Forbes Third Industrial Revolution_ita

Transcript

Forbes Third Industrial Revolution_ita
Forbes
La Terza Rivoluzione Industriale di Jeremy Rifkin
(Jeremy Rifkin's Third Industrial Revolution)
di Terry Waghorn
Economista e noto ambientalista, Jeremy Rifkin è Senior Lecturer del Wharton School’s Executive
Education Prgram dell’Università della Pennsylvania, presidente della Foundation on Economic
Trends in Washington D.C., autore di 19 libri e consulente per l’Unione Europea e capi di Stato del
mondo. Nel suo saggio più recente, “La Terza Rivoluzione Industriale: Come il “Potere laterale” sta
Trasformando l’energia, l’economia e il mondo” (settembre 2011), Rifkin descrive come l’attuale
Rivoluzione Industriale si stia avviando ad una conclusione e come e perché dovremmo adoperarci
per plasmare la prossima. Lo abbiamo intervistato a Washington, D.C.
Questo articolo è stato realizzato in collaborazione con Mary Hoff, direttrice editoriale di
Momentum, rivista pubblicata dall’Institute on the Environment dell’Università del Minnesota.
Abbiamo avuto l’occasione di parlare recentemente della Terza Rivoluzione Industriale con Jeremy.
Come ha sviluppato questa teoria?
Nella storia ho osservato che le grandi rivoluzioni economiche avvengono quando ricorrono due
fenomeni. Quando cambiamo i regimi energetici possiamo creare rapporti economici più complessi.
Tuttavia, quando avvengono rivoluzioni energetiche, esse richiedono delle rivoluzioni nella
comunicazione che siano abbastanza agevoli da gestirle. Se si prende in considerazione il
diciannovesimo secolo, la stampa divenne molto economica quando fu introdotta l’energia a
vapore. Questo provocò una diminuzione dei costi del materiale per la stampa e un aumento nella
velocità, efficienza e disponibilità della stampa stessa. Nel medesimo periodo, in Europa e America
furono istituite le scuole pubbliche.
Creammo una forza lavoro alfabetizzata con una dote di comunicazione tale da poter organizzare la
prima rivoluzione industriale, mossa da carbone e vapore.
Si assistette allo stesso processo nel 20° secolo con la convergenza tra comunicazione ed energia:
gli impianti elettrici centralizzati - in particolare il telefono e successivamente la radio e la
televisione - divennero i veicoli della comunicazione per una gestione di una ben più estesa seconda
rivoluzione industriale, basata sul motore a combustione interna di carburante, sulla costruzione di
aree suburbane e la creazione di una società di consumo di massa.
Gli storici dell’energia si occupano esclusivamente di energia e gli esperti della comunicazione si
concentrano solamente sulla comunicazione, ma - alla luce dei fatti - nella storia non si può fare a
meno né dell’uno né dell’altro fattore. Questa è il quadro che mi ha spinto a effettuare una ricerca di
questo tipo; in verità la terza rivoluzione industriale si è staccata dal filone narrativo su cui si evolve
la storia.
Quindi, in che cosa consiste di preciso la Terza Rivoluzione Industriale?
In primo luogo è basata su una nuova convergenza tra comunicazione ed energia. Negli ultimi 20
anni, Internet è stato un mezzo di comunicazione molto potente. Ciò che lo rende così interessante è
il modo in cui si è sviluppato. Io sono cresciuto nel 20° secolo, fondato su una comunicazione a
energia elettrica centralizzata, la quale si sviluppa verticalmente. Al contrario, Internet è un sistema
equamente distribuito e collaborativo e si sviluppa in senso orizzontale.
Siamo quindi agli albori di una convergenza tra tecnologie di comunicazione basate su internet e
una forma di energia di sua natura distribuita; essa necessita una gestione collaborativa e si sviluppa
orizzontalmente. Stiamo compiendo una grande transizione verso fonti di energia rinnovabile, che
si distinguono dalle energie elitarie - carbone, petrolio, gas, sabbie bituminose - reperibili solo in
pochi luoghi e che richiedono ingenti investimenti militari e geopolitici, compresi anche massicci
finanziamenti di capitali ed è necessario che diminuiscano perché eccessivamente costose. Queste
risorse energetiche sono chiaramente in declino mentre ci avviamo alla chiusura della seconda
rivoluzione industriale.
Le energie rinnovabili, di contro, sono rinvenibili con una certa frequenza o proporzione in ogni
centimetro del pianeta terra: il sole, il vento, il calore geotermico, biomasse - spazzatura, rifiuti
agricoli e forestali - l’energia idroelettrica, le maree oceaniche e le onde.
I 27 membri dell’Unione Europea si sono posti l’obiettivo di tracciare una struttura a cinque pilastri
per una terza rivoluzione industriale, fondata su questa nuova convergenza tra comunicazione ed
energia. Ho avuto il privilegio di sviluppare il piano approvato dal Parlamento Europeo nel 2007.
Pilastro 1: l’Unione Europea ha imposto l’obiettivo di utilizzare il 20% di fonti energetiche
rinnovabili entro il 2020. Ciò significa che un terzo dell’energia elettrica dovrà essere pulita.
Pilastro 2: Come otteniamo fonti energetiche rinnovabili? Il primo pensiero dell’Europa si è rivolto
allo sfruttamento dell’energia solare in Spagna, Grecia e Italia. Si è ipotizzata la realizzazione di
impianti fotovoltaici e di convogliare l’energia elettrica pulita tramite cavi ad alto voltaggio al resto
d’Europa. Analogamente, l’Irlanda dispone di molta energia eolica, mentre la Norvegia è ricca di
fonti di energia idroelettrica; luoghi ideali per installare grandi impianti eolici e dighe per produrre
energia elettrica. Tuttavia, noi riteniamo che questi usi concentrati di fonti energetiche
essenzialmente diffuse, siano fondamentali per ridurre le emissioni di anidride carbonica ma che in realtà - non siano sufficienti. Infatti, non possiamo fondare un’economia globalizzata solamente
su energia eolica, solare, geotermica e idroelettrica centralizzata e concentrata. Questo ci ha spinto a
porci un’importante domanda: se una qualche forma di fonte di energia rinnovabile è rinvenibile in
ogni centimetro quadrato del pianeta, perché concentrarle in pochi nodi centrali? Con questa
domanda siamo giunti al secondo pilastro: edifici. Abbiamo 191 milioni di edifici nell’UE.
L’obiettivo prevede la conversione dell’intero insieme degli edifici in piccole centrali di energia
elettrica pulita, in grado di catturare energia solare sui tetti, energia eolica sulle pareti, energia
geotermica dal terreno sottostante, energia da biomasse proveniente dai rifiuti prodotti negli edifici,
ecc. Questo darà impulso alle costruzioni.
Convertendo l’intera infrastruttura degli edifici dell’UE, si genereranno milioni di posti di lavoro e
questo creerà nuove opportunità per migliaia di piccole-medie imprese lungo un periodo di 40 anni.
E tutta l’attività commerciale sarà localizzata.
Pilastro 3: come immagazziniamo l’energia rinnovabile distribuita? Il sole non splende sempre e il
vento può soffiare di notte quando invece serve energia elettrica durante il giorno.
Allo stesso modo, l’energia idroelettrica può essere a intermittenza quando il livello delle falde è
basso, a causa della siccità indotta dai cambiamenti climatici. L’immagazzinamento è decisivo se
più del 15 - 20% delle riserve consistono in energia rinnovabile intermittente. L’UE è impegnata
nella realizzazione di diversi sistemi di immagazzinamento: volani, batterie, pompe idriche,
ecc.Vogliamo però dare maggiore importanza all’idrogeno come fulcro del sistema di stoccaggio.
Quando il sole illumina i vostri tetti e i vostri pannelli fotovoltaici, si produce energia elettrica
pulita e qualsiasi surplus di energia non sfruttata potrà essere utilizzata per l’impianto di
riscaldamento dell’acqua, permettendo all’idrogeno presente nell’acqua di essere immagazzinato in
una cisterna. Successivamente, quando il sole non splende, si può facilmente trasformare l’idrogeno
in energia elettrica pulita, con una minima dispersione termodinamica.
Pilastro 4: come condividiamo l’energia elettrica rinnovabile? Prendiamo in esame la tecnologia
dell’informazione e di internet disponibili e trasformiamo le centrali e le linee di trasmissione
elettrica in una internet dell’energia. Così quando milioni di edifici raccoglieranno energia
rinnovabile distribuita, immagazzinandola sotto forma di idrogeno come si salvano dati in formato
digitale, essi potranno condividere il surplus di energia elettrica con altri, rivendendolo su una
piattaforma internet dell’energia, che comprenderà intere regioni e continenti.
Pilastro 5: come integriamo il trasporto nella infrastruttura della TIR? L’ipotesi sarebbe quella di
collegare veicoli a pile elettriche e a idrogeno agli edifici per ricaricarli. E ovunque si viaggi si
potranno collegare i veicoli alla centrale per ricaricarli di energia elettrica o rivendere la propria se
il prezzo quotato è buono.
Questi cinque pilastri sono solo componenti. Solamente quando verranno collegati tra loro potremo
creare sinergie tali da trasformarli in una nuova infrastruttura integrata per un nuovo paradigma
economico del 21° secolo.
Nel settore delle imprese stiamo assistendo ad un cambio generazionale. Uomini e donne più
anziani tendono a organizzare l’attività economica con uno schema centralizzato e gerarchizzato.
Coloro che hanno 40 anni e i più giovani, tendono a utilizzare uno schema organizzativo più
distribuito, collaborativo e laterale. Analogamente lo stesso è accaduto per le case discografiche: la
vecchia guardia non riuscì proprio a comprendere l’importanza del fatto che milioni di giovani
iniziavano a condividere file musicali, non lo capì. Di conseguenza fu costretta a ridurre gli affari o
a chiudere. I quotidiani non all’altezza per far fronte alla natura distributiva e collaborativa della
blogosfera. Attualmente le redazioni stanno chiudendo o creando i propri blog.
La vera eredità di Steve Jobs e della sua generazione di innovatori è stata quella di aver sviluppato
la struttura comunicativa della terza rivoluzione industriale. Tuttavia, l’incontro tra internet e fonti
rinnovabili - la democratizzazione sia dell’informazione che dell’energia in un’unica matrice - è ciò
che cambia l’intera cornice di riferimento per tutto quello che facciamo nella società.
Parla di “noi”. Che risultati state ottenendo?
Sono a capo di un gruppo di oltre 100 imprese - molte delle quali svolgono un ruolo primario
nell’industria per la produzione di energia rinnovabile, nell’industria edile, nell’urbanistica e
nell’architettura, nella tecnologia dell’informazione, nella logistica e nei trasporti globali - che
compongono la Third Industrial Revolution Global CEO Business Roundtable. Utilizziamo un
modello organizzativo simile a quello dell’industria cinematografica. Ognuno ha una propria
competenza. Ci riuniamo per aiutare le giurisdizioni politiche, le imprese locali e la società civile
nella realizzazione di una narrativa e una strategia di gioco per la terza rivoluzione industriale come un copione - che potranno sostenerle nella transizione delle loro economie verso una nuova
era economica.
La Third Industrial Revolution Global CEO Business Roundtable è il prodotto dei grandi
cambiamenti che hanno avuto luogo in tempi recenti. Abbiamo assistito a due eventi negli ultimi tre
anni che hanno segnalato la fine della seconda rivoluzione industriale basata su combustibili fossili.
Il primo si è avuto nel luglio del 2008 quando il prezzo del petrolio toccò i 147 dollari al barile e i
prezzi di tutti i beni di consumo e dei servizi lungo tutta la catena di produzione globalizzata
schizzarono alle stelle, il potere d’acquisto crollò e l’intera economia globalizzata si arrestò. Quello
fu un grande terremoto economico che segnò la fine di una rivoluzione industriale basata sui
combustibili fossili. Il crollo economico 60 giorni dopo fu un effetto collaterale.
Abbiamo raggiunto il picco della globalizzazione, al massimo delle possibilità per una economia
basata su combustibili fossili. Ogni volta che cercheremo di far ripartire l’economia al medesimo
tasso di crescita precedente al luglio 2008, i prezzi del petrolio aumenteranno e con essi i prezzi di
ogni altro bene di consumo e servizio perché tutta l’attività economica della nostra economia
globalizzata dipende da combustibili fossili. Coltiviamo utilizzando fertilizzanti e pesticidi di
origine petrolchimica. La maggior parte dei materiali da costruzione e la stragrande maggioranza
dei prodotti farmaceutici sono realizzati con combustibili fossili come anche i materiali da
imballaggio e i vestiti. L’energia, il riscaldamento, la luce e i trasporti dipendono anch’essi da
combustibili fossili. In pratica, il prezzo di qualsiasi bene e servizio nell’economia globalizzata dei
nostri giorni dipende dal prezzo del petrolio. E‘ per questo motivo che assistiamo a cicli
quadriennali di crescita e recessione. Ogni volta che cerchiamo di far ripartire il motore attraverso il
rifornimento delle scorte, i prezzi del petrolio torneranno ad aumentare, i prezzi per i beni e servizi
seguiranno con il prezzo del petrolio e a 150 dollari al barile, il potere d’acquisto crollerà e
l’economia si fermerà. Questo è esattamente ciò che sta accadendo mentre ci dirigiamo verso un
altro declino economico.
Il secondo grande evento si ebbe con il summit sul cambiamento climatico a Copenhagen. 192
Paesi si riunirono per affrontare il problema del surriscaldamento globale. Sebbene i nostri
scienziati ci dissero che eravamo nelle prime fasi di un drammatico cambiamento climatico del
pianeta a causa delle emissioni di anidride carbonica, metano e ossido di azoto provocati dalle
industrie, i nostri governanti non raggiunsero un accordo sul cambiamento climatico.
L’innalzamento della temperatura del pianeta sta causando seri danni al ciclo idrologico della Terra
e mettendo a rischio ecosistemi, minacciando, nel 21° secolo, estinzioni di massa di piante e
animali. Ciononostante pare che i governi del mondo siano restii ad attivarsi per combattere il
cambiamento climatico, minacciando la sopravvivenza delle specie sulla Terra.
Tenendo a mente tutto ciò, a seguito del picco di 147 dollari al barile di petrolio nel luglio del
2008, riunii CEO e dirigenti provenienti da imprese e associazioni commerciali multinazionali,
ravvisammo la necessità di creare una nuova visione economica sostenibile e una strategia per far
ripartire l’economia basandoci sull’unione di internet e fonti di energia rinnovabile. Tutte le nostre
imprese volevano agire in tempi rapidi per rendere la crisi un’opportunità. Stavano però ragionando
in termini individualistici e ci rendemmo conto che solamente attraverso un approccio collaborativo
saremmo stati in grado di contribuire alla creazione delle infrastrutture necessarie per la prossima
rivoluzione industriale. E così abbiamo realizzato una rete globale di imprese per la terza
rivoluzione industriale.
Fine dei giochi? Il messaggio che sta lanciando non piacerà a molti importanti agenti del
settore.
Le imprese che producono energia e utilità amano avere il controllo dell’approvvigionamento di
energia e delle linee di comunicazione. Vogliono vendere molti elettroni. Ciò che stiamo dicendo a
loro è: il vostro modello non funziona... I combustibili fossili sono sempre più costosi e voi sarete
tassati sempre più per il crescente conto dovuto al cambiamento climatico - senza menzionare il
fatto che le vostre reti elettriche centralizzate sono inefficienti e sempre più disfunzionali.
Vi sono già centinaia di migliaia di persone che producono la propria energia rinnovabile e presto
saranno decine di milioni e successivamente centinaia di milioni. La curva dei costi delle tecnologie
verdi - pannelli solari, piccole e grandi turbine eoliche, pompe geotermiche, piccoli impianti
idroelettrici, tecnologie che sfruttano il moto ondoso e delle maree, convertitori di biomassa - segue
lo stesso andamento delle dinamiche di costo che si sono avute con la transizione dal computer a
sistema centrale al computer desktop e dalla comunicazione centralizzata della telefonia fissa a
quella distribuita dei telefoni cellulari. Con la progressiva espansione del conto energia verso gli
altri Paesi del mondo, il quale permette prezzi vantaggiosi ai primi fruitori per l’energia elettrica
rinnovabile che producono e che rivendono alle centrali, le tecnologie verdi saranno sempre più
efficienti e meno costose. Tra vent’anni le tecnologie di recupero e distribuzione di energia saranno
potenzialmente gratuite, come per l’informazione.
Nel 21° secolo milioni di persone genereranno la propria energia elettrica rinnovabile mentre
lasceremo alle imprese che producono energia e utilità la gestione della rete internet dell’energia.
Queste imprese ricaveranno utili facendo l’esatto opposto di quello che facevano nel 20° secolo.
Ovvero, profitteranno dalla vendita della minor quantità di elettroni possibile. Prendiamo in
considerazione il modello IBM come caso di studio per comprendere di cosa si necessita per la
trasformazione dell’industria del settore energetico. Quando la gallina dalle uova d’oro di IBM, la
vendita al dettaglio, divenne meno redditizia a causa della competizione a livello globale dei
produttori di computer, IBM dovette rivalutare la propria missione. IBM si pose una semplice
domanda: cosa produciamo di così unico e che tutto il mondo necessita? Non la produzione di
computer, ma la gestione dei sistemi informativi - così ogni compagnia del mondo ha un chief
information officer e IBM, Cisco, HP e altre imprese gestiscono i flussi d’informazione dei propri
clienti.
Analogamente, quando milioni di persone genereranno la propria energia elettrica rinnovabile,
inviandone una parte ad una internet dell’energia, la domanda che si porrà per le imprese che
producono energia e utilità sarà: che competenza detengono tale da permetterle di rimanere sul
mercato? In futuro le imprese che producono energia e utilità si assoceranno con migliaia di
imprese per assisterle nella gestione dei flussi di energia nei loro processi produttivi, catene di
approvvigionamento e reti di logistica. Il successo o il fallimento di qualsiasi impresa nel periodo
altamente volatile di transizione dalla seconda rivoluzione industriale alla terza rivoluzione
industriale dipenderà in special modo dai costi dell’energia. La nuova missione per le imprese del
settore sarà l’assistenza dei clienti nella gestione del flusso di energia così da permettere un
risparmio sui consumi, l’incremento della produttività e il miglioramento dei margini di guadagno.
In cambio, i clienti aziendali condivideranno parte del loro risparmio energetico e la rendita
generata dall’incremento della produttività con le imprese che producono energia. Noi li definiamo
accordi di “risparmio condiviso”. Ci sono guadagni ben superiori che le imprese del settore
energetico e delle utilità possono realizzare con la riduzione della quantità di energia che i propri
clienti utilizzano e con la condivisione del risparmio.
Che cosa implica la Terza Rivoluzione Industriale per i Paesi in via di sviluppo?
La mia impressione è che le nazioni emergenti possano muoversi più rapidamente nella nuova era
economica balzando direttamente alla infrastruttura dei cinque pilastri, perché per molti aspetti sono
privi di infrastrutture.
Quello che abbiamo imparato dai telefoni cellulari ci ha sorpresi tutti. Non avevamo previsto che
nell’Africa sub-sahariana milioni di persone avrebbero acquistato cellulari nel giro di pochissimo
tempo, dove non c’era nemmeno una rete elettrica sviluppata. Prima si sono improvvisamente
inseriti nel mercato e poi sono venuti i ripetitori. Così noi riteniamo che i Paesi in via di sviluppo
siano potenzialmente più adatti alla transizione verso il nuovo paradigma economico. Hanno una
grande disponibilità di energia elettrica rinnovabile e possono lavorare su scala locale e
successivamente, come per il Wi-Fi, connettere le proprie micro centrali tra le regioni. E ciò si sta
realizzando.
Qual è il modello di governance adatto?
La prima e la seconda rivoluzione industriale, poiché accentrate, avevano una diffusione geografica
limitata. La terza rivoluzione industriale, dal momento che è nodale e opera su scala laterale, è priva
di confini, fino a raggiungere gli oceani. La prima e la seconda rivoluzione industriale hanno
favorito mercati e modelli di governo nazionali. La terza rivoluzione industriale predilige mercati
continentali e unioni politiche continentali. La continentalizzazione è il passo successivo alla
globalizzazione.
Dove arriveremo?
Allo stato attuale, quello che dobbiamo fare è porre le basi per l’infrastruttura della terza
rivoluzione industriale. Non penso che ci sia un piano B: se creare una nuova matrice energetica e
di comunicazioni con la conseguente infrastruttura a cinque pilastri non è il modo di agire, allora
quale sarebbe il piano alternativo per il mondo? Non possiamo rimanere nella seconda rivoluzione
industriale. Non funziona più.
Abbiamo bisogno di migliori talenti imprenditoriali con il know-how scientifico e tecnologico,
lavorare con i governi locali, regionali e nazionali e le loro rispettive imprese e organizzazioni di
società civile per trasformare le infrastrutture dell’economia globale e preparare il mondo per la
prossima e importante era economica.
Questa intervista è online sul sito:
http://www.forbes.com/sites/terrywaghorn/2011/12/12/jeremy-rifkins- third-industrialrevolution/