All`alba di un “nuovo” giorno
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All`alba di un “nuovo” giorno
EDITORIALE NUMERO UNO - ottobre All’alba di un “nuovo” giorno sto, per quale ragione l’uomo è in grado di infliggere tanta sofferenza. La nostalgia del calore di casa, di un piatto caldo al proprio ritorno, di un abbraccio: forse noi non possiamo capire a fondo. O senza spostarci poi così tanto, guardiamo Napoli e il “branco dell’autolavaggio” che in nome di uno stereotipo di bellezza e magrezza, ha ridotto in fin di vita un povero 14enne, che aveva solo la “colpa” di essere un po’ grassottello di come la società lo vorrebbe. Il problema più grave, però, è che la comunità tenta di giustificare l’atto classificandolo come una bravata, un gioco, uno scherzo. Il dito puntato contro un giudice e la magistratura che, a giudizio dei più, hanno formulato accuse troppo pesanti ai danni di un gruppetto di “bravi ragazzi”. Benvenuti ai nuovi, bentorna- Ci scoccia vedere che gli adulti non Proviamo a pensare a chi adesso ti ai veterani e buona fortuna a ci comprendono quando sognia- combatte per un ideale, magari chi quest’anno avrà gli esami. mo la protesta, la rivoluzione, ma nemmeno suo, combatte per reL’inizio di quest’anno scolastico è ci dimentichiamo che anche loro stare in vita ma dovrebbe essere stato costellato di novità: volti storici hanno passato questi momenti. insieme a noi a studiare sui banchi del Banzi che ci hanno lasciato per an- Magari è anche strano immagina- di scuola per essere migliore di chi dare in pensione, l’arrivo della nuo- re i nostri genitori che manifestano lo comanda o lo circonda. Facciava preside e – per certi versi terribi- con gli striscioni, gridando slogan. mo un pensiero su chi adesso vorle e temibile - il registro elettronico. Il nostro punto di vista è questo, il rebbe mangiare un piatto caldo Ma le novità non vanno cercate loro sembra non coincidere mai con preparato dalle sapienti mani delsolo all’interno delle nostre quat- il nostro. Eppure, visto da fuori, non la nonna, ma è riverso tra la poltro mura, basta accendere la tv o sembra un atteggiamento un po’ vere o su un lettino a pregare che aprire un quotidiano per rendersi “chiuso”? Ma passiamo per un mo- Dio lo aiuti, lo stesso Dio che i più conto che, probabilmente, siamo mento ad analizzare la situazione sciocchi utilizzano impropriamenfortunati a convivere con il suddet- dei ragazzi, che vivono giorno dopo te per giustificare un massacro. to registro. Che siano guerre di re- giorno la guerra in Medioriente. Iniziamo l’anno con occhi diversi, con ligione o meno, sentiamo sempre Ragazzi come noi vengono mandati un animo più pronto ad accogliere parlare di persone innocenti sacri- a combattere senza nessuna espe- quelle critiche che sembrano inutificate per mano di uomini che non rienza. Il tutto per potere. Se voglia- li e sciocche, con animo più pronto escono dal loro “quadrato” anzi mo proprio dirla tutta ed entrare nel ad accogliere chi è diverso da noi. cercano di farci entrare in esso a particolare, un pilota dell’aviazione L’aforisma con cui la redaziotutti i costi. Siano motivi religiosi, irachena ha erroneamente sgan- ne del Sessantesimo Minupolitici o economici, gli estremisti ciato rifornimenti alimentari e di to vi lascia questo mese è: faranno sempre capolino da dietro munizioni su una postazione dello “Non v’è grandezza dove non vi l’angolo armati di tutto punto con stato Islamico anzichè su quella go- sono semplicità, bontà e verità. “ bazooka, mitra, carriarmati e bom- vernativa. Inutile sottolineare i mo- -Lev Tolstj, Guerra e Pace. be per far sì che noi tutti ci conver- tivi che hanno portato a tale errore. 1 tiamo alla loro ideologia. Per noi Compleanni tra la polvere, annivergiovani è facile dire la nostra, siamo sari tra le macerie tutti passati a doteste calde, portati alla ribellione. mandarsi chi ha voluto tutto que1 Alice Fraschetti VD 1 BANZI SESSANTESIMO MINUTO Un Banzi che vota è un Banzi protagonista Anche quest’anno è il momento di eleggere i nostri rappresentanti d’Istituto. Il 60esimo minuto è riuscito ad ottenere in ESCLUSIVA le interviste alle liste candidate. Partendo dalla prima lista intervistata proponiamo, quindi, le domande e le relative risposte. Lista n°4 candidata all’Istituto: AD MAIORA ( Federico Bruno VB, Francesco Caputo VF, Marco Vetrugno VE, Matteo Negro V B, Kevin Ponzetta VH, Annabruna Colaci IV I, Martina Barba III G) risponde. Cos’è che vi contraddistingue dalle altre liste? Crediamo che ciò che proponiamo sia davvero fattibile. Prima di tutto il resto, infatti, vogliamo far trasparire la concretezza della nostra lista e l’apertura mentale che la caratterizza. Perché dovremmo votarvi? Dalla nostra parte abbiamo l’esperienza di aver sempre partecipato alle attività scolastiche. Conoscendo le varie problematiche della scuola, potremmo essere maggiormente capaci di intervenire per un generale miglioramento. Vorremmo, inoltre, riuscire a riproporre un Banzi unito, che abbia e difenda la sua identità. Qualche parola o una frase che sintetizzi ciò che la vostra lista propone SERIETA’, MIGLIORAMENTO, INNOVAZIONE Cosa vi ha spinto a candidarvi? La volontà di cambiare davvero ciò che crediamo sia da migliorare. Se non riuscissimo a essere eletti, saremo sempre pronti ad affiancare con la nostra presenza gli altri attuali candidati e, ovviamente ad agire insieme a loro. Vogliamo rendere il Banzi migliore, da rappresentanti o meno. E’ il secondo anno che Ad Maiora si candida. Credete che alcuni punti proposti nella lista lo scorso anno e ripresi il corrente possano assere ancora validi? Sì. Il riproponimento di alcuni obiettivi è dovuto alla loro effettiva fattibilità e alla perseveranza con la quale li perseguiamo. Diamo spazio, ora, alla lista n°1 candidata all’Istituto: CARPE DIEM (Cosimo Gravili III I, Giacomo Leuzzi IV B, Michele Pellegrino III I, Gabriele Doronzo IIIF, Lorenzo Maggio IV M, Francesco Linciano II D, Matteo Piccinno II C, Gianmarco Greco II F) risponde. Cos’è che vi contraddistingue dalle altre liste? Per la prima volta, in una lista di otto candidati, nessuno di noi è di quinto e tutti possiamo, quindi, impegnarci realmente nel cambiare una realtà che non ci soddisfa. Perché dovremmo votarvi? Perché siamo gente nuova, gente che non ha mai rappresentato il Banzi, che non ha intenzione di farlo per averne un tornaconto. Ognuno dei candidati della nostra lista è sicuro di poter rappresentare il Banzi al meglio e di poter contribuire per cambiare ciò che gli studenti pensano sia necessario. Qualche parola o una frase che sintetizzi ciò che la vostra lista propone WE WANT TO CHANGE, WE WANT TO CARPE DIEM Cosa vi ha spinto a candidarvi? Non vediamo nessuno che ci rappresenti al meglio perché crediamo che fra gli altri candidati ci siano persone brave solo con le parole. Nel corso degli anni la scuola è cambiata, così come gli studenti, i professori, i dirigenti. Credete che ciò che la vostra lista ha sempre proposto possa essere ancora valido? Sì. Ovviamente non tutti i punti proposti sono gli stessi degli anni precedenti. Abbiamo proposto solamente quelli che a nostro parere sono i più fattibili. Quando scegliamo i nostri obiettivi, prima ascoltiamo e prendiamo in considerazione le opinioni degli studenti e poi scegliamo quelli sui quali si potrebbe discutere costruttivamente nel Consiglio d’Istituto. 2 NUMERO UNO - ottobre BANZI Lista n°3 candidata all’Istituto: RICREAZIONE (Giorgio Michalopoulos III A, Marco Rollo V N, Benjamin Capuzzello II D) risponde. Cos’è che vi contraddistingue dalle altre liste? Il nostro scopo principale è quello di valorizzare la popolazione studentesca e la scuola con le nostre idee. Perché dovremmo votarvi? Vorremmo ci votassero non per apparenze, ma per ciò che realmente rappresentiamo. Volendo instaurare una comunicazione verbale con gli studenti prima delle votazioni, non sentiamo di poter stabilire criteri per i quali la popolazione studentesca debba votarci. Il voto dei rappresentanti è personale e ognuno deve votare chi, secondo la sua opinione, è più capace. Qualche parola o una frase che sintetizzi ciò che la vostra lista propone RICREAZIONE: RICREARE L’AZIONE Cosa vi ha spinto a candidarvi? Vogliamo, appunto, ricreare un’azione scolastica che è mancata negli ultimi tempi. Non parliamo solo di un’azione che coinvolga maggiormente i rappresentanti, ma di un’azione che riporti il nostro Liceo ad avere quell’identità che ha fatto la sua storia. C’è una lista che, candidatasi in passato, che vi ha ispirato nella scelta dei vostri obiettivi? Rosso Guerrieri II F, Rebecca Prato IV H), candidata n°2 all’Istituto, risponde. Cos’è che vi contraddistingue dalle altre liste? La volontà di darci da fare per il nostro Liceo, di cooperare con gli studenti per risvegliare il vero Banzi che è andato in letargo da un po’ di tempo. Per noi è importante incentivare il confronto e la partecipazione degli studenti perché solo in questo modo si può alimentare la creazione di una coscienza critica, importantissima (se non indispensabile) per la vita (interna ed esterna al Liceo) di uno studente. Perché dovremmo votarvi? Perché la nostra lista è composta da elementi validi che hanno già dimostrato interesse alle problematiche scolastiche durante gli anni passati. Perché avvicinerà gli studenti ad argomenti che la nostra scuola non tratta e su cui gli studenti dovrebbero essere informati, cercando di dimostrare che la nostra non è una scuola senza valori che vive di gossip, moda, reality show e feste, ma è una scuola che si interessa e si impegna nel sociale qualora gliene si dia la possibilità Qualche parola o una frase che sintetizzi ciò che la vostra lista propone LIBERAMENTE, OPEN YOUR MIND, ALWAYS KEEP IT OPEN. Cosa vi ha spinto a candidarvi? La nostra visione della figura del Rappresentante d’Istituto. Da un po’ di tempo, infatti, ha perso il suo vero significato (non vale per tutti i Rappresentanti che si sono succeduti). Il Rappresentante è la persona che deve tutelare i diritti di tutti noi studenti, continuando ad essere sempre uno di noi, senza perdersi in discorsi o false promesse. C’è una lista che, candidatasi in passato, vi ha ispirato nella scelta dei vostri obiettivi? Senza dubbio Liberamente degli ultimi due anni, ma anche di 15 anni fa. Ricordiamo con piacere, e ci impegniamo a riproporre gli ideali portati avanti da chi ci ha preceduto. “Vivete per il presente, sognate per l’avvenire, imparate dal passato”. Abbiamo imparato dal passato il modus operandi, viviamo il nostro presente e sogniamo di lasciare un’eredità per le future generazioni di studenti, dimostrando la vera natura del Banzi. Nel corso degli anni la scuola è cambiata, così come gli alunni, i professori, i dirigenti. Credete che ciò che la vostra lista ha sempre proposto possa essere ancora valido? Si, perché i Rappresentanti eletti appartenenti a Liberamente hanno sempre dimostrato massimo impegno e massima serietà, ma soprattutto perché possiamo godere ancora oggi dei frutti del loro lavoro. 1 LIBERAMENTE (Davide Nobile V N, Bernardo Rollo V C, 1 Giuseppe Calignano IV G, Giorgia Tarantino V I, Ernesto Chiara Perrone IV C Vittoria De Matteis I L 3 BANZI SESSANTESIMO MINUTO La Lezione di Giulietta Banzi Bazoli Cominciamo il nuovo anno di “60° minuto” ricordando una donna, una madre, un’insegnante, il cui nome campeggia da quarant’ anni sulla facciata della nostra scuola: Giulietta Banzi Bazoli. Nella stagione drammatica dello stragismo indiscriminato che ha segnato il nostro paese, il 28 maggio 1974 a Brescia, nella centrale piazza della Loggia, una bomba “nera”, nascosta in un cestino della spazzatura, fu fatta esplodere durante una manifestazione contro il terrorismo neofascista indetta dai sindacati e dal Comitato Antifascista. La bomba provocò la morte di otto persone e il ferimento di altre centodue. Tra queste, perse la vita Giulietta Banzi Bazoli; aveva 34 anni e tre bambini piccoli: Alfredo (che allora aveva quattro anni), Guido (sei) e Beatrice (otto e mezzo). Insegnava francese al liceo classico «Arnaldo», nel cuore di Brescia. Era la figlia di un dinastia imprenditoriale, moglie di Luigi Bazoli, nipote e omonimo di un fondatore dei Partito Popolare con De Gasperi e don Sturzo. Era lì ,vicino al cestino portarifiuti imbottito di esplosivo, come attivista di Avanguardia operaia e dirigente-fondatrice della Cgil Scuola; quella mattina i sindacati e il Comitato antifascista di Brescia avevano riempito la piazza «contro il terrorismo neofascista”. Giulietta aveva dedicato la sua vita alla scuola e alla politica, sacrificando il suo tempo libero in un impegno politico e sindacale vissuto a parte intera. Una persona discreta e attenta ai problemi degli altri. Questa sua grande passione si rifletteva nel viso a tratti severo , nei suoi occhi limpidi e disarmanti. Era anche una splendida insegnante , caparbia nella volontà di lotta contro le strutture vecchie ed inique, e contro i pregiudizi di chi si opponeva a chi volesse rinnovare il rapporto tra la scuola ed i ragazzi. La lezione di Giulietta è di quelle che non si dimenticano. Avrebbe potuto vivere una vita comoda, avrebbe potuto scegliere il calmo conformismo borghese della sua famiglia di origine. Così non è stato. Forte del suo coraggio, scelse di uscire dagli schemi precostituiti e intraprendere una sua strada. Quella strada l’avrebbe portata incontro alla morte. Nel novembre del 1974 nasceva il se- condo Liceo S c i e nt i f i co di Lecce; secondo, ovviamente, solo per ordine cronologico di nascita. Nell’ottobre del 1975, il preside del Liceo, il prof. Michele Maddalo, presentò la proposta al Collegio dei docenti per intitolare il Liceo a Giulietta Banzi Bazoli. La sua proposta fu approvata con entusiasmo. La proposta fu anche sottoposta all’assemblea degli studenti e al consiglio di istituto e anche lì fu approvata con entusiastico consenso. L’iter burocratico durò ben tre anni. Finalmente, grazie alla caparbietà del preside Maddalo, il Liceo fu intitolato a Giulietta “Un personaggio caduto nell’impegno di una battaglia civile, di un umile militante di base, che un tragico destino aveva fatto emergere dall’anonimato quotidiano per consegnarlo alla nostra attenzione, da trasmettere il ricordo e il magistero alle generazioni di giovani che, avvicendandosi nelle aule delle loro serene fatiche, si sarebbero chiesto chi era questa delicata figura di donna che saluta, dal limitare dell’edificio che li accoglie, l’inizio di ogni loro giornata” (Michele Maddalo). Se oggi gli alunni del Liceo Banzi possono studiare in una istituzione libera, se il loro percorso di studio e di crescita è supportato dagli ideali di libertà, uguaglianza e verità, questo è possibile grazie anche al “martirio” di Giulietta, che non è morta invano. Al di là del tempo e della vita, lei è sempre con noi, in queste aule, tra questi corridoi.1 1 Marcella Rizzo Docente di Italiano e Latino 4 BANZI NUMERO UNO - ottobre I ragazzi e le ragazze del Banzi “volàno” alle nazionali Il Banzi si fa strada alle nazionali di badminton e afferma la grinta del nostro istituto La squadra di badminton della nostra scuola, dopo essersi accaparrata un bel primo posto alle provinciali e aver sbaragliato le altre squadre regionali il 14 aprile 2014 a Bari, ha preso il bus per Lignano Sabbiadoro ( Udine ). Accompagnati dalla professoressa di scienze motorie Silvia De Carlo, i componenti della squadra sono arrivati al Ge Tur Village il 21 settembre. Il giorno dopo hanno gareggiato di mattina e hanno finito la sera conquistando due vittorie contro Lazio ( 4/1 ) e Marche ( 3/2 ) e perdendo per un soffio contro Sardegna ( 2/3 ) e Sicilia ( 2/3 ) classificandosi, così, terzi in uno dei quattro gironi. Lo stesso pomeriggio c’è stata una fastosa cerimonia di apertura dei vari sport allietata dalla presenza di una ban- da locale e dalle dimostrazioni da parte degli atleti di alcune discipline. Nella seconda fase della gara, avvenuta il 23, la squadra, con la stessa formazione del primo giorno, ( singolo femminile: Silvia Tarricone 4B; doppio femminile: Tarricone e Giulia Zecca 4B; singolo maschile: Andrea Saponaro 2H alternatosi col compagno di squadra Riccardo Mocavero 2H; doppio maschile: Saponaro e Mocavero; doppio misto: Zecca e Saponaro ) si è dovuta scontrare con le altre squadre arrivate terze negli altri gironi per guadagnarsi un posto che andava dalla nona alla dodicesima posizione. La classifica riservava le prime quattro posizioni alle quattro squadre giunte prime ai gironi, le successive quattro posizioni erano destinate alle quattro squadre classificatesi seconde nei gironi e così a seguire. La squadra del nostro liceo, che prima del campionato grazie agli sforzi della professoressa De Carlo è riuscita ad allenarsi solo quattro volte, ha brillantemente conquistato il decimo posto su diciassette squadre. Alcune di queste erano formate da ragazzi e ragazze che giocano a volano nella seria A e D, come nel caso della squadra del Veneto che è l’unica squadra contro la quale i nostri compagni hanno perso il doppio misto. La squadra è compatta e unita nel dire che è stata una bella esperienza che li ha arricchiti dal punto di vista sportivo e umano. Ragazzi, tutto il Banzi si congratula con voi e con la professoressa e vi sostiene! 1 1 Luna Maggio IV E 5 ATTUALITa' SESSANTESIMO MINUTO Nobel: l’innovazione come strumento di pace La crescita dell’uomo con la forza dell’intuizione e del coraggio Nel terzo millennio il sapere riflette una gamma vastissima di conoscenze e una ramificazione di competenze specialistiche. Grazie all’interazione e all’interconnessione tra persone e culture diverse è possibile condividere idee, pensieri e innovazioni con il mondo, in un semplice click. Tutto ciò che rientra nello spettro dello scibile quindi dovrebbe essere fruibile dalla maggior parte della popolazione. Anche in questo caso sono presenti però livelli differenti di apprendimento e comprensione. Il notevole incremento delle possibilità dell’uomo di ampliare il suo know-how ha facilitato la diffusione di riflessioni e la collaborazione tra enti. Questo ha indotto l’élite mondiale a enfatizzare e premiare le menti più promettenti. È appunto questa la funzione del Premio Nobel, l’encomio più rilevante della cultura odierna. Venne ideato da Alfred Nobel, chimico e industriale svedese che inventò la dinamite e la balistite. Nel 1888 alla morte del fratello, un giornale francese pubblicò per errore il necrologio di Alfred e non di Ludvig Nobel, apostrofandolo amaramente e definendolo “mercante di morte”. Allora l’inventore scandinavo si preoccupò del ricordo di sé che avrebbe lasciato nella storia e espresse le sue ultime volontà (ecco la particolare origine del trofeo). Così dal 1901 ogni anno viene conferito il Premio Nobel, un’onorificenza assegnata dal governo svedese a persone o organizzazioni che si sono distinte nei campi della Fisica, Chimica, Medicina e Fisiologia, Economia, Letteratura e in azioni di Pace. Secondo alcune voci indiscrete le discipline matematiche non vennero incluse per il tradimento di un’amante di Nobel con un matematico svedese. Anche quest’anno da 6 al 13 ottobre sono state premiate scoperte, ricerche, opere e azioni che hanno rivoluzionato la società. Il Premio Nobel per l’Economia, istituito nel 1969 e sostenuto dalla Banca di Svezia, è stato assegnato al francese Jean Tirole, influente economista contemporaneo che ha favorito il chiarimento del funzionamento e della regolamentazione del mercato. L’A c c a d e mia reale svedese delle scienze ha assegnato il Premio Nobel per la Fisica a tre ricercatori di origine giapponese per la creazione del led a luce blu, futuro spirito del modo, e il Premio Nobel per la Chimica agli sviluppatori di una microscopia in fluorescenza. Il riconoscimento nella Medicina ha visto vittorioso il GPS del cervello e quello relativo alla Letteratura ha premiato la ricerca ossessiva di un?identità, tipica dello scrittore Patrick Modiano. Il Premio Nobel per la Pace, necessario in questo periodo di tumulti e violenze, ha messo in risalto l’impegno della diciassettenne Malala Yousafzai e l’attivista indiano Kailash Satyarthi. Sono divenuti simboli della lotta per la libertà e i diritti delle persone schiacciati da oppressori, della costanza e del coraggio nella lotta alle iniquità sociali. Malala ha iniziato il suo cammino descrivendo la sua vita sotto la dittatura dei Taliban su un blog della Bbc con lo pseudonimo Gul Makai. Il 9 ottobre 2012 all’età di 15 fu vittima di una aggressione nella valle dello Swat (Pakistan del nord) a causa del suo attivismo per l’affermazione dei diritti civili e il diritto all?istruzione delle donne. Un gruppo di talebani armati salì sul bus, con il quale tornava solitamente a casa da scuola, e le spararò al collo e alla testa. Venne ricoverata nell’ospedale militare di Peshawar ( e successivamente a Birmingham) dove la operarono. Il leader dell’organizzazione terroristica, rivendicato l’attentato contro “il simbolo degli infedeli e dell’oscenità”, la minacciò di ulteriori attentati, se fosse sopravvissuta. Malala si è ripresa e ha continuato la sua protesta, più determinata di prima, parlando il giorno del suo sedicesimo compleanno al Palazzo di Vetro e vincendo il Premio Nobel per la Pace. 1 1 Mariangela Corsetti VD 6 Attualita' NUMERO UNO - ottobre Iced Bucket Challenge, un tormentone di solidarietà Dalle celebrità Hollywoodiane ai nostri vicini di casa: un po’ tutti hanno partecipato a questa sfida, ma in pochi ne hanno capito il significato. E’ opportuno informare i lettori che da un punto di vista biologico, la Sclerosi Laterale Amiotrofica provoca un non funzionamento dei neuroni motori, ovvero una tipologia di cellule che è in grado di trasmettere i segnali dal cervello ai muscoli e che, quindi, ci permettono di controllare i movimenti. Quando questa malattia si manifesta i neuroni muoiono e quindi indirettamente i muscoli diventano molto meno reattivi causando la riduzione del volume di questi ultimi. Uno dei primi sintomi della patologia può essere la difficoltà motoria di un arto, per poi estendersi in tutto il resto del corpo. Dal momento della diagnosi, la Sclerosi Laterale Amiotrofica uccide in tre/ cinque anni principalmente per soffocamento, a causa del mancato controllo dei muscoli respiratori. Sebbene il cervello sia costituito da neuroni, le funzioni celebrali quali personalità, intelligenza e memoria non vengono alterati da questa malattia, dunque le persone affette rimangono coscienti del fatto che progressivamente stanno perdendo la capacità di muoversi. Che tu abbia partecipato no alla “Ice Bucket Challenge”, comunque potresti aver visto molte persone su Internet versarsi un secchio di acqua gelata in testa. Non è una trovata pubblicitaria per sponsorizzare un gioco, un film o una maglietta, bensì è un’iniziativa con uno scopo ben preciso ma soprattutto benefico: la raccolta fondi per la ricerca sulla SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica). La sfida della doccia ghiacciata è talmente virale che qualsiasi challenge messa in rete non regge il confronto. Per molti è l’Harlem Shake dell’estate 2014 e moltissime celebrità hanno preso parte a quest’iniziativa e sono stati già raccolti ben 60 milioni di dollari. Purtroppo, però, sono ancora troppo pochi affinché la ricerca sulla SLA avanzi fino a produrre risultati significativi. L’iniziativa è partita da un 29enne di Boston, colpito da Sclerosi Laterale Amiotrofica, per sensibilizzare le persone a fare donazioni per questa malattia. Il primo video è cominciato a circolare prima tra la cerchia dei suoi amici, per poi diffondersi a macchia d’olio e invadere la rete. Quindi, a cosa è dovuto questo cambiamento? Ma soprattutto, è contagioso o trasmissibile? Vi sono già alcuni farmaci, ma sono ancora in fase di sperimentazione o, peggio ancora, devono ancora essere testati a causa dei pochi fondi della ricerca. Al momento vi sono solo farmaci per alleviare il dolore ma per capire come curare questa patologia, sono necessari nuovi esperimenti i cui costi sono troppo alti. Pertanto se una secchiata può far sì che la ricerca vada avanti, uniamo le nostre forze per vincere insieme questa sfida. Per informazioni sulle donazioni, consultare il sito “www.aisla.it”. 1 1 Martina Mesiano I B 7 ATTUALITa' SESSANTESIMO MINUTO Alice nel paese dell’azienda-scuola Ovvero la riluttanza delle generazioni consumate a percepire la mobilità sociale delle giovani marmotte, invocando mos maiorum e riga di ferro a scanso di equivoci pro riformisti. Via le imprese dei grandi privati dalla scuola pubblica. L’istruzione è di tutti, stop alle speculazioni delle case editrici. I trasporti sono al collasso, la burocrazia miete vittime in continuazione: il sistema non funziona. Cogito ergo cerco un clima di confronto, di dialogo, di dibattito, di discussione. Lo studente figlio del suo tempo scruta l’ambiente circostante, si eleva sulle zampe posteriori e si sofferma a guardare un futuro di subalternità e precariato, di saturazione dell’esistenza ed eterne incognite. Come ad animali politici si compete, i maschi alfa sono sensibilizzati dalla situazione estremamente impraticabile dei loro cuccioli e partecipano attivamente al processo che li porterà a reclamare con voce squillante i loro diritti di uomini in un mondo che non li vuole più. Cogito ergo empatizzo. Rifletto, cerco punti di sintonia. Nel corso della manifestazione a Lecce del giorno 10 Ottobre, studenti superiori e universitari avevano occupato la rotatoria di piazza del Bastione sedendosi per terra e interponendosi nei punti nevralgici per la circolazione del traffico. Il programma procedeva regolarmente con cori ed interventi tra gli schiamazzi irritati degli automobilisti, i quali, furiosi per il disagio, accoglievano l’iniziativa dei ragazzi con mirabolanti colpi di clacson. Complice l’inzuccheramento dei fatti da parte di giornali locali, i Leccesi hanno accolto la notizia esibendo penetrante fastidio e noncuranza, per di più intimando agli studenti di impegnarsi negli studi ed evitare vacanze extra, eufemisticamente parlando. L’apice della tragicità è stato raggiunto grazie ad un automobilista poco raccomandabile che, sceso dal suo furgone, ha colpito uno sfortunato manifestante con un forte schiaffo al volto. Forse non cogito. Le nuove generazioni sono azzoppate e le vecchie permettono, e in certi casi legittimano, il progressivo processo di marginalizzazione dei giovani. Se cogitassi comprenderei la portata della ricchezza che sto avviando al fallimento, il potenziale che potrebbe esprimere nelle giuste condizioni. L’Italia è un paese per vecchi e di vecchi: il maschio alfa si disinteresserà del cucciolo lasciandolo alla deriva di sé stesso, dimostrando inconfutabilmente che l’uomo discende dal calzino. 1 1 Massimiliano Muci IV E 8 Attualita' NUMERO UNO - ottobre TAP, il gasdotto che preoccupa il Salento TAP continua a promuovere il gasdotto nel Salento, attraverso pubblicità ed eventi di grande risonanza. Ma c’è un errore nel metodo. Dal momento in cui l’idea del progetto è nata, si è scatenata una rapida divisione tra pro e contro. Il movimento contrario prende il nome di NO TAP. L’ideale dei no TAP nasce dalla consapevolezza che si sta tentando di compromettere irrimediabilmente una zona di valore paesaggistico eccezionale. Cercare di avere il consenso di una popolazione, limitandosi a ripetere che si tratta di un’opera strategica è poca cosa, soprattutto quando non è dato sapere rispetto a cosa lo sia. Il gasdotto TAP rischia di essere l’ennesimo gigan- tesco err o r e italiano frutto dell’improvvisazione legata all’assenza di una strategia energetica nazionale. il dissenso nasce d a l l a consapevolezza, dallo studio. Il dissenso non p ro v i e ne solo dalla testa e dal cuore, ma anche da ore di confronto. La battaglia prende così i colori della nostra terra e del nostro mare e già numerosi studenti hanno preso parte a questo movimento. Ma spieghiamo il perché del rifiuto di questo progetto. Innanzitutto per la sua inutilità: l’Europa pullula di gasdotti, nonostante ciò i consumi sono in costante diminuzione. Facendo 2+2 si intuisce che questi gasdotti (TAP, TANAP) tendono a soddisfare bisogni economico-finanziari e non reali. Non serve per uscire dalla crisi, non serve al disoccupato o all’imprenditore ad un passo dal falli- mento. In contrasto con quanto si dice, non serve nemmeno ad ottenere l’emancipazione da GAZPROM, perché proprio GAZPROM fa parte del progetto con il suo ramo LUKOIL (estrattore del gas di TAP). Ma soprattutto non rispecchia il desiderio di chi spera che questo progetto possa arricchire la nostra regione, perché TAP AG (società costruttrice) fa capo a Baar, in Svizzera. Va considerato inoltre l’impatto ambientale, notevolmente deleterio per il nostro territorio. TAP viene considerato come “la punta dell’iceberg del moderno sviluppo”, ammesso che lo si possa chiamare sviluppo e non regresso, basato sulla cementificazione, inquinamento, deforestazione e altri danni ambientali che si manifesterebbero con il passare degli anni. Il gasdotto TAP dovrebbe poi trasportare il gas che viene dall’Azerbaigian, dal giacimento di Shah Deniz II nel Mar Caspio. Ma forse anche da un futuro gasdotto in Turkmenistan. Azerbaigian e Turkmenistan sono due paesi retti da governi autoritari, in cui la violazione della libertà è all’ordine del giorno. In Azerbaijan, solo nell’ultimo anno decine di attivisti per i diritti umani, giornalisti, blogger sono stati arrestati sulla base di accuse costruite a tavolino. Denunciavano la corruzione del governo, in particolare legata alle risorse derivate dal petrolio e dal gas. Difendevano la libertà di espressione nelle arti, dal disegno alla musica, ancora negata in un paese che è stato già definito “una dittatura post-moderna”. Comprare questo gas significa sostenere governi che violano diritti umani da piú di vent’anni e tolgono, di giorno in giorno, sempre piú diritti ai cittadini. Ogni marcia, azione e presa di posizione mirata a mandar via questo insediamento industriale dalle nostre coste e dalle nostre aree protette avrà il sostegno dei NO TAP perchè sposa lo stesso obiettivo. 1 Davide Nobile V N 9 Attualita' SESSANTESIMO MINUTO Le Sentinelle della tradizione Piazze occupate dal movimento di chi non si muove Da un po’ di tempo, uomini, donne, preti e laici di tutte le età e sfere sociali si recano nelle piazze italiane con un libro in mano e fermi, a poca distanza gli uni dagli altri, rivolgono lo sguardo nella stessa direzione e leggono in silenzio un testo letterario a piacere. E’ così che si esprimono le Sentinelle in Piedi, un gruppo di cittadini, autodefinitosi apartitico e aconfessionale, che manifesta per difendere la libertà di opinione e “vegliare” sulla società “denunciando ogni occasione in cui si cerca di distruggere l’uomo e la civiltà”, come riporta il suo sito ufficiale. Ciò che le ha spinte a mobilitarsi è stata l’approvazione, da parte della Camera, della legge Scalfarotto, che prevede una modifica della legge Mancino de ’93 contro il razzismo, al fine di ampliare la materia di discriminazione all’omofobia e alla transfobia. Attraverso questa modifica vengono quindi sancite, per la prima volta, pene severe verso coloro che ledono la personalità di un individuo specificatamente riguardo l’orientamento sessuale e l’identità di genere e verso coloro che istigano a questo tipo di discriminazione. Avvertita come minaccia alla liberà di parola, le Sentinella la definiscono “legge liberticida”, chi nega, cioè, la possibilità di esprimere soprattutto la propria visione sulla famiglia tradizionale senza intercorrere in accuse di razzismo. Ma perché tanta repulsione verso una legge contro il razzismo, i cui stessi principi sono fondamentalmente già in vigore dal 1993? Quello che in realtà sta alla base della protesta è la paura che questa nuova legge non sia altro che un passo verso il riconoscimento del matrimonio omosessuale e nella mentalità tradizionalista e filocattolica, un attacco alla famiglia, che dovrebbe essere riconosciuta tale solo se formata da un marito e una moglie, un padre e un madre. Indice di questa manifestazione, celata e indiretta contro i diritti gay, è l’ispirazione, dichiarata dalle Sentinelle stesse nel loro sito, alle “Veilleurs” (in italiano appunto “sentinelle”) , così chiamati i membri del movimento francese “Manif Pour Tous” , nato nel 2012 per opporsi apertamente alle leggi di Hollande a favore dei matrimoni e della genitorialità omosessuale. Proprio per questo intento di fondo, non potevano mancare durante le “veglie” delle Sentinelle in Piedi le contromanifestazioni organizzate dalla comunità Lgbt (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender), Arcigay e chiunque combatta l’omofobia. Il silenzio delle Sentinelle è stato rotto in molte piazze, tra cui Napoli, Bologna e Torino, attraverso urla di dissenso e lanci di uova, dando origine anche a scontri in cui sono dovute intervenire le forze dell’ordine. “Violenti”, così sono stati definiti i contestatori dai sostenitori delle Sentinelle, che invece aderiscono ad un movimento il cui modo di esprimersi è pacifico e innocuo. La violenza armata è sempre da condannare e non ha alibi, ma dura è anche la violenza di chi innalza muri ideologici. Dietro l’apparente pacifismo, infatti, emerge la cultura più disfattista, quella del silenzio e dell’indifferenza, non solo nemici dell’affermazione dei diritti della persona ma causa dell’arretratezza sociale del nostro paese. Ad ogni tentativo di sviluppo, si deve fare i conti con quella parte di cittadini che non riconosce la libertà degli altri come un valore aggiuntivo ma come qualcosa che potrebbe ledere la propria. E le Sentinelle in Piedi non sono altro che i rappresentanti di questa maggioranza che è esattamente come loro si presentano: immobile e sordomuta. 1 Angela Aromolo IV E 10 CULTURA NUMERO UNO - ottobre Grazie Beppino La storia di Eluana e Beppino è il trionfo della vita, della dignità e della libertà. Beppino Englaro, padre di Eluana, continua a girare l’Italia raccontando la storia, o meglio la battaglia che ha combattuto con e allo stesso tempo contro le istituzioni, in nome della libertà di sua figlia. Prende parte a conferenze, seminari, incontri, parlando di “libertà” con così tanta foga e convinzione, che è chiara la rilevanza di questo ideale nella loro storia. Libertà. Rimbomba ancora nella testa di chiunque abbia ascoltato il suo racconto quel suono e si avverte, forse, come la manifestazione di un qualcosa che nella società non è sempre garantito. Beppino vuole raccontare la verità, la “vera” verità, non quella secondo cui Eluana sarebbe stata vittima del volere del padre. No. Non è così. Questo padre ci fa comprendere, attraverso le sue parole, che il suo e quello di sua figlia è un faticoso ma quanto mai autentico viaggio volto all’affermazione della piena dignità dell’uomo. Beppino era consapevole che pochi cittadini avrebbero appoggiato la sua batta- glia sia perché contrastava gli ideali cristiani e la deontologia medica, sia perché era come se avesse voluto assumersi la facoltà di disporre della vita di sua figlia. Nonostante tutto questo, Beppino aveva l’unica arma necessaria a vincere, e cioè la consapevolezza, come solo un padre può conoscere, di cosa Eluana intendesse per “vivere”. Esattamente un anno prima dell’incidente, un amico di Eluana era stato coinvolto in un incidente e quando lei andò a trovarlo in ospedale lo trovò nelle stesse condizioni in cui si sarebbe ritrovata tragicamente anche lei poco tempo dopo. Confidandosi con i genitori, espresse il suo totale rifiuto di quello stato di vita che definiva offensivo nei confronti della sua libertà, di quella rianimazione ad oltranza, simbolo di un’avanzata scienza medica. Per Eluana quella non si poteva definire vita e così fece capire ai suoi genitori che avrebbe preferito in quel caso lasciar scorrere il “processo del morire”. Quest’espressione incute ter- rore, è inaccettabile in un Paese democratico in cui la vita è un diritto inalienabile dell’uomo sancito dalla nostra Costituzione. Inalienabile è anche il diritto di preservare la propria dignità, però. E così Beppino ha intrapreso questa via sterrata e tortuosa con determinazione, rivolgendosi alle Istituzioni, con l’obiettivo di ottenere tutti i diritti che spettavano a sua figlia. Non ha fatto tutto questo esclusivamente per la sua vicenda individuale, solo per la sua Eluana; si è battuto per tutti gli Italiani, affinché il diritto che poi è riuscito a farsi riconoscere fosse esteso a tutti, è stata la sua una battaglia civile e sociale. Avrebbe potuto portare sua figlia in un altro Paese, esaudendo in poco tempo il suo desiderio, invece ha scelto di lottare nel suo paese, l’Italia, nonostante abbia dovuto affrontare un cammino sfiancante lungo ben diciassette anni. Dovremmo tutti ringraziare Beppino, per il suo coraggio, la sua forza d’animo, la sua testardaggine che gli ha permesso di realizzare la libertà della figlia senza violare alcun codice o legge. Non è vero che ad Eluana non è stata data la possibilità di risvegliarsi dal suo coma profondo, non è vero che è stato commesso un omicidio; Eluana non avrebbe voluto risvegliarsi da quel “sonno” e il padre lo sapeva bene. Beppino ha agito per conservare intatta la bellezza di quella vita, abbracciando il desiderio di libertà e dignità della sua amata Eluana. 1 Eleonora Serafino V M 11 CULTURA SESSANTESIMO MINUTO Boyhood: la vita che scorre sullo schermo Il nuovo film di Linklater, girato nell’arco di dodici anni, in uscita nelle sale italiane il 23 Ottobre La trama del film Boyhood è piuttosto semplice: Mason è un bambino di otto anni, che vedremo crescere fino ai vent’anni, affrontando la scuola, il college, i rapporto con i genitori e la difficile fase che separa l’adolescenza dall’età adulta. Cosa ha, dunque, di speciale questo film? E’ raccontato in tempo reale. Il regista Richard Linklater, non ha voluto ricorrere al trucco per invecchiare i suoi attori, né ad effetti speciali, né ha usato diversi attori per interpretare le diverse fasi di vita di Mason. Ha voluto, invece, che fosse il tempo a lasciare i segni sul volto dei propri protagonisti. Questa stupefacente impresa è iniziata dodici anni fa, quando Linklater ha annunciato l’inizio delle riprese del suo nuovo film, temporaneamente chiamato The Twelve Year Project. Dall’estate del 2002 in poi, Linklater ha chiamato ogni anno lo stesso cast e la stessa troupe, per girare poche scene del film per volta, fino a concluderlo definitivamente nell’ottobre del 2013. Il film non è dunque un classico coming-of-age (un film che racconta della crescita emotiva e fisica di un personaggio), ma si propone di essere molto di più. La sceneggiatura è stata modificata in corso d’opera per inglobare quelle che sono state anche le innovazioni sociali, culturali e politiche di quest’ultimo decennio, includendo anche la guerra in Afghanistan e l’elezione di Obama. Una vera capsula del tempo, in definitiva. Una cosa simile fu fatta da Marco Bellocchio nel film Sorelle Mai, girato, però, nell’arco di “soli” sei anni, contro i dodici di Boyhood. Lo stesso Linklater non è nuovo a questo tipo di esperimento: suoi sono i tre film Prima dell’alba, Before Sunset - Prima del tramonto e Before Midnight, tutti girati a nove anni di distanza l’uno dall’altro, con lo stesso cast di attori, che raccontano la storia d’amore di una coppia dall’incontro, fino al matrimonio. Già questi film davano un assaggio della particolare concezione del tempo di questo regista. L’approccio al cinema di quest’ultimo, non può che suonare come una voce fuori dal coro, contestualizzato in quel che è il panorama cinematografico di oggi. Viviamo in un’era segnata da blockbuster e cinefumetti, da film che puntano esclusivamente all’intrattenimento e a allo spettacolare, dove l ’e s p e r i mento di Boyhood può essere interpretato come un’incontrollabil e bisogno di ritorno al reale. Quel che Linklater ha impresso su pellicola , non è che lo scorrere effettivo del tempo, il procedere concreto della vita. E’ quasi un invito, un invito a tornare ai film semplici e lineari, dove la storia e gli attori erano il fulcro e la linfa dell’opera, ma più di tutto, questo film è un azzardo. Un azzardo che pare essere ben ripagato: il film, già uscito negli Stati Uniti e nella maggior parte degli stati europei, ha ricevuto ottime critiche e ottimi consensi dal pubblico. Ha, inoltre, già vinto diversi premi, tra cui Orso d’ar- gento per il miglior regista al Festival di Berlino e pare lanciatissimo per gli Oscar, in particolare, i book-maker indicano Patricia Arquette, che nel film interpreta la madre di Mason, come possibile vincitrice dell’Oscar come miglior attrice non protagonista. Il film uscirà nelle sale italiane il 23 Ottobre e, che sia o meno un successo come lo è stato negli altri paesi, ha già lasciato un’impronta nella storia del cinema.1 Matilde Tramacere V D 12 Cultura NUMERO UNO - ottobre Matera capitale della cultura europea 2019 A braccetto con Lecce locomotiva di sviluppo per il Sud Italia., comunque un trampolino di lancio per la nostra città Va detto subito che diventare, per un anno, Capitale europea della cultura sarebbe stato uno strumento utile per il cambiamento, un trampolino per il futuro, una possibilità in più per dimostrare ciò che, come città, siamo davvero. Quello della annuale Capitale Europea della Cultura è’ un progetto creato dall’ Unione Europea, nato nel 1985 da un’idea di Melina Mercouri, il cui intento è quello di sottolineare aspetti e differenze comuni nelle varie culture del nostro Continente, avvicinandoci al senso di “unità nella diversità” cioè al senso di appartenenza ad una comunità, come recita anche il motto dell’UE. Ad oggi oltre 30 città hanno avuto questo titolo molto prestigioso,sia per la grande capacità di attrarre l’attenzione dei media, sia perché in grado di attivare processi positivi come il cambiamento e il rafforzamento dell’identità di una città. Una città non viene eletta Capitale per il suo patrimonio artistico, storico o ambientale, ma per la sua capacità di creare un nuovo progetto intorno a questa eredità. Il titolo di Capitale europea della cultura, sarebbe stato dunque un’occasione di crescita per le amministrazioni pub- bliche e le comunità, ma anche per i singoli cittadini che ne fanno parte, e, che diventano attori del progetto. Il cammino si è concluso con la vittoria di Matera, ma la candidatura di Lecce, sostenuta da tanti con passione, non è altro che l’inizio di un lungo percorso, un sogno che continua. La possibilità di vedere affermato in ambito internazionale ciò che Lecce è, rimane intatta, al di là del risultato, ed è solo nelle nostre mani. Tra tante città, Lecce del Salento, il Tacco d’Europa, il Ponte sul Mediterraneo, su cui si regge il futuro d’Europa, ha portato avanti questa candidatura, con la voglia vera di un futuro migliore, e con una “voglia matta” di realizzare il sogno che avanza sempre più forte. Il sogno di una Lecce consapevole delle sue qualità (culturali, artistiche, paesaggistiche, sociali) ed in grado di dimostrarle al mondo. Grazie a scambi culturali con il Sud del mondo, l’ Oriente e i Balcani, Lecce viene proiettata verso il sogno di una nuova Europa. E’ nata così Lecce2019, che non è morta venerdì 17 ottobre, tutt’altro, ma che deve continuane a cercare di trasformare e reinventare il futuro creando un nuovo baricentro e ideando basi per nuove idee di svilup- po e di innovazione per alimentare un cambiamento reale. Per Lecce2019 la candidatura è stata un grande passo, ha rappresentato la scelta di mettersi in gioco, di farsi valere, di avere coraggio. Rompendo, finalmente, gli schemi, grazie agli amministratori e ad uno staff di professionisti che sono scesi nelle piazze riavvicinando i cittadini, creando dialogo, e riuscendo a riportare alla luce molti punti di forza. Questa candidatura è stata uno stimolo per rompere la routine, per lasciare cadere la rigidità del pensiero, per andare incontro all’inatteso. Un patrimonio che rimane intatto. Solo in questo modo si potrà aprire il territorio ad una conoscenza vera, ma soprattutto ad un riconoscimento delle proprie potenzialità anche attraverso la curiosità, la stessa che ha ispirato un progetto fotografico con i ritratti creati dal team di Lecce2019. Reinventare Eutopia vuol dire andare alla ricerca di una dimensione europea. Ripartire per ridisegnare il futuro, una grande sfida per Lecce2019, che continua. Perchè noi, a prescindere dalla vittoria nella competizione, meritiamo un nuovo futuro, noi lo vogliamo, dobbiamo continuare a credere di potercela fare perché lo meritiamo. Il nuovo futuro fa parte di noi, di Lecce. Reinventarsi vuol dire riconoscersi , saltando la barriera dell’isolamento ed abbracciando l’Europa. Per fare ciò, non serve un titolo onorifico (accompagnato, per la verità, da qualche “milionata” di euro), ma serve la coscienza, la voglia e la capacità di ognuno di noi. Dal Tacco dello Stivale alle stelle d’Europa, attraverso la dimensione dell’utopia, si possono ribaltare le prospettive, mettere a confronto nord e sud, imparare dal confronto e dal dialogo quotidiano che parte da “noi” per ridisegnare un nuovo concetto di Comunità. Se sarà così, Lecce nostra, avrà vinto comunque! 1 Vittoria De Matteis I L 13 SESSANTESIMO MINUTO SCIENZA E TECNOLOGIA Buchi Neri, da adesso solo “fantascienza” Una sconvolgente teoria presentata pochi giorni fa da una ricercatrice americana, afferma l’impossibilità dell’esistenza dei buchi neri. Il mondo della scienza è sotto schok. Cosa sono i buchi neri? Bene o male, tutti ne abbiamo sentito parlare, magari in un film di fantascienza o in un libro. La maggior parte di noi, sa che questi misteriosi “oggetti cosmici” sono punti nei quali la densità è talmente elevata da piegare la trama stessa dello spazio tempo. Si chiamano Neri perché neanche la luce riesce a sfuggire a una tale forza di gravità, e di conseguenza, noi, del fenomeno, non vediamo assolutamente nulla. Sorge spontaneo chiedersi: se non possiamo osservare il fenomeno in alcun modo, dato che l’osservazione si basa sull’interazione con la luce, come facciamo a predire la loro esistenza? La risposta è semplice: tramite l’osservazione indiretta. Immaginiamo di porre al centro di un tappeto elastico, una palla così pesante da deformare il tessuto fino a scomparire. Immaginiamo adesso di porre altri oggetti sul tappeto. Alcuni, sufficientemente veloci, inizieranno a vorticare furiosamente, orbitando attorno alla deformazione. Altri, più lenti, ver- ranno attratti da una forza “invisibile”. In base allo stesso principio, i fisici, che adorano formulare teorie per spiegare i dati derivanti dall’osservazione, hanno predetto l’esistenza di oggetti estremamente massivi, che attirano a sè tutti gli altri corpi, fotoni compresi. Recentemente, tuttavia, l’esistenza di questi oggetti tanto misteriosi quanto affascinanti, è stata messa in dubbio da una ricercatrice americana, le cui coraggiose affermazioni hanno sconvolto il mondo della scienza. Tale ricerca afferma che, basandoci sull’attuale conoscenza delle teorie fisiche (in particolare della meccanica quantistica), le condizioni che portano alla formazione dei buchi neri, non possono realizzarsi. Cerchiamo di capire meglio. La meccanica quantistica, teoria tanto geniale quanto distante dall’esperienza quotidiana, afferma che lo spazio, anche quello vuoto, non è mai veramente vuoto. Costantemente, coppie di particelle (ed antiparticelle), si creano e collassano, rilasciando energia. Come si applica questo discorso ai buchi neri? Abbiamo detto, che questi oggetti, dalla densità elevatissima (immaginiamo di concentrare la massa del sole in una biglia), esercitano un attrazione enorme sugli oggetti circostanti, intrappolando la materia. Tuttavia,questo accade solo nella “zona di influenza” del buco nero. Infatti, l’attrazione gravitaziona- le decresce rapidamente in relazione alla distanza. All’interno della zona di influenza, tutto viene risucchiato verso il centro del buco nero, ma all’esterno, qualcosa riesce a sfuggire. Il margine fra le due zone viene chiamato Orizzonte Degli Eventi. Ritorniamo adesso alla coppia di particelle: se questa coppia si crea a cavallo dell’orizzonte degli eventi, la particella nella zona d’influenza del buco nero, verrà inesorabilmente attratta, ma l’altra, riuscirà a fuggire. Applicando questo fenomeno, noto come “Radiazione di Hawking” (in onore del celebre fisico teorico dei nostri tempi, fervente studioso dei Buchi Neri), alle stelle supermassive nella fase finale della loro vita, ci si rende conto, che la densità non raggiungerà mai il valore necessario al collasso spaziotemporale, dunque, addio al buco nero! Le implicazioni di tutto ciò sono sconvolgenti. Innanzitutto, essendo il Big Bang una singolarità, ovvero, un buco nero, la migliore teoria che spiega l’origine dell’universo, potrebbe essere accantonata come “cimelio storico”. Inoltre, nuove esaltanti prospettive e teorie si apprestano a spiegare i misteri del cosmo, e magari, quest’ultime, riusciranno ad includere anche la sfuggevole materia oscura. In attesa della conferma ufficiale dell’articolo, il mondo della scienza, trepida. 1 Alfredo Bochicchio V O 14 SCIENZA E TECNOLOGIA NUMERO UNO - ottobre Il segreto dell’invisibilità Magia? Sembra di no, si tratta infatti di un nuovo metodo attraverso il quale alcuni scienziati americani riescono a far “scomparire” alcuni oggetti tramite delle semplici lenti. Il mantello di Harry Potter è insuperabile, anche se gli scienziati da anni provano a inventarlo. Adesso, però, una nuova invenzione potrebbe trasformare la fantasia in realtà: il fisico John Howell dell’Università di Rochester (USA) e il suo studente Joseph Choi hanno inventato un metodo che permette di rendere invisibili gli oggetti grazie a un sistema formato da quattro comuni lenti. Queste sono posizionate ad una certa distanza l’una dall’altra e quando si inserisce un oggetto tra le lenti e si guarda attraverso di esse, l’oggetto in questione... scompare. Questo accade perché le lenti sono disposte in modo tale da deviare la luce e fanno sì che l’onda elettromagnetica non colpisca l’oggetto tra le due lenti. Il laser che attraversa il sistema ottico rende visibile il percorso della luce tra le lenti, e mostra le zone che possono essere usate per nascondere gli oggetti. Il sistema, dicono gli inventori, potrà avere diverse applicazioni: una volta reso più piccolo potrebbe essere inserito come ausilio ai chirurghi che potranno vedere attraverso le loro mani mentre operano. Questo non è il primo studio che vede protagonisti capaci di osservare un oggetto: sono anni che gli scienziati sperimentano, per esempio, materiali artificiali che controllano il passaggio della luce. Però quella dell’Università di Rochester è ,per ora, l’invenzione più semplice e anche economica (la spesa per costruirla è stata di 1.000 dollari). E con un po’ di ingegno e manualità è possibile fabbricare il dispositivo e magari provare a far “sparire” qualcosa. Ma non è finita qui. Questa seconda invenzione non si può indossare e in realtà somiglia più a una piccola ruota che al mantello di Harry Potter. Ma il nuovo dispositivo, sviluppato alla Duke University, promette di fare “magie”simili facendo sparire gli oggetti. Un cilindro di rame che scompare per qualche secondo non è un gioco di prestigio, eppure gli scienziati del Nord Carolina hanno fatto una piccola “magia” trasformando in realtà qualcosa che finora si era visto solo nei film. Per ora l’apparecchio è ancora in fase sperimentale e durante i primi test non è scomparso del tutto. Il nuovo metamateriale ( un materiale artificiale con proprietà elettromagnetiche che non esistono in natura) di cui è composto il dispositivo, ha dimostrato di poter “deviare” le micro onde elettromagnetiche che rendono visibili gli oggetti. Il dispositivo di Smith riesce a fare riflettere queste onde da un’altra parte. In questo modo le microonde si comportano come l’acqua che passa intorno a una roccia: non la trapassa, ma la circonda. «Non è chiaro ancora – afferma Smith - se con questa applicazione sarà possibile far sparire qualsiasi cosa, come con il mantello di Harry Potter o come il dispositivo di Star Trek». Già nel 2003 un ingegnere giapponese aveva creato un mantello “magico”, il cui sistema di funzionamento prevedeva una telecamera che riprendeva ciò che accadeva alle spalle della persona che indossava il suddetto mantello. Le immagini poi venivano proiettate sull’indumento con uno specchio riflettente: ritornando indietro raggiungevano l’osservatore attraverso lo stesso specchio. L’osservatore vedeva un mantello su cui scorrevano le immagini di quel che accadeva dietro. e quindi di magico aveva ben poco. 1 Chiara Cuppone II F 15 Scienza e tecnologia SESSANTESIMO MINUTO Steve Jobs: invenzioni mondiali A tre anni dalla sua morte, il fondatore di Apple Inc., ci lascia in eredità le sue grandi invenzioni che hanno rivoluzionato l’intero panorama mondiale in ambito tecnologico. Steve Jobs (24 febbraio 1955 - 5 ottobre 2011) è stato un imprenditore statunitense che ha ottenuto una notevole fama e successo grazie alle sue invenzioni che oggi sono conosciute e utilizzate in tutto il mondo. Nel 1974 lavorò presso la Atari, una società che sviluppa, pubblica e distribuisce giochi per tutte le console di videogiochi e personal computer. In seguito, decise di aprire una società con Steve Wozniak: la Apple Computer. La prima sede di questa società fu proprio il garage dei genitori di Jobs: qui i due idearono il primo computer, l’Apple I, che venne venduto ai membri dell’Homebrew Computer Club. Nel 1977 Jobs e Ronald Wayne si lanciarono alla volta dell’Apple II: il risultato ebbe un notevole successo, con un guadagno che toccò il milione di dollari. Con l’aiuto di Bill Atkinson, Jobs riuscì a convincere il PARC (Palo Alto Research Center) a mostrargli l’interfaccia grafica progettata da loro. Atkinson e i suoi ingegneri migliorarono il progetto e in seguito il 24 gennaio 1984 Apple ideò un personal computer compatto e dotato di un nuovo sistema operativo: l’Apple Macintosh (Mac). Questo era dotato di icone, finestre e menù a tendina ed accese l’interesse del pubblico. Nonostante tutto però, il Mac non ottenne il successo desiderato. In seguito i poteri di Jobs furono ridotti notevolmente: gli furono tolte le cariche di vicepresidente e di direttore generale della divisione Mac, così si dimise e intraprese alcuni viaggi per promuovere i suoi computer Apple. Si dedicò quindi alla creazione di una nuova compagnia, fondando così la Next Computer, con l’obiettivo di avviare una nuova rivoluzione tecnologica. Apple intentò una causa legale per fermare le iniziative dell’ex fondatore, scendendo così a patti con la Next. Jobs produsse computer migliori e tecnologicamente più avanzati per la creazione di un lungometraggio Pixar, con l’idea di dedicarsi ad animazioni computerizzate. Non riuscì però a superare la concorrenza, anche a causa della comparsa sul mercato di computer più economici dei PC IBM. Nel 1997 l’amminist rato re delegato di Apple venne allontanato e Jobs riprese di nuovo la sua carica. Nel quadro del prog ra m m a con cui intendeva risollevare le sorti della società, egli trovò un accordo col rivale storico Microsoft, il cui scopo principale era che l’azienda di Bill Gates continuasse lo sviluppo per il sistema operativo della Apple degli applicativi Microsoft Word e Excel. Jobs si lanciò anche nel settore della musica digitale, creando così l’iPod, un lettore digitale di musica avanzato e iTunes, un software attraverso cui è possibile ascoltare musica e acquistarla attraverso il servizio online iTunes Music Store. Negli anni successivi Apple commercializzò l’iPhone, un telefono cellulare con un unico tasto che interagisce at- traverso lo schermo multi-touch, con funzioni di navigazione internet tramite Wifi, fotocamera e lettore di file multimediali: il prodotto ottenne rapidamente un notevole successo. In seguito venne sviluppato il primo tablet computer taggato Apple: l’iPad. Con la guida di Jobs, la Apple ha continuato a produrre e commercializzare Mac OS X, Mac, iPod, iPhone e iPad, prodotti che portano l’azienda a diventare un punto di riferimento nel campo dell’elettronica di consumo. 1 Diletta Maria Polo III F 16 MUSICA NUMERO UNO - ottobre “Songs of Innocence” e il ritorno degli U2 Ritornano a sorpresa gli U2 con il loro nuovo album “Songs of innocence” rilasciato gratis per tutti gli utenti Apple, suscitando critiche e apprezzamenti generali “Spero che dopo aver ascoltato il nostro nuovo disco un po’ di volte capirete perché ci è voluto così tanto per realizzarlo. Siamo andati davvero laggiù… è un album molto, molto personale. Ci scusiamo se risulta straziante; anzi, ritiro quello che ho detto: niente scuse se risulta straziante. Che senso avrebbe appartenere agli U2 se non si potessero toccare quelle corde? Non c’è fine all’amore”. Esordisce così Bono, frontman degli U2, in una lettera postata sul sito ufficiale della band, nella quale parla anche della discutibile scelta di permettere a tutti gli utenti Apple di scaricare gratuitamente l’album. Così a 500 milioni di persone è arrivato il disco il giorno stesso del lancio. Il binomio Apple-U2 era già cominciato dieci anni fa con la campagna di beneficenza con Ipodspecial ediction e (PRODUCT)RED e continua fino ad oggi come promozione del lancio del nuovo Iphone 6. Il nuovo album rappresenta un punto di partenza di un progetto musicale più ampio di cui in questi anni si è già parlato: Songs of Experience. Questo album rappresenta per la band irlandese un ritorno alle origini. Presenti influenze musicali che rimandano ai Ramones, a Bob Dylan e ai Clash, alla musica rock e punk rock degli anni ’70, alla prima elettronica e musica ambient anni ’80, offrendo una panoramica su come e perché è nata la band. E’ un album dal sapore un po’ nostalgico ma rimanipolato, che rimanda al passato, ma diventa simbolo di un percorso, non solo musicale. Il pellegrinaggio verso la California, una lunga storia di esperienze ed emozioni che Bono ed il resto della band hanno collezionato con il passare del tempo. L’album affronta tematiche come la casa, la famiglia, i rapporti umani, le scoperte. Nonostante ciò, però, le critiche musicali, specialmente da parte dei “estremisti del rock”, bocciano totalmente questo album. Escludendo “Sleep like a baby tonight”, che viene considerato uno dei capolavori della band irlandese degli ultimi quindici anni, e abbozzi innovativi degni di nota per quanto riguarda l’accompagnamento, l’album conferma il trend negativo che, secondo alcuni, la band aveva acquisito nell’ultimo decennio. Gli U2 vengono accusati per la strategia di marketing applicata e per l’evidente richiamo pop, sempre più prorompente, da permettere all’album di avere quasi una classificazione del tipo “musica da supermercato”. Ma è davvero un album così deludente? Il confronto, dopo cinque anni di silenzio scenico, con i grandi capolavori del passato viene spontaneo. Ma Songs Of Innocence non ne esce a testa bassa. Il percorso della band porta a vedere sempre gli stessi temi ma con un’ottica diversa e musicalità meno estrosa, ma che comunque ricorda non poco gli anni d’oro della band. Una nota di demerito va certamente alla poca sperimentazione compiuta in questo capitolo discografico, sostituita piuttosto da un adagiamento al pop e ai grandi successi del passato. Ma nel complesso è un ottimo lavoro, da non sdegnare assolutamente. E’ pur sempre un album rock ricco di fluide melodie, come l’ha apostrofato il critico musicale Neil McCormick, dandogli quattro stelle su cinque. Certo, per molti la modalità di distribuzione sarà molto più discussa della musica stessa, ma rimane un ottimo capitolo discografico di una band che segnando la storia, è riuscita, ancora una volta, a districarsi egregiamente dalle critiche dei più conservatorii.1 Enrica Ferilli III B 17 Sport SESSANTESIMO MINUTO Italiani nello sport (non solo calcio...) Viaggio nei successi degli italiani che praticano sport differenti dal tanto amato football Il calcio è da sempre lo sport più amato dagli italiani, che ogni domenica tifano per la propria squadra del cuore allo stadio o più comodamente sul divano di casa propria. I calciatori sono idolatrati e al centro dell’attenzione, tanto che i ragazzini cercano in tutti i modi di imitarli sia nel gioco che nel look. Gli altri sport vengono messi in secondo piano e si preferisce il divertimento di una partita di pallone rispetto alla “noia” della pallavolo o dello “scontato” match di basket. Paradossalmente però, l’Italia sportiva, negli ultimi anni ha ottenuto molti successi negli sport meno seguiti, mentre nel calcio, tra Champions League e Coppa del Mondo, si sono susseguite solo cocenti delusioni. Basta vedere Andrea Bargnani (New York Knicks), Marco Belinelli (San Antonio Spurs), Luigi Datome (Detroit Pistons) e Danilo Gallinari (Denver Nuggets), giocatori di basket che, dopo tanta gavetta e lontani dalle luci dei riflettori, sono riusciti ad approdare nell’NBA, campionato americano di pallacanestro nonché il più importante al mondo. Belinelli ha inoltre raggiunto un traguardo molto importante: ha infatti vinto la gara del tiro da tre (Threepoint Shootout) nell’ultimo e seguitissimo NBA All Star Game, evento dove si riuniscono tutti i migliori giocatori del campionato americano. Roba da numeri uno. Anche nel tennis gli Italians stanno scalando in fretta le gerarchie, soprattutto in campo femminile. Negli ultimi Grandi Slam le “nostre” tenniste Sara Errani, Flavia Pennetta e Roberta Vinci hanno riportato risultati fantastici, soprattutto su superfici come la terra rossa, battute solo dalle “giganti” mondiali. Ma il risultato più incredibile è quello ottenuto dalla coppia Vinci-Errani, la quale, grazie alle tante vittorie ottenute (ultima a Wimbledon), si trova al primo posto mondiale della classifica generale di doppio WTA. La nostra nazione è in grado anche di ospitare uno dei più importanti avvenimenti tennistici dell’anno: gli Internazionali d’Italia, che si svolgono a Roma, in campi di ottimo livello come il Foro Italico. Ma come dimenticare la “noiosa” pallavolo già citata prima? Il nostro paese ne ha ospitato i mondiali femminili proprio in questi giorni e ha proposto una squadra di ragazze molto promettenti, che ha macinato vittorie una dopo l’altra ed ha già raggiunto il traguardo della semifinale. Le azzurre della pallavolo hanno sconfitto compagni importanti come gli Stati Uniti (sempre al top in ogni sport, tranne che nel calcio) e il Giappone, dimostrando ottimo affiatamento e spirito di squa- dra. In semifinale le nostre giocatrici hanno ritrovato la Cina ma purtroppo questa volta le ragazze sono state costrette ad arrendersi davanti all’ottimo gioco proposto dalle asiatiche. La finalina per la medaglia di bronzo rappresentava un’ottima opportunità per sconfiggere il Brasile, uscito ridimensionato dalla semifinale persa contro gli USA, ma – nonostante una partita conclusasi al tie break- le nostre eroine si sono classificate quarte. L’Italia rimane in ogni caso nell’elite mondiale del volley e si afferma come prima in Europa. Nonostante gli ottimi risultati, questi sport hanno una risonanza secondaria e si inchinano allo strapotere del calcio, che fa della visibilità un business di dimensioni mondiali. Per non parlare di sport come la scherma o il tiro con l’arco, dove la compagine italiana è padrona incontrastata, ma di cui la gente si ricorda ogni quattro anni, in occasione delle olimpiadi. I nostri campioni “secondari” continuano a vincere e a praticare il loro sport con passione e dedizione, peccato che noi prendiamo come esempio un Balotelli qualsiasi. 1 Michele Papa V M 18 sport NUMERO UNO - ottobre MOTOGP 2014: una stagione da record La stagione del motomondiale di quest’anno è stata una tra le più avvincenti di sempre, con il quasi imprendibile Marc Marquez che ha infranto in pochissimo tempo numerosi record storici di questo sport. Domenica 28 Settembre si è svolto l’ottocentesimo Gran Premio della classe regina del motomondiale, ad Aragòn, in Spagna. Si trattava della quattordicesima gara della stagione 2014, che ha visto trionfare in Patria Jorge Lorenzo e la sua Yamaha M1 del team Movistar, che ha raggiunto così la sua 53esima vittoria di carriera. Così ora il pilota maiorchino è ad una sola lunghezza dal cinque volte campione del mondo Mick Doohan, mentre il primato come pilota più vittorioso è dell’italiano Giacomo Agostini, con 122 vittorie. Segue poi Valentino Rossi con 107 vittorie in carriera. Gli altri due gradini del podio aragonese sono stati occupati dallo spagnolo Aleix Espargaro, con un’altra Yamaha, e dall’inglese Cal Crutchlow, con una Ducati. Questo secondo posto ha segnato il primo podio nella carriera di Espargaro, che quest’anno aveva centrato anche la sua prima pole position, sul circuito olandese di Assen, detto anche “La Cattedrale” per la sua importanza, le sue caratteristiche tecniche e di guida impegnative ed il ruolo quasi sacro che riveste nel campo delle corse. Inoltre, ad Aragòn, Marc Marquez, dopo aver dominato nelle prove libere, ha fatto segnare il nuovo record sul giro della pista, (tempo di 1’ 47” 187’”), ottenendo l’undicesima pole di stagione, mentre altrettanti sono i suoi primi posti di quest’anno. Il campione in carica spagnolo, sulla sua Honda Rc213v, del team HRC, ha vinto di fila le prime dieci tappe del motomondiale, eguagliando il record di Giacomo Agostini nelle stagioni 1968 e ‘69. A Brno, in Repubblica Ceca, viene interrotta dal compagno di squadra Dani Pedrosa, la striscia vincente del Cabroncito (Marquez) che per la prima volta arriva fuori dai primi tre in una gara in cui ha visto la bandiera a scacchi. Ma comunque, arrivando “solo” quarto, mantiene una media stupefacente per un ragazzo di soli 21 anni, che quest’anno vince il suo secondo campionato mondiale di motociclismo consecutivo nella MotoGp: un giovanissimo campione. Nella classifica di tutti i tempi, Giacomo Agostini, detiene il record del maggior numero di mondiali vinti con i suoi 15 titoli, seguito poi dallo spagnolo Angel Nieto con 13 titoli e Valentino Rossi, il pilota di Tavullia, con 9 titoli. Nel 2014 Rossi, sulla sua Yamaha M1, ha battuto vari record, tra cui quello del connazionale Loris Capirossi, ottenendo la più lunga serie di vittorie della storia di questo sport e diventando così in assoluto il pilota più longe- vo; dal gran premio di Brno datato 18 Agosto 1996, in 125cc, al gran premio di Misano, il 14 Settembre 2014, in MotoGp: sono trascorsi 18 anni e 27 giorni. Il pluricampione pesarese è stato anche il primo pilota a superare la soglia dei 5000 punti in carriera e l’unico ad aver vinto il titolo mondiale in quattro classi differenti: uno in 125cc, uno in 250cc, entrambi in sella ad una Aprilia, uno in 500cc, su una Honda ( l’ultimo della vecchia cilindrata 500cc con motori a due tempi) e sei in MotoGp (tra cui il primo della nuova cilindrata con motori a 4 tempi): due con Honda e quattro con Yamaha. Ad oggi, Valentino Rossi, detto “Il Dottore” per la sua Laurea ad honorem conferitagli in Scienze delle Comunicazioni il 5 Maggio del 2005, è il pilota con il maggior numero di partenze in classe regina, numero che continuerà ad aumentare fino alla fine della sua carriera: quest’anno ha disputato il suo trecentesimo gran premio, sul circuito italiano del Mugello, chiudendo terzo dietro al compagno di squadra Jorge Lorenzo e al giovane Marc Marquez. La storia di questo avvincente sport, quindi, è ancora da scrivere!1 Giuliana Polo II F 19 SESSANTESIMO MINUTO Banzigmistica Sudoku Medio Indovinello Un hacker cerca di bypassare la password di un computer, prova con un paio di tentativi ma fallisce. Ecco che appare un suggerimento della password “AOFUSRKKI”, l’hacker capisce che quella era una codifica della password e che la prima e l’ultima lettera sono delle “A”. Applicando lo stesso algoritmo riesce a trovare la chiave d’accesso. Qual’è la password del computer? Le soluzioni sul prossimo numero! A cura di Matilde Tramacere V D 20