Protocollo prevenzione e cura UDP+mod
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Protocollo prevenzione e cura UDP+mod
DIREZIONE GENERALE S.I.T.R.A. PROTOCOLLO PER LA PREVENZIONE E LA CURA DELLE ULCERE DA PRESSIONE Data di emissione Marzo 2006 Rev. Ottobre 2013 PROTOCOLLO PER LA PREVENZIONE E LA CURA DELLE ULCERE DA PRESSIONE OTTOBRE 2013 1 Indice Introduzione .......................................................................................................................3 PARTE PRIMA: PROTOCOLLO PER LA PREVENZIONE DELLE ULCERE DA PRESSIONE (UDP) 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Obiettivi del protocollo: .............................................................................................5 Identificare e quantificare il rischio per l’insorgenza di UDP .................................5 2.1 Identificazione dei soggetti a rischio 5 2.2 La valutazione del rischio: l’indice di Barthel e la scala di Braden 5 2.3 Diagramma di frequenza per la valutazione del rischio d'insorgenza delle UDP con la scala di Braden 7 Identificare le risorse del paziente e del suo contesto............................................8 Pianificare gli interventi preventivi, identificando le attività da svolgere sia per gli operatori, sia per i care-givers .............................................................................8 Informare/istruire i care-giver rispetto alle corrette procedure assistenziali preventive....................................................................................................................9 Valutare l'evoluzione delle condizioni del paziente .................................................9 I presidi antidecubito..................................................................................................9 ALLEGATI − Griglia dei principali fattori di rischio per le ulcere da pressione ................................... 11 − Indice di Barthel............................................................................................................12 − Scala di Braden ............................................................................................................13 − Superfici antidecubito ...................................................................................................14 PARTE SECONDA: PROTOCOLLO PER LA CURA DELLE ULCERE DA PRESSIONE (UDP) 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Il sistema delle responsabilità.................................................................................20 Il processo di guarigione .........................................................................................21 Principi generali........................................................................................................22 3.1. Detersione......................................................................................................22 3.2. Debridment - Pulizia della lesione ..................................................................22 3.3. Disinfezione....................................................................................................23 3.4. Medicazione ...................................................................................................24 Il trattamento locale delle UDP ................................................................................24 La nutrizione nelle UDP............................................................................................25 5.1 Interventi di tipo nutrizionale...........................................................................27 Gestione del dolore ..................................................................................................28 Gestione delle UdP in pazienti che ricevono cure palliative .................................29 ALLEGATI − Schema Protocollo di cura delle UDP...........................................................................31 − Schema di utilizzo delle medicazioni avanzate.............................................................34 − Scheda di monitoraggio UDP .......................................................................................39 8. Riferimenti bibliografici e sitografia........................................................................40 2 Introduzione Nell’ambito dei progetti di continuità assistenziale promossi dall’ASL di Brescia, particolare attenzione è posta alla condivisione di strumenti assistenziali tra gli operatori delle diverse strutture di ricovero e gli operatori del territorio. In particolare, rispetto alle ulcere da pressione, il Documento di programmazione e coordinamento dei Servizi Sanitari e Socio Sanitari della ASL di Brescia per l'anno 2011, prevedeva l'elaborazione di un documento con la finalità di indirizzare la pratica clinico/assistenziale secondo le più recenti e comprovate evidenze scientifiche, di migliorare la qualità dell'assistenza, di ridurne i costi e di migliorare il grado di soddisfazione degli utenti e degli operatori. Il documento “Le ulcere da pressione: prevenzione e trattamento – Manuale di buona pratica assistenziale” è stato elaborato da un gruppo di lavoro interaziendale e costruito in modo tale che tutte le Aziende partecipanti, sulla scorta delle indicazioni in esso contenute, potessero aggiornare i propri strumenti assistenziali (protocolli) assicurando il massimo grado di appropriatezza degli interventi, riducendo al minimo quella parte di variabilità che nelle decisioni cliniche è legata alla carenza di conoscenze e alla soggettività dei criteri di scelta delle strategie assitenziali. Come previsto dagli indicatori del documento, il SITRA della ASL di Brescia ha costituito un gruppo di lavoro che ha elaborato il presente protocollo, aggiornando in questo modo il punto di riferimento per la prevenzione ed il trattamento delle lesioni cutanee specificamente contestualizzato alla realtà territoriale. Il trattamento delle UdP nei pazienti assistiti al domicilio rappresenta, infatti, un problema che richiede un impiego di risorse (umane, economiche e temporali) tale da rendere necessario finalizzare in maniera dettagliata tutti gli interventi allo scopo di: 1) migliorare la qualità di vita della persona e della famiglia/caregiver 2) abbreviare i tempi d’intervento 3) ridurre i costi dell'assistenza Tenuto conto che circa la metà delle prestazioni che vengono erogate a livello domiciliare riguarda la prevenzione e il trattamento delle UdP, è evidente che il problema sia di dimensioni non trascurabili. A questo si aggiuga che le UdP sono tra le maggiori cause di morbilità e di ridotta qualità di vita dei pazienti allettati, con un costo medio per la cura che supera di 2.5 volte il costo della prevenzione. Una UdP che richiede un intervento infermieristico domiciliare di circa un’ora per 2-3 volte la settimana, protratto per 3-4 mesi, con necessità di utilizzare materiale di medicazione, costa mediamente dai 5 ai 7 mila Euro. L’identificazione dei pazienti a rischio ed una buona prevenzione divengono quindi attività infermieristiche fondamentali per ridurre la sofferenza dell’utente, l’aggravamento della lesione, il carico di lavoro del personale ed il costo sociale. Il gruppo di lavoro che si è impegnato nella revisione di questo documento è composto da infermieri che tutti i giorni affrontano tali problematiche. La partecipazione dei MMG durante le diverse fasi del progetto di revisione del protocollo, scaturisce dalla consapevolezza della centralità del ruolo di tale professionista nei progetti di prevenzione e cura attivabili presso il domicilio degli assistiti ed ha permesso di realizzare un protocollo dai contenuti scientificamente validati, ma spendibile nel contesto operativo attuale. All’elaborazione del documento è seguito, nell’anno 2012, un percorso formativo che ha coinvolto tutti gli infermieri delle cure domiciliari dell’ASL di Brescia, in modo da creare i presupposti per una concreta traduzione operativa. 3 Il presente documento • è stato presentato e condiviso dai Componenti del Comitato Aziendale della Medicina Generale il giorno 02/10/2013; • è pubblicato sul sito dell'ASL nell'area Operatori – Professioni sanitarie – Infermieri e Medici delle Cure Primarie. Gruppo di lavoro Servizio competente SITRA ASL Brescia – Responsabile Dott.ssa Di Meo Simonetta Coordinatrice del gruppo di lavoro Inf. Coord. Annamaria Tonin SITRA ASL Brescia Componenti del gruppo di lavoro per la revisione del protocollo: Inf. Mazzardi Tiziana DGD 1 Brescia Inf. Culcasi Claudia DGD 2 Rezzato Inf. Olivetti Luigia DGD 3 Gardone VT Inf. Brocchetti Rosalia DGD 4 Chiari Inf. Bratelli Laura DGD 5 Orzinuovi Inf. Leali Roberta DGD 6 Desenzano Dr. Bianchetti Duilio Dr. Pelizzari Piercarlo Dr. Gozio Giovanni Dr. Boninfante Antonello DGD 4 MMG Chiari DGD 4 MMG Chiari DGD 2 MMG Rezzato DGD 3 MMG Gardone V.T. 4 DIREZIONE GENERALE S.I.T.R.A. Protocollo per la prevenzione delle Data di emissione Marzo 2006 Ulcere da Pressione (UDP) Rev. Ottobre 2013 PARTE PRIMA: PROTOCOLLO PER LA PREVENZIONE DELLE ULCERE DA PRESSIONE (UDP) 1. Obiettivi del protocollo: 1. identificare soggetti adulti suscettibili di sviluppare UDP e documentare per iscritto la stima esatta del rischio 2. identificare le risorse residue del paziente e l’eventuale supporto dei care-givers per negoziare la loro collaborazione, entro i limiti del possibile, per prevenire le UDP 3. pianificare interventi preventivi identificando gli operatori o i care-givers che se ne faranno direttamente carico 4. informare ed istruire/educare i care-givers rispetto alle corrette procedure assistenziali preventive, nonché all'utilizzo di appropriati ausili, fornendo loro anche indicazioni scritte 5. valutare l'evoluzione, nel tempo, della situazione dell’assistito. Destinatari: Medici di Medicina Generale (MMG) - Infermieri delle Cure Domiciliari dell'ASL di Brescia e Infermieri degli enti erogatori dell'assistenza domiciliare. 2. Identificare e quantificare il rischio per l’insorgenza di UDP 2.1 Identificazione dei soggetti a rischio Nell'identificazione dei soggetti a rischio, una prima valutazione può essere fatta mediante la rilevazione della presenza di uno o più fattori di rischio, (vedi allegato 1). L'osservazione di tali fattori va documentata per iscritto e deve prevedere una raccolta di informazioni che permetta agli infermieri del servizio di assistenza domiciliare di intervenire in modo appropriato e tempestivo, conoscendo già gli aspetti principali del problema. La presenza di più fattori di rischio, può accelerare notevolmente l'insorgenza delle UDP. La valutazione dello stato di salute del soggetto viene documentata nel Fascicolo dell'utente, che contiene anche numerose informazioni sulla sua situazione psicofisica e sociale. 2.2 La valutazione del rischio: l’indice di Barthel e la scala di Braden In particolare la valutazione funzionale, ossia la stima del grado di autonomia con la quale il soggetto svolge le attività di vita quotidiane (ADL), viene effettuata con l'utilizzo dell'Indice di Barthel (vedi allegato 2) contenuto nella scheda di valutazione delle UCAM (mod.03 fascicolo utente), oppure nella scheda Barthel e Sociale (mod. 21 fascicolo utente), oppure nella scheda di valutazione del MMG (Indice di Comorbidità: CIRS). Qualora la valutazione con l'Indice di Barthel riporti un punteggio inferiore a 80 per 5 l'alterazione degli indicatori 1- 3- 5- 6, procedere all'identificazione ed alla stima esatta degli specifici fattori di rischio attraverso l’uso della scala Braden (mod. 17 UCAM fascicolo utente). Per una stima precisa del rischio di sviluppare UDP è indispensabile utilizzare uno degli strumenti validati dalla ricerca scientifica. E' stata scelta la Scala di Braden (allegato 3), per le sue caratteristiche di sensibilità e di specificità in ambito domiciliare. Affinchè il percorso di valutazione del rischio sia efficace, è indispensabile che l'indice di Braden venga controllato ad intervalli regolari. La frequenza va stabilita in base alle effettive condizioni di rischio del paziente adottando indicativamente i seguenti criteri: • se l'indice è superiore a 20 (basso rischio) ripetere la valutazione solo quando la situazione dell’assistito subisce significative modifiche. E’ indicato, in questo caso, avviare un intervento educativo rivolto sia al paziente, sia all’eventuale care giver, al supportato dalla consegna del manuale Assistere in famiglia, Capitolo “Le piaghe....come salvare la pelle” (scheda blu); • se l'indice è compreso tra 16 e 20 (rischio medio) valutare la tipologia di interventi e di ausili anti decubito più appropriati (vedi griglia specifica, allegato 4) e, in presenza di paziente e/o care giver collaborante, informarli rispetto alle principali raccomandazioni per prevenire le UDP, consegnando poi il manuale Assistere in famiglia, Capitolo “Le piaghe....come salvare la pelle” (scheda blu). Per i pazienti in carico all'ADI, ripetere la valutazione almeno 2 volte alla settimana (ogni 72 ore) fino a quando il punteggio non si modifichi; • se l'indice è compreso tra 11 e 15 (alto rischio), in presenza di un care giver collaborante, consegnare il manuale Assistere in famiglia, Capitolo “Le piaghe.....come salvare la pelle” (scheda blu), garantendo specifico intervento educativo; valutare la tipologia di ausilio anti decubito da assegnare (vedi scheda specifica, allegato 4) e, per i pazienti in carico all'ADI, ripetere la valutazione almeno 2 volte alla settimana (ogni 72 ore) fino a quando il punteggio non si modifichi; a seguito della modifica del punteggio (miglioramento) ripetere la valutazione una volta la settimana per almeno 3 settimane consecutive. Le valutazioni vanno annotate sul diario dell'utente in carico ADI. 6 2.3 Diagramma di frequenza per la valutazione del rischio d'insorgenza delle UDP con la scala di Braden Indice di Braden: valore superiore a 20 (rischio basso) * Intervento educativo al paziente ed al care giver *consegna schede specifiche del Manuale “ Assistere in famiglia” Indice di Braden: valore tra 16 e 20 (rischio medio) * Intervento educativo al paziente ed al care giver *consegna schede specifiche del Manuale “ Assistere in famiglia” *valutazione della tipologia di ausilio anti decubito da assegnare * per i pazienti in carico ADI ripetere valutazione ogni 72 ore, fino alla modifica del punteggio (miglioramento) Indice di Braden: valore tra 11 e 15 (rischio alto) * Intervento educativo al paziente ed al care giver *consegna schede specifiche del Manuale “ Assistere in famiglia” *valutazione della tipologia di ausilio anti decubito da assegnare *per i pazienti in carico ADI ripetere valutazione ogni 72 ore, fino alla modifica del punteggio (miglioramento) *in seguito ripetere la valutazione una volta alla settimana per almeno 3 settimane 7 3. Identificare le risorse del paziente e del suo contesto La valutazione delle possibilità e/o della volontà di collaborazione del paziente non è semplice, ne' esistono in letteratura indicazioni univoche, poiché numerose condizioni possono ostacolare la buona adesione ai trattamenti sanitari. La collaborazione e la condivisione di informazioni tra medico di famiglia (MMG), infermieri ed operatori UCAM/ADI può consentire di acquisire elementi utili a tal fine. Nel caso specifico del rischio di UDP l’astenia, la presenza di dolore cronico, la condizione terminale, la confusione mentale o i deficit cognitivi, la paura, la depressione, le malattie neurologiche che portano a progressiva perdita di controllo dei movimenti volontari, l'assunzione di farmaci sedativi sono alcuni fra i più comuni ostacoli che possono compromettere l'adesione e l'attiva collaborazione del paziente per il piano di prevenzione delle lesioni. Nonostante le presenza di tali limitazioni, è necessario, fin dove possibile, coinvolgere il paziente e l’eventuale care-giver, motivando le ragioni delle diverse manovre di mobilizzazione, spesso sgradite soprattutto quando provocano dolore o interruzione del sonno. Durante la valutazione in ambito domiciliare si suggerisce, in sintesi, di parlare con l’utente e con i care-givers, cercando di capire dalle loro risposte e reazioni, le reali possibilità di mobilizzazione attiva del soggetto (per esempio: uso del trapezio per sollevarsi nel letto, uso del deambulatore o del tripode ecc.). Il piano degli interventi di mobilizzazione passiva e l'eventuale uso di ausili antidecubito (vedi capitolo specifico) sarà adeguato di conseguenza. 4. Pianificare gli interventi preventivi, identificando le attività da svolgere sia per gli operatori, sia per i care-givers Il paziente a rischio, anche se non collaborante, deve essere necessariamente mobilizzato ad intervalli stabiliti, per alternare le zone sottoposte a continua compressione ed evitare l'instaurarsi dell'ischemia. Generalmente si raccomanda di prevedere un cambio di posizione ogni 2-3 ore, ma l'intervallo ottimale deve essere stabilito caso per caso, tenendo conto della disponibilità dei care-givers e dell' uso di presidi antidecubito (per es. sovramaterassi, materassi ad aria). È molto utile predisporre un sintetico pro-memoria scritto ad uso del paziente e/o dei care-givers. (vedi manuale “Assistere in famiglia” capitolo: Le piaghe come “salvare la pelle”). Attraverso l'intervento educativo, l'infermiere tutor del caso deve informare il care-giver rispetto ai danni a cui va incontro il paziente qualora non vengano messe in atto adeguate manovre di prevenzione e lo deve istruire sui principali aspetti da tenere costantemente sotto controllo (rappresentati dagli indicatori della scala Braden). Se la persona che assiste è in grado di compilare la scala Braden, l'infermiera può concordare le modalità e la frequenza delle valutazioni. L'infermiere deve comunque garantire la propria consulenza anche attraverso la possibilità di essere rintracciato telefonicamente, fornendo recapiti e orari a cui il care-giver possa fare riferimento in caso di necessità. Se il care-giver è solo in grado di accudire ordinariamente il paziente, è opportuno che l'infermiere gli fornisca poche, ma semplici e chiare indicazioni per realizzare le attività assistenziali di carattere preventivo. E' necessario raccomandargli di osservare più volte al giorno la cute, cercando di individuare precocemente eventuali segni di alterazione della sua integrità. In presenza di alterazioni del trofismo o del colorito cutaneo e comunque al variare della situazione del paziente, raccomandare al care-giver di contattare al più presto 8 l'infermiere tutor del caso, di cui è stato lasciato il recapito telefonico. E' opportuno che l'infermiere documenti per iscritto, in forma sintetica, la data ed il contenuto degli incontri con il paziente ed il care-giver e l'avvenuta consegna del “Manuale Assistere in Famiglia: istruzioni per l’uso”. 5. Informare/istruire i care-giver assistenziali preventive rispetto alle corrette procedure A tutti coloro che si occupano dell'assistenza della persona a rischio di UDP (ausiliari, operatori del SAD, care-givers non professionali) devono essere date informazioni chiare e semplici sul cosa fare. L'infermiere è tenuto ad adottare le strategie di comunicazione più appropriate ed efficaci per rendere comprensibile il messaggio educativo/informativo, valutandone l'effettiva comprensione. E’ auspicabile, anche in tale fase, un ruolo attivo del curante, per motivare adeguatamente ammalato e care-giver e per facilitare il corretto apprendimento delle procedure assistenziali. 6. Valutare l'evoluzione delle condizioni del paziente Si raccomanda agli operatori di documentare per iscritto negli appositi strumenti assistenziali, in modo sintetico e chiaro, la data ed il contenuto degli interventi di informazione e di addestramento rivolti sia al paziente sia ai caregivers. La presenza di documentazione scritta rispetto alle attività di valutazione diretta del paziente, ai colloqui ed alle istruzioni fornite ai care-givers, nonché alle rivalutazioni successive consentirà di monitorare, nel tempo, l'efficacia dell'intervento preventivo sul singolo paziente e l'adeguatezza del piano di assistenza individuale. Rappresenta, inoltre, una base-dati preziosa per la valutazione complessiva dello stato di salute degli utenti presi in carico dal Servizio di Assistenza Domiciliare Integrata, al fine di operare un corretto bilancio degli outcomes raggiunti. 7. I presidi antidecubito La scelta adeguata di una superficie d'appoggio fa parte degli interventi messi in atto nella prevenzione delle UDP: • per i soggetti classificati a “rischio” medio-alto è indispensabile che la scelta del materasso antidecubito più idoneo venga fatta tempestivamente; • tipo di superficie d’appoggio deve essere valutata e modificata secondo l'evoluzione clinica del paziente. Ogni persona a rischio di UDP, quando permane a lungo nella stessa posizione dovrebbe essere posta su una superficie che ne riduca la pressione di contatto. Queste superfici sono classificate come: • materassi in schiuma • materassi ad aria statica • materassi ad aria dinamica. 9 La superficie d’appoggio ideale deve consentire di: • ridurre e ridistribure la pressione di contatto dei punti su cui grava il peso del corpo (punti che variano a seconda della posizione assunta) • utilizzare materiali a basso coefficiente d'attrito e di stiramento • favorire la dispersione di calore e umidità • fornire sostegno e, contemporaneamente, garantire il movimento e la postura corretti • essere maneggevole e “sicura” (vedi di seguito le caratteristiche tecniche) Per scegliere la superficie idonea è consigliabile avvalersi di strumenti validati per la rilevazione del livello di rischio. La letteratura scientifica [1] raccomanda che “la decisione della scelta di quale presidio utilizzare dovrebbe essere basata sulla valutazione complessiva dell'individuo e non solamente sul punteggio della scala di valutazione del rischio”. Una valutazione olistica dovrebbe includere: • il livello di rischio • il comfort • lo stato generale di salute e le variabili importanti sono mobilità residua e contesto” Altri fattori determinanti nella scelta della superficie sono: • Caratteristiche tecniche o portata massima o ingombro peso e dimensioni o presenza di allarmi o sensori per la regolazione automatica delle pressioni o sgonfiaggio rapido o silenziosità o autonomia di alimentazione in caso di disconnessione elettrica. • Comfort per il paziente (mantenimento posturale, silenziosità, confort termico,etc.) • Comfort per l'operatore (faciltà ad eseguire manovre assistenziali, semplicità d'uso) Per le caratteristiche e le specifiche delle superfici antidecubito si rimanda all’Allegato n. 4 (pag. 14) Pur non esistendo ad oggi una classificazione internazionale e le prove di efficacia sui materassi siano scarse, è utile sapere che esistono diverse superfici che per semplicità vengono riportate nello schema sottostante. Gel Schiume Fibra cava Acqua Superfici Satatiche Bassa tecnologia Aria a pressione statica Cessione d'aria Aria Fluidizzata Alta tecnologia Superfici dinamiche 1 Aria a pressione alternata Fonte: Royal College of Nursing, Linee guida, 2001 10 Allegato n.1 Griglia dei principali fattori di rischio per le ulcere da pressione FATTORI SISTEMICI Età avanzata: Con l’aumentare dell’età la cute subisce modificazioni: soggetti di età superiore ai 65 • si assottiglia anni • diminuisce il tessuto adiposo sottocutaneo • si riduce il microcircolo superficiale • diminuiscono l’elasticità e la capacità di rigenerazione dell’epidermide Struttura e peso corporeo • soggetti molto magri, con sporgenze ossee esposte alla compressione con BMI < a 18.5 • soggetti gravemente obesi, con BMI > a 29.1 Ischemia ed ipossia Problemi circolatori ed insufficiente perfusione dei tessuti (es. per ipotensione o bassi valori diastolici) hanno evidenziato maggiore predisposizione per le UDP. Anemia e bassi valori di emoglobina aumentano il rischio. Immobilizzazione o forte Qualsiasi malattia o situazione che riduca i movimenti spontanei del riduzione della mobilità soggetto aumenta il rischio di UDP. La comparsa di lesioni è correlata in modo significativo a: • fratture (in particolare di femore) • neoplasie • malattie neurologiche che provochino paralisi e diminuzione della sensibilità • farmacoterapia a base di sedativi Stato nutrizionale compromesso • ridotta assunzione di nutrienti e di liquidi comporta un bilancio azotato negativo • disprotidemia (in particolare ipoalbuminemia) • anemia e squilibrio idroelettrolitico condizionano negativamente il mantenimento dell’integrità cutanea Malattie croniche • diabete • insufficienza renale • malattie febbrili • patologie neoplastiche provocano un incremento del rischio di UDP. FATTORI LOCALI Attrito, frizione e stiramento • Lo scivolamento nel letto o sulla carrozzella per l’incapacità della persona di mantenere la posizione seduta o semiseduta, provoca forze di stiramento che ledono i vari strati del tessuto cutaneo, provocando strozzatura e rottura dei vasi sanguigni. • Un modo scorretto di mobilizzare o di riposizionare il paziente, trascinandolo e non sollevandolo rispetto al piano d’appoggio, provoca l’escoriazione dell’epidermide e la sua maggiore suscettibilità a sviluppare piaghe. Umidità dovuta al permanere di La cute esposta ad una costante umidità tende a macerarsi. L’alterazione pannoloni o dispositivi per del pH cutaneo per gli agenti chimici o tossici contenuti nelle feci e nelle fronteggiare l’incontinenza urine non rimosse tempestivamente, porta ad un maggior rischio di UDP. urinaria e/o fecale Aumento della temperatura Le situazioni che comportano un’alterazione della temperatura locale locale (applicazione di cuscini, di tele cerate o pannoloni) possono provocare sudorazione e macerazione della cute. 11 Allegato n. 2 Indice di Barthel 1 Camminare in piano (o, se non deambulante, muoversi con la carrozzina) 2 Salire e scendere le scale 3 Spostarsi dalla carrozzella al letto e viceversa (compreso mettersi seduto nel letto) 4 Sedersi ed alzarsi dal W.C. (compreso pulirsi dopo l’eliminazione, sistemarsi gli indumenti e tirare lo sciacquone) 5 Controllare la defecazione 6 Controllare la minzione 7 Mangiare (quando il cibo deve essere tagliato = con aiuto) 8 Vestirsi (compreso allacciarsi le scarpe, la cintura, chiudere la cerniera) 9 Toilette personale (lavarsi faccia e denti, pettinarsi e radersi) 10 Fare il bagno Valori di riferimento: Punteggio 0 Punteggio 100 0 10 15 0 5 10 0 10 15 0 5 10 0 5 10 0 5 10 0 5 10 0 5 10 0 0 5 0 0 5 = totale dipendenza = totale autonomia N.B.: Qualora sia alterata l’autonomia nei punti 1,3,5,6 e, a causa di questo, il punteggio totale risulti inferiore ad 80, è ragionevole l’utilizzo del protocollo per la prevenzione del rischio di UDP. 12 Allegato n. 3 Scala di Braden Parametro Punti Adeguata Risposta a stimoli verbali, nessun impedimento a rendere noto verbalmente uno stato di dolore o di scomodità Leggermente limitata Risposta a stimoli verbali, ma non sempre riesce a rendere noto un eventuale stato di dolore o Percezione scomodità Sensoria Molto Limitata Risposta solo a stimoli dolorosi, incapacità di comunicare dolore o scomodità tranne con mugolii e lamenti o agitazione Completamente limitata Nessuna risposta, neppure a stimoli dolorosi Pelle Asciutta - Non viene rilevato quasi mai sudore, urina o altro Pelle occasionalmente bagnata Umidità Cutanea Pelle molto spesso bagnata Pelle costantemente bagnata Cammina frequentemente Esce dalla stanza un paio di volte al giorno e gira per la stanza almeno ogni 2 ore nelle ore di veglia Cammina occasionalmente Percorre distanze molto brevi, con/senza assistenza. Passa la maggior parte del tempo seduto o a Attività letto Fisica Costretto su sedia (Non è in grado di sostenere il proprio peso e deve essere aiutato a sedersi su sedia o sedia a rotelle) Costretto a letto - Non può muoversi dal letto Illimitata - Compie spostamenti frequenti ed ampii senza alcuna assistenza Limitata - Compie spostamenti frequenti, anche se di breve portata, senza alcuna assistenza Mobilità Molto limitata - Si sposta, ma non riesce a compiere movimenti significativi senza assistenza Immobilità Completa - (incapace del minimo movimento senza assistenza) Eccellente - Mangia la maggior parte di ogni pasto, quattro o più porzioni giornaliere di cibi proteici, fa spuntini durante il giorno e non necessita di supplementi Adeguata Mangia più della metà di ogni pasto, circa quattro porzioni di cibi proteici al giorno. Occasionalmente rifiuta un pasto, ma accetta supplementi, oppure è sostenuto da una adeguata dieta liquida. Nutrizione Probabilmente Inadeguata Non mangia quasi mai un pasto completo, di solito non più di metà del cibo offerto. Non riceve più di tre porzioni di cibi proteici al giorno. Accetta supplementi alla dieta solo occasionalmente. In alternativa, riceve una dieta liquida o parenterale inadeguata. Inadeguata Non mangia mai un pasto completo, al massimo non più di 1/3 del cibo offerto, non più di due porzioni di cibi proteici al giorno. Riceve pochi liquidi. Non accetta supplementi liquidi alla dieta. in alternativa, è sostenuto per via endovenosa da più di cinque giorni. Nessun problema apparente Si muove indipendentemente nel letto e sulla sedia ed ha sufficiente forza muscolare per sollevarsi completamente durante il movimento. Mantiene sempre una posizione corretta a letto o sulla sedia. Possibili problemi Si muove debolmente o abbisogna di qualche assistenza. Durante il movimento, probabilmente la Frizione pelle sfrega contro lenzuoli, sedia o altro. Di solito mantiene una buona posizione in sedia o a letto, e Taglio ma occasionalmente scivola giù Problemi Necessita di assistenza da moderata a totale per muoversi. Impossibile sollevarlo senza sfregare contro lenzuoli o altro. Scivola spesso in basso a letto o su sedia, richiedendo frequenti riposizionamenti con massima assistenza. Movimenti spastici, contratture o agitazione portano ad una frizione pressochè costante. Valori di riferimento: Punteggio 23-17 Punteggio 16 – 6 4 3 2 1 4 3 2 1 4 3 2 1 4 3 2 1 4 3 2 1 3 2 1 = Nullo o Lieve = Medio - Alto 13 Allegato n.4 Superfici antidecubito (utile far riferimento all'elenco dei prodotti in gara in: operatori> medici delle strutture> strumenti professionali >assistenza portesica > fornitura Ausili Protesici elenco 2 e 3 per persone disabili: presidi prescrivibili) Materassi- Sovramaterassi -Cuscini Cod. ISO - ASL DESCRIZIONE CARATTERISTICHE SPECIFICHE 03.33.06.003 Materasso Ventilato Statico, Basso rischio Condizioni cliniche stabili Mobilità residua: presente Portata massima: Kg.80/85 (spessore 10 cm) Kg.120 (spessore 14 cm) Necessita di programma di mobilizzazione (CAMBI POSTURALI) 03.33.06.006 Materasso ventilato in espanso Statico 3 densità Basso rischio Condizioni cliniche stabili Mobilità residua: presente Portata tra 40 e 150 Kg (a seconda dello spessore, vedi scheda tecnica specifica dei diversi modelli) Necessita di programma di mobilizzazione 03.33.06.009 Materasso siliconata fibra cava Statico Basso rischio Condizioni cliniche stabili Mobilità residua: presente Portata massima Kg 80/100 (vedi scheda tecnica specifica dei diversi modelli) Necessita di programma di mobilizzazione 03.33.06.012 Materasso in fibra siliconata ad inserti cava Statico Basso rischio Condizioni cliniche stabili Mobilità residua: presente Portata massima Kg 100/130 (vedi scheda tecnica specifica dei diversi modelli) Necessita di programma di mobilizzazione 03.33.06.015 Materasso e sovramaterasso Statico/Fluttuante ad acqua Nullo o basso rischio Mobilità residua: presente Portata massima: 100Kg Possibili difficoltà di adattamento dell'utente per sensazione fluttuante in 14 03.33.06.018 Materasso ad compressore senza A pressione statica Medio rischio Condizioni cliniche stabili Indicato per pazienti OBESI anche in presenza di un rischio basso Necessita di programma di mobilizzazione 03.33.06.018 Sovra-materasso ad aria con A gonfiaggio alternato, compressore (a bolle) Basso rischio Condizioni cliniche stabili Portata Massima: Kg 90 Kit R 02/3S/RBLB Kg. 100 Fly pad Kg. 200 855358 Offre buon livello di comfort a pazienti con scarsa mobilità residua 03.33.06.021 Materasso o sovramaterasso A pressione alternata o statica o ad elementi interscambiabili, sequenziale. con o senza compressore. Da basso e medio/alto rischio (versione sovramaterasso) fino ad altissimo rischio (versione materasso). Estrema variabilità a seconda della scelta del modello, per il quale si consiglia la verifica attraverso scheda tecnica del prodotto. Portata massima tra Kg 120 e 250, a seconda del modello (vedi scheda specifica dei diversi modelli) Buon livello di confort anche in presenza di scarsa mobilità residua. Vista l'ampia gamma di prodotti riferibili alla codifica dell'ausilio si consiglia di valutarne l'appropriatezza a seconda delle indicazioni presenti in scheda tecnica. CUSCINI L'EFFICACIA DEL CUSCINO DIPENDE IN MISURA IMPORTANTE DALLE CARATTERISTICHE DELLA SEDIA SU CUI VIENE POSTO (PERDONO EFFICACIA SE APPOGGIATI SU SUPERFICI MORBIDE QUALI POLTRONE E DIVANI) 03.33.03.003 Cuscino in siliconata aria fibra cava Basso rischio Peso del supporto: leggero Facile usura Difficoltà di sanificazione Limiti di portata, non indicato per persone obesi Tende ad assorbire la temperatura corporea, quindi può dare una sensazione di calore 15 03.33.03.006 Cuscino in gel fluido 03.33.03.009 Cuscino in materiale Basso rischio, se non diversamente viscoelastico compatto indicato in scheda tecnica Cuscino compatto in grado di ammortizzare gli urti da sobbalzi e movimenti incontrollati e il fenomeno del "bottom out". Per persone con buona mobilità residua. Non consigliato per soggetti con sudorazione importante: è costituito da materiale impermeabile. Il materiale viscoelastico non consente l'adattamento alla temperatura corporea, dando quindi una senzazione di "freddo". 03.33.03.012 Cuscino composito con Medio rischio base anatomica preformata integrata con fluidi automodellanti Peso del supporto : leggero Le sue caratteristiche lo rendono utile per i soggetti che necessitano di stabilizzazione della postura seduta 03.33.03.015 Cuscino bolle d'aria a micro Basso/medio rischio interscambio altezza 5 cm. Distribuzione dell'aria attraverso microinterscambio alternato con ottimale distribuzione delle pressioni Devono essere gonfiati correttamente: fra la base della sedia e le tuberosità ischiatiche devono poter passare 2 dita (3-4 cm) Maggior senso di stabilità rispetto al 10 cm La regolazione va controllata periodicamente 03.33.03.015 Cuscino bolle d'aria a micro Medio rischio interscambio altezza 10 cm Distribuzione dell'aria attraverso microinterscambio alternato con ottimale distribuzione delle pressioni Devono essere gonfiati correttamente: fra la base della sedia e le tuberosità ischiatiche devono poter passare 2 dita (3-4 cm) La regolazione va controllata periodicamente Basso rischio, se non diversamente Peso del supporto: elevato indicato in scheda tecnica Facile usura Alta memoria Senso di elevata stabilità Non consigliato per soggetti con sudorazione importante: è costituito da materiale impermeabile Bassa sensibilità alle variazioni della temperatura ambientale 16 03.33.03.018 Cuscino a bolle d'aria a Medio rischio micro interscambio a 2 Distribuzione dell'aria attraverso settori differenziati altezza 5 microinterscambio alternato con cm ottimale distribuzione delle pressioni Per sedute asimetriche e difformità posturali Devono essere gonfiati correttamente: fra la base della sedia e le tuberosità ischiatiche devono poter passare 2 dita (3-4 cm) Possibilità di differenziare la pressione nei settori La regolazione va controllata periodicamente Maggior senso di stabilità rispetto al 10 cm 03.33.03.018 Cuscino a bolle d'aria a Alto rischio micro interscambio a 4 Distribuzione dell'aria attraverso settori differenziati altezza 5 microinterscambio alternato con cm ottimale distribuzione delle pressioni Per sedute asimmetriche e difformità posturali Devono essere gonfiati correttamente: fra la base della sedia e le tuberosità ischiatiche devono poter passare 2 dita (3-4 cm) Possibilità di differenziare la pressione nei settori La regolazione va controllata periodicamente Maggior senso di stabilità rispetto al 10 cm 03.33.03.018 Cuscino a bolle d'aria a micro interscambio a 2 settori differenziati altezza 10 cm Alto rischio Distribuzione dell'aria attraverso microinterscambio alternato con ottimale distribuzione delle pressioni Per sedute assimetriche e difformità posturali Devono essere gonfiati correttamente: fra la base della sedia e le tuberosità ischiatiche devono poter passare 2 dita (3-4 cm) Possibilità di differenziare la pressione nei settori La regolazione va controllata periodicamente 03.33.03.018 Cuscino a bolle d'aria a micro interscambio a 4 settori differenziati altezza 10 cm Alto/altissimo rischio Distribuzione dell'aria attraverso microinterscambio alternato con ottimale distribuzione delle pressioni Per sedute assimetriche e difformità posturali Devono essere gonfiati correttamente: fra la base della sedia e le tuberosità ischiatiche devono poter passare 2 dita (3-4 cm) Possibilità di differenziare la pressione nei settori La regolazione va controllata periodicamente 17 INDICAZIONI GENERALI PER LA SCELTA E L'UTILIZZO DEL SOLLEVATORE CARATTERISTICHE DELL'UTENTE L'uso del sollevatore è indicato: • quando il paziente è costantemente allettato • per effettuare il passaggio in sicurezza dal letto alla carrozzina e viceversa, quando la persona non è in grado di mantenere la stazione eretta, anche con sostegno • quando è necessario modificare spesso le posture (+ di 4 volte in un giorno) • se il paziente non avverte vertigini o paura ad essere sollevato con l’imbragatura. L'uso del sollevatore è CONTROINDICATO SE IL PAZIENTE E’ AGITATO. CARATTERISTICHE AMBIENTALI • il sollevatore richiede un discreto spazio intorno al letto per essere manovrato • la base del sollevatore deve passare sotto il letto (altezza da terra minima 10 cm). CARATTERISTICHE DEL CAREGIVER • è necessario valutare l’abilità con cui il care-giver utilizza il sollevatore (in assenza di care giver collaborante non è opportuno proporre questo ausilio). Cod. ISO - ASL DESCRIZIONE CARATTERISTICHE 12.36.03.003 Sollevatore mobile imbracatura polifunzonale 12.36.03.006 Sollevatore mobile ad Sollevatore imbracatura polifunzionale con sistema elettrico sollevamento alimentato da Molto facile batteria utilizzare 12.36.03.006 Sollevatore mobile ad Aggiunge alle imbracatura polifunzionale con specifiche di utilizzo sollevamento alimentato da dei precedenti, la batteria con possibilità di possibilità di utilizzo presa laterale del paziente per il bagno in vasca. SPECIFICHE ad Sollevatore fornito di Indicato per l'effettuazione delle sistema idraulico. cure igieniche e per i Facile da utilizzare posizionamenti letto-poltrona e viceversa.(fino ad un max di 2/3 volte al giorno). Indicato per pazienti con un peso max di Kg. 100 Caregiver senza limitazioni fisiche e/ofunzionali con Trasferimenti letto-poltrona molto frequenti da Peso del paziente che supera i Kg 100 Limitazioni fisiche e/o funzionali del caregiver che utilizza abitualmente il sollevatore Il sollevatore necessita di modifiche strutturali dell'abitazione per poter essere utilizzato. 18 SCELTA DELLE SUPERFICI ANTIDECUBITO – SINTESI • • • • • • • • • • • • • • • • • Cute integra o UDP di 1-2-3° stadio (non MATERASSO/SOVRAMATERASSO IN SCHIUMA SUPERFICIE AD ARIA STATICA estese) Cambi posturali in autonomia o garantiti Il soggetto trascorre almeno 3 o 4 ore al giorno fuori dal letto (poltrona o carrozzina) Stabilità clinica Non presenza di fattori di rischio quali diabete, anemia, ipertermia. Obesità o eccessiva magrezza (BMI) Indice di Braden = o > a 16 Cute integra ma Indice di Braden = o < a 16 MATERASSO AD ARIA A PRESSIONE ALTERNATA Mobilità residua scarsa, cambi postura non BASSA PRESSIONE CONTINUA/ALTERNATA PRESIDIO PER MEDIO ED ALTO RISCHIO tollerati breve permanenza fuori dal letto, ma garantita Inefficacia del presidio precedentemente utilizzato (comparsa di UDP o peggioramento delle esistenti) UDP 1-2-3° stadio MATERASSO AD ARIA A PRESSIONE ALTERNATA Lesioni di 3° o 4° stadio Presenza di fattori di rischio (diabete, BASSA PRESSIONE CONTINUA/ALTERNATA PRESIDIO PER MEDIO ED ALTO RISCHIO anemia malnutrizione,ipertermia) instabilità clinica peso superiore ai 100 Kg cambi postura non garantiti, non tollerati, non consigliati, mobilità residua molto ridotta o assente Pro-memoria per la Valutazione del Body Mass Index (BMI kg/m2) Categorie Obesità Sovrappeso Normopeso Sottopeso □ □ □ □ Valori medi BMI per le donne Valori medi BMI per i maschi >29,1 >29,1 23,1-29,1 24,5-29,1 19,5-23 18,9-24,4 <19,5 <18,5 19 DIREZIONE GENERALE S.I.T.R.A. Protocollo per la cura delle Ulcere da Pressione (UDP) Data di emissione Marzo 2006 Rev. Ottobre 2013 PARTE SECONDA: PROTOCOLLO PER LA CURA DELLE ULCERE DA PRESSIONE (UDP) 1. Il sistema delle responsabilità La gestione di un paziente a rischio o portatore di UDP è complessa e deve prevedere la sinergia di intervento di tutti gli attori coinvolti nel percorso di cura. Per declinare in termini operativi la collaborazione multiprofessionale, deve essere previsto un sistema che attribuisca con chiarezza le responsabilità, ai diversi livelli e per le specifiche competenze professionali. Griglia di riferimento DESCRIZIONE ATTIVITA' MMG/PLS UCAM Valutazione iniziale R Appropriata e corretta compilazione della prescrizione R Valutazione e presa in carico del paziente Informazione all'utente/caregivers dell'intervento assistenziale previsto ed acquisizione del consenso al piano assistenziale INFERMIERI ADI R R C R C C C R Gestione del piano assistenziale R Applicazione Protocollo UDP R Gestione delle complicanze R Verifica corretta applicazione del protocollo UDP C C SITRA R R R R Revisione/Aggiornamento del protocollo R = Responsabile COORDINATORE INF.CO C= Corresponsabile 20 2. Il processo di guarigione Obiettivo generale: Facilitare il processo di guarigione a qualsiasi stadio della lesione, impedendone il peggioramento La letteratura scientifica ha prodotto abbondanti pubblicazioni sui fattori che determinano l’insorgenza di UDP. La contemporanea presenza di fattori locali (compressione, stiramento, attrito ed umidità) e di condizioni generali di rischio (immobilità o difficoltà a compiere movimenti spontanei, malnutrizione, età avanzata, patologie fortemente invalidanti, ecc.) determina quasi fatalmente la comparsa di lesioni soprattutto in corrispondenza delle protuberanze ossee. La principale metodologia da adottare nell’approccio al soggetto che presenta UDP è fondata sulla stadiazione della lesione, ossia sulla classificazione e descrizione del grado di danno tissutale osservato. Categoria/stadio I: Eritema non reversibile di cute intatta Cute intatta con eritema non reversibile su un’area generalmente localizzata sopra una prominenza ossea. L’eritema non reversibile può non essere visibile sulle pelli scure; il loro colore può diversificarsi rispetto alle aree adiacenti. L’area può essere dolente, indurita, molle, più calda o più fredda rispetto ai tessuti adiacenti. Può indicare persone “a rischio” (un segno di rischio incombente/imminente). Categoria/stadio II: Perdita parziale dello spessore cutaneo Lesione che determina una perdita parziale dello spessore cutaneo; si presenta come una ulcera poco profonda con un letto della lesione rosso/rosa senza slough (tessuto necrotico/devitalizzato morbido, umido). Può anche presentarsi come una flittene integra o aperta con contenuto sieroso. Si presenta come una lesione poco profonda lucida/umida o asciutta/secca senza slough o coloritura bluastra/violacea* (bruising). La categoria/stadio II non deve essere utilizzata per descrivere ferite laceranti della cute, ustioni, dermatiti perineali associate a incontinenza, macerazione o escoriazioni. N.B:la coloritura bluastra/violacea indica sospetto danno ai tessuti profondi. Categoria/stadio III: Perdita totale dello spessore cutaneo Lesione che determina perdita totale dello spessore cutaneo. Il tessuto adiposo sottocutaneo può essere visibile, ma le ossa, i tendini o i muscoli non sono esposti. Può essere presente slough, ma senza impedire di apprezzare la profondità della lesione e/o perdita di tessuto. La lesione può presentare tessuto sottominato o tunneling. La profondità di una UDP di Categoria /Stadio III varia in base alla localizzazione anatomica. La radice del naso, l’orecchio, l’occipite e il malleolo non hanno tessuto sottocutaneo e pertanto queste sono solitamente poco profonde. All’opposto, aree con consistente adiposità possono sviluppare UDP di Categoria/stadio III estremamente profonde. Ossa e tendini non sono visibili o direttamente palpabili. Categoria/stadio IV: Perdita totale dello spessore cutaneo Lesione che determina perdita totale dello spessore cutaneo con esposizione di ossa, tendini o muscoli. Possono essere presenti slough o escara su alcune parti del letto della lesione. Spesso sono presenti tessuto sottominato e tunneling. La profondità di una UDP di Categoria/Stadio IV varia in base alla localizzazione anatomica. La radice del naso, l’orecchio, l’occipite e il malleolo non hanno tessuto sottocutaneo e pertanto queste sono solitamente poco profonde. Le UDP di Categoria/Stadio IV possono estendersi al muscolo e/o alle strutture di supporto (es. fascia, tendini o capsula articolare) con possibile insorgenza di osteomielite. Ossa/tendini esposti sono visibili o direttamente palpabili. La guarigione di una lesione da decubito non avviene per regressione da uno stadio più avanzato ad uno meno avanzato, bensì per un processo di granulazione. Per favorire la guarigione occorre dunque rispettare il più possibile l'ambiente naturale che favorisce la riepitelizzazione (umidità, pH cutaneo, temperatura, movimento dei margini della ferita). Non è possibile individuare un’unica procedura per il trattamento delle UDP, in quanto essa deve essere determinata in base alla situazione generale del paziente ed alle 21 condizioni della lesione. Ciò nonostante è necessario conoscere e rispettare alcuni principi generali che si sono rivelati di fondamentale importanza per la guarigione delle lesioni e che verranno di seguito descritti. 3. Principi generali 3.1. Detersione La pulizia della lesione e della cute circostante è necessaria ad ogni cambio di medicazione. L’obiettivo è quello di rimuovere ed allontanare i detriti superficiali prima di procedere alla medicazione vera e propria. E’ consigliabile l’uso di soluzione di Ringer lattato in quanto, per il suo alto contenuto di sali di potassio, è in grado di mantenere il trofismo cutaneo. In alternativa può essere utilizzata la soluzione fisiologica isotonica, a temperatura corporea o ambientale, in modo da evitare l’arresto del meccanismo di riparazione dovuto allo sbalzo termico. La pulizia si effettua irrigando la ferita con abbondante soluzione. Per evitare danni da eccessiva pressione si suggerisce di utilizzare una siringa, indirizzando il getto in direzione trasversale per facilitare la rimozione meccanica dei detriti presenti sulla lesione. Per eliminare l’eccesso di soluzione tamponare delicatamente la lesione con una garza. Sebbene non esista un accordo completo fra esperti, recenti raccomandazioni invitano a non irrigare ulcere con spazi cavi, in cui non sia possibile vedere dove vada a finire la soluzione instillata o dai quali non si possa completamente recuperare il liquido di detersione. E’ importante che tutte le manovre vengano effettuate con la massima delicatezza per evitare di danneggiare il tessuto di granulazione neoformato. 3.2. Debridment - Pulizia della lesione Per UDP con aspettative di guarigione, il debridement, ossia la rimozione di tessuti morti, danneggiati o infetti, è una tappa essenziale per promuovere la riparazione tissutale. L’escara necrotica rappresenta infatti uno stimolo pro-infiammatorio che inibisce la guarigione, mentre lo slough agisce come terreno di coltura che favorisce la proliferazione batterica Lo sbrigliamento della lesione può avvenire con tecnica chirurgica, oppure tramite l’applicazione di sostanze autolitiche ed enzimatiche che possono facilitare il distacco del tessuto necrotico (l’una tecnica può essere associata all’altra). L’intervento domiciliare di rimozione dell’escara con tecnica chirurgica deve necessariamente essere affrontato, per le possibili complicanze (sanguinamento, dolore), da personale medico che possieda il livello di abilità richiesto. L’attività infermieristica deve concentrarsi sulla preparazione delle sede attraverso l’applicazione, come prima descritto, di sostanze autolitiche o enzimatiche che, in caso di escara dura e spessa, ne facilitino l’ammorbidimento ed il distacco con tecnica chirurgica. Non è consigliato effettuare il debridement in caso di escare secche, dure e adese ad arti inferiori ischemici. E' ragionevole prevedere lo sbrigliamento chirurgico in ambiente protetto (day hospital), in caso di: • necrosi molto ampie • escare particolarmente coriacee • necessità urgente di rimuovere il tessuto necrotico per problematiche di tipo sistemico (sepsi, cellulite ingravescente, crepitio, fluttuazione). L’infermiere provvederà inoltre, in accordo con il medico curante, a stabilire un piano d’intervento mirato al controllo del dolore, di frequente insorgenza in questi pazienti, 22 soprattutto nella fase di debridment. Nel caso in cui, valutando la situazione generale del paziente e le condizioni locali della UDP, la lesione possa essere classificata come “non guaribile” o “in mantenimento” è consigliabile procedere con un debridement chirurgico conservativo e la rimozione dello slough. 3.3. Disinfezione E’ un’operazione controversa, in quanto ogni disinfettante, oltre ad attaccare germi e batteri, ha una azione citotossica. Alcuni studi hanno segnalato la possibilità che nelle UDP l’applicazione locale di antisettici e disinfettanti danneggi le cellule deputate alla riparazione tissutale. Tutte le ulcere sono abitate da batteri, ma la positività testimoniata da un tampone non indica necessariamente una infezione in atto. Si può quindi ritenere che la UDP abbia una maggiore propensione verso la guarigione laddove si stabilisca una condizione di equilibrio batterico (contaminazione o colonizzazione). La guaribilità diminuisce in caso di colonizzazione critica o infezione (Caula, 2011). Difficilmente nelle UDP di 1° e 2° stadio, che generalmente si limitano al livello superficiale, si manifesta una infezione della lesione. L'attenzione deve quindi focalizzarsi su lesioni di 3° e 4° stadio, dove l'infezione può diffondersi oltre la superficie della lesione, dando luogo ad infezioni sistemiche gravi quali celluliti, fasciti, osteomieliti fino alla sepsi. In tal caso è necessario ricorrere ad un trattamento con agenti sistemici, somministrati anche attraverso la via parenterale. L’uso di disinfettanti o di antisettici è pertanto consigliato solo dopo una attenta valutazione dei segni e sintomi che consentono di distinguere i livelli di interessamento dei tessuti e il danno batterico della UDP da trattare. In ogni caso si raccomanda di utilizzare agenti antimicrobici per uso topico, prevedendone l'utilizzo in forma diluita o concentrata e per breve tempo. Di seguito, a titolo di esempio, alcuni disinfettanti comunemente utilizzati: Iodopovidone Generalmente utilizzato per il suo ampio spettro antimicrobico, può tuttavia avere un effetto tossico per i fibroblasti, i globuli rossi e i globuli bianchi, salvo che non venga diluito (soluzione acquosa 5-10%) e successivamente eliminato con lavaggi locali a base di soluzione fisiologica. Può causare tossicità da iodio quando l’uso è prolungato e su ferite estese. Soluzioni a base di ipoclorito di sodio Vengono solitamente impiegate perché facilitano il controllo dell’odore e la colliquazione del tessuto necrotico. Sono efficaci contro lo stafilococco e streptococco ma, ad alte concentrazioni, sono tossiche sui fibroblasti e possono causare erosioni della cute sana in zona perilesionale. Perossido di idrogeno 4% (Acqua ossigenata) Ha una blanda azione antisettica, ma viene comunemente utilizzato perché, attraverso l'effervescenza, si ritiene porti in superficie i detriti raccolti nelle lesioni anfrattuose o sottominate. Si è rivelato però tossico per i fibroblasti. Non deve essere zaffato in tragitti fistolosi per l’alto rischio di embolia gassosa e non deve essere usato con l'irrigazione forzata, in quanto causa rischi di enfisema sottocutaneo. Clorexidina Disinfettante chimico ad azione antisettica ad ampio spettro (Gram-positivi, Gram-negativi, 23 miceti). Ideale per la detersione e disinfezione delle UDP, sopratutto in presenza di lesioni imbrattate di liquidi biologici (incontinenza), produce un netto miglioramento della detersione del letto di ferita e riduzione dei tempi di formazione di tessuto granuleggiante. In soggetti sensibili, può provocare dermatiti eczematose da contatto. Antimicrobici topici all'argento Sono da prendere in considerazione in quanto garantiscono un'ampia copertura antimicrobica (microorganismi multipli) e si dispone oggi di una vasta formulazione di prodotti (garze, creme, spray, etc). Nella formulazione in nanocristalli, per la detersione preliminare della lesione si sconsiglia di utilizzare la soluzione fisiologica in quanto i sali disattivano l'argento. E’ invece indicato l'uso della bidistillata. La cute perilesionale va adeguatamente protetta con creme emollienti ed idratanti per evitarne l’eccessiva secchezza. 3.4. Medicazione La medicazione ideale deve soddisfare i seguenti criteri: 1. mantenere un adeguato livello di umidità sulla superficie della UDP 2. permettere lo scambio gassoso di ossigeno, anidride carbonica e vapore acqueo 3. garantire l’isolamento termico 4. essere impermeabile ai microrganismi 5. non contenere particelle contaminanti 6. non aderire alla superficie della ferita (quindi ridurre il trauma nel momento del cambio) 7. essere confortevole e ben tollerata dalla persona 8. avere alta assorbenza 9. essere monouso 10. permettere intervalli di cambio sufficientemente lunghi. Pur riconoscendo che ciascun operatore ha maturato, nel trattamento delle UDP, una propria esperienza che orienta convinzioni e motivazioni, per la programmazione degli interventi e per la scelta dei prodotti da utilizzare, si ritiene di fondamentale importanza affrontare il problema della medicazione alla luce delle più recenti evidenze scientifiche e si raccomanda di agire in forma multidisciplinare. Ciascun operatore è tenuto ad argomentare le proprie scelte, motivandole con dati di letteratura, oltre che per preferenze personali, in modo che i trattamenti scelti siano condivisi ed accettati da tutti coloro che si occupano del problema, a garanzia di interventi appropriati e coerenti con le finalità del piano di assistenza. La multidisciplinarità dell’intervento assicura, inoltre, maggiori possibilità per il costante aggiornamento del piano di intervento a fronte di modifiche dello stato generale dell’utente o delle condizioni della lesione. 4. Il trattamento locale delle UDP Pur riconoscendo che l’utilizzo delle medicazioni avanzate abbrevia i tempi di guarigione, non dobbiamo dimenticare che il loro effetto è condizionato da numerose variabili: patologie del paziente, stato nutrizionale, età, protocollo di mobilizzazione. La scelta del tipo di prodotto da utilizzare per la medicazione deve essere quindi 24 operata sulla base delle condizioni generali del paziente (che possono essere tali da non rendere opportuno l’utilizzo delle medicazioni avanzate o viceversa di ritenerle indispensabili), sulla disponibilità delle risorse fornite dalla sede in cui si opera, sulle sulla durata della medicazione e sui costi. Qualsiasi trattamento topico, per quanto di dimostrata efficacia, è sempre di secondaria importanza rispetto al trattamento del paziente nella sua interezza (vedi linee guida per la prevenzione). In mancanza di approccio complessivo e multidimensionale al problema delle lesioni, l’uso di medicazioni avanzate può rivelarsi assai costoso ma non altrettanto efficace, risultando perciò assolutamente ingiustificato. La medicazione IDEALE, come ricordato nel precedente paragrafo, è quella in grado di creare l'ambiente favorevole al fisiologico processo di guarigione, in quanto mantiene un'interfaccia tra lesione e medicazione che garantisca: • giusta umidità • giusta temperatura • giusto PH e giusta ossigenazione. (vedi allegati specifici: Schema protocollo di cura e Scheda medicazioni avanzate) 5. La nutrizione nelle UDP Nei pazienti affetti da patologie croniche debilitanti, soprattutto se anziani, è di fondamentale importanza mantenere un’adeguata nutrizione sia per prevenire l’insorgenza delle ulcere da pressione, sia per favorirne la guarigione. Obiettivo principale è quindi quello di valutare lo stato nutrizionale degli utenti a rischio o portatori di lesioni da decubito, per garantire un adeguato apporto calorico e l’assunzione di tutti i nutrienti essenziali (in particolar modo proteine, vitamine e sali minerali). Le proteine sono necessarie per mantenere il trofismo dei tessuti e l’anabolismo cellulare. Una deplezione proteica compromette la capacità di guarigione delle lesioni, inibendo la proliferazione dei fibroblasti, la sintesi del collagene e la risposta immunitaria che contrasta la contaminazione batterica. Il ruolo delle vitamine, quali la vitamina C che interviene nella sintesi del collagene e della vitamina A che interviene nei processi di proliferazione cellulare, assume grande rilievo nei processi di guarigione, tanto da renderne indispensabile l'integrazione qualora l'alimentazione non ne consenta una adeguata introduzione. Deficit di sali minerali, quali lo Zinco, può causare alterazioni dei leucociti, aumentare la suscettibilità alle infezioni e ritardare i processi di guarigione delle ferite. Nella complessiva valutazione del soggetto che già presenta lesioni (o che è ad alto rischio di svilupparle) è quindi opportuno effettuare una valutazione del suo regime dietetico, in modo da pianificare, se necessario, interventi nutrizionali appropriati per correggere tempestivamente le carenze. Si ricorda che qualunque trattamento locale può risultare inefficace se non viene accompagnato e sostenuto da un adeguato apporto nutritivo. Per la valutazione dello stato nutrizionale si deve procedere ad accertare e documentare per iscritto: a. Parametri antropometrici: è di estrema importanza per la valutazione dello stato nutrizionale. I parametri aggiornati possono essere difficilmente ottenibili se il paziente è allettato, ma si può fare riferimento, in linea di massima, all’ultimo dato rilevato. b. Anamnesi nutrizionale 25 La raccolta dei dati è riferita: • alle abitudini alimentari recenti del soggetto • alle sue preferenze o intolleranze • alla capacità ad alimentarsi con o senza aiuto (masticare il cibo, portarlo alla bocca ecc.) • alla presenza di sintomi che interferiscono con l’alimentazione • alla valutazione quali/quantitativa dei cibi mediamente assunti nell’arco della giornata. Per la valutazione dello stato nutrizionale può essere utilizzato l’Indice di Plymouth, di seguito riportato. c. Parametri clinici. È importante valutare: • l’eventuale calo ponderale negli ultimi tre mesi • il trofismo delle masse muscolari • lo spessore del pannicolo adiposo • il trofismo cutaneo • la presenza di edemi declivi o di versamento ascitico. d. Per accertare stati di moderato o elevato rischio di malnutrizione si può procedere alla verifica di alcuni parametri bioumorali quali: • albumina • transferrina • linfociti. La pratica dell'integrazione nutrizionale è sostenuta da esperti in campo clinico. Riportiamo di seguito, a titolo di esempio, la tabella con l’Indice di Plymouth (Indice per la rilevazione del rischio di malnutrizione). Punteggio Età 1 2 3 4 31-44 45-60 61-70 <30 e >70 Totale Peso Peso abituale stabile e Perdita di peso >10% negli ultimi 3 mesi Perdita >10% mese di peso nell’ultimo Estremamente magro, emaciato o cachettico Appetito Appetito abituale; capacità di mangiare tutto il cibo e bevande offerti Appetito ridotto; lascia la metà della quantità di cibo offerto ai pasti Appetito scarso; lascia la maggior parte del cibo ai pasti. Riluttante al bere. Appetito poco o nullo; rifiuta i pasti e le bevande; incapacità di mangiare Abilità a mangiare Capacità di mangiare e bere normalmente e in modo indipendente Richiede aiuto per tagliare gli alimenti e portare il cibo alla bocca Ha difficoltà a masticare e ha bisogno di una dieta liquida Incapacità di mangiare e bere SEGUE 26 CONTINUA Punteggio 1 2 3 4 Condizione medica e trattamento Condizione medica non complicata, per es. IMA, aritmie cardiache, asma. Non interruzione dell’alimentazione Post-intervento di chirurgia minore. Malattie gastrointestinali, infezioni, frattura alle ossa lunghe. Talora digiuno per eseguire esami. Post-operatorio di chirurgia massiva, fratture multiple. Numerosi periodi di interruzione dell’alimentazione per eseguire esami. Ustioni,cancro, fratture multiple Radioterapia, chemioterapia. Interruzione dell’alimentazion e per più di 24 ore. Funzione intestinale Funzione intestinale normale Sente nausea Diarrea e/o vomito. Profusa diarrea+vomito o non funzionalità intestinale Totale Totale Valori di riferimento: Punteggio 0 – 10 = rischio minimo Punteggio 11 – 18 = rischio moderato Punteggio 19 – 24 = rischio elevato 5.1 Interventi di tipo nutrizionale Per calcolare il fabbisogno energetico una regola semplice, soprattutto per le persone anziane, è di fornire 30-35 calorie pro Kg di peso corporeo al giorno. Il fabbisogno di proteine deve essere stimato tra 0.8 ed 1 gr. Pro Kg al giorno. L’apporto va corretto in presenza di lesioni da decubito e dopo una attenta valutazione degli indici del metabolismo proteico. (Vedi schema del protocollo di cura delle UDP per il fabbisogno proteico e calorico quotidiano, a seconda dello stadio della lesione). Il primo intervento è quello di incoraggiare una adeguata introduzione di alimenti attraverso la dieta orale, adattando quest’ultima alle eventuali difficoltà e preferenze dell’utente (per esempio somministrando cibi frullati). In caso di necessità è opportuno ricorrere anche all’uso di integratori preconfezionati. Per un corretto intervento nutrizionale si raccomanda un costante scambio di informazioni tra infermiere, medico e nucleo familiare. A domicilio, alcune situazioni particolari (per es. lo stato confusionale o la demenza), possono ostacolare la raccolta dei dati direttamente dai pazienti. In tali casi la collaborazione dei care-givers per accertare se il paziente si nutre, beve o manifesta disturbi dell’alimentazione è assolutamente indispensabile e si può ottenere solo se è stata instaurata una relazione di fiducia con gli operatori sanitari. Le domande dovranno essere espresse in modo chiaro, comprensibile, in termini non valutativi, semplici ed usuali. Questo consente generalmente di ottenere ciò che serve per decidere se la situazione è gestibile con interventi ordinari o se è opportuno ricorrere ad interventi specialistici. Se l’alimentazione orale fosse impossibile, sarà necessario instaurare una nutrizione artificiale (N.A.) con l’individuazione della via di somministrazione più idonea alla tipologia dell’utente. Vengono di seguito riportati alcuni sommari riferimenti che possono indirizzare nella scelta del tipo di nutrizione artificiale più appropriato: 27 Durata presunta della NA < a 30 gg Vie di somministrazione della NA Nutrizione parenterale totale o integrativa SNG (se il paziente non assume nulla) 1 – 3 mesi SNG Nutrizione parenterale (se via entrale impraticabile) > 3 mesi (o se si presume che il paziente Stomia chirurgica (PEG) non riprenderà più l’alimentazione orale). Paziente in fase terminale Nutrizione parenterale di supporto 6. Gestione del dolore I pazienti portatori di UDP presentano nell'84% dei casi dolore di fondo (cioè non esclusivamente legato alla manipolazione della lesione). Il dolore nelle persone portatrici di UDP è correlato allo stadio dell'ulcera, (aumenta in coloro che hanno lesioni di stadio 3-4). Il dolore è spesso associato al cambio di medicazione. L'insieme di queste affermazioni, alle quali si può aggiungere che una valutazione oggettiva del dolore è impossibile a causa delle componenti “non-misurabili” coinvolte (emotiva comportamentale, sensoriale e culturale), deve indirizzare gli operatori ad utilizzare scale per la quantificazione del dolore a supporto dell’ascolto, dell'osservazione del linguaggio del corpo e dei segnali non verbali. Gli interventi più appropriati per la gestione del dolore sono quindi: • Valutare il dolore correlato alla presenza di UDP o al loro trattamento, attraverso l'utilizzo di scale validate (Numerical rating scale - NRS; scala visivo analogica – VAS; Visual rating scale – VRS; Facies Pain Scale - FPS); vedi anche Scheda di monitoraggio UDP. • Prevenire il dolore: o utilizzando il sollevatore o un traverso per ridurre l'attrito e/o lo stiramento quando si riposiziona il paziente o mantenendo la biancheria del letto asciutta e senza pieghe o evitando posizioni che fanno gravare il peso del corpo direttamente sull'UDP o utilizzando medicazioni atraumatiche per minimizzare il dolore. • Gestire il dolore a livello generale, facendo in modo che le prestazioni assistenziali siano coordinate con l’eventuale somministrazione di farmaci antidolorifici, soprattutto in previsione della medicazione dell’UDP. A tal proposito è raccomandato di concordare preventivamente con il medico eventuali dosaggi aggiuntivi, prendendo in considerazione oppiacei ad uso topico (diamorfina o benzydamina 3%) applicati per il tempo necessario di azione prima del trattamento della lesione. • Gestire il dolore cronico. Un corretto approccio del team di cura deve prevedere anche la gestione del dolore cronico correlato alle UDP, compreso il dolore neuropatico, assai complesso da diagnosticare e da trattare. Dovranno essere presi in considerazione: o anestetici locali 28 o adiuvanti quali gli antidepressivi o antiepilettici o stimolazioni transcutanee del nervo (TENS) o applicazioni di calore o antidepressivi triciclici. • Scegliere una adeguata medicazione. Esistono medicazioni che, pur mantenendo coperto il letto della lesione, non aderiscono alla ferita e garantiscono adeguata umidità, evitando il dolore al momento della loro sostituzione. In presenza di dolore si consiglia di optare per medicazioni che non richiedano cambi frequenti, preferendo medicazioni avanzate rispetto a quelle tradizionali con garze. • Considerare l’utilizzo di superfici di supporto che riducano l’attrito per il posizionamento e il cambio posturale. • Informare, educare, istruire il paziente, i caregivers e gli operatori sulla valutazione e gestione del dolore. Queste attività, rivolte in forma adeguata a tutte le persone coinvolte nell’assistenza del paziente, rappresentano la migliore strategia per la prevenzione e gestione del dolore correlato alla UDP. 7. Gestione delle UdP in pazienti che ricevono cure palliative L'intervento prioritario per pazienti a rischio o portatori di UDP nell'ambito delle cure palliative è quello di garantire comfort alla persona. Il “benessere percepito” del soggetto è, in questo caso, più importante rispetto agli obiettivi di prevenzione o di cura della lesione cutanea. Tuttavia anche nell’ambito delle cure palliative è fondamentale una attenta valutazione del paziente a rischio di insorgenza di UDP o di nuove UDP, utilizzando un approccio pianificato e coordinato che preveda l’adozione di strumenti validati per la valutazione del rischio ed una accurata stima dei presidi e delle procedure più adatti per prevenirle o limitarne l’aggravamento. La redistribuzione della pressione deve essere garantita posizionando il paziente a intervalli periodici, programmati in base ai suoi desideri e alla sua tolleranza, alle condizioni cliniche del momento e a seconda delle superfici di supporto utilizzate (ogni 4 ore se presente un materasso viscoelastico, ogni 2 ore se presente un materasso standard). Tali riposizionamenti vanno documentati per iscritto, specificando le ragioni delle scelte adottate. Se il paziente presenta dolore significativo durante la mobilizzazione, 20/30 minuti prima del posizionamento è indicata, in accordo e su prescrizione del medico, la somministrazione di farmaci antidolorifici. Nel riposizionamento devono essere protette le prominenze ossee e in particolare il sacro, i gomiti e i trocanteri, o comunque le zone più vulnerabili alla pressione, utilizzando dispositivi di posizionamento come schiume, cuscini e protettori per i talloni. Compatibilmente con le condizioni del paziente e i suoi desideri, è necessario mantenere un'adeguata nutrizione e idratazione, consentendo al paziente di assumere cibi e bevande di suo gradimento ed offrendo pasti piccoli e frequenti durante l’intero arco delle 24 ore. Se è ragionevole prevedere la guarigione della lesione o una limitazione della sua estensione, possono essere forniti supplementi nutrizionali proteici per os o per infusione. Nel caso in cui sia presente l’incontinenza urinaria e/o fecale, deve essere garantita quanto più possibile l'integrità della cute, rimuovendo tempestivamente la biancheria bagnata o imbrattata ed applicando sostanze emollienti (indicate solo se la cute è priva di lesioni). Gli aspetti peculiari della cura della UDP nella palliazione devono riguardare la gestione del dolore correlato, il controllo dell'essudato e dell’eventuale cattivo odore, dato 29 che un appropriato intervento su questi aspetti migliora, per quanto possibile, la qualità di vita del paziente e della famiglia. La qualità di vita del malato e della sua famiglia rappresentano, in ogni caso, il principale obiettivo. L'evoluzione della UDP deve essere valutata e documentata ad ogni cambio di medicazione e comunque almeno una volta alla settimana. Le modalità di gestione della UDP e dell'area peri-lesionale devono essere stabilite tenendo in considerazione sia l’appropriatezza degli interventi raccomandati dalla letteratura, sia i desideri del paziente. Generalmente si consiglia di: • detergere la lesione per evitare infezioni • mantenere sotto controllo il cattivo odore • se presenti segni di infezione, prendere in considerazione l’uso di appropriate soluzioni antimicrobiche • se previsto negli obiettivi di cura, effettuare un debridement del tessuto devitalizzato • scegliere una medicazione che: o assorba la quantità di essudato presente (medicazioni con schiume e alginati) o controlli l'odore; in modo specifico il cattivo odore può essere controllato con l'utilizzo di medicazioni impregnate di agenti antimicrobici (es: argento, cadexomero, miele ad uso medico) o con medicazioni al carbone o carbone attivato o mantenga asciutta la cute perilesionale e prevenga l'essicazione della UDP • utilizzare medicazioni che possano rimanere in sede per periodi lunghi per limitare il disagio correlato alla cura della lesione • utilizzare idrogel e medicazioni al silicone per lesioni che presentano dolore • proteggere la cute peri lesionale con un prodotto barriera o con una medicazione atraumatica. La valutazione del dolore della lesione deve essere eseguita inizialmente, settimanalmente e ad ogni cambio di medicazione. Deve essere garantito un trattamento sistematico del dolore in collaborazione con il medico curante attraverso l'utilizzo di FANS o di farmaci oppiacei somministrati 30 minuti prima e subito dopo il cambio di medicazione e/o l'utilizzo di trattamenti topici locali (per es. creme o gel anestetici a base di lidocaina o diamorfina) nelle UDP aperte. La scelta del tipo di medicazione e delle procedure connesse alla sua sostituzione deve tenere in considerazione la gestione del dolore. Durante l'esecuzione di una procedura che causa dolore il paziente deve essere incoraggiato a richiedere una pausa. In allegato: 1) Schema Protocollo di cura delle UDP 2) Schema di utilizzo delle medicazioni avanzate 3) Scheda di monitoraggio UDP 30 Allegato n.1 Schema Protocollo di cura delle UDP DESCRIZIONE TRATTAMENTO INTERVENTO STADIO 1 Intervento come da Protocollo di prevenzione. Accertamento dello stato nutrizionale Iperemia della cute sana che non scompare dopo lo scarico della pressione. Fabbisogno calorico: 25/30 KCAL/KG/DIE Detersione con soluzioni Ringer lattato o NACL. Fabbisogno proteico: 1 GR/KG/DIE In presenza di eritemi persistenti o in caso di contatti ripetuti con urine e/o feci, applicare idrocolloidi in placca di tipo extrasottile, da rimuovere ogni 3-4 gg Idrocolloidi in placca di tipo extrasottile VERIFICA Registrazione come da scheda allegata per il monitoraggio della lesione Può essere utilizzata come medicazione secondaria. STADIO 2 Lesione cutanea a spessore parziale che interessa l’epidermide, il derma o entrambi. L’ulcera è superficiale e si presenta come una abrasione. Lesione superficiale secernente: Idrofibra+idrocolloidi in placca di tipo extrasottile Tampone in fibra di cellulosa in placca Lesione superficiale secca: Idrogel fluidi+ idrocolloidi in placca di tipo extrasottile Intervento come da Protocollo prevenzione. Ulcera riepitelizzante: Idrocolloidi in placca di tipo extrasottile Accertamento dello stato nutrizionale Utilizzare idrocolloidi in placca di tipo Detersione con soluzioni Ringer lattato o NACL. extrasottile con cambi medio-lunghi MAX 7 GG Applicare medicazione con idrocolloidi in placca. Il margine di cute sana per la garanzia di adesione deve Rinnovare fino a essere di 2/3 cm. Evitare la formazione di bolle o completa pieghe. riepitelizzazione e Sostituire ogni 2-3 gg. mantenere il bendaggio per Applicare idrofibra e coprire con idrocolloidi in proteggere la cute placca di tipo extrasottile. ancora fragile. Sostituire ogni 2/3 gg. In caso di lesione mediamente secernente può essere utlizzato tampone di fibra di cellulosa senza necessita di medicazione secondaria. Sostituire ogni 2/3 gg. Fabbisogno calorico: 35/40 KCAL/KG/DIE SEGUE 31 CONTINUA Fabbisogno proteico: 1.2-1.5 GR/KG/DIE Applicare idrogel fluidi in abbinamento con idrocolloidi in placca. Sostituire ogni 2/3 gg Lesione superficiale semplice: Idrocolloidi in placca STADIO 3 Intervento come da Protocollo prevenzione. Accertamento dello stato nutrizionale. Lesione cutanea a spessore totale con degenerazione del tessuto sottocutaneo, con possibile estensione alla fascia, ma non oltre. Fabbisogno calorico: 45 KCAL/KG/DIE Detersione con soluzioni Ringer lattato o NACL Registrazione come da scheda allegata per il monitoraggio della lesione Fabbisogno proteico: 1,5-2 GR/KG/DIE Lesione necrotica: Toilette chirurgica Idrogel fluidi Idrocolloidi in placca di tipo extrasottile Lesione sanguinante: Alginato calcio sodico Idrocolloidi in placca di tipo extrasottile Lesione secernente: Idrofibra Idrocolloidi in placca Se lo strato necrotico è poco consistente, debridement autolitico con l’applicazione di idrogel fluidi e di placche di idrocolloidi di tipo extrasottile. Sostituire ogni 2/3 gg. Tale metodica può essere utile su aree necrotiche robuste che necessitano quindi di toilette chirurgica, come fase preparatoria. Procedere con l’asportazione di piccoli pezzi se c’è rischio di sanguinamento. Rimossa l’escara, proseguire a seconda del reale aspetto clinico, seguendo la tipologia di intervento più pertinente. Registrazione come da scheda allegata per il monitoraggio della lesione Preparato in compresse o tamponi da adattare alla forma della lesione. Necessita di fissaggio con l’applicazione di idrocolloidi in placca. Sostituire ogni 2/3 gg. Applicare le compresse o le strisce, adattandole alle dimensioni della lesione. Sostituire ogni 2/3 gg In presenza di forte essudato, con segni clinici di infezione in corso, può essere preferibile coprire con garze in cotone sterili. Sostituire ogni 24 ore. 32 STADIO 4 Degenerazione massiva, necrosi tissutale o danno muscolare, osseo o delle strutture di supporto Lesione secernente maleodorante: Fibre di alginato e idrofibra con carbone attivo Applicare le compresse adattandole alla lesione. Non necessitano di medicazione secondaria per il fissaggio,vanno comunque mantenute in sede con cerotti ipoallergenici. Se la lesione è sottominata o irregolare, occorre abbinare una medicazione a base di idrofibra per la parte interna. Sostituire in ogni caso ogni 24-48 ore Lesione granuleggiante: Idrogel fluidi Idrocolloidi in pasta Idrocolloidi in placca Una volta completamente detersa l’area necrotica, può essere utile l’applicazione di questi prodotti che hanno la finalità di mantenere il grado di umidità favorevole alla riparazione e al mantenimento dell’area, detersa Registrazione come da scheda allegata per il monitoraggio della lesione 33 Allegato n.2 Schema di utilizzo delle medicazioni avanzate Classe Tipologia Indicazioni Tempo medio di permanenza Controindicazioni Pellicole semipermeabili trasparenti in poliuretano Medicazione adesiva, trasparente, conformabile, selettivamente permeabile Stadio 1 o fase di riepitelizzazione o come medicazione secondaria. Sostituire ogni 4 max 7 gg Non applicare direttamente su ferite infette o con essudato Classe Tipologia Idrocolloidi placca ( Medicazione Occlusiva) Mantiene un microambiente umido favorevole alla granulazione ed alla riepitelizzazione. Non permette il passaggio di ossigeno, protegge da infezioni esogene: in letteratura è segnalata una bassa incidenza di infezioni con l’utilizzo di questa classe di prodotto. Assorbendo l’essudato si sviluppa un gel che, raggiunta la saturazione della placca, indica il tempo di cambio. La trasformazione in gel impedisce l’asportazione del tessuto di granulazione durante la rimozione. Da segnalare un caratteristico odore molto sgradevole che compare quando l’idrocolloide inizia a gelificare, spesso scambiato per l’odore di lesione infetta. Stadio 1,2,3,4 Elettivamente su ferite asciutte e moderatamente essudanti Sostituire a saturazione della placca e comunque per un massimo da 3 a 7 gg. La medicazione necessita di un margine di adesione su cute sana di 2/3 cm; se ne sconsiglia l’uso in presenza di cute fragile, su lesioni molto essudanti, nei tratti sinuosi o su lesioni infette. Sconsigliato su lesioni con esposizioni ossee o tendinee. Indicazioni Tempo medio di permanenza Controindicazioni 34 Classe Tipologia Idrocolloidi in pasta o granuli (Medicazione assorbente) Miscela di polimeri in granuli, con ampia proprietà di assorbire l’acqua in modo lento e controllato e di trattenerla. La trasformazione in gel mantiene l’ambiente umido favorendo il processo di riparazione. Da segnalare un caratteristico odore molto sgradevole che compare quando l’idrocolloide inizia a gelificare, spesso scambiato per l’odore di lesione infetta. Indicazioni Selettivamente per lesioni cavitarie e profonde (stadio 2,3,4,) vengono sempre associati a medicazioni secondarie. Detersione autolitica delle lesioni non infette con presenza di fibrina e necrosi. Sostituire a gelificazione completa (saturazione) e comunque fino ad un massimo di 3/7 gg. La durata di impiego è inversamente proporzionale alla quantità di essudato presente nella lesione Medicazione sconsigliata in caso di lesioni manifestamente infette o molto essudanti Tempo medio di permanenza Controindicazioni Classe Tipologia Indicazioni Tempo medio di permanenza Controindicazioni Idrofibra (carbossimetilcellulosa sodica) Medicazione assorbente proposta in forma piana o tampone, trattiene l’essudato all’interno dell’idrofibra impedendone la propagazione laterale, riducendo il rischio di macerazione della cute perilesionale, aumentando la permanenza in loco della medicazione e trattenendo l’essudato anche sotto bendaggio compressivo. Questo tipo di medicazione, altamente assorbente, interagisce con l’essudato formando istantaneamente un gel soffice che mantiene un microambiente umido. Stadio 2,3,4 lesioni cavitarie, iperessudanti di piccole dimensioni. Lesioni infette con presenza di fistole. Sostituire ogni 2/3 gg fino ad un max di 7 gg sottobendaggio. Necessita di medicazione secondaria. Non utilizzare su ulcere asciutte. Nei tragitti fistolosi da utilizzare con cautela, per evitare possibili residui. 35 Classe Tipologia Indicazioni Tempo medio di permanenza Controindicazioni Classe Tipologia Indicazioni Tempo medio di permanenza Controindicazioni Idrogel Gel trasparente e sterile a base di polimeri formati da materiali sintetici (poliacrilati), semisintetici (carbossimetilcellulosa), o naturali (alginato di calcio) o da miscele di più polimeri. Alta capacità di trattenere ed inglobare volumi significativi di acqua. Azione idratante dei tessuti necrotici che favorisce l’autolisi. La formulazione in combinata con medicazioni assorbenti ne aumenta l’efficacia. E’ una medicazione maleodorante. Si adatta facilmente alla lesione e, alla sua rimozione, provoca ridotto dolore. Stadio 2,3,4. Protezione delle lesioni superficiali e profonde con tessuto di granulazione. Detersione autolitica di lesioni non infette con presenza di tessuti necrotici e fibrina. Reidratazione di escare secche. Mantenere l’applicazione anche dopo la detersione per favorire il processo di granulazione. Necessità di medicazione secondaria (film,idrocolloidi o schiume). Emana cattivo odore. Da 1 a 3 gg. Evitare l’utilizzo su lesioni infette. Se presente cute perilesionale macerata va sostituita molto spesso Alginati/Alginati con carbone attivo Medicazioni a base di sali di calcio o calcio-sodio, dell’acido alginico, disponibili in forma di compressa o tampone. Alto grado di assorbenza. Con l’aggiunta del carbone attivo si ottiene il contenimento del cattivo odore. Stadio 3,4, con essudato medio-abbondante. Queste medicazioni possono essere applicate anche su lesioni sanguinanti per l’azione emostatica. Necessitano di una accurata detersione della lesione prima di essere posizionate; devono essere fissate con medicazione secondaria, meglio se con pellicole trasparenti in poliuretano. 2/3 gg In caso di scarse secrezioni possono essiccare creando una crosta molto aderente ai tessuti la cui rimozione risulta complessa. Il prodotto a contatto con l’essudato gelifica, pur con un corretto utilizzo, durante la rimozione può causare lieve danno ai tessuti neoformati. Può creare bruciore durante l’applicazione, che può essere ridotto attraverso un’abbondante irrorazione con soluzione salina. Non utilizzare in presenza di fistole o dove non venga garantita la completa rimozione. In presenza di carbone attivo, la medicazione non deve essere tagliata 36 Classe Tipologia Indicazioni Tempo medio di permanenza Controindicazioni Classe Tipologia Indicazioni Tempo medio di permanenza Controindicazioni Classe Tipologia Indicazioni Tempo medio di permanenza Controindicazioni Derivati dell’acido ialuronico (farmaco). I polimeri derivati dall’acido ialuronico sono bio-materiali di origine naturale. A contatto con la lesione il bio-materiale si trasforma in gel altamente assorbente; per idrolisi naturale, il bio materiale libera acido ialuronico, sostanza in grado di mantenere nel tempo un ambiente umido. Coadiuvante nella cura delle lesioni cutanee di diversa origine. Stimola la riparazione e la rigenerazione della cute. Indipendentemente dalla formulazione (crema, spray o garza), il prodotto deve essere applicato più volte al giorno (ogni 6/8 ore) Accertata sensibilità al prodotto Schiume di poliuretano Medicazioni assorbenti, rivestite da uno strato di materiale non aderente al letto di lesione, perforato e morbido in forma di placche o tamponi (adatte per cavità) Mantengono l’ambiente umido. Agiscono in modo meccanico, dando una protezione alla lesione. Stadio 2,3, lesioni ben deterse.I tamponi necessitano di medicazione secondaria, quali, ad esempio, le pellicole semipermeabili. Fino a saturazione e comunque non oltre 7 gg. Non utilizzare su lesioni non essudanti (escara secca) o su lesioni infette. Collagene Azione meccanica, riempitiva della lesione, che favorisce lo sviluppo dei fibroblasti e del tessuto di granulazione. Azione di copertura, mantiene un ambiente umido. Stimola la neoformazione dei capillari. Lesioni al 1 stadio in caso di formulazione spray. Lesioni 2,3,4 stadio per la formulazione in tavoletta. Se correttamente utilizzato il prodotto risulta essere completamente assorbito al cambio di medicazione. Può essere utilizzato anche su lesioni infette. La formulazione in tavoletta è da sostituire ogni 2/3 gg In caso di prima applicazione verificarne la posizione senza rimuovere il tampone di collagene dopo 24 ore Solo se accertate verso il collagene. 37 Classe Tipologia Proteasi Lisa i ponti di collagene nativo, favorendo la rimozione delle necrosi; è indicata per ferite con presenza di aree necrotiche o con accumuli di fibrina sul fondo della lesione. Indicazioni Lesioni al 1° stadio in caso di formulazione spray. Lesioni 2,3,4 stadio per la formulazione in tavoletta. Se correttamente utilizzato il prodotto risulta essere completamente assorbito al cambio di medicazione. Può essere utilizzato anche su lesioni infette. La formulazione in tavoletta è da sostituire ogni 2/3 gg In caso di prima applicazione verificarne la posizione senza rimuovere il tampone di collagene dopo 24 ore Lesioni infette Tempo medio di permanenza Controindicazioni Classe Tipologia Indicazioni Tempo medio di permanenza Controindicazioni Classe Tipologia Indicazioni Tempo medio di permanenza Controindicazioni Sulfadiazina d’argento (farmaco) Antibatterico locale a base di sulfadiazina argentica. Prodotto in crema, di aspetto soffice e bianco, a differenza del nitrato d’argento non colora la cute. L’argento in forma micronizzata rende più facile l’azione antisettica. Si toglie e si applica in modo facile Stadio 2,3,4 Profilassi e trattamento antibatterico locale delle lesioni cutanee e delle ustioni. L’applicazione della crema deve essere fatta in strato di 2/3 mm, va applicata almeno 2 volte al giorno. Prima di una nuova applicazione risciacquare con acqua o soluzione fisiologica. Il trattamento va interrotto quando l’infezione è risolta. Evitare l’utilizzo su ampie superfici per il rischio di alterazione della funzionalità renale. Medicazioni non aderenti Garze in rayon o altro materiale che quando viene messo a contatto con la lesione agisce come materiale a bassa aderenza. In presenza di scarse quantità di essudato, ne permette il trasferimento alla medicazione secondaria. Stadio 2,3,4 in presenza di essudato medio abbondante A seconda del quantitativo di essudato Non utilizzare su 1 stadio, su ulcere disidratate o con escara. 38 Allegato n.3 SCHEDA DI MONITORAGGIO UDP Cognome Nome ______________________________________ Data di Nascita ___/___/___ Punteggio Scala Braden _______ Fattori di rischio identificati ________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________________________ Aree maggiormente sottoposte a pressione _________________________________________________________ ________________________________________________________________________________________________ Condizioni della cute _____________________________________________________________________________ Allergie ________________________________________________________________________________________ Presidi antidecubito utilizzati: Sede della lesione ______________ ______________ ______________ ______________ ______________ ______________ Prodotto superf. antidecubito basso rischio (sovramaterasso) superf. antidecubito medio/alto rischio (materasso) ALTRO Grado I° II° III° IV° ESCARA Sede della lesione ______________ ______________ ______________ ______________ ______________ ______________ lineari macerati necrotici infetti frastagliati Cute perilesionale integra macerata arrossata Data e Firma dell'operatore ___/___/___ _____________ ## Grado I° II° III° IV° ESCARA Condizione detersa granuleggiante fibrina essudato* S M A necrosi DIMENSIONE** H____L____P____ Bordi lineari macerati necrotici infetti frastagliati Cute perilesionale integra macerata arrossata Data e Firma dell'operatore ___/___/___ _____________ # Dolore al cambio medicazione Sede della lesione ______________ ______________ ______________ ______________ ______________ ______________ Prodotto detersa granuleggiante fibrina essudato* S M A necrosi DIMENSIONE** H____L____P____ Bordi # Dolore al cambio medicazione Prodotto Condizione ## Grado I° II° III° IV° ESCARA Condizione detersa granuleggiante fibrina essudato* S M A necrosi DIMENSIONE** H____L____P____ Bordi lineari macerati necrotici infetti frastagliati Cute perilesionale integra macerata arrossata Data e Firma dell'operatore ___/___/___ _____________ # Dolore al cambio medicazione ## * S/scarso M/moderato A/abbondante ** H/altezza L/larghezza P/profondità (espressi in centimetri-cm) # IP= idrocolloidi in placca ET= extrasottile ID= idrofibra A= alginato S=schiuma di poliuretano + AG= prodotto + argento IG= idrogel ## As= assente L=Lieve M=Moderato F=forte At= Atroce 39 8. Riferimenti bibliografici e sitografia 1. Rivista Assistenza Infermieristica e ricerca n° 3 anno 2001 2. D. Cucinotta, P. Di Giulio “Le piaghe da decubito nel paziente anziano Grafiche Damiani Bologna 1994 3. AA.VV. Linee guida integrali AHRQ per la prevenzione e il trattamento delle lesioni da decubito, 3° edizione 4. Atti del convegno “ Pressur ulcers- Technology in the new millenium. Pisa, Settembre 2000 5. Schede tecniche prodotti in commercio (Informatore farmaceutico) 6. Linee guida di terapia delle ulcere- European Pressare Ulcer Advisory Panel, Edizione italiana, 2000 7. E.Ricci,R.Cassino,M.Nano : trattamento locale delle piaghe da decubito Ed. Minerva medica 1998. 8. Le medicazioni avanzate . M.Romanelli, Approccio multidisciplinare alla diagnosi ed al trattamento. Springer, Milano 2000. 9. Considerazioni specifiche in tema di preparazione del letto di ferita: un aggiornamento (traduzione a cura di Claudia Caula, 2011) 10. "Prevention of Pressure Ulcers": Quick Reference Guide and "Pressure Ulcer Treatment", European Pressure Ulcer Advisory Panel (EPUAP) & National Pressure Ulcer Advisory Panel (NPUAP) 2009 11. Le scale di valutazione del rischio di lesioni www.infermierionline.net - Rocco Amendolara. 2009 cutanee da decubito, 12. Prevenzione e cura delle lesioni da decubito, Documento descrittivo C.I.O., Comitato Infezioni Ospedaliere, Regione Piemonte, 2004 13. Di Giulio P. Le ulcere cutanee croniche BIF (Bollettino informazione sul farmaco) n° 6, Nov.Dic. 2000 14. Di Giulio P. Piaghe da decubito, Effective Health Care edizione italiana, vol. 6, n°4 LuglioAgosto 2002 15. Prevenzione e trattamento delle ulcere da pressione, Metodi di sorveglianza e ipotesi di lavoro, Documenti dell'Agenzia Regionale di Sanità della Toscana, n°42, Dic.2008. 16. Azienda Ospedaliera-Universitaria di Bologna, Policlinico S.Orsola Malpighi, ASL Bologna, Linee Guida prevenzione e trattamento lesioni da pressione, 2010. 17. PNLG, Programma Nazionale per le Linee Guida, Istituto Superiore di Sanità, Consiglio Sanitario Regionale, Toscana: Ulcere da pressione: prevenzione e trattamento, Documento3, Ottobre 2005 40