le Aziende riservano agli strutturati: anche in questo caso sarebbe, senza dubbio, opportuno che la legge o il contratto definissero esplicitamente il diritto ai servizi. Anche sul fronte del contratto tipo, pedissequamente ricopiato da tutti gli Atenei sede di Scuole, si devono rilevare carenze disciplinatorie del rapporto sinallagmatico: basti pensare alla problematica degli orari di formazione genericamente equiparati a quelli dei dirigenti medici a tempo pieno, in relazione alla quale sarebbe necessario che il contratto li definisse puntualmente in riferimento sia alle attività didattiche che a quelle pratico-formative. Il complesso delle normative sia di decreto legislativo, sia di decreto ministeriale 2005 che di contratto ha, per altro, ricevuto un’applicazione solo parziale e non certo univoca da parte delle Scuole e degli Atenei. Da un’indagine svolta negli anni tra il 2008-2011 tra gli specializzandi in Pediatria, tramite la somministrazione di un apposito questionario, è risultato, senza voler attribuire all’indagine un valore statistico, che il complesso disciplinatorio della fattispecie in discorso non ha avuto comunque una piena attuazione, con differenziazioni, anche significative, a seconda delle sedi. Infatti le mancanze informative in ordine ai calendari delle attività didattiche ed alla tipologia ed al numero degli interventi da eseguirsi, alle nomine solo formali dei tutors, alle assenze di indicazioni generali e particolari ed al dato, spesso ricorrente, di operare da soli nei pronto soccorsi, negli ambulatori e nelle guardie, rende, in queste ultime circostanze, l’attività dello specializzando 24 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 25 imputabile, in termini civilistici, solo e soltanto a lui stesso, al di là della sua progressiva maturazione professionale. E la cosa ancor più grave è che, se l’assicurazione per la responsabilità civile sia stata costruita correttamente e preveda o sottenda il ruolo legalmente indispensabile del tutor e delle sue prescrizioni vincolanti l’autonomia professionale, essa non coprirebbe lo specializzando per le attività poste in essere al di fuori dello schema normativo, contrattuale ed assicurativo36. A ciò si aggiunga che è anche risultato che il case-book è il più delle volte aggiornato semestralmente ovvero annualmente e senza le opportune verifiche circa il numero e la tipologia dei casi seguiti dallo specializzando, cosa che conferisce al documento un valore solo formale. E’ pur vero che le Scuole sono progressivamente, nel corso di quegli anni, migliorate e che il loro ruolo istituzionale ed i doveri, nonché i diritti degli specializzandi sono stati meglio definiti, come ad esempio nel Protocollo d’intesa, siglato nel 2011 tra l’Assessorato alla Salute della Regione Sicilia e i Rettori degli Atenei isolani sede di Facoltà mediche, ma non è men vero che i doveri delle Scuole e degli Atenei e le posizioni giuridiche degli specializzandi hanno avuto un andamento in alcuni casi perplesso e spesso ondivago in punto parziale inattuazione. Quindi sia il legislatore che gli Atenei con le rispettive Scuole dovrebbero assumere iniziative per adeguare la legislazione, unitamente al contratto, e per rendere uniformi l’applicazione delle regole delle Scuole e dei doveri, nonché dei diritti degli specializzandi. In questo contesto pare utile esaminare il protocollo d’intesa siciliano, perché lo stesso può avere una funzione in qualche modo esemplare dei rapporti tra le Scuole, le Aziende sanitarie ed i medici in formazione. Come si accennava, con D.A. Salute della Regione Sicilia 11 ottobre 201137 è stato approvato il Protocollo d’intesa con i Rettori delle Università dell’isola concernente le attività formative degli specializzandi, in riferimento alle relazioni con la rete assistenziale ed ai diritti e doveri degli specializzandi stessi. Tale documento regolamenta puntualmente una serie di situazioni su cui le normative lasciavano almeno l’ombra del dubbio: ad esempio, per ciò che concerne gli obblighi delle Scuole, l’art. 3.1 dice che le stesse sono tenute a definire annualmente i tempi e le modalità di frequenza al corso, comunicando alla Direzione Sanitaria della struttura di rete formativa i nominativi dei medici in formazione, il periodo di frequenza ed i tipi di attività professionalizzanti in cui i medesimi saranno impegnati (art. 3.2.); per continuare, l’art. 4.3, disciplinando le attività pratiche dello specializzando, conferma che ogni funzione assistenziale si deve svolgere sotto il diretto controllo dei tutors e l’art.4.1 precisa che tali funzioni si attuano nel contesto complessivo delle attività assistenziali ed, in particolare, per l’espletamento delle attività di guardia divisionale, interdivisionale od interdipartimentale è sempre richiesta la presenza, accanto allo specializzando, almeno di un dirigente strutturato, che assume, di fatto,\ le funzioni di vice-tutor; altresì, per proseguire l’esemplificazione, vengono regolate alcune fattispecie operative dello specializzando, cui è inibita l’esecuzione autonoma di attività amministrative, quali le certificazioni legali, e quelle che richiedono, per loro natura la qualifica di specialista, con l’eccezione di quelle che importano l’attuazione di già definiti percorsi diagnostici-terapeutici (ult. alinea art. 4.1); ed infine, il Protocollo determina, per l’acquisizione del consenso informato e per la redazione delle cartelle cliniche, che lo specializzando è tenuto a comparteciparvi, sotto la vigilanza del tutor, ma sottoscrivendoli solo e soltanto in qualità di medico in formazione, con la controfirma di una dirigente strutturato (art. 4.2). Anche per ciò che concerne l’orario assistenziale degli specializzandi, il Protocollo d’intesa è molto preciso (art.5.2), sebbene non contempli i periodi di attività didattica, ed è soggetto a rilevazione con le modalità contemplate per il personale strutturato (art. 5.1), essendo estesi ai medesimi le forme RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 25 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 26 di protezione e controllo riguardanti i rischi occupazionali (art. 6.1), nonché i recuperi (art. 5.3). Per quanto concerne i rapporti con l’Azienda Sanitaria, finalmente in un documento ufficiale, viene riconosciuto il diritto degli specializzandi a fruire di tutti i servizi (mensa, parcheggio, vestiario, cartellino identificativo ecc.) secondo le modalità e le condizioni, anche economiche, stabilite per il personale ospedaliero (art.1.10), così come viene affermato il diritto all’assicurazione a carico dell’Azienda Sanitaria, secondo le clausole previste per il personale medico (art. 7.1), anche se il documento non tiene conto, nella dinamica dei rischi, del ruolo essenziale del tutor. In buona sostanza la Regione Sicilia ha assunto una iniziativa altamente significativa ed ha tentato, nei limiti della normazione vigente e sia pure con qualche manchevolezza, di disciplinare puntualmente i compiti istituzionali delle Scuole in rapporto alla rete formativa, quelli delle Aziende Sanitarie convenzionate ed i diritti e ed i doveri degli specializzandi. Ora, però, nonostante questa esemplare iniziativa della Regione, applicabile ovviamente solo nel perimetro dell’isola, permangono, per un verso, le già segnalate situazioni di scoordinamento normativo e, per altro rispetto, situazioni di parziale disapplicazione delle discipline della fattispecie in discorso ovvero problematiche irrisolte, nel complessivo panorama nazionale. Basti pensare al problema dell’assicurazione nei periodi che lo specializzando trascorre, per la specialità in Pediatria, presso gli ambulatori dei pediatri di famiglia. Basti, ancora, far riferimento alla definizione degli orari ed alle situazioni delle guardie e degli ambulatori senza il supporto del tutor od ancora all’investitura solo formale dei tutors, che non impartiscono direttive né generali, né particolari, come emerge, in alcuni casi, dai già rammentati questionari somministrati agli specializzandi in Pediatria. A questo quadro, che per vero ha non poche positive eccezioni38 ma che non è certo uniforme per tutte le Scuole, si deve aggiungere la recente iniziativa dell’ex Ministro delle Salute, Ferruccio Fazio, nel contesto del disegno di legge “omnibus” Camera dei Deputati A.C. 4274-A, che intende inserire nel testo normativo un emendamento sulla tematica dei medici in formazione specialistica39. Tale emendamento prevede che, sulla base di un accordo stipulato in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni, siano definite, su proposta dei Ministri della Salute e dell’Università, di concerto con il Ministero dell’Economia, le modalità anche negoziali, per l’inserimento degli specializzandi degli ultimi due anni di corso nelle Aziende Sanitarie, costituenti rete formativa. Tale inserimento avviene su base volontaria e non può far luogo a corrispettivi ulteriori rispetto a quelli goduti, e comporta la graduale assunzione di responsabilità assistenziali, secondo gli obbiettivi definiti dalla Scuola, sino al punto di far partecipare gli specializzandi a tutte le attività sanitarie delle Unità Operative di assegnazione. Se tale emendamento divenisse legge, essendo stato approvato l’emendamento ed in attesa della definitiva adozione da parte del Senato, gli effetti che lo stesso avrebbe sui percorsi formativi dei medici sarebbero, per non pochi rispetti, sconvolgenti l’assetto attuale della formazione. Infatti, per un verso il disposto dell’emendamento è chiaramente volto al risparmio finanziario relativamente ai costi di funzionamento dei Servizi Sanitari Regionali, poiché i minori oneri degli emolumenti contrattuali degli specializzandi rispetto a quelli degli strutturati comporterebbero un risparmio, tenendo conto che il medico in formazione sarebbe tenuto a partecipare “… a (tutte) le attività ordinarie delle Unità Operative di assegnazione…” (co. 3 dell’emendamento), cosa resa evidente dal coinvolgimento nella proposta del Ministro dell’Economia, che, altrimenti, non avrebbe titolo per intervenirvi. Per altro verso, gli specializzandi degli ultimi anni di corso possono volontariamente optare, su inesplicabili basi negoziali, per prestare il loro servizio, che si connoterebbe sostanzialmente come un rapporto di lavoro di apprendistato volto all’acquisizione di un titolo universitario (art. 50 del D. Lgs. 26 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 27 276/2003), presso le Aziende Sanitarie della rete, relativamente al complesso delle funzioni assistenziali delle strutture in cui saranno inseriti. Infatti il contratto speciale di formazione, già prima descritto, in base al quale tutte le attività sono intese a qualificare come tale lo specializzando, si trasformerebbe in un sinallagma di apprendistato in cui il lavoro assistenziale si coniugherebbe con le attività di apprendimento professionalizzante, intese a concorrere ed a formare lo specialista ed a fargli conseguire un titolo universitario. Che fine farebbero le vigenti disposizioni circa il rapporto contrattuale di formazione, quelle sull’autonomia professionale degli specializzandi, limitata dalle direttive del tutor e sul divieto di vicariare in qualsiasi circostanza gli strutturati e comunque come sarebbe regolata l’assicurazione a fronte di un aumento obbiettivo dei rischi? Il pannicello caldo del co. 2 dell’emendamento, relativo alla graduale assunzione di responsabilità assistenziali “… secondo gli obbiettivi definiti dall’ordinamento didattico del relativo corso di specializzazione…” sembrerebbe voler tentare di dare una giustificazione nobile alla disposizione che, in realtà, risponde solo a logiche di risparmio ed ad un sostanziale stravolgimento del rapporto contrattuale formativo di natura speciale. Di una tale disposizione, mal congegnata in punto drafting e non coordinata con le disposizioni attualmente vigenti, non se ne sentiva francamente il bisogno. Al di là della vicenda approvativa dell’emendamento, possono trarsi alcune conclusioni di massima sulle tematiche oggetto del presente lavoro. Le Scuole di Specialità di area medica sono tenute ad aggiornare i loro ordinamenti coerentizzandoli con lo Statuto e con le discipline secondarie di Ateneo, conseguenti alla riforma Gelmini. Per altro rispetto le Scuole stesse devono convenzionarsi con le Aziende Sanitarie della rete formativa e con i professionisti convenzionati tutors, per lo svolgimento delle attività pratiche. Le stesse devono comunicare agli specializzandi gli orari delle attività didattiche frontali ed il numero e la tipologia di quelle pratiche, in attuazione del D.M. del 2005 ed individuare i tutors ed eventualmente, se ritenuto opportuno, i vice-tutors. Devono, infine, concordare con le Direzioni Sanitarie aziendali e con i Responsabili delle U.O. interessate le modalità di svolgimento delle attività formative di tipo assistenziale. Gli Atenei e le Scuole sono pure tenute, in applicazione del contratto formativo, a garantire agli specializzandi la piena osservanza dei loro diritti, correlativamente al diligente adempimento dei loro doveri, in punto orari assistenziali, erogazione puntuale degli emolumenti, ferie annuali, settimanali e per matrimonio, recuperi, rischi occupazionali, periodi di assenza per gravidanza e malattia o per esigenze personali. Parimenti le Aziende della rete formativa devono assicurare il godimento, coerente con gli strutturati, dei servizi, delle assicurazioni, portandone ad opportuna conoscenza degli specializzandi le relative condizioni, e dovrebbero mettere a disposizione (anchorchè in via teorica) i mezzi e gli strumenti per le attività professionali intramurarie. Infine sarebbe opportuno che le Regioni stipulassero con gli Atenei interessati, prendendo spunto da quanto fatto dalla Regione Sicilia, dei protocolli d’intesa in cui siano dettagliati i compiti e le funzioni assistenziali degli specializzandi, nello svolgimento delle attività pratiche presso le Aziende Sanitarie della rete. In tal modo si darebbero alle Scuole ed ai doveri ed ai diritti dei medici in formazione specialistica assetti relativamente uniformi e coerenti con la normativa, col D. M. del 2005 e con il contratto, nonostante le incoerenze e le mancanze disciplinatorie di quegli strumenti, ma soprattutto si eviterebbero situazioni di parziale disapplicazione delle discipline in materia. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 27 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 28 Bibliografia 1. L’applicazione della normativa per quanto concerne gli specializzandi era stata sospesa dall’art. 8 del D.Lgs. 517/1999 e ha riacquisito efficacia dall’anno accademico 2006-2007 con al finanziaria 2006, la L. 266/2005. Per vero la dottrina giuridica sul tema è assai limitata e può dirsi praticamente circoscritta ai testi citati nel presente lavoro, mentre quella medica è assai ampia ed articolata, specie in relazione alle singole tipologie di Scuole, cfr. da ultimo a titolo esemplificativo G.BONA, L.CAVALLO, A. CORRERA, P. D’AGOSTINO, R. SALAMONE, Medici specializzandi: la responsabilità penale ed il ruolo della SIP, 2010. 2. Si rammenta che, ai sensi dei co. 2 lett. n. 3 e 4 del riformato Tit. V della Cost. spettano allo Stato le norme generali sull’istruzione ed alle Regioni quelle di tipo concorrente, sull’istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con l’esclusione dell’istruzione e formazione professionale, talché quest’ultima rientra tra le competenze esclusive regionali, cfr. in generale M. LUCIANI, L’autonomia legislativa, in Le Regioni, 2004, pag. 355 e ss. e più in particolare G. BERTAGNA, Quale istruzione e formazione professionale dopo la legge costituzionale, in Nuova Secondaria, 2001, pag. 14 e ss. La Corte Costituzione ha precisato che la materia de qua non comprende l’istruzione professionale svolta al di fuori del sistema scolastico ed universitario, cfr. S. BARTOLE, R. BIN., G.D. FALCON, R. TOSI, Diritto regionale dopo le riforme, Bologna 2003 pag. 150. 3. Il bilancio di Ateneo è unico e quindi i conti preventivi e consuntivi dei Dipartimenti, delle Scuole e via dicendo costituiscono dei sottoconti del bilancio generale, cfr. A. BRANCASI, La finanza, La riforma dell’Università in Gior. Dir. Ann. 2001, pag. 371 e ss. 4. Si veda in punto S. BATTINI, La nuova governance delle Universitภin Riv. Trim. Dir, Pubbl., 2011, fasc. 2. 5. Si rinvia a C. MARZUOLI, Lo stato giuridico ed il reclutamento: innovazioni necessarie, ma sufficienti?, La riforma dell’Università, cit. pag. 360 e ss. 5bis Ad esempio l’art. 97 del Regolamento Generale dell’Ateneo Pavese prevede che la rappresentanza degli specializzandi sia contenuta nel 15% dei componenti il Consiglio della Scuola. 6 Si legga F. MERLONI, La nuova governance, La riforma dell’Università, cit, pag. 353 e ss. 7. Per un’analisi di maggior dettaglio si rinvia a F.C. RAMPULLA, L. TRONCONI, Lo status giuridico dei medici specialisti in formazione dopo i DPCM di attuazione, in Sanit. Pubbl. e Priv., 2009, pag. 364 e ss. 8. Si legga ancora F.C. RAMPULLA, L. TRONCONI, Lo status…, cit., pag. 365. 9 Sul tema delle remunerazione prima del decreto legislativo si legga C.E. MAZZETTI, La remunerazione dei medici specializzandi: un caso esemplare di ordinario inadempimento dello Stato Italiano agli obblighi comunitari, in Filodiritto http://filodiritto.com/diritto/comunitario/, il quale sottolinea che la Corte del Lussemburgo, con le sentenze 25 febbraio 1999 (causa C 131/97 Carbonari ed a./Università di Bologna) in Guida al Dir. 1999, fascicolo 11 e 3.10.2000 (causa C-371/97 Gozza ed a./Università di Padova) in Foro it. 2001, IV , pag. 70 aveva chiaramente e drasticamente affermato i diritti dei medici in formazione specialistica ed aveva altresì indicato al giudice nazionale la via dell’applicazione retroattiva del D. Lgs. 257/1991. Da questa giurisprudenza, peraltro recepita dai TAR e dal Consiglio di Stato, deriverebbe che le nuove regole si debbano applicare anche retroattivamente dal 2006-2997, cfr. ed es. UNIVERSITA’ DI PISA, Le domande più frequenti sulle scuole di specializzazione dell’area medica, paragr. 5, in http://www.unipi.it/studenti/offerte scuolemediche/faqspec.htm_cvt.htm. 10. Si rammenta che l’art. 142 lett. i del D. Lgs. 112/1998 (la così detta normativa Bassanini) escludeva la formazione post universitaria dalla competenza regionale, cfr. M. RENNA, Commento all’art. 112, in Le Regioni, 1998, pag. 936 e ss. ma ormai la lettera della Costituzione è chiara e non pone limiti, se non quelli discendenti dalla tipologia esclusiva, alla potestà normativa regionale, cfr. A. POGGI, Istruzione professionale e tit. V, in Le Regioni, 2002, pag. 771 e ss. ed in particolare pag. 907, il quale, però sostiene la necessità di un coordinamento in vista del rispetto dei diritti sociali. 11. Sul tema del contratto di apprendistato si rinvia D. GAROFALO, La disciplina dell’apprendistato: il difficile raccordo con la normativa generale, in Riv. Giuv. Lav. e prev. soc., 2001, pag. 241 e ss. 12. Questo dato normativo esclude in radice l’ammissibilità al contratto di apprendistato volto anche al conseguimento di titolo universitari, proprio perché il divieto di sostituzione di personale dipendente, oltreché essere una garanzia a favore dello specializzando, impedisce che lo stesso possa essere adibito a mansioni lavorative, cfr. E. GRAGNOLI, A. PERULLI, La riforma del mercato del lavoro, Padova, 2004, passim. 13. Il rinvio contenuto nel comma in esame è palesemente alle normative civilistiche, ancorché non espressamente nominate, e recita “… per quanto compatibile con le disposizioni di cui al presente decreto”, il che significa che il contratto di formazione è disciplinato dalle norme del decreto medesimo, da quelle contrattuali-tipo e, in via sussidiaria, dalle previsioni civilistiche sulle obbligazioni e sui contratti, cfr. G. TARELLO, L’interpretazione delle leggi, Milano 1980; Id., Argomenti interpretativi, in Digesto, disc. Priv. I, pag. 419 e ss. 28 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 29 14. Cfr. F.C. RAMPULLA, M.C. COLOMBO, L.P. TRONCONI, I modelli di amministrazione nell’evoluzione dei caratteri funzionali dell’amministrazione pubblica, Rn. 2010, pag. 31 e ss. 15. L’affermazione è contenuta, seppure in una prospettiva sindacale, nel Comunicato Stampa del Segretariato It. Medici e Specializzandi in http://www.sims.ms 16. Cfr. L’estremamente precisa circolare in data 31 ottobre 2006, protocollo 4149 del Ministero dell’Istruzione, con la quale si afferma che, pur in assenza dello schema tipo di contratto e del conseguente rapporto contrattuale con gli specializzandi, le Aziende Sanitarie, di qualsiasi tipologia esse siano, sono tenute ad assicurare gli specializzandi ex lege contro i rischi professionali. 17. Cfr. F.C. RAMPULLA, L. TRONCONI, Lo status giuridico…” cit., pag. 368. 18. Si rinvia per le considerazioni sulle istruzioni tutoriali a F.C. RAMPULLA, Il contratto degli specializzandi: uno strumento scazzonte e lo status di sua attuazione al 2010, in wwONSP.it, relazione presentata al Convegno di Specialità e Professione in Pediatria, tenuto a Riccione,8-10 2010. 19. Per vero risulta dai questionari somministrati agli specializzandi in Pediatria dal 2008 al 2011, che spesso gli stessi si trovano ad operare da soli, specie negli ambulatori, nelle guardie e nei pronto soccorsi senza il conforto dell’opera del tutor, cfr. Intervento di F.C. RAMPULLA al Convegno di Specialità e Professione in Pediatria, Riccone 2011, cosa che fa sì che lo specializzando vicari, di fatto, gli strutturati, cfr Inchiesta svolta dalla FEDERSPECIALIZZANDI nel 2005. 20. Un punto si legge F.C. RAMPULLA, L. TRONCONI, Lo status…, cit., pag. 328. 21. Si rinvia ancora ad F.C. RAMPULLA, Il contratto degli specializzandi…, cit., pag. 3-4. 22. Da ultimo, v. Corte Cass. Pen., sez. IV, 23 dicembre 2005, n° 1430, in Riv. It. Med. Leg., 4-5, 2006, pag. 931 e ss. Si consideri che il caso giunto all’attenzione dei giudici di legittimità risaliva al 1995, quindi esposto alle novelle introdotte con i D. Lgs. N. 29/1993 e 502/1992, ma non, come ovvio, all’ulteriore evoluzione determinata dal successivo D. Lgs. N. 229/1999. Più di recente si veda Cass. Sez. II Penale 20 dicembre 2004 n° 32901 che sottolinea come lo specializzando non sia un mero spettatore, dovendo lo stesso partecipare all’intervento medico, avendone comunque una quota di responsabilità. Sulla natura dell’autonomia professionale dei medici ospedalieri si legga F.C. RAMPULLA, La dirigenza sanitaria: evoluzione della specie, in Sanit. Pubbl., 1999, fasc. 6. 23. Si vedano le interessanti decisioni della Corte Cass. Pen., sez. IV, 18 gennaio 2000, n° 56, 6 ottobre 1999 n° 2453, 20 dicembre 2004 n° 32901, 2 aprile 2007 n° 21594 e 10 luglio 2008 n° 32424. Per quanto concerne il problema della causalità civile si vedano le sentenze Cass. Sez. III Civile, 21619/2007, Cass. Sez. Un. 591/2008 e Cass. Sez. III Civile 975/2009. 24. La tematica è stata ampiamente trattata da R. CILIBERTI, R. MALCONTENTI, Colposo e fortuito nel comportamento del medico: una distinzione ancora valorizzata dalla giurisprudenza, in Riv. It. Med. Leg., 4-5, 2006, pag. 745 ss. 25. Cfr. F.C. RAMPULLA, L. TRONCONI, Lo status giuridico…” cit. pag. 370 e ss. e A. PANANIA, L’autonomia vincolata dello specializzando, in http://www.diritto.it.,2010, che sottolinea che lo specializzando, alla luce della giurisprudenza cassazionale ed in particolare Cass. Penale, sez. IV, 32424/2008 e 6295/2010, ha un concorso nella responsabilità degli eventi dannosi per il paziente a titolo di colpa per assunzione, poiché lo stesso coassume una posizione di garanzia nei confronti del medesimo paziente, ma, essendo la sua autonomia vincolata, risponde anche il docente tutor. 26. Sulla non punibilità del giovane medico in ragione della responsabilità a carico di altri più esperti sanitari a cui era affidato v. Tribunale Perugia, 28 giugno 1990, in Riv. Pen.,1991, pag. 730. Più recentemente, v. Trib. Genova, 15 novembre 2000, in Giur. Merito, 2001, pag. 734 e ss. Cfr. altresì G. BUFFONE, Il medico specializzando: limiti operativi e responsabilità, in La responsabilità professionale del medico, Varese 27 novembre 2010. 27. Gli orientamenti interpretativi più recenti propendono per un sostanziale abbandono del principio riassunto nel brocardo respondeat superior che consentiva di esonerare il medico in formazione da posizioni di autonoma, quanto concorrente responsabilità nei casi di male practice. C. POMARA, I. RIEZZO, Giurisprudenza e professione medica. La responsabilità professionale dell’assistente in formazione: valutazione della operatività e riflessi medico-legali, in Professione, 2005, pag. 24 e ss. Per un ampio commento alla sentenza Corte Cass. Pen. n° 32901/2004 v. C. POMARA, I. RIEZZO, L’assistente in formazione ancora al vaglio della Suprema Corte: “le specifiche competenze” tra teoria e prassi, in Riv. It. Med. Leg., 1, 2006, pag. 200 e ss. 28. Dal questionario somministrato agli specializzandi in Pediatria risultano almeno un 30% di casi in cui lo specializzando opera da solo e senza l’ausilio delle indicazioni del tutor, cfr. F.C. RAMPULLA, Intervento 2010, cit. pag. 45 e dei dati, ancor più significativi, emergono dall’indagine del’Università di Padova sulla valutazione delle scuole di specializzazione di area medica, la quale ha accertato che il 52% circa dei medici in formazione non è supportato dall’attività dei tutors, cfr. G.GAMBARO, A. BARALDO, Le scuole di specialità mediche ….all’Università di Bisanzio, in Gior. It. di Nefrologia, 2007, pag. 614. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 29 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 30 29. Per una trattazione, con profilo generale, delle tematiche in discorso, si legga da ultimo F.C. RAMPULLA, L. TRONCONI, Il biotestamento ed il consenso informato nel D. di L. all’esame del Parlamento: profili giuridici, in Sanit. Pubbl. e Privata 2012, fasc. 2. 30. Sulla retribuzione degli specializzandi, si rimanda a F.C. RAMPULLA, L. TRONCONI, Lo status giuridico…, cit. pag. 322, nonché a M. EROLI, Gli specializzandi in medicina e l’adeguata remunerazione, in http:/www.diritto.it.2011 ed a F. TROMBETTA, Medici specializzandi: mancato adempimento della direttiva che attribuiva il diritto alla retribuzione, in www.ildirittoamministrativo,it. 31. Ciò risulta dalle risposte ai questionari somministrati agli specializzandi in Pediatria, cfr. F.C. RAMPULLA, Intervento, 2010, cit. pag. 7. 32. Cfr. F.C. RAMPULLA, L. TRONCONI, Lo status giuridico…, cit., pag. 325. 33. Per una puntuale analisi di tali diritti, si rinvia ad F.C. RAMPULLA, Intervento, al Convegno Specialità e Professione in Pediatria, Riccione 2011. 34. Le convenzioni sono, in linea generale, contemplate dall’art. 15 della L. 241/1990 e s.m. e sono previste espressamente per le Scuole di specialità dal D. Lgs. 368/1990, cfr. sul tema in generale C. COLOMBO, F.C. RAMPULLA, L. TRONCONI, I modelli di amministrazione…, cit. pag. 87 e ss. e G.D. FALCON, Le convenzioni pubblicistiche. Ammissibilità e caratteri, Mi. 1984, pag. 71 e 103 e ss. 35. Si rinvia a C. MARZUOLI, Lo stato giuridico ed il reclutamento…, cit., pag. 365 e ss. 36. La valutazione circa la discutibile, specie in sede giudiziaria, copertura assicurativa degli specializzandi che operino da soli o senza le direttive del tutor deriva da un accertamento operato presso la compagnia assicurativa RASINI VIGANO’ s.p.a., specializzata nel settore della sanità. La responsabilità del tutor si configura, in coerenza con la giurisprudenza sulla responsabilità delle equipes, come culpa in eligendo ed in vigilando, cfr. F.C. RAMPULLA, L.P. TRONCONI, Lo status…, cit. pag. 18 e ss. 37. Pubblicato in Gazz. Uff. Regione Sicilia del 28.10.2011, Parte I, n° 45. 38. Ad esempio il Protocollo d’intesa siglato tra l’IRCCS San Matteo di Pavia e la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Ateneo Pavese nel 2010 che puntualizza, molto opportunamente, i casi e le circostanze di intervento del tutor. 39. Per il testo dell’emendamento, si rinvia al Sole 24 ore, Sanità del 27 settembre – 3 ottobre 2011, pag. 11. Esso fa seguito ad una proposta dell’On. L. Turco che inseriva gli specializzandi degli ultimi anni di corso nelle strutture ospedaliere, ma adeguandone la retribuzione, cfr. G. GAMBARO, A. BARALDO, Le scuole di specialità mediche… all’Universitàdi Bisanzio, cit. pag. 609 e ss. e N. SURICO, No alla formazione nel S.S.N. in Il sole 24 ore, Sanità, 15-21 novembre 2011, pag. 24. 30 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 31 TERAPIA ENZIMATICA SOSTITUTIVA IN DUE FRATELLI CON SINDROME DI HURLER/SCHEIE: 9 ANNI DI FOLLOW-UP F. Zallocco*, E. Franceschini*, L. Ferrito*, S. Bacelli*, L. Caponi*, L. Santoro*, A. Ficcadenti* *Clinica pediatrica, Dipartimento Scienze Cliniche Specialistiche, Università Politecnica delle Marche Ospedali Riuniti, Ancona La Mucopolisaccaridosi di tipo I (MPS I) è una malattia autosomica recessiva dovuta al deficit dell’enzima alfa-L-iduronidasi (1). Il difetto enzimatico determina un accumulo di glicosaminoglicani, (GAG), eparan solfato e dermatan solfato, e conseguente sviluppo di una patologia multi sistemica con manifestazioni respiratorie, cardiache, scheletriche, oculari e a volte neurologiche. Il decorso clinico di tale patologia è estremamente variabile: da una forma severa (S. di Hurler) ad una forma attenuata (S. di Hurler/Scheie e S. di Scheie) (2). Negli ultimi anni la storia naturale di tale malattia è notevolmente cambiata dopo l’avvento del trapianto di cellule staminali per la forma severa e la terapia enzimatica per la forma attenuata (3). Qui presentiamo la storia di due fratelli affetti da MPSI, forma attenuata: Marco e Martina, che hanno iniziato il trattamento con Iaronidasi rispettivamente all’età di 5 mesi e 5 anni. Martina è nata a termine, dopo gravidanza decorsa regolarmente. Benessere clinico fino al 5°-6° mese di vita quando compariva marcato idrocefalo triventricolare per cui all’8° mese si sottoponeva ad intervento di derivazione ventricolo-peritoneale. All’età di 3 anni riscontro di lussazione bilaterale delle anche. A 5 anni giungeva alla nostra attenzione per la comparsa di facile stancabilità ed impaccio nei movimenti. Dato il riscontro di tratti grossolani del viso, tumefazione delle articolazioni interfalangee, epatomegalia, valvulopatia (prolasso della valvola mitralica), si effettuarono indagini nel sospetto di una MPS, dimostrando un deficit totale di alfa-L-iduronidasi leucocitaria e successiva conferma diagnostica mediante analisi molecolare (mutazione W402X e L535F, entrambe in eterozigosi). Dall’età di 5 anni è in trattamento con enzima ricombinante. Dopo 9 anni di terapia attualmente Martina presenta una scarsa crescita staturale (25°pct), disostosi multiple, coinvolgimento delle valvole cardiache, opacità corneale, ipoacusia bilaterale neurosensoriale di grado lieve. Marco è nato a termine dopo gravidanza normodecorsa. Due mesi prima della sua nascita è stata posta la diagnosi di MPSI H/S nella sorella maggiore. Sulla base del dato anamnestico sono stati eseguiti il dosaggio di alfa L-iduronidasi e la caratterizzazione ed il dosaggio dei GAG urinari, risultando compatibili con la diagnosi di MPSI H/S. Il paziente ha intrapreso la terapia enzimatica a soli 5 mesi di vita. Dopo 9 anni di trattamento, Marco non sembra aver sviluppato alcuna manifestazione clinica di MPSI: buon accrescimento staturo-ponderale (>97°pct), non tratti grossolani del viso, non organomegalie, ad eccezione di una lievissima opacità corneale, esordita all’età di 1 anno, che non ha compromesso la sua acuità visiva. La storia di questi due fratelli sottolinea l’importanza della diagnosi precoce ed il conseguente trattamento precoce della malattia, dal momento che la terapia enzimatica sostitutiva può modificare la progressione della malattia. Bibliografia 1. Neufeld EF, Muenzer J. The mucopolysaccharidoses- The Metabolic and Molecular Bases of Inherited Disease; 2001:3421-3452 2. Muenzer J, Wriath JE, Clarke LA; International Consensus Panel on Management and Treatment of Mucopolysaccharidosis I. MPSI: management and treatment guidelines. Pediatrics 2009; 123(1): 19-29. 3. Clarke L, Wraith JE, Beck M, et al. Long-term efficacy and safety of Iaronidase in patients with mucopolysaccharidosis I. Mol Genet Metab; 2009,94(1): 13-19 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 31 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 32 IPOGLICEMIA O IPERGLICEMIA? QUESTO E’ IL PROBLEMA A. Di Mauro Scuola di Specializzazione in Pediatria. Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” Un neonato di tre giorni, nato a termine da parto spontaneo a 38 settimane di età gestazionale, di peso adeguato all’età gestazionale, alimentato al seno, presenta colorazione itterica e perdita di peso superiore al 10% del peso alla nascita. Per il valore di bilirubinemia capillare (18,6 mg/dL) viene iniziata fototerapia, che viene proseguita per 36 ore. Il neonato si presenta letargico e ipotonico, la suzione è poco valida e presenta qualche episodio di vomito, con peso in ulteriore calo, nonostante infusione e.v. di glucosata. Viene esclusa l’incompatibilità materno-fetale e il deficit di G6PD, nella norma risulta la funzionalità renale, negativi gli indici di flogosi e l’urinocoltura. La valutazione della funzionalità epatica mostra un innalzamento dei valori di aspartato-aminotransferasi e alanina-aminotransferasi con aumento della bilirubina diretta (>20% della bilirubina totale). L’eco-addome evidenzia una lieve epatomegalia senza coinvolgimento dei dotti biliari, con visualizzazione della colecisti. Le feci sono normocoliche. Nonostante l’apporto di liquidi e latte materno, viene evidenziata ipoglicemia, per cui viene integrato l’allattamento al seno con latte formulato. Il controllo della glicemia con glucometro portatile dimostra la presenza di una importante iperglicemia, non confermata dal valore di glucosio evidenziato con emogasanalisi (EGA), che mostra anche un’acidosi metabolica compensata. La contraddizione tra livello di glicemia rilevato dal glucometro portatile e quello riscontrato all’EGA induce il sospetto che siano valutate sostanze differenti. La reazione enzimatica alla base del glucometro portatile non è infatti in grado di distinguere il glucosio da altri tipi di zuccheri. Viene quindi posto il sospetto diagnostico di galattosemia, anche in relazione ai dati della funzionalità epatica. L’alimentazione con latte formulato viene sospesa e sostituita da somministrazione di latte privo di lattosio. Il riscontro, con Clinitest®, di sostanze riducenti nelle urine conferma il sospetto diagnostico, per cui vengono inviati campioni ematici per la valutazione dell’attività della galattosio-1-fosfato uridiltransferasi su eritrociti. La diagnosi di galattosemia viene confermata. La valutazione oculistica esclude la presenza di opacità del cristallino (cataratta nucleare), una delle possibili complicanze precoci della galattosemia. Il controllo della funzionalità epatica dimostra lieve ipoalbuminemia e un prolungato tempo di protrombina, ulteriori indici di iniziale insufficienza epatica. Dopo eliminazione del galattosio dalla dieta, la crescita ponderale riprede e, nel giro di pochi giorni, la funzione epatica si normalizza. Il piccolo viene dimesso con programma di followup a lungo termine per la possibile comparsa di disturbi neurologici dovuti alla produzione endogena di galattosio, nonostante la stretta osservanza di una dieta ben formulata. Attualmente, all’età di 18 mesi, l’accrescimento e la valutazione dello sviluppo psicomotorio evidenziano un livello di sviluppo perfettamente adeguato all’età. Bibliografia - Bryon J. Lauer, Nancy D. Spector. Hyperbilirubinemia in the newborn. Pediatrics in Review. Vol. 32. No.8 August 2011. - Julie D. Newman, C. Andrew Ramsden and Nicholas D.H. Balazs. Monitoring Neonatal Hypoglycemia with the Accu-chek Advantage II Glucose Meter: The Cautionary Tale of Galactosemia. Clinical Chemistry November 2002 vol. 48 no. 11 2071. - Holton JB, Walter JH, Tyfield LA. Galactosemia. In: Metabolic and molecular bases of inherited disease, 8th ed, Scriver CR, Beaudet AL, Sly WS, Valle D (Eds), McGraw-Hill, New York 2001. p.1553. 32 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 33 MALFORMAZIONI ARTERO-VENOSE ED ASCESSI CEREBRALI: OCCHIO ALLA SINDROME NASCOSTA M. Sangerardi, G. Lenato, C. Sabbà, P. Suppressa, P. Giordano. Scuola di Specializzazione in Pediatria. Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” Giunge alla nostra osservazione un ragazzo di 16 anni, dopo una crisi epilettica caratterizzata da morsus, perdita di coscienza e rilascio degli sfinteri, dovuta ad un voluminoso ascesso in regione cerebrale frontale sinistra, trattato con asportazione chirurgica. All’ingresso in reparto presentava buone condizioni cliniche generali, ippocratismo digitale, cianosi delle estremità ed isolate teleangiectasie cutanee evidenti all’esame obiettivo. Dall’anamnesi personale è emerso un riscontro occasionale di malformazione artero-venosa (MAV) polmonare destra, in seguito ad accertamenti radiodiagnostici per episodio febbrile all’età di quattro anni, con conseguente trattamento embolizzante. A sette anni ha manifestato intensa cefalea temporo-parietale destra, pulsante e limitante le normali attività, rivelatasi associata ad ascesso cerebrale settico secondario ad embolia paradossa da ulteriore MAV polmonare, trattata quest’ultima con lobectomia. L’anamnesi rilevava inoltre presenza di epistassi sporadiche di modesta entità sin dall’infanzia e familiarità per epistassi nel ramo materno. Le indagini diagnostico-strumentali da noi eseguite (esami ematochimici, rinoscopia, capillaroscopia, TC torace-addome, angiografia, EGDS, RMN encefalo) hanno individuato teleangiectasie mucose nasali e subpapillari, multiple MAV polmonari ed epatiche, iperplasia nodulare epatica, una piccola MAV cerebellare e gli esiti dei due pregressi ascessi cerebrali. A carico del polmone destro è stata inoltre riscontrata una grossa MAV complessa, a rischio di complicanze cliniche. Tali reperti ci hanno permesso di porre diagnosi certa di Teleangiectasia Emorragica Ereditaria (HHT), secondo i criteri clinici di Curaçao1. L’HHT è una malattia rara a trasmissione AD, legata principalmente a mutazione del gene ENG o ALK12. Nel paziente è stata infatti identificata una mutazione nel gene ALK1. Si è proceduto ad embolizzazione della grossa MAV, al fine di evitare nuove complicanze cerebrali e respiratorie, è stato avviato monitoraggio strumentale periodico e consigliata terapia antitrombolitica in caso di epistassi, antibiotica in caso di procedure invasive, oltre che il proseguo del trattamento antiepilettico in corso. Visto il tipo di ereditarietà ed i dati anamnestici, accertamenti diagnostici sono stati proposti alla madre del nostro paziente che ne ha negato il consenso. La stessa qualche anno dopo ha presentato ictus ischemico secondario a grossa MAV polmonare. L’HHT è una patologia con penetranza età-correlata e notevole eterogeneità clinica; pertanto, in età pediatrica è essenziale riconoscere precocemente la malattia per evitarne le complicanze. Particolare attenzione va riservata al riscontro anamnestico della familiarità per epistassi ricorrenti, il segno più frequente di HHT. Inoltre, l’accertamento di malattia in un paziente dovrebbe indurre ad estendere l’indagine diagnostica e strumentale a tutti i membri della famiglia, anche asintomatici3. Sono in corso studi in merito alle caratteristiche evolutive dell’HHT ed alle tecniche di indagine strumentale più adeguate. Bibliografia 1. Shovlin CL, et al. Diagnostic criteria for hereditary hemorrhagic telangiectasia (Rendu-Osler-Weber Syndrome). Am J Med Gen 2000; 91: 66-7. 2. McDonald J. Hereditary hemorrhagic telangiectasia: an overview of diagnosis, management, and pathogenesis. Genet Med. 2011;13:607-16. 3. Giordano P, et al. Screening for children from families with Rendu-Osler-Weber disease: from geneticist to clinician. J Thromb Haemost 2006; 4: 1237-45. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 33 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 34 MODIFICAZIONI DELL’OSSIGENAZIONE CEREBRALE E SPLANCNICA DURANTE L’ALIMENTAZIONE CONTINUA E CON BOLI NEL NEONATO PRETERMINE B. Battistini, S. Martini, A. Aceti, L. Corvaglia, G. Faldella Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Bologna INTRODUZIONE. Il neonato prematuro presenta particolari esigenze nutrizionali in termini sia quantitativi che qualitativi che lo differenziano dal neonato a termine. La completa maturazione del sistema suzione-deglutizione avviene solitamente intorno alla 34° settimana di età post-concezionale, anche se alcuni neonati possono avere questa capacità già alla 30° settimana. In attesa di tale maturazione l’alimentazione enterale avviene tramite sondino. Il latte può essere somministrato mediante boli ad intervalli prefissati (generalmente ogni 3 ore) con un sistema a caduta, oppure con un’alimentazione gastrica continua (gastroclisi) (1). Non esistono opinioni concordanti in merito alla metodica migliore e maggiormente tollerabile. Pochi studi hanno valutato le modificazioni dell’ossigenazione a livello cerebrale e splancnico durante la somministrazione del pasto (2). La metodica NIRS (near infrared spectroscopy) permette una registrazione non invasiva dell’indice di ossigenazione tissutale (TOI) di vari distretti corporei (3). Scopo dello studio è confrontare il pattern di ossigenazione cerebrale e splancnico in relazione all’ alimentazione intermittente o continua. MATERIALI E METODI. 18 neonati prematuri (EG media 31 settimane) alimentati con sondino orogastrico sono stati sottoposti a registrazione dell’ossigenazione tissutale dei distretti cerebrale e splancnico mediante NIRS per 6 h, durante le quali hanno assunto un pasto a gavage ed uno mediante gastroclisi in 3 h. Sono stati valutati i TOI cerebrale e splancnico e lo CSOR (cerebro-splanchnic oxigenation ratio) registrati per le due metodiche e confrontati mediante Wilcoxon Signed Ranks test (p≤0.05). RISULTATI. Non sono state riscontrate differenze significative nell’ossigenazione cerebrale tra le due modalità di alimentazione. L’ossigenazione splancnica durante il gavage e nel periodo successivo risulta sostanzialmente stabile, mostrando un lieve incremento durante la somministrazione del bolo e nel periodo post-prandiale tardivo probabilmente dovuto alla vasodilatazione splancnica in risposta alla somministrazione enterale dell’alimento. Al contrario, in corso di gastroclisi, dopo una prima fase relativamente costante, nell’intervallo di tempo compreso tra 1 h e 25’ e 2 h e 25’ dall’inizio, il TOI addominale si riduce significativamente. CONCLUSIONI. Allo stato attuale questi sono i primi dati disponibili sul confronto dell’effetto di due diverse modalità di alimentazione del neonato pretermine sull’ossigenazione cerebrale e splancnica. Ulteriori studi sono necessari per comprendere i meccanismi fisiopatologici che potrebbero concorrere nel determinare la riduzione dell’ossigenazione tissutale splancnica durante la gastroclisi. Se confermati tali dati potrebbero assumere un ruolo importante nelle scelte di modalità nutrizionale dei neonati pretermine. Bibliografia 1. Premji S, Chessell L. Continuous nasogastric milk feeding versus intermittent bolus milk feeding for premature infants less than 1500 grams. Cochrane Database Syst Rev 2003; 1. 2. V. Dave, LP Brion, DE Campbell et al. Splanchnic tissue oxygenation, but not brain tissue oxygenation, increases after feeds in stable preterm neonates tolerating full bolus orogastric feeding. J of Perinat (2009) 29; 213-218 3. PM Fortune, M Wagstaff, AJ Petros. Cerebro-splanchnic oxygenation ratio (CSOR) using near infrared spectroscopy may be able to predict splanchnic ischaemia in neonates. Intensive Care Med (2001) 27: 1401-07. 34 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 35 UN CASO DI ALLERGIA ALLE PROTEINE TERMOLABILI DEL LATTE VACCINO E. Calamelli, F. Bellini, G. Ricci, A. Pession Scuola di Specializzazione in Pediatria - Università degli Studi di Bologna L’ Allergia alle Proteine del Latte Vaccino (APLV) è, con l’uovo, la più comune allergia alimentare in età pediatrica con una prevalenza di 0.6-2.5% in età prescolare. Gli allergeni principali del LV sono la caseina, l’alfa-lattoalbumina (termostabili) e la beta-lattoglobulina (termolabile). La caseina è un aggregato di proteine di natura colloidale, responsabile di reazioni nel 65-100% dei soggetti con APLV, mentre l’alfa-lattoalbumina e la beta-lattoglobulina sono proteine sieriche responsabili di reazioni rispettivamente nello 0-80% e nel 13-76% dei casi. Viene descritto il caso di un bambino nato pretermine con APLV diagnosticata a un mese di vita. Il piccolo aveva presentato eruzione cutanea al volto durante l’assunzione di latte materno (madre a dieta libera) che veniva saltuariamente integrato con latte formulato. Presentava inoltre sintomi suggestivi di reflusso gastroesofageo (RGE). Le indagini allergologiche avevano mostrato IgE specifiche (IgEs) per LV 0.15 kU/L (ImmunoCAP 1000, Thermo Fisher Scientific, Italia) e la ph-impedenziometria riduzione dell’indice di reflusso con la somministrazione di latte idrolisato estensivo. Per la mancanza di latte materno, era stata pertanto prescritta dieta con un latte idrolisato estensivo. Il bambino giunge presso l’Ambulatorio di Allergologia Pediatrica all’ età di 6 mesi con diagnosi di APLV e RGE. Durante la visita sono stati eseguiti skin prick-test (SPT) (Lofarma, Milano) risultati negativi per LV, caseina, alfa-lattoalbumina e positivi per beta-lattoglobulina (Ø: 4 mm) e LV fresco (Ø 4 mm). L’end point prick-test (EPT) con LV fresco è risultato positivo fino alla diluizione 1:100 (Ø 2 mm). Gli esami ematochimici hanno mostrato IgEs positive per LV (11.1 kU/L) e beta-lattoglobulina (11.2 kU/L), debolmente positive per caseina (0.49 kU/L) e negative per alfa-lattoalbumina (<0.10 kU/L). Viene proseguita l’esclusione delle PLV e la dieta con latte idrolisato estensivo anche al controllo all’anno di età, per scarsa compliance a eseguire un Test di Provocazione Orale (TPO). Al controllo a 3 anni si riscontrano IgEs per LV 5.21 kU/L, beta-lattoglobulina 10.2 kU/L, alfa-lattoalbumina 0.11 kU/L e caseina 1.17 kU/L. L’ EPT con LV fresco è risultato positivo fino alla diluizione 1:10.000 (Ø 4 mm) e l’ EPT con LV bollito per 10 minuti fino alla diluizione 1:10 (Ø 5 mm). Si decide di tentare il TPO con LV bollito. Durante il TPO il bambino assume gradualmente 100 ml di LV bollito senza reazioni cliniche e viene data indicazione a proseguire l’introduzione del LV a domicilio con la stessa quantità assunta in ambulatorio. Una parte dei bambini con APLV non presenta reazioni cliniche al TPO con LV bollito. La bollitura altera la conformazione delle proteine termolabili, con perdita degli epitopi conformazionali e riduzione dell’allergenicità. Per ragioni etiche non è stato eseguito il TPO con LV fresco pereché l’obiettivo primario era allargare la dieta del bambino. L’EPT eseguito con LV fresco e LV bollito rappresenta una metodica utile per predire l’outcome del TPO. Bibliografia 1. Bellini F, Ricci G, Dondi A, Piccinno V, Angelini F, Pession A. End point prick test: could this new test be used to predict the out come of oral food challenge in children with cow’s milk allergy? Ital J Pediatr 2011;37:52. 2. Mori F, Pucci N, Rossi ME, de Martino M, Azzari C, Novembre E. Oral desensitization to milk: how to choose the starting dose! PAI 2009;21(2 Pt 2):e450-3. 3. Nowak-Wegrzyn A, Bloom KA, Sicherer SH, Shreffler WG, Noone S, Wanich N, Sampson H. Tolerance to extensively heated milk in children with cow’s milk allergy. JACI 2008;122:342-7. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 35 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 36 UN CASO DI CANDIDIASI FAMILIARE F. Barbieri*, C. Gorio*, V. Zattoni*, V. Lougaris°, A. Plebani°., R. Badolato° *Medici Specializzandi in Pediatria, Università degli Studi di Brescia °Clinica Pediatrica, Università degli Studi di Brescia e Laboratorio di Medicina Molecolare Riportiamo il caso clinico di M.M, italiano, negata consanguineità. Seguito presso la Clinica Pediatrica degli Spedali Civili di Brescia dall’età di 2 anni per recidivanti episodi di candidosi orale e perineale, resistenti a terapia antifungina sistemica (fluconazolo). Alla valutazione clinica il bambino si presentava in buone condizioni, con lesioni micotiche al volto e onicomicosi alle mani. Mughetto e cheilite angolare bilaterale. Peso e altezza entro il 50° centile. Sottoposto ad accertamenti immunologici di primo livello (immunoglobuline, risposta anticorpale alle vaccinazioni e sottopopolazioni linfocitarie globuli bianchi 6490/mmc, con linfociti totali 43.3% e una quota di CD4 del 39.7%, IgE totali: 171 KU/L), tutti risultati nella norma. Per la persistenza degli episodi clinici, nel sospetto di una candiasi mucocutanea cronica vengono sequenziati i geni CARD 9, CLEC7A (DECTIN 1) e AIRE che sono risultati privi di mutazioni. M.M: è stato successivamente sottoposto ad ulteriore approfondimento, l’analisi di sequenza dell’intera regione codificante del gene STAT-1, che ha evidenziato la presenza in eterozigosi della variazione c.(847T>A) che determina la sostituzione dell’aminoacido Leucina a Metionina; tale mutazione è stata dimostrata essere la causa di predisposizione alle infezioni funzione, in relazione ad una perdita di funzione della proteina STAT-1 che regola la secrezione di citochine inibitorie da parte dei linfociti Th17. A conferma, la determinazione del numero di cellule Th17 (CD4+, INF-gamma -, IL17+) sulla conta dei CD4+ ha evidenziato una riduzione del numero delle cellule (0.044%) rispetto al controllo sano. L’indagine genetica è poi stata estesa alla madre del paziente, che presentava analoga sintomatologia fin dalla prima infanzia, con riscontro della stessa mutazione. A completamento, il piccolo è stato sottoposto a valutazione dell’autoimmunità da cui è emerso un quadro di ipotiroidismo subclinico non anticorpo mediato con funzione tiroidea conservata; per un progressivo incremento dei valori di TSH, fino a 61.63 mU/L è stata intrapresa terapia ormonale sostitutiva. La Candidiasi Mucocutanea Cronica (CMC) comprende un gruppo di malattie rare con alterata risposta immunitaria specificamente nei confronti della Candida, che sono caratterizzate da infezioni persistenti e/o ricorrenti della cute, delle unghie e delle mucose. La suscettibilità a tali infezioni è correlata a differenti alterazioni geniche, convergenti in un deficit del pathway dell’interleuchina 17: sono inclusi difetti nel segnale (deficit di AIRE), mutazioni del recettore dell’IL-17, mutazioni nel gene dell’interleuchina (IL17A e IL17F); mutazioni in STAT1, che determina una riduzione della produzione di IL17 e mutazioni in CARD 9 e Dectin 1 che non consentono il riconoscimento del patogeno e dunque la produzione dei Th17. Tali scoperte hanno identificato il ruolo dell’interleuchina 17 nella protezione contro le infezioni fungine e possono guidare l’iter terapeutico verso nuovi approcci farmacologici. Bibliografia - F.L. van de Veerdonk, T.S. Plantinga, A. Hoischen, S.P. Smeekens, L.A. Joosten, C. Gilissen et al. STAT1 mutations in autosomal dominant chronic mucocutaneous candidiasis. N Engl J Med, 365 (2011), pp. 54-61. - Mendelian Traits causing susceptibility to mucocuteneous fungal infection in human subects. Karin R. Enghelhardt, Bobo Grimbacherm et al. J of Allergy and Clinical Immunology - Febbraio 2012. 36 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 37 UN’INFEZIONE DA CMV… DIAGNOSI PRIMARIA O INFEZIONE INTERCORRENTE? C. Gorio*, F. Barbieri*, N. Miglietti§, V. Lougaris°, R. Badolato°, A. Plebani° * Medici Specializzandi in Pediatria, Università degli Studi di Brescia § Dirigente medico di primo livello, Spedali Civili di Brescia ° Clinica Pediatrica, Università degli Studi di Brescia e Laboratorio di Medicina Molecolare Riportiamo il caso di A. G., 2 mesi, di origine italiana, con genitori non consanguinei. Dall’anamnesi emergeva un ricovero a 3 settimane di vita per epatomegalia associata ad ittero colestatico; era stata posta diagnosi di infezione da Citomegalovirus (copie: 11307UI/mL) e intrapresa terapia con Vanganciclovir per 6 settimane. La piccola giungeva presso la Clinica Pediatrica degli Spedali Civili di Brescia, per riscontro radiografico di broncopolmonite destra. All’ingresso presentava condizioni generali mediocri, aspetto distrofico. Cute sollevabile in pliche. Ittero cutaneo e sclerale. Al torace MV aspro. Addome protrudente, marcatamente globoso, trattabile, fegato e milza palpabili al di sotto della linea ombelicale trasversa, di consistenza dura e margine netto. Ipotonia distale (> arti superiori). L’accrescimento staturo-ponderale risultava al di sotto del 3°centile. Gli esami ematochimici mostravano livelli elevati di transaminasi (aspartatotransaminasi 196 mU/ml; transaminasi glutamicopiruvica 85 mU/ml), un quadro di epatopatia colestatica (bilirubina totale 2,83 mg/dl con forma diretta 1,99 mg/dl; fosfatasi alcalina 235 mU/ml, γGT 395 mU/ml); valori di alfa-fetoproteina di 30.4 UI/mL; LDH di 464 mU/ml. La sierologia per CMV era indicativa di infezione recente. Nel sospetto di malattia da accumulo veniva eseguito uno striscio periferico, con riscontro di alcuni linfociti con vacuolizzazioni citoplasmatiche e veniva eseguito dosaggio di enzimi lisosomiali su spot (chitotriosidasi 2073 nM/h/ml). L’ecografia addominale mostrava un aumento volumetrico di fegato e milza, a struttura parenchimale conservata. La paziente veniva pertanto trasferita presso il Centro per le Malattie Rare dell’infanzia dell’Ospedale San Gerardo di Monza, nel sospetto di lipidosi. È stata posta diagnosi di malattia di Niemann-Pick di tipo C ed intrapresa terapia con Miglustat, un farmaco orfano che riduce la sintesi di glicosfingolipidi a livello del sistema nervoso cerebrale, a 100 mg/die. In letteratura è dimostrato un rallentamento del deterioramento neurologico in seguito ad assunzione di questo farmaco, tanto maggiore quanto più precocemente si intraprende la terapia. Resta da valutare l’outcome di A.G., con adeguato follow-up. La malattia di Niemann-Pick di tipo C è una lipidosi lisosomiale complessa, a trasmissione autosomica recessiva, con mutazioni a carico del gene NPC1 e NPC2, localizzati rispettivamente sul cromosoma 18q e 14q, che causano anomalie del trasporto intracellulare del colesterolo esogeno. La prevalenza è di 1/130000. E’ caratterizzata da epatosplenomegalia e disturbi neurologici progressivi. La sintomatologia e l'età di insorgenza sono variabili; per i casi a insorgenza neonatale, si riscontra ittero colestatico prolungato, in genere autolimitantesi, ma con possibile sviluppo di grave insufficienza epatica terminale. Nella forma ad esordio precoce si sviluppano ipotonia e ritardo motorio, entro i 2 anni. In caso di insorgenza durante l'infanzia una splenomegalia isolata può precedere di lungo tempo i sintomi neurologici. Bibliografia - Mol Genet Metab. 2012 Jul;106(3):330-44. doi: 10.1016/j.ymgme.2012.03.012. Epub 2012 May 8.Recommendations for the diagnosis and management of Niemann-Pick disease type C: an update. Patterson MC, Hendriksz CJ, Walterfang M, Sedel F, Vanier MT, Wijburg F; NP-C Guidelines Working Group. - Pediatr Neurol. 2012 Jul ;47 (1):40-3 22704015. Early miglustat therapy in infantile Niemann-pick disease type C. Maja Di Rocco, Andrea Dardis, Annalisa Madeo, Rita Barone, Agata Fiumara. Unit of Rare Diseases, Department of Pediatrics, Gaslini Institute, Genoa, Italy. - J Med Case Rep. 2012 Nov 12;6(1):383. doi: 10.1186/1752-1947-6-383. Use of miglustat in a child with late-infantile-onset Niemann-Pick disease type C and frequent seizures: a case report. Skorpen J, Helland IB, Tennøe B. SourceDepartment of Paediatric Medicine, Ålesund Hospital, Child Habilitation Unit, N-6026, Ålesund, Norway. [email protected]. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 37 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 38 UNA MANO “RIVELATRICE” E. Coni1, G. Ottonello2, G. Crisponi2, V. Fanos2 Scuola di Specializzazione in Pediatria. Università degli Studi di Cagliari 2 Nido, Puericultura e Terapia Intensiva Neonatale. Azienda Ospedali Universitaria Cagliari 1 INTRODUZIONE. La Sindrome di Crisponi (SC) è una grave patologia a carattere autosomico recessivo descritta per la prima volta in Sardegna nel 1996; sono stati descritti pochissimi casi in tutto il mondo, la maggior parte dei quali in Sardegna. Sono state fin’ora identificate due mutazioni, entrambe a carico del gene CRLF 1 (regione cromosomica 19p13.11 e 19p12), che possono essere presenti in omozigosi o in eterozigosi; questo gene è coinvolto anche nella Cold-Induced Sweating Syndrome, con la quale la Sindrome di Crisponi presenta un overlap fenotipico. La malattia è evidente sin dalla nascita con contratture tetaniformi della muscolatura oro-buccale, difficoltà di suzione e di deglutizione, abbondante salivazione, episodi di febbre continua-remittente, con picchi di ipertermia (>42°C) non responsiva agli agenti antipiretici e crisi di apnea. Questi bambini presentano inoltre anomalie fenotipiche caratteristiche, quali viso paffuto paffuto, narici antiverse, camptodattilia non associata ad altre malformazioni osteo-articolari e talvolta micrognatia. L’evoluzione clinica è generalmente fatale, con exitus nelle prime settimane di vita, in coincidenza dei picchi febbrili o delle crisi di apnea. Dei 30 casi descritti in Sardegna, attualmente solo 6 sono ancora viventi. Nei bambini che sopravvivono si assiste ad una progressiva regressione dei disturbi distonici, sviluppo di cifoscoliosi e sudorazione paradossa, maggiormente evidente nei mesi invernali. CASE REPORT. E.T. nasce alla 36w di EG, PN 2.980 Kg; viene ricoverata a poche ore di vita per episodi di trisma, abbondante salivazione e crisi di desaturazione. Alla 20^ settimana di gravidanza, in seguito al riscontro di camptodattilia isolata bilaterale (“segno delle corna”), viene avanzato il sospetto diagnostico di SC. Al momento del ricovero la bambina presenta il fenotipo caratteristico della sindrome e in particolare una camptodattilia isolata delle mani. L’analisi genetica evidenzia la presenza della mutazione del gene CRLF 1 in eterozigosi. CONCLUSIONI. La camptodattilia delle mani è una alterazione morfologica che può essere documentata con relativa facilità durante il 2° trimestre di gravidanza; il riscontro di questa malformazione “isolata” potrebbe rappresentare un “marker ecografico” di SC, permettendo la diagnosi in epoca prenatale. Bibliografia 1. Crisponi G. Autosomal recessive disorder with muscle contractions resembling neonatal tetanus, characteristic face, camptodactyly, hyperthermia, and sudden death: a new syndrome? Am J Med Genet 1996;62:365-71. 2. Crisponi L, Crisponi G, Meloni A et al. Crisponi Syndrome is Caused by Mutations in the CRLF1 Gene and is Allelic to Cold-Induced Sweating Syndrome. Am J Hum Genet 2007;80:971-81. 3. Dessì A, Fanos V, Crisponi G, Frau A, Ottonello G. Isolated “sign of the horns”: a simple, pathognomonic, prenatal sonographic marker of Crisponi Syndrome. J Obstet Gynaecol Res. 2012 Mar; 38(3):582-5. 38 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 39 DAVIDE, UNA NUOVA-VECCHIA STORIA M. Ligas1, R. Galanello2, F. Cossu3 Scuola di Specializzazione di Pediatria. Università degli studi di Cagliari 2 Direttore della Scuola di Specializzazione di Pediatria di Cagliari 3 Centro Trapianti Midollo Osseo. Università degli Studi di Cagliari, Ospedale Microcitemico ASL 8 1 La Sindrome di Hoyeraal-Hreidarsson X-Linked (XL-HHS) è la variante severa infantile della discheratosi congenita. La malattia è caratterizzata da ritardo di crescita prenatale, progressiva aplasia midollare, ipoplasia del cervelletto con microcefalia, ritardo psicomotorio e una immunodeficienza severa con un quadro di SCID T+, B- NK-. Il gene responsabile è il DKC1 mappato in Xq28, codificante per la proteina discherina. Il DKC1 e la discherina, sono altamente conservati nell'evoluzione ed associati con una classe di piccoli RNA nucleari coinvolti nella pseudo-uridilazione di specifici residui di RNA ribosomiale, uno step essenziale per la biogenesi dei ribosomi. La discherina è associata anche con il componente RNA della telomerasi (hTR). La telomerasi è un enzima complesso, importante nel mantenimento delle estremità (telomeri) dei cromosomi. Altre cause genetiche della Sindrome di Hoyeraal-Hreidarsson sono: una forma autosomica recessiva con mutazione del gene TERT (Telomerase Reverse Transcriptase),componente della telomerasi; una forma autosomica dominante con mutazione del gene TINF2 (TRF1-interacting nuclear protein 2), uno dei componenti del complesso shelterina associato alle estremità dei cromosomi, che salvaguarda l'integrità dei telomeri; una forma autosomica dominante con mutazione del gene DCLRE1B, gene che codifica per Apollo, un fattore di riparazione del DNA che interagisce con il complesso shelterina. Davide viene inviato presso il nostro reparto per arresto di crescita e ritardo dello sviluppo psicomotorio, vengono riferiti inoltre microcefalia, candidiasi del cavo orale, diarrea cronica e infezioni ricorrenti. Viene ricoverato con un quadro di polmonite bilaterale da Pneumocystis Jiroveci e inizia una terapia con trimetoprim-sulfametossazolo ad alte dosi, con guarigione. Vengono eseguiti esami di routine che evidenziano anemia, trombocitopenia, ipoplasia del midollo osseo, agammaglobulinemia, conta linfocitaria con un quadro di SCID T+, B- NK- e RM encefalo con marcata ipoplasia del cervelletto. Viene ricercato il difetto genetico che viene identificato con una mutazione mai descritta del gene DKC1 exon 3 T113 C Ile 38 Thr con diagnosi di Sindrome di Hoyeraal Hreidarsson. Viene effettuato il trapianto di midollo osseo dalla sorella HLA identica con condizionamento non mieloablativo a bassa tossicità. Dopo un anno dal trapianto i parametri ematologici e immunologici del bambino risultano nella norma, ma si sviluppano diarrea cronica e stenosi esofagea per la quale il bambino effettua numerose dilatazioni chirurgiche dell’esofago e infine una gastrostomia. Con il passare degli anni si sono sviluppati danni legati al difetto delle telomerasi con invecchiamento precoce che ha portato alla morte del bambino all’età di dieci anni. Il trapianto di midollo osseo è stato quindi cruciale per l’aplasia e per la SCID, ma non ha corretto il difetto molecolare della telomerasi. Bibliografia 1. F. Cossu et al. A novel DKC1 mutation, severe combined immunodeficiency (T+B–NK– SCID) and bone marrow transplantation in an infant with Hoyeraal–Hreidarsson syndrome. British Journal of Haematology, 2002. 2. Yves Sznajer et al. Further delineation of the congenital form of X-linked dyskeratosis congenita (Hoyeraal-Hreidarsson syndrome). Eur J Pediatr (2003). 3. Fabien Touzot et al., Function of Apollo (SNM1B) at telomere highlighted by a splice variant identified in a patient withHoyeraal–Hreidarsson syndrome. PNAS | June 1, 2010. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 39 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 40 MYCOPLASMA PNEUMONIAE E ASCESSO POLMONARE M. La Rosa, S. Leonardi, A. Lanzafame, S. Cutello, R. Pecoraro, A. Coco Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Catania L’infezione da Mycoplasma Pneumoniae è una delle principali cause responsabili delle polmoniti acquisite in comunità in età infantile. Il decorso clinico è generalmente autolimitante e rare sono le complicanze polmonari riportate in letteratura. Descriviamo il caso di Vincenzo, un ragazzo di 10 anni che giunge alla nostra osservazione poiché da 15 giorni presenta tosse e febbre elevata. Condotto dal pediatra curante Vincenzo viene trattato con Amoxicillina per via orale ma per il persistere della sintomatologia viene condotto presso il Pronto soccorso dell’Ospedale più vicino dove esegue una radiografia del torace che mette in evidenza un addensamento in regione ilare e para-ilare destra. Per il sospetto di una polmonite batterica il piccolo viene trattato con Ceftriaxone per via intramuscolo senza mostrare tuttavia alcuna risoluzione. Viene eseguita così una TC torace che rileva la presenza di una cavità aerea nel contesto del parenchima polmonare atelectasico confermando la presenza di un ascesso polmonare. Vincenzo viene sottoposto ad esami ematochimici e l’elevato titolo anticorpale e delle emoagglutinine a frigore confermano l’infezione da Mycoplasma pneumoniae. Inizia pertanto terapia con claritromicina con conseguente rapida risoluzione del quadro clinico ed un più lento miglioramento del quadro radiologico che si risolve invece a distanza di settimane dopo l’inizio del trattamento. L’ascesso polmonare in età pediatrica è una grave complicanza delle polmoniti batteriche causate principalmente dallo Streptococco pneumoniae e solo tre casi sono stati descritti in letteratura come complicanza di un’infezione da Mycoplasma pneumoniae. La descrizione del nostro caso vuole sottolineare che, seppur considerate rare, le complicanze dell’infezione da Mycoplasma pneumoniae devono essere sospettate e la ricerca di tale batterio deve essere presa in considerazione al fine di formulare una diagnosi precoce ed un trattamento farmacologico mirato e tempestivo. Bibliografia 1. Vervloet LA, Marguet C and Camargos PAM. Infection by Mycoplasma Pneumoniae and its importance as an etiological agent in childhood community-acquired pneumonias. Braz J Infect Dis. 2007;11(5):507-14. 2. Leonardi S, Del Giudice MM, Spicuzza L et al. Lung abscess in a child with Mycoplasma Pneumoniae infection. Eur J Pediatr. 2010;169(11):1413-5. 3. Micheau P, Llanas C, Rancé F et al. Lung abscess due to Mycoplasma pneumoniae in an adolescent. Arch Pediatr. 2002;9(6):606-9. 40 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 41 DESCRIZIONE DI UN CASO CLINICO DI MALATTIA DI KAWASAKI REFRATTARIO ALLA TERAPIA M. La Rosa, G. Gravina, L. Schiavone, A. Coco, A. Praticò, G. Parisi Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Catania Un lattante di 3 mesi, maschio, di razza caucasica, è giunto alla nostra osservazione dopo 24 ore di febbre (T massima 39,5°C) non responsiva a paracetamolo e irritabilità. Al ricovero, le condizioni generali erano mediocri, temperatura 37.7°C, colorito roseo senza segni di disidratazione, faringe iperemico. Al torace respiro aspro diffuso. Cuore, addome ed esame neurologico nella norma. Gli esami di laboratorio mostravano anemia normocitica (Hb 9 g/dL, GR 3.180.000/mm3, MCV 80 fl), leucocitosi neutrofila (GB 28.300/mm3, N 69) e conta piastrinica lievemente aumentata (404.000/mmc). I livelli di Proteina C-reattiva erano elevati e γ-GT, bilirubina, albumina plasmatica e proteine totali alterati. Transaminasi nella norma. La radiografia del torace mostrava aree sfumate di ipo-diafania in sede ilare sinistra ed intercleido-ilare con rinforzo diffuso nel disegno polmonare e seni costo-frenici liberi. L’ombra cardiaca era nei limiti massimi. L’ecografia dell’addome rivelò una lieve epatosplenomegalia e un modesto versamento peritoneale peri-splenico e peri-epatico. L’ecocardiografia risultava nei limiti della norma. L’esame otorinolaringoiatrico evidenziò iperemia e retrazione bilaterale delle membrane timpaniche e un piccolo edema delle corde vocali. Fu iniziata per tale terapia antibiotica per via endovena ma, per il persistere della sintomatologia, nel sospetto di malattia di Kawasaki, fu somministrata la prima dose di immunoglobuline endovena. Dopo 36 ore comparve un rash cutaneo generalizzato, congiuntivite ed edema di mani e piedi; dopo 12 ore comparvero fissurazioni a carico delle labbra ed idrocele. A 48 ore l’ecocardiografia mostrava una dilatazione a carico delle coronarie destra e sinistra con moderata iper-ecogenicità della parete e un lieve versamento pericardico. Per tal motivo veniva somministrata una seconda dose di immunoglobuline con mancata risposta clinica, quindi eseguiva aspirato midollare risultato nella norma e venivano somministrati 3 boli di Metilprednisolone e.v. ed Aspirina ad alte dosi. Gli esami di laboratorio mostrarono un peggioramento della trombocitosi (da 700.000/mm3 a 1.450.000/mm3), e la persistenza della leucocitosi neutrofila con anemia e reticolocitosi. La PCR rimase elevata e veniva riscontrata una marcata elevazione dei livelli di transaminasi. I valori di laboratorio tornarono alla normalità nei giorni successivi, eccetto la trombocitosi. Al 15° giorno iniziò una desquamazione peri-ungueale che si protrasse per una settimana. La febbre cessò per lisi dopo circa 19 giorni dalla Diagnosi. Durante la degenza, il paziente eseguì una terapia reidratante infusionale, correzioni di Albumina e.v., terapia antibiotica, cortisonica e ferro per os. A un mese dalla diagnosi, l’ectasia e la dilatazione delle coronarie di destra furono ancora rilevanti. Il paziente venne dimesso in buone condizioni generali in terapia con Aspirina ad alte dosi, successivamente ridotta a dosi anti-aggreganti, Prednisone, Ranitidina e Ferro per os, e Clopidogrel (1g/Kg/die) per alto grado di dilatazione coronarica. Bibliografia - Cabral M, Correia P, Brito MJ, Conde M, Carreiro H. Kawasaki disease in a young infant: diagnostic challenges. Acta Reumatol Port. 2011 Jul-Sep;36(3):304-8. - Marchesi A, Pongiglione G, Rimini A, et al. Malattia di Kawasaki: Linee Guida italiane. Prospettive in Pediatria. 2008;38:266-83. - Kobayashi T, Inoue Y, Takeuchi K, Okada Y, Tamura K, Tomomasa T, et al.Prediction of intravenous immunoglobulin unresponsiveness in patients with Kawasaki disease. Circulation. 2006;113:2606-12. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 41 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 42 CHI RICORDA LO SCORBUTO? M. Aloe°, V. Talarico°, G. Raiola* ° Pediatria Universitaria, Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro * U.O.C. Pediatria, Azienda Ospedaliera “Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro A.M., bambino di 3 anni, giungeva alla nostra osservazione per gengivo-stomatite, febbre e dolori diffusi, più spiccati agli arti inferiori. Esame obiettivo all’ingresso: condizioni generali sofferenti, oppositivo alla visita, lamenta dolori diffusi alle gambe che si accentuano alla palpazione con gonalgia sinistra imponente. Atteggiamento antalgico delle gambe, in flessione; ipertrofia gengivale con tendenza al sanguinamento spontaneo, lesioni bollose della mucosa orale a contenuto ematico. Sulla cute degli arti inferiori petecchie ed ecchimosi diffusi. A livello del ginocchio di destra cicatrice in non completa fase di guarigione, da pregresso trauma. Muscoli di tono e trofismo ridotto. Inoltre scarsa accrescimento staturo-ponderale. Veniva quindi eseguita Rx arti inferiori che evidenziava: “linee di demarcazione metafisarie delle tibie distalmente più sclerotiche che di norma, finemente irregolari con aspetto tendenzialmente “a becco”. Stesso aspetto anche a livello delle metafisi distali dei femori”. La presenza petecchie ed ecchimosi, ipertrofia gengivale sanguinante, il dolore a carico degli arti superiori e inferiori con difficoltà alla deambulazione ed il caratteristico aspetto radiologico, insieme al dato anamnestico di una dieta completamente priva in frutta e vegetali, facevano porre il sospetto di scorbuto. Veniva quindi intrapresa terapia con Cebion 300 mg al dì e in breve si assisteva a un drammatico miglioramento delle condizioni generali, con netta riduzione dei dolori osteo-articolari, riguadagnata capacità di estensione delle gambe e normalizzazione delle gengive con scomparsa del sanguinamento, progressiva guarigione della cicatrice. CONCLUSIONI. Sebbene attualmente lo scorbuto sia una patologia non comune, rappresenta una condizione potenzialmente fatale: se non diagnosticato può determinare sincope ed ipotensione, importante condizione di shock con danno delle cellule miocardiche fino al decesso. Bibliografia 1. N P. Rosati, R. Boldrini, R. Devito et al., “A child with painful leg”. The Lancet, vol. 365, no. 9468, p. 1438, 2005. 2. Kumaravel Rajakumar. Infantile Scurvy: A historical perspective. Pediatrics 2001; 108; e76. 3. Ghedira Besbes L, Haddad S, Ben Meriem C, Golli M, Najjar MF, Guediche MN. Infantile scurvy: two case reports. 42 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 43 CONDRODISPLASIA METAFISARIA TIPO SCHMID: DESCRIZIONE DI UN CASO CLINICO S. Spagnolo, I. Mascaro, M. Montesani, F. Ceravolo, E. Pascale, A. Nicoletti, M. Grisolia, D. Concolino Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro R.F. giunta alla nostra osservazione all’età di 18 mesi per la presenza di varismo agli arti inferiori. Gentilizio positivo per trait β talassemico (padre) Terzogenita di genitori non consanguinei nata a termine da gravidanza normocondotta e parto eutocico. P.N.: 3,680 Kg. L.N.: 50 cm. Eventi perinatali riferiti nella norma. Allattamento materno dalla nascita fino al 5° mese di vita. Divezzamento al 5° mese di vita Profilassi con Vitamina D fino all’età di 3 mesi. Sviluppo psico-motorio riferito nella norma con raggiungimento della deambulazione autonoma all’età di 13 mesi. Viene riferita progressiva deformità agli arti inferiori e cadute frequenti. Esame Obiettivo: P: 12,160 Kg (75°-90°pc); L: 80cm (25°-50°pc); P/L: 95°pc. C.C: 47,5cm (50°-75°pc); F.A.: 3x2 cm. Buone condizioni cliniche generali. Nulla di patologico a carico di organi ed apparati esplorati. Si segnalano: Fontanella anteriore ampia.Tibie vare intraruotate con curvatura progressiva diafisaria (a dire dei genitori è peggiorata dall’inizio del carico). DIC (distanza intercondiloidea) 3,5 cm da supina; 3 cm in carico. Abduzione ampia e simmetrica delle anche; valgismo di compenso dei piedi. Braccialetto rachitico. Assenza di craniotabe e rosario rachitico. Buono il tono muscolare. Le indagini effettuate mostravano emocromo, indici di funzionalità epatica, renale, nutrizionali ed elettroliti: nei limiti per età; Fosfatasi Alcalina: 668 U/L (140-200); LDH: 568 U/L (150-500); Vit. D: 5,5 ng/ml (<15 Deficit); PTH: 553 pg/ml (12-60).Screening celiachia negativo. Gli Rx mano-polso-Rx bacino ed arti inferiori evidenziano slargamento delle epifisi distali di radio, ulna e del femore bilateralmente. Presenza nelle zone di calcificazione provvisoria di alterazioni a coppa ed irregolarità dell’osso. Le caratteristiche cliniche e radiografiche, gli esami di laboratorio effettuati ci indirizzavano verso un difetto di mineralizzazione ossea da probabile carenza di vitamina D(rachitismo). E’ stata pertanto iniziata terapia con Vitamina D: 10.000 UI/die per 10gg; poi 2.000 UI/die per os. Dopo 1 settimana dall’inizio della terapia si assisteva alla progressiva normalizzazione dei livelli di Vitamina D e riduzione del PTH con completa normalizzazione entro 1 mese. Tuttavia all’età di 21 mesi dopo trattamento farmacologico e correzione dei valori laboratoristici, la piccola presentava all’Rx arti inferiori slargamento con irregolarità diafisaria a carico di femore, tibia prossimale e distale. L’Rx polso confermava analogo quadro. Clinicamente si assisteva ad accentuazione del varismo con DIC: 7,5 cm. Alla luce del quadro clinico e delle caratteristiche radiografiche, si poneva diagnosi di Condrodisplasia Metafisaria tipo Schmid; una displasia pseudo-rachitica delle metafisi delle ossa lunghe, causata dalle mutazioni del gene COL10A1 (6q21-q22), che codifica per la catena alfa1 del collagene X e presenta caratteristiche simili al rachitismo carenziale. Visto il quadro clinico laboratoristico tale condizione è da riferirsi ad un quadro di rachitismo carenziale in paziente con osteocondrodisplasia. Bibliografia 1. Ladhani S, Srinivasan L, Buchanan C, Allgrove J, Presentation of vitamin D deficiency, Arch Dis Child 2004; 89(8): 781-4. 2. Michael F. Holick, Vitamin D Deficiency. N Engl J Med 2007;357:266-81. 3. Canepa. Sindromi dismorfiche e mlattie costituzionli dello scheletro. Piccin Ed. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 43 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 44 INFEZIONE DA BARTONELLA HENSELAE E TIROIDITE AUTOIMMUNE: UN CASO CLINICO R.M. Chiuri, C. Di Giulio, C. D’Egidio Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di di Chieti Bartonella Henselae è stata identificata circa un quarto di secolo fa, come l’agente eziologico della malattia da graffio di gatto. Recentemente, tale batterio è stato descritto essere responsabile di una vasta gamma di sindromi cliniche (febbre persistente, affezioni epato-spleniche, encefalopatie, malattie oculari) ed è stato associato a patologie autoimmuni, in particolare, anemia emolitica, porpora trombocitopenica, artrite reumatoide giovanile, lupus eritematoso sistemico , glomerulonefrite, sindrome di Guillain-Barrè. Segnaliamo per la prima volta un caso di tiroidite autoimmune associato a infezione da Bertonella Henselae. Giunge alla nostra osservazione un bambino di 11 anni, con gozzo e perdita di peso. Gli esami di laboratorio mostravano un aumento degli ormoni tiroidei, soppressione del TSH e significativo aumento dei titoli anticorpali anti-tireoglobulina, anti-tireoperossidasi e anti-recettore del TSH (minore entità). All'esame clinico eseguito al ricovero si evidenziava presenza di linfoadenopatia sovraclaveare destra con linfonodo palpabile di circa 2x1 cm e presenza di papula eritematosa singola del collo in sede omolaterale. Gli esami sierologici evidenziavano un aumento del titolo anticorpale per Bartonella Henselae (IgG). I dati laboratoristici e clinici configuravano un quadro di Hashitossicosi in concomitante malattia da graffio di gatto. E’ stata intrapresa terapia con tapazole (10 mg/die) e terapia antibiotica con claritromicina (15 mg /kg/die). Nel successivo follow-up, abbiamo documentato una graduale normalizzazione degli ormoni tiroidei e una regressione della linfoadenopatia e della lesione del collo, in due settimane. Diversi tipi di infezioni sono implicati nella patogenesi delle malattie autoimmuni della tiroide attraverso meccanismi di mimetismo molecolare o altri meccanismi, nonostante il loro ruolo sia ancora da definire con chiarezza. La risposta immunitaria all’infezione da Bartonella Henselae sembra fungere da trigger per lo sviluppo di malattie autoimmuni. Abbiamo ipotizziamo che anche la tiroidite autoimmune potrebbe essere aggiunta allo spettro di sindromi cliniche associate ad infezione da Bartonella Henselae. Bibliografia 1. Florin AT, Zaoutis TE, Zaoutus LB Beyond cat scratch disease: Widening spectrum of Bartonella henselae infection. Pediatrics 2008;121:1413-1425. 2. Tsukahara M, Tsuneoka H, Tateishi H, Fujita K, Uchida M. Bartonella infection associated with systemic juvenile rheumatoid arthritis. Clin Infect Dis 2001;32:22-23. 3. Massei F, Gori L, Taddeucci G, Macchia P, Maggiore G. Bartonella henselae infection associated with Guillain-Barre syndrome. Pediatr Infect Dis J 2006;25:90-91. 44 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 45 EPILESSIA E SCLEROSI TUBEROSA: NUOVA MUTAZIONE DEL GENE TSC1 C. D’Egidio, R.M. Chiuri, C. Di Giulio, S. Matricardi Scuola di Specializaazione in Pediatria, Università degli Studi di Chieti Giungeva alla nostra osservazione una bambina di 21 mesi per la comparsa di episodi critici della durata di circa 15-20 secondi, caratterizzati da cianosi del volto associata a irrigidimento e flessione del tronco, flessione sia del capo che degli arti superiori ed inferiori. All’esame obiettivo si segnalavano macchie cutanee ipomelanotiche (13 elementi). Durante la degenza la piccola ha continuato a presentare episodi simili quotidiani (3-4 episodi al giorno). Anamnesi patologica remota: rabdomiomatosi multipla cardiaca diagnosticata all'ecografia fetale alla 33° settimana di gestazione e confermata dalla risonanza magnetica fetale. Successivi controlli ecocardiografici che hanno confermato la presenza di rabdomiomi multipli cardiaci. Chiazza ipocromica congenita disomogenea in regione malleolare arto inferiore destro. Il quadro sembrava suggestivo di Sclerosi Tuberosa pertanto è stata effettuata una iniziale analisi genetica che non evidenziava la presenza di una delezione o duplicazione dei geni TSC1 e TSC2, ma non escludeva la presenza di mutazioni puntiformi dei geni TSC1 e TSC2; pertanto è stata effettuata ulteriore valutazione genetica che al momento del ricovero non era disponibile. Per una migliore definizione della semeiologia delle crisi è stato eseguita una registrazione protratta con video-EEG che ha permesso una registrazione di crisi con contemporanea evidenza di scariche parossistiche a partenza focale con successiva generalizzazione. Pertanto, è stata intrapresa terapia con topiramato, farmaco di prima scelta in questo tipo di crisi epilettica. Per escludere la presenza di alterazioni del parenchima cerebrale è stata eseguita una RM-encefalo che ha evidenziato zone di aumentato segnale, compatibili con tuberi cortico-sottocorticali. L'analisi genetica ha evidenziato la presenza di mutazione puntiforme in eterozigosi del gene TSC1. Si tratta di una delezione di un nucleotide (timina), nell'esone 14 di TSC1 che altera il registro di lettura del 463° codone per la leucina, che diventa un segnale di stop alla traduzione dell' mRNA in proteina. La variazione di sequenza trovata, sinora non ancora descritta, ha un ruolo patogenetico certo, in quanto inibisce l’espressione di una amartina funzionale. Bibliografia - Cortical tubers, cognition, and epilepsy in tuberous sclerosis. Kassiri J, Snyder TJ, Bhargava R, Wheatley BM, Sinclair DB. Pediatr Neurol. 2011. - Management of epilepsy associated with tuberous sclerosis complex (TSC): clinical recommendations. Curatolo P, Jóźwiak S, Nabbout R; TSC Consensus Meeting for SEGA and Epilepsy Management. Eur J Paediatr Neurol. 2012 Nov;16(6):582-6. - Genetic analysis of tuberous-sclerosis genes 1 and 2 in nonlesional focal epilepsy. Schönberger A, Gembe E, Grote A, Witt JA, Elger CE, Bien CG, Urbach H, Becker AJ, Niehusmann P. Epilepsy Behav. 2011 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 45 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 46 EPILESSIA NELLA PRIMA INFANZIA. IL CASO DI UNA LATTANTE CANDIDATA ALLA CHIRURGIA PRECOCE S. Ciccone, R. Faggioli Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Ferrara CASO CLINICO. E, perinatalità non significativa, a 3 mesi e mezzo, presenta la comparsa di episodi pluriquotidiani caratterizzati da perdita di contatto, estensione dell’arto superiore sin, deviazione del capo a dx con sguardo verso l’alto, movimenti oro-buccali, di durata variabile da 30’’ a 1’, in assenza di postcritico. EO e EON normali, così come gli esami ematici eseguiti, inclusi quelli metabolici. L’EEG rivela gravi anomalie parossistiche prevalenti a dx. La RM cerebrale mostra una malformazione complessa del lobo temporale dx (ridotta girazione, displasia corticale focale, eterotopia della sostanza grigia). Iniziata terapia con CBZ, si assiste a riduzione degli episodi critici da 10/die a circa 1/die e scomparsa dell’irritabilità segnalata dai genitori nell’ultima settimana. Il caso di E è stato discusso con i Chirurghi dell’epilessia che hanno programmato resezione della regione interessata, da eseguire attorno ai 9 mesi di vita. DISCUSSIONE. La convulsività nella prima infanzia, risulta più spesso sintomatica e farmacoresistente rispetto alle altre epoche della vita. In questa fascia d’età, in particolare nel lattante, la semeiologia degli episodi può risultare altamente aspecifica; gli eventi critici possono presentarsi infatti come fenomeni clinici stereotipati o come automatismi semplici, soprattutto oroalimentari. Il ruolo del neuroimagig nell’identificazione della lesionalità dell’epilessia rappresenta oggi un punto di partenza irrinunciabile per individuare gli eventuali pazienti candidati all’intervento chirurgico che può essere anche precoce per preservare lo sviluppo delle funzioni cognitive e comportamentali nei pazienti più piccoli. 46 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 47 LINFADENITE TUBERCOLARE SEGUITA DALL’INSORGENZA DI ARTERITE DI TAKAYASU: DESCRIZIONE DI UN CASO CLINICO IN UN’ADOLESCENTE A. Marino, T. Giani, G. Vannucci, G. Simonini, I. Pagnini, R. Cimaz Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Firenze L'arterite di Takayasu è una vasculite che colpisce l'aorta e i suoi principali rami. La patologia interessa prevalentemente donne di giovane età, l’eziopatogenesi non e' del tutto chiara, sebbene l’immunità cellulo-mediata sembri svolgere un ruolo importante nel provocare il danno vascolare. Descriviamo il caso di una ragazza di 16 anni di origine algerina, che presenta inizialmente una persistente tumefazione sotto-angolomandibolare destra. Le indagini infettivologiche, intradermoreazione di Mantoux, Quantiferon e agoaspirato linfonodale con coltura, permettono di porre diagnosi di linfadenite tubercolare e intraprendere quindi una terapia con isoniazide, rifampicina, etambutolo e pirazinamide. Nei mesi seguenti la ragazza va incontro a calo ponderale, astenia, claudicatio intermittens a carico degli arti inferiori e dolore addominale post-prandiale, inoltre presenta edema duro a gambe e piedi. All'esame obbiettivo si riscontrano condizioni generali mediocri, colorito pallido, linfadenopatia sotto-angolomandibolare destra, epato-splenomegalia, edema a calzare bilaterale, polsi pedidei iposfigmici, soffio olosistolico apprezzabile in sede sottombelicale. La pressione arteriosa agli arti superiori è di 110/68 mm Hg. Gli esami ematici mostrano un netto incremento della VES (120 mm/h) e anemia microcitica (Hb 9,6 g/L). Un’ ecografia dell'addome rivela un ispessimento omogeneo delle pareti dell'aorta addominale, il cui lume si riduce progressivamente in senso craniocaudale. All'angio-risonanza in prossimità dei vasi renali si osserva un progressivo ispessimento parietale e un restringimento del lume vascolare che da 11 mm passa a 4 mm al di sopra della biforcazione dei vasi iliaci. Viene posta la diagnosi di arterite di Takayasu ed in associazione alla terapia anti-tubercolare, viene intrapresa la somministrazione di steroidi. Tuttavia per il miglioramento solo parziale vengono aggiunte infusioni mensili di ciclofosfamide. Dopo 6 mesi di terapia gli indici di flogosi si sono normalizzati, la sintomatologia da ipoperfusione addominale è risolta, quella agli arti inferiori fortemente attenuata, e il controllo strumentale con risonanza mostra un lieve miglioramento dei reperti iniziali. Il coinvolgimento della tubercolosi nell’eziopatogenesi della vasculite di Takayasu è stato ipotizzato da molti anni. La prevalente distribuzione di questa vasculite nei paesi in via di sviluppo dove la tubercolosi è endemica ha indotto a considerare il Mycobacterium tuberculosis come un possibile trigger auto-immunitario. Nella nostra paziente la correlazione temporale tra l’infezione tubercolare e l’arterite, e la distribuzione dell’infiammazione a livello dell’aorta addominale e delle sue ramificazioni ci hanno indotto a considerare nella diagnosi differenziale un’aortite tubercolare e quindi a valutare inizialmente la terapia immunosoppressiva con molta cautela; tuttavia il rapido peggioramento del quadro con la sola terapia antitubercolare ci ha aiutato nel definire la diagnosi e incoraggiato a intraprendere la terapia immunosoppressiva. Bibliografia 1. Robert H. Benjamin W. Takayasu's Arteritis: The Relationship with Tuberculosis. Pediatrics 1981;67:84-88. 2. Duzova A, Türkmen O, Cinar A, Cekirge S, Saatci U, Ozen S. Takayasu's arteritis and tuberculosis: a case report. Clin Rheumatol 2000;19:486-9. 3. Al Abrawi S, Fouillet-Desjonqueres M, David L, Barral X, Cochat P, Cimaz R. Takayasu arteritis in children. Pediatr Rheumatol Online J 2008; 28;6:17. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 47 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 48 EPPURE NON SEMBRAVA “SCIOCCO” F. Ricci, I. Pela, S. Seminara Scuola di Specializzazione di Pediatria, Università degli Studi di Firenze La scarsa crescita staturale è definita in pediatria da una statura inferiore al 3° percentile o da un rallentamento della velocità di crescita. Tra le principali cause di scarsa crescita vi sono sia condizioni parafisiologiche come la bassa statura familiare, la bassa statura idiopatica e il ritardo costituzionale di crescita e sviluppo, che condizioni patologiche come il deficit di ormone della crescita e altre malattie endocrinologiche, malattie croniche e cromosomopatie. Vi sono poi cause meno conosciute perché meno frequenti dove la scarsa crescita è solo uno degli elementi caratterizzanti la patologia e a volte non sempre presente, come ad esempio nella Sindrome di Gitelman. Si tratta di una tubulopatia ereditaria con perdita di sali a trasmissione autosomica recessiva caratterizzata principalmente da alcalosi metabolica ipocloremica, ipokaliemia, ipomagnesemia, ipocalciuria e iperaldosteronismo secondario con pressione arteriosa normale o bassa. Essa è dovuta ad una mutazione del gene SLC12A, che determina una disfunzione del canale del cloro tiazido-sensibile che coinvolge il cotrasporto Na-Cl a livello del tubulo distale. Ad oggi sono state individuate oltre 100 mutazioni di questo cotrasportatore. Quasi tutti i disturbi elettrolitici riscontrati in tale sindrome, ad eccezione dell’ipomagnesemia, sono riconducibili alla alterazione del cotrasportatore Na-Cl. La diagnosi differenziale più importante da porre è con la forma tipo III di Sindrome di Bartter dalla quale si distingue per la presenza di costante ipocalciuria ed più severa ipomagnesemia oltre ad un esordio più tardivo. Presentiamo il caso di Guido, un ragazzo di 14 anni giunto alla nostra attenzione per riscontro occasionale di alterazioni elettrocardiografiche e successiva dimostrazione di ipopotassiemia, il quale dopo vari accertamenti è stato inquadrato come affetto da Sindrome di Gitelman. Il ragazzo era già stato valutato in altra sede dall'età di 11 anni in relazione ad un rallentamento della velocità di crescita staturale. In tali occasioni non erano mai stati effettuati esami ematochimici, che avrebbero permesso una diagnosi più tempestiva eliminando il rischio di aritmie potenzialmente fatali. La peculiarità del caso in esame è quella quindi di sottolineare l’importanza di effettuare una valutazione dell'equilibrio idroelettrolitico e acido-base in tutti i soggetti che manifestino disturbi della crescita staturo-ponderale. Bibliografia - Gitelman syndrome: pathophysiological and clinical aspects. G. Graziani, C.Fedeli, L.Moroni, L.Cosmai, S.Badalamenti, C.Ponticelli. Q J Med 2010; 103:741-748 doi:10.1093/qjmed/hcq123 Advance Access Publication 22 July 2010. - Gitelman syndrome. Knoers NV, Levtchenko EN. Orphanet Journal of Rare Diseases 2008, 3:22 doi:10.1186/17501172-3-22. 48 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 49 NEONATO CON IDROURETERONEFROSI E RACCOLTA PERIRENALE OMOLATERALE: UN CASO DI DIFFICILE INTERPRETAZIONE D. De Giovanni1, E. Sacco1, E. Poli1, M.Guglielmi1, A.Dell’Anna1, S.Gorgoglione1,C.Calabrese1, A. Pacilio1, G.Villani2, M. Pettoello-Mantovani1, R. Magaldi2 1 Scuola di specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Foggia 2 S.C. di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale di Foggia Valerio, neonato outborn, viene ricoverato presso l’Unità di Terapia Intensiva Neonatale (UTIN) di Foggia a 9 giorni di vita per iperpiressia. Nato a termine da parto spontaneo a 38.4 settimane di gestazione, peso alla nascita 3130 gr, APGAR 7/9. L’equipe del Servizio di Trasporto Emergenza Neonatale (STEN) riferisce difficoltà nell’estrazione durante il parto. Alla nostra osservazione si presenta in condizioni cliniche generali gravi, evidente stato settico, addome non trattabile, dolente alla palpazione superficiale e profonda. I primi esami ematici mostrano: procalcitonina >200 ng/ml, GB 31630/mmc, Piastrine 26.000/mmc. Si decide, pertanto, di proseguire terapia antibiotica ampliando lo spettro. All’ecografia addominale si evidenzia idroureteronefrosi destra con riduzione dello spessore del parenchima renale e formazione tondeggiante (diametro 2 cm) localizzata a livello della superficie posteriore del rene, con ecogenicità variabile associata ad immagine con margini frastagliati aggettante all’interno. Alla cistografia minzionale, si esclude la presenza di reflusso vescico-ureterale. La TAC con e senza mdc conferma l’idroureteronefrosi associata ad una raccolta perirenale destra, tenuamente iperdensa, specie nel versante declive, come per passaggio di urina iodata. Considerate le condizioni settiche del bambino si decide di non eseguire ago-aspirato. A distanza di 7 giorni la RMN descrive, all’interno di tale raccolta, una precipitazione di tipo mucoproteica. Gradualmente si assiste ad un miglioramento delle condizioni cliniche del bambino ed allo stesso tempo si evidenzia attività peristaltica dell’uretere destro con organizzazione e successiva riduzione della raccolta. Le urinocolture e le emocolture sono sempre risultate negative. In buone condizioni cliniche generali, il neonato viene dimesso in 25° giornata. A distanza di 2 giorni giunge nuovamente a ricovero per iperpiressia e difficoltà ad alimentarsi. L’ecografia mostra netta riduzione della raccolta perirenale ma persistenza della idroureteronefrosi. Le condizioni scadenti generali associate a terapia antibiotica protratta per lungo tempo hanno predisposto ad un’infezione da Candida. Viene dimesso dopo 25 giorni con diagnosi di idroureteronefrosi destra, sepsi da Candida Glabrata e Stafilococco epidermidis, infezione delle vie urinarie da Escherichia Coli. CONCLUSIONI. La correlazione tra la raccolta e la grave idroureteronefrosi, in assenza di diagnosi pre-natale, non è da escludere. Di certo un’ eventuale estrazione difficoltosa al momento del parto non giustificherebbe l’insorgenza del quadro clinico a distanza di 9 giorni. La negatività delle colture durante terapia antibiotica non ci consente di escludere che la formazione sia una raccolta ascessuale; inoltre la riduzione di tale raccolta potrebbe essere attribuita sia alla terapia antibiotica (in caso di ascesso) sia ad un processo di cicatrizzazione spontanea (in seguito a rottura del parenchima). Gli elementi a disposizione ci fanno propendere per una rottura traumatica del rene con formazione di urinoma posteriore, pur lasciando aperto il campo a tutte le altre possibili interpretazioni. Bibliografia 1. Adorisio O, Silveri M, Colajacomo M, et al. The impact of perinatal urinoma formation on renal function: our experience and review of the literature. J Paediatr Child Health. 2011 Apr; 41(4):217-22. 2. Duin LK, Willekes C, Koster-Kamphuis L, et al. Fetal ydronephrosis: does adding an extra parameter improve detection of neonatal uropathies? J. MaternFetal Neonatal Med. 2012 Jul; 25(7):920-3. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 49 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 50 CASE REPORT: INFEZIONE CONGENITA DA CMV PER RE-INFEZIONE MATERNA IN GRAVIDANZA E. Sacco1, D. De Giovanni1, P. Liberatore1, M.P. Falcone1, M. Mancini1, S. Gorgoglione1, A. Pacilio1, C. Calabrese1, L. Taurino2, M. Pettoello Mantovani1, R. Magaldi2 1 Scuola di specializzazione in Pediatria-Università degli Studi di Foggia 2 S. C. di Neonatologia E Terapia Intensiva Neonatale di Foggia CASO CLINICO. Noemi nasce a termine (EG 38,2 ws ) da parto spontaneo dopo gravidanza normodecorsa. Peso alla nascita 3370 gr, placenta e funicolo nella norma, presentazione di vertice, apgar 9/9. La madre, come consigliato dal ginecologo di fiducia, ha eseguito numerose visite ed ecografie ostetriche sin dal primo trimestre. Ha effettuato gli esami di routine e il TORCH test che evidenziava nessuna immunizzazione verso il Toxoplasma e la presenza di IgG anti-herpes virus 1/2 , anti-CMV e anti-Rubeo. Anamnesi familiare negativa per patologie degne di nota. Alla nostra osservazione, in prima giornata di vita, la neonata presenta un voluminoso cefaloematoma parieto-occipitale sinistro ed un piccolo nevo sebaceo sulla palpebra inferiore sinistra. Restante obiettività nella norma. Si segnala inoltre una incompatibilità di tipo ABO in apparenza senza significato clinico. Si esegue l’emocromo che mostra: GB 9700/microL, GR4290000/microL, Hb 15,4 g/dl, Hct 46,6%, Plt 61000/microL. Si ripete l’emocromo, che conferma il dato precedente (Plt 73000/microL). Pertanto viene interpretato come possibile piastrinopenia “da sequestro” legata al notevole cefaloematoma ancora presente o come conseguenza dell’incompatibilità ABO. Si eseguono comunque ulteriori indagini ematochimiche, lo studio della coagulazione, gli indici infiammatori che risultano nei limiti di norma. Viene effettuato anche il TORCH test che rivela oltre alla positività per le IgG anti-Herpes ½, antiRubeo e anti-CMV, in modo del tutto inatteso una lieve positività per le IgM anti-CVM (37,4 U/mL, positività >22 U/mL e una probabile cross-reattività con le IgM anti-Rubeo. Viene quindi posto il sospetto di infezione congenita da CMV e si effettuano ulteriori indagini. L’ecografia addominale, l’ecocardiografia ed il fondo oculare non rivelano alterazioni. L’ecografia cerebrale transfontanellare evidenzia un’emorragia subependimale-endoventricolare bilaterale prenatale in fase di riassorbimento (IVH 2° in fase cistica) ed una ventricolomegalia post IVH di grado lieve-moderato, antero-posteriore bilaterale, confermate successivamente dalla RMN dell’encefalo. Lo screening audiologico (AABR) segnala un potenziale uditivo evocato assente a destra, nella norma a sinistra. Questi ultimi elementi sono fortemente suggestivi di infezione congenita da CMV, avvalorata, infine, dall’enorme numero di copie (10798000) di CMV-DNA ritrovate nelle urine. CONCLUSIONI. E’ possibile un’infezione non primaria da CMV nelle fasi tardive della gravidanza, che pur non essendo temibile, come nella prima infezione, può dare segni di sé. Nel nostro caso l’accertamento di una piastrinopenia ha portato a diagnosticare un’infezione congenita da CMV a seguito di una re-infezione materna in gravidanza. Nonostante sia stata riportata nell’1-2.2% dei casi una trasmissione materno-fetale conseguente ad infezioni non primarie, le linee guida attuali non prevedono ulteriori accertamenti in epoca gestazionale per la mamma e per il bambino alla nascita (2). Bibliografia 1.Kenneson A, Cannon MJ. Review and meta-analysis of the epidemiology of congenital cytomegalovirus (CMV) infection. Rev Med Virol 2007; 17:253-76. 2. Fowler KB, Stagno S et al. The outcome of congenital cytomegalovirus infection in relation to maternal antibody status. N Engl J Med 1992; 326:663-7. 50 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 51 IPOTONIA MUSCOLARE: “SPIA” DI UN CASO DI IPOPITUITARISMO CONGENITO A. Gallizia, I. Olivieri, E. Bertelli, M. Maghnie Centro di Auxo-Endocrinologia, Clinica Pediatrica, IRCCS G. Gaslini, Università di Genova ANAMNESI. LRM, quartogenita di genitori sani non consanguinei, nata da parto eutocico a 39 settimane di età gestazionale dopo gravidanza normodecorsa (peso 2950 g, lunghezza 49 cm, non presenti sofferenza, ittero, ipoglicemie neonatali). Allattamento artificiale, suzione riferita valida. Periodo neonatale normodecorso. Ipotonia muscolare diffusa a partire dai 4 mesi di età e ritardo nell’acquisizione delle tappe dello sviluppo psicomotorio. EO all’ingresso: la paziente giunge alla nostra osservazione all’età di 19 mesi in merito a scarso accrescimento staturo-ponderale: lunghezza 68.8 cm (SDS -4.2, <5° centile secondo le curve CDC 2000[1]), peso 7.660 kg (<5° centile secondo le curve CDC 2000[1]), circonferenza cranica 46 cm (SDS -0.8); presenta facies caratteristica con naso a sella e fronte prominente con accenno a bozze frontali. Indagini di primo livello: - IGF1 indosabili - fT4 al terzile inferiore con TSH nel range di riferimento - cortisolo basale nella norma - screening per celiachia negativo - Rx carpo: età scheletrica ritardata di circa 15 mesi rispetto all’età cronologica. Indagini di secondo livello: - RMN encefalo: ipoplasia dell'adenoipofisi con ectopia della neuroipofisi e marcato assottigliamento del peduncolo ipofisario; aspecifiche alterazioni del segnale della sostanza bianca - test ACTH low dose: risposta di tipo borderline (picco cortisolo 17.0 ug/dl) - test GH-Arginina: GH basale normale, ma risposta patologica dopo stimolo (picco GH 8.55 ng/ml) - test GH-Glucagone: conferma di deficit di ormone della crescita (picco GH 3.33 ng/ml) e di insufficienza surrenalica totale (picco cortisolo 12.8 ug/dl) - cariotipo: femminile con presenza di una delezione del braccio corto di un cromosoma 18. DIAGNOSI E TERAPIA. In considerazione degli esiti delle indagini effettuate, viene posta diagnosi di ipopituitarismo congenito e vengono avviate terapie con Idrocortisone (12.2 mg/m2 in 3 somministrazioni/die per os), L-tiroxina (25 ug/die per os), rGH (0,028 mg/Kg/die s.c., per 6 sere/settimana, pari a 21.5 mg/settimana). Dopo 4 mesi dall’avvio delle terapie sostitutive, miglioramento dell’ipotonia muscolare e velocità di crescita di 8.5 cm/anno, con incremento staturale in termini assoluti da -4.2 SDS a -3.9 SDS. Discussione: l’ipopituitarismo congenito può presentarsi con sintomi aspecifici, pertanto di fronte ad un bambino con ipotonia muscolare e scarso accrescimento, è sempre necessario escludere alterazioni ormonali, quali ipotiroidismo, deficit di ormone della crescita e insufficienza surrenalica. Bibliografia 1. Kuczmarski RJ, Ogden CL, Guo SS, Grummer-Strawn LM, Flegal KM, et al. 2000 CDC Growth Charts for the United States: methods and development. Vital Health Stat 2002: 11; 1-190. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 51 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 52 OBESITÀ INGRAVESCENTE AD INSORGENZA PRECOCE I. Olivieri, E. Bertelli, A. Gallizia, M. Maghnie Centro di Auxo-Endocrinologia, Clinica Pediatrica, IRCCS G. Gaslini, Università di Genova IMG, femmina, 4 anni e 4/12. Giunge alla nostra attenzione per comizialità, obesità, comportamento aggressivo, poliuria, polidipsia. BACKGROUND. Nata da genitori non consanguinei, anamnesi familiare non significativa. Nata a termine da parto cesareo elettivo, peso, lunghezza e circonferenza cranica alla nascita adeguati, indice APGAR 8-9. Regolari sviluppo psicomotorio e accrescimento staturoponderale nei primi anni di vita. STORIA CLINICA. Dall’età di 2.5 anni comparsa di rapido incremento ponderale (PC>97° centile secondo le curve di Tanner) non responsivo a diete ipocaloriche e insorgenza di problemi comportamentali (rifiuto al gioco, disagio con i coetanei); a 3 anni e 9/12 insorgenza di polidipsia (3-4 litri/die), poliuria e perdita del controllo sfinterico. Insorgenza inoltre di esotropia all’occhio sinistro, astenia ingravescente e apnee notturne. ESAME OBIETTIVO. Quando IMG giunge alla nostra attenzione presenta altezza adeguata per età e sesso (+1.1 SDS) ma superiore al target genetico (di +2.11 SDS), velocità di crescita regolare, PC>97° centile secondo Tanner e BMI compatibile con obesità di II grado sulle curve di Rolland Cachera, stadio puberale infantile. Accertamenti effettuati: - esami ematici: FT4 inferiore al range di riferimento e TSH normale in due prelievi successivi con diagnosi di ipotiroidismo centrale. IGF1 nei limiti per età e sesso. Cortisolo inferiore al range. HOMA IR nella norma. Iperprolattinemia. Riscontro di iper/iponatriemia. - test dinamici: test ACTH low e ACTH standard compatibili con insufficienza surrenalica parziale - ecografia tiroidea: tiroide di dimensioni ridotte - ecografia addome: formazione ipoecogena retroperitoneale - RMN addome + scintigrafia addome + esame istologico: diagnosi di ganglioneuroma retroperitoneale - registrazioni SENTEC: nei limiti di norma -escluso DI con test dell’assetamento DIAGNOSI. I sintomi presentati dalla paziente -obesità ad esordio precoce, rapida ed ingravescente, ipotiroidismo centrale, turbe comportamentali, disturbi idro-elettrolitici (polidipsia e poliuria/ipernatriemia/iponatremia), iperprolattinemia, ganglioneuroma retroperitoneale, insufficienza corticosurrenalica- risultano inquadrabili nella Sindrome di ROHHADNET. Follow up: - IMG ha sviluppato pubertà precoce all’età di 6.5 anni (diagnosi clinica, LHRH test, eco pelvi) - ecografia e RMN addominali: ad oggi stabili - controllo catecolamine urinarie(MVA, HVA, dopamina, norepinefrina, epinefrina): nella norma - polisonnografia: IMG presenta apnee notturne centrali per cui ha avviato supporto ventilatorio durante il sonno (NIV). TAKE HOME MESSAGE. Diverse disfunzioni endocrine ipotalamo-ipofisarie sono associate con la Sindrome di ROHHADNET, con rischio di non diagnosi della patologia. Vista la sua gravità, in caso di obesità ingravescente ad insorgenza precoce considerare sempre la Sd di ROHHADNET in diagnosi differenziale con le altre cause di obesità precoce (genetiche/endocrinologiche)/disfunzioni ipotalamiche-ipofisarie. Bibliografia - Endocrine manifestations of the rapid-onset obesity with hypoventilation, hypothalamic, autonomic dysregulation, and neural tumor syndrome in childhood. Bougnères P, Pantalone L, Linglart A, Rothenbühler A, Le Stunff C. Department of Pediatric Endocrinology, Hôpital Saint Vincent de Paul, 75014 Paris, France.The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism October 1, 2008 vol. 93 no. 10 3971-3980. 52 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 53 FEBBRE RICORRENTE, SPLENOMEGALIA, PANCITOPENIA E LIEVE RIALZO DEGLI INDICI DI FLOGOSI: UN CASO DI LEISHMANIOSI VISCERALE E LE DIFFICOLTÀ DI UN ADEGUATO PERCORSO CLINICO STRUMENTALE E. Bertelli, I. Olivieri, A. Gallizia, A. Buoncompagni, P. Picco, S. Viola, A. Martini Pediatria II, IRCCS G. Gaslini, Università degli Studi di Genova, Genova, Italia Ragazza di 16 anni, caucasica, provenienza: Bergamo, Lombardia. Non familiarità per patologie auto-immuni/reumatologiche. Anamnesi muta per viaggi all’estero, non riferiti contatti con animali domestici. STORIA CLINICA. Da circa cinque mesi, la p., dopo episodio febbrile con faringite ed aftosi al cavo orale, presenta insorgenza di febbre serotina, poi iperpiressia persistente preceduta da brivido scuotente e colpi di tosse, associata a cefalea e rachialgia cervicale. Segnalate artralgie (ginocchia, polsi, caviglia), fugaci e migranti, senza segni di flogosi locale, non segni cutanei, nè tumefazioni. A causa della persistenza della febbre, per 1 mese, la p. è stata ricoverata presso altra sede, ed ha effettuato i seguenti accertamenti: -esami ematochimici: emocromo nei limiti, indici di flogosi (VES 44 mm/I ora,PCR 2.2 mg/dl) -negativi: accertamenti siero-infettivologici, C3, C4, Auto-anticorpi, ACE, ricerca SO fecale, calproptectina, catecolamine urinarie -puntato midollare: compatibile con forma reattiva -esami strumentali: Ecografia addome -milza diam long 12 cm, linfonodi mesenterici di 2 cm-; nella norma: Rx torace, Ecocardio+ECG, RM encefalo; PET-TAC Total Body: reperto splenico ad incrementata attività metabolica meritevole di approfondimento -valutazione oculistica con lampada a fessura: negativa. Pertanto la p., dopo scarsa risposta a paracetamolo ed ibuprofene, è stata trattata con terapia steroidea per os: PDN 75 mg/die (1.5 mg/kg), con riduzione degli indici di flogosi. ANAMNESI, ESAME OBIETTIVO, PERCORSO DIAGNOSTICO. Giunge alla nostra osservazione, per febbre (max 39.5°C) persistente poco responsiva al paracetamolo, sporadiche artralgie, nell’ipotesi di sindrome infiammatoria di ndd. -reperto clinico di splenomegalia, confermato ecograficamente (DL 14 cm) -esami ematochimici: lieve pancitopenia (GB 3600/uL,GR 3.6x106/uL,PTL104/uL), ferritinemia 1501 ng/ml, lieve rialzo degli indici di flogosi -RM STIR total body: modesta splenomegalia e verosimile fibroma non ossificante alla diafisi del femore sinistro -nuovo puntato midollare: riscontro microscopico di macrofago presentante alcune Leishmanie nel citoplasma. -ricerca sierologica per Ab anti-Leishmania che ha confermato l’ipotesi di infezione. TERAPIA. La p. è stata quindi sottoposta a trattamento con Amfotericina B con risoluzione della sintomatologia. DISCUSSIONE. Questo caso ci consente di focalizzare l’attenzione non solo sulla complessità di un adeguato percorso clinico strumentale ma anche di ribadire l’estrema importanza di una adeguata diagnosi differenziale soprattutto in presenza di sintomi estremamente aspecifici. Bibliografia Gradoni L, Soteriadou K, Louzir H. et al., Drug regimens for visceral leishmaniasis in Mediterranean countries. Trop Med Int Health. 2008 Oct;13(10):1272-6. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 53 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 54 OTITE, PAROTIDITE, LINFADENITE, ANEMIA E… EPATITE I. Mattei, M. Saccomandi, R. Tambucci, A. Salvatore, E. Coclite, S. Pantano, G. Nigro Clinica Pediatrica, Università degli Studi dell’Aquila INTRODUZIONE. Il citomegalovirus (CMV) e l’Epstein-Barr virus (EBV) possono determinare co-infezioni primarie o ricorrenti, che sono state occasionalmente associate ad epatite in età pediatrica (1,2). Riportiamo il caso clinico di un lattante con triplice infezione virale da CMV, EBV ed herpes virus umano di tipo 6 (HHV6). CASO CLINICO. Bambino di 6 mesi ricoverato per otite e febbre, resistente alla terapia con amoxicillina. All’esame obiettivo si evidenziava: colorito pallido, faringe iperemico, secrezione purulenta del condotto uditivo esterno sinistro, tumefazione della loggia parotidea sinistra, linfoadenomegalia laterocervicale sinistra, soffio protosistolico 2/6 al mesocardio, fegato e milza palpabili a circa 3 cm dall’arco. Dall’anamnesi si evinceva che il bambino non aveva effettuato vaccinazioni. Gli esami ematochimici evidenziavano leucocitosi (26,28 migl.mmc) con linfocitosi (14.35 migl.mmc), anemia (Hb 8.1 g/dl, HCT:30.6%, MCV:58,8 gl), piastrinosi (687 migl.mmc), aumento della VES (30 mm/h), ipertransaminasemia (GOT 441 UI/L, GPT 730 UI/L), riduzione del valore di sideremia e ferritina, positività del sangue occulto nelle feci, ipertrigliceridemia (163 mg/dl), alterazioni delle sottopopolazioni linfocitarie. L’ecografia addome non evidenziava alterazioni strutturali epatiche. Le indagini infettivologiche documentavano: positività delle CMV-IgG e EBV VCA-IgG, positività del CMV-DNA nel sangue (850 copie/ml) e nella saliva (14.100.000 copie/ml), dell’ EBV-DNA nella saliva (2.466.000 copie/ml), dell’ HHV6-DNA nella saliva e negatività della ricerca di altri agenti infettivi (Parvovirus B19, Toxoplasma, Rosolia, HBsAg, HCV-RNA, HAV, HIV, TBC). In seguito a trattamento con ceftriaxone e a terapia marziale, progressivo miglioramento del quadro clinico e, al controllo eseguito a 10 giorni dalla dimissione, si evidenziava riduzione dell’ ipertransaminasemia (GOT 258 UI/L, GPT 564 UI/L) e normalizzazione dell’emocromo. Nella norma I controlli effettuati per una sospetta infezione prenatale da CMV (eco encefalo, fundus, ABR). Successivamente il bambino ha continuato a presentare infezioni respiratorie ricorrenti. Il follow-up effettuato a 2 anni ha evidenziato valori normali delle transaminasi. CONCLUSIONE. Questo caso clinico evidenzia la possibile importanza della ricerca del DNA di virus “epatotropi minori” che possono determinare coinfezioni persistenti nella prima infanzia. E’ presumibile, infatti, in base all’ assenza delle IgM specifiche, che le infezioni da CMV ed EBV siano state contratte in epoca perinatale, se non prenatale per quanto riguarda il CMV. Il riconoscimento di tali coinfezioni permette di giungere ad una diagnosi eziologica che è alla base di un corretto orientamento prognostico-terapeutico. Bibliografia 1. Ozaki Y. J Clin Microbiol. 2001 Jun;39(6):2173-7. 2. Shibata Y. et al. Microbiol Immunol. 2005;49(8):771-7. 54 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 55 DOLORABILITÀ ALL’ARTO SUPERIORE SINISTRO M. Saccomandi, I. Mattei, A. Mareri, L. Di Luca, E. Baroni, M.G. Mollace*, A. Clerico*, G. Nigro. Clinica Pediatrica, Università degli Studi dell’Aquila e Università degli Studi La Sapienza, Roma*. INTRODUZIONE. La dolorabilità agli arti è una delle più frequenti cause di accesso ai PSP; spesso la valutazione clinica viene limitata al segmento scheletrico interessato senza effettuare un esame obiettivo generale. CASO CLINICO. Bambina di 2 anni e mezzo che da un mese presentava dolore intermittente, anche notturno, all’arto superiore sx, con atteggiamento in pronazione dello stesso. All'E.O. si riscontrava postura antalgica, difficoltà alla mobilità e alla prensione dell'arto superiore sx con impossibilità alla flessione del I e II dito. Anamnesi negativa per traumi. In vari accessi al PSP vengono eseguiti, senza esito, rx ed ecografia del gomito, esami ematici, visita ortopedica, con manovra di riduzione di pronazione dolorosa dell'ulna, e visita neuropediatrica che refertava sindrome nevralgica secondaria ad infiammazione osteoarticolare. Al terzo accesso, in seguito ad una visita pediatrica completa, è stata apprezzata una modesta tumefazione solida in sede sovraclaveare sx, che all’ecocolordoppler appariva come una massa ipoecogena di 4,5 cm, ipervascolarizzata. La RM ha evidenziato una formazione solida polilobata, a margini apparentemente regolari, di mm 36x47x51, estesa a livello metamerico da C5 a D2 ed inferiormente fino alla pleura in corrispondenza del lobo superiore del polmone di sx, penetrante nel canale vertebrale a livello del forame di coniugazione C7-D1, determinando dislocazione midollare. La bambina presentava inoltre iperemia faringotonsillare ed epatosplenomegalia; gli esami ematici evidenziavano lieve leucocitosi (G.B:14.3 migl/mmc) e piastrinosi (605 migl/mmc). L’esame morfologico ed immunoistochimico è risultato compatibile con la diagnosi di “rabdomiosarcoma embrionale variante anaplastica”. CONCLUSIONI. Il rabdomiosarcoma è il più comune sarcoma dei tessuti molli nei bambini, soprattutto tra 1 e 5 anni, e generalmente si localizza alla testa e al collo (1,2). Poiché è scarsamente differenziabile da altre lesioni dei tessuti molli ed essendo essenziale per l'esito il rapido inizio della terapia, è fondamentale una diagnosi precoce. Questo caso evidenzia l'importanza di una visita accurata in caso di sintomatologia non ben definita; infatti, a detta della madre, la tumefazione era presente sin dall'inizio della sintomatologia dolorosa. Bibliografia 1. Hicks J et al,Oral Oncol. 2002 Jul; 38(5):450-9. 2. Mentrikoski M et al, Pediatr Dev Pathol. 2012 Oct 31. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 55 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 56 UNA STRANA IPOCALCEMIA… M.A. Catena, G. Candela, D. Corica, S. Santucci, E. Pitrolo, M. Romeo, N. Camarda, F. De Luca Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Messina La sindrome APECED è un disordine autosomico recessivo, causato da una mutazione del gene AIRE,caratterizzato dalla triade candidiasi mucocutanea, ipoparatiroidismo, iposurrenalismo associata ad altre manifestazioni autoimmuni e non. Riportiamo il caso di una bambina di 3 anni, con storia clinica di candidosi al cavo orale dai primi mesi di vita, iperpigmentazione cutanea e spasmofilia latente,che presentava una sintomatologia caratterizzata da astenia, malessere generale e spasmi buccali in corso di febbre, convulsione tonicoclonica con retrovulsione dei bulbi oculari con riscontro di ipocalcemia grave trattata con terapia e.v.con calcio gluconato con beneficio. Alla luce della storia di candidiasi del cavo orale e della ipocalcemia veniva ipotizzata la diagnosi di APECED ed, al fine di esplorare la funzionalità surrenalica,venivano eseguiti test ormonali che confermavano l’iposurrenalismo.Veniva avviata terapia con idrocortisone, fludrocortisone, calcifediolo e calcio carbonato. Questo caso rappresenta un caso atipico di APECED data la coesistenza, alla diagnosi, dei tre criteri maggiori della sindrome ad una età precoce. Solitamente infatti la candidiasi insorge nel primo anno di vita, l’ipoparatiroidismo verso i 4-6 anni e l’iposurrenalismo intorno ai 10-12 anni. In base alla nostra esperienza possiamo affermare che il volto dell’APECED si è modificato nell’ultimo decennio: accanto alle manifestazioni cliniche note ci si deve aspettare,infatti,anche manifestazioni insolite. Le migliorate tecniche diagnostiche e l’identificazione di nuovi auto-antigeni di malattia consentono di allargare lo spettro fenotipico di tale condizione, anche se la terapia rimane al momento essenzialmente sostitutiva. Bibliografia 1. Heino M, Peterson P, Kudoh J, Shimizu N, Antonarakis S, Scott H and Krohn K.. APECED mutations in the autoimmune regulator (AIRE) gene. Hum Mutat 2001;18:205-211. 2. De Luca F, Valenzise M, Alaggio R, Arrigo T, Crisafulli G, Salzano G, Cervato S, Mariniello B, Lazzarotto F, Betterle C. Sicilian family with autoimmune polyendocrinopathy-candidiasis-ectodermal dystrophy ( APECED) and lethal lung disease in one of the affected brothers. Eur J Pediatr (2008) 167:1283-1288. 56 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 57 IPOTONIA NEL NEONATO: UN SINTOMO NUMEROSE DIAGNOSI V. Comito, T. Arrigo Dipartimento materno-infantile, AOU Policlinico “Martino”, Messina La “floppy infant syndrome ” è una condizione patologica del neonato e del lattante caratterizzata da una severa ipotonia generalizzata associata spesso a stato di coscienza depresso, debolezza prevalentemente assiale ed ipo-/iperreflessia. L’osservazione di un neonato ipotonico impone una approfondita anamnesi ostetrica (movimenti fetali, etc..) e perinatale, seguita da un attento esame obiettivo neurologico che può rivelarsi utile nella diagnosi differenziale. Alla base di un “floppy infant” esistono numerose patologie. Tra esse, le più frequenti sono rappresentate da alterazioni del sistema nervoso che si differenziano clinicamente a seconda della sede anatomica interessata: encefalo, midollo spinale, motoneurone, nervo, giunzione neuro-muscolare e muscolo. Devono essere ricordate, inoltre, etiologie di natura non neurologica, come ad esempio: prematurità, sepsi, cardiopatie, endocrinopatie, malattie metaboliche, alterazioni elettrolitiche, botulismo infantile. Presentiamo tre diversi casi clinici di ipotonia neonatale che permetteranno di cogliere quale sia il percorso clinico-laboratoristico-strumentale per la diagnosi differenziale. Il primo caso riguarda un neonato di 28 giorni giunto alla nostra osservazione per ipotonia insorta circa due settimane dopo la nascita. All’esame obiettivo si evidenzia un’importante ipotonia assiale, debolezza, assenza dei riflessi osteo-tendinei ed arcaici (presente solo il riflesso di suzione). Sulla base dell’anamnesi e del quadro clinico, abbiamo posto la nostra attenzione su un’etiopatogenesi di natura neurologica periferica, in particolare muscolare, confermata dall’analisi genetica. Il secondo caso clinico è rappresentato da ipotonia generalizzata e distress respiratorio insorti in un neonato a termine con segni dismorfici. Di fronte a tale quadro clinico, la diagnosi differenziale è stata orientata verso le principali sindromi genetiche associate ad ipotonia centrale. Il terzo neonato descritto giunge alla nostra osservazione per ipotonia, iporeattività e difficoltà all’alimentazione. All’ingresso in reparto, le condizioni generali sono scadute. Il neonato presenta colorito grigio-pallido, con cute modicamente disidratata, e si alimenta con difficoltà. Tale quadro clinico, associato al riscontro di diselettrolitemia (iponatremia ed iperpotassemia), sembra sin dall’inizio suggestivo di una patologia non neurologica e la diagnosi differenziale è stata prevalentemente indirizzata verso una causa infettivologica o endocrinologica. Bibliografia 1. Pediatr Rev. 2009 Sep;30(9):e66-76. The floppy infant: evaluation of hypotonia. Peredo DE, Hannibal MC. 2. J Clin Neuromuscul Dis. 2004 Dec;6(2):69-90. Floppy infant syndrome. Igarashi M. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 57 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 58 SINDROME FETALE DA INATTIVAZIONE DEL RECETTORE PER ACETILCOLINA A. De Carli, E. Dusi, M. Fumagalli UO Neonatologia, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Università degli Studi di Milano Si tratta di un bambino nato da madre secondigravida affetta da miastenia gravis e trattata con timectomia e steroidi. Nella prima gravidanza si segnalava ridotta percezione dei movimenti fetali e polidramnios, il bambino era nato a termine e deceduto a due settimane di vita, con diagnosi di sofferenza fetale. La seconda gravidanza è stata nuovamente caratterizzata da polidramnios ma normale percezione dei movimenti fetali; parto cesareo elettivo a 38 settimane di età gestazionale; neonato di sesso femminile, Apgar 6 al 1’ e 8 al 5’. Fin dai primi giorni di vita il neonato presentava ipotonia, ipostenia facciale, scarsa suzione, incapacità di deglutizione e lieve distress respiratorio che richiedeva ventilazione non invasiva per 72 ore. Veniva avviata terapia con piridostigmina senza miglioramento clinico. A 2 mesi di età la bambina presentava ancora grave ipotonia, assenza di riflesso di suzione e necessitava di sondino nasogastrico per alimentazione. Veniva sottoposta a diversi tentativi terapeutici (immunglobuline e.v., steroidi e plasmaferesi) senza alcuna risposta clinica. I dosaggi serici seriati di anticorpi anti recettore per acetilcolina (ACh-R) mostravano progressiva riduzione della concentrazione di tali anticorpi senza tuttavia concomitante miglioramento clinico dell’ipotonia ed in particolare dell’ipostenia facciale. Gli studi neurofisiologici mostravano normale funzione della placca neuromuscolare con segni di miopatia dei muscoli facciali. La biopsia muscolare del bicipite femorale è risultata nella norma così come lo studio di risonanza magnetica cerebrale. A 7 mesi di età persisteva marcata ipostenia del viso e incapacità di nutrizione autonoma per cui si posizionava gastrostomia. A 20 mesi di età presentava normale acquisizione delle principali tappe motorie e normale sviluppo cognitivo ma grave compromissione della muscolatura facciale. L’assenza di miglioramento clinico concomitante alla riduzione dei livelli serici di ab anti-ACh-R e la presenza di miopatia con normale funzionamento della placca neuromuscolare, confermava la diagnosi di sindrome fetale di inattivazione di ACh-R. ACh Ab-R è diretto verso ACh-R adulto o verso la sua isoforma fetale e attraversa la placenta. La maggior parte dei nati da madre miastenica sono asintomatici; il 10-20% dei bambini con un elevato rapporto ACh R feto-materno alla nascita, sviluppa miastenia gravis neonatale (NMG) caratterizzata da ipotonia, difficoltà alla deglutizione e distress respiratorio. La NMG si risolve entro 4-5 settimane. Raramente, il feto può sviluppare una condizione più grave definita come artrogriposi multipla congenita che è caratterizzata dalla presenza di contratture articolari multiple e ipoplasia polmonare. La sindrome fetale di inattivazione di ACh-R è stata recentemente descritta e riportata in pochi neonati; consiste nel danno irreversibile muscolare fetale causato da ACh-R Ab materni, e comporta sintomi neurologici equivalenti a NMG, con coinvolgimento permanente variabile soprattutto dei muscoli bulbari e facciali (1-3). Bibliografia 1. Oskoui M. et al. Fetal acetylcholine receptor inactivation syndrome and maternal myasthenia gravis. Neurology. 2008 Dec 9;71(24):2010-2. 2. Jeannet PY. et al. Isolated facial and bulbar paresis: a persistent manifestation of neonatal myasthenia gravis. Neurology. 2008 Jan 15;70(3):237-8. 3. D’Amico A. et al. Fetal acetylcholine receptor inactivation syndrome and maternal myasthenia gravis: a case report. Neuromuscul Disord. 2012 Jun;22(6):546-8. 58 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 59 LA STORIA DI ANDREA: UNO STRANO CASO DI DIABETE F. Redaelli, A. Scaramuzza, M. Ferrari, L. De Angelis, V. Comaschi, G.V. Zuccotti Servizio di Diabetologia, Malattie del Metabolismo e Nutrizione - Clinica Pediatrica Università degli Studi di Milano - Azienda Ospedaliera Luigi Sacco - Milano Andrea, 11 anni, viene condotto in Pronto Soccorso per vomito incoercibile. In tale sede vengono eseguiti stick urine con riscontro di glicosuria (3+) e chetonuria (4+); esami ematochimici che evidenziano iperglicemia (385 mg/dl) ed emogasanalisi (pH 7.40, HCO3- 26.0 mmol/L, BEb 1.8 mmol/L). In anamnesi non segnalata poliuria, polidipsia, polifagia né calo ponderale nelle settimane precedenti, negata familiarità per diabete mellito di tipo 1 e 2. L’obiettività è nella norma, salvo segni di flogosi delle alte vie aeree. Lo stato nutrizionale è buono: altezza 148 cm (50° centile), peso 35.2 kg (25° centile), BMI 16.07 kg/m2. Nel sospetto di diabete tipo 1 all’esordio Andrea viene ricoverato ed esegue terapia idratante ed insulinica ev per 18 ore. Successivamente inizia somministrazione di insulina sottocutanea con glargine e aspart prima dei pasti, con rapido compenso glicemico (alla dimissione fabbisogno insulinico 0.39 U/kg/die). Il valore dell’emoglobina glicata è 9.2%, il C-peptide basale è 0.2 ng/ml (dopo stimolo 0.5 ng/ml) e lo screening per tiroidite e celiachia è negativo. Lo screening per diabete mellito tipo 1 risulta negativo (negatività degli anticorpi anti-insula pancreatica, anti-GAD, anti-insulina, antiIA2 e anti-ZnT8) e la tipizzazione HLA evidenzia gli aplotipi DR1 e DR5. Dopo due mesi, per il verificarsi di continue ipoglicemie nonostante la riduzione delle dosi insuliniche, Andrea interrompe la terapia. Si assiste alla diminuzione della glicata (6.4%) e ad un miglioramento della secrezione endogena di insulina (C-peptide basale 0.8 ng/ml, dopo stimolo 1.4 ng/ml). Nel sospetto di una forma di MODY (tipo 1, tipo 2, tipo 3) viene eseguito un prelievo per la valutazione genetica specifica che risulta negativo. Ad un anno dall’ “esordio”, in assenza di terapia, il valore della glicata è 5.4%. Dopo due anni i valori glicemici e della glicata risalgono (8%). Viene ripetuto il dosaggio degli autoanticorpi, che evidenzia unicamente una debole positività degli Ab anti-GAD (5.2 UA,v.n. <3), e del C-Peptide (basale 0.6 ng/ml; a 6 min:1 ng/ml). Andrea riprende le iniezioni insuliniche, inizialmente utilizzando solo l’analogo lento, poi ripristinando la terapia basal-bolus. Considerando il deficit assoluto di IgA (< 0.01 g/L) che Andrea presenta, si ipotizza di nuovo la forma di diabete autoimmune, ma gli autoanticorpi dosati per la diagnosi sono prevalentemente di classe IgG, normali in Andrea. Restano pertanto da ricercare le mutazioni tipiche del diabete monogenico (SUR-1, Kir6.1, INS). In caso di negatività si dovrà porre comunque diagnosi di diabete tipo 1 (autoimmune? non autoimmune?). COMMENTO. non tutti i bambini che presentano iperglicemie hanno una forma di diabete tipo 1, la più frequente in età pediatrica. Nei casi dubbi, in assenza di HLA predisponente ed autoanticorpi tipici, è necessario proseguire le indagini ai fini di identificare la forma corretta di diabete, soprattutto per la scelta della terapia (es., sulfaniluree nel diabete monogenico neonatale e non iniezioni di insulina). Bibliografia 1. Iafusco D, Scaramuzza AE, Galderisi A, Cocca A, Giugliano R, Zuccotti GV, Prisco F. Not every child with diabetes needs insulin. BMJ. 2010 Nov 16;341:c6512. doi: 10.1136/bmj.c6512. 2. Lorini R, Klersy C, d'Annunzio G, Massa O, Minuto N, Iafusco D, Bellannè-Chantelot C, Frongia AP, Toni S, Meschi F, Cerutti F, Barbetti F; Italian Society of Pediatric Endocrinology and Diabetology (ISPED) Study Group. Maturity-onset diabetes of the young in children with incidental hyperglycemia: a multicenter Italian study of 172 families. Diabetes Care. 2009 Oct;32(10):1864-6. doi: 10.2337/dc08-2018. 3. Bonfanti R, Colombo C, Nocerino V, Massa O, Lampasona V, Iafusco D, Viscardi M, Chiumello G, Meschi F, Barbetti F. Insulin gene mutations as cause of diabetes in children negative for five type 1 diabetes autoantibodies. Diabetes Care. 2009 Jan;32(1):123-5. doi: 10.2337/dc08-0783. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 59 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 60 UN CASO DI OSTEOMIELITE CRONICA MULTIFOCALE RICORRENTE S. Mauri, D. Dilillo, S. Stucchi, G.V. Zuccotti Clinica Pediatrica, Università degli Studi di Milano, Azienda Ospedaliera L. Sacco, Milano C.S., 10 anni, presenta da tre mesi dolore al rachide dorsale, inizialmente notturno, poi anche diurno, senza compromissione dell’attività fisica. L’anamnesi patologica remota è silente, non familiarità per patologie osteoarticolari ed immunoreumatologiche; non traumi recenti, febbre nè calo ponderale. Inizialmente è stata eseguita Rx del rachide dorsale con riscontro di atteggiamento scoliotico destroconvesso e riduzione di altezza della sesta vertebra dorsale. Ricoverata presso altro Ente, sono stati eseguiti esami ematici che hanno evidenziato negatività degli indici di flogosi, negativa anche l’intradermoreazione di Mantoux e nella norma Rx del torace ed ecografia addome; la TAC e la RMN senza mezzo di contrasto del rachide dorsale hanno evidenziato lesione litica della limitante superiore e dell’osso sottocondrale di D6 con caratteristiche erosive infiltrative, non alterazioni delle vertebre contigue. La scintigrafia ossea ha evidenziato una pseudofocalità, come da flogosi, nel tratto intermedio del rachide dorsale, lieve incremento di radioattività a carico di D5-D6 ed evidente captazione a livello delle apofisi trasverse di D6. S. è stata quindi ricoverata presso la nostra Clinica Pediatrica per ulteriori accertamenti: alla visita atteggiamento scoliotico destro-convesso con dolore alla digitopressione a livello delle ultime vertebre dorsali, cute sovrastante indenne; restante obiettività nella norma, in particolare indenni gli altri distretti osteoarticolari. Gli approfondimenti diagnostici hanno documentato negatività di titolo antistreptolisinico, fattore reumatoide, anticorpi anti-nucleo, sierologia per Brucella ed emocoltura; nella norma il metabolismo calcio-fosforo, paratormone e 25-OH-vitamina D. La RMN del rachide dorsale con contrasto ha evidenziato progressione della lesione a carico di D6 con sovvertimento della trabecolatura ossea a livello di D5 e D7 senza interessamento dei dischi intervertebrali. L’esame istologico da biopsia ossea a cielo aperto delle vertebre interessate ha evidenziato rimaneggiamento osseo e infiltrato flogistico aspecifico, assenza di cellule neoplastiche ed esame colturale negativo. E’ stata iniziata terapia antibiotica con oxacillina e cefotaxime ev, associata ad ibuprofene per os. Dopo 12 giorni di terapia è stata eseguita RMN del rachide in toto e del bacino, con riscontro di deflessione somatica di D8 e D11 e cedimento metamerico di L2. L’andamento clinico e gli accertamenti eseguiti ci hanno orientato per la diagnosi di “osteomielite cronica multifocale ricorrente” (CRMO), per cui è stata iniziata terapia con bifosfonati. La RMN del rachide di controllo eseguita dopo 6 mesi ha documentato stabilità delle lesioni. La CRMO si riscontra principalmente in età pediatrica ed è caratterizzata da lesioni ossee multiple, infiammatorie, con fasi di esacerbazione e remissione. La diagnosi è di esclusione, in particolare rispetto a neoplasie ed osteomielite acuta. La terapia è rappresentata dagli antinfiammatori non steroidei, in caso di fallimento da bifosfonati ed il decorso clinico è variabile. Bibliografia - Khanna G, Sato SP, Ferguson P. Imaging of chronic recurrent multifocal osteomyelitis. RadioGraphics. 2009; 29:11591177. - Wipff J, Adamsbaum C, Kahan A, Job-Deslandre C. Chronic recurrent multifocal osteomyelitis. Joint Bone Spine. 2011; 78:555-560. - Hofmann SR, Roesen-Wolf A, Hahn G, Hedrich CM. Update: cytokine dysregulation in chronic nonbacterial osteomyelitis. Int J Rheumatol. 2012: 310206. 60 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 61 IPOGAMMAGLOBULINEMIA IN PAZIENTE CON MOSAICISMO PER DELEZIONE INTERSTIZIALE DEL CROMOSOMA 21 F. Barzaghi1,2, C. Sartirana2, I. Brigida2, A. Aiuti1,2, R. Bacchetta1,2 1 Ospedale San Raffaele (OSR), Milano 2 San Raffaele Telethon Institute for Gene Therapy (HSR-TIGET), Istituto Scientifico San Raffaele, Milano Bambina attualmente di 9 anni e 2 mesi, nata small for gestational age, con note dismorfiche alla nascita. PROBLEMI NEUROLOGICI. Nei primi mesi di vita la RM encefalo mostrava immaturità della sostanza bianca e aree puntiformi iperintense a livello dei nuclei della base. Successivamente, riscontro di importante ritardo neuromotorio con assenza dell’eloquio, difficoltà a deambulazione e deglutizione. A 1 anno, insorgenza di epilessia in terapia con Gardenale. Problemi immunologici. A 8 anni per ipogammaglobulinemia e pregresse ripetute otiti, polmoniti e gastroenteriti spesso necessitanti di ricovero, eseguiva dosaggio delle IgG plasmatiche, che risultava 0,51 g/dL (normali IgA, IgM, IgE). Iniziava supplementazione con IgEV, con beneficio su episodi infettivi e livelli plasmatici di IgG (4 g/dL in media). ESAMI IMMUNOLOGICI. Isoemoagglutinine presenti, Ac vaccinali assenti (non vaccinata), ma Ac specifici per CMV ed HSV1 presenti. Immunofenotipo normale per età con sottopopolazioni T, B ed NK equamente distribuite. Risposta proliferativa in vitro presente per mitogeni e CMV, ma assente per tossoide tetanico, candida, varicella, herpes. Difettosa produzione di IgG in vitro, normale produzione di IgM ed IgA. GENETICA DI 1° LIVELLO. Cariotipo: mosaicismo per una delezione (del.) interstiziale del cromosoma (cr.) 21: 46[XX]/46,XX,del(21)(q22.1q22.3)[16],ish(tel21qx2). Letteratura. Due pubblicazioni citano problematiche immunologiche di pazienti con alterazioni del cr. 21: un paziente con cr. 21 ad anello, ipogammaglobulinemia ed infezioni ricorrenti; l’altro paziente deceduto per broncopolmonite e del. parzialmente sovrapponibile a quella del caso in esame. GENETICA DI 2° LIVELLO. CGH array: 21:37,891,500-47,634,222. Effettuato con lo scopo di identificare i geni contenuti nel tratto del cr. 21 deleto. IPOTESI PATOGENETICA. I geni situati nel segmento mancante sono circa 50, alcuni codificanti per molecole importanti nella risposta immune: ICOSL (IducibleT-cell co-stimulator ligand), AIRE (AutoimmuneRegulator) e ITGB2 or CD18 (Integrin beta-2, lymphocyte function-associated antigen-1). In particolare, ICOSL è una proteina delle cellule B che media attivazione e produzione di citochine delle cellule T e attivazione/differenziazione delle cellule B in plasmacellule. La sua assenza potrebbe in parte giustificare i disturbi osservati. Servono nuovi studi funzionali per identificare a che livello si evidenzia il difetto di differenziazione/produzione di Ig da parte delle plasmacellule. Non è chiaro il motivo dell’insorgenza tardiva della ipogammaglobulinemia, tuttavia la presenza di mosaicismo per la del., potrebbe determinare un vantaggio/svantaggio selettivo per i cloni B con del. e quindi configurare una condizione che può evolvere nel tempo. CONCLUSIONE. Nelle cromosomopatie con del., lo studio del ruolo dei geni deleti può suggerire la causa del difetto osservato e quindi terapie adeguate. Rimane da valutare la possibile insorgenza di altri sintomi dovuti ad alterazione di altri geni coinvolti, pertanto è auspicabile un attento follow-up immunologico. Bibliografia 1. Hypogammaglobulinaemia in a patient with ring chromosome 21. Arch Dis Child. 1997 Sep;77(3):252-4.Ohga S, et al. 2. Distinctive Phenotypic Abnormalities Associated with Submicroscopic 21q22 Deletion Including DYRK1A. Mol Syndromol. 2010 Sep;1(3):113-120. Oegema R, et al. 3. Syndromic mental retardation with thrombocytopenia due to 21q22.11q22.12 deletion: Report of three patients. Am J Med Genet A. 2010 Jul;152A(7):1711-7.Katzaki E, et al. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 61 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 62 UN CASO DI ENTERCOLITE ALLERGICA INDOTTA DA PROTEINE ALIMENTARI ASSOCIATA AD IPOPROTEINEMIA ED IPOALBUMINEMIA F. Di Dio, S. Palazzo, M. Di Vito, E. D’Auria Clinica Pediatrica, Ospedale San Paolo, Milano L’enterocolite allergica indotta da proteine alimentari (FPIES) è un’entità patologica non IgE-mediata scatenata dall’ingestione di specifiche proteine alimentari. Il quadro clinico presenta un’ampia variabilità: la malattia esordisce solitamente nei primi mesi di vita con sintomi gastrointestinali (vomito, diarrea), fino a condurre a shock e acidosi nei casi più severi. Gli alimenti principalmente coinvolti sono il latte vaccino (LV), la soia e il grano. Z., secondogenito nato a 39 settimane di età gestazionale da taglio cesareo per precesarizzazione dopo gravidanza normodecorsa. Peso alla nascita 2830 g (AGA), APGAR 10/10. Familiarità negativa per patologie dismetaboliche, eredofamiliari e/o allergopatie. Allattamento misto dalla nascita. A 2 mesi di vita comparsa di feci mucoematiche, inappetenza e deflessione della crescita ponderale. Per tale motivo prescritta dal Curante formula delattosata e probiotici, con persistenza del quadro. Pertanto condotto presso il Pronto Soccorso di un Presidio Ospedaliero, dove si disponeva per ricovero per accertamenti e cure del caso. Eseguiti emocromo ed esame urine completo, risultati nella norma, esami metabolici di primo livello, ricerca IgE specifiche per alimenti ed esami infettivologici su feci ed urine, tutti risultati negativi. Durante la degenza impostata dieta priva di proteine del LV, con prescrizione inizialmente di idrolisato di soia, successivamente per scarsa compliance sostituito con idrolisato di riso, che il bambino assumeva volentieri. Alla dimissione mancato incremento ponderale e persistenza di feci mucoematiche; posta indicazione a proseguire dieta priva di proteine del LV per il bambino. Indicata dieta a ridotto intake di proteine del LV per la madre. Circa 5 giorni dopo la dimissione nuovo accesso presso medesimo centro per persistenza del quadro e calo ponderale, per cui trasferito paziente presso centro di III livello (Clinica Pediatrica Ospedale San Paolo). Durante il ricovero l’esame obiettivo evidenziava la presenza di edemi. Riscontro di ipoproteinemia (2,7 g/dl), ipoalbuminemia (1,4 g/dl), riduzione livelli plasmatici di prealbumina (7 mg/dl), ipovitaminosi D (14 ng/ml, in assenza di segni clinici ed ematochimici di rachitismo), positività ricerca sangue occulto fecale e calprotecina fecale (165 mg/kg). Eseguiti ecografia addome, Skin Prick Test e ricerca IgE specifiche per alimenti, tutti risultati negativi. Nel sospetto di FPIES da proteine del LV, prescritta dieta priva di LV per la madre e formula aminoacidica per il bambino con integrazione calorica e vitaminica. Durante la degenza ripresa della crescita ponderale, progressiva risoluzione degli edemi, normalizzazione dell’alvo e della calprotectina fecale e negativizzazione ricerca sangue occulto fecale. Dimesso pertanto con diagnosi di FPIES indotta da proteine del LV e consigliato follow-up allergologico. Ad 1 mese dopo la dimissione normalizzazione dei valori di albuminemia (3,85 g/dl) e prealbumina (19,6 mg/dl). Attualmente lattante in incremento ponderale, alvo regolare, assume formula aminoacidica con buona compliance. Bibliografia - Leonard SA, Nowak-Węgrzyn A. Food protein-induced enterocolitis syndrome: an update on natural history and review of management. Ann Allergy Asthma Immunol 2011;107(2):95-101. - Katz Y, Goldberg MR, Rajuan N, Cohen A, Leshno M. The prevalence and natural course of food protein-induced enterocolitis syndrome to cow's milk: a large-scale, prospective population-based study. J Allergy Clin Immunol 2011;127(3):647-53. - Nowak-Wegrzyn A, Muraro A. Food protein-induced enterocolitis syndrome. Curr Opin Allergy Clin Immunol 2009;9(4):371-7. 62 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 63 LO STRIDORE NEL LATTANTE: SINDROME DA COMPRESSIONE DELL’ARTERIA ANONIMA S. Palazzo, F. Di Dio, P. Poli, E. D’Auria Clinica Pediatrica, Ospedale San Paolo, Milano Università degli Studi di Milano, Milano Lo stridore è un segno clinico caratterizzato da un rumore monofonico causato dalla turbolenza dell’aria attraverso restringimenti delle vie aeree intra-extra-toraciche. Le cause sono sovralarigee o tracheali (tra cui le anomalie dell’arco aortico rappresentano meno dell’1% di tutte le cardiopatie congenite; tra le minori l’arteria innominata anomala, l’arteria succlavia destra aberrante e l’arteria polmonare sinistra anomala). M., nata a 37+3 settimane da parto eutocico spontaneo dopo gravidanza caratterizzata da diabete gestazionale in terapia insulinica ed ipotiroidismo materno in terapia sostitutiva. Ecografie fetali sempre nella norma. Peso: 3120 gr (AGA), lunghezza: 46 cm (10°pc), Apgar:1’:8 (ipotono e cianosi cutanea), 5’:10. Eseguita terapia infusionale da accesso periferico con soluzione glucosata 8% con monitoraggio glicemico nella norma ed accertamento ecocardiografico nella norma. Screning neonatale ed otoemissioni acustiche nella norma. Dal 5° giorno di vita allattamento di tipo complementato con episodi di rigurgiti fisiologici.Familiarità per diabete mellito tipo II e cardipoatia non precisata (nonna paterna), ipotiroidismo (madre). Al mese di vita, ricovero per accertamenti e cure in merito a tosse persistente con crisi di apnea senza cianosi. Accrescimento staturoponderale regolare. Ha eseguito: esami ematochimici ed urinari (nella norma), sierologia per Mycoplasma e Chlamydia (neg), ricerca di Adenovirus e RSV (negativi), ricerca di mutazioni per il gene CFTR (neg), ECG (tachicardia sinusale con prevalenza ventricolare destra), Rx torace (ndp), test del sudore (neg), visita ORL con rinofibroscopia (nella norma, non laringomalacia), SPT per alimenti (neg), esame ecocardiografico (piccolo forame ovale pervio con piccolo shunt sinistro-destro non emodinamicamente significativo). Posta diagnosi di rigurgiti post-prandiali episodici ed intrapresa terapia posturale e farmacologica con sodio alginato + potassio bicarbonato. In regola con il calendario vaccinale. Nel follow-up per persistenza della respirazione rumorosa, legata al pianto e al movimento e associata a episodi ingravescenti di apnee con cianosi e desaturazione, al 5° mese di vita, esegue TC torace senza e con mezzo di contrasto: immagine compatibile in prima ipotesi con tracheomalacia (la trachea mostra marcata riduzione del calibro antero-posteriore con lume collabito per contatto delle due pareti), meritevole di approfondimento diagnostico con tracheo-broncoscopia (non eseguita indagine radiografica con pasto baritato per sospetto diagnostico di fistola tracheo-esofagea). L’esame endoscopico ha presentato a livello medio tracheale, compressione pulsatile estrinseca riferibile a tronco anonimo anomalo che determina riduzione del calibro tracheale, in fase statica del 50%, per cui viene consigliato intervento di aortopessi anteriore, eseguito all 6° mese di vita in due sedute (breve periodo di ipertensione arteriosa post intervento trattata con ace-inibitore). Nel followup completa risoluzione della sintomatologia e crescita staturoponderale sempre adeguata all’età. Bibliografia - M. Daniel, A. Cheng - Neonatal stridor – Inter. J of Ped. 2012. - C. Backer et al – Trends in vascular ring surgey – J. Tor. and Card. Sur. 2005: 129, 1339. - Y. Seedat et al – Vasular cause for stridor in infants – SAMJ 2011; 101 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 63 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 64 E SE FOSSE UN PROBLEMA DI CLORO? 1 L. Lucaccioni1, L. Lugli2, R. Frassoldati1, A.R. Di Biase3, L. Lughetti1 Scuola di specializzazione in Pediatria, Universtità degli Studi di Modena e Reggio Emilia 2 U.O. Neonatologia, Azienda ospedaliero-universitaria Policlinico di Modena 3 U.O. Pediatria, Azienda ospedaliero-universitaria Policlinico di Modena La Diarrea Congenita dei Cloruri (CCD) è una malattia rara autosomica recessiva caratterizzata da diarrea secretoria cloruro disperdente che, se non diagnosticata, può rapidamente portare a disidratazione, perdita di peso e morte nei primi mesi di vita. È causata dalla mutazione del gene SLC26A3, sul cromosoma 7q31, che codifica per lo scambiatore anionico Cl-/HCO3- espresso sulla membrana degli enterociti, il cui malfunzionamento determina alcalosi metabolica ipocloremica, iponatriemica ed ipokaliemica. Presentiamo una recente diagnosi di CCD il cui riscontro molecolare ha permesso di individuare una nuova mutazione del gene SLC26A3, non nota in letteratura. XY, maschio, nato a 35+ 5 settimane di EG, da TCU per scarsi movimenti fetali e CTG poco rassicurante. All’ecografia prenatale presenza di polidramnios e anse intestinali dilatate. Anamnesi familiare: consanguineità dei genitori (cugini di secondo grado). Alla nascita APGAR 1':8, 5':9; parametri accrescitivi al 25°centile. Per il dato ecografico e la segnalata mancata emissione di meconio,in luogo del quale fuoriuscivano feci liquide con persistenza di addome disteso, il neonato veniva ricoverato in Neonatologia. L’atresia intestinale era rapidamente esclusa (RX addome ed ecografia negative) e date le ottime condizioni generali, l’alimentazione enterale totale veniva raggiunta in sesta giornata con sospensione delle infusioni ev. In nona giornata si evidenziava compromissione clinica con colorito grigiastro ed addome disteso: screening settico negativo, , importante iponatremia, RX addome negativo. Si sospendeva alimentazione e si posizionava CVC con infusione elettrolitica e terapia antibiotica. Al progressivo lento miglioramento clinico si associava ripresa dell’alimentazione con totale sospensione delle infusioni in 20° giornata di vita. A 48 da tale sospensione l’emogasanalisi mostrava di nuovo quadro di severa alcalosi metabolica con iponatremia, ipokaliemia e ipocloremia, per cui si riprendeva il supporto elettrolitico ev. La diuresi si manteneva elevata, con valori medi di 7 cc/Kg/h. Il sospetto di sindrome di Bartter veniva escluso in seguito all’andamento dell’elettrolitemia (deficit sia di K, che di Na e Cl) e dell’esame chimico-fisico delle urine (Assenza di calciuria. dUNa/dUK <1; dU Cl < 4 mEq/L). L’esame chimico-fisico delle feci mostrava invece elevati livelli di cloruri (88mMol/L) facendo porre il sospetto di CCD che veniva confermato dall’analisi molecolare con riscontro, in omozigosi, della variante c971+3_971+4delAA sul sito criptico di splicing tra esone 8 e introne 8 del gene SLC26A3. (genitori entrambi eterozigoti). La terapia elettrolitica sostitutiva per os con NaCl 0.7% e KCl 0.3%, secondo linee guida internazionali, miglioramento l’elettrolitemia, con corretta escrezione di Cl urinario e dalla normalizzazione dei valori di renina ed aldosterone. A distanza di 8 mesi le condizioni generali permangono buone. Bibliografia - Wedenoja S, Ho Glund P, Holmberg C. Review article: the clinical management of congenital. Chloride diarrhoea. Aliment pharmacol ther 2011 31, 477-485. 64 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 65 SINDROME DA ENCEFALOPATIA POSTERIORE REVERSIBILE (PRES): RARO ESORDIO DI UNA GLOMERULONEFRITE POST-STREPTOCOCCICA IN ETA’ PEDIATRICA V. Cioni1, I.Guidotti1, A. Dozza2, S.Cantatore2, P. Paolucci1,2, L. Lughetti1,2 Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia 2 U.O. Pediatria, Dipartimento Integrato Materno-Infantile, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena 1 Le glomerulonefriti acute (GN) nel bambino nel 50% dei casi sono conseguenti ad infezione da Streptococco beta emolitico di gruppo A (SBA), con meccanismo immunomediato. Abitualmente la sintomatologia compare dopo un periodo di latenza dall’infezione, ed è caratterizzata da edemi declivi (85%), macroematuria (30-50%), insufficienza renale (IR). Esordi meno comuni sono la forma cardiovascolare (ipertensione, insufficienza cardiaca, edema polmonare) e l’encefalopatia ipertensiva (cefalea, vomito, convulsioni, coma). La Sindrome da Encefalopatia Posteriore Reversibile (PRES), caratterizzata da cefalea, vomito, convulsioni, alterazioni del visus, confusione, coma, ha un’incidenza nei bambini con patologia renale di circa 4%. L’eziologia è varia, ma basata sull’insorgenza acuta di ipertensione, con superamento della capacità di autoregolazione del sistema vascolare del SNC. La RMN cerebrale è diagnostica, con regioni focali di edema emisferico della sostanza bianca dei lobi posteriori, con possibile coinvolgimento di altre aree. Le alterazioni sono reversibili; in caso di intervento non tempestivo possibile edema cerebrale citotossico con sequele permanenti. XX, 9 anni, veniva condotta in Accettazione pediatrica per edema palpebrale progressivo, vomiti, oliguria e urine ipercromiche. Tre settimane prima la bambina aveva presentato flogosi febbrile delle alte vie aeree trattata con paracetamolo. All'ingresso, XX aveva Pa 140/80 mmHg, edema palpebrale, fovea agli arti inferiori, faringe iperemico e durante la visita presentava due episodi critici, risolti dopo somministrazione di diazepam er. Gli esami di laboratorio evidenziavano leucocitosi, lieve aumento creatinina, ematuria e proteinuria, mentre la Tac encefalo un quadro compatibile con PRES. Gli accertamenti svolti nella degenza risultavano indicativi per GN post-streptococcica (ipercreatininemia, ipoalbuminemia, ipocomplementemia, TAS aumentato; ematuria glomerulare, proteinuria). Dal punto di vista neurologico l’EEG evidenziava treni di OL posteriori e la RMN encefalo confermava il quadro neuroradiologico. La terapia effettuata (diuretica ed antipertensiva con restrizione di liquidi, dieta iposodica e terapia antibiotica) determinava un rapido calo ponderale, la scomparsa degli edemi, la normalizzazione della funzionalità renale e la riduzione di proteinuria e valori pressori, nonché la risoluzione completa del quadro neurologico. La Sindrome da Encefalopatia Posteriore Reversibile, pur associata a patologie renali, non è comune all’esordio di una GN post-streptococcica. La sintomatologia neurologica, se non correttamente interpretata, rischia di fuorviare il corretto iter terapeutico che, come nel nostro caso, si può giovare dell’uso appropriato di anti ipertensivi quali gli Ace inibitori, farmaci con importante effetto ipotensivo e antiproteinurico. Bibliografia - Posterior reversible encephalopathy syndrome in the pediatric renal population. Onder AM, et al. Pediatr Nephrol. 2007 Nov;22(11):1921-9. - Age and gender may affect posterior reversible encephalopathy syndrome in renal disease. Yamada A, et al. Pediatr Nephrol. 2012 Feb;27(2):277-83. - Strict blood-pressure control and progression of renal failure in children. ESCAPE Trial Group, et al. N Engl J Med. 2009 Oct 22;361(17):1639-50. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 65 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 66 DA UNA LINFADENOPATIA AL MELANOMA: IMPORTANZA DELLA CORRETTA VALUTAZIONE DELLE LESIONI MELANOCITARIE ATIPICHE IN ETÀ PEDIATRICA G. Pecoraro, C. Ficociello, I. Martinelli, S. Perrotta, P. Indolfi, F. Casale Scuola di Specializzazione in Pediatria, Seconda Università di Napoli, Napoli, Italia In questo report descriviamo il caso di una bambina giunta alla nostra osservazione con linfodenomegalia inguinale rivelatasi metastasi da melanoma insorto su Nevo di Spitz. • La paziente giungeva alla nostra osservazione per la comparsa di tumefazione dolente in regione inguinale sinistra associata a limitazione della deambulazione, non regredita dopo adeguato trattamento antibiotico ed antinfiammatorio. Nessuna sintomatologia sistemica degna di nota. • Dall’anamnesi remota emergeva l’ asportazione completa di nevo tipico a carico del gluteo di sx all’ età di 8 anni. • L’esame obiettivo risultava negativo fatta eccezione per la presenza in regione inguinale sinistra della presenza di un pacchetto linfonodale dolente alla digitopressione delle dimensioni di 4x3 cm di consistenza dura, adeso ai piani sottostanti e ricoperto da cute inizialmente integra e non iperemica. • Gli esami ematochimici evidenziavano VES=61; pannel infettivologico negativo. • Ecografia e RMN locoregionale evidenziavano la presenza di linfonodi con tendenza alla colliquazione e infiammazione del tessuto sottocutaneo di tutta la regione pubica. • Si procedeva pertanto alla biopsia dei linfonodi inguinali: il quadro istopatologico descriveva suddetti linfonodi e i tessuti molli perinodali quali sede di metastasi di melanoma. Le indagini di completamento diagnostico e stadiazione della malattia confermavano la presenza di melanoma metastatico ai linfonodi ascellari, sovraclaveari, retro peritoneali, inguinali, al polmone e mediastino. • Sulla scorta del dato anamnestico si richiedeva pertanto la revisione istopatologica dei preparati del nevo escisso in precedenza la quale, a differenza del referto iniziale, descriveva la lesione quale Nevo di Spitz Atipico; l’ escissione risultava inoltre incompleta. • Iniziato il trattamento, si è osservata rapida progressione di malattia che conferma la non responsività del melanoma alla chemioterapia. Il melanoma in età pediatrica è una patologia estremamente rara pari al 2% di tutti i melanomi. Nel 60 % dei casi insorge su un nevo preesistente; pertanto le lesioni melanocitarie, soprattutto se atipiche, richiedono un adeguato monitoraggio anche nel bambino. La valutazione di tali lesioni in età pediatrica deve essere effettuata in centri specializzati e si articola in tre momenti fondamentali: 1. osservazione clinica per valutare eventuali modifiche morfologiche; 2. stretto follow up ematochimico (NSE e S-100) e strumentale (ecografia loco regionale); 3. escissione diagnostica della lesione pigmentata in caso di fondato sospetto di malignità con adeguato rispetto dell’ integrità dei margini. La biopsia del linfonodo sentinella è consigliata; in caso di positività linfonodale segue la linfadenectomia regionale. La chirurgia resta la principale opzione terapeutica nel melanoma. I pazienti con melanoma localizzato mostrano buona prognosi con sopravvivenza media a 10 anni di circa il 90%, mentre i bambini con melanoma diffuso ai linfonodi regionali o con metastasi a distanza hanno una prognosi a 10 anni notevolmente peggiore, rispettivamente 60% e 25%. Bibliografia - Garrido-Ruiz MC, et al. The immunohistochemical profile of Spitz nevi and conventional (non-Spitzoid) melanomas: a baseline study. Mod Pathol. 2010 Sep;23(9):1215-24. - Pol-Rodriquez M, et al.. Influence of age on survival in childhood spitzoid melanomas. Cancer. 2007 Apr 15;109(8):1579-83. 66 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 67 UN CASO DI SINDROME DI RUBINSTEIN-TAYBI CON MALFORMAZIONE DI ARNOLD-CHIARI DI TIPO 1 E DEFICIT DI GH G. Cantelmi, Assistente in formazione specialistica, Seconda Università degli Studi di Napoli, Dipartimento di pediatria F.Fede Prof.ssa L.Perrone, Direttore del Dipartimento della Donna, del Bambino e di Chirurgia Generale e Specialistica Prof. B. Nobili, Direttore della Scuola di specializzazione Riportiamo il caso di una paziente affetta da RSTS, deficit di GH, Tiroidite, Malformazione di Arnold-Chiari di tipo I (MAC1) e conseguente Cavità Siringomielica. La Sindrome di Rubinstein-Taybi (RSTS), sindrome rara con incidenza di 1:125000, è caratterizzata da anomalie congenite come alluci e pollici corti, slargati ed appiattiti, microcefalia, rima oculare ristretta, naso a becco, palato ogivale, morso inverso. Questi pazienti hanno normale sviluppo prenatale e sono riconosciuti alla nascita per le caratteristiche fenotipiche. Il QI medio è di 35. Circa il 50% dei pazienti ha anomalie EEGrafiche e di questi il 28% presenta episodi critici, 1/3 ha difetti cardiaci congeniti, alcuni presentano malattia da RGE. Vi è inoltre maggiore incidenza di tumori e cheloidi. Anomalie citogenetiche (riarrangiamenti cromosomici coinvolgenti la banda 16p13.3) o molecolari (mutazioni puntiformi del gene CBR o l’omologo p300 entrambi con attività iston-acetiltrasferasica) possono essere identificate nel 55% dei pazienti. La paziente in esame giunge alla nostra osservazione con pregressa diagnosi di RSTS e di deficit di GH confermata da due test positivi (Glucagone e Clonidina, picco di GH < 7ng/mL), già in trattamento con ormone della crescita. Lo studio molecolare evidenzia mutazione puntiforme del gene CBP. Presenta scoliosi. La tiroide palpabile ci spinge a praticare dosaggio degli ormoni tiroidei ed ecografia tiroidea evidenzianti quadro tiroiditico. Impostiamo il follow-up clinico-strumentale previsto per tale sindrome e pratichiamo RMN encefalo che mostra MAC1 con tonsille cerebellari discese fino a C2. In seguito a questo reperto, nonostante l’asintomaticità clinica, si esegue RMN del midollo e si evidenzia cavità siringomielica divisa in due componenti, cervicale e dorsale, da sottoporre ad intervento chirurgico con medio livello di urgenza per il forte potenziale evolutivo. A completamento delle indagini sistematiche si effettuano EEG, Ecocardiogramma, Ecografia addome risultati nella norma. Età ossea ritardata di un anno. QI 40. Descriviamo per la prima volta la coesistenza in un solo paziente di RSTS, MAC1, cavità siringomielica e deficit di GH. In letteratura troviamo solo due casi di RSTS associati a MAC1 e non è riportato alcun paziente con RSTS affetto da deficit di GH. Resta da chiarire se l’associazione di MAC1 sia con la RSTS o col deficit di GH vista l’elevata frequenza di anomalie encefaliche evidenziabili con la RMN nei deficit di GH (alterazioni ipofisarie si riscontrano nell’80% dei deficit isolati, la MAC1 è presente nel 5-20% dei casi). Non è da escludere, tuttavia, che ci possa essere un primum movens comune (ad esempio molecolare) che giustifichi l’insieme del quadro clinico della paziente. La casuale coesistenza di diverse entità nosologiche rare ci sembra strana. Bibliografia - A case of Rubinstein-Taybi Syndrome with a CREB-binding protein gene mutation.Kim SH, Lim BC, Chae JH, Kim KJ, Hwang YS. Korean J Pediatr. 2010 Jun;53(6):718-21 doi: 10.3345/kjp.2010.53.6.718. Epub 2010 Jun 23. - Identical twin sisters with Rubinstein-Taybi syndrome associated with Chiari malformations and syrinx Parsley L, Bellus G, Handler M, Tsai AC.Am J Med Genet A. 2011 Nov;155A(11):2766-70 doi: 10.1002/ajmg.a.34227. Epub 2011 Sep 19. - Rubinstein-Taybi syndrome associated with Chiari type I malformation caused by a large 16p13.3 microdeletion: a contiguous gene syndrome? Wójcik C, Volz K, Ranola M, Kitch K, Karim T, O'Neil J, Smith J, Torres-Martinez W. Am J Med Genet A. 2010 Feb;152A(2):479-83. doi: 10.1002/ajmg.a.33303. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 67 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 68 QUANDO IL PORTATORE DI TALASSEMIA HA UN FENOTIPO CLINICAMENTE SIGNIFICATIVO… R. Nocerino, M. Messalli, I. Perrotta, G. Amoroso, T. De Michele, S.M.R. Matarese Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Napoli S.U.N. Le talassemie sono malattie ematologiche a trasmissione recessiva dovute ad un difetto quantitativo nella sintesi delle catene globiniche. Il numero di geni coinvolti e le diverse mutazioni, caratterizzano il fenotipo dell’omozigote e dell’eterozigote. Descriviamo due casi clinici in cui il fenotipo clinicamente significativo ha indotto l’esecuzione di ulteriori indagini che hanno permesso una corretta diagnosi in due bambini precedentemente identificati come portatori di trait talassemico. 1) A.N., femmina di anni 3 giunge in DH per anemia microcitica;dall’anamnesi si evince che nel gentilizio paterno è presente trait talassemico non specificato e che la paziente, in base all’emocromo, è stata considerata anch’essa portatrice. L’esame clinico evidenzia pallore della cute e modica splenomegalia. Le indagini ematochimiche confermano l’anemia ipocromica microcitica con normale stato marziale; il tracciato elettroforetico dell’Hb mostra una banda veloce rispetto all’HbA con HbF 6,2%,HbA2 1.1%; lo studio dei genitori rileva che il padre è microcitemico(MCV 65.9 fl) con HbF 1.5%,HbA2 2% e normale tracciato elettroforetico, la madre risulta normocitemica con HbF 0.6%, HbA2 2.6% e normale tracciato elettroforetico; lo studio molecolare del cluster α globinico mostra la delezione di tre geni α nella piccola (α-3.7/(α)-20.5). Si pone diagnosi di HbH. 2) P.L., maschio di anni 12 giunge in DH per anemia ed iperbilirubinemia. Familiarità per β-trait nel gentilizio materno; anamnesi personale positiva per ittero alla nascita e per diagnosi di portatore di β-tal.L’esame clinico rileva ittero,splenomegalia e segno di Murphy positivo. Gli esami ematochimici mostrano anemia (Hb10.6g/dl) microcitica (MCV57.5fl) con normale stato marziale e bil.tot di 5.81 mg/dl (ind.4,95mg/dl). Il tracciato elettroforetico dell’Hb è normale con HbF 2,2% e HbA2 5,5% confermando un trait β-tal. Lo studio molecolare del gene UGT1A mostra la presenza della mutazione (TA)7 nel promoter in omozigosi associata alla S.di Gilbert. Lo studio dei genitori conferma che la madre è portatrice di β-tal e che il padre è normocitemico con normale tracciato elettroforetico e normali valori di HbF e HbA2. Si procede allo studio familiare dei geni alfa che mostra un genotipo ααα/αα nel padre e nel figlio; si pone quindi diagnosi di talassemia intermedia(ααα/β-trait) in paziente con associata S.di Gilbert. CONCLUSIONI. La coereditarietà di un gene α triplicato con un deficit di β catene dà un quadro di talassemia intermedia per l’ulteriore sbilanciamento α globinico, quindi la diagnosi di ααα/β-trait deve essere presa in considerazione quando un portatore β ha un fenotipo clinicamente significativo.Un’altra alterazione importante nella sintesi dei geni α è quella dovuta alla delezione di tre genic α, condizione che determina la malattia da HbH caratterizzata da un’emoglobina anomala (β4) associata ad un fenotipo clinicamente significativo.In conclusione va ricordato che un microcitemico,con normale stato marziale e fenotipo clinicamente significativo,merita indagini più approfondite per alterazioni talassemiche “silenti”nei genitori. Bibliografia 1. Bianco I, Lerone M, Foglietta E, Deidda G, Cappabianca MP, Morlupi L, et al. Phenotypes of individuals with a beta thal classical allele associated either with a beta thal silent allele or with alpha globin gene triplication. Haematologica 1997; 82:513-25. 2. R. Galanello, M.D. Cipollina, F.R. Demartis, M.C. Sollaino,S. Satta, D. Loia, L. Perseu. I difetti emoglobinici e la loro valutazione di laboratorio. RIMeL / IJLaM 2007; 3. 3. Sripichai O, Munkongdee T, Kumkhaek C, Svasti S, Winichagoon P, Fucharoen S. Coinheritance of the different copy numbers of alpha-globin gene modifies severity of beta-thalassemia/Hb E disease. Ann Hematol. 2008 May;87(5):375-9. Epub 2007 Nov 20. 68 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 69 UN FALSO CASO DI MUNCHAUSEN E. Ruberto, E. Nicastro, M. Alessio, A. Guarino Dipartimento di Pediatria, Università degli Studi Federico II di Napoli Bambino maschio che all’età di 3 anni presenta per la prima volta un quadro clinico caratterizzato da febbre, mucosite, rash cutaneo eritematoso e desquamante che coinvolgeva anche la regione palmoplantare. Per sospetta M. di Kawasaki praticava terapia con IVIG, con risoluzione dell’episodio. Da allora episodi recidivanti di rash eritematoso ad evoluzione ecchimotica, pruriginoso, ad arti, superfici flessorie, regione perianale trattati con cortisonici topici. A 5 anni, per diarrea mucoematica e quadro di gastrite e colite cronica indeterminata, riceveva trattamento con omeprazolo, salazopirina, metronidazolo, claritromicina. A 6 anni presentava nuovamente diarrea mucoematica associata a febbre, linfoadenomegalia laterocervicale, rash eritematoso diffuso ed angioedema del volto, con scarsa risposta alla terapia antibiotica ad ampio spettro e risoluzione dopo IVIG. Nell’ ipotesi di vasculite da farmaci, iniziava terapia con prednisone e antistaminico, tuttavia dopo pochi giorni presentava un peggioramento delle lesioni cutanee con eritrodermia e febbre, con shock ipovolemico alla sospensione del cortisone, tale da rendere necessario il trasferimento in Terapia Intensiva. Alla stabilizzazione del quadro clinico iniziava terapia con ciclosporina e antistaminico. Da allora continuava a presentare febbre periodica associata a rash cutaneo eritematoso con evoluzione ecchimotica, ipotensione, oliguria, dolori addominali e diarrea muco ematica per i quali è stato visto in molti centri in Italia e in molti dei quali è stata ipotizzata una sindrome di Munchausen. Giungeva alla nostra attenzione all’età di 7 anni, dopo ricoveri in diverse strutture sul territorio nazionale. Nel corso del follow-up sono state escluse infezioni virali, angioedema ereditario, sono risultati negativi markers umorali di autoimmunità (ANA, AMA, LKM, CIC, Test di Coombs, Ab anti-PLT e antineutrofili), le porfirine urinarie e il porfobilinogeno. L’esame tossicologico sulle urine evidenziava una positività per barbiturici che non si confermava successivamente né con metodica immunoenzimatica né all’esame spettrometrico, dove si segnalava picco compatibile con acido metilglutaconico. Un’analisi molecolare estensiva per sindromi autoinfiammatorie è risultata negativa (TNFRSF1A, CIAS1, MVK), ma si evidenziava una singola mutazione in eterozigosi del MEFV (H148Q), e un’elevata concentrazione di sieroamiloide, per cui iniziava terapia con colchicina, senza miglioramenti. Dopo una buona risposta clinica agli steroidi ad alto dosaggio intraprendeva terapia con Anakinra (Ab monoclonale anti-IL1), tutt’ora in atto, con eccellente risposta clinico-bioumorale. Conclusioni: nella gestione delle sindromi autoinfiammatorie è ancora di fondamentale importanza l’interpretazione dell’evoluzione clinica, soprattutto nei casi con coinvolgimento multiorgano. La risposta al trattamento con anticorpi anti IL1 può orientare la diagnosi e resta tuttavia particolarmente complessa e a rischio di interpretazioni del tutto inappropriate (munchausen). RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 69 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 70 UN CASO DI CHARCOT-MARIE-TOOTH E RITARDO DELLO SVILUPPO PSICOMOTORIO M. Tufano Dipartimento Di Pediatria, Università degli Studi di Napoli Federico II La malattia di Charcot-Marie-Tooth è una neuropatia periferica ereditaria, la cui prevalenza è stimata 1/2500. E’ caratterizzata da atrofia muscolare e neuropatia sensitivo-motoria progressiva che colpisce le estremità degli arti, spesso associata a piedi cavi. Generalmente esordisce prima dei 20 anni e colpisce inizialmente gli arti inferiori. L'evoluzione è cronica e lentamente progressiva. Può essere trasmessa con tutti i modelli ereditari mendeliani. La trasmissione dominante è la più diffusa in Europa. Sono note tre forme: demielinizzante (CMT1), dominante legata all'X (CMTX1) e assonale (CMT2). La forma assonale autosomica dominante tipo 2A2 è spesso determinata dalla mutazione del geneMFN2. Descriviamo quindi un caso di CMT2A2 caratterizzata da neuropatia sensitivo motoria e ritardo dello sviluppo psicomotorio (RSPM). Caso clinico. A. giungeva alla nostra osservazione per RSPM. All’anamnesi personale si segnalava riscontro di aumentata traslucenza nucale all’ecografia prenatale. Il piccolo aveva sempre presentato una buona crescita staturo ponderale. Le tappe dello sviluppo psicomotorio venivano riferite nella norma fino a circa due anni di vita quando il piccolo aveva cominciato presentare andatura instabile e un arresto dell’evoluzione del linguaggio. Il test di livello mostrava un RSPM severo. Durante il ricovero venivano escluse patologie di natura metabolica e genetica (atrofia muscolare spinale, sindrome di Angelman, di Rett e X fragile). Inoltre la RMN encefalica non evidenziava alterazioni di nota. Per il progressivo peggioramento dell’instabilità dell’andatura praticava studio elettrofisiologico che mostrava: sofferenza delle fibre nervose periferiche sia motorie che sensitive di tipo degenerativo-assonale e più grave per gli arti inferiori. L’indagine molecolare confermava il sospetto di CMT2A2 mostrando a livello del gene MFN la variante c.310 C>T nell’esone 4, che determinava una sostituzione aminoacidica pArg104Trp. Conclusioni Le manifestazioni cliniche patologiche a carico delle estremità (arti superiori ed inferiori) del nostro paziente sono riconducibili alla neuropatia di CMT2A2 su base genetica. Circa le ulteriori manifestazioni cliniche del piccolo, quali il ritardo dello sviluppo a carico del linguaggio, potrebbero essere ascrivibili alla mutazione riscontrata. È stata infatti segnalata l’associazione di ritardo mentale e mutazione di MNF2 in tre componenti di una stessa famiglia italiana. Il nostro caso potrebbe quindi ulteriormente confermare che la mutazione di MNF2 può determinare un danno neurologico diffuso sia centrale che periferico. Bibliografia 1. Nicolaou P, Zamba-Papanicolaou E, Koutsou P, Kleopa KA, et al. (2010). Charcot-Marie-Tooth disease in Cyprus: epidemiological, clinical and genetic characteristics. Neuroepidemiology 35: 171-177. 2. Brockmann K, Dreha-Kulaczewski S, Dechent P, et al. Cerebral involvement in axonal Charcot–Marie–Tooth neuropathy caused by mitofusin 2 mutations. J Neurol 2008; 255: 1049–58. 3. Del Bo R, Moggio M, Rango M, Bonato S, D'Angelo MG, Ghezzi S, Airoldi G, Bassi MT, Guglieri M, Napoli L, Lamperti C, Corti S, Federico A, Bresolin N, Comi GP. Mutated mitofusin 2 presents with intrafamilial variability and brain mitochondrial dysfunction. Neurology. 2008 9;71(24):1959-66. 70 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 71 VA’ DOVE TI PORTA IL CUORE S. Esposito, R. Ricotti, G. Bona Università degli studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”, Novara Si definisce ernia diaframmatica congenita la presenza di un orifizio a livello del diaframma, spesso in sede posterolaterale sinistra, causa di erniazione del contenuto addominale in torace. Incidenza: < 1-5:10.000 nati vivi; frequente l’associazione con altre malformazioni. I casi non diagnosticati in epoca fetale hanno ampio spettro di manifestazioni cliniche: dal severo distress respiratorio con dislocazione dell’aia cardiaca a destra al reperto occasionale. D.M., lattante di 44 giorni di origine egiziana, giunge in PS per pianto, inappetenza ed alvo chiuso a feci da 48 ore. Nato da parto eutocico a termine, in gravidanza fisiologica. APGAR a 1 e 5 minuti: 9/9. Regolare follow-up ecografico prenatale. Peso neonatale: 3190g. Allattato al seno materno, la crescita è regolare. All’ECG, a 30 giorni di vita, riscontro di estrema rotazione cardiaca destra. In anamnesi, una sorella operata a 30 mesi per cardiopatia congenita complessa. All’esame obiettivo: buone condizioni generali, vigile e reattivo. Peso 3980g (50° centile). Temperatura rettale 37.0°C. SatO2 in aria ambiente 98%. FC 135 bpm. Cute roseo-pallida, non esantemi, nè petecchie. Faringe e membrane timpaniche indenni. Fontanella anteriore (2x2cm) piana. Toni cardiaci netti, validi, udibili a destra, non soffi. Murmure vescicolare ridotto a sinistra. Addome trattabile, margine epatico palpabile ad 1.5 cm dall’arco costale. Genitali esterni maschili; non masse scrotali, né ernie inguinali. Riflessi arcaici normoevocabili. Tono adeguato. Di norma risultano: esami ematochimici, EGA ed esame urine. All’Rx torace ed addome si evidenziano: dislocazione a destra dell’immagine cardio-mediastinica; bolla gastrica e flessura splenica del colon migrate cranialmente (relaxatio diaframmatica? Ernia diaframmatica?); disventilazione in sede apicale sinistra; non apprezzabili versamenti pleurici. L’ecografia toracica mostra: dislocazione intratoracica della milza con risalita del rene omolaterale e delle anse intestinali; emidiaframma sinistro non valutabile. Esegue inoltre: ecocardiografia (situs solitus, destrocardia; normali concordanze atrio-ventricolari e ventricoli-grosse arterie; setti integri; regolari contrattilità e flussi nelle grosse arterie) ed ecografia cerebrale (di norma). Posta diagnosi di ernia diaframmatica posterolaterale si ricovera in Chirurgia Pediatrica. Vengono posizionati sondino naso-gastrico (sng) e catetere venoso centrale, ed avviate infusione glucoelettrolitica, Ranitidina e terapia antibiotica profilattica. Si esegue intervento chirurgico correttivo di riduzione dell’ernia e chiusura della breccia diaframmatica in laparotomia. All’Rx torace ed addome postoperatorio: non addensamenti, nè versamenti pleurici, ombra cardiaca nei limiti. In sesta giornata di ricovero: buone condizioni generali, addome trattabile, non dolente; alvo aperto a feci e gas, non vomito. Dopo rimozione del sng, si avvia graduale alimentazione per os con buona tolleranza enterale. Si dimette al domicilio in quattordicesima giornata, con proseguimento di Ranitidina ed allattamento materno. Bibliografia - JA. Tovar. Congenital diaphragmatic hernia. Orphanet Journal of Rare Diseases. 2012; 7:1. - EA. Elhalaby, MH. Abo Sikeena. Delayed presentation of congenital of diaphragmatic hernia. Pediatr Surg Int. 2002; 18:480-85. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 71 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 72 QUANDO LA FACCENDA SI COMPLICA R. Ricotti, S. Esposito, G. Bona Università degli studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”, Novara Lo S. pneumoniae è la più comune causa di polmonite batterica e la necrosi polmonare ne è una rara complicanza in età pediatrica. A.L., bambina italiana di 3 anni e 2 mesi, giunge in PS per febbre, inappetenza, dolore addominale da 6 giorni e vomito da 3 giorni. Calendario vaccinale di regola (incluse 3 dosi di antipneumococcica eptavalente). Anamnesi patologica remota muta. All’esame obiettivo: discrete condizioni generali, facies sofferente, vigile e reattiva. Peso 14.500 Kg. Temperatura esterna 39.0 °C. SatO2 in aria ambiente 96%. FR 46 atti/minuto. FC 168 bpm. Cute e mucose rosee; non esantemi, nè petecchie. Non segni meningei. Faringe roseo. Obiettività cardiaca di norma. Respiro superficiale, murmure vescicolare (MV) ridotto al campo medio-basale sinistro, non rumori aggiunti, non rientramenti intercostali né al giugulo. Addome trattabile, meteorico, non dolente, organi ipocondriaci nei limiti. Gli esami ematochimici evidenziano: linfocitosi neutrofila e proteina C reattiva 36.03 mg/dL (v.n. 01); e l’Rx torace mostra opacamento del terzo inferiore dell’emitorace sinistro. Si intraprende ricovero e si avviano infusione glucoelettrolitica, Ceftriaxone ev e Claritromicina per os. La ricerca dell’antigene urinario per S. pneumoniae è positiva, con esame urine di norma. Negative: la ricerca di Adenovirus fecale e la sierologia per Mycoplasma ed Adenovirus. Persistendo iperpiressia ed aumento degli indici di flogosi, in quarta giornata si associa Teicoplanina ed in settima giornata si eseguono Rx e TC torace con evidenza di quadro compatibile con empiema pleurico. Si posiziona drenaggio toracico con riscontro intraoperatorio di pioemotorace e, per la comparsa di anemizzazione (Hb 6.6 g/dL), si avvia trasfusione di emazie concentrate. Dopo consulenza infettivologica e riscontro di positività per S. pneumoniae al SeptiFast (con emocoltura negativa), si sospende la terapia antibiotica in corso e si somministra Piperacillina+Tazobactam e Vancomicina ev (10 giorni) con sfebbramento di circa 24 ore. All’ecocardiografia: esclusi foci di endocardite. Quantiferon negativo. In decima giornata, nuovo rialzo termico con indici di flogosi costantemente elevati; si ripetono Rx e TC torace con m.d.c. che evidenziano: aree di necrosi a livello del lobo inferiore del polmone sinistro e persistenza di raccolta empiematosa saccata. Si interviene con toracoscopia transpleurica e debridement del polmone sinistro con posizionamento di due drenaggi pleurici. In sedicesima giornata si instaura sovrainfezione da Rotavirus. Lo sfebbramento si ha in ventesima giornata e l’indomani si intraprendono terapia con Amoxicillina-Clavulanato per os e fisioterapia respiratoria. Si dimette al domicilio in trentesima giornata, in buone condizioni generali, ma persiste ipofonesi e riduzione del MV al campo basale sinistro con miglioramento del quadro radiologico (persistenza di addensamento parenchimale in sede lingulare e versamento pleurico in riduzione). Netto miglioramento dell’obiettività toracica, alla valutazione clinica a 6 mesi dal ricovero. Bibliografia - T. Van der Poll, SM. Opal. Pathogenesis, treatment, and prevention of pneumococcal pneumonia. Lancet. 2007; 374:1543-56. - E. Kerem, YB. Ziv, B. Rudenski, S. Katz, D. Kleid, D. Branski. Bacteremic necrotizing pneumococcal pneumonia in children. Am J Respir Crit Care Med. 1994; 149:242-44. 72 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 73 ENTEROCOLITE ALLERGICA: PATOLOGIA IN CRESCITA MA SPESSO MISCONOSCIUTA. IMPARIAMO A PENSARCI! G. Ganassin, A. Cirigliano, M. Berardi, S. Zanconato, E. Baraldi Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Padova Lattante di 6 mesi, giunge in Pronto Soccorso per vomiti ripetuti, iporeattività, pallore. All’anamnesi: pielonefrite febbrile una settimana prima, trattata con antibiotici parenterali per 5 giorni, successivamente per os. Anamnesi fisiologica e familiare silenti. Allattamento materno esclusivo fino ai 4 mesi, successivo svezzamento con frutta; da poco assunte le pappe. All’ingresso eseguito bolo di fisiologica con ripresa di vigilanza e PV stabili. Emocromo, PCR, EGA venoso, elettroliti, glicemia, funzionalità renale ed epatica, ammonio e lattato nella norma; colture e screening tossicologico negativi. Dopo un’ora una scarica ematica: nel sospetto di invaginazione intestinale eseguita ecografia addominale, negativa. Ricoverato, dopo 2 giorni di completo benessere, ricomparsa della stessa sintomatologia con accertamenti nuovamente negativi. Negata assunzione di nuovi alimenti, farmaci, esposizione a tossici o fonti di monossido di carbonio. In entrambi gli episodi, vomiti a due ore dal pasto, costituito da crema di riso in brodo di verdure nel primo caso e da semolino con liofilizzato di manzo in passato di verdure nel secondo caso. Nel sospetto di allergia alimentare dosate IgE totali, nella norma, ed IgE specifiche, negative per antibiotici, latte vaccino, carota, patata, zucchina, pollo, manzo, grano, riso, mais, pomodoro, soia, arachidi, nocciola, platessa. Praticamente esclusa la causa allergica, analogo episodio una settimana dopo in seguito ad assunzione di crema di riso in brodo vegetale. Ipotizzata la diagnosi di enterocolite allergica non-IgE mediata (FPIES) scatenata dal riso (contenuto, nel secondo caso, nel liofilizzato di manzo). Alimenti scatenanti sono soprattutto latte e soia ma anche riso, grano, pollo, pesce. Sintomatologia aspecifica (vomito 100%, letargia 85%, pallore 67%,diarrea 24%, ipotermia 24%), si presenta a 2-6 ore dall’assunzione dell’alimento, mimando shock settico, disordine metabolico o acuzie chirurgiche. Immunopatogenesi: probabile intervento di linfociti T sensibilizzati verso un alimento, conseguente aumento di TNFa e INFg, mediatori di infiammazione intestinale con aumento di permeabilità e perdita di fluidi. Diagnosi clinica, challenge con alimenti nei casi dubbi. Terapia in acuto: cortisone e fluidi, in cronico dieta di eliminazione dell’alimento. Tolleranza ad un anno circa per PLV, a 2-3 anni per altri alimenti. Nel lattante apiretico, senza segni di infezione, in stato di shock ipovolemico dopo vomiti ripetuti, considerare l’FPIES, pur con test allergologici negativi. Bibliografia - Mehr S, Kakakios A, Frith K, Kemp. Food protein-induced enterocolitis syndrome: 16-year experience. Pediatrics 2009;123:e459. - S.Miceli Sopo,V.Giorgio et.al. A multicentre retrospective study of 66 Italian children with food pretein-induced enterocolitis syndrome:different management for different phenotypes. Clinical Allergy 2012;42:1257. - Mehr SS, Kakakios AM, Kemp. Rice: a common and severe cause of food protein-induced enterocolitis syndrome. Arch Dis Child 2009;94:220. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 73 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 74 EPATITE GLICOGENICA: UNA RARA COMPLICANZA NEL DIABETE DI TIPO 1 F. Cardella1, R. Roppolo1, B. Papia1, S.Marchese, R.Maggio, C.Castiglione, A.Alongi, A. Macaluso1, S. Nicosia1, L. Triolo1, O.Bologna1, G. Corsello1 1 U.O. Clinica Pediatrica, Ospedale dei Bambini G. Di Cristina; D.U.M.I.A.U. Palermo G.L. F, 16 aa, DMT1 dall’età di 9 anni in scarso controllo metabolico. Nell’ultimo mese due episodi di DKA severa. Viene inviata per il 3° episodio di DKA grave con PH 6,9 dopo 24 h. All’ingresso buone le condizioni generali.Nessun disturbo. P. 37 K(< 3 °C); St 154 cm (10°C),fegato all’ombelicale trasversa. In 3° giornata, alterazione degli indici di citolisi e colestasi epatica: AST/ALT 3814/1056 U/L; γGT 250 mg/dl; TG 270 mg/dl; leucopenia con neutropenia: GB 1380/mmc(N 29,7%); normale la funzionalità epatica e il valore di CPK. Negativi la sierologia per virus epatotropi maggiori e minori e l’esame tossicologico delle urine; l’assenza di ipergammaglobulinemia e la negatività degli autoanticorpi LKM, LK, ANA, ENA escludeva un’epatite autoimmune. L’ipotesi di danno epatico tossico da ingestione di paracetamolo veniva escluso per le condizioni cliniche della paziente e l’assenza di insufficienza epatica. L’evidenza all’eco-addome di epatomegalia ad ecostruttura addensata e l’assenza di fibrosi al fibroscan deponevano per un quadro di NAFLD. Veniva eseguito esame RMN . In condizioni di accumulo di lipidi intraepatocitario la valutazione nelle sequenze T1 in gradiente dual–echo evidenzia un segnale di intensità migliore in fase –in piuttosto che in fase opposta(1). Nella paziente l’assenza di differenza nell’intensità del segnale nelle due fasi ,escludeva l’accumulo di lipidi e suggeriva un quadro di epatopatia glicogenica. Nelle due settimane successive, miglioramento del controllo glicometabolico e progressiva normalizzazione di AST/ALT, γGT e GB. E’ stato descritto un moderato e transitorio aumento delle aminotransferasi sieriche in corso di DKA correlato con il grado di acidosi e il livello di glicemia (TELT Transient elevation of liver transaminase), ma non mancano descrizioni di marcato aumento dei valori di aminotransferasi in condizioni di severa chetoacidosi e disidratazione dopo la correzione dell’acidosi per un meccanismo di ipossia/reossigenazione(2). L’epatopatia glicogenica (GH) è stata descritta per la prima volta da Mauriac nel 1930 in bambini con diabete mal controllato come parte della S. di Mauriac (ritardo di crescita, epatomegalia, note cushingoidi e pubertà ritardata) da accumulo di glicogeno epatocitario . La GH può presentarsi anche in soggetti con diabete mellito di tipo 1 con scarso controllo glicometabolico e all’esordio del diabete come epatopatia acuta rapidamente reversibile; l’accumulo intraepatocitario di glicogeno si verifica quando il soggetto è esposto sia ad elevati livelli di glucosio che ad elevate dosi di insulina: all’ingresso intraepatocitario insulino-indipendente di glucosio, segue la trasformazione in glicogeno alla somministrazione di insulina(3). La GH è un’epatopatia reversibile con il miglioramento del controllo metabolico. Attualmente la diagnosi di GH è istologica. L’RMN in gradiente dual- echo si propone come metodo non invasivo per la diagnosi di epatopatia glicogenica. Bibliografia 1.F. Murata,I. Horie,T. Ando,E. Isomoto,H. Hayashi,S. Akazawa, I. Ueki,K. Nakamura,M. Kobayashi, N. Abiru, E. Kawasaki, H. Yamasaki and A. Kawakami A case of glycogenic hepatopathy developed in a patient with new-onset fulminant type 1 diabetes: the role of image modalities in diagnosing hepatic glycogen deposition including gradientdual-echo MRI: E. Journal 2012, 59 (8), 669-676. 2. Szypowska A, Skórka A, Pańkowska. Acute hypoxic hepatopathy: diabetic ketoacidosis complication in an infant newly diagnosed with type 1 diabetes mellitus. E.Pediatr Endocrinol Diabetes Metab. 2008; 14(4):249-51. 3. Tarek Saadi. Glycogenic Hepatopathy: a Rare Disease that can Appear and Resolve Rapidly in Parallel with Glycemic Control.IMAJ 2012; 14: 269–270. 74 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 75 IPERTENSIONE ARTERIOSA: IL PRIMO SINTOMO DI UNA PATOLOGIA SISTEMICA 1 L. Triolo1, V. Insinga1, S. Maringhini2, C. Corrado2, G. Corsello1 Scuola di Specializzazione di Pediatria, Università degli Studi di Palermo. Direttore: Prof. Giovanni Corsello 2 Nefrologia Pediatrica, Ospedale “G. Di Cristina” , Palermo. Direttore: Dott. Silvio Maringhini Federica,15 anni. Anamnesi familiare positiva per mutazione eterozigote MTHFR (madre). Dai primi mesi di vita emiparesi destra e ritardo neuromotorio. Dall’età di due anni in trattamento con Levetiracetam e Oxacarbamazepina per encefalopatia epilettogena. All’età di 10 anni diagnosi di Malattia di Von Willebrand, associata a mutazione MTHFR (mutazione C677T stato eterozigote) con sporadici riscontri di iperomocisteinemia. A novembre 2012 in seguito ad un episodio di assenza Federica veniva ricoverata c/o la U.O. di NPI e successivamente, per il riscontro di ipertensione arteriosa (PAO 170/106 mmHg), veniva trasferita c/o la U.O. di Cardiologia pediatrica, dalla quale veniva dimessa in terapia antipertensiva (ACE-i e Ca antagonista). Per la persistenza di elevati valori pressori associati alla comparsa di edemi agli arti inferiori veniva nuovamente ricoverata e, per il riscontro di creatininemia 1,6 mg/dl (nella norma al precedente ricovero), veniva trasferita c/o la U.O. di Nefrologia pediatrica . All’E.O.: peso 75,5 Kg (97°C), statura 166,5 cm (75°C), P.A.O. 151/97 (99°C) mmHg. Edemi palpebrali ed agli arti inferiori. Milza palpabile e dolente. Gli esami di laboratorio documentavano: BUN 53 mg/dl, Creatinina 1,8 mg/dl, Albumina 1,9 g/dl, Uricemia 8,8 mg/dl, Calcio 7,4 mg/dl, Hb 10 g/dl, Piastrine 46.000. All’esame urine: Pru 9,9 gr/die. Venivano praticati 3 boli di Metilprednisolone 1 gr ed Albumina ev e successivamente Prednisone 60 mg/die. Durante la degenza peggioramento dei parametri di funzionalità renale ed insorgenza di agitazione psicomotoria alternata a sonnolenza e crisi di desaturazione. Eseguiva TC encefalo che evidenziava “sfumate ipodensità in regione cortico frontale dx”. Trasferita in terapia intensiva, per comparsa di anuria (Creatinina 5,9 mg/dl) ed iperpotassiemia, iniziava emofiltrazione continua e plasmaferesi con graduale miglioramento del quadro clinico-laboratoristico. Al rientro in Nefrologia, per la positività di LAC, Ab antiβ2GP-I, ANA e antidsDNA, associati ad ipocomplementemia (C3:31 mg/dl, C4:4,4 mg/dl), eseguiva biopsia renale che mostrava la presenza di glomerulonefrite proliferativa diffusa con microtrombi arteriolari, quindi iniziava terapia con boli ev di ciclofosfamide 750 mg con successiva normalizzazione dei parametri di filtrazione glomerulare (Creatinina:0,8 mg/dl) e persistenza di proteinuria (Pru 9,7 gr/die) E’ stata posta diagnosi di Lupus Eritematoso Sistemico associato ad anticorpi antifosfolipidi. Tali anticorpi, sicuramente coinvolti nella fase attiva della nefrite lupica, potrebbero essere stati responsabili delle lesioni cerebrali presenti. La diagnosi di m. di Von Willebrand non è stata confermata dall’analisi genetica. La nefrite lupica può esordire con insufficienza renale acuta e deve essere sempre sospettata quando è presente attivazione della via classica del complemento. La terapia con immunosoppressori deve essere associata a quella steroidea nelle forme più gravi e ad una terapia anticoagulante in presenza di LAC. Il ruolo della plasmaferesi è dubbio, ma dalla nostra esperienza potrebbe essere consigliata in casi selezionati. Bibliografia - Derivation and validation of the Systemic Lupus International Collaborating Clinics classification criteria for systemic lupus erythematosus. Arthritis Rheum. 2012 Aug;64(8):2677-86. doi: 10.1002/art.34473. - Impact of Thrombophilia on Risk of Arteriale Ischemic Stroke or Cerebral Sinovenous Thrombosis in Neonates and Children: A Systematic Review and Meta-Analysis of Observational Studies. Circulation. 2010;121: 1838-1847. - American College of Rheumatology Guidelines for Screening, Treatment, and Management of Lupus Nephritis. Arthritis Care & ResearchVol. 64, No. 6, June 2012, pp 797–808 DOI 10.1002/acr.21664. 2012, American College of Rheumatology. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 75 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 76 “KICKBOXING: MANEGGIARE CON CAUTELA!” C. Franzini, A. Arlotta, S. Merli, I. Proietti, E. Casolari Unità Operativa Complessa di Pediatria Generale e d’Urgenza Dipartimento Materno-Infantile, Ospedale Maggiore di Parma B.C.,italiana di 15 anni, valutata in urgenza per addominalgia acuta. Anamnesi personale: pubere, cicli regolari, virgo. Alvo e diuresi normali, non vomito né febbre. Pratica sportiva amatoriale di Kickboxing senza riferiti traumi contusivi addominali diretti. All’ingresso: paziente apiretica ma sofferente, pallida e con sudorazione algida. Addome scarsamente trattabile, diffusamente ed intensamente dolente alla palpazione in fossa iliaca destra. Blumberg positivo, FC 130 bpm, PA 130/85 mmHg e SatO2 100%. A livello ematico: anemia (Hb 7.2 g/dL), leucocitosi neutrofila (GB 12.570/mmc,N 89.4%) e modesta flogosi sistemica (PCR 0.15 mg/L; fibrinogeno 600mg/dL, D-dimero 300ng/mL); all’ ecografia addominale riscontro di cospicuo versamento liquido-corpuscolato in sede sottoepatica, nello scavo di Morrison e in FID, con difficile visualizzazione dell’appendice e degli annessi uterini. La TAC addominale urgente evidenziava versamento libero tra le anse intestinali, con coaguli in prossimità dell’ovaio destro ed assenza di appendicopatia. Poche ore dopo, si è verificato un peggioramento dell’addominalgia con shock ipovolemico (PA 50/30 mmHg, FC 180 bpm) cha ha richiesto bolo di soluzione fisiologica, trasfusione di emazie e terapia con Morfina in infusione continua. Nel sospetto di emorragia ovarica, è stato contattato il collega Chirurgo che ha escluso la necessità di laparoscopia urgente e consigliato osservazione clinica. Nelle successive 24h, la ragazza ha presentato rialzo febbrile con aumento degli enzimi pancreatici (amilasi 2.761U/L, lipasi 2.604U/L) e degli indici di flogosi (PCR 161mg/L). E’ stata eseguita colangioRMN con riscontro di lacerazione del corpo pancreatico ed edema della testa, da verosimile trauma addominale chiuso. Pertanto è stata intrapresa terapia e.v. con Somatostatina e profilassi antibiotica con Imipenem/Cilastatina per 2 settimane, associati inizialmente a terapia parenterale seguita poi da dieta ipolipidica. Alla dimissione: amilasi 189U/L, lipasi 97U/L, PCR negativa. La RMN di controllo ha documentato una normalizzazione del pancreas con minimo esito cicatriziale della pregressa lacerazione in assenza di complicanze (pseudocisti in particolare). Una violenta addominalgia nelle adolescenti puberi può celare situazioni di addome acuto chirurgico, come la torsione ovarica e l’appendicite acuta. Cause meno frequenti, ma tuttavia da considerare, sono i traumi chiusi dei visceri addominali nei soggetti praticanti sport di contatto fisico. La lacerazione pancreatica è una condizione rara, prodotta dal contatto violento del pancreas contro la colonna vertebrale con conseguente rottura ed emorragia interna. Una precisa anamnesi ed accurate indagini strumentali (TAC come imaging di prima scelta) sono fondamentali per orientare il sospetto clinico e stabilire il timing dell’intervento chirurgico. L’instaurazione rapida della terapia di supporto, nella maggior parte dei casi, consente la graduale restitutio ad integrum dell’organo. Bibliografia - Yi-Jung Chang, Hsun-Chin Chao, Man-Shan Kong et al. “Acute pancreatitis in children” Acta Paediatrica 2011,100: 740-744. - I. Sutherland, O. Ledder, J. Crameri et al. “Pancreatic trauma in children” Pediatr Surg Int 2010, 26: 1201-1206. 76 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 77 TUTTO E’ BENE QUEL CHE FINISCE BENE! UN CASO DI PANCITOPENIA I. Proietti, G. Cremonini, S. Fantoni, A. Arlotta, M.A. Bandello, A. Barone, I. Dodi Unità Operativa Complessa di Pediatria Generale e d’Urgenza Struttura Semplice di Infettivologia Pediatrica - Ospedale maggiore di Parma. R.G., 4 aa, inviato dai Colleghi Gastroenterologi, per sospetta occlusione intestinale. Anamnesi: vomiti ricorrenti da due mesi, peggioramento nei due giorni precedenti il ricovero (circa 10 vomiti/die), associata a inappetenza. Ultima evacuazione 5 giorni prima del ricovero. Recente episodio febbrile autolimitantesi. Anamnesi remota: intervento di resezione intestinale alla nascita per volvolo intestinale. All’ingresso il bambino era apiretico, presentava pallore cutaneo, occhi alonati e disidratazione moderata. All’ispezione evidente cicatrice a livello ombelicale trasversale da pregresso intervento chirurgico. Addome trattabile, dolenzia diffusa alla palpazione profonda con guazzamenti ai quadranti di destra, lieve meteorismo. Non organomegalia o linfoadenopatie. Parametri vitali nella norma (FC 100 bpm, PA 90/60 mmHg, SatO2 100% in aria ambiente) e le restanti obiettività clinica e neurologica nella norma. All’ingresso sono stati eseguiti RX addome diretto e Ecografia addominale che hanno escluso il sospetto di occlusione intestinale. Gli esami ematici hanno mostrato piastrinopenia, lieve anemia e atipie linfocitarie con rialzo dei valori di latticodeidrogenasi (LDH 3965 U/L). Pertanto sono stati eseguiti: RX torace e mediastino, striscio di sangue periferico ed immunofenotipo, catecolamine urinarie, VMA, OVA, esami colturali su feci ed esami infettivologici risultati nella norma. Si segnalano NSE 39.52 ug/L, positività per IgG anti- Parvovirus B19 ed EBV. In considerazione dell’ulteriore calo dei valori emocromocitometrici (vedi tabella) è stato eseguito aspirato midollare previa trasfusione di piastrine ed emazie concentrate e filtrate. Per riscontro di deficit di vitamina B12 (108 pg/mL), febbre in neutropenia sono state iniziate supplementazione vitaminica e terapia antibiotica con ampicillina e Sulbactam ev. Durante la degenza Riccardo non ha più presentato episodi di vomito, si è alimentato ed ha evacuato regolarmente, la defervescenza è avvenuta in terza giornata e si è mantenuto in buone condizioni generali. L’emocromo eseguito negli ultimi tre giorni di ricovero ha mostrato una stabilità dei valori di piastrine (PLT 53.000/uL) ed emoglobina (Hb 10.2 g/dL) con iniziale aumento dei reticolociti (in numero assoluto 76x 10^9/L) con persistenza di lieve neutropenia (N 760/uL) e un netto calo dei valori dell’LDH (1256 U/L). La P.C.R. su aspirato midollare è risultata, successivamente, positiva per Parvovirus B19. Al controllo a distanza dopo un mese l’emocromo e LDH sono ritornati nella norma. In età pediatrica le cause di insufficienza midollare acuta possono essere molteplici (infettive, tumorali, iatrogene). Le infezioni da virus mielotropi GB (cell/uL) HB(g/dl) HT(%) PLT (cell/uL) rappresentano la categoria più vasta, pertanto vanno escluse in caso di pancitope- GIORNO 1 4.020 9,3 26,1 76.000 nia. L’aspirato midollare è l’esame (ingresso) N. 1850 L. 1.670 M. 440 d’elezione per documentare l’agente infet2.980 6,5 19,5% 22.000 tivo (isolamento virale con metodica P.C.R., GIORNO 5 N. 510 L. 2.110 M. 270 esame colturale). L’analisi citogenetica e 3.890 morfologica del midollo permette di esclu- GIORNO 7 10,2 29,2 53.000 (dimissione) N. 760 L. 2.500 M. 350 dere cause di natura neoplastica maligna. Bibliografia - Human parvovirus B19 infections in infant and children. Brown KE, Young NS. Adv Pediatr infect Dis 1997 13:101 - Retrospective study on the ifluence of parvovirus B19 infection among children with malignant diseases. Y.Yoto,T Kudoh, N Suzuki, Y matsunaga, S. Chiba Acta Haematol, (1993),pp8-12. - Fever, Hepatosplenomegaly, and Pancytopenia in a 5-Month-Old Infant. Jason M. Kane, MD; Kara Schmidt, MD; James H. Conway, MD. Arch Pediatr Adolesc Med. 2003;157(2):201-205. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 77 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 78 NEUTROPENIA, MA QUALE? F. Savina1, A. Barone2, F. Neri2, L. Bonetti2, M. Verna2, M. Rossi2, L. Leoni1, P. Bertolini2, GC Izzi2 1 Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Parma 2 UO di Pediatria e Oncoematologia, AOU Parma G, femmina, di 12 mesi, giungeva per eseguire accertamenti per il riscontro di neutropenia (valori di PMN compresi tra 50 e 620/mmc), durante un ricovero avvenuto a 11 mesi per ematemesi in corso di gastroenterite da Norovirus. La bambina era nata a termine da parto spontaneo con adattamento neonatale fisiologico. In anamnesi precedente ricovero a 4 mesi per infezione delle vie urinarie, nel corso del quale aveva eseguito emocromo con riscontro di GB totali 7200/mmc (PMN= 864/mmc). Anamnesi familiare negativa. Alla prima valutazione presso il nostro DH la bimba era in buone condizioni generali, l’obiettività clinica era nella norma. Le sierologie virali, hanno escluso infezioni recenti da CMV, EBV, HSV 1 e 2, Rosolia, Adenovirus, Parvovirus B19, HHV6. Sono stati ripetuti controlli dell’emocromo, con valori di neutrofili tra 210/mmc e 1900/mmc. G. ha presentato numerosi episodi febbrili (circa uno ogni 20 giorni) attribuibili ad infezioni delle alte vie aeree, trattati con terapia antibiotica ad ampio spettro e un episodio di candidosi orale. Sono stati eseguiti i seguenti accertamenti: dosaggio Ig frazionate e sottoclassi IgG, nella norma, ricerca di autoanticorpi (ANA, AMA, LKM, APCA, c-ANCA, p-ANCA, ASMA), negativa, ricerca degli anticorpi anti-neutrofili indiretti con metodica citofluorimetrica (3 campioni), anch'essa negativa, ecografia addome, nella norma. Esame morfologico, tipizzazione citofluorimetrica ed esame citogenetico su mieloaspirato, hanno mostrato serie mieloide lievemente ipoplasica, senza arresti maturativi né aspetti dismielopoietici. Il cariotipo è risultato 46,XX. Gli ulteriori approfondimenti hanno compreso: Test DEB, che ha escluso instabilità cromosomica spontanea significativa, e determinazione dell’elastasi fecale, nella norma. Per escludere una forma di neutropenia congenita, sono state ricercate mutazioni del gene ELA2, non individuate. Nel sospetto clinico di neutropenia immune, è stata ripetuta la ricerca di anticorpi anti-neutrofili che ha dato esito positivo (una determinazione border line). Per la persistenza di valori di PMN tra 20/mmc e 11500/mmc, è stato eseguito test al G-CSF, che ha documentato una buona risposta midollare allo stimolo. Nei tre anni complessivi di follow-up si è assistito a progressivo incremento spontaneo dei neutrofili, fino a completa normalizzazione degli stessi. La neutropenia autoimmune è una malattia rara, che ha frequenza di 1/100000. La diagnosi clinica deve essere confermata dalla positività degli anticorpi antineutrofilo ricercati mediante citofluorimetria. Vista la bassa sensibililità e specificità dell’indagine, un risultato borderline associato ad un quadro clinico caratterizzato dall'assenza di gravi infezioni, è sufficiente per porre diagnosi. L’andamento prevede in genere un miglioramento clinico dopo i primi anni dall’esordio. Bibliografia 1. Fioredda et al. Congenital and Acquired Neutropenia Consensus Guielines on Diagnosis from the Neutropenia Committee of the Marrow Failure SYndrome Group of the AIEOP. Pediatr Blood Cancer (2011); 57: 10-17. 2. Fioredda et al. Congenital and acquired neutropenias consensus guidelines on therapy and follow-up in childhood from the Neutropenia Committee of the Marrow Failure Syndrome Group of the AIEOP. Am JHematol (2012): 87 (2); 238-243. 78 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 79 UNA MALATTIA DI KAWASAKI ATIPICA M. Algeri, C. Montalbano, F. Marabotto, A. Mascolo, T. Boggini Scuola di Specializzazione in Pediatria - Università degli Studi di Pavia Clinica Pediatrica - Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia La malattia di Kawasaki (KD) è una vasculite acuta multisistemica ad eziologia ignota, a carico dei vasi di medio calibro, che colpisce lattanti e prima infanzia. La diagnosi è clinica, basata sulla presenza di febbre per più di 5 giorni, associata a 4 segni tra: congiuntivite bilaterale, cheilite/stomatite, esantema polimorfo, anomalie delle estremità (eritema e/o edema duro), linfadenopatia cervicale. Le complicanze più temibili sono ectasie/aneurismi delle arterie coronarie, con rischio di cardiopatia ischemica, infarto miocardico o morte improvvisa. Si parla di KD atipica in presenza di sintomi in genere non rilevati nella KD (es. coinvolgimento neurologico). Nei pazienti con meno di 4 criteri diagnostici (KD incompleta) o con manifestazioni atipiche, la diagnosi è possibile mediante riscontro ecocardiografico di anomalie delle coronarie. Viene descritto il caso di Rabi, 3 anni, giunto alla nostra attenzione per febbre da 5 giorni (puntate fino a 40°C), persistente nonostante terapia antibiotica con amoxicillina-clavulanato, associata a importante meningismo. In PS il bimbo era sofferente, irritabile e con marcata rigidità nucale; restanti segni meningei negativi, sensorio integro, nervi cranici indenni, normotonia; eseguita rachicentesi con riscontro di liquor limpido, esame chimicofisico nella norma, esame colturale e ricerca virus negativa. Rabi presentava inoltre iperemia congiuntivale bilaterale e secchezza labiale, non linfadenopatia, restante obiettività nei limiti. Agli esami ematochimici: leucocitosi neutrofila (GB 15100/mm3, N 12200/mm3) ed importante rialzo di PCR (23.6 mg/dl). Pertanto, impostata antibioticoterapia endovenosa ad ampio spettro, è stato ricoverato. Durante la degenza sono stati eseguiti i seguenti accertamenti: radiografia del torace, ecografia addome, tampone faringeo, visita ORL, che non hanno evidenziato alterazioni patologiche. Considerato il mancato sfebbramento, associato a iperemia congiuntivale, lieve cheilite e comparsa di desquamazione lamellare in sede scrotale, in settima giornata di iperpiressia è stato sottoposto ad ecocardiografia che non ha evidenziato compromissione coronarica. Il giorno successivo, alla rivalutazione ecocardiografica, riscontro di maggiore ecorifrangenza delle coronarie, in assenza di alterazioni di decorso o dimensioni. Il quadro clinico complessivo e i reperti ecocardiografici hanno confermato diagnosi di KD atipica, per cui Rabi è stato sottoposto ad infusione endovenosa di immunoglobuline umane con buona risposta clinica. Due giorni dopo, a seguito di nuova puntata febbrile, è stata ripetuta somministrazione di immunoglobuline, seguita da sfebbramento persistente, completa regressione del meningismo e netto miglioramento degli indici di flogosi. Le manifestazioni neurologiche nella KD quali irritabilità, letargia e segni di irritazione meningea/meningite asettica sono relativamente frequenti, rare sono quelle più severe come encefalopatia acuta, emiplegia, infarto/emorragia cerebrale, indicative di risposta infiammatoria più intensa e prolungata; tali casi richiedono un monitoraggio neurologico a lungo termine per il rischio di gravi sequele. Bibliografia − Kawasaki disease. Scuccimarri, MD, Ped Clin North Am. Volume 59, issue2, april 2012, 425-445 − Kawasaki disease with predominant central nervous system involvement. Tabarki, Mahdhaoui. Pediatric neurology 2001; 25: 239-241 vol.25 No. 3. − K Atypical and incomplete Kawasaki disease. Cimaz R, Sundel R. Best Pract Res Clin Rheumatol. 2009 Oct;23(5):689-97. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 79 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 80 UNA NUOVA MUTAZIONE “GAIN OF FUNCTION” DEL CALCIUMSENSING RECEPTOR (CASR) IN UN PAZIENTE CON IPOCALCEMIA E SINDROME DEL QT LUNGO (LQTS) L.A. Bassi, I. Brambilla, P. Bulzomì, G. Pieri, G. Rossetti Scuola di Specializzazione in Pediatria - Università degli Studi di Pavia Fondazione IRCCS Policlinico “San Matteo” Pavia Fabio, bimbo di sette anni in terapia con beta-bloccanti per una LQTS geneticamente negativa dai sei mesi di vita, giunge alla nostra attenzione in merito al riscontro occasionale di ipocalcemia non associata a segni di rachitismo né ad altre manifestazioni cliniche tipiche (crisi convulsive, tetania, etc). Le indagini di laboratorio condotte in prima istanza mostrano ipocalcemia (7.6 mg/dl), bassi livelli di calcio ione, PTH inappropriatamente normale nonostante l’ipocalcemia, normale 25(OH)vitD, elevata 1,25(OH)2vitD, iperfosfatemia e adeguata funzionalità renale. Per meglio definire la natura dell’ipocalcemia, viene eseguito esame urine delle 24h con riscontro di ipercalciuria (> 4mg/Kg). Vengono effettuati ecografia addome inferiore con dubbia presenza di renella in assenza di nefrocalcinosi, TC cerebrale con riscontro di calcificazioni dei gangli della base e Holter-ECG con conferma del noto prolungamento del QT. Nel tentativo di normalizzare il tratto QT, si intraprende trattamento con calcio carbonato e calcitriolo, associato a tiazidico per impedire il deposito renale di calcio. Tale terapia determina transitoria e instabile normalizzazione della calcemia, ma persistenza del noto allungamento QT e dell’ipercalciuria. L’ipercalciuria consente di escludere le forme di ipoparatiroidismo iatrogene, autoimmunitarie, genetiche, idiopatiche e funzionali, orientando l’iter diagnostico verso un quadro di ipoparatiroidismo ipercalciurico da mutazione attivante del CaSR, familiare o sporadica. Il CaSR è un recettore transmembrana ubiquitario che, a livello renale e paratiroideo, concorre alla regolazione dell’omeostasi del calcio inibendo la secrezione di PTH e promuovendo l’escrezione urinaria di calcio in risposta all’ipercalcemia. Una mutazione attivante di tale gene induce quindi ipocalcemia ipercalciurica. Nel nostro caso, la forma familiare viene esclusa essendo entrambi i genitori normocalcemici. L’analisi molecolare da noi effettuata identifica, in posizione 2682 del gene CaSR, una delezione de novo in eterozigosi responsabile dell’inserimento di un codone di stop prematuro e dell’alterazione della porzione recettoriale citoplasmatica; ne consegue una attivazione costitutiva di CaSR, con esuberante escrezione urinaria di calcio e inibizione della secrezione di PTH. Tale caso ben esemplifica la complessa gestione terapeutica di questi pazienti, in cui la correzione dell’ipocalcemia non deve essere disgiunta da un attento monitoraggio del quadro renale, che può presentare caratteristiche di rapida evolutività verso nefrocalcinosi e insufficienza renale. Nel nostro caso, il persistente QT allungato, nonostante la normocalcemia, suggerisce il potenziale ruolo causale, ancora da definire, di fluttuazioni circadiane della calcemia o di più rare mutazioni associate a LQTS o alla stessa mutazione di CaSR. Inoltre, i casi segnalati in letteratura di mutazione attivante a carico di CaSR si caratterizzano perd ipocalcemia e manifestazioni neurologiche e non sono finora stati descritti casi con anomalie del ritmo di conduzione cardiaca. Bibliografia - Schouten BJ, Raizis AM, Soule SG, Cole DR, Frengley PA, George PM, Florkowski CM. Four cases of autosomal dominant hypocalcaemia with hypercalciuria including two with novel mutations in the calcium-sensing receptor gene. Ann Clin Biochem.2011 May;48(Pt 3):286-90. - Nakajima K, Yamazaki K, Kimura H, Takano K, Miyoshi H, Sato K. Novel gain of function mutations of the calciumsensing receptor in two patients with PTH deficient hypocalcemia. Intern Med. 2009 Nov;48(22):1951-6. - Huang Y, Niwa J, Sobue G, Breitwieser GE. Calcium-sensing receptor ubiquitination and degradation mediated by the E3 ubiquitin ligase dorfin. J Biol Chem. 2006 Apr 28;281(17):11610-7. 80 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 81 UNA STRANA DIPLOPIA C. Passera, R. Falcone, G. Pieri, P. Merli, V. Domenech Scuola di Specializzazione in Pediatria - Università degli Studi di Pavia Fondazione IRCCS Policlinico “San Matteo” Pavia M. ha 10 anni e anamnesi patologica remota negativa. Da ottobre 2012 ha presentato tosse e rinite, nella notte del 22/11 comparsa di nausea e vertigini associate a deviazione laterale del globo oculare destro e diplopia. M. è stato condotto presso il PS di Vigevano dove ha eseguito fundus oculi, con evidenza di papilla destra a margini sfumati e TC encefalo, nella norma. E’ stato quindi ricoverato nella nostra Clinica per approfondimenti diagnostici. All’esame obiettivo M. era in buone condizioni generali, non manteneva la posizione eretta ed era evidente un’importante exotropia destra con ptosi palpebrale (paralisi III n.c). I riflessi pupillari diretti e consensuali, conservati, erano lievemente più torbidi a destra. Non erano presenti altri segni neurologici e la restante obiettività era negativa. Non potendo escludere una patologia infettiva è stata intrapresa terapia antibiotica e antivirale. Gli esami ematochimici e le sierologie virali sono risultati nella norma. La RMN encefalo ha mostrato multiple lesioni focali a carico della sostanza bianca biemisferica, riferibili ad aree di demielinizzazione e suggestive per una patologia immunomediata. Sospesa la terapia antimicrobica, è stata iniziata terapia con Ig ev. L’esame chimico-fisico del liquor nella norma e la ricerca di virus negativa hanno confermato l’origine non infettiva della patologia. Lo studio di isoelettrofocusing ha evidenziato una distribuzione policlonale delle IgG sieriche e liquorali. Sono stati eseguiti anche: EEG, con riscontro di attività theta di ampiezza lievemente minore a destra e potenziali evocati visivi, uditivi e somato-sensitivi, risultati nella norma. La terapia con Ig a 0,4 g/Kg ev per 5 giorni ha portato ad un netto miglioramento clinico e M. ha ripreso a deambulare autonomamente. Il giorno dopo l’inizio della terapia, M. ha presentato, a livello dei palmi delle mani, numerosissime lesioni microvescicolari, reperti tipici di disidrosi, riconducibile ad un raro effetto avverso della terapia con Ig e risolte dopo applicazione di crema cortisonica. Al successivo controllo permaneva solo lieve exoforia dell’occhio destro. Le patologie infiammatorie demielinizzanti del SNC nel bambino includono sia condizioni acute autolimitanti, sia malattie croniche ed esse possono essere indistinguibili all’esordio. Nel caso di M. la diagnosi di ADEM è stata esclusa in assenza di febbre e di un quadro encefalitico; la caratteristica episodio isolato e l’assenza di bande oligoclonali liquorali non hanno permesso di porre diagnosi di sclerosi multipla. Il paziente è stato dunque dimesso con diagnosi di Clinically Isolated Syndrome. Sotto questa definizione vengono annoverati episodi demielinizzanti del SNC ad esordio acuto, monofasici, mono o polifocali, non associati a compromissione dello stato generale. Per un corretto inquadramento nosografico di tali quadri diviene necessario un rigoroso follow up clinico e strumentale. Nel nostro caso, la presenza di multiple lesioni silenti alla RMN rappresenta un fattore suggestivo per una più probabile evoluzione in SM. Bibliografia − L.B. Krupp, B. Banwell, S. Tenembaum for the International Pediatric MS Study Group; Consensus definitions proposed for pediatric multiple sclerosis and related disorders; April 17, 2007, Neurology, 68 (2). − Miller, Chard, Ciccarelli; Clinically Isolated Syndrome; February 2012, Lancet Neurology, 11 (2). − K.C. Lee, B. Ladizinski; Dyshidrotic eczema following intravenous immunoglobulin treatment; December 2012; CMAJ (3). RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 81 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 82 TROMBOSI DELLA VENA GIUGULARE INTERNA IN CORSO DI MASTOIDITE IN UN BAMBINO DI 2 ANNI L. Losa, V. Muratore, M. Grignani, F. Cattaneo, R. Maragliano, L. Bosa Scuola di Specializzazione in Pediatria - Università degli Studi di Pavia Fondazione IRCCS Policlinico “San Matteo” Pavia Leonardo, 2 anni, è stato ricoverato presso il nostro reparto, dopo 48 ore di terapia antibiotica orale con cefixima, per febbre da una settimana, otalgia e posizione obbligata del capo ruotato verso sinistra. Gli accertamenti ematochimici eseguiti hanno mostrato leucocitosi neutrofila con importante elevazione dei livelli di PCR e di VES. Una prima valutazione ORL ha mostrato la presenza di versamento endotimpanico in assenza di interessamento mastoideo. Si è quindi intrapresa terapia antibiotica per via endovenosa con ceftriaxone, con successiva aggiunta di teicoplanina per la positivizzazione delle emocolture per cocchi Gram +. In considerazione della posizione obbligata del capo, associata a tumefazione sottoangolomandibolare sinistra dolorabile alla palpazione è stata eseguita un’ecografia del collo che ha mostrato, quale reperto collaterale, la presenza di formazione trombotica suboccludente, con estremo fluttuante, nella vena giugulare interna destra, estesa dall’angolo mandibolare all’ingresso della base cranica. E’ stata pertanto eseguita una TC con mezzo di contrasto che ha confermato la presenza di trombosi con scarsa opacizzazione dopo mezzo di contrasto della porzione distale del seno sigmoideo. Si è quindi intrapresa terapia anticoagulante con eparina a basso peso molecolare (0.2 U/kg/die) che verrà proseguita per un totale di 2-6 mesi in base all’evoluzione ecografica della trombosi. La TC ha inoltre mostrato la presenza di otomastoidite bilaterale e di una raccolta infettiva epidurale del diametro massimo di 5 mm a livello della rocca petrosa. Tuttavia, in considerazione della buona risposta clinica e laboratoristica alla terapia antibiotica in atto, non è stata posta l’indicazione all’intervento chirurgico sui mastoidi. L’emocoltura è risultata positiva per Staphylococcus warneri, teicoplanino-sensibile, da probabile contaminazione del campione. Non avendo drenato la raccolta mastoidea non è stato possibile identificare con certezza il germe responsabile del quadro. E’ importante sottolineare che il nostro paziente è stato vaccinato con i vaccini antipneumococcico 13-valente, anti-Hib ed anti MenC. La RMN testa e collo eseguita a distanza di una settimana dalla TC ha mostrato reperti sostanzialmente invariati, con minima riduzione delle dimensioni della raccolta epidurale. In considerazione della persistenza alla RMN del quadro di mastoidite, dopo rivalutazione ORL, si sono associati alla terapia con teicoplanina in corso, ceftazidime e metronidazolo per via endovenosa. Il paziente è stato dimesso, dopo 18 giorni totali di terapia antibiotica, in buone condizioni generali e verrà inoltre periodicamente monitorato dal punto di vista clinico ed ecografico. La comparsa di trombosi venose può essere dovuta al danno vascolare che si verifica in corso di infezioni. La formazione del trombo può essere considerata come meccanismo protettivo volto a limitare la diffusione dell’infezione. Raramente le infezioni sono associate alla comparsa di trombosi venose ma, nella maggior parte dei casi, queste si sviluppano in corso di otiti medie o di mastoiditi in pazienti che abbiano di base uno stato di ipercoagulabilità congenita o acquisita. Nel nostro caso non è stato possibile identificare anomalie coagulative tali da essere ritenute responsabili della trombosi. Bibliografia - Redaelli de Zinis LO, Gasparotti R, Campovecchi C, Annibale G, Barezzani MG. Internal jugular vein thrombosis associated with acute mastoiditis in a pediatric age. Otol Neurotol. 2006 Oct;27(7):937-44. Review. - Tovi F, Fliss DM, Noyek AM. Septic internal jugular vein thrombosis. J Otolaryngol. 1993 Dec;22(6):415-20. - Buttery JP, Easton M, Pearson SR, Hogg GG. Pediatric bacteremia due to Staphylococcus warneri: microbiological, epidemiological, and clinical features. J Clin Microbiol. 1997 Aug;35(8):2174-7. 82 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 83 CONVULSIONI NEONATALI: DALLA CLINICA ALLA GENETICA. DESCRIZIONE DI UN NUOVO CASO FAMILIARE G. Ruffinazzi, T. Foiadelli, M.V. Spartà, A. Russo Raucci, P. Merli, R. Porto Scuola di Specializzazione in Pediatria - Università degli Studi di Pavia Fondazione IRCCS Policlinico “San Matteo” Pavia Le Convulsioni Neonatali Benigne Familiari sono un raro disordine convulsivo ad ereditarietà AD che si manifesta nei primi giorni di vita, caratterizzato da convulsioni generalizzate o multifocali di tipo tonico e/o clonico. Ad oggi sono stati identificati 2 geni responsabili: KCNQ2 (20q13.3) e KCNQ3 (8q24). Sebbene sia da sempre considerato un disordine benigno ed autolimitante, recentemente sono stati segnalati casi di encefalopatie epilettiche neonatali correlate alla mutazione di KCNQ2. Riportiamo il caso di F.G., ricoverata per convulsioni neonatali di tipo generalizzato tonico-clonico e focali toniche, insorte in terza giornata di vita e refrattarie alla terapia antiepilettica. Da un approfondimento anamnestico, nella storia clinica del padre emergeva uguale sintomatologia (fino al venticinquesimo giorno di vita); inoltre, due cugine paterne di primo grado risultavano affette da disordini comiziali: la prima aveva manifestato convulsioni febbrili generalizzate tra il secondo e il terzo mese di vita; l’altra convulsioni tonico-cloniche dai primi mesi di vita fino all’età di 10 anni. Come riportato nell’anamnesi paterna, anche nel caso di F.G. si osservava una completa risoluzione delle manifestazioni comiziali al compimento del venticinquesimo giorno di vita. Ad oggi la bambina presenta un normale sviluppo psicomotorio. Le indagini genetiche hanno evidenziato una mutazione del gene KCNQ2 a livello dell’esone 5 (C.769del) in F.G. e nei parenti affetti. Secondo i tools di predizione utilizzati tale mutazione comporterebbe un frameshift della sequenza codificante a partire dal codone Glu257, con STOP codon prematuro 15 codoni a valle e conseguente degradazione del mRNA attraverso un meccanismo di Nonsense-Mediated Decay. Bibliografia - Weckhuysen S, Mandelstam S, Suls A et al. KCNQ2 encephalopathy: emerging phenotype of a neonatal epileptic encephalopathy. Ann Neurol 2012;71(1):15-25. - Tiberti A, Ometto A. Neonato con manifestazioni convulsive. In: Pediatria Essenziale, Edi-Ermes, Milano 2012. - Ishii A, Miyajima T, Kurahashi H et al. KCNQ2 abnormality in BECTS: Benign childhood epilepsy with centrotemporal spikes following benign neonatal seizures resulting from a mutation of KCNQ2. Epilepsy Res 2012;102(1-2):122-125. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 83 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 84 UNA IMMUNODEFICIENZA CON IPER-IGM Prof. M. Furbetta, Direttore della Scuola di Specializzazione in Pediatria, Perugia Dott.ssa M. Castagnino, Scuola di Specializzazione in Pediatria, Perugia Discutiamo del caso del piccolo A., lattante maschio di 4 mesi di vita, inviato dal curante presso la nostra Clinica Pediatrica nel mese di dicembre 2011 per febbre persistente da sei giorni, resistente alla terapia antibiotica con Cefpodoxima. La febbre presentava andamento remittente-recidivante ed era associata a modesti segni di infezione a carico delle alte vie aeree e a pianto intermittente. A. è nato a termine (39 settimane di gestazione) da gravidanza con decorso fisiologico e parto cesareo per gestosi materna. Il peso alla nascita era kg 3.200, Apgar 10-10. Allattamento materno esclusivo. Buon accrescimento staturo-ponderale. Effettuata prima dose di vaccino esavalente in data 19.12. All’ingresso in reparto il piccolo presentava buone condizioni generali. Addome globoso, trattabile, meteorico. Ernia ombelicale. Fegato e milza palpabili a 3 cm dall’arcata costale. Faringe lievemente iperemico. TC 36,7°C. Gli esami ematobiochimici all’ingresso presso la nostra clinica mostravano: PCR 7.9 mg/dL; piastrinopenia, VES 120, LDH 1310 UI/L, albumina 3.4 g/dL, sodio 133 mEq/L.; iperferritinemia 6317 ng/dL, ipogammaglobulinemia (IgG 34, IgA 10) con iper IgM 4045 mg/dl. L’esame ecotomografico dell’addome mostrava epatosplenomegalia. La radiografia del torace mostrava tenui addensamenti di tipo interstiziale in sede parailare superiore bilateralmente. Durante la degenza è stata effettuata terapia antipiretica con paracetamolo e terapia antibiotica per via parenterale. Nel sospetto di una immunodeficienza congenita il bambino è stato trasferito in un centro specialistico dove è stata posta conferma della nostra prima diagnosi (immunodeficienza con iper IgM: allo studio delle sottopoplazioni linfocitarie grave deficit dei linfociti T, quasi assenti i linfociti TCD4+; aumento dei linfociti B sia in percentuale che in assoluto, prevalenza dei linfociti B memoria switched e grave riduzione dell’espressione di CD31). A complicare il quadro, inoltre, l’infezione da EBV (sierologia prelevata durante il ricovero presso la nostra struttura). Aspirato midollare compatibile con reazione sistemica (non con malattia emoproliferativa). Nel sospetto di una sindrome da attivazione macrofagica, nonostante sia stata intrapresa terapia mirata secondo il protocollo, si è assistito ad un peggioramento progressivo del quadro clinico e degli indici di attivazione macrofagica. Il bambino ha presentato infatti due importanti episodi di rettorragia con rapida anemizzazione per cui è stata effettuata colonscopia che ha messo in luce estesa area ulcerativa a livello del cieco in corrispondenza dell’orifizio appendicolare. A. è deceduto a sette mesi prima di poter effettuare il trapianto che forse avrebbe potuto rappresentare una speranza di vita. A. era affetto da una immunodeficienza severa combinata, legata al cromosoma X (madre portatrice della mutazione) estremamente rara (incidenza 1:1.000.000 di nuovi nati). Bibliografia 1. Macrophage activation syndrome: an autopsy case of sudden death. Clement R, Jouan H, Le Gall F, Rodat O. J Clin Forensic Med. 2006 Aug-Nov;13(6-8):356-60. Epub 2006 Oct 5. 2. Epstein-Barr virus infection and syndrome of inappropriate macrophage activation. Guillaud R, Schved JF, Gris JC, Chapuis H, Marty-Double C, Astruc J, Lesbros D. Pediatrie.1993;48(6):459-62. 84 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 85 IL TRATTAMENTO ORMONALE IN CROMOSCOMA RING (10): UNO SPUNTO PER ULTERIORI RICERCHE V.E. Rinaldi, L. Zenzeri, L. Penta Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Perugia Le cause di Bassa Statura (ESPE-2007) possono essere suddivise in 3 gruppi principali: disordini primari della crescita, disordini secondari della crescita e bassa statura idiopatica ¹. Fanno parte del primo gruppo alcuni quadri sindromici (S.Turner e S. Prader-Willi) per i quali viene concesso il trattamento con GH in età pediatrica (Nota AIFA 39). Nel formulare le ipotesi eziologiche di una bassa statura è fondamentale ricordare la possibile eziologia genetica, soprattutto in caso di dimorfismi lievi o poco evidenti. Descriviamo il caso di un bambino nato a 38 settimane di età gestazionale (AGA) da genitori consanguinei (cugini di II°), valutato da circa un anno per follow-up in merito a terapia con GH. Il paziente era stato inviato presso il nostro Day Hospital all’età di 5 anni in seguito al rilievo occasionale di criptorchidismo bilaterale. In anamnesi difficoltà nell’allattamento materno e scarso accrescimento staturo - ponderale. I suoi parametri auxologici alla prima visita erano: altezza 94 cm (-3 SD, Tanner-Whitehouse); peso 12 kg (- 2 DS, T.-W.), altezza bersaglio 173 cm. La radiografia della mano sinistra mostrava un’età scheletrica di 3 anni e 6 mesi (TW e RUS). Ad un primo esame obiettivo fu segnalata una lieve distrofia generalizzata associata al criptorchidismo già noto e restante obiettività negativa. Sono stati pertanto effettuati esami di laboratorio per escludere cause secondarie di scarso accrescimento (quali malnutrizione, patologie organiche, infettive e metaboliche) e valutazioni per GHD. In base ai dati di laboratorio ed ai successivi parametri auxologici patologici rilevati, è stata intrapresa terapia con GH e programmato intervento di orchidopessi bilaterale (testicoli in sede endoaddominale alta) e successivamente orchiectomia sinistra per testicolo fibroatrofico. Nel corso dei controlli auxologici longitudinali si è assistito ad una progressiva normalizzazione della curva di crescita, in particolare dopo 4 anni di terapia (età cronologica 9 anni e 6 mesi) il bambino aveva raggiunto un’ altezza di 127.3 cm (10°centile T.-W.), peso 22.3 kg (3°centile T.-W.) e velocità di crescita 6.7 cm/anno (>97°centile T.-W.). Tra le indagini eseguite in un secondo tempo, dopo un’attenta rivalutazione del caso e in seguito alla graduale comparsa di miopia, scoliosi dorsale, balbuzie e di un progressivo disturbo dell’apprendimento, il cariotipo costituzionale ha messo in evidenza la presenza di un cromosoma 10 ad anello. Successive indagini citogenetico-molecolari hanno rilevato la presenza di due linee cellulari: una maggioritaria a 46 elementi con un cromosoma 10 ad anello, l’altra con monosomia dello stesso cromosoma. Il cromosoma ring (10) è una anomalia citogenetica rara ² e seppure ci siano dati contrastanti riguardo al quadro clinico riconducibile a tale anomalia ³, la bassa statura ne è una caratteristica costante ma a tutt’oggi non sono segnalate associazioni al deficit di GH né si hanno dati sull’esito di trattamenti ormonali sostitutivi. Lo studio del caso clinico offre dunque l'opportunità' per ulteriori approfondimenti. Bibliografia 1. Wilma Oostdijk, Floor K Grote, Sabine M.P.F. de Muinck Keizer-Schrama, Jan M. Wit: Diagnostic Approach in Children with Short Stature; Horm. Res. 2009; 72: 206–217. 2. Cecilia Gunnarson, Barbara Graffmann, Jon Jonasson: Chromosome r (10) (p15.3q26.12) in a newborn child: case report; Molecular Cytogenetics 2009, 2: 25. ³ Guilherme RS, Kim CA, Alonso LG, Honjo RS, Meloni VA, Christofolini DM, Kulikowski LD, Melaragno MI.: Ring chromosome 10: report on two patients and review of the literature; J Appl Genet. 2013 Feb; 54(1): 35-41. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 85 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 86 ASSOCIAZIONE TRA DEFICIT DI GH E SINDROME DI CROUZON. UN CASO CLINICO M. Bizzi, M.F. Tutera, A. Romei, G. Saggese Sez. di Endocrinologia Pediatrica Clinica Pediatrica, Università di Pisa M. maschio 8 anni e 11 mesi giunge presso il nostro ambulatorio di endocrinologia pediatrica per scarso accrescimento staturo-ponderale. M.,è nato a termine con peso adeguato per l’età gestazionale ma sin dai primi anni di vita, presenta dismorfismi cranio-facciali quali ipoplasia delle cavità orbitarie con esoftalmo di grado severo, ipoplasia del mascellare con prognatismo relativo, naso a becco di pappagallo; si evidenziano inoltre sindattilia e scoliosi. A livello del cavo orale si riscontra palato ogivale. All’età di circa 4 anni viene eseguita valutazione genetica e viene posto il sospetto diagnostico di Sindrome di Crouzon successivamente confermato mediante indagini neuroradiologiche che evidenziavano una craniosinostosi. Viene inoltre effettuata l’analisi molecolare dei geni FGFR1 e FGFR2 correlati alla sindrome che risulta negativa per le mutazioni sino ad oggi conosciute. Alla valutazione auxologica presso il nostro centro M. presenta una statura di 118,4cm (<3°centile; -2,1SD), un peso di 18,5 kg (<3°centile), una velocità di crescita di 4cm/aa (<25°centile) con un target genetico di 173,3 cm e un’età ossea di circa 5 anni all’età cronologica di 8 anni e 11 mesi. Si eseguono quindi esami ematochimici di routine, screening per celiachia e funzione tiroidea che risultano nella norma. Vengono inoltre eseguiti i test di stimolo (Arginina e ITT) per la valutazione dell’ormone della crescita che evidenziano un picco di GH al di sotto dei valori normali (v.n.: >10 ng/dl) e il dosaggio dell’IGF-1 che risulta inferiore a -2 SD. Viene fatta diagnosi di deficit di ormone della crescita (GH). Viene quindi eseguita RMN encefalo che mostra ipoplasia dell’adenoipofisi. M. inizia terapia sostitutiva con GH alla dose di 0.7 U/Kg/sett. Dopo un anno di terapia, all’età cronologica di 10 anni, la statura di M. è 126 cm (5°centile;-1,7SD) e la velocità di crescita è 7cm/anno (97°centile). La Sindrome di Crouzon rappresenta la più comune craniosinostosi. Colpisce 1 su 25 000 nati vivi e segue una trasmissione di tipo autosomico dominante. Il 30-60% dei casi non presenta però una familiarità positiva ma è dovuto a mutazioni geniche ex novo. Inoltre, allo stato attuale, non sono ancora conosciute tutte le cause genetiche responsabili di tale sindrome. I pazienti affetti da craniosinostosi presentano un’aumentata incidenza di deficit di ormone della crescita. Ciò può essere dovuto a una prematura fusione delle ossa della base cranica in corrispondenza dell’area della sella turcica. È di fondamentale importanza in questi pazienti effettuare controlli auxologici periodici che comprendano la valutazione della statura, della velocità di crescita, della circonferenza cranica e della secrezione dell’ormone della crescita mediante specifici test di stimolo data la possibile associazione tra tale sindrome e deficit di GH. Questo caso dimostra, inoltre, la potenziale efficacia della terapia sostitutiva con ormone della crescita nei pazienti affetti da Sindrome di Crouzon e deficit di GH. Bibliografia - Mei-HongWen, Hui-Pin Hsiao, Mei-Chyn Chao and Fuu-Jen Tsai. Growth Hormone Deficiency in a Case of Crouzon Syndrome with Hydrocephalus. International Journal of Pediatric Endocrinology Volume 2010. - Feild CR, Leiber A, Toniges C. Case report: Crouzon syndrome with short stature. Am J Med Sci. 1991 Aug;302(2):101-2. - Belludi A, Belludi S, Bhardwaj A, Dilliwal S. Crouzon syndrome--A case report. Gen Dent. 2012 May-Jun;60(3):e162-5. 86 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 87 LA IALINOSI SISTEMICA INFANTILE: CASO CLINICO A. Romei, V. Bianchi, M. Bizzi, B. Toschi, G. Federico, G. Saggese Sez. di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica Clinica Pediatrica, Università di Pisa La Ialinosi Sistemica Infantile (ISI) e la Fibromatosi Ialina Giovanile (FIG) sono malattie rare a trasmissione autosomica recessiva dovute a variazioni del gene CMG2, di cui in letteratura sono riportati solo 13 casi. L’esordio avviene nei primi mesi di vita e le manifestazioni principali sono: cute tesa e ispessita con eruzioni papulo-nodulari diffuse con contenuto ialino, ipertrofia/fibromatosi gengivale, alterazioni scheletriche, rigidità articolare con progressiva riduzione dei movimenti e dolore, osteopenia/osteoporosi, infezioni respiratorie, vomito e diarrea ricorrenti e persistenti. Non esiste una terapia specifica; la prognosi è infausta. Il decesso avviene generalmente entro i 3-4 anni di età. Riportiamo il caso di Paola, giunta alla nostra osservazione all’età di 16 mesi, con rigidità assiale e articolare e severa limitazione funzionale, ipertrofia gengivale, assenza di eruzione dentaria e prolasso rettale. A livello cutaneo era presente eruzione maculo-papulare con elementi nodulari al volto, al collo e in sede retroauricolare. Paola presentava, inoltre, difficoltà nell’alimentazione che era esclusivamente lattea. La sorella maggiore era deceduta all’età di 4 anni per insufficienza respiratoria a seguito di una progressiva rigidità articolare, associata a eruzioni cutanee simili a quelle di Paola. Il dosaggio degli aminoacidi plasmatici e urinari, effettuati per escludere la presenza di malattie metaboliche, sono risultati nella norma, come pure le indagini strumentali (ecografia addome e Rx scheletro). Nei mesi successivi Paola ha avuto un progressivo peggioramento del quadro clinico, con incremento della rigidità articolare e dell’ipertrofia gengivale e vari episodi febbrili. Nel sospetto di una condizione di ISI o di FIG è stata eseguito l’esame istologico delle lesioni cutanee, che non ha evidenziato la presenza di materiale ialino. L'analisi di sequenza del gene CMG2 ha dimostrato la presenza di una variazione nell'esone 13: 13c.1601-1602insC (P357insC) confermando l’ipotesi diagnostica. Pur essendo la malattia autosomica recessiva, in letteratura sono stati descritti casi di pazienti in eterozigosi. È probabile che altri geni non ancora individuati siano coinvolti nel determinare la sindrome. Bibliografia 1. Infatile Systemic Hyalinosis in Siblings: clinical report, biochemical and ultrastructural findings, and review of the literature. Stucki U. et al. American Journal of Medical Genetics 2001. 2. Mutations in Capillary Morphogenesis Gene-2 Result in the Allelic Disorder Juvenile Hyaline Fibromatosis and Infantile Systemic Hyalinosis. Dowling O. et al. Am. J. Hum. Genet, 2003. 3. Mutation in the Gene Encoding Capillary Morphogenesis Protein 2 cause Juvenile Hyaline Fibromatosis and Infantile Systemic Hyalinosis. Hanks S. et al. Am. J. Hum. Genet, 2003. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 87 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 88 PREGNANCY IN A METHYLMALONIC ACIDEMIA PATIENT WITH KIDNEY TRANSPLANTATION: A CASE REPORT R. Lubrano, E. Bellelli, I. Gentile, S. Paoli, C. Cardaci, C. Carducci, S. Santagata, D. Labriola, M. Elli Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Con lo screening precoce e il trattamento tempestivo si è ottenuto il miglioramento della sopravvivenza e della qualità di vita dei pazienti con acidemia metilmalonica. Pertanto, un numero crescente di donne affette da acidemia metilmalonica raggiunge l’età adulta in buona salute e desidera intraprendere una gravidanza. D’altra parte, i rischi di esporre il feto a livelli elevati di acido metilmalonico (MMA) nel liquido amniotico non sono attualmente noti. Descriviamo un caso di gravidanza in una paziente con acidemia metilmalonica trapiantata di rene. GD è nata a termine dopo una gravidanza normodecorsa. All’età di 9 mesi, in seguito alla comparsa di vomito ricorrente e disidratazione, è stata posta diagnosi di acidemia metilmalonica mut °. Negli anni la paziente ha sviluppato una nefropatia cronica e una cardiomiopatia ipertrofica. All'età di 16 anni ha iniziato l’emodialisi, pochi mesi dopo è stata trapiantata di rene. La funzione renale e la concentrazione nelle urine di MMA sono stati monitorati regolarmente nel post-trapianto, e non si sono verificati episodi di rigetto, né di scompenso metabolico. All’età di 28 anni, dopo il matrimonio con un uomo omozigote sano non consanguineo, è rimasta incinta. All’inizio della gravidanza la creatininemia era 114,9 mmol/L, e il GFR era 55 ml/min/1.73 m2. Tali valori sono rimasti stabili durante la gravidanza, mentre la concentrazione urinaria di MMA è diminuita significativamente. L’amniocentesi ha rilevato un feto di sesso femminile eterozigote per acidemia metilmalonica. Il livello di MMA nel liquido amniotico era 127,3 mmol/L (vn 0,2-4 mmol/L). Alla 37esima settimana di gestazione è avvenuto il parto, la concentrazione di MMA sierico della neonata era pari a 7 mmol /mol di creatinina (nv 0-5). Tale valore è sceso nel giro di un mese a 0,2 micromol/L. La bambina è cresciuta regolarmente, e ha avuto uno sviluppo neuromotorio normale. Questa è l'unica gravidanza nota di una paziente con acidemia metilmalonica trapiantata di rene. Sono riportate in letteratura altre sei (1) gravidanze in donne con acidemia metilmalonica. In tutti i casi i valori di MMA nel liquido amniotico sono risultati elevati. Il riscontro di elevate concentrazioni di MMA nel liquido amniotico è preoccupante, per il rischio di suscitare un blocco del metabolismo mitocondriale (2). D’altra parte, le pazienti affette hanno dato alla luce bambini neurologicamente sani. Una possibile spiegazione di questo fenomeno stà nel fatto che gli enzimi della catena respiratoria mitocondriale sono funzionalmente immaturi nella vita fetale (3) e che, dopo la nascita, la maturazione della funzione renale garantisce la clearance dei acidi organici accumulati durante la vita fetale. In conclusione possiamo dedurre che dall’unione tra donne con acidemia metilmalonica e uomini sani omozigoti c’è una buona probabilità che nascano figli sani. Il caso descritto suggerisce anche che la presenza di un rene trapiantato, generalmente considerata un fattore di rischio, può essere favorevole, perché riduce la concentrazione di MMA nel liquido amniotico. Bibliografia 1. Langendonk JG, Roos JCP, Angus L, et al. A series of pregnancies in women with inherited metabolic disease. J Inherit Metab Dis 2011; 35: 419-424. 2. Brusque AM, Borba Rosa R, Schuck PF, et al. Inhibition of the mitochondrial respiratory chain complex activities in rat cerebral cortex by methylmalonic acid. Neurochem Int 2002; 40: 593-601. 3. Honzik T, Wenchich L, Böhm M, et al. Activities of respiratory chain complexes and pyruvate dehydrogenase in isolated muscle mitochondria in premature neonates. Early Hum Dev 2008; 84:269-76. 88 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 89 CASO CLINICO DI SCID: DA UNA NUOVA IMMUNODEFICIENZA PRIMITIVA AD UNA IMMUNODEFICIENZA SECONDARIA. IPOTESI A CONFRONTO 1 P. Pansa1, D. Korn1, R. Carsetti2, M. Duse1 Sapienza - Università degli Studi di Roma, Policlinico Umberto I, Servizio Speciale di Allergologia e Immunologia Pediatrica; 2 Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma, Unità di Ricerca Bambino di 5 anni e 10 mesi, nato a termine da parto eutocico. A 8 mesi di vita, riscontro di anemia emolitica autoimmune Coombs positiva e ipertransaminasemia, con diagnosi bioptica di quadro compatibile con epatite gigantocellulare, trattata inizialmente con Azatioprina (AZA), poi sostituita con Ciclofosfamide e, a 2 mesi dall’esordio, con Rituximab (4 somministrazioni complessive, di cui una/settimana) in associazione ad AZA e prednisone. A 13 mesi dall’ultima somministrazione si evidenziava ipogammaglobulinemia, trattata con infusioni seriate di IVIG. I T linfociti erano quantitativamente nella norma, ma la risposta proliferativa ai mitogeni (anti-CD3/CD28), era scarsa. Erano invece del tutto assenti i linfociti B (CD19+), anche su aspirato midollare, che dimostrava inoltre deficit dei precursori staminali multipotenti (CD34+/CD20-). Le indagini genetiche predisposte escludevano immunodeficienze da difetto dei Linfociti B, quali la XLA (Gene Btk), e immunodeficienze combinate gravi (SCID), quali la Linfoistiocitosi Emofagocitica, (gene PFR-1), la XLP (Gene SH2D1A), il deficit di ADA e PNP e la sindrome IPEX (Gene FOXP3). Il quadro clinico si complicava gradualmente con grave compromissione dello stato nutrizionale, affezioni broncopolmonari subcliniche con esiti bronchiectasici e severa enteropatia protidodisperdente diselettrolitemica, tale da richiedere trattamenti intensivistici. Le biopsie eseguite in corso di EGDS evidenziavano atrofia subtotale della mucosa intestinale e infiltrato plasmacellulare IgA- e IgM-secernente. All’età di 4 anni e 10 mesi il bambino è stato sottoposto a trapianto di midollo osseo da donatore HLA compatibile, con immediata risoluzione del quadro clinico e della sottostante condizione di agammaglobulinemia. In letteratura sono riportati casi di ipo/agammaglobulinemia post-terapia con Rituximab (1), con selettiva delezione a livello periferico dei linfociti B memory IgD-/CD27+ e assenza di plasmacellule midollari, verosimilmente da blocco maturativo. Tuttavia, nel caso descritto, si documenta non solo assenza di Linfociti B, ma anche delle linee maturative da cui derivano, tale da avvalorare l’ipotesi di una immunodeficienza primitiva, non precedentemente nota, a carico di un progenitore antecedente al linfocita pre-B, colpito nella XLA. Particolarmente interessante è inoltre il riscontro di infiltrato plasmacellulare nella mucosa intestinale, in assenza di linfociti B circolanti. Questo dato potrebbe avvalorare l’ipotesi (2) secondo la quale esisterebbe un progenitore dei linfociti B (SP: splenic progenitors) che durante la vita fetale migra nella milza, dando luogo alla produzione di linfociti B che si localizzano nella mucosa intestinale. Questa popolazione linfocitaria, fenotipicamente differente da quella di origine midollare, potrebbe, nel caso considerato, non essere stata colpita dal blocco maturativo secondario alla somministrazione del Rituximab e motivare quindi la presenza di plasmacellule nella lamina propria. Bibliografia 1. “Hypogammaglobulinemia with a selective delayed recovery in memory B cells and an impaired isotype expression after rituximab administration as an adjuvant to autologous stem cell transplantation for non-Hodgkin lymphoma.” Nishio M, Fujimoto K, Yamamoto S, Endo T, Sakai T, Obara M, Kumano K, Minauchi K, Yamaguchi K, Takeda Y, Sato N, Koizumi K, Mukai M, Koike T. Eur J Haematol. 2006 Sep;77(3):226-32. 2. "From the fetal liver to spleen and gut: the highway to natural antibody.” Rosado MM, Aranburu A, Capolunghi F, Giorda E, Cascioli S, Cenci F, Petrini S, Miller E, Leanderson T, Bottazzo GF, Natali PG, Carsetti R. Mucosal Immunol. 2009 Jul;2(4):351-61. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 89 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 90 UN CASO INSOLITO DI SATURAZIONE DI OSSIGENO AL DI SOTTO DELLA NORMA M. Evangelisti, F. Cassiani, R.Zambardi, M.P. Villa UOC Pediatria, Osp. S. Andrea, Università “La Sapienza” Roma, Facoltà di Medicina e Psicologia Matteo, 1 anno, viene condotto in PS in seguito ad un trauma cranico con avulsione dentale dei 4 incisivi inferiori. Si ricovera per presenza di dispnea ed osservazione clinica. Durante il ricovero il bambino è sempre stato in buone condizioni cliniche, frequenza respiratoria nella norma, non evidenza clinica di dispnea, ma la Saturazione dell’ossigeno media (SpO2) in aria ambiente(a.a.) è sempre stata di circa 85-90% (misurata tramite pulsossimetro digitale), scarsamente responsiva alla somministrazione di ossigenoterapia a 4 l/min. Tramite Emogasanalisi arteriosa invece i dati di pO2 e sp O2 sono sempre risultati nella norma (pO2 arteriosa 115 mmHg, Sat O2 calcolata 98.2%) . In anamnesi familiare non patologie cardiovascolari, metaboliche, ematologiche degne di nota. Anamnesi fisiologica nella norma. Esami eseguiti durante il ricovero:-Ecocardiogramma ed ECG: nella norma; radiografia del torace: negativa; ecografia addome : nella norma; registrazione cardiorespiratoria breve in sonno: la registrazione cardiorespiratoria breve mostra la presenza di respiro paradosso continua e una saturazione media basale al di sotto della norma; prick test : negativi. Eseguita durante la degenza terapia con Augmentin sospensione orale , aerosolterapia e metilprednisolone ev. Eseguiti inoltre esami ematici (che evidenziavano un quadro di anemia normocitica) ed elettroforesi dell’Hb che mostrava valori al di sopra della norma (HbA2 4.5%, HbF 2.5%). Per tale motivo eseguiti approfondimenti diagnostici tramite cromatografia liquida ad alta prestazione-spettrometria di massa (HPLC) e studio DNA per geni globinici. Dagli studi effettuati, risulta che circa il 20% di frazione emoglobinica non è ancora stata identificata. Sono in corso gli studi genetici dei familiari. CONCLUSIONI. in base ai dati della letteratura deve porsi il sospetto di emoglobinopatia quando esiste discrepanza tra la saturimetria digitale e l’emogasanalisi, soprattutto di fronte ad un bambino in buone condizioni cliniche ed in assenza di cause di ipossia. Bibliografia 1. Am. J. Hematol. 85:882–885, 2010. Unexpectedly low pulse oximetry measurements associated with variant hemoglobins: A systematic review. Madeleine Verhovsek, David H.K. Chu et al. 2. Pediatric Emergency Care & Volume 26, Number 10, October 2010. Apparent Desaturation on Pulse Oximetry Because of Hemoglobinopathy. Jason Mounts, Anthony Villella et al. 3. Sleep Breath, April 2012. Case–control studies of novel hemoglobin anomaliesas differential diagnosis in sleep apnea syndrome Berndt Zur & Michael Ludwig & Birgit Stoffel-Wagner. 90 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 91 DISTURBI DEL SONNO, IPERTENSIONE ARTERIOSA ED OBESITÀ IN ETÀ PEDIATRICA: UN APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE PER UNA TEMPESTIVA DIAGNOSI ED UNA EFFICACE TERAPIA F. Ianniello, G. Tocci, M.P. Villa UOC Pediatria e Cardiologia, Osp. S. Andrea, Università “La Sapienza” Roma Emanuele, 15 anni, ricoverato presso il Reparto di Cardiologia per “miocardite”, poi seguito presso il nostro ambulatorio di Prevenzione dell'Obesità. Riferito sovrappeso dall’età di 2 anni da quando segue dieta SPLV per episodio di distress respiratorio dopo assunzione dii latte vaccino; accentuatosi dopo intervento chirurgico di adenotonsillectomia per FAV e DRS. Dal 2006 (12 anni) diagnosi di intolleranza glucidica in trattamento dietetico, inizialmente seguito presso OPG, da circa 2-3 anni seguito dal Servizio di Diabetologia presso ASL RMA. Dal 2006 diagnosi da ipertensione arteriosa, non in trattamento farmacologico. In data 20/12/2009 per dolore toracico puntorio della durata di circa due ore, a risoluzione spontanea; dopo un giorno per ricomparsa della stessa sintomatologia si recava presso il PS della nostra Azienda Ospedaliera, dove giungeva sintomatico per angor atipico. L’ECG a 12 derivazioni mostrava tachicardia sinusale, FC 95 bpm, lievi alterazioni aspecifiche della ripolarizzazione (T invertita in DIII ed aVF). PA all’ingresso (braccio) 120/75 mmHg. Esami di laboratorio: Troponina I 2,58 mg/ml, CK-MB 12,95, CK 184, PCR 4,4, N 80%. All’ingresso nel Reparto di Cardiologia soggetto in condizioni emodinamiche stabili ed asintomatico per angor; veniva impostata terapia farmacologica con basso dosaggio di bisoprololo e ramipril, per “sospetta miocardite”. L’ecocolor-Doppler cardiaco mostrava, infatti, “ventricolo sinistro di normali dimensioni e spessori parietali, ipocinesia dell’apice e del setto distale, funzione sistolica globale conservata”. Durante la degenza si eseguivano prelievi ematici per la ricerca di virus miocardiotropi (risultati negativi ad eccezione della positività delle IgG per virus Epstein-Barr) e pulsossimetria che mostrava “tracciato non conclusivo per DRS”; per tale motivo, veniva consigliato approfondimento PSG in regime di ricovero, ed ecocardiogramma di controllo che confermava l’ipocinesia del setto distale. Dimesso con la seguente terapia: bisoprololo 1,25 mg ore 8:00; ramipril 2,5 mg ½ cpr ore 8:00; dieta a basso contenuto glucidico e lipidico, controllo PA domiciliare. In regime di dimissione protetta eseguiva RMN cardiaca, che risultava compatibile con esiti di miocardite, mentre in regime di ricovero presso il Reparto di Pediatria eseguiva PSG notturna, che mostrava russamento primario (IDR 0,5 ev/h, SaO2 99,3%). Da allora è seguito presso il nostro centro di prevenzione dell’obesità infantile con controlli semestrali del peso, del profilo glucidico e del profilo pressorio clinico e domiciliare. Per il riscontro di valori pressori elevati, ha infine monitoraggio ambulatoriale della PA delle 24 ore, che ha mostrato scarso controllo dei valori pressori delle 24 ore; per tale motivo, è stato sostituito l’ACE Inibitore (ramipril 2,5 mg ½ cp) con un sartano (olmesartan 10 mg) con progressivo buon controllo dei valori pressori. CONCLUSIONI. L’approccio integrato e multidisciplinare di una patologia emergente come l’obesità in età pediatrica ed il tempestivo riconoscimento e trattamento delle sue complicanze, quali l’ipertensione arteriosa, può notevolmente migliorare le prospettive e la qualità di vita dei nostri pazienti. Bibliografia 1. Alam I, Lewis K, Stephens JW, Baxter JN. Obesity, metabolic syndrome and sleep apnoea: all pro-inflammatory states. Obes Rev 2007;8(2):119-27. 2. Di Salvo G, Pacileo G, Del Giudice EM et al Abnormal myocardial deformation properties in obese, non-hypertensive children: an ambulatory blood pressure monitoring, standard echocardiographic, and strain rate imaging study. Eur Heart J 2006; 27:2689-2695. 3. Chan C, et al. Childhood sleep disordered breathing and its implications for cardiac and vascular diseases. J Paediatr Child Health 2005;41, 640-46. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 91 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 92 UN CASO DI TROMBOSI DEI SENI VENOSI CEREBRALI COME COMPLICANZA DI UN’OTOMASTOIDITE M. Fioretti Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma D. è un bambino di 10 anni che giunge all’osservazione clinica per diplopia e cefalea. E’ stata eseguita un’ angioRMN che evidenziava una trombosi acuta e quasi totale del seno trasverso di sinistra, del seno sagittale superiore e di parte dell’ ampolla di Galeno. In anamnesi vi erano ricorrenti episodi di otiti, trattati con terapia antibiotica. L’ esame obiettivo era negativo, non vi era febbre. Il G. C. S. era 15. Si evidenziava un deficit del VI nervo cranico di destra senza altri deficit neurologici focali in atto. L’ otoscopia evidenziava un opacamento ed estroflessione della membrana timpanica di sinistra senza essudato. Gli esami ematici e la PCR erano negativi. Le papille ottiche apparivano a margini sfumati e rilevate sul piano, con congestione venosa soprattutto a destra. E’ stata intrapresa una terapia con eparina sodica e.v., ampicillina e cortisteroidi. Lo screening trombofilico e le indagini microbiologiche sono risultati negativi. Gli esami radiologici ed immunologici di completamento diagnostico risultavano normali. Dopo 15 giorni l’ Eparina e.v veniva sostituita da Clexane sotto cute. Al 25 giorno l’ Angio RM evidenziava una ricanalizzazione importante dei seni venosi durali, con permanenza di segni di otomastoidite a sinistra. Persisteva il deficit del VI nervo cranico di destra. Le papille ottiche apparivano ancora a margini sfumati, maggiormente a destra con vasi tortuosi ed edema lieve del nervo ottico omolaterale. Il visus era ridotto a destra (8/10) e a sinistra vi era una lieve ipoacusia trasmissiva con timpanogramma indicativo di depressione endotimpanica e assenza dei riflessi cocleostapediali. Dopo circa un mese il Clexane è stato sostituito da terapia anticoagulante orale e le altre terapie sono state sospese. Dopo tre mesi, il bambino non lamentava più disturbi del visus e i seni venosi durali erano completamente ricanalizzati all’ AngioRM, La trombosi dei seni venosi cerebrali rappresenta il 6% delle complicanze intracraniche delle otomastoiditi (1). L’incidenza di complicanze intracraniche delle otomastoiditi si è nettamente ridotta con l’ utilizzo degli antibiotici e la presentazione clinica è cambiata nel corso degli anni divenendo più sfumata e caratterizzata da sintomi neurologici piuttosto che di quelli otitici (1,2). Il nostro paziente presentava un deficit del nervo abducente di destra, ma aveva una trombosi del seno sigmoideo e trasverso contro laterali. La riduzione del riassorbimento del liquido cefalorachidiano da parte delle granulazioni aracnoidee secondaria alla trombosi dei seni durali determinerebbe l’ incremento della pressione intracranica e da qui la compressione del nervo abducente che ha un decorso lungo e articolato a livello intracranico (3). Le otomastoiditi possono avere complicanze che si associano ad un considerevole tasso di mortalità se non riconosciute e non trattate adeguatamente. La presenza di sintomi come cefalea, difetti della vista e sintomi neurologici in pazienti con storia di otite, anche in assenza di sintomi otitici in atto, deve porre il sospetto di complicanze intracraniche. Bibliografia 1. B. Viswanatha, K. Niseeruddin. Lateral sinus thrombosis in Otology: a review. Medit. J. of He-mat. and Infec. Dis. 2010; 2. 2. N. E. Matar, S. J. Rassi,, A. E. Melkane,A. C. Haddad. Lateral Sinus Thrombosis in the Pediatric Population. Pediatr Emer Care. 2009; 25: 681- 683. 3. S.J. Marzo. ENT-Ear, Nose and Throat Journal. 2001; 80: 869-870. 92 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 93 TUBERCOLOSI DELLA PARETE TORACICA ASSOCIATA A BASSI LIVELLI DI 25 IDROSSI-VITAMINA D IN UNA BAMBINA DI 15 MESI M. Scalzone Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma A. è una bambina di 15 mesi, proveniente dalla Romania, giunta alla nostra osservazione per approfondimenti diagnostici in merito alla presenza di una tumefazione della parete toracica in sede parasternale destra. Presso il paese di origine, la bambina aveva eseguito Rx e TC del torace che avevano evidenziato la presenza di aree di consolidamento parenchimale nel segmento laterale del lobo medio e nel segmento basale del lobo inferiore di sinistra, associate ad adenopatia mediastinica. Gli esami radiologici avevano inoltre mostrato la presenza di una lesione della parete toracica destra, in corrispondenza della decima cartilagine costale. Nel sospetto diagnostico di patologia tumorale metastatica, la paziente è stata inviata presso la nostra Divisione di Oncologia Pediatrica. In considerazione dell’approfondimento anamnestico e della presenza alle immagini radiologiche di calcificazioni nel contesto delle aree di consolidamento parenchimale e delle adenopatie mediastiniche, è stato posto il sospetto diagnostico di malattia tubercolare, confermata dagli esami microbiologici (positività del quantiferon, intradermoreazione di Mantuox, ricerca del mycobatterium tubercolosis su aspirati gastrici). Gli esami di laboratorio a completamento diagnostico hanno inoltre evidenziato bassi livelli di 25 idrossi-vitamina D. La tubercolosi (TBC) della parete toracica è una manifestazione estremamente rara in età pediatrica (1-5 % della TBC muscolo-scheletrica) e non sono descritti in letteratura simili casi in bambini così piccoli. Gli ascessi tubercolari della parete toracica possono interessare lo sterno, diafisi costale, la giunzione costocondrale e la giunzione costovertebrale. Nel 30-50% dei casi è associata a TBC polmonare. La vitamina D attivata modula positivamente la risposta immunitaria verso il micobatterio tubercolare, promuovendo la fagocitosi macrofagica. Il deficit di Vitamina D sembra pertanto associarsi ad una maggiore suscettibilità alla malattia tubercolare. Il trattamento chirurgico di escissione completa dell’ascesso, associato a terapia medica antitubercolare pre e post-operatoria garantisce una buona risposta terapeutica. La bambina è stata sottoposta ad intervento chirurgico di asportazione della lesione toracica ed è stata intrapresa terapia antitubercolare, proseguita per 6 mesi. La paziente ha inoltre eseguito terapia sostitutiva con Vitamina D. Attualmente, ad un anno di follow-up dalla fine del trattamento, la bambina è in buone condizioni generali e i controlli radiologici sono risultati negativi per riattivazione di malattia tubercolare. Bibliografia 1. Chang GH, Kim SK, Lee WY. Diagnostic issues in tuberculosis of the ribs with a review of 12 surgically proven cases. Respirology. 2009;4:249-253. 2 Cho KD, Cho DG, Jo MS, et al. Current surgical therapy for patients with tuberculous abscess of the chest wall. Ann Thorac Surg. 2006 Apr;81(4):1220-1226. 3. Liu PT, Stenger S, Tang DH. et al. Cutting edge: vitamin D-mediated human antimicrobial activity against Mycobacterium tuberculosis is dependent on the induction of cathelicidin. J Immunol. 2007;179:2060-2063. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 93 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 94 UNA BASSA STATURA… MA NON SOLO C. Cubaiu, G. Masia, C. Burrai Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Sassari Giulia, bambina di 8 anni, inviata dal medico curante per bassa statura. Il nostro atteggiamento prevede un’attenta anamnesi sia familiare che personale e un’adeguata visita auxologica. Dall’anamnesi familiare non si evince nessun dato di rilievo. Giulia è primogenita di genitori non consanguinei e nell’ambito familiare non si segnalano patologie degne di nota. Visto il quesito diagnostico procediamo con la misurazione di entrambi i genitori. La madre misura 147 cm, il padre 169 cm, per cui il suo target genetico è di 151,75 cm. Giulia nasce a termine da parto eutocico in seguito a gravidanza normo decorsa. Il suo peso era di 3.520.kg (>50 %ile), lunghezza: 49 cm (>25 %ile). Ha avuto un buon adattamento neonatale (Apgar 9 al 1°minuto e 10 al 5°), sviluppo psicomotorio regolare. L’accrescimento staturale riferito regolare ma costantemente <3 %ile. Dalla nostra visita auxologica otteniamo questi dati: peso: kg 22 (15 %ile), statura: cm 114.5 (<3 %ile -2,24 DS), statura seduta: cm 64.2, statura seduta/in piedi: 56% (v.n.< 55.5%), SPAN: cm 110 (4.5 cm inferiore all’altezza), SPAN/statura in piedi: 96% (v.n.>96.5%), avambraccio corto (18 cm, <3 %ile), BMI: 16,78 (63 %ile), sviluppo puberale (Tanner): PH 1, AH 1, B 1. Dalla nostra visita quello che ci colpisce è la presenza di dismorfismi. Infatti Giulia presenta cubito valgo, tibie ricurve e palato ogivale. Le nostre considerazioni dopo la visita auxologica sono le seguenti si tratta di bassa statura disarmonica (-2,24 D.S), c’è familiarità per bassa statura (madre : 147 cm di altezza), diversi dismorfismi quali: cubito valgo, curvatura degli arti inferiori, palato ogivale. Richiediamo gli esami del caso: esame emocromocitometrico, VES, PCR profilo epatorenale, proteine totali, elettroforesi, IgA, Ca, P, fosfatasi alcalina, EMA, tGa, Ft4, Ft3, esame urine, IGF1, rx mano e polso per età ossea e eventuali dismorfismi, cariotipo (50 metafasi) e visita della madre. Vengono escluse le cause comuni di bassa statura. Vista la familiarità per bassa statura e i tratti dismorfici identificati nella piccola Giulia ci sembra opportuno un attento esame fisico della madre che evidenzia una bassa statura disarmonica con tibie ricurve e deformità di Madelung. Procediamo con rx avambraccio dx e sx. Tale indagine evidenzia, bilateralmente, una modica curvatura medio-diafisaria del radio e dismorfismo del nucleo di ossificazione dell’epifesi distale del radio. Il nostro sospetto a questo punto è di aploinsufficienza del gene SHOX. Consideriamo i parametri clinici per la ricerca del deficit di gene SHOX nella bassa statura (Rappold G). Il punteggio nel nostro caso è di 16 punti (se il punteggio è tra 4 e 7 si effettua la ricerca gene SHOX). Si invia campione per ricerca genetica. Giulia e la madre presentano una delezione in eterozigosi dell’intero gene SHOX e regioni fiancheggianti .Viene fatta domanda alla commissione Regionale per il trattamento e l’utilizzo del GH ricombinante. La commissione ha espresso parere favorevole. Pertanto Giulia ha intrapreso terapia. Bibliografia - Binder G. Short stature due to SHOX deficiency : genotype,phenotype,and therapy. Horm Res Paediatr2011;75, 2:81-9. - Rappold G, Blum WF,Shavrikova P et al. Genotypes and Phenotypes in children with short stature: clinical indicators of SHOX haploinsufficiency .J Med Genet 2007; 44,5:305-13. - Bernasconi S, Bertorelli R; Forabosco A; lughetti L. Il gene Shox e il suo ruolo nell’accrescimento 2007. 94 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 95 LE MILLE FACCE DELL’ANEMIA… G. Masia, C.Cubaiu, E. Chicconi, M.G. Olzai Clinica Pediatrica, Neonatologia, Università degli Studi di Sassari Marta, E.G 40, nasce da TC d’ emergenza per sofferenza fetale acuta. Parametri antropometrici fisiologici per l’eta. AS 4 al 1° minuto, liquido amniotico tinto, intubata al 5° min. All’ emogas acidosi metabolica e anemia severa (Hb 3.7 g/dl). Si trasfonde con sangue 0 Rh negativo (10cc/kg). All’esame neurologico EII con Sarnat grado 2, alla monitorizzazione aEEG tracciato moderatamente anormale con fenomeni convulsivi per cuI inizia, a 4 ore di vita, ipotermia sistemica con T.r a 33,5 °C e terapia con Fenobarbital. Condizioni generali sempre gravi, Sat 90%, Fio2 1, ipertensione polmonare (70 mmhg), insufficienza ventricolare sx. Inizia Dobutamina (6 γ/kg/min) e Ossido nitrico 20 ppm, con progressiva riduzione dell’ipertensione polmonare. A 20 ore di vita Hb 9 mg/dl. Eseguiamo 2° frazione di sangue (10 cc/kg) con incremento dell’ emoglobina a 13.7 g/dl. A 30 ore di vita comparsa all’aEEG dei primi cenni di ritmo sonno veglia. Riscaldamento, a 72 ore dall’inizio dell’ ipotermia, privo di complicanze. A 15 gg di vita, riscontro alla RMN di un idrocefalo esterno con assenza di lesioni parenchimali. In 16° giornata di vita, ricomparsa di anemia (Hb 8 mg/dl, Bilir. 4 mg/dl), per cu ripete 3° trasfusione di emazie concentrate. Dimessa a 20 giorni di vita in buone condizioni generali, modesta ipotonia. Al follow up a 2 mesi di eta’, riscontro di pallore cutaneo con sfumatura itterica della cute (Hb 9,5 g/dl, bilirubina tot. 7.5 mg/dl - bil. diretta 0.3). Esegue emocromo e striscio di sangue periferico con riscontro di numerosi sferociti. Si pone il sospetto di una Sferocitosi congenita poi confermata dalle indagini laboratoristiche. Conclusioni : In periodo neonatale, Sferocitosi e iperbilirubinemia vanno generalmente di pari passo. Nel nostro caso 2 sono stati i fattori confondenti: trasfusioni precoci e terapia con Fenobarbital, potente induttore enzimatico. A posteriori una rivalutazione dell’ emocromo eseguito alla nascita ha permesso di evidenziare un MCHC ai limiti superiori della norma e un aumento dell’ RDW, di comune riscontro nei neonati con Sferocitosi congenita. Bibliografia - Hereditary Spherocytosis in Neonates With Hyperbilirubinemia Robert D. Christensen, MD, Erick Henry. - Phenobarbitone for prevention and treatment of unconjugated hyperbilirubinemia in preterm neonates: a systematic review and meta-analysis.Chawla DParmar V. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 95 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 96 PERIOSTITE IN LATTANTE A. Ermini, E. Becucci, M.G. Alagna, E. Aldi, S.F. Carbone, G. Buonocore UOC di Pediatria Neonatale, Dipartimento Medicina Molecolare e dello Sviluppo, Università degli Studi di Siena Background. Le infezioni ossee non sono comuni durante i primi mesi di vita. Nella maggior parte dei casi si tratta di osteomielite, mentre la periostite si trova raramente. Non ci sono molti lavori in letteratura sulla periostite infettiva del lattante. Al contrario, la periostite fisiologica è un reperto radiologico di frequente riscontro nei bambini tra 1 e 6 mesi di vita. Riportiamo il caso di una bambina di 3 mesi ricoverata presso il nostro reparto, con sospetto di osteomielite del femore destro. Caso clinico: B.A. nasce a 29 settimane di età gestazionale, peso 790 gr, da taglio cesareo urgente per IUGR, oligoidramnios e alterazioni della flussimetria fetale. Alla nascita, per la presenza di segni di distress la piccola è stata trasferita in terapia intensiva neonatale dove ha necessitato di supporto ventilatorio per 4 giorni. La bambina è stata alimentata con nutrizione parenterale totale e poi parziale fino al 25° giorno di vita. Gli esami colturali e gli indici di flogosi sono risultati sempre negativi. Il progressivo miglioramento delle condizioni consentiva la dimissione a 40 settimane di età corretta. A circa 3 mesi d’età la bambina torna presso la nostra clinica per ipomotilità dell’arto inferiore destro. All’esame obiettivo l’arto appare caldo al termotatto ed edematoso. Negativa l’anamnesi patologica prossima. Gli indici di flogosi risultano solo lievemente aumentati. Gli accertamenti specifici evidenziano: - radiografia anca destra: tenue lineare reazione periostale a livello diafisario del femore dx, compatibile per processo flogistico. - ecografia: immagine lineare iperecogena che si estende per tutta la diafisi femorale dx con tumefazione delle strutture muscolari - RMN: sollevamento periostale concentrico della diafisi femorale, senza soluzioni di continuo della linea corticale e minimo edema della midollare ossea e edema dei tessuti molli periossei. Gli esami eseguiti supportano la diagnosi di periostite. Viene quindi intrapresa terapia antibiotica e antinfiammatoria. Le indagini colturali evidenziano positività per Klebsiella Pneumoniae al tampone rettale e Staphylococcus Haemolyticus al tampone auricolare. La bambina è stata dimessa dopo circa un mese di ricovero con il completo recupero della motilità dell'arto inferiore destro. Dopo 2 settimane la RMN di controllo mostrava una risoluzione quasi completa della infiammazione periostale. Discussione : La diagnosi di periostite infettiva nel lattante è insidiosa e deve essere sempre sospettata sulla base dei sintomi CLINICI anche con esami ematochimici negativi. La forma fisiologica è comunemente riscontrata a carico delle ossa lunghe ed è sempre simmetrica nella distribuzione. L’ecografia e la diagnostica per immagini sono indagini fondamentali per la conferma diagnostica e differenziare la forma di periostite infettiva da un processo periostitico fisiologico, che potrebbe essere un potenziale errore di diagnosi differenziale. Bibliografia - P. De Silva e coll. Physiological periostitis; a potential pitfall. Arch Dis Child 88: 1124–1125, 2003. 96 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 97 CISTI POROENCEFALICA REVERSIBILE. UNA RARA COMPLICANZA DEL POSIZIONAMENTO DEL RESERVOIR DI OMMAYA E. Becucci, A. Ermini, M.G. Alagna, E. Laschi, G. Buonocore UOC di Pediatria Neonatale, Dipartimento di Medicina Molecolare e dello Sviluppo, Università degli studi di Siena Background: La patologia emorragica rappresenta una frequente complicanza della nascita prematura. Nel 50% dei neonati all’emorragia segue una dilatazione ventricolare, che in un ulteriore 50% dei casi evolve in idrocefalo post-emorragico determinando la necessità di intervenire neuro chirurgicamente. Il reservoir di Ommaya rappresenta il primo approccio utilizzato poiché permette in molti casi di risolvere la condizione evitando il posizionamento di uno shunt permanente che espone al rischio di infezioni ed ostruzioni. Complicanze successive al posizionamento del reservoir sono: deiscenza della ferita, infezioni ed emorragia ventricolare. Sebbene rara, altra possibile complicanza è rappresentata dalla formazione di cisti poroencefaliche frontali lungo la sede di passaggio del catetere. La patogenesi di tale lesioni è legata, probabilmente, ad un accumulo di liquor intorno al catetere che schiaccia, facendosi strada, il parenchima circostante formando una cavità poroencefalica. La prognosi è buona trattandosi di cavità poroencefaliche reversibili che tendono a scomparire dopo rimozione del catetere. Case Report: C.M nasce da gravidanza gemellare insorta tramite FIVET decorsa regolarmente fino a 25+3 settimane quando per inizio di travaglio M. nasce da taglio cesareo. Alla nascita M. ha un peso di 770 gr. Apgar 2-1°, 8-5° e 10-10°. Viene intubata e trasferita in TIN dove pratica surfactante, ventilazione meccanica poi CPAP e infine ossigeno a flusso libero per un periodo complessivo di 80 giorni. Data l’estrema prematurità la bambina è sottoposta a controlli ecografici cerebrali seriati che in 8° giornata mostrano la comparsa di un IVH di III° bilaterale con iniziale dilatazione dei VVLL. In 43° giornata di vita (31+6 settimane) vi è un ulteriore peggioramento del quadro con comparsa di dilatazione triventricolare normotesa. In accordo con i colleghi neurochirurghi vengono eseguiti controllo COF e dell’IR. A distanza di 48 ore si assiste a un peggioramento clinico di M. con apnee, bradicardia e incremento della COF (1 cm in 24) con FA protrusa. L’ecografia documenta evoluzione del quadro in idrocefalo (IR 0.90). La bambina è sottoposta a posizionamento di reservoir di Ommaya. Il decorso post operatorio è buono, e i successivi controlli ecografici mostrano dimensioni del sistema ventricolare stabili, IR nei limiti senza più necessità di deliquorazioni. Al controllo ecografico eseguito a circa 12 giorni dall’intervento si evidenzia, però, la comparsa di lesione poroencefalica frontale destra. Viene eseguita una MRI encefalo che conferma la presenza dell’esito malacico frontale anteriore destro, in adiacenza della sede del sondino di derivazione. Si procede pertanto a rimozione del reservoir. I successivi controlli ecografici mostrano completa scomparsa del reperto descritto. Attualmente M. ha 6 mesi di vita ( 3 mese di età corretta) e presenta un esame neurologico adeguato all’età. Bibliografia - Michio Ozeki , et al. Reversible cerebrospinal fluid edema and porencephalic cyst, a rare complication of ventricular catheter. Case Reports. Journal of Clinical Neuroscience 17: 658-661,2009. - Sugimoto K, Enomoto T, Nose T. Reversible porencephaly. Alteration of the cerebrospinal fluid flow after shunt malfunction. Childs Nerv Syst. 7(7):394-8,1991. - Lin Jian & Sheng Hang-song et al: Implantation of Ommaya reservoir in extremely low weight premature infants with posthemorrhagic hydrocephalus: a cautious option. Childs Nerv Syst 28:1687-1691, 2012. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 97 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 98 MENINGITE DA STREPTOCOCCUS AGALACTIAE IN UN LATTANTE DI 5 MESI A. Bauchiero, V.R. Di Gianni, V. Tarasco, F. Fantone, M. Zoppo, P.A. Tovo Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche, Ospedale Infantile Regina Margherita, Torino A. è un lattante di 5 mesi, nato a termine, da gravidanza fisiologica, Apgar 7/9, giunto al nostro Pronto Soccorso per iperpiressia e sopore. Le condizioni generali appaiono scadenti, con cute e mucose pallide. L’EO neurologico rivela sopore, scarsa reattività allo stimolo doloroso, irritabilità, pupille miotiche con riflesso pupillare debole e modesta rigidità nucale. Sono presenti tachicardia (FC 190 bpm) e polipnea (FR 70 atti/min), con necessità di ossigenoterapia. PAOS 100/58 mmHg. Restante EO di norma. Gli esami ematochimici evidenziano un rialzo della proteina C reattiva (124 mg/L, v.n. 0.1-10.0 mg/L), lieve neutrofilia, modesto allungamento di PT e PTT e iposodiemia. L’EEG e la TC encefalo sono negativi. L’esame del liquor mostra ipercellularità (1334/μL; 85% neutrofili, 14% monociti, 1% linfociti), aumento della proteinorrachia; la coagglutinazione e l’emocoltura danno risultati positivi per streptococco beta-emolitico di gruppo B (SGB). Viene quindi posta diagnosi di meningite da Streptococco agalactiae e impostata terapia antibiotica con ceftriaxone e desametasone. Il bambino si sfebbra in terza giornata, con progressivo miglioramento delle condizioni generali, risoluzione del quadro neurologico e negativizzazione degli indici di flogosi. I tamponi vaginale e rettale materni prenatali e la coltura sul latte erano stati negativi. Lo SGB è un comune commensale della donna gravida, principale responsabile di severe infezioni batteriche nelle prime epoche di vita (1). L’infezione ha distribuzione bimodale (precoce e tardiva). La forma tardiva (cosiddetta “late-onset” o LOD) colpisce soggetti di età 7-89 giorni e nella metà dei casi si trasmette per via verticale e nei casi rimanenti per via orizzontale (acquisita in comunità o in ambiente ospedaliero). Generalmente non si associa a complicanze materne e dà luogo a meningiti, sepsi o più raramente a infezioni focali. In letteratura sono descritti sporadici casi di meningite ad esordio molto tardivo (ultra late onset, ULOD), in bambini di età ≥ 3 mesi (2). Non esiste alcuna modalità di prevenzione per questa forma. La febbre è il sintomo di esordio più frequente delle ULOD, che spesso si presenta con un quadro di meningite. La profilassi antibiotica intrapartum o la terapia alla nascita non proteggono dall’infezione tardiva, in quanto non necessariamente eradicano la colonizzazione del neonato. È necessaria una diagnosi tempestiva, già alla comparsa dei primi segni, che spesso sono sfumati e aspecifici. In conclusione, le infezioni da SGB possono dar luogo a quadri di sepsi o meningiti severi non soltanto nel neonato, ma anche in epoche successive. Queste forme non sono prevenibili con la profilassi materna e vanno tenute presenti nella diagnostica di quadri suggestivi, per lo più caratterizzati da un decorso grave e talora fatale. Bibliografia 1. Melin P. Neonatal group B streptococcal disease: from pathogenesis to preventive strategies. Clin Microbiol Infect. 2011; 17(9):1294-303. 2. Guilbert J, Levy C, Cohen R; Bacterial meningitis group, Delacourt C, Renolleau S, Flamant C. Late and ultra late onset Streptococcus B meningitis: clinical and bacteriological data over 6 years in France. Acta Paediatr. 2010; 99(1):47-51. 3. Puopolo KM, Madoff LC, Eichenwald EC. Early-onset group B streptococcal disease in the era of maternal screening. Pediatrics. 2005; 115:1240-6. 98 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 99 UNA POLMONITE CHE NON SI RISOLVE V.R. Di Gianni, V. Tarasco, A. Bauchiero, M.M. Lupica, P.A. Tovo Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche, Ospedale Infantile Regina Margherita, Torino All’età di 6 settimane N., nato a termine, da gravidanza fisiologica, è giunto c/o il nostro Pronto Soccorso per febbre, irritabilità e pianto. Il bambino era lievemente febbrile, non dispnoico, ma con lieve riduzione della trasmissione del respiro a sinistra all’auscultazione. Gli esami ematochimici erano negativi, eccetto un rialzo della Proteina C reattiva (PCR 183.9 mg/l; v.n. 0.1-10.0 mg/l). L’ Rx torace evidenziava una disomogenea ipodiafania ai 2/3 superiori dell’emitorace sin. Il bambino veniva trattato con ceftriaxone per via parenterale, sostituito poi con meropenem per mancata risposta clinica. Gli ulteriori approfondimenti diagnostici (antigene urinario per Streptococcus pneumoniae e Legionella pneumonite, test del sudore) erano negativi, i livelli di immunoglobuline sieriche normali. Dopo una settimana di terapia antibiotica la PCR era 38.6 mg/l. L’Rx torace di controllo mostrava un quadro pressoché invariato; la TC torace evidenziava un’estesa area di iperdensità all’emiambito polmonare sin con struttura di tipo misto parenchimatoso-cistoide e drenaggio venoso costituito da un grosso collettore diretto verso il tronco anonimo. Venivano prese in considerazione una malformazione adenoido-cistica congenita (CCAM) con drenaggio venoso sistemico, un sequestro intralobare (IPS), un’agenesia bronchiale e una massa proliferante. All’età di 3 mesi N. fu sottoposto ad intervento chirurgico di resezione della lingula e del lobo superiore sinistro che si presentava iperdisteso, con presenza di vaso venoso che dal lobo superiore si gettava nel tronco anonimo. All’istologico: parenchima polmonare bronchiectasico, alveolite desquamativa ed espansione del tessuto linfoide bronchiolo-associato, suggestivo per IPS. Il decorso post-operatorio è stato regolare. Dopo 2 settimane l’Rx torace mostrava normale ventilazione del lobo polmonare inferiore sinistro. IPS è una patologia rara nell’infanzia (1). Circa il 20% dei casi è asintomatico e viene diagnosticato occasionalmente all’Rx torace. Generalmente si manifesta con infezioni respiratorie ricorrenti. La conferma diagnostica richiede TC o RMN polmonare. Le malformazioni congenite polmonari devono rientrare nelle ipotesi diagnostiche in caso di dispnea, tosse persistente, stridore, disfagia, pneumotorace, emottisi, infezioni respiratorie ricorrenti o scompenso cardiaco senza causa cardiogena. L’intervento chirurgico di resezione polmonare è la terapia di scelta, che consente di evitare le complicanze, quali infezioni, enfisema, pneumotorace e degenerazione neoplastica. Bibliografia 1. Stanton M, Njere I, Ade-Ajayi N, Patel S, Davenport M. Systematic review and meta-analysis of the postnatal management of congenital cystic lung lesions. J Pediatr Surg. 2009; 44(5):1027-33. 2. Davenport M, Eber E. Long term respiratory outcomes of congenital thoracic malformations. Semin Fetal Neonatal Med. 2012; 17(2):99-104. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 99 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 100 UNA STRANA DISIDRATAZIONE F. Franco,G. Crichiutti, M. Canciani, A. Rosolen Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Udine La fibrosi cistica è una malattia genetica ereditaria, cronica, evolutiva, causata da un difetto nella produzione di una proteina, detta CFTR, deputata al trasporto transmembrana del cloro. L'alterazione di tale proteina causa una anomalia di secrezione delle ghiandole esocrine; ne consegue che le secrezioni mucose ed enzimatiche risultano molto più dense e vischiose. La sintomatologia d’esordio e l’evoluzione clinica e’ variabile e non esiste una diretta correlazione tra il genotipo ed il fenotipo. Le mutazioni conosciute a carico del gene CFTR sono piu’ di 1500 ma 12 di esse ricoprono il 75% dei genotipi. Tra i soggetti caucasici la prevalenza della malattia e’ di circa 1:2.500/3000 nati vivi, mentre 1/30 e’ portatore sano. Lo screening alla nascita seppur indicato dal SSN non viene eseguito in regioni come Friuli, Basilicata, Puglia, Sardegna ed Abruzzo. Esistono indagini genetiche di primo e secondo livello che raggiungono una sensibilita’ fino al 95%. N. e’ un piccolo di 11 mesi condotto presso la nostra struttura per vomito e ipoalimentazione. Veniva riferita abbondante sudorazione ma erano giornate di Luglio con caldo torrido. Obiettivamente presentava i segni di una moderata disidratazione. Gli esami ematici mostravano un quadro di alcalosi metabolica con diselettrolitemia importante caratterizzata da iponatriemia, ipopotassiemia e ipocloremia, che veniva corretta con terapia infusionale. All’anamnesi emergeva che il piccolo era nato da fecondazione assistita per infertilita’ di coppia; inoltre la mamma risultava portatrice della mutazione F508del per la Fibrosi cistica mentre il padre era risultato negativo allo screening genetico di primo e secondo livello. Questo determinava un rischio di avere un figlio affetto da fibrosi cistica pari a 1/1000. La Sindrome da perdita di sali e’ una rara manifestazione della fibrosi cistica che colpisce i soggetti sotto l’anno di vita classicamente nel periodo estivo e si caratterizza per la presenza di disidratazione ipocloremica, ipoantriemica e alcalosi metabolica. Quindi, nel forte sospetto clinico di fibrosi cistica N. eseguiva due test del sudore risultati positivi e a conferma eseguiva indagine genetica di primo e secondo livello alla quale risultava portatore della mutazione F508del della madre e di una mutazione intronica c.1583+18672 A>G responsabile della produzione di una proteina CFTR tronca. Tale mutazione non era nota al momento dell’analisi genetica preconcezionale ma alla ripetizione dell’esame anche il padre ne e’ risultato portatore. In conclusione la sindrome da perdita di sali è un’infrequente manifestazione d’esordio della fibrosi cistica che riguarda soprattutto i lattanti durante il periodo estivo. L’analisi genetica ha attualmente una sensibilita’ del 95% per cui la sua negativita’ non esclude la diagnosi di fibrosi cistica specie quando supportata dal quadro clinico. Bibliografia - Costantino L, Claut L, Paracchini V, Coviello DA, Colombo C, Porcaro L, Capasso P, Zanardelli M, Pizzamiglio G, Degiorgio D, Seia M. A novel donor splice site characterized by CFTR mRNA analysis induces a new pseudo-exon in CF patients. J Cyst Fibros. 2010 Dec;9(6):411-8. 100 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 101 DOLORE TORACICO: UNA DIAGNOSI A PELLE… M. Robazza, A. Nocerino, A. Rosolen Clinica Pediatrica di Udine CASO CLINICO. C. è un ragazzo di 15 anni che è stato condotto presso il nostro Ambulatorio d’Emergenza per presenza di dolore a livello sternale bilaterale irradiato alla spalla destra. All’esame obiettivo si apprezzava una tumefazione sternale di circa 5x4cm di diametro, dolorabile alla palpazione. Si rilevava inoltre una severa acne papulo-nodulare a livello del dorso e della regione anteriore del tronco, che il ragazzo riferiva essere presente da un anno. In prima istanza venivano eseguiti esami ematici che documentavano la presenza di lieve anemia associata a modesto rialzo degli indici di flogosi. La radiografia dello sterno evidenziava un’area di rarefazione ossea alla base del corpo sternale di non chiaro significato patologico. Il ragazzo effettuava inoltre le seguenti indagini radiologiche di secondo livello: una scintigrafia ossea che mostrava un’ipercaptazione a livello di manubrio e corpo sternale ed in corrispondenza delle articolazioni sternoclaveari bilateralmente; una RMN che documentava la presenza di una tumefazione riccamente vascolarizzata con interessamento osseo di manubrio e corpo sternale ed interessamento dei tessuti molli parasternali in regione sia pre che retro-sternale. A questo punto ci siamo interrogati sull’esistenza di una possibile correlazione tra acne e tumefazione sternale e consultando la letteratura abbiamo trovato risposta nella sindrome di SAPHO, una spondiloentesoartrite sieronegativa caratterizzata da manifestazioni osteoarticolari e cutanee. Il ragazzo avviava terapia a base di naproxene, salazopirina e metaciclina con miglioramento progressivo del quadro clinico. Discussione. La sindrome di SAPHO (synovitis, acne, pustolosis, hyperostosis, osteitis) in età adolescenziale ed adulta vede, sul piano osteoarticolare, l’interessamento prevalente delle articolazioni sternoclaveari. Le manifestazioni cutanee presenti possono essere acne severa o pustolosi che possono precedere, essere concomitanti o presentarsi dopo molti anni rispetto alle lesioni osteoarticolari. La diagnosi differenziale deve essere posta con osteiti di natura infettiva o neoplasie ossee. La terapia prevede l’uso di FANS e di corticosteroidi, ma anche salazopirina e metotrexate. Alcuni studi hanno dimostrato l’efficacia dei bifosfonati, dell’anti-TNFα, dell’anakinra, inibitore dell’IL-1. Per le manifestazioni cutanee della malattia utile è l’assunzione di tetracicline o retinoidi e l’esecuzione di fototerapia. Bibliografia 1. Matzaroglou, Velissaris. SAPHO syndrome diagnosis and treatment: report off five cases and review of the literature. The open orthopaedics journal, 2009, 3, 100-106. 2. Earwaker JW, Cotton A. SAPHO or concept? Imaging findings. Skeletal Radiol 2003; 32: 311-27. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 101 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 102 UN CASO DI LEISHMANIOSI VISCERALE I. D’Amico, M. Gaiazzi, L. Nespoli Clinica Pediatrica Università degli Studi dell’Insubria, Varese R.D, maschio, 6 anni e 3 mesi, residente nella provincia di Como, giungeva alla nostra osservazione per comparsa da circa 24 ore di addominalgie diffuse, un episodio di vomito alimentare e riduzione dell'appetito. Non alterazioni dell'alvo. Non febbre, né ittero. Negati viaggi recenti, assunzione di frutti di mare e farmaci. Benessere nei mesi precedenti. All’obiettività riscontro di polo splenico palpabile ad 1 cm dall'arcata costale, non palpabile fegato né masse, Blumberg negativo, peristalsi presente. Nei limiti il restante esame obiettivo. Agli esami ematici all’ingresso: GB:4.850/mmc, PLT:116.000/mmc, AST:283U/L, ALT:539U/L, LDH:889 U/L , bilirubina totale:1.52mg/dL, e indiretta:1.12mg/dL. PCR:12,9 mg/L. Nei limiti di norma emoglobina, conta eritrocitaria, profilo glucoelettrolitico, coagulativo, funzionalità renale, amilasi, gamma GT, fosfatasi alcalina. Nel sospetto di epatite di origine infettiva sono state eseguite sierologia per HAV, HCV, EBV, CMV, Enterovirus, Coxiella burnetii e Toxoplasma gondii risultate negative; compatibile con vaccinazione la sierologia per HBV. Negative la reazione di Widal-Wright, coprocolture, ricerca di parassiti fecali e l’intradermoreazione secondo Mantoux. Dalla 3° alla 14° giornata di degenza comparsa di febbre, a carattere remittente (T max 40°C), associata a riscontro clinico di progressivo incremento della splenomegalia, di consistenza duro-lignea (in V giornata palpabile alla linea ombelicale trasversa , diametro bipolare all’eco 145 mm) e di lieve epatomegalia. Al controllo ematochimico in 13° giornata di degenza: GB:2.840/mmc, N:930/mmc, GR:3.830.000/mmc, Hb:9,4gr/dL, MCV:74,2fl, PLT:86.000/mmc, LDH:1368U/L, ferritina:1461 ng/mL, PCR:35 mg/L e VES18 mm/1°ora. Modico incremento delle gamma-globuline all'elettroforesi proteica (19,5%) e delle IgG sieriche (1140 mg/dL). Nei limiti di norma IgA e IgM. Alla tipizzazione linfocitaria riscontro di valori ai limiti inferiori di CD4+. In considerazione del quadro clinico e dell’esito degli esami ematochimici sono stati eseguiti il test rapido per la ricerca di IgG anti-Leishmania e la determinazione immunocromatografica mediante immunoblotting risultati positivi. Per confermare la diagnosi di Leishmaniosi, ed escludere comunque un quadro di malattia oncoematologica all’esordio, sono stati eseguiti BOM ed aspirato midollare: positivo per L. il colturale da buffy-coat su sangue midollare, dubbio l’esame microscopico diretto e negativo il colturale. Negativa la ricerca qualitativa di acidi nucleici su sangue periferico e midollare, tramite Real Time PCR. E’ stata dunque intrapresa terapia con Amfotericina B liposomiale (3 mg/kg/die dal 1° al 5°giorno e una dose al 10° giorno), assistendo a graduale sfebbramento a 72 ore dall’inizio della terapia e progressiva riduzione della splenomegalia (diametro bipolare di 126 mm): diagnosi e trattamento tempestivi hanno condotto ad un rapida risoluzione del quadro clinico e laboratoristico (GB:5300/mmc, N:1706/mmc, Hb: 11,3 g/dL, PLT:275.000/mmc, LDH:548U/L, ferritina:457ng/mL), fino alla guarigione completa, senza sequele. Bibliografia - Burgio GR, Martini A, Nespoli L, Notarangelo LD, “Pediatria essenziale”, V edizione. Edi-ermes 2012 - Virano S, Le Serre D, Garazzino S, Silvestro E, Tovo PA, Leishmania: un parassita, molte infezioni. Medico e Bambino, Volume XV, Ottobre 2012; 15 (8) - Cascio A, Di Martino L, Occorsio P, et al. A 6 day corse of liposomal amphotericin B in the treatment of infantile visceral leishmaniosis: the italian experience. J Antimicrob Chemother 2004; 54; 217-20. 102 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 103 SINDROME DI SHWACHMAN - DIAMOND M. Gaiazzi, C. Costantini, S. Fadini, M. Ragazzo, S. Salvatore, L. Nespoli Clinica Pediatrica Università degli Studi dell’Insubria, Varese VJ, femmina, nata alla 36+2 settimane di e.g. da parto eutocico dopo gravidanza normodecorsa. Parametri auxologici alla nascita: peso 2580 gr (25-50°P), lunghezza 47 cm (25-50°P), CC 31 cm (10-25°P). Apgar 8 – 9. Dai primi giorni di vita diarrea persistente (6 scariche semiliquide/die senza sangue nè muco), ridottasi parzialmente in seguito all’eliminazione di proteine de latte vaccino nella dieta. Non infezioni gravi né ricorrenti in anamnesi. Accrescimento ponderale intorno al 10° percentile fino al quarto mese di vita, indi <3° percentile, accrescimento staturale sul 25-50° percentile sino ai cinque mesi di vita, indi sul 10° percentile, circonferenza cranica <3° percentile dalla 10° settimana di vita. Sviluppo psicomotorio nella norma. Dopo aver effettuato diversi accertamenti presso altre Strutture Ospedaliere, la piccola veniva inviata alla Nostra attenzione nel luglio 2012, a 18 mesi di vita, per approfondimento diagnostico. All'esame obiettivo si evidenziava lieve pallore di cute e mucose, trofismo scarso. Restante obiettività nei limiti di norma. P:8.620 kg (<3°P) H:77,6 cm (<3°P) CC:43 cm (<3°P) Gli esami ematochimici documentavano anemia microcitica (Hb 8.5 gr/dL, MCV 59.3 fL) con incremento di HbA2(4.4%) e HbF(9.9%) all’elettroforesi emoglobinica (madre portatrice di trait β talassemico), neutropenia intermittente (1.071/mmc), ipertransaminasemia (AST 185 U/L, ALT 119 U/L), allungamento del valore di PT (INR 2.55), ipofibrinogenemia (69 mg/dL) con protidemia totale ed albuminemia nella norma, lipasi <2U/L, amilasi 14U/L. Nella norma l’esame chimico fisico delle feci, negative sierologia per celiachia, calprotectina fecale, coprocolture e ricerca di sangue occulto fecale. Negative sierologie per EBV, CMV, HCV ed HAV, sierologia per HBV compatibile con pregressa vaccinazione. Negativa la ricerca di CMV DNA su sangue. Ecografia addome nella norma, RX torace e coste nella norma, immagine cardiomediastinica nei limiti. Dato il riscontro di valori patologici di elastasi fecale (<15 mcg/g feci), nel sospetto di fibrosi cistica veniva effettuato test del sudore, con esito negativo. Data la contemporanea presenza di insufficienza pancreatica, anemia e neutropenia intermittente associate a scarsa crescita e diarrea cronica veniva posto il sospetto di S. di Shwachman-Diamond. Veniva pertanto effettuata valutazione Genetica e si procedeva all’analisi molecolare del gene SBDS. All’analisi genetico-molecolare la paziente risultava eterozigote composto per le mutazioni 183184TA>CT (origine paterna) e 258+T>C (origine materna), risultato che confermava la diagnosi di S. di Shwachman Diamond. Durante la degenza veniva intrapresa terapia sostitutiva con enzimi pancreatici e supplementazione vitaminica e marziale. Dato il peggioramento dell’anemia, divenuta sintomatica, veniva intrapresa terapia con eritropoietina sottocute vista l’opposizione dei genitori ad effettuare terapia trasfusionale. Con l'introduzione delle terapie si assisteva ad una graduale regolarizzazione dell'alvo e ripresa della crescita risultata sul 3-10°ile. Bibliografia - Ann NY Acad Sci 2011 Dec; 1242:40-55.doi: 10.1111/j.1749-6632.2011.06349.x. Draft consensus guidelines for diagnosis and treatment of Shwachman-Diamond syndrome. Dror Y, Donadieu J, Koglmeier J, Dodge J, ToiviainenSalomS, Makitie O, Ker E, Zeidler C, Shimamura A, Shan N, Cipolli M, KuijpersmT, Durie P, Rommens J, Siderius L, Liu JM. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 103 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 104 SHAKEN BABY SYNDROME: QUANDO SI INSINUA L’IPOTESI G. Tezza, L. Tenero, G. Piacentini Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Verona P.L., lattante di 5 mesi, viene condotto presso il Pronto Soccorso Pediatrico per insorgenza di una crisi caratterizzata da clonie all’emisoma sinistro, perdita di contatto, sguardo fisso non deviato, della durata di circa 1 minuto, risoltasi spontaneamente. Non cianosi durante la crisi. In anamnesi i genitori riferiscono due episodi di vomito alimentare cinque giorni prima e inappetenza da una settimana. Non familiarità per epilessia e non segnalati precedenti episodi critici. Alla visita, PL appare in condizioni generali scadute. Colorito pallido. Non esantemi, non petecchie. Irritabile, rigidità nucale. Riflessi normoevocabili. Capo mesomorfo, FA normotesa. Bulbi oculari in asse. Pupille isocoriche e isocicliche, normoreagenti alla luce. Eupnoico, SatO2100% in AA. Obiettività polmonare nei limiti di norma. FC 140 bpm, soffio sistolico 1-2/6, polsi femorali eusfigmici. PANI braccio destro 123/56 mmHg, gamba destra 115/50 mmHg. Obiettività addominale negativa. Dopo la visita, insorge improvvisamente un nuovo episodio criticoconclonie all’emisoma sinistro, deviazione omolaterale dello sguardo e perdita di contatto, a risoluzione spontanea in circa 3 minuti. Non si osserva cianosi e i parametri vitali rimangono stabili. A distanza di due ore circa, analogo episodio critico, caratterizzato da desaturazione fino a 76%. Agli esami ematochimici: lieve aumento della PCT (0.15ng/ml), restanti indici di flogosi negativi. Ionemia, glicemia, coagulazione, ammoniemia, emogasanalisi, stick urine e puntura lombare risultati negativi. Alla luce del quadro clinico urgente si esegue ecografia transfontanellare che mostra asimmetria dei ventricoli laterali con prevalenza del ventricolo laterale destro e iperecogenicità periventricolare sinistra. La valutazione Neuropsichiatrica Infantile non evidenzia grossolani deficit, l’EEG mostra una discreta asimmetria a carico dell’emisfero destro. Si richiede pertanto una TAC encefalo urgente che evidenzia un focolaio emorragico sub-aracnoideo in regione parietale destra. Ai controlli seriati dell’emocromo emerge un’anemizzazione (ore 14 Hb10.3 g/dl, Ht 31.4%, ore 21 Hb 8.9 g/dl, Ht 26.8%).Nonostante i colloqui con i genitori non fanno emergere episodi che giustifichino la sintomatologia di PL. (1), si inizia a porre il sospetto di shaken baby syndrome per cui vengono avviate le indagini necessarie per confermare la diagnosi. PL viene sottoposto a più controlli radiologici con RM encefalo estesa all’intera colonna vertebrale con angio-RM per il monitoraggio della falda ematica sotto durale (2). La visita oculistica con fundus oculi evidenzia emorragie retiniche diffuse (1). Si eseguono inoltre una radiografia e una scintigrafia ossea globali che risultano negative. Infine per escludere una patologia metabolica si esegue il dosaggio di aminoacidi su urine e plasma(1). La triade di emorragie retiniche, emorragia subdurale multifocale e la conseguente encefalopatia permettono di confermare la diagnosi (2). Bibliografia 1. Laurent-Vannier A, Nathanson M, Quiriau F, et al. A public hearing "Shaken baby syndrome: guidelines on establishing a robust diagnosis and the procedures to be adopted by healthcare and social services staff". Guidelines issued by the Hearing Commission. Ann Phys Rehabil Med. 2011;54:600-25. 2. W Squier. The ‘‘Shaken Baby’’ syndrome: pathology and mechanisms. Acta Neuropathol 2011;122:519–542. 104 RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 nuove pagine 2 - 5-6-7_Layout 1 07/03/13 16.21 Pagina 105 UNO STRANO CASO DI VERSAMENTO PLEURICO L. Tenero, G. Tezza, G. Piacentini Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Verona G.M.C, primogenita di 3 mesi, giunge alla nostra osservazione in pronto soccorso per ipomobilità a carico degli agli arti inferiori e insofferenza alla posizione prona da circa una settimana. In regime di urgenza vengono eseguiti un’ecografia muscolo tendinea risultata nella norma, gli esami ematochimici : normali i valori degli indici infettivi e di CPK , LDH lievemente aumentato (743 U/L). Alla valutazione NPI si confermava una riduzione della motilità spontanea degli arti inferiori, con tono e riflessi osteotendinei conservati. La paziente viene pertanto presa in carico in follow-up neurologico: alle valutazioni cliniche, all’elettromiografia e agli esami ematochimici eseguiti non si evidenziano anomalie di rilievo. La paziente torna in pronto soccorso, a distanza di circa 15 giorni dal primo accesso, per distress respiratorio ingravescente, ossigeno dipendenza e marcata ipofonesi all’emitorace di destra. In urgenza vengono eseguiti gli esami ematochimici (PCR ed emocromo nella norma), l’emogasanalisi (compensato) e la radiografia del torace che evidenzia: “versamento pleurico all'emitorace di destra, risalente a "camicia" lungo la margino costale sino in regione apicale”. Il dato viene confermato all’ecografia che mostra versamento a camicia con liquido corpuscolato. Viene eseguita inoltre ecocardiografia che esclude anomalie anatomiche, scompenso e versamento cardiaco e un’ecografia dell’addome che evidenzia un verosimile angioma al lobo epatico. Nel contempo si assisteva ad un progressivo peggioramento della dinamica respiratoria e pertanto si decide per l’esecuzione di drenaggio pleurico estemporaneo sotto guida ecografica con produzione di abbondante liquido sieroematico (100 ml). Alla luce della clinica e delle caratteristiche del versamento pleurico si è proseguito l’approfondimento diagnostico in urgenza mediante TAC del torace che ha evidenziato la presenza di una “formazione voluminosa paravertebrale mediana e paramediana destra di 7 x 6 cm che divarica la carena tracheale e le vene polmonari dislocando ventralmente e controlateralmente cuore e mediastino invadendo estesamente per almeno 5 cm il canale midollare”. Dopo posizionamento di drenaggio toracico viene trasferita in Terapia Intensiva dove viene intubata e ventilata meccanicamente per insufficienza respiratoria. Durante il ricovero viene posta diagnosi di neuroblastoma stadio 4S dopo esame istologico della massa. La paziente è stata sottoposta ad intervento neurochirurgico di laminectomia e decompressione del canale midollare e sono stati intrapresi cicli di chemioterapia e corticosteroide per via sistemica secondo protocollo. Attualmente la paziente sta proseguendo il follow-up oncologico e comincia a riprendere la motilità spontanea agli arti inferiori a seguito della riduzione della massa. Il neuroblastoma mediastinico paraspinale penetra all’interno dello speco vertebrale e comprime il midollo spinale dando luogo alla sindrome del “neuroblastoma a clessidra” (Dumbell Syndrome) caratterizzata da difficoltà alla deambulazione, areflessia, ipereflessia o spasticità, paraplegia progressiva, stipsi e disturbi vescicali, pseudo-occlusioni intestinali. Bibliografia - BTS guidelines for the management of pleural infection in children. Balfour-Lynn, et al. Thorax 2005;60. - Alistair Calder Imaging of parapneumonic pleural effusions and empyema in children. Pediatr Radiol (2009) 39:527–537. - Taggart DR, London WB et al. Prognostic value of the stage 4S metastatic pattern and tumor biology in patients with metastatic neuroblastoma diagnosed between birth and 18 months of age. J Clin Oncol. 2011 Nov 20;29(33):4358-64. RIFLESSIONI Universo Pediatria - Speciale Suppl. al N. 1 - Marzo 2013 105