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Torino
Tempio Valdese
Pieter-Jan Belder clavicembalo
Mercoledì 08.IX.2010
ore 17
Purcell
Draghi
MITO SettembreMusica
Quarta edizione
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con la creazione e tutela di
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Vallone in Provincia di Milano,
e in Madagascar.
Henry Purcell
(1659-1695)
Suite n. 5 in do maggiore Z 666
Prelude
Almand
Corant
Saraband
Dal Purcell/Draghi Manuscript:
Prelude
Minuet
Air
Minuet
Thus happy
Hornpipe
Air
Prelude by Orlando Gibbons
Suite in la minore
Prelude
Almand
Corant
Jig
Due Hornpipe
Minuet
Air
Menuet
Suite in do maggiore
Prelude
Almand
Corant
Saraband
A new ground
Ground in Gamut
Air in sol maggiore Z 641
Air in fa maggiore Z 630/1
Ground in do minore Z T 681
Riggadoon Z 653
Videoimpaginazione e stampa • la fotocomposizione - Torino
Chacone in sol minore Z T 680
Air in sol minore Z T 693/2
Ground in do minore Z D 221
Giovanni Battista Draghi
(1640-1708)
Prelude (RRMBE 45)
Alemande
Aire
Saraband
Henry Purcell
Ground in re minore (Crown the altar) Z D 222
Sefauchi’s Farewell
Round O Z T684
Pieter-Jan Belder, clavicembalo
indubbio che il valore artistico di Henry Purcell sia straordinario, senza bisogno di ricorrere all’orgoglio nazionalistico per riscattarlo da un annoso pregiudizio che lo ha penalizzato rilevando le forti influenze stilistiche francesi,
tedesche e italiane da lui subite; la tradizione musicale inglese di quel tempo
non è affatto trascurabile, dunque contaminazioni e scambi con il continente
fungono da aggiornamento per un’identità nazionale solida; i modelli europei
giungono sull’isola attraverso varie strade: l’arrivo di musicisti stranieri, la circolazione di musiche grazie a professionisti e collezionisti, viaggi di istruzione
dei musicisti, per libera scelta o su incarico dei loro committenti.
Dunque, nell’età della Restaurazione la formazione stilistica di Purcell avviene
in seno a un mondo musicale che vede l’incontro della dotta e severa tradizione
polifonica inglese rinascimentale con lo studio degli illustri maestri italiani del
contrappunto, assumendo inoltre, come afferma lui stesso, la veste delle forme
francesi allora in voga: «[…] i Maestri per il momento imparano l’italiano, che
è il migliore dei maestri, e studiano anche un po’ di aria alla francese, per
aggiungervi un po’ d’allegria e di gusto […]»; infatti le forme adottate dai compositori alla corte francofila di Carlo II sono l’ouverture orchestrale e i movimenti di danza, comunque nel terreno squisitamente inglese e intimista del consort.
Tutte queste esperienze compositive confluiscono nelle pagine clavicembalistiche di Purcell, le quali nascono soprattutto a scopo didattico negli anni dedicati all’insegnamento privato, dal 1689 fino alla morte; in quel periodo l’impegno
a corte è allentato, mentre in veste di libero professionista si dedica alle composizioni per i teatri londinesi; il contributo del compositore al non ricco patrimonio per tastiera inglese del Seicento giunto fino a noi è determinante: su
neanche una decina di fonti tre sono sue, due raccolte a stampa e una manoscritta. Quest’ultima è il Purcell/Draghi Manuscript, che contiene autografi di
entrambi i compositori databili tra il 1693 e il 1695, ma del quale non si conosce la data precisa (sono state d’aiuto la collocazione temporale della carta francese di ottima qualità e la scrittura, simile a quella degli ultimi anni del musicista inglese; inoltre 7 dei primi 13 brani compaiono in versione per quattro strumenti ad arco in opere di quel periodo, come The Fairy Queen); si tratta di quello ricomparso più di recente, nel 1994, quando la libreria antiquaria Lisa Cox lo
mette in vendita da Sotheby’s e subito la British Library lo acquista, per puro
caso nel trecentesimo anniversario della morte di Purcell. Pochi mesi dopo l’acquisizione, il clavicembalista Davitt Moroney lo registra al virginale e nel 1999
ne cura l’edizione.
Negli ultimi due anni di vita Purcell ha come allieve due figlie della famiglia
Howard, appartenente all’aristocrazia – conserviamo i documenti dei pagamenti
avvenuti dal 27 luglio 1693 al 16 aprile 1695 – e redige un manuale di studio progressivo per le lezioni; alla sua morte l’incarico viene affidato al rinomato Giovanni Battista Draghi, già direttore della musica italiana a corte, organista della regina,
maestro delle principesse Mary e Anne, il quale insieme a Purcell e altri ha tentato
senza successo di costituire a Londra una Royal Academy per l’insegnamento delle
arti e delle scienze. Il quaderno passa dunque nelle mani del compositore italiano,
che nella sezione contenente la sua musica conferma il proprio valore. Di 38 composizioni in 43 fogli, 21 brani sono di Purcell – che vi include anche una versione
leggermente variata del popolare Preludium in G di Orlando Gibbons tratto dall’antologia di musica per tastiera Parthenia, composto circa 70/80 anni prima – e 17
di Draghi; così Draghi dal 1695 entra in possesso del manoscritto (probabilmente
glielo affida la vedova del collega) e lo integra con musiche di altissima qualità.
È
Da questo manoscritto si traggono informazioni importanti riguardo alla morfologia della suite di Purcell, che si differenzia dal modello continentale: infatti,
secondo la prassi affermata soprattutto in Francia tra i liutisti, i brani sono
“intercambiabili e senza un preciso ordine se non di tonalità”. Come nelle raccolte
a stampa, si ha la dimostrazione che Purcell utilizza per le lezioni di strumento
arrangiamenti per tastiera di sue musiche orchestrali e anche di proprie incidental
suites per il teatro. I primi 13 pezzi introducono in maniera graduale e sistematica, attraverso passaggi sempre più rapidi, spaziando man mano su una maggiore estensione della tastiera, ai principi di base, ripresi e condivisi per quasi
due secoli, della posizione rilassata delle mani, della loro indipendenza e parità
– grazie all’impiego della polifonia – e della corretta diteggiatura, in tonalità
sempre più complesse; essi aiutano anche ad avere padronanza di due, tre voci.
In seguito si può agevolmente passare ai due “set” (l’autore non utilizza il termine suite), uno in la minore, l’altro in do maggiore. Il preludio di Gibbons
riprende tutto ciò che si è appreso fino a questo punto dell’antologia; è stato
introdotto proprio per affrontare ora un pezzo lungo, di un altro autore, con
tutte le difficoltà appena studiate.
L’autografo reca pure delle regole per gli abbellimenti, sempre a partire dai più semplici, che vanno ad arricchire la tabella Rules for Graces inserita nella terza edizione della postuma Choice Collection of Lessons for de Harpsichord or Spinnet.
Anche questa edizione monografica – che comprende ben 8 suite, 10 danze,
grounds e tunes, 7 airs, 3 hornpipes, 4 overtures – è in gran parte costituita da
trascrizioni, sempre al fine dell’insegnamento. Questo volume, una delle poche
edizioni inglesi della fine del Seicento di musica per tastiera, lo pubblica la vedova del compositore, Frances, presso l’editore Playford a un anno dalla morte e
lo fa precedere da una dedica alla principessa di Danimarca, futura regina Anna,
nella quale la ringrazia per il patronato e il generoso incoraggiamento all’attività
del marito.
L’intento pedagogico è confermato in una revisione da un’introduzione che contiene indicazioni per i principianti. Le trascrizioni di musiche per il teatro dimostrano che il mercato era soprattutto interessato a quel genere e che inserendole lo
scopo era di accrescere il successo e le vendite; qui sono inclusi arrangiamenti di
ouverture di Purcell stesso, naturalmente assai popolari, e se l’uso di inserirle sembra provenire dalla Francia (dove d’Anglebert in particolare aveva fatto una specialità delle rielaborazioni delle ouverture di Lully in veste di pezzi virtuosistici per
clavicembalo), mentre gli inglesi in linea di massima usavano incorporare arrangiamenti di altri compositori, questa deve essere stata un’eccezione notevole. Le
suite sono di lunghezza varia, alcune assai brevi, tutte in tre o quattro movimenti
e utilizzano un contrappunto a due o tre voci; esse sono un amalgama dello stile
francese e italiano, del primo accogliendo i modelli delle danze, almand e corant e
l’uso delle notes inégales, mentre i preludes mostrano i caratteri di entrambi i paesi,
a volte separatamente, altre insieme, manifestando chiaramente l’ascendenza italiana nello stile contrappuntistico che deriva dalla nostra sonata; il prelude iniziale
(ma talvolta l’esordio può avvenire con una almand) nella Suite n. 5 diviene un piccolo movimento di concerto per clavicembalo. Le influenze sono riconoscibili, ma
ne risulta un raffinato stile inglese e personale, non solo perché compaiono danze
tradizionali come la hornpipe. Rigoroso, attento al dettaglio come sempre, Purcell
dà a ogni suite un’espressione legata al carattere della tonalità, e anche se non c’è
grande varietà armonica, la qualità dell’invenzione è tale che qualcosa di nuovo
delizia sempre l’ascoltatore; le melodie delle sarabande e dei minuetti, per esempio,
hanno una qualità di ispirazione melodica semplice e immediata, ma impensabile
per i suoi contemporanei. La scrittura, clavicembalisticamente ottima, trae ricchezza armonica dallo sfruttamento sapiente delle diverse sonorità e tessiture delle
due voci, spesso agli estremi della tastiera.
Alla raccolta Musick’s Hand-Maid, pubblicata da John Playford nel 1663, segue nel
1689 The Second Part of Musick’s Hand-Maid; esse contengono minuetti, marce,
grounds, arie irlandesi e scozzesi, tunes, e una Suite in do maggiore, tutti brani semplici, ma gradevoli e spontanei.
Ancora una curiosità a proposito di Sefauchi’s Farewell. È un pezzo d’addio per il
famoso castrato Giovanni Francesco Grossi che a Londra ottenne strepitosi successi nel 1687, soprannominato Siface in seguito alla memorabile interpretazione che
diede di questo personaggio nell’opera di Cavalli Scipione Africano.
Monica Rosolen
Pieter-Jan Belder (1966) ha studiato flauto dolce con Ricardo Kanji al Conservatorio dell’Aja e clavicembalo con Bob van Asperen al Conservatorio di Amsterdam.
Dopo il diploma nel 1990 ha iniziato una carriera di successo come flautista, clavicembalista, organista e fortepianista. Nel 1997 ha vinto il terzo premio al concorso di clavicembalo NDR di Amburgo, nel 2000 ha vinto l’Internationaler JohannSebastian-Bach-Wettbewerb per clavicembalo.
Pieter-Jan Belder ha suonato in numerosi festival internazionali, fra cui il Festival
de Música Antigua di Barcellona, l’Early Music Festival di Utrecht, i Berliner Tage
für Alte Musik, il Festival Sanssouci di Potsdam, il Festival Sakharov di Nižnij
Novgorod e il Bachfest di Lipsia.
Come basso continuo, Belder ha lavorato con numerosi ensemble, fra i quali
Netherlands Radio Chamber Orchestra, Collegium Vocale Gent, Camerata Trajectina,
Gesualdo Consort, Orchestra of the Eighteenth Century, Royal Concertgebouworkest e
Nederlands Bach Society.
Nel 1999 è stato invitato a partecipare a due progetti speciali: dieci cd, parte dell’opera completa di Bach della Brilliant Classics, e un cd con l’opera completa per
clavicembalo di Jan Pieterszoon Sweelinck che ha vinto un Edison Award. Nel 2007
è uscita una raccolta completa delle sonate per clavicembalo di Scarlatti; più recentemente sono state edite le registrazioni del Clavicembalo ben temperato di Bach e
l’opera integrale per clavicembalo di Rameau. Al momento sta lavorando a una
panoramica delle sonate di Soler in sei cd.
Pieter-Jan Belder ha fondato l’ensemble di musica antica Musica Amphion. Con
questo gruppo ha inciso oltre venti cd, inclusi i Concerti Brandeburghesi di Bach, la
Tafelmusik di Telemann, l’Opera omnia di Corelli, musica da camera di Purcell e
più di recente un cd di musiche di Händel con l’oboista Bart Schneemann e il
soprano Johannette Zomer.
È in fase di preparazione un’incisione con musiche di Carl Philipp Emanuel Bach e
cantate di Johann Sebastian Bach.
Se desiderate commentare questo concerto, potete farlo
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