una pendenza sempre pendente - Camera di Commercio Italiana

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una pendenza sempre pendente - Camera di Commercio Italiana
Lancia con
Anno 105 - n. 03 - Marzo 2014
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Il turismo in Italia
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La Rivista Anno 105 - n.03 - Marzo 2014
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DALLA SVIZZERA DEGLI STATI
A QUELLA FEDERALE
Tradizione, mito e storia
Editoriale
di Giangi Cretti
La Rivista
Editore
Camera di Commercio
Italiana per la Svizzera
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S. SGUAITAMATTI
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F. DOZIO, F. FRANCESCHINI, T. GATANI,
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La Rivista
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A parole, difficile trovare qualcuno che sia
discorde: «il turismo deve essere trattato
come una questione nazionale».
Nei fatti, more solito, ciascuno agisce in
ordine sparso, pur consapevole di trovarsi
sperso.
Con buona pace della tanto dichiarata volontà di fare sistema.
Le parole sono (dovrebbero essere?) convincenti: la nostra industria turistica deve avere
il carattere della priorità. Va da sé, senza se
e senza ma.
Come ignorare, infatti, quanto sia importante «capitalizzare l’enorme patrimonio di
cui siamo dotati», conquistando spazi in un
mercato che, a livello mondiale non conosce crisi, e che a fine 2013 ha conseguito lo
storico risultato di superare la soglia di un
miliardo di turisti?
I fatti (i fati?), parlano una lingua diversa,
che racconta di una ricchezza trascurata e
di uno spreco inaccettabile. Eppure, se già
nel 2012 il nostro Paese - secondo il Centro
studi Intesa San Paolo – sul fronte turistico,
ha archiviato pesanti segni negativi (-5% di
arrivi e -6% di presenze), anche quest’anno,
malgrado, come detto, a parole tutti convengano su quanto vitale sia per la nostra
economia, si stima un calo del 4,6% di arrivi e del 7% in termini di fatturato. Questo
accade, nell’anno del boom mondiale del
turismo, in quello che ancor oggi nell’immaginario collettivo si fregia, probabilmente a giusta ragione, del titolo di «Paese più
bello del mondo». Che a livello europeo, si
presenta, però, con addosso la maglia nera.
Perché nessuno, fra i 28 Paesi della Ue, ha
fatto peggio. Persino la Grecia, che certo
non ha potuto contare sul turismo interno,
ha segnato un incremento dell’11%. Lo stesso andamento, con percentuali differenti,
registrato dall’Ungheria (+5,0%), dalla Slovacchia (5,5), dalla Bulgaria (6,2), dalla Gran
Bretagna - che può vantare 28 siti Unesco:
poco più della metà dei nostri - (6,5), dalla
Lettonia (7,3). In cifre assolute, l’Italia, con
47,4 milioni di turisti stranieri, rappresenta
il quinto Paese più visitato nel mondo, a rischio, però, di retrocedere dietro Inghilterra
e Germania, che certo non possono vantare
la ricchezza del nostro patrimonio culturale, della nostra varietà paesaggistica, della
nostra offerta enogastronomica, dell’opportunità di shopping. Il primato assoluto –orgogliosamente nostro fino agli anni Ottanta
– è ora della Francia, che può contare su
oltre 70 milioni di turisti stranieri.
Il nostro paese riveste ancora un ruolo rilevante nel turismo internazionale, ma non
regge il passo della crescita e tende a cedere
quote di mercato ai suoi tradizionali concorrenti europei, evidenziando una notevole
perdita di competitività.
Per quanto colpevolmente non valorizzato,
è innegabile che il turismo rappresenti un
settore rilevante, con un peso significativo nell’economia nazionale – con notevoli
margini di crescita – in grado di generare le
maggiori opportunità di lavoro rispetto ad
altri settori industriali considerati prioritari.
Offre, inoltre, grandi opportunità per la valorizzazione del nostro straordinario patrimonio
storico e artistico: rispetto alla comunicazione delle identità dei territori, ma soprattutto
in termini di attrazione di nuove risorse per la
loro conservazione e rivalutazione.
Le parole attestano una diffusa consapevolezza delle criticità che caratterizzano il
settore: problemi di governance, promozione all’estero estremamente frammentata e
graduale, nanismo delle imprese, limiti nella
capacità di costruire prodotti turistici competitivi, infrastrutture insufficienti, formazione del personale inadeguata al mercato
globale, difficoltà ad attrarre investimenti
internazionali.
I fatti ci dicono che a tanta apprezzata
consapevolezza non corrisponde l’azione improntata a lungimirante e ponderata
progettualità, ma, al contrario, prevalga, la
pigra convinzione (ormai ridotta al rango di
speranza) che i turisti «comunque vada, qui
devono venire».
Una sorta di rendita di un fulgido passato:
ormai diventato un grigio presente è pronto
a trasformarsi in un opaco futuro.
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Sommario
La Rivista
1
4
17
19
20
21
23
Editoriale
Sommario
PRIMO PIANO
Deloitte incorona i signori del retail
27
30
Serve molto coraggio per amare l’Italia
Pier Lugi Celli, presidente Enit
Una pendenza sempre pendente
Turismo in Italia
43
Viaggi e vacanze degli italiani nel 2013
Il turismo è il volano dell’economia
europea
Indagine Eurobarometro
48
Turismo nel mondo
Superato il miliardo di arrivi
50
51
53
54
INCONTRI
Giovani ed ecosostenibili
Intervista con Stefan Gutknecht,
Director Sales Switzerland di airberlin
La vera sfida è essere competitivi
in un paese in crisi
Donne in carriera: Elisa Italiano
CULTURA
La tradizione della fondazione
tra mito e storia
Dalla Svizzera degli Stati
alla Svizzera federale
Il Rinascimento e le tecniche culturali
secondo Beat Wyss
Ogni epoca ha le immagini che si merita
La ragazza con l’orecchino di perla
Bologna, Palazzo Fava fino al 25 maggio 2014
40 sculture di Alberto Giacometti
Fino al 25 maggio alla Galleria Borghese
di Roma
Il Premio d’onore del cinema svizzero
ad Alexander J. Seiler
La Retrospettiva dedicata alla casa
di produzione italiana Titanus
67a edizione del Festival del film Locarno
(6–16 agosto 2014)
Al premio Oscar Garrett Brown,
verrà conferito il Vision Award
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62
63
66
68
69
74
«Gianni ci ha spiazzati un po’ tutti»
Intervista con Giulio Rapetti in arte: Mogol
DOLCEVITA
Viaggi e vacanze in Italia e all’estero
Cucina d’alta quota
St. Moritz Gourmet Festival 2014
Mamme italiane a noleggio
Regine in cucina
Molino: un classico che si reinventa
A colloquio con Marco Sanna
I “nuovi” dolci che fanno tendenza
Sapori Chic
Debutta la nuova Jeep Cherokee
con cambio automatico a 9 rapporti
84° Salone Internazionale dell’Automobile
di Ginevra
Alta tecnologia e look metropolitano
500L Beats Edition e la nuova gamma
2014 di 500L
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81
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83
84
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IL MONDO IN FIERA
Swissbau: arrivederci al 2016
Olio Capitale 2014, Fiera Trieste, 7 - 10 marzo
Salone internazionale dell’olio
extravergine di oliva
Mecspe 2014: Fiera Parma, 27 - 29 marzo
Salone internazionale della meccanica
specializzata
Miart 2014: Fiera Milano, 28 - 30 marzo
Salone internazionale di arte e moda
contemporanea
Cosmoprof 2014: Fiera Bologna, 4 - 7 aprile
Salone internazionale della bellezza
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96
IL MONDO IN CAMERA
Savona alla FESPO 2014 di Zurigo
Anteprima zurighese per i vini di Alba Langhe
e Roero
Non solo Barolo Barbaresco
La CCIS al Sirah Genève
In vetrina a Losanna
Sicilia, l’isola dei sapori
Contatti Commerciali
Servizi Camerali
Vinitaly 2014: Fiera Verona, 6 - 9 aprile 2014
Salone internazionale del vino
e dei superalcolici
Le Rubriche
Sommario
La Rivista
6
9
11
13
15
29
32
34
35
36
In breve
Italiche
Elvetiche
Europee
Internazionali
Cultura d’impresa
Burocratiche
Normative allo specchio
Angolo Fiscale
Angolo legale Italia
37
38
41
49
52
57
61
69
73
Angolo legale Svizzera
Convenzioni Internazionali
L’elefante invisibile
Scaffale
Benchmark
Sequenze
Diapason
Convivio
Motori
In copertina: Italia: La torre di Pisa deve parte della sua fama la fatto di
essere pendente (e di non cadere)
In Breve
La Rivista
Il governo Renzi
ha giurato davanti
al capo dello stato
Crisi e disoccupazione,
sono i nonni a salvare
i bilanci delle famiglie
Giuro di essere fedele alla Repubblica,
di osservarne lealmente la Costituzione
e le leggi e di esercitare le mie funzioni
nell’interesse esclusivo della Nazione”.
Pronunciando questa formula davanti
al Capo dello Stato i sedici ministri del
primo governo di Matteo Renzi hanno
giurato la loro fedeltà alla Costituzione ed entrano, così, nel pieno dei poteri loro demandati.
Il governo Renzi è formato dai ministri
con portafoglio Angelino Alfano (Interno) , Dario Franceschini (Beni culturali), Gianluca Galletti (Ambiente),
Stefania Giannini (Istruzione), Federica
Guidi (Sviluppo economico), Maurizio
Lupi(Trasporti e Infrastrutture), Beatrice Lorenzin (Salute), Maurizio Martina
(Politiche agricole), Federica Mogherini (Esteri), Andrea Orlando (Giustizia),
Pier Carlo Padoan (Economia), Roberta
Pinotti (Difesa) e Giuliano Poletti (Lavoro) ; e dai ministri senza portafoglio
Maria Elena Boschi (Riforme costituzionali e rapporti col Parlamento),
Marianna Madia (Semplificazione e
Pubblica Amministrazione) e Maria
Carmela Lanzetta (Affari Regionali).
Con la crisi economica e la crescita
della disoccupazione sono le pensioni
a “salvare” i bilanci per piu’ di una famiglia su tre. E’ quanto emerge da un
sondaggio on line del sito www.coldiretti.it divulgato in occasione dell’
Assemblea di Federpensionati, la più
grande associazione italiana di pensionati del lavoro autonomo alla quale
aderiscono settecentomila agricoltori.
Dal sondaggio scaturisce che - sottolinea la Coldiretti - il 93 per cento degli
italiani ritiene che la presenza di un
pensionato in famiglia sia una vera e
propria fortuna con una netta inversione di tendenza nella percezione del
ruolo degli anziani rispetto al passato.
In particolare - precisa la Coldiretti - ben il 37 per cento sostiene che
un pensionato in famiglia sia determinante per contribuire al reddito, mentre il 35 per cento lo considerata un
valido aiuto per accudire i nipoti al di
fuori degli asili
e della scuola. C’è anche un 17
per cento
che - continua la
Svizzera:
nuovo aumento di stranieri
corrisponde a un incremento del 3,4%.
Ancora più sensibile è la progressione
del bilancio migratorio, pari a +81’087
persone (+11%): ai 155’401 arrivi
hanno infatti fatto da contraltare solo
70’023 partenze.
La maggior parte della popolazione
straniera (1.248.726, 66%) è costituita da persone provenienti da stati
dell’UE-27/AELS, che segnano un balzo del 4,5%. Il gruppo di immigrati
più cospicuo è costituito dagli italiani (301’254*), seguiti dai tedeschi
(293’156), dai portoghesi (253’769),
dai francesi (110’190) e dai kosovari
(95’140).
Nel 2013 il Kosovo ha segnato il maggiore aumento dell’effettivo dei propri
cittadini in Svizzera (+15’703). Questa
Gli stranieri continuano ad aumentare
in Svizzera: a fine dicembre 1’886’630
persone con passaporto estero risiedevano in modo permanente nel paese. Rispetto al 2012 il loro numero
è aumentato di 61’570 unità, ciò che
6 - La Rivista marzo 2014
Coldiretti - ne apprezza i consigli offerti grazie all’ esperienza ed un 4 per
cento che si avvantaggia dell’ apporto
lavorativo nella casa mentre appena il
7 per cento degli italiani considera i
pensionati un peso o un ostacolo. La
presenza di un nonno in famiglia si sta
dimostrando, nei fatti, fondamentale - continua la Coldiretti - per non
far sprofondare nelle difficoltà della
crisi moltissimi cittadini come dimostra il fatto che il 37 per cento degli
italiani ha chiesto aiuto economico ai
genitori, secondo una indagine Coldiretti-Ixe’. “La presenza degli anziani
all’ interno della famiglia in generale, e di quella agricola in particolare,
è stata considerata come una forma
arcaica da superare mentre con la crisi
si sta dimostrando fondamentale per
affrontare le difficoltà economiche e
sociali di molti cittadini”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “la
solidarietà tra generazioni sulla quale
si fonda l’ impresa familiare è un modello vincente per vivere e stare bene
insieme e non un segnale di arretratezza sociale e culturale come è stato
spesso affermato”.
crescita va ricondotta anzitutto al fatto che dall’indipendenza del loro Paese, nel 2008, numerosi cittadini del
Kosovo residenti in Svizzera si fanno
registrare come tali e non più come
cittadini serbi. Seguono nella graduatoria i cittadini portoghesi (+15’337),
tedeschi (+7’777), italiani (+6’895)
e francesi (+6’261). Il maggior calo
dell’effettivo dei propri cittadini in
Svizzera è stato registrato dalla Serbia
(-15’506), seguita da Croazia (-1’037),
Bosnia-Erzegovina (-683), Turchia
(-322) e Sri Lanka (-247).
*Nel computo non figurano ovviamente i quasi 300 mila italiani che hanno
anche il passaporto rossocrociato, i
quali per le statistiche sono naturalmente cittadini svizzeri
In Breve
La Rivista
A Ginevra
il terzo MeetUp Italia
Mercoledì 12 febbraio si è tenuto
presso l’Hotel Le Richemond di Ginevra il terzo MeetUp Italia, il ciclo
di incontri organizzati dall’ufficio di
Ginevra della CCIS per consolidare
ed espandere il network dei soci sulla Svizzera romanda, che ha visto la
collaborazione con il partner Bocconi
Alumni Association (BAA) di Ginevra.
Per l’occasione sono stati invitati ad
intervenire due relatori di spicco quali: Dott. Piergiorgio Cecco, Managing
Director di Maserati Suisse SA, e il
Prof. Alessandro Arbore, Associate
Professor in Management Practice
e Director of the Executive Master in
Marketing & Sales, Scuola di Direzione
Aziendale (SDA) Bocconi. A dare loro il
benvenuto la responsabile dell’ufficio
di Ginevra della CCIS, Marianna Valle,
e il Presidente della BAA di Ginevra,
Maria Pia Cappiello.
Il Dott. Cecco è intervenuto sul tema
“Maserati Quattroporte, the strategy
of the sports limousine” presentando
al pubblico la storia del marchio sinonimo di eleganza e lusso nel mondo
dell’automobilismo e che proprio nel
2014 celebra il suo centenario. Il Dott.
Cecco ha in seguito illustrato la strategia marketing di Maserati e le incoraggianti prospettive di crescita previste per i prossimi anni soprattutto
sul mercato svizzero. Riallacciandosi
a quest’ultimo punto, il Prof. Arbore
ha sviluppato l’interessante tema “The
contribution of marketing to the company value: fighting misperceptions
and misconceptions” per spiegare il
ruolo che ricopre oggi il marketing
nella vita di tutti i giorni e la sua evoluzione negli ultimi decenni. Se negli
anni 70’ il marketing era principalmente uno strumento per acquisire
clienti vendendo loro delle promesse,
oggi questo non è più possibile. La
crisi e la congiuntura hanno inciso
profondamente sulle aspettative del
cliente portando il marketing a focalizzarsi non più sulla mera attrazione
del customer quanto piuttosto sulla
sua soddisfazione e, conseguentemente, fidelizzazione.
Gli oltre 40 partecipanti all’evento
hanno molto apprezzato il contenuto delle presentazioni e l’associazione
di due speaker provenienti da settori
perfettamente complementari, l’industria e la ricerca. L’incontro si è
concluso con un cocktail che ha permesso ai partecipanti di entrare in
contatto tra loro.
marzo 2014 La Rivista - 7
CREA
LA TUA STORIA D’AMORE
TAGLIATELLE
BOLOGNESE
INSIEME
famiglia
Per una cena in
La Rivista
Italiche
di Corrado
Bianchi Porro
Perché investire in Italia?
Le banche svizzere credono nelle potenzialità del
mercato italiano. Ne hanno parlato gli scorsi giorni
Alfredo Piacentini, uno dei fondatori della Banca Syz
di Ginevra con il capo economista Fabrizio Quirighetti;, Sergio Bertoncini, del team Research, Analysis e Strategy di Amundi (creato nel 2010 da Crédit
Agricole e Société Générale per raggruppare le loro
attività di asset management). Infine, ha condiviso
l’opinione anche Christian Gattiker-Ericsson, Chief
Strategist della Julius Baer.
Perché investire in Italia? Si conoscono le debolezze
dell’Italia: elevato debito pubblico, consumi domestici anemici, alto tasso di disoccupazione, difficoltà
di finanziamento per le imprese e non da ultimo, un
quadro politico sempre in evoluzione. L’anno scorso due agenzie di rating avevano minacciato di degradare l’Italia. Eppure, i risultati in borsa nel 2013
sono stati eccellenti. Come spiegare tutto ciò?
Nel 2007 Spagna e Irlanda erano lodate per il basso debito
pubblico. Poi sappiamo com’è andata a finire. Per l’Italia, il
debito pubblico è pesante, ma stabilizzato intorno al 130% e
detenuto prevalentemente dai residenti, mentre si registra un
avanzo primario. Invece il livello di indebitamento delle famiglie è il più basso tra i Paesi Ocse. La bolla immobiliare è assente e vi si trovano aziende leader in molti mercati di nicchia
che sono in crescita. Né vi è da dimenticare che vi sono due
Italie. Il nord ha un Pil per abitante intorno ai 30-35mila euro,
il sud intorno a 20mila. Il Pil delle regioni del Nord è dunque
paragonabile a quello della Germania. L’indebitamento totale
in % del Pil è in sostanza più basso rispetto a Giappone, Regno Unito, Spagna, Francia ed è in linea con quello delle altre
grandi economie. L’Italia è però in ritardo sulle riforme del
mercato del lavoro e dunque vi sono grosse potenzialità se il
nuovo governo riuscirà a correggere questo fattore.
Gli investitori internazionali hanno incominciato a guardare al
mercato italiano dalla scorsa estate nella consapevolezza che
il peggio è oggi ormai alle spalle. Nel frattempo, il mercato
azionario ha accumulato un grosso ritardo sui listini europei.
Infatti, mentre le borse europee sono tornate sulle quotazioni
pre-crisi, quella italiana viaggia ancora al 50% dei livelli del
2007. Ciò significa grosse potenzialità di crescita, mentre il
listino è chiaramente in ritardo rispetto a quello degli altri Paesi e dunque attraente per gli investitori internazionali. Inoltre, cresce la fiducia delle famiglie e delle imprese e l’indice
PMI, che misura l’uscita dalla recessione, è saldamente sopra
i 50 punti che rappresentano il punto di svolta tra espansione
e contrazione.
Quest’anno la crescita sarà intorno allo 0,7-0,8%. È ancora
debole, ma prossima a superare il punto di minimo, trainata
dalle esportazioni. Inoltre oggi la BCE è più spaventata dalla
deflazione che dall’inflazione e dunque da Francoforte vi potranno essere sorprese positive. Anche il costo del denaro sta
scendendo. Il titolo di Stato italiano a 10 anni paga oggi circa
il 3 % contro una media del 4,3 % nel 2013 e 5,5% nel 2012.
Ciò significa che i bilanci delle grandi imprese e delle banche,
piene di titoli pubblici, registrano un deciso miglioramento
per il solo fatto del calo dei tassi e dello spread. La bilancia
commerciale positiva in Italia è sostenuta quest’anno dal miglioramento della situazione europea. Le imprese dovrebbero
dunque riprendere ad investire, mentre non si prevede un ulteriore calo della spesa al consumo.
Secondo Quirighetti si trovano nel listino italiano numerosi
leader mondiali spesso sconosciuti. Qualche nome? Luxottica
che possiede i marchi Ray-Ban e Oakley; G-Tech che gestisce
la lotteria di New York, mentre l’azienda è uno dei principali
fornitori mondiali di soluzioni tecnologiche per il mercato delle lotterie e giochi d’azzardo e numerosi stati americani stanno pensando di esternalizzare la gestione delle lotterie; Yoox
gestisce per conto di Armani, Brunello Cucinelli, Diesel e Monclair la concezione e il funzionamento delle boutique online;
Enel Green Power è il primo specialista mondiale quotato nel
settore delle energie rinnovabili; Sorin è leader sul mercato
dei dispositivi medici per la cura delle malattie cardiovascolari
con una quota di mercato del 70% nelle macchine cardiopolmonari e del 35% negli ossigenatori e sistemi di autotrasfusione; CNH Industriale è il n. 2 al mondo nelle macchine
agricole; Cementir è il primo produttore mondiale di cemento
bianco, primo produttore di cemento grigio in Danimarca, secondo in Scandinavia mentre solo il 14% delle vendite avviene in Italia; Telecom è il numero due nel settore della telefonia
mobile in Brasile e Argentina; Danieli, tra i primi tre fornitori
mondiali di impianti e macchinari per l’industria
siderurgica; Tenaris, il maggior produttore e fornitore a livello
globale di tubi d’acciaio e servizi correlati...
E la politica? L’Italia ha avuto 65 governi e ne è uscita fuori
bene nonostante tutto. Saprà farlo anche ora con il nuovo governo Renzi, il più giovane premier incaricato della Repubblica
Italiana. Dunque, esistono numerose potenzialità. Poi vi sono i
principali esportatori nel settore dei beni di lusso, componenti
auto, specialità farmaceutiche e operatori industriali di nicchia. Potenzialità anche da società in ristrutturazione. Infine,
il settore finanziario e le banche hanno oggi una base patrimoniale più solida, con progressivo miglioramento dell’accesso al credito e valutazioni interessanti.
marzo 2014 La Rivista - 9
La Rivista
Elvetiche
di Fabio Dozio
Svizzera vs Europa
Il voto dello scorso 9 febbraio è storico. Mette in discussione il rapporto tra la Svizzera e l’Europa, peggio,
mette la Svizzera contro l’Europa. Infatti, l’esito della
votazione sull’immigrazione di massa è paragonabile a
quello del 6 dicembre del 1992 sull’entrata della Svizzera nello Spazio economico europeo. Anche allora gli
elvetici votarono contro l’Europa e, ironia della sorte,
il risultato fu identico: 50,3% contro lo Spazio economico europeo, così come la percentuale che ha detto
di sì all’iniziativa dell’Unione democratica di centro.
Il popolo ha deciso, ma quanti fautori del sì avranno capito esattamente su cosa stavano votando? Ticino a parte, è
significativo che hanno approvato l’iniziativa i cantoni con
una minore percentuale di stranieri, dunque si tratta soprattutto e ancora di voto xenofobo.
Che fare ora?
Secondo quanto detta il nuovo articolo costituzionale, Parlamento e Governo hanno tre anni di tempo per definire
la legge che dovrebbe contenere e limitare l’immigrazione
grazie ai contingenti.
L’Unione Europea sta già reagendo con alcune ritorsioni,
dopo che la Svizzera ha annunciato di non sottoscrivere
l’accordo di libera circolazione con la Croazia: esclusione dal
progetto di ricerca Horizon 2020 e sospensione degli scambi di studenti Erasmus+. Sono a rischio molti finanziamenti
alle nostre scuole e università e molte relazioni scientifiche.
Un esempio su tutti: può saltare il miliardo che dovrà ricevere il Politecnico di Losanna per il progetto “Human brain”.
La libera circolazione è un principio fondamentale della UE,
un pilastro che sta alla base della nascita del concetto di
Europa unita. E’ quindi escluso che Bruxelles possa accettare un indebolimento del principio. E’ vero che la Svizzera
è il terzo cliente della UE, ma ciò non basterà – come si
illudono gli iniziativisti – a far accettare deroghe alla libera
circolazione. Un’ipotesi fantasiosa se solo pensiamo alla rigidità e alla severità della UE, Merkel in testa, nei confronti
dell’Italia e della Grecia.
Introducendo i contingenti, la Svizzera abroga la libera circolazione. In questo caso l’UE dovrebbe far valere anche
la clausola ghigliottina, cioè abolire gli altri accordi (commercio, ricerca, ecc.) sottoscritti con la Svizzera. Il risultato di questa opzione radicale è l’assoluto isolamento della
Confederazione. Un isolamento che creerebbe conseguenze
nefaste dal profilo economico. A meno di ripensare il concetto di sviluppo in un’ottica di decrescita, si spera felice.
C’è chi ritiene che l’iniziativa può permettere a Parlamento e
Governo di proporre una legge che non metta in discussione
gli accordi bilaterali. Dovrebbe essere il sofisticato risultato
di un alto equilibrismo, frutto dello storico pragmatismo elvetico. Si tratterebbe di intervenire con misure di dissuasione dell’immigrazione senza scardinare la libera circolazione.
Non sarebbe il primo caso in cui un dettato costituzionale
non venga applicato alla lettera.
Altra possibilità, meno fantasiosa di quanto possa sembrare,
è che il Governo richiami alle urne i cittadini, dopo aver
cozzato contro gli effetti negativi della disdetta dei bilaterali. Cosa analoga fece l’Irlanda pochi anni fa e avvenne in
Svizzera per l’ora estiva.
Se contingentamento deve essere, come sarà? Sicuramente
una complicazione burocratica. Ma, soprattutto, chi definirà,
e come, le priorità, sempre ammesso che lo scopo sia ridurre
l’immigrazione? In Ticino, per esempio, si concederanno i frontalieri agli ospedali e alle case per anziani, ma non alle ditte
italiane di logistica? Ciò significa che lo stato assumerebbe un
ruolo interventista nell’economia che i promotori dell’iniziativa dovrebbero abborrire. In passato il contingentamento ha
sempre avuto maglie larghe, tant’è che l’immigrazione negli
anni settanta è raddoppiata. Cosa farà, per esempio, l’azienda
farmaceutica di punta con sede in Ticino, ma con un mercato
mondiale, che cerca quattro persone molto qualificate, se si
annunciano trenta candidati, di cui solo uno svizzero? I tre (o
quattro) stranieri potranno essere assunti?
I prossimi mesi saranno determinanti per questo Paese.
Il Consiglio federale dovrà darsi una mossa. Le misure di accompagnamento, non utilizzate finora, andranno applicate.
Solo due settimane prima del voto il governo ha comunicato
di voler intervenire per limitare gli aiuti sociali agli stranieri
immigrati che non lavorano: non poteva farlo prima?
Bisognerà intervenire sulla formazione: fino a quando manterremo il numero chiuso a Medicina importando medici
dall’estero?
I partner sociali (datori di lavoro e sindacati) dovranno collaborare per migliorare le condizioni di lavoro e soprattutto
per combattere la tendenza all’abbassamento dei salari. Il
dumping salariale rimane uno dei motivi principali di attrazione degli stranieri, soprattutto frontalieri.
E qui, una prima risposta si avrà a maggio, quando il popolo
sarà chiamato a decidere sul salario minimo di quattromila
franchi al mese.
marzo 2014 La Rivista - 11
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La Rivista
Europee
di Viviana Pansa
Il momento della verità
Il presidente del Consiglio Enrico Letta rassegna le
sue dimissioni proprio nel giorno in cui l’Istat certifica una lieve ripresa dell’economia italiana: l’ultimo
trimestre del 2013, con un +0,1%, segna un’inversione di tendenza – anche se molto debole – dell’andamento del Pil, dopo 9 trimestri consecutivi di segno meno (l’ultimo trimestre positivo, con un +0,2%,
era stato il secondo del 2011, alla vigilia dell’estate
in cui esplode la crisi che sancisce la fine del governo
guidato da Silvio Berlusconi).
Anche lo spread tra Btp e Bund tedeschi scende sotto il muro
dei 200 punti, ai minimi dal giugno 2011, mentre diminuisce a
gennaio la richiesta di cassa integrazione, pari a 81 milioni di ore,
-5,28% rispetto al mese precedente e -10% rispetto al gennaio
dello scorso anno (dati Cgil). L’Italia ha perso però il 2,8% di Pil pro
capite – siamo il solo Paese dell’area euro ad aver perso quote di
prodotto interno lordo pro capite dal 1999 ad oggi; anche Grecia
e Portogallo, seppur di un modesto 0,8%, hanno registrato un aumento - e dopo 5 anni di crisi l’Istat segnala come una famiglia su
4 affronti una situazione di disagio economico, schiacciata anche
dal peso fiscale che ha raggiunto il 44%, percentuale analoga alla
Svezia, con servizi che però sono assai lontani dal modello scandinavo. Conosciamo già i numeri allarmanti della disoccupazione
giovanile in Italia, ma è anche l’occupazione in generale a restare
lontana dalla media europea: il 61% contro il 75%.
A fronte dunque di un lento miglioramento del quadro economico, si presenta ancora lunga la strada da percorrere per il nuovo
esecutivo italiano e il perseguimento delle riforme è necessario,
non solo per garantire stabilità ai mercati (da poco l’agenzia Moody’s ha rivisto al rialzo le stime sull’Italia), ma anche per il programma della Banca centrale europea di riacquisto dei titoli di
Stato dei Paesi in difficoltà Omt (Outright Monetary Transaction),
messo sotto accusa dalla Germania e ora rinviato al giudizio della
Corte europea. Non c’è dubbio però che la nuova crisi di governo
allunghi i tempi e il primo “effetto collaterale” è il rinvio dell’applicazione della “clausola degli investimenti”, lo scorporo degli
investimenti produttivi dal deficit di bilancio che avrebbe dovuto
essere, nelle intenzioni, il primo risultato della spending review
all’esame del commissario di governo Carlo Cottarelli.
Il nuovo esecutivo italiano dovrà inoltre presentarsi all’altezza
del semestre italiano di presidenza dell’Unione, cui mancano
pochi mesi, specie in vista del fatto che esso sarà prettamente
politico, con il rinnovo del Parlamento europeo a fine maggio.
Crescono gli interrogativi sul futuro Europarlamento anche dopo
l’esito del referendum svizzero sull’immigrazione, e con lo sconcerto suscitato dalla richiesta di introduzione di quote di ingresso alla Confederazione – tra gli effetti immediati la sospensione
del negoziato sull’elettricità, mentre il Consiglio Ue ammonisce
sull’impossibilità di separare la libera circolazione delle persone
da quella dei capitali.
Nel suo recente discorso al Parlamento europeo il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha definito suggestivamente
le prossime elezioni europee come “il momento della verità”. Ma
la scelta non è – ha chiarito – tra una “stanca retorica in difesa di
un’Europa che ha mostrato gravi carenze e storture nel cammino
della sua integrazione” e “un’agitazione puramente distruttiva
contro l’euro e l’Unione, anche se in nome di un’immaginaria altra
Europa da far nascere sulle macerie di quella che abbiamo conosciuto”, perché dal lungo cammino fatto in comune, per Napolitano, non si può tornare indietro. Anzi, egli invita a riconoscere
come l’Europa, pur con numerosi errori e fatica, abbia reagito
alla crisi e riprende le parole del presidente della Bce, Mario Draghi, sulla moneta unica. Quest’ultimo in un convegno svoltosi
a Berlino alcuni mesi fa aveva negato che si potesse definire il
secondo decennio di vita dell’euro un “decennio perduto”, poiché
speso invece a correggere gli errori di quella che Napolitano definisce “un’innovazione economica per troppi anni rimasta priva
dei suoi componenti essenziali”. La svolta che questa “crisi strutturale” richiede è un cambiamento di fondo nel modo di essere
e di operare dell’Unione, cambiamento che deve andare al di là
delle politiche economiche e sociali adottate – anche se chiara
è la consapevolezza che occorra spezzare al più presto il circolo
vizioso ed economicamente restrittivo imposto dall’austerity –
verso un deciso rafforzamento della legittimità democratica del
processo decisionale, rafforzamento che non può prescindere
dall’articolazione della governance di un’autentica unione economica e monetaria europea.
Napolitano richiama un’Europa “comunità di valori e di diritto,
comunità complessa e articolata nel segno della libertà e della
democrazia”, che deve essere alimentata non solo dalla ricchezza delle sue radici comuni ma anche da un compito che possa
parlare a tutti i suoi cittadini. Se ieri era il “senso tragico della
storia” di leader come François Mitterand ed Helmut Kohl a spingere i popoli europei a porre fine ai nazionalismi attraverso la
costruzione europea – senso condiviso da generazioni che avevano attraversato due drammatici conflitti mondiali, – oggi la
molla dovrebbe essere data dalla consapevolezza che sono uniti
è possibile “scongiurare il declino del nostro Continente e di ciò
che esso ha rappresentato nella storia”. Una consapevolezza che
però ci appare ben più lontana dalla vita delle persone che non
quel “senso tragico” sopra richiamato. O che forse, per poter essere alimentata, necessita di una leadership ben più autorevole
di quella che oggi possiamo riscontrare in Angela Merkel, o Martin Schulz o, ancora, nel greco Alexis Tsipras. Un’autorevolezza
che a ben vedere però non appartiene neppure agli euroscettici,
neppure a quelli, come Marine Le Pen, che raccolgono una parte
significativa dell’elettorato dei loro rispettivi Paesi.
marzo 2014 La Rivista - 13
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La Rivista
Internazionali
di Michele Caracciolo
di Brienza
La sensata follia
della violenza di strada
Il mese di febbraio appena scorso è stato costellato di
episodi di manifestazioni di piazza sfociati in durissimi scontri urbani in posti tra loro lontani. Un fattore
comune pervade comunque le barricate: la sofferenza
materiale e quindi anche morale dei manifestanti.
Il 22 febbraio il presidente filorusso Victor Yanukovich lasciava la capitale ucraina Kiev mentre Yulia
Tymoshenko, uno dei leader dell’opposizione, usciva
dal carcere. Il parlamento ucraino, dopo aver esautorato il presidente, ha stabilito elezioni libere per il 25
maggio. I violenti scontri di piazza hanno portato un
cambio al vertice del paese. È stato davvero un fatto
straordinario vedere la bandiera dell’Unione Europea
sulle barricate di copertoni in fiamme a Kiev.
Il bilancio finale è purtroppo di ottanta morti negli scontri tra
i manifestanti e la polizia, secondo quanto riportato dall’Ansa.
In un intervento su The New York Times del 21 febbraio Romano
Prodi sottolinea il fatto che “[…] molti se non la maggioranza
dei manifestanti sono sinceri e vogliono un’Ucraina pacifica che
sia stabile e democratica”. Tuttavia, a Kiev hanno agito gruppi
violenti di nazionalisti e di estremisti di destra che hanno attaccato la polizia. Tra questi gruppi si trova il partito Svoboda
apertamente antisemita, il terzo partito d’opposizione del paese.
Continua Prodi: “[…] L’Europa ha più che mai bisogno dell’Ucraina come un ponte verso la Russia. Negli ultimi giorni i colloqui
tra le due parti hanno fatto emergere solo la malafede. La sfiducia è cresciuta costantemente: Mosca crede che la diplomazia
europea abbia l’obiettivo di creare un impero in tutto e per tutto
ma senza mai nominarlo, mentre Bruxelles vede una Russia gelosa e determinata a ricreare un passato imperiale”. Sempre The
New York Times riporta che l’Alto Rappresentante per la politica
estera e di sicurezza, la britannica Catherine Ashton, ha dichiarato che i ministri degli esteri francese, tedesco e polacco sono
stati “profondamente scossi e preoccupati dalla vastità della
violenza che ha avuto luogo”. Catherine Ashton ha poi ringraziato i ministri di questi tre paesi per averla messa al corrente
dei loro incontri con Yanukovich. L’Alto rappresentante della
politica estera dell’UE sembra essere una sorta di ministro degli
esteri in più, di portavoce, piuttosto di un vero e proprio titolare
delle politiche estere dei singoli membri dell’Unione.
Vi sono stati due episodi sorprendenti durante le recenti vicende
che entreranno nella storia europea: le dimissioni il 21 febbraio
scorso di uno dei vicecomandanti delle forze armate ucraine, il
tenente generale Iuri Dumanski, perché contrario all’intervento
dell’esercito contro i manifestanti. L’altro episodio riguarda, invece, l’arrivo a Kiev dei poliziotti della regione di Leopoli con le
armi di ordinanza per schierarsi con i manifestanti. L’Ucraina
era arrivata sull’orlo di una guerra civile.
Il 4 febbraio scorso le proteste che erano cominciate a Tuzla,
una città nel nord della Bosnia Herzegovina, si sono estese ad
altre città tra cui la capitale Sarajevo. Le proteste di Tuzla sono
state animate dai lavoratori di cinque aziende privatizzate e
poi fallite. L’8 febbraio poi le manifestazioni si sono estese e la
violenza è iniziata. Vari edifici del governo, incluso il palazzo
presidenziale a Sarajevo, sono stati dati alle fiamme. Sarajevo
ricorda proprio in questi giorni le Olimpiadi invernali ospitate
trent’anni fa, ma sono altri i ricordi che affiorano: la guerra
civile che tra il 1992 e il 1995 causò 100’000 vittime e due
milioni di profughi.
Il 9 febbraio s’è dimesso Suad Zeljkovic, premier del Cantone
di Sarajevo. Le proteste hanno infiammato anche altre città:
Bihac, Mostar e la stessa Sarajevo appunto. In quattro giorni
di proteste ci sono stati trecento feriti e decine di arresti.
Un diplomatico di una paese dell’Unione Europea residente
a Sarajevo ha dichiarato a La Rivista: “La situazione è fluida. La crisi può essere un’opportunità per rimettere in moto il
processo UE”.
Questo malcontento sfociato in violenza è il frutto della povertà. Dopo quasi vent’anni dalla fine della guerra il livello di
corruzione in Bosnia è alto. Secondo The Economist del 15 febbraio scorso, la tangente per ottenere un impiego come addetto alle pulizie nell’ospedale di Tuzla è di 2’000 euro. Per un
lavoro invece in una delle compagnie telefoniche la tangente
è di circa 10’000 euro. Il tasso di disoccupazione è arrivato al
27,5%. La società regge ancora poiché l’economia sommersa
aiuta i disoccupati ad andare avanti. Parte del problema è l’eredità degli accordi di pace di Dayton del 1995. Il paese è diviso
in due entità oltre ad un distretto autonomo. La federazione
bosniaco-croata è divisa in dieci cantoni che competono nella
spartizione delle risorse pubbliche con altre amministrazioni locali. Il risultato è un sistema che paga alti salari ai politici e ai
burocrati in un paese di quasi quattro milioni di abitanti. Negli
ultimi anni i leader politici in Bosnia hanno dibattuto senza fine
per fare piccole modifiche costituzionale evitando però ogni
tipo di discussione sulle riforme economiche e sociali. La corruzione dilagante, l’urgente bisogno di riforme delle istituzioni e
la grave crisi economica costituiscono una miscela esplosiva. La
si può ritrovare altrove? Viene in mente per caso qualche altro
paese poco distante?
[email protected]
marzo 2014 La Rivista - 15
La Rivista
Deloitte
incorona i signori
del retail
È uscita l’edizione 2014 dell’indagine annuale che Deloitte
Touche Tohmatsu Ltd (DTTL), in
collaborazione con Stores media, dedica ai vertici della gdo
planetaria. In cima alla classifica si mantiene saldamente
Wal-Mart con i suoi 470 miliardi di dollari di fatturato.
Per trovare un gruppo italiano
bisogna scendere al 61mo posto, dove ci si imbatte in Coop.
Conad È 71a ed Esselunga occupa la posizione numero 122
guadagnando 3 posti.
Le difficili condizioni economiche degli Usa e dell’Europa non hanno impedito ai 250 più grandi retailer mondiali
di raggiungere 4,3 milioni di miliardi
di dollari nel corso dell’ultimo anno fiscale (giugno 2012 -giugno 2013). Un
risultato dettato anche dall’espansione dei più importanti operatori oltre
i propri confini nazionali in cerca di
maggiori opportunità e nel tentativo
di tamponare la mancata o lenta crescita del mercato nazionale: nel periodi di riferimento, infatti, sono stati
40 su 250 i retailer a entrare in nuovi
mercati. L’area di maggior investimento è l’Africa con 21 nuovi insediamenti, ma l’Europa Centrale non sta a
guardare, registrando ben 20 nuove
entrate. La dimensione media dei leader ha superato 17 miliardi di dollari.
È quanto si può leggere nell’edizione
2014 di “Global Powers of Retailing”, il
rapporto annuale che Deloitte Touche
Tohmatsu Ltd (DTTL), in collaborazione con Stores media, dedica ai vertici
della gdo planetaria. In cima, come al
solito, Wal-Mart, oltre 469 miliardi,
seguito da Tesco - che però con i suoi
101 miliardi realizza meno di un quarto del fatturato del big americano - e
dunque dal re dei wholsale club, Costco. Al quarto posto si piazza Carrefour, al sesto Schwarz (Lidl tanto per
capirci), al settimo Metro, al nono Aldi,
al quattordicesimo Auchan. Casino è
ventesima, Ikea trentesima e la spagnola Inditex (Zara) quarantacinquesima. Insomma gli europei non fanno
certo cattiva figura e i portabandiera
sono i soliti francesi e tedeschi, anche
se I retailer europei segnano un +3,4%
del fatturato, al di sotto della media
delle Top 250. Molto peggio i distributori giapponesi, unici a registrare un
calo del fatturato (-1,5% rispetto allo
scorso esercizio fiscale). I margini più
elevati di crescita vengono registrati
in America: America Latina (+4,6%)
e Stati Uniti (+4,3%), entrambi al di
sopra della media (+3,8%).
Sul fronte svizzero, Migros e Coop rimangono fra i 50 maggiori gruppi al
mondo attivi nella grande distribuzione organizzata. Secondo lo studio
Migros si è attestata in 39° posizione,
eguagliando il risultato dello scorso
anno. Coop, invece, ha perso tre posizioni scendendo al 49° posto. I gruppi italiani presenti nel salotto buono
della gdo sono Coop Italia, con 15,3
miliardi al 61esimo posto (dal 56esimo dello scorso anno), Conad, 71esima con 13,15 miliardi (da 78esima)
e Esselunga, 122esima con 8 miliardi
(da 125esima). Ira Kalish, global chief
economist di DTTL spiega che “Dopo
un inizio difficile è incoraggiante vedere che le principali insegne mondiali
sono state in grado di seminare bene
e di raccogliere i frutti di una maggiore spesa dei consumatori nel seguito dell’anno. Ciò è servito a fornire
la spinta di fatturato decisiva a quasi
l’80% della top 250 (199 aziende). Per
la prima volta si osserva che i grandi
retailer hanno intrapreso una serie di
sell-off, ossia di dismissioni, per garantirsi una redditività soddisfacente”.
marzo 2014 La Rivista - 17
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La Rivista
Pier Lugi Celli,
presidente Enit
Serve molto coraggio per amare l’Italia
di Giangi Cretti
Coraggio e determinazione, queste sono le due qualità che servono per amare un Paese “allo
stremo, senza risorse”, con un
grande potenziale colpevolmente trascurato. A sostenerlo, senza circonvallazioni eufemistiche,
una persona che l’Italia, non solo
la ama, ma, quanto meno per
funzione, vorrebbe farla amare e
apprezzare, visto che presiede un
ente che ha proprio quello come
specifico obiettivo.
La persona è Pierluigi Celli, un passato
ricco di esperienze di grande responsabilità nella gestione, organizzazione
e formazione delle risorse umane in
gruppi come Eni, Rai, Olivetti e Enel, ma
anche presso l’Università LUISS Guido
Carli, dov’è stato direttore generale, e un
presente da presidente dell’Enit : Ente
nazionale italiano per il turismo.
Parole amare quelle usate da Celli nel
corso di un incontro, organizzato a
Losanna dalla locale sezione del GEI
(Gruppo Esponenti Italiani). E l’amarezza è lo stato d’animo che comunica, ricordando come nel breve volgere di un
paio di decenni l’Italia da primo paese al
mondo per numero di arrivi è andato via
via scivolando fino a ritrovarsi sesto (ma
qualcuno, pietoso, dice il quinto).
Le ragioni vanno ricercate in una sorta di
masochismo legislativo, che delega alle
regioni anziché allo stato il compito e le
risorse per la promozione che, in pratica,
alla faccia della tanto evocata urgenza
di fare sistema, viene realizzata, in ordine sparso e sperso, da province, enti
locali, associazioni di categoria. Dilapidando risorse nella maniera più stupida,
pertanto meno efficace, possibile. Non
è vero che spensiamo meno di Francia
L’entrata della sede nazionale
dell’Enit a Roma
Pier luigi Celli con Augusto Fei
presidente del GEI di Losanna
o Spagna, spendiamo di più, ma peggio.
“Mi è capitato” – racconta e l’impressione è che non sappia se ridere o
piangere – “di atterrare recentemente
all’aeroporto di Shanghai, e di trovarmi
davanti un cartellone che invitava a visitare il Metaponto”. “Avete mai provato
a chiedere ad un italiano, che non sia un
lucano, dove sia il Metaponto? Non lo sa.
Figuratevi i cinesi. E poi, come ce li portiamo in Metaponto, o magari a Matera,
che meriterebbe di essere vistata, se gli
aerei atterrano a Parigi o Francoforte e
noi stiamo sempre discutendo se il nostro hub sia Fiumicino o Malpensa?”.
È una questione di infrastrutture, per
l’ospitalità e per i trasporti, assenti o insufficienti; di servizi, talvolta inadeguati; di strategie, puntualmente aleatorie;
di burocrazia, ottusamente vincolante.
“Sono sei anni che l’aeroporto di Fiumicino sta attendendo il permesso per i la
vori di ampliamento. Veti e ricorsi, da
parte del comune; tasse (sul rumore) da
parte della regione”.
In questo scenario, l’Ente Nazionale per
il Turismo - che dispone di un budget
inferiore a quello che spende la Basilicata per la sua promozione turistica,
di un centinaio di dipendenti in Italia
e di 85 all’estero – dovrebbe avere la
funzione di coordinare le attività promozionali verso l’estero, convincendo
i vari soggetti ad operare sui mercati
internazionali sotto un’unica bandiera,
quella tricolore, come fanno tutti gli altri Paesi nostri competitori. Ma questo
non è possibile in assenza di una normativa che, nel caso specifico, anziché
centralizzare le competenze, le decentralizza; con un’amministrazione che
ancora non ha convenuto sull’importanza strategica ed economica che riveste il
turismo. Tant’è che dopo l’abolizione per
referendum popolare (“ma dov’è la ratio
di una simile operazione”) del ministero
per il turismo (e di quello dell’agricoltura, poi fatto rinascere sotto il nome di
Ministero per le politiche agricole) ogni
governo che si è succeduto ha posteggiato la specifica competenza presso
questo o quel dicastero.
“Sono presidente dell’Enit dal maggio del
2012. Nel frattempo, - racconta Celli - si
sono succeduti tre governi e a breve ce
ne sarà un quarto. Prima il turismo era
integrato nel Ministero per le regioni e
per lo sport, con una specifica direzione
generale. Nell’ultimo anno, è stato traslocato ai beni culturali, con un direzione generale che però dipendeva direttamente dalla Presidenza del Consiglio”.
Una situazione che si traduce in paralisi
operativa, che non solo, com’è effettivamente il caso, preclude di riorganizzare
l’ente (“sono due anni che attendo il via
libera ad una proposta che ho introdotto
quando sono entrato all’Ente”), ma blocca anche qualsiasi azione promozionale:
“dovrei realizzare una campagna pubblicitaria nei Paesi confinanti e in Russia.
Da mesi dispongo dei soldi, ma non ho il
permesso di agire in quanto bloccato da
cavilli burocratici. Intanto, il tempo passa e per la stagione estiva l’azione rischia
di essere ormai tardiva”.
All’orizzonte l’Expo 2015: “un’occasione
imperdibile”. In palio c’è il rilancio di un
settore che per l’Italia rappresenta una
ricchezza che non dovrebbe più essere
colpevolmente trascurata.
marzo 2014 La Rivista - 19
La Rivista
Turismo
in Italia
Una pendenza sempre pendente
Negli ultimi dieci anni uno dei
settori economici che ha avuto la crescita maggiore a livello
mondiale è il turismo. Infatti, la
spesa dei turisti per viaggi all’estero è raddoppiata e si prevede
che nei prossimi dieci anni aumenti di un ulteriore 50%. Nel
2013, più di un miliardo di persone ha effettuato un viaggio
all’estero per turismo.
Il turismo internazionale sta attraversando un trend di crescita deciso,
costante e di lungo periodo. Questa
evidenza è in atto già a partire dal
1980 e si attende che la crescita sarà
sostenuta anche nel prossimo ventennio. Considerando i flussi che si sono
realizzati, dai ca. 280 milioni di passeggeri del 1980 si è passati ai ca. 900
del 2010, e per il 2030 è atteso che i
passeggeri raddoppino, fino a arrivare
ai 1,8 miliardi annui (World Tourism
Organization, 2011).
In costante perdita
di competitività
L’Italia ha ancora un ruolo rilevante
nel turismo internazionale, ma stenta
a tenere il passo della crescita del settore e tende a perdere quota di mercato nei confronti dei suoi tradizionali
concorrenti europei, evidenziando una
notevole perdita di competitività. Il
turismo comunque rappresenta per il
nostro Paese un settore rilevante, con
un peso significativo nell’economia
nazionale, generando maggiori opportunità di lavoro rispetto ad altri settori
industriali considerati prioritari.
Il contributo del turismo al prodotto interno lordo dell’Italia, compreso
l’indotto generato, ammonta a oltre
130 miliardi di euro (circa il 10% della
20 - La Rivista marzo 2014
produzione nazionale) e le persone
impegnate in questo settore sono circa 2,2 milioni (un lavoratore su dieci).
Il turismo esprime inoltre un notevole potenziale per ciò che riguarda la
comunicazione e l’integrazione interculturale, due elementi rilevanti in un
mondo divenuto multi-polare.
Il turismo offre inoltre grandi opportunità per la valorizzazione del nostro
straordinario patrimonio storico e artistico, sia rispetto alla comunicazione
delle identità dei territori, ma soprattutto in termini di attrazione di nuove risorse per la loro conservazione e
rivalutazione.
Le analisi mettono chiaramente in
luce le criticità dell’industria turistica
italiana: problemi di governance del
settore, promozione all’estero estremamente frammentata e graduale
marginalizzazione dell’Enit, nanismo
delle imprese, limiti nella capacità di
costruire prodotti turistici competitivi, infrastrutture insufficienti, formazione del personale inadeguata al
mercato globale, difficoltà ad attrarre
investimenti internazionali, solo per
citarne alcune.
Di fronte a queste criticità, servono
progettualità e in grado di individuare
un numero rilevante di azioni concrete
che potrebbero rapidamente migliorare la competitività del settore turistico
nazionale.
Una questione che nessun governo ha messo al centro della
propria agenda
Condizione indispensabile per un rilancio del settore è un radicale cambiamento nell’approccio ai problemi del
turismo, che nessun Governo ha mai
messo al centro della propria agenda.
Il turismo non è mai stato considerato
come un investimento su cui puntare
per lo sviluppo del Paese. Un esempio
per tutti: nei vari piani per la crescita
del Mezzogiorno varati dai governi, il
turismo non ha mai avuto un ruolo rilevante. Per no rimanere nella vaghezza dell’enunciazione: confrontando lo
sviluppo turistico delle isole Baleari
con quello della Sicilia emergono delle
evidenze preoccupanti. Le due realtà
territoriali hanno un chilometraggio
di coste molto simile ma le isole Baleari generano un numero di presenze internazionali europee circa undici
volte superiore alla Sicilia, dato ancor
più sconcertante se si considera il patrimonio storico, artistico, culturale e
gastronomico della Sicilia. A questo
punto poniamo l’interrogativo è causa o effetto il fatto che i voli low-cost
dalla Germania (la nazione europea più
rilevante per turismo outbound) diretti
alle Baleari sono circa 13 volte superiori a quelli diretti verso la Sicilia?
È necessario dunque avviare un cambiamento anzitutto culturale, iniziando a considerare il turismo come
una grande opportunità per il Paese
e coordinando gli sforzi necessari a
valorizzarne il potenziale inespresso.
L’impareggiabile ricchezza di “risorse
turistiche” del Paese non deve condurre
cioè all’ingenua convinzione che i turisti internazionali continueranno ad
arrivare spontaneamente; infatti, come
spiegano numerose ricerche, i viaggiatori internazionali cercano oggi un’offerta organizzata e, anche se l’Italia
rappresenta per più di una ragione la
meta più desiderabile, spesso la scelta
finale premia altre destinazioni perché
complessivamente più convenienti o
più “facili”. Per competere con successo
nel mercato turistico internazionale, è
necessario allora comprendere a fondo
anzitutto la domanda ed essere in grado poi di offrire prodotti moderni, consapevoli del fatto che l’esperienza di
consumo turistico ha inizio ben prima
dell’atto della prenotazione e termina
ben dopo il rientro a casa.
La Rivista
Turismo Italia 2020
In un piano strategico della presidenza
del Consiglio intitolato Turismo Italia
2020, presentato a Roma lo scorso 18
gennaio 2013 (quindi più di un anno
fa!) si legge al fine di consolidare il
vantaggio competitivo dell’Italia e di
contribuire allo sviluppo dell’economia e alla creazione di nuovi posti di
lavoro. Nello stesso rapporto si legge
che, secondo alcune stime ritenute
conservative, le azioni contenute in
questo piano possono tradursi in circa
30 miliardi di Euro di incremento del
Viaggi e vacanze
degli italiani nel 2013
Nel 2013, i residenti in Italia hanno effettuato 63 milioni e 154 mila
viaggi con pernottamento, contro
i 78 milioni e 703 mila dell’anno
precedente (-19,8%).
Il numero delle notti si riduce del 16,8%
(da 501 milioni e 59 mila a 417 milioni e
127 mila). Resta stabile la durata media
dei viaggi (6,6 notti) sia per quelli di vacanza (7 notti) sia per quelli di lavoro (2,7
notti). Cala, inoltre, il numero medio di
viaggi pro-capite (da 1,3 viaggi a 1). Il calo
è dovuto anche alla riduzione della quota
di persone che mediamente viaggiano in
un trimestre (dal 23,2% del 2012 al 20,1%
del 2013). Il fenomeno si osserva in tutte
le aree del Paese, ma è più marcato tra i
residenti nel Nord (-15,6%). Prosegue il
trend negativo, avviato nel 2009, che nel
corso del quinquennio ha comportato una
perdita di quasi 60 milioni di viaggi (290
PIL e in 500.000 nuovi posti di lavoro
entro il 2020. Si tratta di un’opportunità che il Paese non può non cogliere
e di una responsabilità inderogabile
verso le nuove generazioni.
Oltre alle azioni il piano propone
un’innovazione di metodo attraverso
l’individuazione di una direzione chiara nella quale muoversi mediante un
approccio coordinato tra tutti gli attori coinvolti, condizione imprescindibile
per operare efficacemente nel mercato
globale. Il turismo non può più essere vissuto come faccenda di esclusivo
interesse degli addetti ai lavori.
Il turismo può dare un concreto contributo per far sì che il nostro Paese
torni a imboccare la strada della crescita, a condizione però di dedicare a
questo settore le necessarie risorse e
che vi sia un convinto coinvolgimento
di tutti gli operatori pubblici e privati
interessati. E che la puntualmente dichiarata volontà di fare sistema non
sia semplicemente l’abusata enunciazione che mimetizza i soliti interessi
particolari.
milioni di notti). I viaggi per vacanze (91%
del totale) diminuiscono rispetto al 2012 del
16,4%. Si riducono soprattutto le vacanze
brevi: del 23,4% nel caso dei viaggi (contro
il 10,2% delle lunghe) e del 22,4% nel caso
delle notti (contro il 13,7%). Spagna e Francia rappresentano le destinazioni preferite:
la prima per le vacanze lunghe (13,1%), la
seconda per quelle brevi (16,4%). La Germania è il paese più visitato per motivi di
affari (24,4%). Tra le mete extra-europee,
gli USA sono la preferita (4,6% del totale)
soprattutto per i viaggi di lavoro (12,4%). I
viaggi e i pernottamenti per motivi di lavoro
mostrano una flessione più forte (rispettivamente -43% e -47,5%) di quella osservata
per le vacanze, legata evidentemente anche
alle criticità presenti nel mercato del lavoro. Nel periodo estivo, la flessione riguarda
le vacanze brevi, sia nel numero di turisti
(-35,3%) che nel numero di viaggi (-27,7%).
Di contro, restano stabili il numero delle vacanze lunghe e la loro durata media (circa
12 notti). I viaggi con mete italiane (79,8%
del totale) mostrano un calo del 19,4% e il
numero di viaggi verso l’estero si riduce del
21,1%. Nei paesi dell’Ue diminuiscono soprattutto le vacanze brevi e i viaggi di lavoro
(rispettivamente, -30,7% e -32,2%). Oltre il
territorio europeo a calare sono le vacanze
lunghe (-40,3%). Sempre meno i viaggi
che prevedono pernottamenti in albergo
(-23,9%) e in alloggi privati (-18,5%),
soprattutto se in affitto (-29,2%). Diminuiscono anche le vacanze brevi trascorse
nelle case di proprietà (-28,6%) o messe
a disposizione gratuitamente da parenti o
amici (-21,2%). L’auto si conferma il mezzo di trasporto più utilizzato per viaggiare (61,4% dei viaggi), nonostante il calo
del 18,5%; diminuiscono anche i viaggi in
aereo (-27,4%), mentre rimangono stabili
quelli in treno. (fonte Istat)
marzo 2014 La Rivista - 21
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La Rivista
Indagine
Eurobarometro
Il turismo è il volano
dell’economia europea
Il turismo è stato uno dei capisaldi dell’economia europea
durante la crisi economica e la
tendenza positiva continuerà
nel 2014 visto che soltanto l’11% dei cittadini europei
pensa di non lasciare il proprio
luogo di residenza e rinunciare così alle vacanze. È quanto
emerge dalla nuova indagine
Eurobarometro pubblicata lo
scorso 13 febbraio.
Nel 2013 il settore turistico è stato un
volano della crescita economica grazie
a una forte domanda interna ed europea, è, infatti, aumentato rispetto
all’anno precedente, il numero di persone che hanno scelto di fare vacanza
al di fuori del proprio paese, ma sempre all’interno dell’UE. Nel 2013 il 38%
dei cittadini europei ha trascorso parte
delle proprie vacanze in un altro paese dell’UE, il che corrisponde a un aumento di 5 punti percentuali rispetto
al 2012. Nello stesso periodo soltanto
il 42% delle persone ha trascorso le
proprie vacanze principali nel proprio
paese, registrando un calo di 5 punti
percentuali rispetto alle cifre dell’anno
prima. Nel 2013, inoltre, soltanto un
quinto (19%) dei cittadini ha trascorso
le proprie vacanze principali in paesi
diversi dai 28 Stati membri dell’UE, il
che rappresenta un calo del 2% rispetto ai dati del 2012.
L’indagine Eurobarometro sulle preferenze degli europei in materia di turismo ha preso anche in considerazione
i motivi e gli ostacoli dei viaggi, le
principali destinazioni, le fonti di informazione utilizzate per pianificare
una vacanza, il modo in cui gli europei
hanno organizzato le loro vacanze nel
L’Italia è la terza destinazione
per gli europei
2013, la loro soddisfazione rispetto al
settore turistico e il livello di sicurezza
percepito in relazione alla sistemazione e ai servizi.
Soltanto l’11% dei cittadini prevede di
non lasciare le mura domestiche nel
2014 a causa della situazione economica attuale. Quattro cittadini europei
su dieci intendono trascorrere le loro
vacanze principali nel loro paese (la
maggioranza di costoro, e le ragioni
sono facilmente intuibili, risiedono
in Grecia, Croazia, Italia e Bulgaria).
Sempre nell’anno in corso, tre su dieci
intendono fare le loro vacanze principali nell’UE, e più di quattro su dieci
sono orientate a fare almeno uno dei
loro viaggi nell’UE. Un quarto prevede
di recarsi in un paese non UE (24%),
ma soltanto il 16% farà le vacanze
principali fuori dell’UE.
Altri aspetti evidenziati nell’indagine Eurobarometro:
• Nel 2013 il 70% dei cittadini europei ha viaggiato per motivi personali o professionali effettuando
almeno un pernottamento. Se si
esaminano i viaggi fatti per motivi
personali nel 2013 la maggior parte
delle persone è stata assente per un
periodo di 4 – 13 notti consecutive (57%). In grande misura questo
schema è riecheggiato nelle previsioni per il 2014.
• I cittadini europei preferiscono posti
assolati e la vita da spiaggia (46%).
• La stessa percentuale menziona gli
aspetti naturali di un luogo specifico quale motivo principale per
pensare di ritornare nella stessa
destinazione turistica.
• Le cinque principali destinazioni
turistiche dell’UE predilette lo scorso anno seppur con qualche piccola variazione percentuale sono le
stesse del 2012. Nell’ordine: Spagna (15%, +5), Francia (11%, +3),
Italia (10%, +2), Germania (7%, +2)
e Austria (6%, +2) continuano ad
essere le destinazioni di vacanza
più popolari, ed hanno registrato tutte un aumento a partire dal
2012. I cittadini residenti in Grecia,
Croazia, Italia e Bulgaria sono quelli
che, con maggiore probabilità, sono
intenzionati a trascorrere le proprie
vacanze nel loro paese, mentre lussemburghesi e belgi sono quelli che
più probabilmente si recheranno in
un altro paese dell’UE.
• I turisti in Europa si sentono sicuri e
sono estremamente soddisfatti. I rispondenti hanno espresso un livello
elevato di soddisfazione in relazione
alla maggior parte degli aspetti delle loro vacanze del 2013. La maggioranza dei rispondenti era soddisfatta della sicurezza (95%) e della
qualità (95%) della sistemazione.
Vacanze e crisi economica
L’attuale situazione economica non
influenzerà la pianificazione delle
vacanze che non dovrebbe subire
cambiamenti sostanziali. Più della
metà di coloro che non hanno fatto
vacanze nel 2013 ha affermato che
ciò era dovuto in parte a ragioni finanziarie e il 44% ha ritenuto che
questa fosse la ragione principale.
Per la stessa ragione, soltanto l’11%
prevede di non lasciare il proprio
luogo di residenza per le prossime
vacanze. Fatto più importante, più di
quattro persone su dieci afferma che
non cambierà i propri progetti di vacanze per il 2014 mentre un terzo afferma che cambierà i propri progetti,
ma che comunque viaggerà. In ogni
caso la proporzione di persone che
intendono andare in vacanza senza
marzo 2014 La Rivista - 23
La Rivista
I cittadini europei preferiscono posti
assolati e la vita da spiaggia
cambiare i propri piani per motivi
economici presenta una forbice molto ampia: dal 75% in Austria al 10%
in Grecia.
La tendenza positiva è corroborata
dalle statistiche ufficiali. Secondo
Eurostat il settore del turismo presenta cifre da record nel 2013. Il
numero totale di pernottamenti in
strutture turistiche in tutti e 28 gli
Stati membri dell’UE ha registrato nel
2013 un aumento dell’1,6% rispetto
al 2012, raggiungendo una cifra record di 2,6 miliardi di pernottamenti.
Così l’indagine
L’indagine Eurobarometro sulle preferenze degli europei in materia di turismo è stata effettuata da Tns Political and Social tra il 6 e l’11 gennaio 2014
coinvolgendo 31.122 persone di diversa estrazione sociale e demografica che
sono state intervistate telefonicamente (linea fissa e cellulare) nella loro madre lingua nei 28 Stati membri dell’Ue e in altri 7 paesi fuori dell’Ue: Turchia,
Macedonia, Islanda, Norvegia, Serbia, Montenegro e Israele. La Svizzera come
si vede non è contemplata. L’indagine esamina anche i motivi e gli ostacoli dei
viaggi, le principali destinazioni, le fonti di informazioni utilizzate per pianificare una vacanza, il modo in cui gli europei hanno organizzato le loro vacanze
nel 2013, la loro soddisfazione rispetto al settore turistico e il livello di sicurezza percepito in relazione alla sistemazione e ai servizi.
Fonte: http://www.europarlamento24.eu/eurobarometro-il-turismo-rimaneun-settore-primario-ue/0,1254,106_ART_5890,00.html
Turismo
nel mondo
Superato
il miliardo di arrivi
L’ultima rilevazione dell’UNWTO (l’Organizzazione per il Turismo delle Nazioni Unite) osserva che la crisi economica non ha frenato il turismo mondiale:
nel 2013 si è superata, in anticipo sulle
previsioni, la soglia psicologica del miliardo di arrivi internazionali (1,087)
con un incremento del 5% pari a 52
milioni di arrivi.
Tra le regioni con le migliori performance il Sudest asiatico (+10%), l’Europa Centrale e dell’Est (+7%), il Nord
Africa (+6%) e – quella che ci riguarda
24 - La Rivista marzo 2014
Sono i russi i turisti più “spendaccioni”
più direttamente – l’Europa Meridionale e Mediterranea (+6%). Per l’anno
appena iniziato l’UNWTO prevede un
ulteriore aumento del 4-5%.
Buone notizie anche dal fronte della
spesa dei turisti. Sempre secondo i
dati UNWTO, in testa al gruppo dei
dieci mercati di origine che hanno
registrato la maggior crescita c’è la
Russia, che ha visto aumentare del
29% la spesa dei propri turisti all’estero: con oltre 43 miliardi di dollari,
nel 2012 si è posizionata al quinto posto per fatturato tra i mercati
outgoing, mentre ancora nel 2000
era solo dodicesima. Dallo scorso
anno, però, in cifre assolute, numero uno è la Cina con 102 miliardi
di dollari, ancora in robusta crescita (+22%). Tra i BRICS, il Brasile ha
registrato un incremento consistente (+15%), mentre nelle economie
mature la crescita è fra il 2 e il 3%.
Fa eccezione l’Italia che, risentendo
degli strascichi della recessione, ha
visto una riduzione nella spesa dei
propri turisti internazionali.
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07.00-23.00
07.30-24.00
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La Rivista
Intervista
con Stefan Gutknecht
Director Sales Switzerland di airberlin
Giovani ed ecosostenibili
concerne le “offerte speciali stagionali” ci
si può informare su facebook.com/airberlin. Noi siamo un vettore di servizio completo con prestazioni al di sopra della media con un buon rapporto qualità-prezzo .
I nostri ospiti beneficiano di un’attraente
regolazione dei bagagli. Inoltre, airberlin
offre un servizio di catering, gratuito per
tutti i passeggeri.
Dove e come si possono prenotare i vostri voli?
Signor Gutknecht, airberlin è la
seconda compagnia aerea tedesca. Qual è la grandezza della
flotta e quante sono le destinazioni che effettuate la prossima
estate?
Attualmente abbiamo 143 velivoli nella
nostra flotta. airberlin vola su 147 destinazioni nel mondo. Dalla Svizzera ne
serviamo direttamente 45.
Quale rilievo ha il mercato italiano per airberlin in generale e
quali destinazioni dirette dalla
Svizzera son o inserite nell’orario estivo 2014?
La compagnia aerea turistica è un pilastro importante del nostro modello di
business e ottimizziamo la nostra offerta in maniera continuativa. In modo
particolare per il mercato svizzero, l’Italia come destinazione, è di grande
importanza. Nel complesso, offriamo
23 voli non-stop settimanali da Basilea
o Zurigo verso l’Italia e segnatamente
verso Brindisi, Olbia, Cagliari, Catania,
Lamezia Terme, Napoli e Rimini.
Qual è il livello dei prezzi per il
traffico Svizzera-Italia?
Attualmente per esempio sono prenotabili voli andata e ritorno da Zurigo a Napoli a partire da 145 Franchi. Per quanto
I nostri voli sono prenotabili all’indirizzo
airberlin.com, 24 ore su 24 al centro servizi della società al numero 0848 737 800
(0,08 SFr/min), così come presso le agenzie di viaggi. I titolari di una topbonus
Service Card hanno anche la possibilità di
riservare posti a sedere o di trasportare
attrezzature sportive a titolo gratuito. I
partecipanti del programma voli frequenti di airberlin possono acquisire o utilizzare le miglia del topbonus su tutti i voli.
Alla fine del 2011 airberlin ha
concordato una partnership
con Etihad Airways. Quali novità ha portato?
Attraverso la nostra partnership strategica con Etihad Airways offriamo una buona copertura geografica che mai avremmo potuto raggiungere così rapidamente
da soli. Insieme a Etihad Airways offriamo
al momento 227 destinazioni in 83 paesi.
Grazie allo snodo con Etihad Airways, i
nostri ospiti usufruiscono di ottimi collegamenti via Abu Dhabi in Medio Oriente,
verso Asia, Australia, Cina e Giappone. A
ottobre 2014 airberlin e Etihad Airways
espanderanno il loro accordo a sei destinazioni in India e airberlin raddoppierà le
connessioni tra Berlino e Abu Dhabi con
eccellenti collegamenti da Zurigo. Quindi
voleremo due volte al giorno nell’Emirato arabo e saremo in grado di offrire ai
nostri ospiti opzioni ancor più efficienti di connettività con le rotte di Etihad
Airways . Nei primi due anni del partenariato strategico entrambe hanno cooperato offrendo una rete di collegamenti
a livello globale, armonizzando i prodotti
e cooperando in molti settori. Nelle aree
di approvvigionamento, manutenzione,
assistenza a terra e formazione le compagnie aeree collaborano sempre di più.
Stefan Gutknecht
Nato a Bienna, Stefan Gutknecht
(51), dopo una formazione tecnica e
commerciale nel 1986 è entrato nel
gruppo Hotelplan nel settore del turismo. Tra il 1996 e il 2001 ha lavorato presso Crossair, più recentemente
come Vice-President Sales & Marketing Svizzera. Dal 2002 al 2004 ha
coperto la stessa posizione nell’allora
appena fondata Swiss International
Airlines. Nel 2005, sempre per Swiss,
ha creato il mercato, nel triangolo
di confine tra Svizzera, Germania e
Francia, sul bacino di utenza dell’aeroporto a Basilea. Da giugno 2006,
Stefan Gutknecht è il Director Sales
Switzerland di airberlin.
Cifre e fatti
Airberlin è uno dei vettori leader in
Europa e vola su 147 destinazioni del
mondo. La seconda compagnia aerea
tedesca ha trasportato nel 2013 oltre 31,5 milioni di passeggeri. Grazie
alla partnership strategica con Etihad
Airways, che detiene una quota del
29,21 per cento in airberlin, e che è
membro dell’alleanza di compagnie
aeree oneworld®, airberlin dispone di
una rete di collegamento globale. La
compagnia aerea, con il pluripremiato
servizio, con altre 16 compagnie offre
voli in tutto il mondo sotto lo stesso codice di volo. La flotta ha un’età
media di cinque anni, una tra le più
giovani e più eco-efficienti d’Europa.
marzo 2014 La Rivista - 27
BSI è orgogliosa di essere al fianco
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La Rivista
Cultura
d’impresa
di Enrico Perversi
Cos’e’ il coaching:
le origini e la definizione
Il coaching può essere un valido strumento per l’innovazione manageriale, ma cos’è il coaching? Quali sono
le sue caratteristiche salienti?
Timothy Gallwey, capitano del Tennis Team di Harvard, ha dato
un contributo molto importante allo sviluppo del coaching pubblicando agli inizi degli anni 70 un libro, The inner game of tennis, in cui spiegava che ogni gioco è composto di due parti, un
gioco esteriore e un gioco interiore. Il gioco esteriore è giocato
contro un avversario ed è riempito da molti consigli contradditori, il gioco interiore si svolge nella mente del giocatore ed i
suoi ostacoli principali sono i dubbi di sé e l’ansia. Vincere l’inner
game significa sapere come trovare la propria via per lasciare emergere la propria prestazione migliore. Il grande successo
conseguito fece applicare il suo metodo ad altri sport e poi giunse nelle aziende, Gallwey fondò con John Withmore una società
che prese il nome dal libro e la metodologia divenne un successo
internazionale.
Quali sono i principi a cui Gallwey si affida? Il primo è quello che
ipotizza che ciascuno di noi ha delle capacità potenziali che non
utilizza appieno a causa di interferenze e quindi la sua performance potrebbe essere migliorata eliminando tali disturbi. Per
l’autore vincere il gioco interiore significa imparare a superare
i dubbi su sé stessi, il nervosismo, l’ansia e le cadute di concentrazione che impediscono di avere prestazioni al massimo delle
proprie possibilità. Quante volte ci siamo detti: “in quell’esame o
in quella riunione aziendale non sono riuscito ad esprimere tutto
quello che sapevo!”. Quante volte abbiamo sentito di giocatori
che sul campo non riuscivano a replicare l’abilità mostrata negli
allenamenti?
Ciò avviene perché ognuno di noi, ogni giocatore secondo l’autore, racchiude 2 sé: il Sè1 è il proprio ego o “il parlante” (colpisci la palla così); il Sè2 è l’abilità naturale o “chi fa” (il reale
movimento dei muscoli per colpire la palla). Per giocare al meglio noi dobbiamo zittire il Sè1 e lasciar fare al Sè2 quello che
sa come fare. Il Sé2 ama immagini e figure. Il miglior modo per
zittire la mente non è dirle di tacere o discutere con lei a causa
dei giudizi critici, ciò che è efficace è imparare la concentrazione, la focalizzazione che significa concentrarsi solo sugli aspetti
di una situazione che sono indispensabili per portare a termine
il compito. Quindi se stai colpendo una palla da tennis tutto ciò
su cui ti devi concentrare sono il tuo corpo e la palla: consapevolezza senza giudizio.
La trasposizione di questi semplici concetti in ambito aziendale
è quello che avviene quando un manager lavora con un coach
che prima di tutto lo aiuta a raggiungere la piena consapevolezza della realtà e poi a descrivere un piano d’azione per gli
obiettivi definiti. Il tutto avviene principalmente attraverso domande che il coach rivolge con lo scopo di generare nuovi punti
di vista. È frequente il caso che azioni apparentemente banali
generino un processo di apprendimento continuo con crescite
personali molto importanti.
Il coaching parte dalla situazione presente ed è rivolto al futuro da costruire attraverso azioni concrete per raggiungere un
obiettivo dato.
Quale potrebbe essere quindi una definizione di coaching?
Esiste una bibliografia sterminata con decine di definizioni e di
comparazioni con metodologie affini o contigue, la parola non
è stata tradotta e viene inoltre usata in molte accezioni diverse,
quindi mi sembra utile proporre 3 definizioni complementari illustrando i motivi di una scelta che è sicuramente solo una delle
tante possibili.
La prima definizione è quella di ICF – International Coach Federation – la più grande associazione di coach professionisti al
mondo che attraverso i suoi 20.000 associati presenti in oltre
100 Paesi, si occupa di favorire il progresso dell’arte, della scienza e della pratica del Coaching Professionale.
ICF definisce il coaching come una partnership con i clienti che,
attraverso un processo creativo, stimola la riflessione, ispirandoli
a massimizzare il proprio potenziale personale e professionale.
Questa definizione, scelta per l’autorevolezza di chi l’ha formulata, si inserisce in un contesto di regole che ICF propone ai suoi
associati ed ai coach che richiedono una certificazione.
La seconda definizione è dovuta a Timothy Gallwey citato da
Sir John Whitmore: sbloccare il potenziale di una persona per
massimizzare le prestazioni... non insegnando ma aiutando ad
imparare.
Questa definizione, generata da chi per primo ha utilizzato il coaching in ambito sportivo, rende chiaro che questa metodologia
ha come scopo primario il miglioramento della performance e
che il coach non è un docente o un esperto, ma qualcuno accompagna nell’apprendimento creando le opportune condizioni.
La terza definizione illustra in termini semplici e chiari come
avviene concretamente una sessione: il processo di coaching è
fondamentalmente una conversazione, un dialogo tra coach e
cliente in un contesto produttivo ed orientato al risultato. Una
conversazione in cui, ponendo le domande giuste al momento
giusto, il coach incoraggia ed aiuta a considerare prospettive e
strategie diverse.
In questo caso è utile sottolineare la necessità di “un contesto
produttivo ed orientato al risultato” che indica la necessaria volontà del cliente verso il risultato che lo rende anche responsabile del suo conseguimento.
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marzo 2014 La Rivista - 29
La Rivista
Donne in carriera:
Elisa Italiano
La vera sfida è essere competitivi in un
paese in crisi
Abbiamo deciso di intervistare
Elisa, in quanto riteniamo molto
interessante il lavoro che svolge
con le sue socie. L’attività del
restauro, al femminile, rispetto
a quello tradizionale maschile,
rappresenta un quoto del 1015%, ma è in continuo aumento, considerando come base di
verifica la frequentazione degli
studi necessari per qualificarsi
professionalmente.
Prima di rispondere alle nostre consuete
domande Elisa, ci racconta com’è arrivata
alla professione di restauratrice:
Nata a Galliate (NO), il 18.08.1980, mi
sono diplomata al liceo artistico di Novara. Dopo il liceo mi sono iscritta al
corso di design industriale al politecnico di Milano, attratta dall’idea di creare,
progettare oggetti, mobili e occuparmi di
interni in generale. Dopo pochi mesi, ho
rinunciato per questioni famigliari e ho
cercato lavoro nella mia città, Novara in
qualche laboratorio di restauro. Ho cominciato a lavorare in un laboratorio di
restauro di mobili e, giorno dopo giorno,
mi sono appassionata ai mobili antichi e
a questo mondo. Dopo questa esperienza,
ho deciso di studiare restauro e mi sono
iscritta ad un corso all’Accademia italiana
del restauro di Milano e poi ad un corso
triennale in “Restauro dei mobili e legni
antichi” della scuola di Meda. Ho perfezionato il mio percorso scolastico al corso di alta formazione di “Diagnostica dei
legni antichi” del Politecnico di Milano.
Qui, insieme alla mia compagna di studi
di Meda Federica Foppiani, ho conosciuto
Federica Magli e insieme nel febbraio del
2007 abbiamo aperto Polignum.
Ci occupiamo principalmente di restaurare del legno: quindi di opere d’arte,
mobili antichi e di modernariato, sculture
e oggetti vari. Offriamo, inoltre, un servizio unico nel suo genere in Lombardia
30 - La Rivista marzo 2014
Nel laboratorio di Polignum
e in quasi tutto il nord Italia, di disinfestazione a microonde per l’eliminazione
dei tarli.
Lavoriamo per Sovraintendenze, clienti
privati e anche per colleghi restauratori.
Il nostro sito:
www.polignum.it
Eccoci ora alla nostra intervista.
Non credo ci siano veri e propri svantaggi
rispetto agli uomini, come imprenditrici
nel nostro mestiere. È implicito che una
donna imprenditrice rispetto ad un uomo
abbia qualche problema in più nel far
quadrare la vita professionale con quella privata, soprattutto nel periodo della
maternità.
Quanto tempo hai dovuto attedendere prima di sentirti apprezzata professionalmente in un
contesto che è ancora maggiormente maschile?
Lo stesso vale per i vantaggi o
presunti privilegi?
Non lo considero più un mondo di uomini. In passato mi è capitato di scontrarmi
con questa realtà ma, almeno in ambito
artigianale, le cose stanno cambiando:
oggi non fa più molta differenza essere
uomo o donna, conta essere dei bravi
professionisti.
Quali sono le principali difficoltà
che hai incontrato?
La vera difficoltà, oggi, non è più quella
di competere col mondo maschile, ma
riuscire a essere competitivi in un paese
in crisi.
Hai avvertito diffidenza nei tuoi
confronti della tua competenza
professionale?
Per quanto riguarda il rapporto con i
clienti, direi che probabilmente la diffidenza non c’è, proprio perché diamo
un’immagine più rassicurante. Se si riesce a spiegare molto bene il proprio lavoro, con i pro e contro del caso, si riesce
facilmente ad ispirare fiducia, indipendentemente dall’essere uomo o donna.
Quali ostacoli hai dovuto
superare?
Anche in questo caso, essere uomo o
donna non fa alcuna differenza: le difficoltà e gli ostacoli sono quelli tipici di
ciascuna azienda: farsi conoscere, essere
competitivi, preparati e professionali.
Quindi, in quanto donna non ti
ritieni svantaggiata?
Sì, non credo ci siano vantaggi né privilegi rispetto agli uomini. Come imprenditori, tutto è legato alle singole abilità,
non al genere.
Ritieni che le intuizioni siano una patrimonio soprattutto
femminile?
Per quella che è la mia esperienza, posso
dire che spesso l’intuito femminile, unito ad una certa creatività, può superare
l’abilità e l’esperienza di colleghi maschi
più anziani.
Quanto conta per una donna
in carriera la seduzione, anche
quella incaosapevole?
Non escludo che la seduzione abbia un
qualche tipo di ruolo nell’approcciarsi
al lavoro, con clienti, fornitori ed istituzioni: inconscia o naturale, innata o più
esplicita, ritengo comunque la seduzione
qualcosa di non fondamentale, essendo,
questa, un’attività artigianale, dove è il
lavoro stesso a promuoverti.
Qual è la soddisfazione maggiore
che ti viene dal lavoro?
La soddisfazione per una donna restauratrice può essere messa su due livelli:
il nostro lavoro si può fare solo se spinti
dalla passione e quindi la soddisfazione
è intrinseca nelle operazioni di restauro
e conservazione che quotidianamente
svolgiamo. La manualità, la creatività,
l’analisi, la pazienza, il confronto e la
professionalità che dobbiamo mettere in campo ogni giorno sono il “sale”
del nostro lavoro; il lavoro finito e
La Rivista
Elisa al lavoro
l’apprezzamento dei nostri clienti sono
l’altro aspetto della nostra soddisfazione.
Che atteggiamento assumi verso
collaboratrici donne?
Mi è capitato solo una volta di avere
una collaboratrice donna e, devo dire,
si è creata subito sintonia e complicità;
diverso il caso, ad esempio, con qualche
collaboratore maschile, che, pur avendo
meno esperienza, doveva a tutti i costi
dimostrare di sapere tutto.
Elisa con le sue socie
A che cosa hai dovuto rinunciare
per affermarti professionalmente?
Per ora non ho rinunciato a nulla, sono
madre di una bimba di un anno e mezzo,
durante il fine settimana sono tutta per
la mia famiglia.
Quali hobby riesci a coltivare?
Per ora ho lasciato da parte gli hobby,
non per il lavoro, ma per il mio ruolo di
mamma. Chiaramente i miei momenti
liberi li passo con mia figlia e il mio compagno, riesco comunque a seguire le mie
passioni, anche se non con la stessa
frequenza: mostre, cinema e mercatini
alla ricerca di quadri, cornici e oggetti di
modernariato. Mi sento “ricca” quando
riesco a ritagliarmi del tempo per fare
le mie cornici, recuperandone di vecchie
comprate nei mercatini e riadattandole,
con colori ed effetti, a disegni, dipinti o
fotografie.
SWISSTECH E PRODEX: UNA COMBINAZIONE VINCENTE
PER LA FORZA DELL’INNOVAZIONE SVIZZERA.
SWISSTECH 2014 presenterà le più importanti innovazioni per il settore dei metalli e della plastica nel moderno e ben strutturato padiglione 1 a Basilea! Parallelamente a SWISSTECH si terrà anche PRODEX: una combinazione vincente unica che vi permetterà di beneficiare
marzo 2014 La Rivista - 31
di un margine d’azione e di un bacino di potenziali clienti ancora più ampi. Per maggiori informazioni: www.swisstech-messe.ch
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La Rivista
Burocratiche
di Manuela Cipollone
Elezioni europee
Modifiche delle circoscrizioni territoriali dei Consolati
Contributi per le reti d’impresa operanti nel turismo
Elezioni, ambiente, agenda digitale. Mentre scriviamo, Enrico Letta non è più il Presidente del
Consiglio italiano e il Capo dello Stato ha appena
concluso le consultazioni, affidando poi a Matteo
Renzi l’incarico per la formazione di un nuovo esecutivo. La situazione politica, in Italia, è incerta.
Tutti danno per scontato che le Camere non verranno sciolte e che, quindi, l’iter dei provvedimenti
legislativi non verrà interrotto.
Le uniche (forse) elezioni che vedranno gli italiani
alle urne – fuori e dentro i confini – sono al momento quelle europee.
Si terranno nei vari Paesi dell’Unione, nel periodo
compreso fra il 22 e il 25 maggio, e riguarderanno anche gli italiani all’estero – iscritti all’Aire –
che votano nei seggi allestiti nei Consolati. Questa
possibilità, ricorda il Ministero dell’Interno con una
nota pubblicata in Gazzetta Ufficiale, è estesa anche ai connazionali NON iscritti nell’elenco degli
elettori residenti negli altri Paesi membri dell’Unione, che si trovino all’estero per motivi di lavoro
o di studio: loro, e i loro familiari, possono votare
all’estero solo se inviano un’apposita domanda al
Consolato di riferimento entro il 6 marzo. Saranno
i Consolati ad informare, a loro volta, i sindaci.
Censimento degli italiani all’estero
Rimanendo in tema, a febbraio è stato pubblicato anche il
decreto interministeriale – Farnesina-Viminale – che censisce gli italiani all’estero, secondo quanto previsto dalla
Legge Tremaglia, quella che ha istituito il voto all’estero. Al
31 dicembre 2013 gli italiani nel mondo erano 4.482.115,
la maggior parte dei quali residenti in Europa (2.430.873);
32 - La Rivista marzo 2014
segue l’America Meridionale (1.396.264), quindi l’America
Settentrionale e Centrale (408.860) e, infine, la ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide (246.118). Il numero
dei connazionali all’estero continua a crescere - 140959
rispetto all’anno scorso – e soprattutto in Europa. Secondo
i dati del Rapporto Migrantes, i Paesi di approdo nel vecchio
continente sono soprattutto Germania e Svizzera: 558.545
gli italiani nella Confederazione, con un aumento del 2,2%
rispetto all’anno precedente.
Chiuse le Agenzie consolari di Sion, Neuchatel e Wettingen, il Ministero degli Esteri con tre altrettanti decreti ha
ufficializzato le modifiche delle circoscrizioni territoriali dei
Consolati di Ginevra e Basilea e della cancelleria consolare
di Berna.
La prima comprende ora i Cantoni di Ginevra, Vaud, Vallese
e Friburgo; la cancelleria consolare sarà competente per i
Cantoni di Berna e Neuchatel, mentre la circoscrizione del
Consolato a Basilea oltre all’omonimo cantone comprenderà anche quelli di Basilea campagna e Soletta, i Cantoni
dell’Argovia e di Giura.
È legge il decreto “terra dei Fuochi”
All’inizio di febbraio è diventato legge il decreto sulla “Terra dei fuochi”, che, in realtà, ha un margine d’azione più
ampio, come si evince dal titolo della legge, “Disposizioni
urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate”.
Il provvedimento contempla risorse per le bonifiche, lo
screening sanitario per le popolazioni campane e taratine
– avvelenate dall’Ilva – per cui sono stati stanziati 50 milioni di euro; è prevista inoltre la mappatura dei suoli, la
repressione delle opere di devastazione portate avanti negli
anni. Per la regione Campania, sono previsti interventi per
la sicurezza ambientale e agroalimentare, compresa l’introduzione del reato di combustione illecita dei rifiuti.
La legge, che per il Ministro dell’Ambiente Orlando, è un
ottimo punto di partenza, non piace ai Verdi europei: quattro europarlamentari, tra cui la copresidente del Partito
verde europeo, l’italiana Monica Frassoni, hanno chiesto a
Bruxelles di aprire una procedura di infrazione verso l’Italia
perché determina “una violazione della direttiva Ipcc perché
sancisce che l’Ilva potrà continuare a produrre realizzando
solo l’80% delle prescrizioni dell’Autorizzazione integrata
ambientale e la scelta di quali siano le prescrizioni da escludere sarà della struttura di commissariamento Ilva”. Secondo gli eurodeputati, quindi, potrebbe accadere che “nel
20% delle prescrizioni che non saranno attuate potrebbero
esserci anche quelle più importanti ai fini della protezione
ambientale e sanitaria della popolazione”.
Commissione parlamentare di inchiesta
su illeciti ambientali
Proprio sulla scia del dibattito in Camera e Senato, è stata
istituita (con la prima legge del nuovo anno – numero 1
del 7 gennaio) una “Commissione parlamentare di inchiesta
sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti
ambientali ad esse correlati”.
Pubblicata in Gazzetta il mese scorso, la legge prevede
molti e impegnativi compiti per la Commissione che dovrà
indagare dentro e fuori l’Italia alla ricerca di crimini contro
l’ambiente e collaborazioni transfrontaliere nelle condotte
da codice penale. si va dalle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, al loro traffico illecito, soprattutto nel caso
di rifiuti pericolosi, e al coinvolgimento della criminalità
organizzata, passando per le verifiche su siti inquinati, il
controllo degli impianti di depurazione e delle operazioni
di smaltimento.
La Commissione è composta di quindici senatori e altrettanti deputati. Le spese per il suo funzionamento sono stabilite nel limite massimo di 150.000 all’anno per il 2014 e il
2015, soldi a carico delle due Camere.
digitale nel Paese e contribuire alla creazione di nuove conoscenze ed alla diffusione di nuove opportunità di sviluppo
economico collaborando con le istituzioni e gli organismi
europei nazionali e regionali aventi finalità analoghe”.
Riorganizzare la filiera turistica
Infine, segnaliamo la pubblicazione del bando del Ministero
dei beni cultuali sulla concessione di contributi a favore
delle reti d’impresa operanti nel settore del turismo.
Obiettivo del bando – disponibile online sul sito www.beniculturali.it – è quello di “Promuovere e sostenere i processi
di integrazione tra le imprese turistiche attraverso lo strumento delle reti di impresa, con l’obiettivo di supportare i
processi di riorganizzazione della filiera turistica, migliorare
la specializzazione e la qualificazione del comparto e incoraggiare gli investimenti per accrescere la capacità competitiva e innovativa dell’imprenditorialità turistica nazionale,
in particolare sui mercati esteri”.
Agenzia per l’Italia digitale
In Gazzetta anche lo statuto dell’Agenzia per l’Italia digitale, approvato con decreto del Presidente del Consiglio. In
15 articoli si chiarisce la struttura dell’Agenzia nata – recita
l’articolo 2 – per “perseguire il massimo livello di utilizzo
delle tecnologie digitali nell’organizzazione della Pubblica
Amministrazione e nel rapporto tra questa, i cittadini e le
imprese, nel rispetto dei principi di legalità, imparzialità e
trasparenza e secondo criteri di efficienza, economicità ed
efficacia”.
Compito dell’Agenzia sarà quello di assicurare il “coordinamento informatico dell’amministrazione statale, regionale
e locale” così da attuare e monitorare “l’evoluzione strategica del Sistema Informativo della Pubblica Amministrazione”. Obiettivo finale quello di ridurre i costi delle singole
amministrazioni e, soprattutto, migliorare i servizi.
L’Agenzia dovrà controllare come le singole amministrazioni attueranno i principi dell’Agenda digitale e “presta la
propria collaborazione alle istituzioni dell’Unione Europea e
svolge i compiti necessari per l’adempimento degli obblighi
internazionali assunti dallo Stato nelle materie di competenza”. Infine, l’Agenzia dovrà “promuovere l’innovazione
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La Rivista - 33
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La Rivista
Normative
allo specchio
di Carlotta D’Ambrosio
I fondi esteri e la normativa sulla
distribuzione di investimenti collettivi
di capitale – Prima parte
La materia degli investimenti collettivi di capitale è stata
oggetto di una profonda revisione allo scopo di allineare
le norme in materia di gestione, custodia e distribuzione
agli standard della Direttiva Europea Alternative Investment Fund Managers (AIFM). Nel marzo del 2013 è stata
definita l’ordinanza ed è entrata in vigore la revisione
della legge sugli investimenti collettivi di capitale (LICol
e OICol) che ha sostituito il concetto di “appello al pubblico” con il termine “distribuzione”, differenziando poi
tra distribuzione a investitori qualificati e non qualificati.
Ne è conseguita la sostituzione della Circolare FINMA 2008/8
con la Circolare FINMA 2013/9 (“Distribuzione di investimenti
collettivi di capitale”). La Circolare è focalizzata su 3 punti:
cosa è e cosa non è “distribuzione”; quando la stessa sia diretta agli investitori qualificati (QI) e quando agli investitori non
qualificati (NQI); quali obblighi un fondo estero deve adempiere in caso di distribuzione a QI o a NQI.
La “distribuzione di investimenti collettivi di capitale” è definita, a contrario, come ogni attività di promozione di investimenti collettivi che non si rivolge esclusivamente agli intermediari finanziari e agli istituti di assicurazione, entrambi
sottoposti a vigilanza (investitori di cui all’art. 10 cpv. 3 lett. a
e b LICol); in tal caso non è prevista alcuna regolamentazione.
Specificamente, la “distribuzione” comprende sia “l’offerta”,
ossia la proposta di stipulare un contratto, sia qualsiasi forma
di “pubblicità” tesa ad offrire determinati investimenti collettivi di capitale (dal concetto di distribuzione sono espressamente
escluse le attività delineate all’art. 3 cpv. 1 e 2 lett. a-e LICol).
La distribuzione può essere diretta a Investitori qualificati (QI)
e Investitori non qualificati (NQI). Per QI si intendono: gli intermediari finanziari e gli istituti di assicurazione sottoposti a
vigilanza, i privati facoltosi (HNWI) che hanno dichiarato per
iscritto di voler essere considerati QI e, a certe condizioni, gli
investitori che hanno concluso un contratto di gestione patrimoniale (art. 10 cpv. 3, 3bis, 3ter e artt. 6, 6° Cpv. 1, 2 OICol).
Di contro, sono NQI tutti gli investitori che non ricadono nella
definizione di QI.
Aspetto interessante concerne gli obblighi che un fondo estero deve adempiere in caso di distribuzione. Qualora si tratti
di distribuzione a NQI, il fondo estero deve: (i) nominare un
rappresentante e istituire un ufficio di pagamento; (ii) stipulare un accordo di distribuzione con un distributore autorizzato
dalla FINMA; (iii) ottenere dalla stessa Autorità l’autorizzazione del prospetto del fondo e dei documenti collegati. Se
34 - La Rivista marzo 2014
l’investitore è un QI, ogni fondo estero, entro l’1 marzo 201,
deve: (i) nominare un rappresentante ed istituire un ufficio
di pagamento; (ii) stipulare un accordo di distribuzione con
distributore autorizzato FINMA; (iii) qualora la distribuzione
avvenga fuori dal territorio svizzero, nominare un distributore
autorizzato ad agire nel rispetto della legge e della autorità
del Paese interessato. Da evidenziare che tutti i contratti di
distribuzione devono prevedere il rappresentante quale parte
contrattuale e i documenti determinanti dovranno contenere
specifiche clausole per gli investitori elvetici. Dal punto di vista pratico solo i fondi esteri registrati dalla FINMA possono
essere distribuiti agli NQI da distributori con licenza rilasciata
dalla stessa Autorità; al contrario, i fondi non registrati possono essere distribuiti solo agli QI e l’operazione deve essere
controllata dal fondo estero e dal distributore e specificata nel
contratto di distribuzione. I distributori di fondi di investimento esteri che non sono ancora stati soggetti alla LICol devono
essersi registrati presso la FINMA entro il 1° settembre 2013
e richiedere alla stessa Autorità una licenza entro il 1° marzo
2015 se sprovvisti di quella del Paese d’origine. Le società italiane, ad esempio, possono venire in Svizzera e se autorizzate
in Italia possono direttamente distribuire solo ad QI ed a condizione che il fondo estero abbia nominato un rappresentante,
istituito un ufficio di pagamento e concluso un contratto di
distribuzione entro il 1° marzo 2015.
I c.d. fondi diversi che non rientrano nella definizione di cui
alla Direttiva UCITS 2009/65/CE (come fondi di private equity,
alternative funds, real estate funds) hanno in pratica riscontrato sino ad oggi notevoli difficoltà ad essere autorizzati e
registrati dalla FINMA. Gli stessi, pertanto, così come i fondi
non europei, sino ad sono distribuiti solo agli QI, adempiute le
condizioni precedentemente elencate.
Invero, stante l’obiettivo di preservare la qualità e la competitività dei servizi di gestione patrimoniale
in Svizzera, rimangono numerosi dubbi sulla lungimiranza
dell’operazione in considerazione del fatto che le norme nazionali di collocamento privato degli Stati membri dell’UE potrebbero essere eliminate nel 2018 secondo la Direttiva AIFM,
senza contare l’assenza di disposizioni in materia di remunerazione dei gestori patrimoniali e i costi connessi alla nomina di
un rappresentante svizzero e di un ufficio di pagamento per la
distribuzione dei fondi agli individui facoltosi e agli investitori
istituzionali.
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La Rivista
Angolo
Fiscale
di Tiziana Marenco
Rogatorie in materia fiscale
Il ruolo delle domande raggruppate alla vigilia
dell’introduzione dello scambio automatico d’informazioni
Le rogatorie che hanno fatto la storia dello scambio d’informazioni in materia fiscale in Svizzera sono di stampo americano e tedesco e soddisfano i più banali clichés. Gli americani solitamente
scrivono poco, aspettano che i detentori delle informazioni posino
piede su suolo americano, caricano il cannone e minacciano di
dar fuoco se non gli saranno immediatamente consegnate tutte le
informazioni richieste; i tedeschi invece presentano la rogatoria
dopo aver già provveduto a sequestrare prove decisive presso i
contribuenti ed aver elaborato le informazioni, sicuri della loro interpretazione e della conclusione. Entrambi gli Stati hanno tuttavia sperimentato che il modo più efficiente per incassare i tributi
è quello proclamare ai quattro venti che stanno per presentare
alla Svizzera la rogatoria del secolo, spingendo così gli evasori
fiscali a dichiarare volontariamente fondi sinora rimasti occulti
senza aspettare il risultato formale della domanda di assistenza.
L’Italia sembra preferire una strategia diversa e, invece di perdere anni
di tempo per formulare rogatorie che a causa dei fondamenti giuridici
di diversa natura potrebbero essere respinte dalla Svizzera, aspetta comodamente l’entrata in vigore dello scambio automatico di informazioni.
Strategia che potrebbe dare frutti a breve.
Attualmente in Svizzera si discute sull’attuazione delle domande raggruppate, cioè di quelle rogatorie per le quali in via eccezionale non è
necessario specificare il nome di un contribuente contro il quale è diretta
la domanda, ma è sufficiente definire un comportamento modello fiscalmente rilevante in capo a contribuenti assoggettati nel paese rogante,
costringendo il detentore delle informazioni, per esempio un istituto
bancario o assicurativo, a consegnare le informazioni riguardanti tutti i
conti o i dossier che soddisfano le condizioni del comportamento modello
descritto nella rogatoria.
Malgrado nel frattempo l’OCSE abbia incluso nel commento alla Convenzione Modello OCSE la definizione delle domande raggruppate senza modificare il tenore dell’articolo, tentando così di suggerire che questo tipo
di rogatoria era già implicitamente incluso e comunque coperto dal tenore dell’articolo 26 della Convenzione, ben si sa che la domanda raggruppata nacque di fatto nell’ambito dell’Accordo stipulato tra la Svizzera e
gli Stati Uniti il 19 agosto 2009, quando la Svizzera nella causa UBS per
non perdere la faccia propose alle autorità americane, che chiaramente
ignoravano i nomi dei contribuenti che intendevano colpire, di formulare
la rogatoria in modo alternativo, definendo i contribuenti attraverso la
tipologia di comportamento fraudolento.
Si tratta quindi da parte della Svizzera della rinuncia al requisito della specificazione dell’identità del contribuente per il quale vengono richieste informazioni, rinuncia che alla luce dei diritti costituzionali ed in
particolare del divieto di retroattività di una norma, richiede secondo la
tradizione svizzera una base giuridica specifica.
Quando alla vigilia dell’entrata in vigore della nuova Legge federale
sull’assistenza amministrativa fiscale il Parlamento si accorse che il progetto di legge rischiava di essere già superato dalla revisione della Convenzione Modello OCSE del 17 luglio 2012, stralciò all’ultimo momento
l’elemento della richiesta “nel caso specifico” e aprì così la porta alle
domande raggruppate. Contemporaneamente all’entrata in vigore della
legge, il Parlamento emanò in fretta e furia anche un’Ordinanza sull’assistenza amministrativa in caso di domande raggruppate. Tale Ordinanza
comprende due soli articoli. All’articolo 2 l’Ordinanza stabilisce solo la
data della sua entrata in vigore (1° febbraio 2013). Nel primo articolo
invece essa al primo capoverso definisce le domande raggruppate (domande “che identificano le persone interessate mediante un modello di
comportamento”) e stabilisce secondo il concetto svizzero di garanzia
costituzionale della non-retroattività che tali domande sono autorizzate solo per informazioni su fattispecie avvenute dopo l’entrata in vigore
della legge del 28 settembre 2012 sull’assistenza amministrativa fiscale
[cioè dopo il 1° febbraio 2013] mentre al secondo capoverso essa stabilisce che sono salvaguardate le norme specifiche delle Convenzioni internazionali, in particolare anche di quelle sulla doppia imposizione.
È ovvio alla luce della disposizione giuridica che, fatta eccezione per le
rogatorie americane che potrebbero ricadere sotto le disposizioni dell’Accordo UBS del 2009, per tutte le altre convenzioni bilaterali concluse
prima del 1° febbraio 2013 la prima questione è quella a sapere se la
Convenzione sulla doppia imposizione (e i relativi protocolli ecc.) permette una domanda raggruppata (per fattispecie comunque non precedenti
al 1° febbraio 2013), tenendo presente che la dottrina Svizzera anche in
casi poco chiari non sembra appoggiare la teoria dell’ “interpretazione
dinamica” di una Convenzione: Se al momento della conclusione di una
Convenzione entrambe le parti in buona fede nemmeno potevano immaginarsi il concetto di domanda raggruppata, la stessa diverrà possibile
solo con l’emendamento formale della Convenzione. Tale sembra essere
l’interpretazione della dottrina prevalente nel caso della Convenzione con
la Germania. E tale dovrebbe essere l’interpretazione anche nel caso della
vecchissima Convenzione con l’Italia
Ci sorprendono quindi le voci circolanti da qualche tempo secondo le
quali la Germania sta preparando domande raggruppate da inviare in
Svizzera. Gli ostacoli immensi di natura formale da superare e i frutti
modesti che ci si può attendere, quelle “informazioni per fattispecie non
precedenti al 1° febbraio 2013”, sono di natura tale da scoraggiare anche
i più risoluti.
Vi è quindi da temere che l’Italia sia nel giusto: Alle porte dello scambio
automatico d’informazioni che potrebbe essere sancito ancora quest’anno, perché dedicare tempo prezioso a domande raggruppate per le quali
non si sa nemmeno se verranno accolte e che, anche nell’ipotesi di accoglimento, non permetteranno di ricevere informazioni precedenti al 1°
febbraio 2013?
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marzo 2014 La Rivista - 35
La Rivista
Angolo
legale Italia
di Viviana Sforza
La “giusta causa”
nella revoca degli amministratori
di società di capitali
Ai sensi dell’art. 2383 del codice civile, terzo comma,
nelle società per azioni l’assemblea dei soci – organo
societario competente alla nomina degli amministratori – può revocare gli amministratori in qualunque
momento, salvo il diritto di questi ultimi al risarcimento dei danni se la revoca avviene senza “giusta causa”.
La legge non fornisce una definizione di “giusta causa”, ma
la dottrina e la giurisprudenza, nel corso degli anni, hanno
analizzato attentamente questo tema ed elaborato un’interpretazione sostanzial-mente unanime del significato di
questa espressione.
Innanzitutto, il primo punto rilevante, che emerge dal dettato dell’art. 2383 del codice civile, è che l’amministratore
può essere revocato anche senza alcun motivo. La revoca è
un atto ad nutum, cioè una manifestazione unilaterale di
volontà dei soci, che rimane valido ed efficace in ogni caso.
L’interesse della società è difatti considerato dal legislatore
così prioritario rispetto a quello del singo-lo amministratore
da consentirgli di attribuire ai soci un vero e proprio potere
di recesso ad nutum. L’esistenza o meno della “giusta causa”
rileva quindi solo ai fini del possibile risarcimento del danno
in favore dell’amministratore revocato senza “giusta causa”.
Detto ciò, si è concordi nel ritenere che la “giusta causa”
debba consistere in circostanze o fatti che siano intervenuti
e che siano tali da minare la prosecuzione del rapporto di
fiducia che deve sussiste-re tra soci e amministratori.
La “giusta causa” non sussiste, quindi, necessariamente in
atti dolosi o colposi da parte dell’amministratore, o quanto
meno non solo in tali atti: può anche sussistere in atti o fatti
totalmen-te estranei all’amministratore o alla sua volontà,
ma tali da influire comunque sul rapporto di fiducia e impedirne la prosecuzione.
La giurisprudenza e la dottrina hanno quindi individuato
due diverse tipologie di “giusta causa”: la “giusta causa soggettiva” e la “giusta causa oggettiva”.
La “giusta causa soggettiva” sussiste nel caso di violazione
da parte dell’amministratore dei doveri a lui imposti dalla
legge o dall’atto costitutivo della società, o di comportamenti contrari ai doveri di fedeltà, lealtà, diligenza e correttezza nell’adempimento del mandato di amministratore.
La “giusta causa oggettiva”, invece, si riscontra, come
36 - La Rivista marzo 2014
accennato, nel caso in cui si verifichino atti o fatti estranei alla
persona dell’amministratore o alla sua condotta, ma tali da influire sul rapporto di fiducia in maniera così significativa da non
consentirne più il proseguimento, nemmeno in via temporanea.
È importante puntualizzare che le semplici divergenze o attriti tra l’amministratore e gli altri ammini-stratori in merito
alla gestione della società non integrano una “giusta causa”
di revoca in quanto fanno parte della normale dialettica del
consiglio di amministrazione. Occorrerà sempre e comunque
dimostrare che tali divergenze o attriti hanno obiettivamente ed irreparabilmente inciso sul rapporto di fiducia.
Di recente la Corte di Cassazione ha emesso due pronunce in
linea con questo consolidato orienta-mento.
Con la sentenza n. 21342 del 18 settembre 2013, la Corte di
Cassazione ha statuito che, nel caso di cessazione di un amministratore a seguito della modifica dell’organo amministrativo, ricorre una revoca implicita dell’amministratore incompatibile con il nuovo assetto organizzativo; tuttavia, la
“giusta causa” di revoca non può essere integrata dal nuovo
assetto organizzativo, ma richiede comun-que e sempre la
sopravvenienza di circostanze o fatti idonei ad influire negativamente sulla prosecu-zione del rapporto.
Con la sentenza n. 23381 del 15 ottobre 2013, la Corte di
Cassazione ha poi confermato la condanna al risarcimento
dei danni (già comminata in primo e secondo grado) di una
società a partecipazione pubblica nei confronti di un ex-amministratore che era stato revocato per non aver ottemperato alle direttive impartite dal Comune, non ritenendo quindi
sussistente in tal caso una “giusta causa” di revoca.
Come rilievo conclusivo su questo tema, si tenga infine presente che la “giusta causa” di revoca deve essere sempre
espressamente menzionata nella delibera assembleare di
revoca dell’amministratore, con una dettagliata spiegazione
delle ragioni di supporto alla revoca: solo in questo caso, la
società potrà essere più tutelata da azioni di risarcimento
del danno da parte dell’amministratore revocato.
La giurisprudenza ha chiarito che l’eventuale omissione
delle ragioni della “giusta causa” di revoca non può essere
integrata in futuro, neanche nel corso di una causa successivamente introdotta dalle parti.
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La Rivista
Angolo
legale Svizzera
di Massimo Calderan
L’iniziativa popolare federale
‘Contro l’immigrazione di massa’
Il 9 febbraio 2014 la maggioranza del Popolo e dei
Cantoni svizzeri ha approvato l’iniziativa popolare
“Contro l’immigrazione di massa”, che ha introdotto
un nuovo articolo 121a alla Costituzione federale,
secondo il quale (1) la Svizzera gestisce autonomamente l’immigrazione degli stranieri; (2) il numero
di permessi di dimora per stranieri in Svizzera (inclusi quelli per chi richiede asilo) è limitato da tetti
massimi annuali e contingenti annuali, il diritto al
soggiorno di lunga durata, al ricongiungimento familiare e alle prestazioni sociali può essere limitato;
(3) i tetti massimi annuali e i contingenti annuali per
gli stranieri che esercitano un’attività lucrativa (inclusi i frontalieri) devono essere stabiliti in funzione
degli interessi globali dell’economia svizzera e nel
rispetto del principio di precedenza agli Svizzeri; (4)
non possono essere conclusi trattati internazionali
che contraddicono questo articolo; e (5) una legge
deve disciplinare i dettagli. Sono modificate pure le
disposizioni transitorie della Costituzione federale,
per cui (1) i trattati internazionali che contraddicono l’articolo 121a devono essere rinegoziati e adeguati entro tre anni dal 9 febbraio 2014; e (2) se la
legge prevista dall’articolo 121a non sarà entrata in
vigore sempre entro tre anni, il Consiglio federale (il
Governo svizzero) dovrà emanare un’ordinanza che
disciplinerà la materia in via provvisoria.
Attualmente, in materia sono applicabili l’Accordo tra la
Svizzera, da una parte, e la Comunità euro-pea ed i suoi
Stati membri, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone, concluso il 21 giugno 1999 e entrato in vigore il 1°
giugno 2002 (Accordo di libera circolazione delle persone,
ALCP), e la Legge federale svizzera sugli stranieri. Le loro
previsioni per ora rimangono in vigore.
L’ALCP fa parte del pacchetto di sette accordi tra la Svizzera
e la Comunità europea entrato in vigore il 1° giugno 2002,
chiamato “Bilaterali I”. Tali accordi prevedono, oltre alla
libera circolazione delle persone, la collaborazione e il libero accesso ai mercati reciproci per quanto riguarda gli ostacoli tec-nici al commercio, gli appalti pubblici, i prodotti
agricoli, la ricerca, i trasporti aerei e i trasporti terre-stri. Se
uno degli accordi è rescisso da una delle due parti, entro sei
mesi gli altri accordi decadono automaticamente.
Pochi giorni dopo la votazione, il Governo svizzero ha deciso di non estendere la libera circolazione e quindi l’applicabilità dell’ALCP alla Croazia, perché la modifica della
Costituzione svizzera è diretta-mente applicabile, per cui
non è più possibile concludere accordi che contraddicano
il nuovo articolo.
Il Consiglio federale ha deciso di procedere come segue: (1)
entro fine giugno 2014, il Dipartimento federale di giustizia
e polizia, assieme al Dipartimento federale degli affari esteri e al Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca, elaborerà uno schema di attuazione del
nuovo articolo costituzionale, che dia una panoramica e indichi i lavori legislativi necessari; tale schema servirà come
base per le trattative da condurre con l’Unione europea;
(2) entro fine 2014 seguirà un progetto di legge, che dovrà
entrare in vigore entro l’8 febbraio 2017 (il Dipartimento
federale di giustizia e polizia preparerà pure le ordinanze
esecutive della legge, che all’occorrenza potrebbero essere
applicate se la legge stessa non sarà pronta in tempo); (3) il
Consiglio federale discuterà con l’Unione europea dell’ALCP e degli altri accordi bilaterali in vigore o nuovi; sempre
entro l’8 febbraio 2017, dal punto di vista della Svizzera
l’ALCP va adeguato.
Nelle prime prese di posizione l’Unione europea ha chiarito
che l’ALCP non è rinegoziabile e che se fosse rescisso, decadrebbe l’intero pacchetto Bilaterali I. Al contempo, l’Unione
europea, ha iniziato a bloccare, ad esempio, fondi relativi
all’accordo sulla ricerca e trattative relative a altri ambiti.
Rimane da vedere come si accorderanno le due parti. Rimane da vedere ovviamente anche quali saranno le previsioni
di legge che il Governo proporrà al parlamento svizzero e
che dovrebbero essere applicabili a tutti gli stranieri.
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marzo 2014 La Rivista - 37
La Rivista
Convenzioni
Internazionali
di Paolo Comuzzi
La circolare 37/E del 2013:
implicazioni internazionali
L’agenzia delle Entrate (poco prima che inizi il cd
mercato di riparazione) torna ad occuparsi di calciatori e di società e quindi torna a occuparsi di soggetti
che sono, per antonomasia visto il loro movimento
tra le diverse squadre, di interesse per le norme fiscali
internazionali [anzi sono proprio queste norme che in
alcune occasioni vengono considerate come preclusive al grande acquisto o al grande ritorno1 sicché può
ben dirsi che qualche volta più che l’arbitro sia stata
la norma a mettere in “fuori gioco” uno dei campioni
tanto attesi dai tifosi].
Ovviamente il movimento che si genera intorno all’evento calcio rende di interesse esaminare (in modo
sintetico) questa circolare e vedere alcune affermazioni che possono avere una implicazione di carattere
internazionale.
Commenti
In primo luogo il documento di prassi identifica lo sportivo
professionista come l’atleta o l’allenatore (cui si aggiungono altre figure meno note alla fantasia del tifoso) e stabilisce che la prestazione di questi soggetti è una prestazione
di lavoro subordinato2.
Questa affermazione è importante in quanto consente una
qualificazione del reddito che questi soggetti vengono a
percepire ed infatti la stessa circolare ministeriale dice in
modo chiaro che “ … ciò comporta che la remunerazione
dell’atleta costituisce reddito di lavoro dipendente3 … da
determinare in base alle ordinarie regole previste nell’articolo 51 del TUIR …”.
Diciamo che, almeno in questo, la chiarezza non fa certamente difetto: il grande allenatore (di nazionalità estera)
che viene a sedersi (ma anche a agitarsi stando in piedi) su
una panchina italiana è sempre un lavoratore subordinato
e quando viene pagato percepisce in ogni caso un reddito
di lavoro dipendente4.
Questo è il punto di partenza e quindi da questa concezione (lavoro dipendente) si dipana poi tutto l’esame per
determinare: 1) cosa sia reddito e cosa non lo sia; 2) chi
abbia il diritto di applicare una tassazione.
38 - La Rivista marzo 2014
Cosa sia reddito è elemento che la Circolare si prende di
cura di definire in modo sostanzialmente immediato: è
reddito qualsiasi utilità questo signore prenda (apprenda),
compresa quella che viene definita come indennità di prima
sistemazione (ovvero il quantum per il disagio iniziale5).
Su chi abbia diritto di tassare risponde subito il TUIR (la Circolare non prende in esame la materia) quando chiarisce che
il reddito di lavoro dipendente viene tassato in Italia quando
l’attività è svolta nel territorio dello Stato e se è vero che
(come dice sempre la Circolare) “ … le disposizioni in materia
di redditi di lavoro dipendente e di redditi di impresa non prevedono specifici criteri di individuazione della sede di lavoro
…” è lecito ritenere che tale sede sia da situarsi in alternativa
presso il campo di gioco (dichiarato come campo di gioco
ufficiale alla Lega) o presso la sede della società che ha ingaggiato il calciatore (o tecnico).
Diciamo che è sostanzialmente impossibile ravvisare una situazione in cui la sede di lavoro possa essere all’estero (non
esiste, per quanto mi consta, alcun fantasioso procuratore che
abbia richiesto di ingaggiare il suo assistito solo per le partite
da fare all’estero ed in ogni caso ci sarebbe qualche dubbio
ove fosse ipotizzata una assenza di tassazione in Italia).
Quindi abbiamo raggiunto una prima conclusione (sostanzialmente confermata nel documento di prassi): lo sportivo
professionista non sfugge al “fisco” italiano in quanto non
esiste alcun vuoto normativo che consenta di manifestare
una tesi diversa rispetto a quella della completa imposizione
della sua remunerazione di lavoro dipendente6.
Non è neppure lecito pensare che detta remunerazione possa
dividersi per singolo evento (ovviamente la divisione sarebbe
tra lavoro prestato in Italia e / o all’estero) tenendo conto
del luogo in cui la prestazione sportiva (discesa in campo) è
stata materialmente resa proprio perché la prestazione che
viene remunerata non è solo quella dello scendere in campo
ma è più complessa e consiste nel tenersi a disposizione della
società e quindi si esplica mediante (ma non solo mediante
questo) il scendere il campo quando richiesto7.
Sempre partendo dal principio evidente del lavoratore subordinato e quindi percettore di reddito di lavoro dipendente il documento di prassi si occupa dei premi erogati dagli
sponsor ai componenti della squadra.
Certamente l’Agenzia nel suo documento di prassi prende una posizione accettabile sull’obbligo della ritenuta
alla fonte (che secondo l’Agenzia deve sempre farsi a cura
dell’erogante) ma ignora il caso del soggetto erogante senza
stabile organizzazione in Italia ovvero di chi si trova in una
situazione che implica una impossibilità pratica di operare
detta ritenuta8.
In questa situazione il calciatore deve prestare massima attenzione e quindi deve inserire in unico quanto percepito
dallo sponsor applicando motu proprio la relativa tassazione
(ma meglio sarebbe stato richiedere un obbligo in carico alla
società che ha ingaggiato l’atleta evitando quel semplice
tema della comunicazione per consentire l’applicazione del
conguaglio)9.
Sempre il documento di prassi si occupa poi al punto 1.10
dei cd osservatori e qui nel momento in cui il soggetto (osservatore) è un soggetto non residente sorge evidente il
tema del rapporto con le convenzioni contro le doppie imposizioni e quindi la problematica della eventuale base fissa.
Qui è evidente che siamo in presenza (quando l’osservatore
è estero e / o è stato assunto per restare in un certo paese
estero10) di soggetti che possono essere lavoratori autonomi
ma anche lavoratori dipendenti e che si trovano in particolari condizioni (molto specifiche).
La conseguenza di quanto sopra è che il calciatore (o tecnico) straniero che viene tesserato da una formazione italiana deve assolvere le sue imposte sul reddito tralasciando
la condizione di residente fiscale, condizione che agisce invece sugli altri redditi (si pensi alla situazione del tecnico
che viene ingaggiato in corsa nel mese di Ottobre dell’anno
200x e quindi nello stesso anno è un soggetto qualificato
come non residente ai fini fiscali: egli paga sul reddito che
percepisce come tecnico ma non deve dichiarare gli altri
redditi in quanto soggetto non residente ed in teoria questa
condizione permane se detto soggetto fosse esonerato nel
mese di Aprile dell’anno successivo [200x1] per tornare di
nuovo a Novembre dello stesso anno11).
La considerazione sulla residenza fiscale vale anche per il
quadro W in materia di somme e valori detenuti all’estero
(che il non residente non deve compilare mentre il residente
fiscale si).
In questa situazione il calciatore che arriva a ogni volta al
mese di gennaio e riparte sempre al mese di Giugno dello
stesso anno non acquisisce mai la condizione di residente fiscale e quindi viene tassato solo sulla remunerazione che ha
percepito dalla formazione ingaggiante (inclusi i soldi degli
sponsor se legati alla prestazione) e non sul resto dei suoi
redditi (e si pone lo stesso problema della nota 9 ma lo stesso problema potrebbe nascere in caso di messa fuori rosa e
/ o altre manovre tese a favorire la partenza del lavoratore).
Manca infine nella Circolare qualsiasi cenno sulla tassazione su una eventuale liquidazione erogata a calciatori stranieri dopo il loro abbandono della formazione Italiana ma si
ritiene che questa erogazione dovrebbe seguire nella tassazione quella del reddito di lavoro dipendente.
Conclusioni
Certamente bene hanno fatto le parti coinvolte a sedersi a
discutere dei temi oggetto della Circolare ma forse i temi del
mondo del calcio che hanno maggior interesse sono diversi
e consistono ancora in diritti di immagine, nei compensi ai
procuratori, nel trattamento dei costi di scouting (che sono
notevoli) mentre minore importanza ha la mensa e / o il compenso per il charter pagato per intero e riempito per il 50%.
E’ di tutta evidenza che sul piano tributario il mondo del
calcio è quello che più di tutti rischia una concorrenza sleale in presenza di una difforme tassazione del lavoratore
(in quanto la componente lavoro è essenziale per vincere
e non è solo un “ingrediente” in una miscela di fattori che
possono incidere in forma diversa12 e compensarsi tra di loro
per l’andamento).
Avendo chiaro questo elemento sarebbe interessante giungere ad una uniforme tassazione europea dei redditi dei cd
sportivi professionisti stabilendo che, qualsiasi sia la formazione erogante ed in qualsiasi paese si trovi, le imposte sul
reddito dovute dall’atleta sono pari a una percentuale (x%),
percentuale che deve valere in tutti i paesi della Unione
Europea.
Questo renderebbe più facile lo spostamento delle persone suddette (e forse questa impostazione della tassazione
uguale potrebbe farsi mantenendo comunque la qualifica
reddituale) e ridurrebbe la competizione extracalcio che
oggi tanto incide sulla capacità delle singole squadre con
un conseguente aumento dell’interesse verso questo movimento.
1
Si pensi ad una formazione che puo’ ingaggiare calciatori senza alcuna imposta
sul reddito che eroga agli stessi.
2
Trattasi di identificazione che non ha carattere fiscale ma e’ contenuta nelle
norme di diritto sportivo.
3
Questo significa anche che sussiste un obbligo di applicare una ritenuta alla fonte.
4
Quindi viene tassato secondo un principio di cassa.
5
In sostanza il pagamento del trasloco e dei giorni in albergo in attesa che il
soggetto “ingaggiato” trovi una sistemazione consona alle sue esigenze.
6
Mi resta un dubbio sul demansionamento: il giocatore “titolare” che viene degradato in modo sostanziale e chiede i danni (situazione complessa in quanto
oggi non si parla di titolari e riserve ma titolarissimi e titolari).
7
Una cosa e’ la prestazione sportiva (giocare) e una cosa e’ l’oggetto del contratto
di prestazione sportiva; la prima (giocare) mi pare solo un modo di esercitare
l’attivita’ ma non l’attivita’ nel suo insieme.
8
Non penso che in assenza di una norma espressa ed anche avuto riguardo al
documento di prassi che possa scaricarsi un onere sulla societa’ che ha diritto alle
prestazioni sportive.
9
Queste attribuzioni reddituali si collegano alla sua posizione di dipendente e
quindi vanno dichiarate anche in assenza della condizione di soggetto residente
fiscale.
10
Qui puo’ aversi certamente il caso in cui viene assunto un residente fiscale per
lavorare all’estero (con consequente possibilita’ per questa persona di perdere la
qualifica di residente fiscale) o viene assunto un soggetto straniero per lavorare
all’estero (e quindi un soggetto che mai assume la qualifica di residente fiscale).
11
Abbiamo sempre detto che questa e’ una rivista tecnica ma il tema ci impone
una domanda: un esonero con riassunzione in forma continuata potrebbe essere
interpretato come una manovra avente un puro scopo “elusivo” ovvero impedire
che venga assunta la condizione di residente fiscale da parte della persona fisica?
Ed in questo caso l’esonero non vale per la amministrazione? La procedura di
accertamento? Il manifesto “tifo” per formzione diversa da parte di componente
della commissione tributaria e’ una causa di astensione obbligatoria?
12
Molto banale e’ dire che nel calcio il maggior costo del lavoro e’ difficilmente
compensabile da una riduzione nel costo di altri fattori come avviene nella maggior
parte dei settori produttivi (in sostanza non ci sono altri fattori della produzione).
marzo 2014 La Rivista - 39
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L’elefante
Invisibile1
di Vittoria Cesari Lusso
Bisogno di sicurezza
Noi esseri umani abbiamo un bisogno estremo
di sicurezze. Come dice Vittorino Andreoli, uno dei più
celebri psichiatri italiani, il sentimento di sicurezza serve per
vivere, prima ancora che per vivere bene.
Il bisogno di sicurezza va di pari passo con il bisogno di dare
e ricevere fiducia.
Nei primi anni dell’esistenza viviamo a questo proposito
esperienze fondamentali che ci segneranno per tutto il resto
della nostra vita. Come tanti altri cuccioli non possiamo sopravvivere senza un adulto che si prenda cura di noi. Siamo
totalmente dipendenti e vulnerabili. Abbiamo un vitale bisogno di cibo, acqua, abiti, parole, carezze, abbracci, relazioni,
protezione dai pericoli, affetto, cure, e molto altro ancora.
Abbiamo bisogno di tutto ciò per tempi molto, molto più
lunghi di qualsiasi altro cucciolo.
Chi ha la fortuna di ricevere precocemente risposte adeguate a tali bisogni sviluppa un sentimento
di fiducia nei confronti dei genitori, della famiglia e per
estensione, degli altri e del mondo. Sa di non essere lasciato
solo. Sa di poter contare su figure solide e amiche. Tale apprendimento per esposizione all’esperienza di buone cure gli
permette di sentirsi sicuro e di osare compiere, man mano
che cresce, esplorazioni sempre più audaci del mondo che lo
circonda. Gli permette altresì di sviluppare un attaccamento
sicuro con altre importanti figure: la moglie, il marito, i partner, gli amici, i maestri, ecc. I grandi miti ci mostrano come
gli eroi traggano forza nelle loro imprese dalla prospettiva
di un possibile ritorno a un orizzonte sicuro. Ulisse dopo
dieci anni di guerra e altri dieci anni di peregrinazioni in
mari sconosciuti ritroverà la sua madre Patria e la sua sposa.
Dante sarà accolto in Paradiso da Beatrice dopo aver attraversato gli inferi e le cornici del Purgatorio. Enea concluderà
le sue peregrinazioni con l’approdo nella terra promessa per
fondare una nuova stirpe …
Chi non ha avuto detta fortuna verosimilmente
vivrà le separazioni come tragiche esperienze di abbandono. E proprio per non rischiare un abbandono, nei legami
sentimentali tenderà per esempio a evitare di impegnarvisi, magari troncando sul nascere relazioni promettenti. Un
uomo mi esponeva recentemente un suo problema: quando
incontra una donna interessante che gli piace non riesce neanche ad accompagnarla fino alla fermata del suo autobus,
ma la saluta prima. A metà strada viene preso da un’ansia
incontrollabile all’idea del momento di separazione che sta
per vivere. Insomma la sua logica è: meglio anticipare e provocare l’evento angoscioso piuttosto che subirlo.
Nel campo dei legami affettivi, ma anche nell’univer-
so dei rapporti professionali e politici il bisogno di sicurezza
ha implicazioni fondamentali. Ci sono infatti ruoli che hanno
il dovere “istituzionale” di offrire sicurezza e protezione.
In tutti gli ambiti accade prima o poi che il bisogno di sicurezza si scontri con l’esigenza opposta: il bisogno di libertà
e di autonomia.
Il meccanismo è molto forte nell’adolescenza. Ci sono momenti in cui il ragazzo e la ragazza rivendicano fortemente
tutta una serie di libertà e mostrano di non più sopportare gli scudi protettivi dei genitori. Ci sono altri momenti in
cui tornano a essere cuccioli indifesi in cerca di tenerezza e
consolazione. Inoltre mentre tentano di conquistare spazi di
libertà nei confronti degli adulti, cercheranno solidarietà e
protezione nel gruppo dei coetanei.
Nel mondo del lavoro si può aspirare al tempo stesso, da
un lato, al posto sicuro anche a costo di ripetere in modo
monotono le stesse mansioni per tutta la vita, dall’altro alla
libertà di creare, inventare, cambiare e fare esperienze, rischiando a volte la paura di cadere nel vuoto.
In campo politico la fiducia si fonda sulla qualità
delle prestazioni e dei servizi che l’amministrazione, le istituzioni e il governo offrono. Da essa dipende la qualità della
vita dei cittadini. Una di queste prestazioni fondamentali è
la protezione da pericoli vari: aggressioni esterne, povertà,
mancanza di lavoro, ingiustizie, ignoranza, soprusi, assenza
di regole, ecc..
A tali istanze si chiede oggi insomma sicurezza senza però
che questa comporti troppe limitazioni delle libertà personali. Da cui i dilemmi: mettere o non mettere videocamere
di sorveglianza in luoghi “sensibili”? Aumentare o meno il
numero delle forze di polizia? Conservare o meno in vita imprese dissestate? Consentire o meno certe intercettazioni?
Aprire le frontiere o esercitare controlli più o meno severi?
E così via.
Vi sono a questo proposito ovviamente molte differenze tra
Italia e Svizzera. Ma un aspetto accomuna le due realtà: la
sensazione di molti cittadini di sentirsi meno sicuri rispetto
al passato! A torto? A ragione?
I risultati di certe votazioni sono probabilmente anche il riflesso di questa sensazione…
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La Rivista
Dalla Svizzera
degli Stati a quella federale
La tradizione della fondazione
tra mito e storia
di Tindaro Gatani
Il giuramento del Rütli o Grütli
del 1291, ritenuto come l’atto
costituente, non fu certo il primo e solo avvenimento a gettare le basi che poi avrebbero
portato alla fondazione della
Confederazione Elvetica. Il filosofo e storico neocastellano
Denis de Rougemont (Couvet
1906-Ginevra 1985) si chiede, infatti, se questa Nazione,
«in quanto “Svizzera”, non avrà
altri punti d’origine possibili,
altrettanto convincenti, almeno, quanto il 1291?» (vedi «La
Rivista» di gennaio).
La lotta per l’autonomia
Per secoli, gli Svizzeri si erano trovati,
infatti, uniti, prima sotto i vari Imperi,
da quello romano a quelli merovingio
e carolingio, e poi l’alleanza dei loro
due ceppi principali, il burgundo e l’alemanno, era stata rafforzata dal matrimonio di Rodolfo II di Borgogna (ca.
888-937) e Berta di Svevia (907-962),
figlia di Burcardo II duca di Alemagna,
che comprendeva l’attuale Svizzera
tedesca e parte della Germania meridionale. Dopo la morte di Rodolfo III
(970-1032), ultimo erede del Regno di
Arles o delle Due Borgogne, gli Svizzeri si ritrovarono di nuovo riuniti,
sotto l’Impero di suo cugino Corrado
II il Salico (990-1039) e dei successivi
imperatori del suo casato (Enrico III,
Enrico IV ed Enrico V), prima di passare, dal 1138 al 1250, sotto il Regno
degli Svevi (Staufer o Hohenstaufen)
con Corrado III, Federico I il Barbarossa, Enrico VI e Federico II di Svevia.
Jean Renggli der Ältere,
Il giuramento del Grutli (Rütli),
1891 Luzern
Il primo nucleo della Confederazione
non è nato per chiedere l’indipendenza dal potere centrale, ma l’autonomia da quello locale, rappresentato
dai conti d’Asburgo, che avevano in
appalto l’amministrazione della giustizia e delle tasse (vedi «La Rivista»
di dicembre 2013). Dopo la fine delle due dinastie dei Lenzburgo e degli
Zähringen, che avevano regnato incontrastate su buona parte della Svizzera tra l’XI e la metà del XII secolo,
l’incarico di governatore o avogadro di
vaste zone della Svizzera centrale era
stato, infatti, assegnato dall’Impero ai
conti d’Asburgo. In pratica non cambiò
nulla fino a quando gli Asburgo non
cominciarono ad aspirare anche al
trono imperiale e a volere concentrare nelle stesse mani il potere centrale
e quello locale, senza possibilità per i
sudditi di potersi rivolgere a una superiore istanza in caso di contenzioso.
Per consuetudine regia, sin dai tempi
di Carlo Magno, chiunque ritenesse di
aver subito qualche sopruso poteva,
infatti, rivolgersi al sovrano e chiedere
giustizia contro le eventuali vessazioni degli inviati imperiali o degli amministratori locali. Carlo Magno, con
un capitolare dell’802, aveva anche
creato la figura dei missi dominici (inviati del signore), che, tra l’altro, avevano il compito di tenere assemblee,
vigilare sui funzionari, raccogliere le
suppliche, presiedere i processi più
gravi, svolgere indagini sulla riscossione delle imposte. Quell’istituto era
però poi decaduto e infine del tutto
scomparso verso la fine del IX secolo.
L’unica istanza di ricorso dei sudditi,
che credevano di aver subito un torto,
era allora rimasta la Corte imperiale.
Con l’accentramento dei due poteri
nelle stesse mani, questo diritto non
poteva, però, essere più garantito.
C’era quindi il pericolo di perdere le
libertà locali per trovarsi a far parte
di un feudo, in questo caso asburgico, con tutte le conseguenze che ciò
comportava.
La Casa d’Asburgo
Approfittando dei contrasti e dei dissapori che cominciavano a serpeggiare tra gli Asburgo, che riscuotevano le
tasse e amministravano la giustizia, e
la nuova Casa regnante degli Hohenstaufen, gli abitanti di Uri richiesero
il riscatto dall’amministrazione dei
conti di Asburgo all’imperatore Federico II di Svevia. Fu suo figlio, Enrico
VII, allora “vicario” imperiale in Germania, previa autorizzazione dell’augusto genitore, a concedere loro una
dichiarazione di franchigia ovvero di
«dipendenza immediata» dall’Impero,
senza intermediari di sorta (Hagenau,
26 maggio 1231). Poiché — come ci
ricorda Guido Calgari — «l’esempio
della libertà è contagioso», anche gli
Svittesi, nel 1240, si rivolsero all’Imperatore, che allora era impegnato
all’assedio di Faenza, per chiedere la
stessa concessione. Approfittando di
quell’episodio della lotta tra Guelfi e
Ghibellini in Italia, gli mandarono
in aiuto «un piccolo contingente di
soldati» (vedi «La Rivista» di dicembre
2013). Come controparte gli chiesero
la franchigia imperiale, che l’Imperatore concesse loro «quantunque si
guardasse bene dall’aggiungervi la
clausola per cui gli Svittesi venivano
sottratti agl’intermediari asburgici»
(G. Calgari, op. cit., p. 115). Federico
marzo 2014 La Rivista - 43
La Rivista
Carlo Magno, con un capitolare dell’802, aveva anche creato la figura
dei missi dominici (inviati del signore), che, tra l’altro, avevano il compito di tenere assemblee, vigilare sui funzionari, raccogliere le suppliche, presiedere i processi più gravi, svolgere indagini sulla riscossione
delle imposte
II non aveva, infatti, il potere di farlo
perché, al contrario che su Uri, «l’Imperatore non possedeva diritti su Svitto» e, dunque, «ciò sarebbe stato contrario agli usi feudali» (W. Martin, op.
cit., p. 26). Ma gli Svittesi «la ritennero
[però] sottintesa e si rifiutarono d’obbedire ai balivi» asburgici (G. Calgari, op. cit., p. 115). Dopo la definitiva
caduta della casa di Svevia (1250),
gli Asburgo tornarono più tracotanti
di prima a prendere possesso di Uri,
di Svitto e di Unterwalden, ma tra i
loro inviati e gli abitanti delle tre Valli
nacquero continui diverbi, dissapori,
contrasti e aspri scontri.
La Casa d’Asburgo era intanto divenuta sempre più forte con Rodolfo
Re Ottocaro II di Boemia, ritratto immaginario.
44 - La Rivista marzo 2014
I, re di Germania (rex Romanorum),
conte d’Asburgo, di Kyburg e di
Löwenstein, langravio di Thurgau,
aspirante al trono imperiale dopo
aver battuto, nella battaglia di Marchfeld sul fiume Morava (26 agosto
1278), Ottocaro II di Boemia, il più
potente sovrano europeo dell’epoca.
Dante, che capì subito, le conseguenze che quello scontro avrebbe
avuto nella storia dell’Europa Centrale nei secoli seguenti, ci mostra i
due re, fieramente avversari in vita,
amici dopo la morte, nel VII canto del
Purgatorio: Colui che più alto siede…
Rodolfo imperador fu… / L’altro che
nella vista lui conforta… Ottacchero
ebbe nome. In effetti, Rodolfo I d’Asburgo, non avendo ottenuto mai
l’incoronazione papale, rimase sempre «imperatore designato», perché
le due volte che si era stabilito un
termine per la sua discesa a Roma,
i Papi in carica erano morti. Era saltata così anche la possibilità che,
una volta eletto imperatore, Rodolfo
potesse nominare suo figlio Alberto
I re di Germania. Dopo la vittoria su
Ottocaro, la Casa d’Asburgo s’impossessò di nuovi territori e, «divenuta
voracissima», allargò i suoi diritti
anche sulla Svizzera. Nel 1283, per
controllare in pratica il Passo del S.
Gottardo, si impossessò della Valle
d’Orsera; agli inizi del 1291 avocò a
sé l’avogadria del convento di Murbach a Lucerna, avanzando pretese
un po’ ovunque sul territorio elvetico, tanto che «i Waldstaetten [paesi
forestali di Uri, Svitto e Unterwalden]
si sentivano stretti, chiusi» e sempre
più «oppressi da ogni lato da questo
padrone» (W. Martin, op. cit., p. 29).
Tra Leghe e Patti
Nonostante tutto, «gli Svittesi avevano operato un ultimo tentativo per
assicurarsi l’immediatezza dell’Imperatore», inviandogli «un contingente
di 1500 uomini davanti a Bensançon»,
dove Rodolfo I era allora impegnato
contro Ottone IV di Borgogna, che voleva affrancare la sua contea dall’Impero. Tutto quello che ottennero furono, però, i ringraziamenti per l’aiuto
dato e «il diritto di portare lo stendardo imperiale, con la croce bianca su
sfondo rosso» (Ibidem). Onde evitare
che, in futuro, la stessa persona detenesse il potere centrale e quello locale
su di loro, alla notizia della morte di
Rodolfo I d’Asburgo, avvenuta il 15
luglio 1291, la protesta dei Waldstätten sfociò in aperta ribellione. Ai
primi di agosto, di quello stesso anno,
i loro rappresentanti si riunirono sui
campi del Rütli per giurare un Patto
perpetuo. Era un patto come tanti altri coevi, conclusi allora soprattutto in
Germania e Italia, oppure si trattava
di qualcosa di nuovo e di particolare o
addirittura di speciale? All’epoca delle Lotte per le investiture, soprattutto
sotto gli Svevi, per attutire i contraccolpi della crisi dell’Impero, molte
città dell’Italia settentrionale e della
Germania si erano riunite in lega per
potere meglio difendere i loro interessi. Nel 1241 sfruttando il positivo
risultato delle Gilden, vere e proprie
Corporazioni commerciali, Amburgo
e Lubecca, poi seguite da tante altre città, si allearono, gettando così
le basi per la fondazione delle Città
anseatiche. Quella delle città portuali
della Germania del Nord era un’associazione che, nata appunto come
La Rivista
Rodolfo I d’Asburgo, ritratto immaginario.
cooperativa per la promozione e protezione del commercio estero (Hansa
dei mercanti), si trasformò poi in una
vera e propria lega delle stesse città a
scopo non solo mercantile, ma anche
come un importante fattore politico e
culturale dell’Europa settentrionale.
Simili leghe o associazioni erano sorte
in Alsazia, in Lombardia e persino nel
territorio dell’attuale Ticino.
Al 1182 risale, infatti, il Patto di Torre
con il quale i Bleniesi e i Leventinesi avevano rafforzato la loro volontà
di rimanere liberi dalle imposizioni di
Alcherio, signore del castello di Serravalle, che aveva ospitato Federico
Barbarossa, alla vigilia della storica
sconfitta subita dall’Imperatore a Legnano (29 maggio 1176) a opera della Lega lombarda e degli abitanti di
quelle Valli. Dopo Legnano, Alcherio
era stato costretto a ritirarsi nell’altra sua fortezza, quella di Torre, in
Val di Blenio. Nel febbraio del 1182,
tutti i valligiani di Blenio e di Leventina («valedani di Belegni et valedani
Leventina omnes») confluirono sotto
«la superba rocca di Artusio, successo
nel frattempo al padre, e, alla presenza dell’Arciprete milanese, giurarono
di demolire il Castello» e «di non più
ammettere nelle loro libere assemblee Podestà della Valle, che siano cioè
legati per parentela o interesse ai signori feudali» (G. Calgari, op. cit., pp.
107-108). Tra le altre leghe che hanno interessato il territorio svizzero,
Ulrich Im Hof ricorda la «federazione
burgundica di Berna», formata, tra il
1241 e il 1245, da Berna, Friburgo,
Morat e Avenches, ingranditasi mezzo
secolo dopo, negli stessi anni del Patto del Rütli, con l’aggiunta di Soletta,
Bienne, Laupen, Payerne; e, poi, anche
il «complesso federativo attorno al
Lago di Costanza».
La Berner Chronik
e il Libro Bianco
Nel primo caso si trattava «in ogni
modo di alleati mutevoli»; anche nel
secondo, «i membri» — i più ragguardevoli dei quali erano Zurigo, Sciaffusa, Ueberlingen, Costanza, Lindau e
San Gallo — «solitamente mutavano
e l’epicentro stava ora su una ora su
un’altra di esse» (Ulrich Im Hof, op.
cit., pp. 30-31). Il Patto del Rütli del
1291, che ne rinnovava uno più «antico pure conchiuso sotto giuramento»,
era dunque più speciale delle altre leghe coeve, perché non aveva carattere mutevole ed era indissolubile. Quel
Patto era diverso dagli altri perché in
esso, oltre ai principi della sicurezza
collettiva e dell’arbitrato, c’erano già
anche quelli dell’autonomia e la sua
«durata illimitata [“in perpetuo”] è
un aspetto che si troverà più tardi in
tutte le alleanze confederate e ne sarà
il più solido fondamento» (C. Gilliard,
op. cit., pp. 18-19). Oltre che un Patto
speciale era anche «un atto sacro, che
impegnava, davanti a Dio e ai loro popoli, persone responsabili “che disponevano dei sigilli”». Particolare è anche il suo stile «bello, fiero e schietto»,
con «le parole scritte correttamente e
abbreviate con maestria», in un latino non certo fruibile da gente come
il rude «Tell della leggenda» o dai
«pastori che sollevano le loro braccia
nodose sullo sfondo del Grütli». È un
documento scritto da gente «esperta
nel maneggiare trattati», che ricorreva
«ai servizi di cancellieri e notai venuti
dall’Italia» o che li sapevano redigere
«secondo le usanze delle leghe lombarde e delle corporazioni fiorentine».
Quello che mancava a quella prima
alleanza, e sarebbe mancato ancora
per oltre cinque secoli, era «un potere
centrale o più elevato rispetto al governo di ogni gruppo». Questa fu una
carenza che, con il passare del tempo,
avrebbe portato a continui contrasti
interni alla «“Svizzera delle patrie” o
degli Stati, fino al giorno in cui i difetti
di un tale sistema» avrebbero provocato «una crisi mortale», che sarebbe
stata superata solo con la creazione
dello «Stato federale» (D. de Rougemont, op. cit., pp. 29-31). Quello del
Rütli non fu, dunque, solo un patto
di mutuo soccorso, perché stabiliva
anche norme di carattere giuridico e
amministrativo «prese nell’interesse e
a vantaggio comune». L’alone di mistero che l’ha circondato è da attribuire anche al fatto di essere andato
prima smarrito per qualche tempo e
poi rimasto sconosciuto fin verso la
fine del XVIII secolo (W. Martin, op.
cit., p. 29). Il fatto che sia stato quasi del tutto dimenticato per molto
tempo non inficia la sua importanza storica, perché i suoi contenuti di
documento latino segreto, riservato
ai soli contraenti, furono poi ripresi e
ampliati dal successivo Patto di Brunnen del 1315, atto pubblico in lingua
tedesca, destinato a tutti (vedi «La Rivista» di maggio 2014). La tradizione
vuole che i promotori del giuramento
del Patto siano stati Werner Stauffacher di Svitto, Walter Füst di Uri e
Arnold An der Halden di Unterwalden,
che non sopportando più i soprusi dei
balivi asburgici avevano fondato una
marzo 2014 La Rivista - 45
La Rivista
Federico II di Svevia, in una miniatura d’epoca.
società segreta. Per liberare le loro
vallate dal giogo della servitù, i tre
congiurati, ognuno accompagnato
da dieci persone, si riunirono sulla
radura del Rütli. I convenuti erano
dunque 33 e tra gli undici Urani ci
sarebbe stato anche Guglielmo Tell.
Dopo la solenne cerimonia, i ribelli
avrebbero bruciato e raso al suolo le
residenze dei balivi, costretti a lasciare le vallate. La Berner Chronik
di Konrad Justinger (1420 circa), che
racconta e illustra gli avvenimenti
anteriori alla battaglia di Morgarten del 1315, accenna sì ai soprusi
dei balivi e alle resistenze popolari
contro di loro, ma non parla né di
Tell né della distruzione e tantomeno dei tre personaggi della congiura.
La descrizione della leggenda della
fondazione della Confederazione e
del mito di Guglielmo Tell apparvero,
per la prima volta, nel Libro Bianco
di Sarnen, così chiamato dall’originaria rilegatura di pelle di maiale
di colore biancastro, compilato dal
cancelliere di Obwaldo Hans Schriber (1436-1478).
Un mito divenuto storia
Solo dopo la pubblicazione del Libro
Bianco, nel Settecento, Guglielmo
Tell e i tre capi congiurati del Rütli
divennero eroi nazionali e difensori
degli ideali di libertà promossi dal
Secolo dei Lumi. Sarebbe stato poi
soprattutto il poeta tedesco Federico Schiller (1759-1805), con il suo
dramma Wilhelm Tell, a dare fama
internazionale all’eroe nazionale
svizzero. Un successo poi amplificato dal melodramma tragico in
quattro atti, su libretto di Étienne
46 - La Rivista marzo 2014
de Jouy e Hippolyte-Louis-Florent
Bis, musicato da Gioacchino Rossini, famoso soprattutto per la sua
ouverture, che fu rappresentato per
la prima volta all’Opéra di Parigi il
3 agosto 1829. Dopo che, per lungo
tempo, la tradizione della fondazione è stata relegata nell’ambito della
leggenda, gli storici la stanno rivalutando. Infatti, «la tradizione», pur
non fornendoci «informazioni sugli
avvenimenti dell’epoca in cui nacque la Confederazione… ci illumina»,
tuttavia, «sulla visione storica che
informò la spiegazione data più tardi
di questa nascita» (G. P. Marchal, op.
cit., p. 162). Oggi bisogna, dunque,
tener conto che «alla base dei racconti tradizionali vi sono fatti meglio
accertati di quanto si credesse» anche se «la mancanza di fonti documentarie non permette di dire di più»
(C. Gilliard, op. cit., p. 12). Sembra
allora giusta la tesi del Martin, secondo cui, «per lungo tempo, la critica storica, disorientata da errori di
data e da alcune verosimiglianze dei
fatti, ha considerato del tutto immaginario il giuramento del Rütli… e gli
episodi riguardanti i “balivi” e Tell»,
quando «da recenti studi risulta, invece, che in questi racconti esiste un
alto grado di attendibilità e che essi
permettono di ricostruire il logico
concatenarsi degli eventi, molto meglio di quanto abbia mai potuto farlo l’arida logica del XIX secolo» (W.
Martin, op. cit., p. 29). Certo è che
la tradizione della fondazione della
Confederazione, con i suoi miti e
le sue leggende, ha appassionato e
continua ad appassionare e ad avvincere. Di recente anche uno dei
più grandi scrittori svizzeri del Novecento, Max Frisch, ci ha raccontato a modo suo la storia di Tell: un
cacciatore con la balestra a tracolla,
che rifiuta di omaggiare la penna di
pavone posta sul cappello imperiale conficcato su un’asta nella piazza di Altdorf. Il suo Guglielmo Tell
per le scuole (1971) è un racconto
breve e ironico che, ripercorrendo
le tappe della leggenda, si interroga sulla storicità degli avvenimenti
attraverso un racconto glossato tra
«il comico e lo straniante». Il Tell di
Max Frisch è «buffo, pigro e per nulla
imperioso» e il suo antagonista non
ha altra preoccupazione che quella
di lasciare al più presto quella valle. Lo scrittore cerca di smontare
il mito senza, tuttavia, sminuirne
l’importanza storica e l’originalità.
Come tutti i grandi miti anche quello di Tell ha qualcosa di magico e di
eterno. Non per nulla anche la mela,
posta sulla bionda testa del suo figlioletto Walter, è anch’essa uno dei
simboli più ricorrenti nella cultura
occidentale. Da quella di Adamo ed
Eva a quella di Ercole e di Atlante,
da quella di Paride a quella di Biancaneve, senza dimenticare quella
per la quale Isaac Newton intuì la
legge della gravitazione universale.
Nel mito nazionale svizzero ci sono
tutti gli ingredienti per un messaggio non solo ai futuri Svizzeri per difendere la loro libertà, ma per tutti
i popoli che lottano contro i soprusi
e le angherie per l’indipendenza della loro patria. Un’importanza, questa, sottolineata anche dal filosofo
neocastellano Denis de Rougemont,
quando afferma che «probabilmente
La Rivista
Originale del Patto del Rütli.
Tell non è esistito, ma senza di lui la
Svizzera federale che oggi conosciamo non sarebbe divenuta realtà» (D.
de Rougemont, op. cit., p. 13).
Il testo integrale del Patto
federale del 1291
nella traduzione fedele di
Francesco Chiesa
«Nel nome del Signore, così sia.
È opera onorevole ed utile confermare, nelle debite forme, i patti della
sicurezza e della pace.
Sia noto dunque a tutti, che gli uomini della Valle di Uri, la comunità
della valle di Svitto e quella degli
uomini di Untervaldo, considerando
la malizia dei tempi ed allo scopo di
meglio difendere ed integralmente
conservare sé ed i loro beni, hanno
fatto leale promessa di prestarsi reciproco aiuto, consiglio ed appoggio,
a salvaguardia così delle persone
come delle cose, dentro le valli e fuori, con tutti i mezzi in loro potere, con
tutte le loro forze, contro tutti coloro
e contro ciascuno di coloro che ad
essi o ad uno d’essi facesse violenza,
molestia od ingiuria con il proposito
di nuocere alle persone od alle cose.
Ciascuna delle comunità promette
di accorrere in aiuto dell’altra, ogni
volta che sia necessario, e di respingere, a proprie spese, secondo le circostanze, le aggressioni ostili e di
vendicare le ingiurie sofferte.
A conferma che tali promesse saranno lealmente osservate, prestano giuramento, rinnovando con il
presente accordo l’antico patto pure
conchiuso sotto giuramento; con
l’avvertenza tuttavia che ognuno
di loro sarà tenuto, secondo la sua
personale condizione, a prestare al
proprio signore l’obbedienza ed i servizi dovutigli.
Abbiamo pure, per comune consenso
e deliberazione unanime, promesso,
statuito e ordinato di non accogliere né riconoscere in qualsiasi modo,
nelle suddette valli, alcun giudice il
quale abbia acquistato il proprio ufficio mediante denaro od altre prestazioni, ovvero non sia abitante delle nostre valli o membro delle nostre
comunità.
Se sorgesse dissenso fra i Confederati, i più prudenti di loro hanno
l’obbligo d’intervenire a sedar la discordia, nel modo che loro sembrerà
migliore; e se una parte respinge il
giudizio proferito, gli altri Confederati le si mettano contro.
Resta inoltre convenuto fra loro
quanto segue: Chi avrà ucciso alcuno con premeditazione e senza
colpa imputabile alla vittima, sia, se
preso, mandato a morte, come esige
il suo nefando delitto, salvo che riesca a provare la sua innocenza; se
fosse fuggito, gli si vieti il ritorno.
Chi ricetta e protegge un tal malfattore, deve essere bandito dalle
valli, né potrà ritornarvi finché non
sia esplicitamente richiamato dai
Confederati.
Se alcuno, di giorno o nel silenzio
della notte, dà dolosamente fuoco
ai beni del Confederati, non sia più
considerato come membro della comunità. E se alcuno, dentro le valli,
favorisce o difende il suddetto malfattore, sia costretto a risarcire egli
stesso il danneggiato.
Inoltre, se un Confederato spoglierà
alcuno delle sue cose o gli recherà
danno in qualsiasi modo, tutto quanto il colpevole possiede nelle valli dovrà essere sequestrato per dare giusta soddisfazione alla persona lesa.
Inoltre nessuno dovrà appropriarsi il
pegno di un altro, salvo che questo
sia manifestamente suo debitore o
fideiussore; ed anche in tal caso occorre che il giudice esplicitamente
acconsenta.
Ognuno deve pure obbedire al suo
giudice e, se necessario, indicare
quale sia nella valle il giudice sotto
la cui giurisdizione egli si trova. E se
alcuno si rifiutasse d’assoggettarsi al
giudizio e da questa ribellione venisse danno ad alcuno dei Confederati,
tutti sono in obbligo di costringere il
suddetto contumace a dar soddisfazione.
Se poi insorgesse guerra o discordia fra alcuni dei Confederati, e una
parte non volesse rimettersi al giudice o accettare soddisfazione, i Confederati difenderanno l’altra parte.
Tutte le decisioni qui sopra esposte
sono state prese nell’interesse ed a
vantaggio comune, e dureranno, se il
Signore lo consente, in perpetuo. In
fede di che questo strumento è stato
redatto dietro richiesta dei predetti
e munito dei sigilli delle tre comunità e valli.
Fatto l’anno del Signore 1291, al
principio del mese d’agosto».*
* Sul Patto del Rütli e sulle traduzioni, dall’originale latino, in
italiano e in tedesco e il suo confronto con il Patto di Brunnen del
1315 si rimanda a «La Rivista» di
maggio 2014.
marzo 2014 La Rivista - 47
La Rivista
Il Rinascimento
e le tecniche culturali
secondo Beat Wyss
Ogni epoca ha le immagini che si merita.
Beat Wyss nel corso della recente conferenza dal titolo L’immagine traumatica e
la Chimera dell’identità culturale, tenuta
a Roma presso l’Istituto Svizzero
di Giuseppe Muscardini
Nato a Basilea nel 1947, ma
residente a Berlino, già docente
a Zurigo presso lo Schweizerische Institut für Kunstwissenschaft e consolidato conferenziere dell’Istituto Svizzero
di Roma, Wyss insegna Storia
dell’arte e filosofia dei Media
presso la Hochschule für Gestaltung di Karlsruhe.
Wyss ha iniziato la propria esperienza
editoriale a Monaco di Baviera, pubblicando nel 1985 con la casa editrice
Matthes & Seitz un significativo volume sull’importanza dell’applicazione delle tecniche culturali nel mondo
contemporaneo, dal titolo Trauer der
Vollendung. Zur Geburt der Kulturkritik.
Da allora la sua attività di studioso è
proseguita con successo e le sue approfondite ricerche sono confluite in
una recente pubblicazione dal titolo
Renaissance als Kulturtechnik, edita un
mese fa ad Amburgo da Philo Fine Arts.
Interessantissimi i riferimenti culturali presi in esame da Wyss a proposito
degli stereotipi figurativi italiani: dalla
Lupa Capitolina, facsimile medievale
di un celebre bronzo d’epoca latina,
sfruttata in ogni secolo per veicolare diversi messaggi ideologici o quasi
(oggi è icona della squadra di calcio
Roma SA e la ritroviamo spesso tatuata su parti del corpo dei tifosi), alla
celebre Chimera di Arezzo di presunta
fattura etrusca conservata al Museo
Archeologico Nazionale di Firenze.
Ma l’analisi di Wyss si focalizza anche
su simboli e icone più recenti, come
le pubblicità della Coca-Cola e della
celebre Zuppa Campbell, che tanto
interesse destano in chi si sforza da
tempo di comprovare, con il supporto
48 - La Rivista marzo 2014
dell’arte, la presenza di un’interiorizzazione di quei simboli nella sfera
emotiva dei contemporanei.
L’idea di una rivisitazione delle immagini stereotipate della nostra società,
ha indotto Beat Wyss a soffermarsi
su un’affascinante teoria: molte delle
icone che caratterizzano la nostra cultura visiva arrivano da molto lontano e
spesso sono riciclate. Gli studi di Wyss
evidenziano come nella nostra società
alcuni meccanismi culturali preposti
alla trasmissione delle idee rimettano
in circolo più o meno volontariamente le immagini, riesumandole in una
sorta di prolungamento storico delle
stesse che avviene nel rispetto della
teoria freudiana della totemizzazione.
La fortuna delle più diffuse icone
del nostro tempo, dalle serigrafie
di Marylin Monroe di Andy Warhol
all’orinatoio di Marcel Duchamp, dalla svastica nazista alle gambe esili e
lunghissime dell’Homme qui marche
di Alberto Giacometti presente nella
banconota da cento franchi, fino alla
ritrita rappresentazione dei simboli
usati per le diverse edizioni delle Olimpiadi, sono il risultato di una convalida messa in atto da una cultura visiva
che ha bisogno di recuperare sul piano
estetico raffigurazioni simili facendole apparire nuove. Per comprendere le
modalità con cui si perfezionano questi meccanismi, in grado di produrre
icone molto vicine sul piano visivo ad
oggetti di culto, dobbiamo affidarci ai
fatti e ai luoghi all’interno dei quali la
comparazione fra passato e presente
riesce più agevole. Le chiese e in genere gli edifici che ispirano il senso del
sacro sono un privilegiato terreno di
indagine. Ma anche immagini per così
dire laiche producono effetti visivi di
grande impatto, specie in relazione
all’evolversi del loro significato. E qui
si inserisce il documentato studio di
Wyss, caratterizzato non solo dai temi
sapientemente trattati, ma anche da
uno stile brillante ed efficace.
La storia della cultura, sembra dirci
Wyss, necessita di semplici forme di
sviluppo che aiutino a comprendere
come certi simboli si riconvertano nel
tempo per un fatto naturale e quasi
scontato, tenendo conto di una sedimentazione di immagini precedenti su
cui l’icona si ricostruisce.
L’avant-propos che presiede alle pagine dense dell’ultima fatica di Beat
Wyss, è dettato da riflessioni e considerazioni niente affatto casuali. La
temperie culturale che attorno alle ricerche iconologiche ha stimolato mirate investigazioni sul reimpiego delle
immagini quando si fanno icona, ha
prodotto negli ultimi decenni risultati
straordinari. L’inesausto interesse per
La parola dipinta dello svizzero-italiano Padre Giovanni Pozzi, dimostra
come la materia richieda continui approfondimenti. Su queste stesse basi
Wyss conduce coerentemente la sua
analisi, per farla approdare a una provocatoria e ironica affermazione: ogni
epoca ha le immagini che si merita.
Ritratto fotografico di Beat Wyss
La Rivista
Scaffale
Vittorino Andreoli
L’educazione (im)possible
(Rizzoli pp. 216; € 18,50)
Maleducati. Trasgressivi. Immaturi. Le ricette salva figli sono ormai diventate argomento quotidiano di discussione e confronto fra genitori in
crisi e insegnanti rinunciatari. C’è chi grida alla sconfitta dell’antiautoritarismo. Chi invoca un ritorno alla disciplina tra le mura domestiche. Chi
accusa la scuola di aver abbandonato il suo ruolo pedagogico. Per Vittorino Andreoli, da sempre attento osservatore del disagio psicologico degli
adolescenti e dei loro compagni più adulti, invece il fallimento educativo
è un malessere profondo che riguarda tutti, genitori e no, e che può
essere risolto solo con uno sforzo comune. Il primo sintomo va ricercato
senz’altro nella morte della famiglia tradizionale. I bambini avrebbero
bisogno di un’unica figura che si occupi di loro: la madre. L’aumento
delle figure di riferimento – necessario, per molte ragioni, nella nostra
società – crea un disaccordo educativo, ed è la vera causa della loro
inquietudine e disobbedienza. Cosa dovrebbero fare, allora, i genitori per
far crescere meglio i loro figli? Dovrebbero ritrovare un punto d’unione
con tutte le figure che li affiancano: i nonni, le babysitter, le insegnanti
dei nidi e delle scuole per l’infanzia... Educare vuol dire trasformare un
figlio in un uomo o una donna capaci a loro volta di diventare padri e
madri. E per farlo dobbiamo tenere conto dei sentimenti che sono parte
indispensabile di ogni processo di crescita. “I primi tentativi di ricevere
aiuto affettivo si fanno con il padre, con la madre e con i fratelli” scrive
Andreoli. Il legame profondo dell’amore è il primo compito di un buon
genitore e deve continuare nelle aule scolastiche con l’aiuto di maestri
capaci di dedicarsi non solo alle battaglie ma anche alle memorie private
per riscoprire il piccolo patrimonio di eccezionalità e meraviglia presente
nella storia di ciascuno di noi.
Vittorino Andreoli, psichiatra di fama mondiale, è stato direttore del
Dipartimento di Psichiatria di Verona - Soave ed è membro della New
York Academy of Sciences. Tra le sue ultime opere pubblicate in BUR:
Elogio dell’errore (2012, con Giancarlo Provasi), Il denaro in testa (2012)
e Le nostre paure (2011).
Franca Canevascini
e Davide Comoli
Cibo e Vino Connubio Divino
Il libro è una raccolta molto curata di ricette, con relativi vini abbinati, scritto da Franca Canevascini (molto conosciuta nell’ambiente come
Rose) la quale si avvale della professionalità ‘enologica’ di Davide Comoli
sommelier di chiara fama, piemontese per origini, ma ticinese d’adozione.
Il volume introdotto dalla prefazione di Giacomo Newlin, giornalista
enogastronomo e dalla ‘benedizione’ di Piero Tenca presidente nazionale
ASSP (Associazione svizzera sommelier professionali) è articolato in sei
sezioni: aperitivi e stuzzichini, antipasti, primi, secondi, dessert e contorni.
Alla base di ogni ricetta vi sono semplicità e genuinità di alimenti legati al
territorio della Svizzera italiana, proposti in ponderato accompagnamento
con i vini tipici della regione.
Valorizzare le proprie tradizioni è l’implicita volontà che presiede all’accurata selezione di proposte effettuata da Franca Canevascini. Complice la
passione di una vita che deriva dal fatto che, proprio come ha affermato
la stessa autrice, “il sedersi a tavola è sapere vivere”. Consumare del cibo
rappresenta un momento di condivisione, amicizia ed allegria sempre più
raro da vivere ed apprezzare al giorno d’oggi, dove tutto va di fretta.
Altro elemento essenziale per la raccolta di queste ricette è il rispetto
della stagionalità dei prodotti scelti con attenzione da Franca, che mira a
offrire piatti semplici, ma gustosi e di elevata qualità.
Una raccolta di ricette descritte in modo accessibile e comunque scrupoloso, merito dell’esperienza di Franca che presenta proposte generose,
vizi per il palato alla portata di ogni brava casalinga o casalingo, facili da
eseguire con soddisfazione e apprezzare con gusto.
Ogni ricetta si completa, com’è giusto che sia, di un attento abbinamento
con il vino, affidato alla riconosciuta competenza di Davide Comoli, non
nuovo a questo ed altro genere di performance narrative.
Jacopo Fo
e Rosaria Guerra
Perché gli svizzeri sono più intelligenti
(Barbera editore pp.120, Eu 12.50)
«In Italia, sotto i Borgia, per trent’anni hanno avuto guerre, terrore, assassinii, massacri: e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento» pare abbia affermato una volta Orson Welles. «In Svizzera, hanno
avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e cos’hanno
prodotto? Gli orologi a cucù». Be’, forse oggi questa opinione andrebbe rivista, come dimostra il libro di Jacopo Fo e Rosaria Guerra. Ironia e approfondimento, analisi rigorose e humour sono gli ingredienti di questo
saggio che elimina, una volta per tutte, i luoghi comuni sulla Svizzera e i
suoi abitanti.
Incastrata tra le Alpi, divisa in Cantoni di lingue e tradizioni diverse, la
Svizzera non è semplicemente la patria di banche, cioccolate e orologi, ma
una delle nazioni più prospere del mondo. Negli ultimi settecento anni, in
Europa, essere svizzero è stata la cosa migliore che poteva capitare.
Questo libro spiega come gli svizzeri siano sfuggiti non solo alla guerra ma
anche alla burocrazia, alla mancanza di democrazia e a molti altri disastri
che hanno afflitto i popoli del resto d’Europa, costruendo uno dei migliori
stati dove oggi si possa vivere.
Una guida per comprendere i nostri vicini di cui meno si parla (eccezion
fatta per l’esito delle più recenti votazioni) ma soprattutto per analizzare,
attraverso il confronto, gli usi, i costumi, le manie della società italiana.
Un’interessante indagine per capire come gli Svizzeri siano riusciti a creare
una sorta di paradiso (non solo fiscale) e, magari, per imitarli un po’.
Jacopo Fo. Nato nel 1955 e avrebbe voluto essere svizzero. Invece è italiano e vive pure in Italia. Una situazione incresciosa. Non è mai neanche riuscito a fare l’amore con una svizzera. Si è consolato scrivendo questo libro
che contiene un elogio sperticato del modo di vedere il mondo degli elvetici
Rosaria Guerra. Nata nel 1970 a Roma, dove vive e lavora. Giornalista professionista, è laureata in Lettere ed è appassionata di storia, religioni e
antropologia. Aveva appena due anni quando compì il suo primo viaggio
Oltralpe e tra lei e i cugini elvetici fu amore a prima vista.
marzo 2014 La Rivista - 49
La Rivista
Bologna,
Palazzo Fava
fino al 25 maggio 2014.
La ragazza con l’orecchino di perla
Il mito della golden age. Da Vermeer a
Rembrandt, capolavori dal Mauritshuis
La ragazza con l’orecchino di perla, con la Gioconda di Leonardo e
L’urlo di Munch, è unanimemente riconosciuta come una delle
tre opere d’arte più note, amate
e riprodotte al mondo.
Per un pugno di settimane, esattamente fino al 25 maggio 2014, il capolavoro di Vermeer resterà in Italia,
a Bologna, accolta con tutti gli onori
del caso a Palazzo Fava, che è parte
del percorso museale Genus Bononiae. È infatti la star indiscussa di una
raffinatissima mostra sulla Golden
Age della pittura olandese, curata da
Marco Goldin e, tra gli altri, da Emilie
Gordenker, direttrice del Mauritshuis
Museum de L’Aia, dove il capolavoro
di Vermeer è conservato, e dal quale
provengono tutti i dipinti in esposizione a Bologna.
La ragazza con l’orecchino di perla
evoca bellezza e mistero e il suo volto
da oltre tre secoli continua a stregare
coloro che hanno la fortuna di poterla ammirare dal vero. O che magari
l’hanno scoperta attraverso i romanzi
50 - La Rivista marzo 2014
e il film, di cui la bellissima ragazza
dal copricapo color del cielo è diventata, forse suo malgrado, protagonista. Il suo arrivo in Italia è il frutto
straordinario di una trattativa durata
un paio di anni, a partire dal momento in cui il Mauritshuis – scrigno di
opere somme da Vermeer fino a Rembrandt – è stato chiuso per importanti
lavori di restauro e ampliamento, che
ne vedranno la riapertura il prossimo
27 giugno.
Nel frattempo, una parte delle collezioni del Museo è stata riallestita
presso il Gemeentemuseum, sempre a
L’Aia, mentre un nucleo, forse il più
strepitoso, è stato concesso ad alcune sedi internazionali in Giappone
(a Tokyo e Kobe) e negli Stati Uniti:
il Fine Arts Museum di San Francisco,
l’High Museum of Art di Atlanta e la
Frick Collection di New York, ovvero a
istituzioni di assoluto prestigio mondiale. Come unica sede europea, e
ultima prima del definitivo ritorno de
La ragazza con l’orecchino di perla
nel suo Museo rinnovato, la scelta è
caduta su Bologna e su Palazzo Fava.
“Sarà l’unica occasione per ammirarla in Europa al di fuori della sua sede
storica da dove, conclusa la mostra
bolognese, probabilmente non uscirà
mai più, essendo l’opera simbolo del
museo riaperto”, afferma Fabio Roversi-Monaco, Presidente di Genus
Bononiae Musei nella Città.
“È ovviamente un onore per me essere
riuscito a portare in Italia per la prima
volta questo capolavoro” – dice Marco Goldin. “Vorrei che il pubblico si
ponesse davanti a questo quadro non
soltanto come a un’icona pop, ma anche come a una rappresentazione sublime della bellezza dipinta. In questo
quadro tutto vive dentro una sorta di
silenzio crepitante, che chiama ognuno di noi verso il luogo dell’assoluto.”
Capolavoro che non sarà solo. A Bologna sarà infatti accompagnato da 36
altre opere dello stesso Museo, sempre di qualità eccelsa, scelte appositamente per la sede bolognese e quindi
in parte diverse da quelle già esposte
in Giappone e poi negli Stati Uniti.
La ragazza con l’orecchino di perla
non sarà tra l’altro l’unico capolavoro
di Vermeer in mostra. Ad affiancarla
ci sarà Diana e le sue ninfe, quadro
di grandi dimensioni che rappresenta la prima opera a essere stata da
lui realizzata. E ancora, ben quattro
Rembrandt e poi Frans Hals, Ter Borch, Claesz, Van Goyen, Van Honthorst,
Hobbema, Van Ruisdael, Steen, ovvero tutti i massimi protagonisti della
Golden Age dell’arte olandese.
Accanto a questa mostra viene proposta anche Attorno a Vermeer, omaggio tributato da venticinque artisti
italiani contemporanei, da Guccione
a Sarnari, da Raciti a Forgioli, scelti
da Marco Goldin per il senso della
loro adesione all’intima idea specialmente del medium luminoso vermeeriano, senza distinzione tra figurativo
e astratto. Il binomio antico-contemporaneo è, del resto, una precisa cifra
stilistica del critico veneto, riaffermato in modi diversi e originali in concomitanza di molte delle sue mostre.
Servizio prenotazioni
e informazioni per la mostra
Call center
tel. 0422 429999
Orario call center
dal lunedì al venerdì, 9-13.30 e 14.30-18
Chiuso il sabato, la domenica e i festivi
La Rivista
Fino al 25 maggio
alla Galleria Borghese
di Roma
40 sculture di Alberto Giacometti
La più grande esposizione
dell’artista in Italia; una rassegna antologica, poetica e rivoluzionaria.
La mostra e porta a Roma l’arte
indiscussa e drammatica di uno
dei più grandi artisti del ‘900.
Attesa per lo scorso mese di dicembre alla Galleria Borghese di Roma, la
grande personale Alberto Giacometti.
La scultura è stata leggermente posticipata. Inaugurata lo scorso 5 febbraio si protrarrà fino al 25 maggio 2014.
L’appuntamento capitolino non delude le aspettative, perché si tratta della più grande mostra mai organizzata
in Italia per l’artista svizzero. Del resto, ad occuparsene sono Anna Coliva, direttrice della Galleria, e Chistian
Klemm, uno fra gli studiosi più illustri
di Giacometti.
Fra omini in bronzo, lunghi e fini, si
snoda un percorso coinvolgente, in
dialogo attivo con la Villa pinciana, luogo storicamente deputato a
contenere le collezioni di scultura e
statuaria, dell’epoca greca e romana,
come pure del Rinascimento e del Barocco. Con i capolavori giacomettiani,
il cerchio si chiude, mostrando anche
come la figura umana è stata interpretata nel XX secolo.
Il desiderio di raccontare la tragicità
della scultura moderna a confronto
con la classicità del passato è stata dettata da una riflessione sulla
poetica di Giacometti, fortemente
emblematica di un secolo che vede
grandi sconvolgimenti politici, storici e culturali. I curatori della mostra
hanno voluto raccontare attraverso il
percorso come muti la visione degli
artisti nel confrontarsi con la raffigurazione dell’essere umano.
Sono 40 le opere che raccontano la
poetica di Giacometti, legata sia alla
rappresentazione del corpo umano sia
alla sua psicologia. Con la materia, il
maestro plasma delle figure allungate, strette in se stesse; immagini
visionarie di un’esistenza in bilico,
spesso malinconica e allucinata. Ogni
lavoro propone un’estetica rivoluzionaria, dove le proporzioni sono fortemente sbilanciate e molto simboliche,
perché quello che interessa all’artista
non è creare il dato reale, ma svelare
il lato nascosto dell’uomo. L’oggetto
della sua analisi è infatti la condizione dell’uomo contemporaneo, sospeso alla ricerca di sé e costretto dalla
violenza e dal crollo dei valori positivisti a ristrutturarsi.
Nello spettacolo visivo della Galleria
Borghese la rappresentazione dell’umanità di Giacometti risalta l’uomo
e il suo fatale fallire che diventa la
tragica conquista della modernità.
A contrasto col passato si esalta la
grandezza dell’uomo nei secoli e la
mostra racconta – anche attraverso
la metamorfosi della Galleria - un’inesauribile complessità dell’essere
umano.
Fra i lavori esposti, alcuni sono davvero imperdibili. Per esempio Femme
qui marche II (1936, Collezione Peggy
Guggenheim, Venezia), Buste de Diego (1954, Centre Pompidou, Parigi) e
Femme de Venise V (1956, Collezione
Privata). A completare la visita, anche
un interessante nucleo di disegni.
Giacometti è uno degli autori più
quotati nelle aste. Nel 2010, L’uomo che cammina è stato battuto da
Sotheby’s per 65 milioni di sterline
(100 milioni di dollari).
La facciata della Galleria Borghese
Le sagome bronzee ed esili di Giacometti
dialogano con le sculture marmoree
L’uomo che cammina
Galleria Borghese,
Roma fino al 25 febbraio
Orario.
Dal marted alla domenica,
10,30-19,30;
chiuso il lunedì.
Biglietti.
Euro 10 intero; 8 ridotto
marzo 2014 La Rivista - 51
La Rivista
Benchmark
di Nico Tanzi
La colonizzazione digitale
eUn dilemma
il cervello
atrofizzato
(non solo) tecnologico
Siamo talmente circondati dalla tecnologia che
ormai diamo per scontato che quasi tutto ciò che
facciamo in qualche modo, prima o poi, si trasformerà in bit. E soprattutto, che si tratti di un processo ineluttabile. L’ultimo capitolo – per citare il
buon vecchio Leopardi – delle “magnifiche sorti e
progressive” del genere umano. Ci sembra del tutto
naturale passare in rapida successione da un telefonino a un iPad, da un computer a uno schermo tv.
E ci convinciamo che la rapidità con cui saltelliamo
da un dispositivo all’altro sia indice di efficienza, di
competenza, di acquisita capacità di utilizzare – appunto – la tecnologia.
Vediamo i nostri figli e i nostri nipoti portare sulle spalle
zainetti carichi di libri, e ci viene spontaneo compatirli: poverini, costretti a tirarsi dietro ancora chili di carta quando
in fondo basterebbe un tablet… E giù con le considerazioni
sulla scuola che è arretrata, che è rimasta al secolo scorso,
che dovrebbe diventare più moderna. E pensare che la Gaia
è così brava con il tablet, e ha solo quattro anni!
Digital uguale smart? E quindi, vai con la digitalizzazione
forzata di scuole e licei?
C’è chi ha seri dubbi. I suoi, il dottor Mandred Spitzer –
psichiatra tedesco, direttore della Clinica psichiatrica e del
Centro per le neuroscienze e l’apprendimento dell’Università di Ulm – li ha raccolti in un libro il cui titolo è tutto un
programma: “Demenza digitale”.
Spitzer ha il dente avvelenato con chi dà per scontato
che sia in corso una sorta di cambiamento antropologico
dovuto all’uso di tecnologie digitali. Sostiene che non ci
sono dati empirici che lo confermino, e che anzi le ricerche finora condotte portano a conclusioni opposte. «In un
articolo pubblicato sulla rivista “Science”, circa due anni
fa – ha ricordato in una recente intervista – gli scienziati
52 - La Rivista marzo 2014
di Harvard e della Columbia University hanno dimostrato in
diversi studi che le probabilità di ricordare nuove informazioni sono inferiori se l’informazione è stata appresa dalla
Rete rispetto ai libri, alle riviste e ai giornali”.
La sua tesi è che lo sforzo mentale sia come lo sforzo fisico: come per sviluppare i muscoli c’è bisogno di allenarli,
così per sviluppare le facoltà cerebrali e la capacità di apprendimento è necessario allenare i neuroni. “Se invece ci
limitiamo a chattare, twittare, postare e navigare su Google
finiamo per parcheggiare il nostro cervello, ormai incapace
di riflettere e concentrarsi”.
Sulla stessa linea d’onda il filosofo Roberto Casati, Direttore del Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS)
all’Institut Nicod della Scuola Normale Superiore di Parigi.
In un recente saggio dal titolo Contro il colonialismo digitale, Casati smentisce i luoghi comuni sui cosiddetti “nativi
digitali”. Non è vero, sostiene, che la generazione di chi è
nato con il mouse nella mano e le dita sullo schermo di un
tablet sviluppi una sorta di intelligenza di tipo nuovo rispetto ai “figli di Gutenberg” cresciuti a pane e carta stampata. Difficile dargli torto, se si pensa che i giovanissimi di
fatto non sviluppano competenze informatiche particolari,
per il semplice motivo che sono invece i nuovi dispositivi
elettronici ad essere sempre più “a misura di bebé”, intuitivi e semplici da usare – e proprio per questo perfettamente
inutili sotto il profilo dell’allenamento mentale.
Aggiungiamo che secondo dati dell’OCSE, ricavati dall’elaborazione dei test PISA che valutano le competenze matematiche, scientifiche e di lettura degli adolescenti, i ragazzi che hanno un computer a casa ottengono risultati meno
brillanti di quelli non ce l’hanno, e ci ritroveremo per le
mani una bella gatta da pelare. O forse una serie di luoghi
comuni da sfatare. Anche se probabilmente per conoscere
davvero le conseguenze della “colonizzazione digitale” ci
vorrà almeno una generazione.
La Rivista
Il Premio d’onore
del cinema svizzero
ad Alexander J. Seiler
Assegnando il premio d’onore ad Alexander J. Seiler viene
reso omaggio a uno dei padri
fondatori del Nuovo cinema
svizzero. Il regista e produttore
cinematografico sarà insignito
del Trofeo «Quartz» dal consigliere federale Alain Berset
in occasione della cerimonia
di premiazione prevista il 21
marzo allo Schiffbau di Zurigo.
Alexander J. Seiler
Il regista e produttore Alexander J.
Seiler è il vincitore del Premio d’onore
del cinema svizzero 2014: un riconoscimento con cui l’Ufficio federale della cultura intende premiarne l’intera
opera cinematografica e pubblicistica.
Alexander J. Seiler è tra i pionieri del
Nuovo cinema svizzero che a partire
dalla metà degli anni Sessanta hanno
riscosso grande attenzione a livello internazionale.
L’impegno socio-culturale
Nato nel 1928 a Zurigo, Alexander J.
Seiler studia a Basilea, Zurigo, Parigi e Monaco ed ottiene il dottorato
a Vienna. Dapprima giornalista, a
partire dal 1960 si dedica al cinema. La sua filmografia comprende
una ventina di opere, tra cui molti
documentari girati in collaborazione con la musicista June Kovach e il
cameraman Rob Gnant. I film di Seiler esplorano il sentire di chi vive in
Svizzera partendo dalle esperienze
soggettive. «Patria» e «terra straniera» sono temi ricorrenti, basti pensare a «Siamo italiani», il suo grande
successo internazionale del 1964,
in cui descrive la quotidianità dei
lavoratori italiani in Svizzera in un
clima di ostilità xenofoba. 40 anni
più tardi, ne «Il vento di settembre»
(2002), Seiler tornerà a cercare gli
stessi lavoratori italiani di allora per
indagare sulle conseguenze dell’emigrazione. L’impegno socio-culturale caratterizza anche gli altri
suoi film, come per esempio «Musikwettbewerb» (1967), «Die Früchte
der Arbeit» (1977), «Ludwig Hohl»
(1982), «Palaver, Palaver» (1990) o
«Roman Brodmann. Der Nestbeschmutzer/Der Unruhestifter» (1995). I
successi filmici di Alexander J. Seiler
un scena del film “Siamo italiani”
del 1964
non devono però farne dimenticare l’impegno attivo nella politica e
nella pubblicistica cinematografica.
È infatti cofondatore delle Giornate
di Soletta e della Fondazione Centro
svizzero del cinema, ora Swiss Films,
ed è stato attivo anche nell’Associazione svizzera dei registi e nella
Commissione federale del cinema.
39 nomination
Per il Premio del cinema svizzero 2014
ci sono 39 nomination. Il montepremi
globale ammonta a 435‘000 franchi,
suddivisi come segue in 11 categorie:
25’000 franchi per ogni nomination
nelle categorie «Miglior film» e «Miglior documentario», 10’000 franchi
per ogni nomination nelle categorie
«Miglior cortometraggio» e «Miglior
film d’animazione», 5000 franchi
per ogni nomination nelle categorie
«Migliore sceneggiatura», «Migliore interprete femminile», «Migliore
interprete maschile», «Migliore interpretazione da non protagonista»,
«Migliore musica da film», «Migliore
fotografia» e «Migliore montaggio».
Il Premio speciale dell’Accademia è
dotato di 5000 franchi, il Premio d’onore di 30’000 franchi.
Premiazione il 21 marzo a Zurigo
La cerimonia della 17a edizione del
Premio del cinema svizzero si svolgerà venerdì 21 marzo 2014 allo
Schiffbau di Zurigo. L’omaggio alle
produzioni cinematografiche svizzere è realizzato dall’Ufficio federale della cultura in partenariato con
SRG SSR e l’Associazione «Quartz»
Ginevra Zurigo ed organizzato in
collaborazione con Swiss Films, l’Accademia del cinema svizzero e le
Giornate di Soletta.
marzo 2014 La Rivista - 53
La Rivista
67a edizione
del Festival del film Locarno
(6–16 agosto 2014)
La Retrospettiva dedicata alla casa
di produzione italiana Titanus
Il Festival di Locarno torna a
omaggiare una grande casa di
produzione, dopo la retrospettiva del 1984 dedicata alla Lux.
Il programma vuole riscoprire
in tutta la sua ampiezza, grazie
alla stretta collaborazione con
l’odierna Titanus, il ruolo della
casa di produzione fondata nel
1904 da Gustavo Lombardo,
dalle origini fino a oggi.
La Titanus è stata l’equivalente della
Metro Goldwyn Mayer e della 20th
Century Fox per il cinema americano,
case con cui ha avviato negli anni Sessanta numerose coproduzioni. L’ampia
rassegna si concentrerà sul periodo
d’oro del cinema italiano, dal dopoguerra agli anni Settanta, e presenterà sia film già entrati nella memoria sia opere più rare. Il pubblico del
Festival avrà la possibilità di vedere
i grandi melodrammi con la coppia
Nazzari-Sanson diretti da Matarazzo,
54 - La Rivista marzo 2014
le serie Pane amore e Poveri ma belli
dirette da Comencini e Risi, ma anche
i film più rivelatori di grandi autori
come Fellini, Visconti, Lattuada, Olmi,
Pietrangeli, Zurlini, e dei maestri di
genere quali Bava, Margheriti, Freda,
Mastrocinque, ritrovandovi infine le
presenze dei maggiori interpreti italiani, da Sordi a Mastroianni e Gassman,
da Sophia Loren e Gina Lollobrigida a
Claudia Cardinale.
Illustrando le ragioni della retrospettiva, Carlo Chatrian, direttore artistico
del Festival, dichiara: “L’idea di raccontare la storia del cinema italiano
attraverso la sua più grande “fabbrica
di sogni” si collega direttamente a quel
percorso di rilettura del passato, volto
a rompere steccati e pregiudizi consolidati che caratterizza la programmazione del Festival. Guardare all’universo Titanus è gettare uno sguardo a
quel laboratorio dove il cinema popolare e quello d’autore si confondono e
si nutrono vicendevolmente. L’idea di
spettacolo che sta alla base della spinta creativa di Lombardo padre e figlio
è trasversale ai generi e alle epoche,
trova una sua unità nel senso di una
narrazione capace di rappresentare
un paese senza eliminarne le diversità. È specchio di un’Italia la cui identità è frutto di un continuo processo
di ricostruzione, pensato a partire da
linee di frattura che non vengono mai
camuffate. Un’Italia capace anche di
proiettarsi oltre i suoi confini e pensare
collaborazioni ambiziose con le major
americane o con altre grosse società
di produzione francesi. La retrospettiva 2014, frutto di un lungo lavoro di
ricerca e di una imprescindibile collaborazione tra varie istituzioni, intende
scoprire quei fili affascinanti, e in gran
parte inesplorati, che nell’universo Titanus intrecciano spettacolo popolare
e ricerca artistica. Siamo sicuri che lo
scudo che, col suo inconfondibile motivo musicale, apre i film della Titanus
diventerà anche per gli spettatori d’oggi una sigla memorabile.”
La retrospettiva e la relativa pubblicazione sono a cura dei programmatori e storici cinematografici Sergio
M. Germani e Roberto Turigliatto. La
retrospettiva, sostenuta per il secondo
anno dalla Posta Svizzera, è organizzata in collaborazione con la Cineteca di Bologna, depositaria del Fondo
Titanus, il Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale,
coeditore del volume, l’Istituto Luce
Cinecittà e la Cinémathèque suisse di
Losanna.
Numerose le istituzioni europee e americane che riprenderanno il programma: la Cineteca di Bologna, la Cineteca
Nazionale, il Museo Nazionale del Cinema di Torino, la Cinémathèque suisse, Les Cinémas du Grütli di Ginevra, il
Filmpodium di Zurigo, la Film Society
of Lincoln Center di New York, l’American Cinematheque e la USC School of
Cinematic Arts di Los Angeles.
La Rivista
Gina Lollobrigida in una scena del film
Pane amore e fantasia
Presentato il manifesto della 67a edizione del Festival del film Locarno
Ideato dallo studio di Londra/Lugano Jannuzzi Smith
“La Piazza Grande è uno straordinario soggetto, ma è anche uno dei luoghi più fotografati della Svizzera. Fin da subito abbiamo
intuito che bisognava cercare l’immagine nel “tempo”, piuttosto che in un nuovo “punto di vista”. La proiezione sta per finire
e già si vedono i titoli di coda. Le facciate delle case si illuminano di mille colori. Le luci delle uscite di sicurezza proiettano
un’insolita fascia rossa. La cabina di proiezione diventa una navicella spaziale in procinto di decollare, infuocata dalle luci dei
ristoranti che man mano riprendono la loro attività. E quella straordinaria distesa di persone che ogni sera assiste silenziosa allo
spettacolo del cinema si rianima in una grande festa popolare. Niente di più che una manciata di secondi senza regia o coreografia. Senza trucchi o manipolazioni, solo calibrando esposizione e diaframma, la Piazza Grande ci regala un suo nuovo volto.”
(Michele Jannuzzi)
Dalla Dolce Vita
alla Grande Bellezza:
profezie e verità
dell’Italia che cambia
Conferenza di
Maurizio Porro a Zurigo
Martedì, 25 Marzo 2014, con inizio
alle ore nell’Aula KOL-F-104 dell’Università di Zurigo (Rämistrasse 71)
Maurizio Porro terrà una conferenza
con video dal titolo: Dalla Dolce Vita
alla Grande Bellezza: profezie e verità dell’Italia che cambia.
Entrata libera
Nato a Milano il 10 luglio 1942, Maurizio Porro è stato fin da piccolo un
assiduo frequentatore di cinema e teatro. Al Liceo recitava con gruppi scolastici e portava in gruppo i compagni
di classe a teatro. Una passione che è
continuata e si è rinforzata anche durante l’Università (laurea in filosofia),
quando passò alcuni anni formativi
con Paolo Grassi al Piccolo Teatro:
aiuto regista, operatore culturale, rapporti con le scuole, pubbliche relazioni
con i giovani e una stagione teatrale in
senso stretto con Jacobbi, Puecher, per
una rassegna di nuovi autori italiani.
Teatro e cinema, come due facce di una
stessa medaglia. Dal 1971 al 1972 collabora al Corriere della Sera e poi dal
1973 al 1974 viene assunto al Giorno.
Tornato nel giugno 1974 al quotidiano
di via Solferino come professionista, si
occupa attivamente della pagina dello
spettacolo, come critico cinematografico e come esperto di musical. La collaborazione tocca naturalmente altre
testate specializzate nel cinema, da
Anna a Linus, da Ciak a Film TV.
Pubblica volumi monografici su Joseph Losey (Moizzi 1978), su Alberto
Sordi (Il Formichiere 1979) e su Alida
Valli (Gremese 1996); con Giuseppe
Turroni scrive un dizionario di luoghi
comuni dello schermo, Il Cinema vuol
dire… (Garzanti 1979), cui segue Il Cinema vuol dire (secondo tempo) (Bompiani 2012). È autore di uno studio sul
melodramma, Mélo (Mondadori Electa
2008) e di Fine del Primo Tempo (Archinto 2005).
Con altri colleghi dà vita alla “Cineteca di Babele”, una storia del cinema
virtuale (Milano Libri 1980). Nel 1998
ha curato, insieme a Saverio Marconi, i
testi del musical Le Notti di Cabiria. Di
recente ha curato il settore musical e
rivista per l’”Enciclopedia delle Arti del
900” edita da Baldini e Castoldi.
Da tredici anni tiene d’estate corsi di
cinema presso l’Università per gli stranieri di Gargnano sul Garda e da dodici il corso di Storia della Critica dello
Spettacolo presso l’Università Statale
di Milano.
Organizza Associazione Svizzera per
i Rapporti culturali ed economici con
l’Italia – asri
(www.asri.ch)
marzo 2014 La Rivista - 55
La Rivista
67a edizione
Festival del Film Locarno
Al premio Oscar Garrett Brown, verrà
conferito il Vision Award.
Dopo il premio conferito nel
2013 al mago degli effetti speciali Douglas Trumbull, prosegue l’attenzione che il Festival
dedica a quelle personalità che
con le loro intuizioni e il loro
sapere tecnico hanno segnato
la storia del cinema.
La 67a edizione renderà omaggio all’operatore statunitense Garrett Brown,
che con la creazione e la messa a punto
negli anni Settanta della celebre Steadicam – il dispositivo meccanico ammortizzato che permette movimenti di camera stabili e fluidi – ha rivoluzionato il
modo di pensare ed effettuare le riprese
cinematografiche. Carlo Chatrian, Direttore artistico del Festival ha così commentato: “È un grande piacere e onore
accogliere a Locarno Garrett Brown, uno
Il regista Edgar Reitz ospite
d’onore della seconda edizione
de L’immagine e la parola
(12-15 aprile 2014)
Dopo Aleksandr Sokurov, protagonista
della prima edizione, un altro grande maestro del cinema europeo sarà al centro
dello spin-off primaverile del Festival del
film Locarno. Edgar Reitz, maestro del cinema nuovo tedesco e autore della saga
Heimat, attraverso la quale ha messo
56 - La Rivista marzo 2014
di quegli artisti che hanno permesso al
cinema di compiere un salto in avanti, consentendo di esplorare la realtà in
una maniera inedita. Fluida e muscolare
al contempo, agile e precisa, la sua Steadicam ha segnato l’orizzonte visivo a
partire dagli anni Settanta e ancora oggi,
nelle varie versioni brevettate, appare
uno strumento essenziale quando si vuole combinare movimento e definizione.
Tuttavia con Garrett Brown non si vuole
solamente omaggiare un’invenzione ma
l’uomo che le sta dietro. Geniale operatore, Brown vanta una filmografia capace
di raccontare buona parte della ricchezza del cinema degli ultimi 40 anni.”
Garrett Brown – premio Oscar nel 1977
per l’invenzione della Steadicam – ha
partecipato alla realizzazione di classici
come Rocky (1976), Guerre stellari – Il
ritorno dello Jedi (1983), Indiana Jones
e il tempio maledetto (1984), Philadelphia (1993), nonché Shining di Stanley
Kubrick (1980), film nato e pensato sul
pieno sfruttamento artistico delle nuove
possibilità di ripresa della Steadicam, le
cui immagini fra i labirinti e i corridoi
dell’Overlook Hotel rimangono profondamente impresse nella memoria collettiva.
Numerosissimi i grandi registi con cui
Brown ha allacciato strette collaborazioni: da Warren Beatty a Jonathan
Demme, passando per Frank Oz, John
Schlesinger, George Miller, Sydney Pollack, Martin Scorsese, oltre a Stanley
Kubrick e Steven Spielberg.
La sua sperimentazione non si è arrestata alla prima invenzione della Steadicam, tanto che Brown detiene oggi
50 brevetti fra cui la Steadicam Merlin
– una versione in miniatura per videocamere – e numerose macchine da presa
per eventi sportivi come la Skycam, la
camera robotizzata che scorre lungo fili
sospesi sopra i campi da gioco, che gli
sono valsi molti riconoscimenti.
in scena i grandi mutamenti storici del
Novecento partendo dalla particolare vicenda della famiglia Simon di Schabbach, terrà un workshop per gli studenti di
cinema al Monte Verità di Ascona. Il programma darà al pubblico l’opportunità di
scoprire la rappresentazione della Storia
attraverso l’arte cinematografica grazie
alle parole di un grande cineasta.
Per l’occasione verrà presentata la prima
svizzera del suo ultimo film, il maestoso
affresco Die andere Heimat - Chronik einer Sehnsucht, domenica 13 aprile al Teatro Kursaal di Locarno. Il film verrà inoltre
riproposto martedì 15 al Cinema Forum
di Bellinzona, in collaborazione con Castellinaria e con il Circolo del Cinema di
Bellinzona.
Carlo Chatrian si è detto molto “felice e
onorato che Edgar Reitz abbia accettato
il nostro invito a presentare Die andere
Heimat - Chronik einer Sehnsucht e a
condividere la sua esperienza con i gio-
vani cineasti che parteciperanno al suo
atelier. Autore tra i più originali e coerenti
del cinema mondiale, Edgar Reitz non è
semplicemente il grande narratore del popolo tedesco. In un’epoca in cui crescono
derive nazionalistiche e separatismi, il suo
Heimat si offre come uno straordinario laboratorio attorno a cui pensare il concetto
di casa-patria. Il più recente lavoro ha il
pregio di declinare tale idea collegandola
da un lato all’amore per i libri, dall’altro
a un’epoca in cui l’Europa tutta era terra
d’emigrazione.”
L’immagine e la parola è una delle tre manifestazioni che compongono Primavera
Locarnese, unitamente a Eventi Letterari
Monte Verità e Youtopia. Per ulteriori informazioni:
www.primaveralocarnese.ch
Il programma completo della seconda
edizione de L’immagine e la parola (1215 aprile 2014) verrà annunciato durante
il mese di marzo.
La Rivista
Sequenze
di Jean de la Mulière
Dallas Buyers
Club
di Jean-Marc Valée
Il film racconta la storia vera di Ron Woodroof, un elettricista cowboy del
Texas, che vive, come se non ci fosse un domani, professando solo la religione
della droga e dell’alcol. Quando nel 1986 gli viene diagnosticato l’AIDS, con
una prognosi di 30 giorni di vita, dopo un primo rifiuto ad affrontare la tragica
realtà, finisce coinvolto in un calvario terapeutico di medicinali sperimentali
e di dubbia efficacia. Tutt’altro che rassegnato a questa sorta di condanna a
morte, Ron trova un’ancora di salvezza nei farmaci alternativi e in un mix di
vitamine commercializzati in Messico, ma non approvati negli Stati Uniti dagli
organi di controllo sanitario. Decide comunque di importarli e venderli a tutti
coloro i quali ne abbiano bisogno. Entra così in contatto con altri ammalati
e familiarizza con loro, superando l’iniziale omofobia e ritrovandosi al centro
di un cospicuo business di contrabbando. Inizia così un braccio di ferro legale
con le autorità del proprio paese. Nel percorso all’epoca pressoché inesorabile,
ma comunque ritardato, verso la fine (evidenziato dal fisico emaciato e smagrito di Matthew McConaughey che, tra chili persi e un trucco molto efficace,
mostra, con le varie fasi della propria salute, il senso stesso della purificazione
umana sulla sua faccia), Ron Woodroof, partendo dalla posizione più deprecabile, preda di tutti i principali vizi e colmo d’odio verso chiunque non sia come
lui, si trova a rivedere la propria intolleranza e ad aprirsi verso il prossimo,
scoprendo valori che non sembravano proprio appartenergli.
Malgrado la diagnosi iniziale Ron è vissuto per altri sette anni, durante i quali
si è trasformato in un’enciclopedia vivente di trattamenti antivirali, sperimentazioni farmacologiche, brevetti, sentenze giuridiche e norme della FDA (Food
and Drug Administration).
Monuments Men
di George Clooney
Tratto dal libro di Robert M. Edsel e Bret Witter, Monuments Men, basato sulla
storia vera del più grande saccheggio di opere d’arte della storia, racconta le
avventure di un originale plotone reclutato dall’esercito americano durante la
Seconda Guerra Mondiale e spedito in Germania per salvare capolavori artistici
dalle mani dei Nazisti e restituirle ai legittimi proprietari. Una sorta di missione
impossibile, con le opere d’arte intrappolate dietro le linee nemiche e l’esercito
tedesco incaricato di distruggere qualsiasi cosa in seguito alla caduta del Reich.
Una prova sulla carta insostenibile, per questa squadra di sette improbabili eroi,
non più giovani e poco in forma, composta da direttori di museo, curatori, artisti,
architetti e storici dell’arte - molto più a loro agio con un Michelangelo che con
un fucile in mano. Eppure, avvalendosi del contributo, alla fine determinante,
di una curatrice di un museo parigino, quelli che passeranno alla storia come
Monuments Men, come vennero chiamati, - mentre gli Alleati convergevano su
Berlino e superando la concorrenza dei russi - in una lotta contro il tempo, per
impedire la distruzione di 1000 anni di cultura, rischieranno le loro vite per proteggere e difendere le più grandi conquiste del genere umano. George Clooney è
l’alfiere di un manipolo di super attori baldanzosamente arruolati per quello che
è il suo quinto film da regista, di cui è anche interprete, sceneggiatore (insieme a
Grant Heslov) e produttore. Inanellando episodi divertenti, malinconici, istruttivi,
a volte tragici, con un occhio ai classici del genere “gruppo di simpatiche canaglie in guerra”, il film, che non voleva essere un film di guerra, quanto piuttosto
“un film sul più grande furto della storia” riunisce, infatti, un cast prestigioso di
attori contemporanei: Matt Damon, Cate Blanchett, Bill Murray, John Goodman,
Jean Dujardin, Hugh Bonneville, Bob Balaban, Dimitri Leonidas.
The Grand
Budapest Hotel
di Wes Anderson
Gustave è concierge, ma nei fatti dirige il Grand Budapest Hotel collocato
nell’immaginaria Zubrowka. Gode della confidenza (e anche di qualcosa di
più) delle signore attempate. Una di queste, Madame D., gli affida un prezioso
quadro. In seguito alla sua morte il figlio Dimitri accusa Gustave di averla assassinata. L’uomo finisce in prigione. La stretta complicità che lo lega
a Zero, il giovanissimo neoassunto portiere immigrato, si rivelerà di grande
aiuto. Costruito seguendo l’incastro delle scatole cinesi, The Grand Budapest
Hotel (che ha aperto l’ultima edizione della Berlinale) è un film nel quale uno
scrittore racconta di come il suo romanzo sia nato dal racconto orale di uno
dei protagonisti delle vicende, Zero, a sua volta depositario delle confidenze
del concierge M. Gustave. Nella più piccola e profonda di queste scatole c’è
il senso di questo raccontare, simboleggiato da Gustave, il personaggio interpretato da Ralph Fiennes: un uomo a suo modo gaudente ma non decadente,
un esteta amante del bello soprattutto quando è funzionale, eccentrico ma
sempre inflessibile, impegnato a combattere a colpi di educazione, amore,
e profondissime dignità e dedizione (tanto professionali quanto umane) le
barbarie e le cattiverie del mondo e dei suoi abitanti.
Così come l’albergo che dirige e amministra, M.Gustave è un angolo di soave
e confortevole distacco dal caos che lo circonda, capace di contagiare chiunque (o quasi) con la sua irreprensibile e composta cortesia. Una figura fuori
dal tempo, dal nostro ma perfino dal suo, intrisa della stessa malinconia del
film che lo racconta, perché inevitabilmente destinata al decadimento e alla
rovina, a soccombere al brutto e al grigiore, all’aridità degli uomini e ai loro
egoismi. Anderson vuole farci sorridere delle innumerevoli avventure a cui
sottopone i suoi protagonisti. Questo però non cancella, anzi accentua, la
riflessione su quelle frontiere che troppo a lungo in Europa hanno costituito
punti di non ritorno per decine di migliaia di persone arrestate e fatte sparire
e oggi si ripresentano con altre modalità meno tragicamente evidenti ma
sempre fondamentalmente ostili.
marzo 2014 La Rivista - 57
La Rivista
Intervista con
Giulio Rapetti in arte: Mogol
«Gianni ci ha spiazzati un po’ tutti»
Testo: Salvatore Pinto
(ha collaborato: Luca D’Alessandro)
Foto: Noemi Pinto
Il 12 febbraio scorso a Berna,
l’Ambasciatore d’Italia Cosimo
Risi ha ospitato il paroliere
della Canzone italiana Giulio Rapetti Mogol. Una serata
all’insegna del romanzo epistolare di Giovanni Verga, la
Storia di una Capinera, pubblicato nel 1871 e riproposto
in forma di melodramma moderno in due atti da Mogol e il
compositore Gianni Bella.
Mogol e Bella hanno fatto risorgere un’opera di carattere romantico,
basata sulla tecnica di composizione
di Giuseppe Verdi. I testi sono fortemente emotivi, i versi e le melodie
si collegano al movimento di unificazione culturale, politica e sociale
dell’800, ovvero all’epoca risorgimentale.
Il romanzo, che fa da base all’opera, è in parte autobiografico: prende spunto da una vicenda vissuta in
prima persona da Giovanni Verga in
età giovanile. L’episodio risale all’estate 1854-1855 quando, inseguito
all’epidemia di colera che si era scatenata su Catania, la famiglia Verga
si rifugia a Tebidi. Verga, all’epoca
quindicenne, s’innammora di Rosalia, giovane educanda del monastero
di San Sebastiano.
La Rivista ha avuto l’occasione di assistere alla presentazione di quest’opera e di rivolgere qualche domanda
a un Mogol visibilmente stanco, ma
soddisfatto.
Pop. Ma è vero che ci ha spiazzati un
po’ tutti e ci è riuscito molto bene.
Pur non avendo esperienze nel settore si è fatto spazio. Oggi viene amato
da tutti i grandi musicisti e intenditori delle opere. Dicono che abbia
fatto un miracolo. Ecco il motivo per
il quale ho accettato di scrivere le
liriche, e sono molto orgoglioso di
dargli una mano nel pubblicizzare
questo capolavoro. Questa sera doveva essere presente anche lui, ma
per motivi di salute non ha potuto.
Maestro Mogol, lei è un grande paroliere e poeta italiano.
Arrivare a scrivere liriche per
un’opera romantica di carattere ottocentesco, è una sfida
impressionante. Lei la vede
come una sfida artistica, musicale o spirituale?
Dopo quest’esperienza operistica dove pensate che sarete
proiettati?
Questa è la sfida soprattutto di
Gianni Bella di confrontarsi con i
grandi musicisti del passato, che
hanno scritto grandi opere, come
Puccini o Giuseppe Verdi. Gianni Bella, secondo me, è un genio.
Basti pensare che è riuscito a fare
un’opera di questo calibro, ammirata da tutto il mondo, senza preparazione operistica. Maestri come
Gustav Kuhn e Ion Marin sono rimasti sbalorditi. L’hanno apprezzata
moltissimo. Il fatto che La Capinera
abbia colpito questi grandi direttori
d’orchestra, la dice veramente lunga
sulla validità di Gianni Bella.
Da Mogol ci possiamo aspettare che possa scrivere quello
che vuole, ma Gianni bella ha
spiazzato un po’ tutti.
Gianni già prima aveva fatto delle
grandi cose, soprattutto nel genere
58 - La Rivista marzo 2014
Mah, non si sa. Nel 2016 è prevista la
prima al Festival di Erl in Austria con
Gustav Kuhn come direttore d’orchestra. Poi si vedrà. Purtroppo dobbiamo andare all’estero per promuovere
questo lavoro. In Italia, al momento,
c’è poco sostegno, soprattutto per
quel che riguarda le opere moderne.
Come mai avete scelto La
Storia di una Capinera come
base per la vostra opera?
Il titolo l’ha scelto Gianni Bella insieme all’autore del libretto dell’opera.
Ma non dimentichiamo che la Storia
di una Capinera è il secondo romanzo Italiano di notevole importanza
dopo i Promessi Sposi.
Maestro, vedo che deve rientrare in sala per la presentazione. La ringrazio di
quest’intervento e le faccio
tanti auguri.
Ringrazio lei. Vorrei salutare tutti gli
Italiani qui in Svizzera, e spero che
riusciremo a presentare quest’opera
al grande pubblico prossimamente.
La Rivista
Estratto dall’opera – scena sesta.
Il padre si avvicina alla figlia.
Bambina mia lo so
Ti ho detto sempre no
Intuivo i pensieri
Ma fuggivo via ieri
Tu sei tutto quel che ho
Ma l’ho scoperto adesso sai
Cancellavo l’assenza
Con un no alla coscienza
Purtroppo il tuo destino io
L’ho regalato troppo presto a Dio
E non ti ho chiesto niente mai
Che cosa tu volevi o vuoi
Io ti ho lasciato li da sola
Nel mare immenso tu una vela
Che non sospinsi mai col fiato
Ti ho chiesto tanto e non ti ho dato
Esci che ti aspetta la tua vita
Per fortuna la giornata
Non è finita.
Paolo Fresu
& A Filetta:
«Mistico Mediterraneo»
Mercoledì 16 aprile 2014,
ore 20.00,
alla Neumünster di Zurigo
Uno degli album più interessanti nel 2011, come spesso
accade, è stato pubblicato
sotto l’egida dell’etichetta
bavarese ECM.
In Mistico Mediterraneo il trombettista e musicista Paolo Fresu, con il
bandoneonista Daniele di Bonaventura, accompagna i sette cantori di
«A Filetta», il gruppo fondato nel
1978 che, accanto ai Muvrini, rappresentano i più apprezzati interpreti
della polifonia corsa.
Il risultato, ridotto all’essenziale, è
un’opera musicale toccante, che trova la sua migliore rappresentazione
all’interno di un chiesa. I canti sono
racconti e ricordi, presentimenti e leggende che traggono origine lungo le
coste del Mediterraneo, piene di malinconia e nostalgia.
Uno spettacolo davvero unico nel suo
genere.
Prevendite
www.allblues.ch
www.ticketcorner.ch
Billett-Service Migros City Zürich
Tutti Ticketcorner, La Posta, Manor, FFS
Tel. 0900 800 800 (CHF 1.19/min.)
Paolo Fresu, tromba/cornetta
Daniele di Bonaventura, bandoneon
A Filetta: Jean-Claude Acquaviva - Jean-Luc Geronimi - Paul Giansily - José
Filippi - Jean Sicurani - Ceccè Acquaviva - Maxime Vuillamier, all vocals
Unico concerto in Svizzera
Prezzi: CHF 85/70/55 (posti non numerati)
marzo 2014 La Rivista - 59
La Rivista
Diapason
di Luca D’Alessandro
Loop Therapy
Riva Starr
Quando il funk e l’hip hop s’immergono nel jazz, si può presumere che il risultato sia di buona qualità. Nel caso del
progetto milanese Loop Therapy lo è di certo: sotto la guida
del contrabbassista Cesare Pizzetti, il pianista Fabio Visocchi e l’aiuto di Matteo Mammoliti alla batteria, è sorto un
lavoro che combina la regolarità del battito del rap con loops improvvisati provenienti dal jazz. I brani proposti sono
strumentali, ricchi di contaminazioni sonore che spaziano
dalla musica jazz all’elettronica, da sonorità squisitamente
acustiche a campionamenti e scratch. A questi, si aggiungono tre brani rap nati dalla collaborazione con alcuni tra i
più importanti artisti hip hop della scena italiana: Colle Der
Fomento, Turi e Bassi Maestro. Loop Therapy, lo suggerisce
il titolo, è una produzione che si serve di determinate sequenze, messe in fila per istituire un filo rosso basato sulla
periodicità, non solo ritmica ma anche melodica. Un’opera
di prima classe, se vogliamo chiamarla così, che va al di là
di ogni convenzione jazz o rap. È una via di mezzo, nuova,
qualcosa che il mercato musicale italiano non ha ancora
sentito finora.
Riva Starr è il nome d’arte di Stefano Miele, ispirato al suo
idolo Gigi Riva. Il DJ e produttore di origine napoletana
vive e lavora oggi a Londra, dove si era trasferito dopo aver
conseguito il dottorato di ricerca in lingue orientali presso
l‘Università di Napoli. Non è una carriera comune, quella
di Riva, anzi: è insolito che un titolare di un PhD scelga di
intraprendere una carriera di produttore di musica Breakbeat e House, un ambiente che finora si è rivelato redditizio
soltanto per pochi suoi rappresentanti. Riva dimostra buon
fiuto per le tendenze del momento e per ciò che il mercato della musica da intrattenimento richiede da un artista.
Sono da rilevare le sue collaborazioni con esponenti della
musica rap e soul internazionale, come Usher, The Gossip
e Gang Starr. Hand in Hand s’intitola la sua ultima uscita, scortata da una versione completamente rivista Club in
Hand. Entrambi sono caratterizzati da un sound tipicamente
elettronico, bassi forti ma regolari, un semplice ritmo di 4/4,
sequenze ripetitive e delle tracce vocaliche di sottofondo.
Entrambe le produzioni sono ricche di figure e inserimenti
acustici. C’è, dunque, molto da scoprire in queste due produzioni digitalmente diverse.
Opera Prima (Irma)
Two Fingerz
V (Sony)
Le due dita sulla copertina raffigurano l’ostentato marchio
Two Fingerz. Un simbolo che sta per il trionfo sui critici, su
coloro che all’inizio non erano convinti del potenziale di questo duo milanese formato dal rapper e cantautore Danti –
Daniele Lazzarin – e dal produttore e beatmaker Roofio – Riccardo Garifo. La loro carriera dura ormai da un decennio, e ha
visto la produzione di cinque album, l’ultimo semplicemente
intitolato V. Semplicemente? La V come simbolo si collega a
diversi significati: cinque album prodotti, l’idea di aver vinto
sui critici e il brano Vaffancuba che nel 2013 ha dato un
ulteriore impulso al loro successo. Il duo non può essere visto
come rappresentante tipico di ciò che di solito viene praticato dai gruppi coevi provenienti dalla scuola milanese. Segue
piuttosto una linea propria, che parte da un atteggiamento
giovanile, offensivo per mescolarsi poi con la musica da discoteca, quella dance e house. Sono loro stessi a battezzare
il loro genere Hip House, che racchiude in se i ritmi secchi
della musica rap con le melodie provenienti dalla musica da
discoteca. Il loro obiettivo è semplice: fare divertire la gente.
Hand in Hand (Snatch Records)
Stadio Immagini
del vostro amore (Universal)
Immagini del vostro amore è la nona raccolta degli Stadio,
pubblicata il 18 novembre 2013 dalla EMI Music Italy, da
poco assorbita dal gruppo Universal Vivendi. La raccolta
è stata preceduta dal singolo Immagini del nostro amore.
Contiene due inediti, dei duetti con Noemi e Saverio Grandi,
una collaborazione con i Solis String Quartet e un remix.
Tutti i brani, eccetto gli inediti, sono stati risuonati e rimasterizzati. A questo punto ci permettiamo un commento
personale: la presente produzione può essere considerata un
risultato esemplificativo della forte crisi che ha colpito il
mercato della musica in tutto il mondo. Le vendite sono
in diminuzione, lo scambio di dati elettronici o l’acquisto
a prezzi stracciati hanno diminuito gli introiti delle grandi
case discografiche e impedito il lancio di produzioni innovative. Il mercato si è adattato con rassegnazione a questa
realtà. Nella presente raccolta Immagini del vostro amore
si nota appunto che i produttori si limitano ormai solo a
riproporre, invece di proporre.
marzo 2014 La Rivista - 61
La Rivista
Viaggi e vacanze
in Italia e all’estero
Prosegue il trend negativo, avviato nel 2009, che nel corso
del quinquennio ha comportato
una perdita di quasi 60 milioni
di viaggi (290 milioni di notti).
Nel 2013, i residenti in Italia hanno
effettuato 63 milioni e 154 mila viaggi con pernottamento, contro i 78 milioni e 703 mila dell’anno precedente
(-19,8%).
Il numero delle notti si riduce del
16,8% (da 501 milioni e 59 mila a
417 milioni e 127 mila). Resta stabile
la durata media dei viaggi (6,6 notti)
sia per quelli di vacanza (7 notti) sia
per quelli di lavoro (2,7 notti). Cala,
inoltre, il numero medio di viaggi
pro-capite (da 1,3 viaggi a 1).
62 - La Rivista marzo 2014
Il calo è dovuto anche alla riduzione
della quota di persone che mediamente viaggiano in un trimestre (dal
23,2% del 2012 al 20,1% del 2013). Il
fenomeno si osserva in tutte le aree
del Paese, ma è più marcato tra i residenti nel Nord (-15,6%).
Prosegue il trend negativo, avviato
nel 2009, che nel corso del quinquennio ha comportato una perdita
di quasi 60 milioni di viaggi (290 milioni di notti).
I viaggi per vacanze (91% del totale) diminuiscono rispetto al 2012 del
16,4%. Si riducono soprattutto le vacanze brevi: del 23,4% nel caso dei
viaggi (contro il 10,2% delle lunghe)
e del 22,4% nel caso delle notti (contro il 13,7%).
Spagna e Francia rappresentano le
destinazioni preferite: la prima per le
vacanze lunghe (13,1%), la seconda
per quelle brevi (16,4%). La Germania è il paese più visitato per motivi di
affari (24,4%). Tra le mete extra-europee, gli USA sono la preferita (4,6%
del totale) soprattutto per i viaggi di
lavoro (12,4%).
I viaggi e i pernottamenti per motivi di lavoro mostrano una flessione
più forte (rispettivamente -43% e
-47,5%) di quella osservata per le
vacanze, legata evidentemente anche alle criticità presenti nel mercato
del lavoro.
Nel periodo estivo, la flessione riguarda le vacanze brevi, sia nel numero di turisti (-35,3%) che nel numero di viaggi (-27,7%). Di contro,
restano stabili il numero delle vacanze lunghe e la loro durata media
(circa 12 notti).
I viaggi con mete italiane (79,8% del
totale) mostrano un calo del 19,4%
e il numero di viaggi verso l’estero si
riduce del 21,1%. Nei paesi dell’Ue
diminuiscono soprattutto le vacanze brevi e i viaggi di lavoro (rispettivamente, -30,7% e -32,2%). Oltre
il territorio europeo a calare sono le
vacanze lunghe (-40,3%).
Sempre meno i viaggi che prevedono
pernottamenti in albergo (-23,9%) e
in alloggi privati (-18,5%), soprattutto se in affitto (-29,2%). Diminuiscono anche le vacanze brevi trascorse
nelle case di proprietà (-28,6%) o
messe a disposizione gratuitamente
da parenti o amici (-21,2%).
L’auto si conferma il mezzo di trasporto più utilizzato per viaggiare (61,4% dei viaggi), nonostante il
calo del 18,5%; diminuiscono anche
i viaggi in aereo (-27,4%), mentre rimangono stabili quelli in treno.
La Rivista
St. Moritz
Gourmet Festival 2014
Cucina d’alta quota
di Rocco Lettieri
Il St. Moritz Gourmet Festival si è concluso con il Grande
BMW Gourmet Finale, nell’elegante e calda tenda VIP sul
lago ghiacciato di St. Moritz.
La settimana del festival in
Alta Engadina, con tutte le sue
specialità culinarie, ha deliziato circa 4.000 fans gourmet da
tutto il mondo continuando la
sua storia di successo.
Andree Köthe, Tim Raue e Christian
Scharrer dalla Germania, Mauro Colagreco e Yoann Conte dalla Francia, Yoshihiro Takahashi dal Giappone, Moshik
Roth dai Paesi Bassi e Wolfgang Puck
dagli Stati Uniti, per un totale di 17
stelle Michelin, sono stati gli chef ospiti
che hanno portato il mondo della montagna ad una vera ebollizione di cucine.
Una ricetta davvero originale quella
che da 21 anni viene elaborata qui tra il
freddo e la neve di St. Moritz. E di neve,
qui, quest’anno ne ha messa tanta, da
far chiudere il Passo del Maloja per 36
ore. Cosa che non avviene spesso.
In nessun altro luogo al mondo è
Preparzione per il gran finale
possibile sperimentare una tale varietà
di eventi eccezionali con livelli alti di
master chef, sintetizzando il motivo
per cui gli organizzatori ancora una
volta hanno ottenuto un grande successo: una miscela di eventi di alto livello in grado di richiamare ogni anno
molte persone che sono anche gli affezionati che non vogliono mancare.
I Maestri e la loro arte
L’arte culinaria degli otto ospiti maestri ha giocato un ruolo fondamentale.
Il nativo austriaco Wolfgang Puck ha
dimostrato in modo impressionante la sua unicità di cucina moderna
dove opera, in California. Yoshihiro
Takahashi ha offerto esperienze multisensoriali con la sua moderna interpretazione della cucina Kaiseki e Tim
Raue da Berlino ha deliziato con la sua
eccezionale ‘East meets West’ filosofia. Allo stesso modo, il molto distinto chef tedesco Christian Scharrer da
Travemünde ha servito ai suoi ospiti la
sua spettacolare armonia di gusto e di
presentazione; Andree Köthe, lo chef
della Germania ha offerto agli ospiti il
suo magico incantesimo di cucina accattivante di spezie e piatti di verdure.
L’argentino Mauro Colagreco ha rotto
i confini tra terra e mare con il suo
unico “nuovo stile naturale”. Il francese Yoann Conte si è ispirato direttamente dalla natura per la sua “arte
della cucina” e, infine, Moshik Roth,
dai Paesi Bassi, ha dato sfoggio di tutte le sue tecniche di preparazione di
cucina molecolare.
Un safari per gourmet
Tutto è cominciato il lunedì 27 Gennaio con il Grand Opening, estremamente glamour al Kempinski Grand Hotel
des Bains St. Moritz, offrendo le prime
esperienze delle “isole gastronomiche”.
Gli ospiti sono stati viziati dal danese
chef stellato Palle Enevoldsen insieme al maestro chef locale Kurt Röösli
dell’Hotel Waldhaus di Sils-Maria.
Champagnes pregiati, vini e liquori
hanno accompagnato le delizie culinarie e la seguente festa è continuata
con la band di musica dal vivo di Tom
Marks & Friends creando un’allegra
atmosfera, beneaugurante per i 400
ospiti. Da Martedì in poi il programma
Di neve quest’anno ne ha messa parecchia a St Moritz
marzo 2014 La Rivista - 63
La Rivista
Pronti per il gran finale
Gli chef stellati:
Andree
Koethe
ha offerto piacevoli momenti, potendo assaporare una cucina internazionale semplicemente andando
negli eleganti ristoranti degli otto
hotel partner del festival e senza
dover viaggiare attraverso l’Europa o
anche per gli USA o Kyoto. Al Gourmet Safaris BMW gli ospiti sono stati condotti in
64 - La Rivista marzo 2014
Christian
Scharrer
Moshik
Roth
un tour alla scoperta delle offerte
di cinque chef ospiti assaporando le
creazioni direttamente nelle cucine
del Badrutt Palace Hotel.
All’elegante Fascination Champagne, tenutosi al Suvretta House,
con elegante accompagnamento
di pianoforte, lo chef Moshik Roth
si è ispirato ad una cena gourmet
accompagnando il tutto con champagnes millesimati di Laurent-Perrier. Presso l’Hotel Waldhaus a
Sils-Maria, l’esperto di vini Jan
Martel ha portato gli ospiti in
un paradiso di vini durante
l’evento World Class Wines,
accompagnati dalle prelibatezze culinarie di Kurt Röösli
Waldhaus.
Durante il Wine & Cheese Celebration, nella magnifica cantina dell’Hotel Steffani, il Maître Antony, miglior affinatore di formaggio
al mondo, ha personalmente servito
gli ospiti con formaggi esclusivi e
vini di degno
Mauro
Colagreco
abbinamento. Ad un’altitudine di
2.486 m (con neve alta almeno due
metri) Reto Mathis nel suo Ristorante a Corviglia ha servito Caviale &
Seafood Blizzards.
Da non dimenticare l’evento del
Cioccolato Cult al Badrutt Palace Hotel, con le più belle creazioni di cioccolato di qualità dello chef pâtissier
Stefan Gerber. E ancora, Sepp Fässler, il cioccolatiere della rinomata e
tradizionale Confiserie Sprüngli, ha
creato davanti agli ospiti la “Truffes
du Jour” rivelando le sorprendenti composizioni ideate con Sprüngli
Grand Cru di cioccolato.
Gran Finale sul lago ghiacciato
Infine, con una serata davvero impegnativa per gli spalatori di neve, si è
tenuto il Grande BMW Gourmet Finale nell’elegante tenda VIP sul lago
ghiacciato di St. Moritz. Tutti gli otto
chef ospiti del Festival, insieme con
gli chef locali degli hotels partners,
hanno preparato un eccezionale
La Rivista
Un’interpretazione di Andree Koethe
Yoshihiro
Takahashi
menu finale che è stato accompagnato da champagne e vini pregiati. In questo scenario da favola, c’è
stata la proclamazione ufficiale di
Marcel Lukas Flatscher, vincitore del
concorso Giovani Talenti dell’Engadina. Ospite della serata, la famosa
attrice Kiki Maeder, che ha allietato
Yoann
Conte
Wolfgang
Puck
la serata di gala in un’atmosfera di
musica e di danza.
A chiudere l’eizione di quest’anno,
l’annuncio che per il 2015 il St. Moritz Gourmet Festival sarà una British Special Edition con i migliori chef
provenienti dalla Gran Bretagna dal
26 al 30 Gennaio.
Tim
Raue
Tutte le informazioni dettagliate
si possono trovare nel sito:
www.stmoritz-gourmetfestival.ch
Variazione di dessert di Andree Koethe
marzo 2014 La Rivista - 65
La Rivista
Regine
in cucina
Mamme italiane
a noleggio
Loro ne sono convinti: il mondo ci invidia anche per questo.
Da sempre nel mondo siamo
apprezzati per la nostra arte
popolare di cucinare e mangiar
bene e per l’allegria con cui
sappiamo stare a tavola.
La cucina italiana è tra le più
famose al mondo e le mamme
italiane, in qualsiasi nazione
esse vivano, sono le vere ambasciatrici della nostra cucina,
depositarie di un antico sapere
che da sempre si tramanda di
nonna in nipote.
Loro sono, Paolo e Michele: due giovanotti, professionisti attivi nel mondo della pubblicità e del marketing a cavolo fra
Svizzera e Italia. Due creativi che, per ora,
nei ritagli di tempo libero, hanno deciso
di dare concretezza a un’idea che frullava
nella testa. Il loro progetto si chiama rent
a mama. Mamme in affitto: la traduzione
più immediata, non fosse che l’espressione è solitamente usata in tutt’altro
ambito. Allora potremmo ripiegare su un
“noleggia la mamma”: forse meno elegante e piuttosto meccanico, comunque
rende l’idea. Scopriamo a quale scopo.
Donne vere
Mamme che, custodi della salute della
propria famiglia, s’ingegnano per fare
la migliore cucina possibile. Donne vere
che sanno cucinare con passione le ricette della propria terra, che conoscono
i segreti per preparare un piatto unico, e
che soprattutto sanno portare in tavola
calore e generosità.
Ogni mamma ha la sua ricetta speciale
per preparare un piatto a 5 stelle per i
propri cari… perché allora non condividere questo privilegio con tutti?
66 - La Rivista marzo 2014
Come?
Permettendo a chiunque di “noleggiare”
per un giorno una vera mamma italiana,
vivendo così l’opportunità unica di capire ed imparare i segreti della vera cucina
made in Italy.
Nasce da questo sogno il progetto di offrire a tutti i cittadini del mondo la preziosa arte culinaria delle vere mamme,
pronte a cucinare per chiunque lo richieda le autentiche prelibatezze della nostra
tradizione.
Rent a mamma si rivolge agli amanti della cucina buona, sana e… italiana:
- che vorrebbero avere la possibilità di
ospitare nella propria cucina una mamma italiana per preparare una cena per
gli amici, per i parenti, per i colleghi di
ufficio o solo per conoscere ed imparare
una ricetta.
- che vorrebbero avere la possibilità di
entrare nella cucina di una mamma italiana per vivere un’esperienza unica, cucinando al suo fianco e rubandole i suoi
preziosi segreti.
Come funziona?
S’inizia reclutando mamme italiane in
qualsiasi parte del mondo. Si continua costruendo, e continuando a costruire, una
“Rete Sociale”, dove ogni mamma può
partecipare e dare la propria disponibilità
ad insegnare la propria arte in cucina.
Un portale dedicato:
rentamamma.com
Grazie al quale sarà possibile accedere al
servizio visualizzando:
• I profili delle mamme italiane che
partecipano al progetto.
• I dettagli della loro disponibilità.
• Se sono mamme pronte ad ospitare o
mamme pronte a partire.
• Le foto dei loro piatti a 5 stelle.
• Il giudizio dei clienti e il loro eventuale rating.
La Rivista
Servizi complementari al progetto
Il progetto Rent a Mamma non si limiterà
alla semplice locazione delle competenze
culinarie delle mamme italiane, ma creerà una serie di attività collaterali atte
ad implementare il brand rent a mamma:
• Il libro delle ricette di rent a mamma
(e-commerce)
• (La raccolta dei piatti a 5 stelle delle
MAMME acquistabile direttamente
dal sito)
• Il pacco della mamma (e-commerce)
• (I prodotti tradizionali delle regioni italiane acquistabili direttamente dal sito)
• Videoricette rent a mamma (servizio
premium del sito, solo per abbonati)
• Il blog della mamma (servizio premium del sito, solo per abbonati)
• Sagra delle mamme (live- event)
• (feste popolari italiane, con protagoniste
le mamme, per promuovere i prodotti
• enogastronoci italiani nel mondo).
Informazioni e contatti:
www.rentamamma.com
marzo 2014 La Rivista - 67
La Rivista
A colloquio
con Marco Sanna
Molino: un classico che si reinventa
Con 18 ristoranti in tutta la
Svizzera, la Molino in 26 anni
si è affermata con successo
nel settore della gastronomia
mediterranea di alto livello. La
Rivista ha parlato con Marco
Sanna, direttore del Ristorante
Pizzeria Molino Stauffacher a
Zurigo, di cambiamenti, tendenze culinarie e dell’importanza di un buon menù.
Signor Sanna, recentemente
Molino ha introdotto un nuovo menù. Quali sono le novità?
autentica e di alta qualità, oltre che
a un ambiente arredato con stile. Il
nuovo menù ci permette di esprimere
ancora meglio questi valori e, in fondo,
è un po’ il nostro biglietto da visita...
Che cosa si sente di consigliare
in particolare?
Io consiglio il «Gran tagliere», un antipasto all’italiana con burrata, prosciutto San Daniele e bresaola tagliata
finissima. Altrimenti, le «Pappardelle del
Padrone», un piatto a base di pasta fresca con funghi porcini e straccetti di vitello. Per finire in dolcezza, un «Tortino
al cioccolato» con una pallina di gelato
alla vaniglia. Un piacere per il palato
sono anche le nostre pizze «DOC».
Tutto! (ride) Il menù è stato completamente rielaborato, dal layout fino
ai piatti proposti. Il nostro menù si
presenta semplice e fresco, proprio
come il cliente odierno si immagina la
cucina italiana. Seguendo il principio
che di meno è di più, abbiamo ridotto
l’offerta, puntando maggiormente su
specialità stagionali e appetitosi menù
del giorno. I nostri classici però sono
sempre presenti, così come resta inalterata la nostra dedizione alla qualità.
Avete qualcosa da proporre
anche agli amanti del vino?
Dietro c’è una nuova filosofia
commerciale?
Mi consenta di fare io una domanda:
che cosa contraddistingue una vera
pizza italiana? Ingredienti originali
di alta qualità. Nei ristoranti Molino
utilizziamo prodotti naturali di prima
qualità come il prosciutto San Daniele
con marchio DOP, la mozzarella di bufala DOP della Campania e il parmigiano reggiano stagionato per 36 mesi. Ai
nostri ospiti serviamo solo il meglio!
La nostra filosofia resta la stessa:
Molino è sinonimo di vera italianità.
Ci consideriamo, infatti, ambasciatori della cucina italiana in Svizzera e
diamo importanza a una gastronomia
Ma certo! Il nostro sommelier ha rielaborato anche la carta dei vini. Noi
puntiamo su piccoli produttori di vino
italiani innovativi. La nostra offerta
comprende perfino un vino vegano
certificato, una vera rarità!
Quello dei prodotti originali sembra essere un concetto
chiave... Ce lo può spiegare?
In Italia la famiglia conta molto. Avete pensato anche ai
bambini?
Naturalmente! Per i bambini basta
una sola domanda: «Pizza o penne?» e
come dessert c’è una pallina di gelato con gli Smarties. Inoltre, abbiamo
68 - La Rivista marzo 2014
bellissimi set da tavolo per disegnare e
ogni ristorante dispone anche di seggioloni e fasciatoi. Nei ristoranti Molino tutti devono sentirsi a proprio agio,
grandi e piccini.
Signor Sanna, la ringrazio per
l’interessante intervista.
Molino: una storia di successo
svizzera all’italiana.
Offrire un ambiente arredato con
stile, attenzione al servizio e finissime specialità italiane, ecco gli
obiettivi con cui è stato fondato nel
1988 il primo ristorante Molino a
Zurigo, cui ne sono seguiti diversi
altri in sedi di grande prestigio. Con
18 ristoranti in tutta la Svizzera, la
Molino è ormai affermata con successo nel settore della gastronomia
mediterranea di alto livello. Attualmente la Molino ha 410 collaboratori, i quali condividono la passione dell’azienda per l’ospitalità e la
gioia di vivere tipicamente italiane.
I ristoranti del gruppo sono ubicati
a Basilea, Berna, Crans-Montana,
Dietikon, Friburgo, Ginevra, Montreux, Uster, Vevey, Wallisellen,
Winterthur, Zermatt e Zurigo.
Il Ristorante Frascati a Zurigo, sul
lungolago più bello della città, e il
Restaurant Le Lacustre sulle rive del
Lago Lemano, si contraddistinguono in modo particolare per la posizione esclusiva, l’ambiente elegante e una cucina mediterranea per i
palati più esigenti.
La Rivista
Convivio
di Domenico Cosentino
Sapori Chic
I “nuovi” dolci che fanno tendenza
“Sapori chic, piccoli gioielli per grandi trasgressioni. Ecco i
“nuovi” dolci che fanno tendenza”. Così li ha presentati Eli
Cazausss, maestro cioccolatiere, che guidava la squadra
francese dei migliori pasticcieri e gelatieri francesi, quando
è salito sul podio a ritirare la Coppa del Mondo della pasticceria-cioccolateria 2014. La squadra,
composta da cinque pasticcieri-cioccolatieri, si è aggiudicata la coppa,
dopo una competizione agguerrita e
nuova tendenza pasticcera in miniatura – nacque così, assommando il piacere fragrante delle meringhe e della golosità carnale e sfacciata della farcitura, il tutto nella dimensione di una moneta. Inventati nel sedicesimo secolo e
consacrati con l’apertura di un negozio monodedicato dal
pasticciere Louis Ernést Ladurée in Rue Royal, i macarons
vennero modificati da Pierre Desfointanes, pronipote di Ladurée, che nel 1930 accoppiò i gusci due alla volta a mo’ di
dolcissimo micro-sandwich, formula arrivata fino ai giorni
nostri mutati nelle dimensioni e nel nome a Zurigo dove,
infatti, li chiamano luxemburgerli.
Per loro non c’è crisi
molto impegnativa, eliminando 10 squadre provenienti da 5
continenti, Argentina, Australia, Brasile, Canada, Marocco,
Messico, Polonia, Spagna, USA e l’ Italia ( che si è piazzata al
secondo posto), elaborando il tema “L’Universo di Leonardo
da Vinci” in prove di sculture di ghiaccio e cioccolato, durata
due giorni interi (20-21 gennaio) e svoltasi in occasione del
35esimo Salone della gelateria e pasticceria di Rimini. Sette
le prove in gara: gelato gastronomico, coppa decorata, torta
gelato, mistery box, sculture di ghiaccio, sculture di cioccolato
e mignon di cioccolato. E sono stati proprio quest’ultimi, i
“Mignon di cioccolato”, veri piccoli gioielli gastronomici da
far perdere la testa: “Fleur au chocolait (che sono dei Pralinée), Surprise chocolait & Noisette, Petit Charlotte, il tortino
morbido alla gianduia, ma anche i muffin inglesi e i Macarons
di Ladurée (che a Zurigo chiamano Luxemburgerli, e quelli
in vendita nelle “Confiserie” della Bahnhofstrasse, costano
quanto un diamante!!) che hanno consentito alla giuria tecnica di giudicare la loro creatività, la loro professionalità e il
loro spirito di collaborazione.
Colpevoli i cuochi di Caterina dei Medici
Volendo parlare di questi “nuovi” dolci, a proposito dei macarons / luxemburgerli, in principio era solitario: fu un guscio
sormontato da una crema tanto burrosa da poter nascere
solo in Francia. Anche se i veri colpevoli pare siano stati i
cuochi fiorentini al seguito di Caterina dei Medici. Dunque
il primissimo macaron “Made in Italy” - dolce simbolo della
E non c’è crisi che tenga. O meglio, proprio per merito della
crisi, macarons e i suoi fratelli pasticcini e cioccolatini, prosperano come non mai. Da una parte le preparazioni zuccherine sono considerate confort-food all’ennesima potenza.
Dall’altra la cultura del corpo del terzo millennio, ma anche
li dilagare del diabete, impongono porzioni non conflittuali
con la bilancia e glicemia, consolazione del palato e trasgressione ai minimi termini. Terzo, ma non ultimo, i costi. Che
sarebbero sproporzionatamente alti, se solo ci si prendesse
la briga di calcolare i prezzi al kg. Ma letti così, a piccole
dosi, si lasciano assorbire nel computo delle piccole eccezioni
compatibili con la regola del risparmio senza se e senza ma.
Il dilagare delle vendite, però, la globalizzazione della pasticceria in sedicesimi, che tutt’ora non sente “crisi”, ha fatto sì,
che insieme ai macarons francesi si siano aperte le porte alle
micro produzioni pasticciere di altri paesi: Inghilterra, Stati
Uniti d’America, Giappone, Cina e soprattutto l’Italia.
Cupcake, Muffins, Muchi e
Dimsum….
Ecco allora, pasticcieri
anglosassoni e asiatici - sposando la causa
dei muffins inglesi e
Cupcakes americane
(i primi hanno una
storia millenaria e
sono dei soffici dolcetti
inglesi, emigrati in America, dove sono il simbolo
della colazione; mentre i
Cupcake hanno sempre parlato americano e sono delle
marzo 2014 La Rivista - 69
micro-torte formato tazzina, da cui il nome, preparate con
fantasia: glassate, al cioccolato, cosparse di semi), ma anche
mochi giapponesi, dimsum cinesi e creme al cucchiaio (ovvero morbide) - servire i loro “dolcetti” letteralmente, dentro un
cucchiaio singolo, in un florilegio di vezzeggiativi e diminuitivi applicati a dolci tradizionali, che un tempo venivano serviti
in teglie di mense universitarie. Aggiungendo, certamente che,
senza le decorazioni esterne, che spesso confondono forma con
sostanza, i dolcetti in tazza risulterebbero molto meno sfiziosi e
invoglianti. Così, i pasticcieri più dotati hanno cominciato una
lotta contro la supremazia dei Cake designers. Perché non di solo
glasse e colori accattivanti (quasi sempre chimici) vivono i dolci.
Crocchette di cioccolato con gelato alle fragoline di bosco, Pastiera fritta con gelato all’arancia, Tortino di ricotta con salsa
di mandarini, Coppette al Mascarpone (Tiramisù in miniatura),
Mont blanc (Latte, cacao e rhum con le castagne bollite, sbucciate e passate nello schiacciapatate a formare una piramide,
ricoperta con panna e marron glacé). E ancora una Charlotte
in miniatura (che è una gabbia di savoiardi ripiena di bavarese
e tocchetti di frutta; e poi la Panna cotta (solo crema di latte e
poco zucchero, secondo l’originale segreta ricetta langarola), un
delizioso Cappuccino di zabaione, innaffiato con Marsala secca
e, infine I Profiteroles ricoperti di cioccolato fondente.
… e Babà napoletani, cannolicchi siciliani, coppette
al mascarpone, panna cotta e cappuccino di zabaione
“I Profiteroles – ha dichiarato Gianluca Fusto, uno dei pasticcieri
più talentuosi della nuova generazione, presenti al salone di Rimini – è un dolce altamente e semplicemente goloso. E se non sai
preparare la pasta(choux) per bignè, è meglio non provarci“. Dolce molto complesso (2 ore di lavoro fra preparazione e cottura),
anche i Profiteroles trae le sue origini dal Rinascimento Italiano:
per questa delizia, ancora una volta, è Caterina dei Medici, che
andando in sposa a Enrico II di Francia, oltre alle sue ricette,
portò con sé dalla Toscana, uno dei sui cuochi, un certo Popelini,
che creò nel 1540 la pasta per “choux” (quella per Bignè), che divenne molto famosa in Francia (come molte alte ricette italiane),
e con essa anche i Profiteroles, e che si diffuse solo dopo il XVII
secolo, periodo in cui si sviluppò la vera arte pasticciera. Il termine, naturalmente è francese e deriva dal diminutivo della parola
“profit” (cioè profitto, guadagno), ed è il risultato di una preparazione composta da una serie di piccoli bigné che formano un
unico dolce al cioccolato. E se in Francia il Profiterole è un dolce
E lo ha dimostrato a Rimini la squadra dei pasticcieri italiani composta da Stefano Biasini, Massimo Carnio, Marco Martinelli
e Luca Mazzotta e allenata dal pasticciere gelatiere, noto intagliatore di frutta, Beppo Tenon - che si è piazzata al secondo
posto, scegliendo li tema “Mondo floreale, Naturale e Tradizionale”. Accanto alle prove di gelateria e delle sculture in ghiaccio,
richiamandosi alla grande scuola della pasticceria delle diverse
regioni italiane, dalle mani di Beppo Tenon e compagni, sono
emersi veri pezzi da esposizione: elaborati lavori di zucchero
montati con tuorli d’uovo, panna e cioccolato, trionfi di Piccoli
Pasticcini farciti con ricotta, candidi e marzapane, tutti realizzati per stupire e deliziare, non solo la giuria, ma anche i visitatori
che hanno presi d’assalto gli stand italiani al 35esimo salone
di Rimini: Baba, tanto cari ai napoletani, Cannolicchi siciliani,
70 - La Rivista marzo 2014
Semplicemente golosi
La Ricetta
molto popolare ed essenziale in un banchetto nuziale, dove viene
presentato come “croquenbouche”, cioè una piramide di Bignè
ripieni e caramellati, in Italia i Profiteroles sono un dolce molto
popolare, che viene preparato con ripieno di crema pasticciera,
crema Chantilly (panna montata con zucchero) o gelato, ricoperto di cioccolato fondente caldo. Il viaggiatore goloso, confessa
che “opta” sempre per la versione Italiana.
I SEMPLICEMENTE GOLOSI
(PROFITEROLES AL CIOCCOLATO)
Ingredienti per 4 persone:
Per i bignè:
- 100 g di burro,
- 200 ml di acqua,
- un pizzico di sale,
- 5 g di zucchero,
- 4 uova,
- 120 g di farina.
Per la crema Chantilly:
- 500 ml di panna fresca,
- 2 cucchiai rasi di zucchero a velo.
Per la copertura di cioccolato:
- 500 ml di panna fresca,
- 400 g di cioccolato fondente,
- 20 ml di latte fresco.
Come li preparo:
Per prima realizzo la pasta choux. Metto un tegame sul fuoco,
aggiungo l’acqua, lo zucchero e la presa di sale. Mescolo il tutto
con una frusta. Una volta raggiunto il bollore, tolgo il tegame
dal fuoco e aggiungo la farina setacciata. Continuo la cottura, rigirando i composto con un cucchiaio di legno e quando
il composto si staccherà dalla pentola, tolgo dal fuoco e lascio
raffreddare.
Una volta raffreddato, metto il composto in una ciotola di vetro
o d’acciaio, mescolo energicamente con un cucchiaio di legno, e
aggiungo le uova una alla volta, avendo l’accortezza di aggiungere quella successiva solo quando sarà stata completamente
assorbita dall’impasto. Ottenuto un composto liscio e omogeneo, lo trasferisco in una sac-à-poche (tasca da pasticciere) munita di bocchetta liscia e formo dei mucchietti di pasta distanziati l’uno dall’altro su una leccarda ricoperta di carta da forno.
Metto i bignè nel forno e lascio cuocere per 15 minuti a 220°;
abbasso la temperatura a 190° e faccio cuocere per altri 10 minuti; spengo il forno e, lasciandolo aperto, faccio riposare i bigné
per dieci minuti. Una volta freddi, pratico(con un coltellino) sulla
base. Preparo la crema Chantilly con la panna e lo zucchero a
velo, montando a neve con la frusta. Riempio ogni bignè, li copro con una pellicina e li metto in frigo. Per la copertura, metto
in una casseruola la panna, il latte e porto a sfiorare il bollore,
aggiungo lo cioccolato spezzettato e mescolo fino ad ottenere
un composto liscio e privo di grumi. Tuffo, infine, nel bagnetto,
uno alla volta all’interno della crema di cioccolato i miei bigné, e
li prelevo aiutandomi con due forchette. Li faccio scolare leggermente e li dispongo su un piatto formando una base sulla quale
poggio via via tutti gli altri. Dovesse restarmi della crema, uso
dei ciuffetti per decorare il mio “Semplicemente Goloso”.
Il Vino: Un Barolo chinato, Una Malvasia di Lipari, Un Vin Santo del Chianti Classico o un Torcolato di Breganze.
marzo 2014 La Rivista - 71
L A
C O N V E N I E N Z A
F O R Z A
È
L A
N O S T R A
M O T R I C E .
P i ù d i s p a r a t i s o n o i s e t to r i d ’i m p i e go e l e m e r ci d a t r a s p o r t a r e , p i ù a m p i a è
l a n u ov i s s i m a g a m m a d i m e z z i I ve co: co n g l i i n n u m e r evo l i m o d e l l i d i s p o n i b i l i – d a l
f u r go n e d i s u cce s s o DA I LY a l l ’a u to c a r r o S T R A L I S – of f r e i nf a t t i s o l u z i o n i
s u m i s u r a e q u i n d i d av ve r o co nve n i e n t i p e r og n i i n c a r i co d i t r a s p o r to . Pe r og n i c a r i co
e og n i d e s t i n a z i o n e , I ve co co nv i e n e s e m p r e .
I V E CO (Sv i z ze r a) S A , O b e r fe l d s t r a s s e 16 , 83 0 2 K l o t e n , t e l . 0 4 4 8 0 4 7 3 7 3 , w w w. i ve co . c h
La Rivista
Motori
di Graziano Guerra
Della serie modelli speciali
Nissan Juke Nismo 1.6 DIG-T M-CVT
In prova la ALL MODE 4x4i da 200 CV
Allo stile anticonformista della Juke, Nismo infonde il suo
DNA sportivo. I profili rossi sulla parte inferiore dell’auto
e le calotte rosse degli specchi esterni sono la firma di
NISMO, che sta per Nissan Motorsports International Co.
Ltd, la divisione della Casa che per gli sport automobilistici.
La Juke Nismo è prodotta a Sunderland in Inghilterra, e lo
speciale design ha richiesto alcuni interventi di modifica
all’impianto per costruire i paraurti e altri elementi aerodinamici. La livrea dell’originale crossover compatto si distingue per un design all’insegna della praticità piuttosto che
alla moda, mentre ogni nuovo elemento Nismo introdotto
concorre a migliorare le prestazioni del veicolo. I paraurti scolpiti e le minigonne laterali del modello di serie sono
stati rimodellati, per ottimizzare l’aerodinamica. Gli interni
rispondono alle esigenze del conducente, in puro stile racing. Sedili, strumenti, volante, cambio, pedaliera e finiture
creano un ambiente orientato al piacere sportivo. I sedili
anteriori in camoscio offrono un eccellente sostegno laterale, e, il volante rivestito di pelle e alcantara, con una
tacca rossa sulle ore 12 sottolinea il Dna sportivo. Sotto al
cofano scalpita il sofisticato quattro cilindri benzina 1,6 litri
turbocompresso a iniezione diretta DIG-T (Direct Injection
Gasoline Turbocharged) in versione Nismo, con una potenza
che sale rispetto alla variante standard, senza compromettere emissioni ed efficienza, e passa da 190 a 200 CV. In
comune con la Juke 4WD di serie, la Nismo a quattro ruote
motrici monta l’innovativo sistema Nissan TVS (Torque Vectoring System). La ripartizione della coppia non è più solo
fra le ruote anteriori e posteriori - fino a un massimo del
50:50 - ma anche fra i due lati dell’assale di coda. Il controllo aumenta con il sistema NDCS (Nissan Dynamic Control
System), una sofisticata centrale di comando che consente
al guidatore di definire le impostazioni dinamiche dell’auto, e di intervenire sulle principali funzioni di bordo, come
il climatizzatore. L’evoluto sistema di infotainment, Nissan
Connect, include un touchscreen da 5,8” e tante utili funzioni, come la tecnologia “Send to Car” di Google. Su strada
mostra un carattere molto sportivo, l’acceleratore risponde
prontamente e il sound del motore è emozionante. In curva,
anche grazie ai nuovi cerchi in lega da 18” dal singolare
disegno a diamante, l’auto è incollata al suolo. Lo sterzo è
preciso. L’assetto è un po’ rigido, ma offre un confort più
che accettabile e un buon mix fra macchina da usare tutti
i giorni e una da competizione. Il cambio sequenziale CVT a
7 rapporti non è fra i più silenziosi. In Svizzera Juke Nismo
è disponibile nelle versioni a due ruote motrici con cambio
manuale a 6 rapporti (34’400 franchi), e ALL MODE 4x4i
(37’800.-) con cambio sequenziale a 7 marce X-Tronic CVT.
Dati tecnici
Modello: 5 porte
Motore: 1618cc, 4 cilindri in linea, benzina a iniezione diretta sequenziale ad alta pressione
Potenze: 200 CV a 6000 giri/minuto; coppia: 250Nm a
2400-4800 giri/minuto
Cambio: XTRONIC CVT-M7 (versione 2WD manuale a 6 marce)
Sospensioni: anteriori indipendenti MacPherson, molle
elicoidali; posteriori Multilink
Impianto frenante: dischi ant. ventilati, servoassistito, ABS
con EBD e sistema di assistenza alla frenata (Brake Assist)
Cerchi e pneumatici: 18” x 7”/ 225/45 R18
Dimensioni (mm): lunghezza 4165, larghezza 1770; h 1565
Peso (Kg): 1430 (2WD - 1293)
Capacità serbatoio (l): 50
Consumo carburante l/100 Km (Normativa 1999/100/EC.):
urbano 9,8; extraurbano 6.0; ciclo combinato 7,4.
Emissioni CO2 ciclo combinato (g/km): 169
Accelerazione 0-100 km/h (sec): 8,2
Velocità massima dichiarata (km/h): 200
Prezzo: CHF 37’800 (34’400 versione 2WD)
marzo 2014 La Rivista - 73
La Rivista
Auto Moto
News
84° Salone
500L Beats Edition
Internazionale
e la nuova gamma
dell’Automobile di 2014 di 500L
tecnologia e look
Ginevra Debutta la nuova Alta
metropolitano
Jeep Cherokee con cambio
automatico a 9 rapporti
Il modello è stato completamente riprogettato,
nuovo il design e notevoli le innovazioni tecniche.
La Cherokee, sottoposta al crash test Euro NCAP ha totalizzato 5 stelle, con questo risultato diventa la più sicura della sua
categoria. Alla quarta generazione, la Cherokee completamente
nuova è disponibile in Svizzera con il motore a benzina, mentre
la variante diesel arriverà a maggio. La nuova generazione sarà
a due ruote motrici con trazione anteriore come pure con due
innovativi sistemi di trazione integrale. Jeep Cherokee è il primo
Medium SUV con dispositivo di disconnessione dell’asse posteriore, un sistema che consente di ridurre le perdite di energia
e di passare in modo fluido dalla trazione a due ruote a quella
integrale, e di assicurare la gestione permanente della coppia
senza intervento da parte del conducente. In Europa la nuova
gamma sarà disponibile con tre motorizzazioni: un efficiente
turbo diesel Multijet II 2.0 da 170 CV, abbinato al nuovo cambio
automatico a 9 rapporti, una versione da 140 CV con cambio
manuale a 6 rapporti e il V6 Pentastar a benzina da 3,2 litri, in
combinazione con il nuovo automatico a nove marce.
Il cambio automatico a nove rapporti assicura cambi marcia
eccezionalmente morbidi, garantisce una migliore accelerazione, emissioni ridotte e maggior efficienza nei consumi. Inoltre,
offre un’aggressiva capacità di ripresa e un’erogazione fluida
della potenza alle velocità autostradali. La nuova Cherokee è
dotata di intelligenti dispositivi high-tech e di sistemi di ultima
generazione, intuitivi e di facile utilizzo, in grado di garantire il
massimo comfort e il miglior intrattenimento a bordo. Il monitor
da 17,8 pollici fornisce al guidatore tutte le informazioni di base
sulle condizioni di funzionamento del veicolo ed è configurabile in base alle preferenze dello stesso. Sono selezionabili 100
indicazioni, dalla modalità di controllo della trazione al Selec
Terrain, alla navigazione satellitare, dal controllo della velocità
al semplice ascolto della musica.
74 - La Rivista marzo 2014
Nel 2013 la gamma 500L ha scalato le classifiche di
vendita in Europa diventando in pochi mesi la prima
del suo segmento con il 17,2% di quota mercato.
È ora in arrivo la nuova gamma 2014, che prevede una razionalizzazione dell’offerta e interessanti novità di prodotto, come
l’inedito colore Blu Venezia, la nuova selleria in tessuto o in pelle e nuovi accessori. Sono previste anche nuove motorizzazioni
da 120 CV: il turbodiesel 1.6 Multijet II, dotato di turbocompressore a geometria variabile di piccole dimensioni sviluppato
da Honeywell; il benzina 1.4 T-Jet, e tra breve il propulsore 1.4
Turbo GPL green. Gli esclusivi accessori Mopar per le nuove versioni, e tutta la qualità dei servizi di assistenza, garanzie e piani
di manutenzione offerti dalla gamma Mopar Vehicle Protection,
completano un nuovo quadro ancora più allettante.
La Fiat 500L Beats Edition™, che nasce sulla base della Fiat
500L Trekking, è una serie speciale creata in collaborazione con
Beats by Dr. Dre, il marchio che dopo il successo negli USA si
sta rapidamente affermando in Europa. La Beats Edition è stata
dotata di un impianto audio che rivoluzionerà il modo di vivere la musica all’interno dell’auto. Rispetto alla 500L Trekking
accentua la sua anima urban offrendo il perfetto connubio tra
tecnologia e look metropolitano. Il suono firmato BeatsAudio
di altissima qualità saprà certamente conquistare anche il più
esigente degli appassionati di musica con una potenza totale
di 520 Watt, sei altoparlanti e un subwoofer. All’esterno si caratterizza per la raffinata livrea bicolore grigio/nero – vernice
opaca o lucida – impreziosita da elementi rossi e cromo-satinati per un look metropolitano e moderno. La stessa impronta si
ritrova all’interno, dove spicca l’ambiente ‘total black’, e i nuovi
rivestimenti in tessuto ed ecopelle di colore nero con cuciture
rosse. La 500L Beats Edition che adotta di serie la trazione anteriore intelligente con tecnologia Traction+, sarà disponibile
con due motori a benzina - 1.4 T-Jet da 120 CV e 0.9 TwinAir
Turbo da 105 CV - e due turbodiesel: 1.6 Multijet II da 105 CV e
il nuovo 1.6 Multijet II da 120 CV.
Stagione sportiva
Abarth 2014
Il Trofeo Abarth Europa
entra nel Campionato
Mondiale Turismo WTCC
Sarà più forte nel 2014 la presenza di Abarth nel
mondo delle competizioni, che s’impegnerà in campionati promozionali adatti alla formazione di giovani piloti, permettendo loro di esordire e di mettersi
in luce in un contesto internazionale, su circuiti prestigiosi, a prezzi accessibili e con vetture competitive.
Tra le principali novità la fornitura del motore 1,4 T-Jet Carter Secco da 160 CV per le monoposto della Formula 4 e la
nuova versione dell’Abarth 695 Assetto Corse, denominata
Evoluzione. Quest’ultima si affianca alle Abarth 695 Assetto
Corse e alle Abarth 500 Assetto Corse nei campionati italiani ed europei. Il Trofeo Abarth Europa compie quest’anno un
grande salto in termini di qualità e di visibilità. Condividerà
quattro eventi con la piattaforma del WTCC (Campionato
Mondiale Turismo) e dell’ETCC: Le Castellet in Francia, Salzburgring in Austria, Spa Francorchamps in Belgio e Pergusa
in Italia. Andrà in onda su Eurosport1 e Eurosport2, con il
meglio di ogni weekend di gara. Il prestigioso palcoscenico
permetterà ad Abarth di dare ampissima visibilità all’attività
Racing in tutta Europa: i fan del mondo delle competizioni
potranno seguire, da 59 differenti nazioni, il meglio dei sei
appuntamenti del Trofeo Abarth Europa con il commento in
lingua. Dopo cinque stagioni, la Marca si conferma ancora protagonista sulle piste, grazie a costi di gestione molto
contenuti e alle eccezionali prestazioni delle sue vetture.
Il calendario
Dopo i primi quattro appuntamenti su alcuni tra i più prestigiosi circuiti europei - il 20 aprile sul circuito francese
Paul Ricard; il 25 maggio si corre in Austria a Salisburgo,
il 22 giugno in Belgio a Spa-Francorchamps, il 13 luglio al
Mugello, il 28 settembre a Pergusa - la stagione del Trofeo
Abarth Europeo si conclude il 26 ottobre con l’ormai classica gara sul circuito di Monza. Il Trofeo Abarth Italia esordirà il 4 maggio a Vallelunga, per proseguire il 22 giugno a
Spa-Francorchamps, il 13 luglio al Mugello, il 28 settembre
a Pergusa, il 7 settembre a Varano e il 26 ottobre a Monza. Le quattro concomitanze tra le gare italiane ed europee
consentono ai piloti di partecipare a entrambe i campionati
di limitare le spese.
Gli altri campionati internazionali sono il Trofeo Abarth 500
Benelux, e il Trofeo Abarth 500 Scandinavia, che quest’anno
prevede, oltre alle competizioni sui circuiti svedesi, due gare
in Norvegia, dove il Trofeo Abarth approda per la prima volta.
I Trofei della stagione 2013, che hanno visto impegnati oltre
150 piloti, sono stati caratterizzati da un’età media molto
bassa: i primi 4 classificati dei trofei Abarth Europa e Italia,
ad esempio, erano tutti under 22.
Lancia si ritira dal mercato europeo
Marchionne l’aveva annunciato a gennaio, dichiarando
che solo in Italia, Lancia manteneva ancora un’interessante quota mercato. Fiat ha ora deciso il ritiro dai mercati
europei della Marca, sarà mantenuta la Ypsilon sul mercato
italiano. In Svizzera, nel 2013 la Marca aveva venduto 885
unità con una quota mercato dello 0,3%. Delta, Voyager,
Thema e Flavia Cabrio sono dunque destinate a scomparire dalle vetrine dei concessionari svizzeri, mentre la Ypsilon resterà in vendita minimo per ancora tre anni. Per i
concessionari non è ancora chiaro se al posto delle Lancia
potranno riprendere un altro marchio del Gruppo, come
Jeep o Abarth, l’importatore avrebbe comunque
consigliato di ridurre della
metà l’attuale superficie
espositiva di 140 mq.
Nella foto la Lancia Ypsilon, modello che sarà disponibile in Svizzera minimo per tre anni ancora.
marzo 2014 La Rivista - 75
La Rivista
Starbene
Il battito cardiaco
per generare energia
Il battito del cuore tradotto in energia: è il risultato ottenuto
grazie alle nanotecnologie, che promette di mandare in soffitta le batterie per i pacemaker e gli altri dispositivi impiantabili. Minuscoli nastri sono in grado di generare elettricità
convertendo in energia i movimenti di cuore, polmoni e diaframma. Descritto sulla rivista dell’Accademia di Scienze degli
Stati Uniti (Pnas), il risultato si deve a un gruppo coordinato
da John Rogers dell’Università americana dell’Illinois.
I primi test, incoraggianti, sono stati condotti su animali
che hanno organi di dimensioni confrontabili a quelle umane, come mucche, pecore e maiali. Sistemi per monitorare il
cuore, pacemaker, defibrillatori: sono tutti dispositivi medici
che per funzionare hanno bisogno di batterie che per essere
sostituite necessitano di interventi di chirurgia. Mezzi per la
raccolta di energia direttamente da processi naturali del corpo, dunque, rappresentano alternative interessanti per questi
e futuri tipi di dispositivi biomedici.
Il sistema è composto da nano-nastri di titanato zirconato di
piombo posti su una sottile pellicola di plastica su cui sono
installati anche rettificatori e microbatterie. Il sistema genera energia flettendosi grazie ai movimenti degli organi e la
immagazzina nelle microbatterie. Nei test il dispositivo ha
mostrato di riuscire a generare fino a 8 volt, sufficienti per far
funzionare un pacemaker cardiaco.
La sedia e la poltrona
sono nemici del cuore
Stare seduti più di 5 ore al dì raddoppia il rischio di arresto cardiaco negli uomini, perfino in quelli che fanno anche attività
fisica. Indossare le scarpette da corsa e muoversi con costanza
invece previene anche il cancro al rene. Lo dimostrano due nuove ricerche. La prima è pubblicata su Circulation: heart failure
dell’American heart association, ed è stata condotta dai ricercatori della Kaiser Permanente di Pasadena, California. Gli studiosi
hanno seguito circa 85.000 uomini, dai 45 ai 69 anni di età, che
non avevano problemi cardiaci, calcolando i livelli di allenamento e misurano la spesa energetica del corpo insieme ai livelli di
sedentarietà, calcolati in ore. In linea generale gli uomini che si
muovevano poco avevano un rischio di arresto cardiaco più alto
del 52% rispetto a chi invece era molto allenato.
Chi spendeva il tempo seduto più di 5 ore al giorno, oltre le
ore di lavoro, aveva un rischio più alto del 34% rispetto a chi
76 - La Rivista marzo 2014
invece non stava seduto per più di due ore al giorno. Il rischio
di attacchi di cuore raddoppia, infine, in chi sta seduto per 5
ore al giorno e fa anche poco movimento il resto del tempo,
rispetto a coloro che stanno poco seduti (massimo 2 ore al dì) e
fanno molto sport. Per prevenire problemi di cuore è necessario
adottare due approcci insieme, ricordano i ricercatori: alti livelli
di attività fisica ma anche stare lontani da sedie e poltrone il
resto della giornata.
La seconda ricerca, pubblicata sul numero di febbraio di Medicine and science in sport and exercise che gli dedica anche l’editoriale, dimostra che la corsa o le camminate a passo sostenuto
sono correlate con una incidenza di cancro al rene inferiore del
61% rispetto a chi non fa sport. La riduzione scende al 76,2%
se ci si allena più di 2 volte alla settimana e ad alti livelli. I dati
sono stati estrapolati dal National runners’ health study e dal
National walkers’ health study dai ricercatori della University of
California Berkeley. “È sempre un buon momento per correre o
camminare”, precisa Bruce Gladden, direttore della rivista che
firma l’editoriale.
La colazione
protegge dal diabete
Mai saltare la colazione, soprattutto da giovani. I teenager
che lo fanno, infatti, sviluppano più facilmente la sindrome
metabolica ed il diabete a 40 anni di età, rispetto ai ragazzi
che invece la fanno. Inoltre non basta mangiare solo qualcosa
di dolce, il primo pasto deve essere più ricco. Lo dimostrano i
ricercatori del dipartimento di medicina clinica e salute pubblica della Umea University, in Svezia, con uno studio pubblicato su Public Health Nutrition.
Gli studiosi hanno osservato per 27 anni lo stato di salute
e le abitudini di oltre 800 soggetti, sia quando avevano 16
anni di età che 43. “Le cattive abitudini a 16 anni predicono la
comparsa della sindrome metabolica durante l’età adulta, indipendentemente da altri fattori come lo stile di vita e l’indice
di massa corporea - spiegano gli autori -. Inoltre trascurare
la colazione durante l’adolescenza è risultato essere correlato
con un maggiore aumento di peso corporeo e un più elevato
livello di glucosio nel sangue da adulti”.
Andrea Vania, docente di pediatria alla Sapienza e consulente
per la nutrizione della Società italiana di pediatria, SIP ritiene
che: “le scelte alimentari intraprese in età infantile e durante
l’adolescenza hanno riflessi su tutta la vita futura, sia di ordine fisico che metabolico. La distribuzione in più pasti delle
calorie nella giornata è, infatti, un vantaggio sicuro dal punto
di vista della spesa delle calorie. Non si può fare il pieno come
le automobili, ciò che mangiamo in più viene accumulato, non
consumato. Gli spuntini, al contrario di quanto si crede, non
fanno ingrassare purché l’insieme dei pasti della giornata non
superi le calorie di cui abbiamo bisogno”.
“La colazione dei ragazzi italiani - aggiunge Vania - prevede soprattutto carboidrati, un po’ di proteine e pochi grassi.
Di questi zuccheri una parte deve essere semplice, come lo
zucchero bianco e quello del latte, una parte però deve essere
rappresentato dagli amidi, come biscotti o pane. I primi tamponano il digiuno notturno e aiutano le attività cerebrali, che
hanno bisogno di zucchero per lavorare, i secondi servono per
dare energia nell’arco della mattina”.
“Bere solo un bicchiere di latte o un succo di frutta - sottolinea
Vania - però non basta. A metà mattinata ci si ritrova in debito
di zuccheri. Vanno aggiunti biscotti o del pane e, se possibile,
un po’ di frutta.”.
I risultati dei test hanno mostrato che l’estratto di semi d’uva
non ha causato effetti collaterali sull’intestino sano a concentrazioni fino a 1.000 mg; ha diminuito sensibilmente il danno
intestinale da chemioterapia, rispetto alle cellule di controllo;
ha promosso una diminuzione dell’infiammazione indotta dalla
chemioterapia fino al 55% e, infine, ha aumentato del 26% gli
effetti inibitori della chemioterapia sulla crescita delle cellule
cancerose del colon. Ecco dunque come un prodotto naturale
considerato di scarto si possa invece dimostrare utile perfino
in un ambito di salute delicato come quello del cancro. E come
disse a riprova una ricercatrice statunitense poco tempo fa in
uno studio sulla placca arteriosa: «La Natura è più avanti di noi».
I semi d’uva contro
il cancro intestinale
La meditazione
consapevole aiuta a fare
scelte più intelligenti
Le chemioterapia, allo stato attuale, rimane ancora uno dei
trattamenti più praticati nella cura del cancro nelle sue varie
forme. Tuttavia, com’è purtroppo ben risaputo, non è priva di
effetti collaterali, anche gravi.
In certi casi non se ne però può fare a meno. E quando sia
questo il caso, si può se non altro cercare di ridurre al minimo
questi effetti avversi e, magari, riuscire anche ad aumentare
l’efficacia della cura: tutto questo, a quanto sembra, trova una
risposta nei semi d’uva che secondo uno studio dell’Università
di Adelaide (Australia) contengono delle sostanze attive utili in
tutte e due i casi. Sarebbero dunque i tannini e i polifenoli –
agenti antinfiammatori – contenuti nei semi d’uva a ridurre gli
effetti collaterali e ad aumentare l’efficacia della chemioterapia
utilizzata nel trattamento del cancro all’intestino, uno dei più
diffusi e piuttosto ostici da curare.
Secondo la dott.ssa Amy Cheah e colleghi, vi è un crescente
corpo di evidenze che attestano agli estratti di semi d’uva proprietà non solo antinfiammatorie, ma anche anticancro: per cui
se ne ottiene un doppio beneficio.
«Questo è il primo studio a dimostrare che i semi d’uva possono
aumentare la potenza di uno dei maggiori farmaci chemioterapici nella sua azione contro le cellule tumorali del colon – spiega
la dott.ssa Cheah – La ricerca ha anche mostrato che in studi di
laboratorio il vinacciolo assunto per via orale ha ridotto in modo
significativo l’infiammazione e danni ai tessuti causati dalla
chemioterapia nel piccolo intestino, e non ha avuto effetti dannosi sulle cellule non tumorali».
Lo studio, pubblicato su PLoS One, è stato condotto in laboratorio su colture di cellule tumorali del colon su cui sono stati
testati gli effetti di un estratto di semi d’uva, che è un sottoprodotto della vinificazione. Nello specifico, sono stati utilizzati tannini estratti dai semi d’uva liofilizzati e in polvere.
Bastano 15 minuti di meditazione Mindfulness (o Consapevolezza) per compiere scelte o prendere decisioni migliori, più
intelligenti.
Ad aver osservato la validità della Mindfulness anche nell’ambito
delle scelte che una persona può operare in diverse situazioni
di vita sono stati gli scienziati francesi dell’INSEAD (Institut Européen d’Administration des affaires) insieme agli statunitensi
della Wharton School of the University of Pennsylvania che hanno condotto uno studio i cui risultati sono stati pubblicati su
Psychological Science, una rivista della Association for Psychological Science.
Gli studiosi hanno constatato come le persone in genere hanno
difficoltà ad ammettere di aver sbagliato a prendere una decisione, specie iniziale, quando i risultati di una certa impresa o altro
non sono positivi o sono indesiderabili. Questo perché molti non
vogliono sentirsi inutili, sapere di aver fallito. Ironia della sorte,
è proprio questo tipo di pensiero che spesso induce le persone a
sprecare o perdere più risorse nel tentativo di riconquistare il loro
investimento iniziale o nel cercare di pareggiare i conti.
Una soluzione a questo genere di atteggiamento è stata trovata essere la Mindfulness, che fondandosi sulla consapevolezza
del momento presente, libera la mente da certi pensieri e può
contribuire a contrastare questa radicata tendenza e aiutare a
prendere decisioni migliori.
Al termine dello studio, i ricercatori hanno potuto rilevare come
le persone più tipicamente focalizzate sul momento presente,
ossia nella Consapevolezza, avessero riferito che avrebbero ignorato gli errori irrecuperabili, e gli eventuali investimenti perduti.
Questi stessi risultati positivi si sono mostrati anche quando gli
scienziati hanno ripetuto altri tre esperimenti, con maggiori difficoltà e costi.
marzo 2014 La Rivista - 77
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La Rivista
Mondo
in Fiera
Swissbau: arrivederci al 2016
Olio Capitale 2014, Fiera Trieste,
7 - 10 marzo.
Salone internazionale dell’olio
extravergine di oliva
Mecspe 2014: Fiera Parma, 27 - 29 marzo
Salone internazionale
della meccanica specializzata
Miart 2014: Fiera Milano, 28 - 30 marzo
Salone internazionale di arte e moda
contemporanea
Cosmoprof 2014: Fiera Bologna,
4 - 7 aprile
Salone internazionale della bellezza
Vinitaly 2014: Fiera Verona,
6 - 9 aprile 2014
Salone internazionale del vino
e dei superalcolici
marzo 2014 La Rivista - 79
La Rivista
Swissbau:
arrivederci al 2016
Il settore dell’edilizia e dell’amministrazione immobiliare conferma la sua solidità al giubileo della fiera Swissbau, dal
21 al 25 gennaio 2014
Si è conclusa il 25 gennaio
2014 la 23esima edizione di
Swissbau, una delle principali fiere europee dell’edilizia
e del settore immobiliare. La
manifestazione è considerata
da più di 40 anni il più importante punto d’incontro europeo del comparto e non ha
deluso nemmeno questa volta
le aspettative, permettendo
agli oltre 100’000 visitatori
di settore e privati interessati ai temi dell’edilizia di farsi
un’idea aggiornata e compatta su innovazioni, tendenze e
soluzioni.
80 - La Rivista marzo 2014
Swissbau, una storia di successo che ha
inizio con la Fiera di Basilea del 1974.
Swissbau è lo specchio del settore e
come tale nel corso degli ultimi 40
anni si è trasformata continuamente
sia concettualmente e a livello di contenuto che visualmente, adattandosi
alle mutevoli necessità di mercato.
La 23ª Swissbau ha convinto anche
nei numeri: su 140’000 metri quadrati di superficie, 1’152 espositori
provenienti da 15 paesi hanno presentato i loro prodotti e i loro servizi
nei quattro padiglioni tematici che
hanno spaziato quest’anno dalla progettazione alla pianificazione, dalla
costruzione grezza agli involucri edifici fino agli impianti tecnici e alla
finitura degli interni.
Nei padiglioni della fiera di Basilea si
è potuta percepire la consapevolezza
che qui era riunito un settore di grande rilevanza economica per il Paese.
Con un fatturato stimato intorno ai 58
miliardi di franchi, il settore edilizio si
dirige infatti verso nuovi livelli record.
Grazie all’importante contributo di
questo comparto, la congiuntura svizzera si trova in tal modo, nel suo insieme, sotto una buona stella. Il numero
dei posti di lavoro nel settore dell’edilizia, soprattutto nelle imprese di finitura, negli ultimi anni è costantemente
aumentato. Che però con Swissbau il
settore non abbia semplicemente voluto autocelebrarsi, ma che sia invece
alla ricerca di mezzi e vie nuove per
lo sviluppo sostenibile della Svizzera,
è dimostrato dai 1’100 espositori con
i loro prodotti e le loro prestazioni,
come pure dai dibattiti del Swissbau
Focus. Nelle oltre 50 manifestazioni
si è discusso e si sono cercati compromessi su temi in parte controversi quali
la strategia energetica 2050, la formazione, la compattezza e il ciclo vitale
degli immobili.
Non soltanto i visitatori e i rappresentati dei media di settore hanno lodato
l’edizione giubilare di Swissbau. Anche
gli espositori dei vari settori sono rimasti molto soddisfatti di come si è svolta la fiera, che si è confermata la più
importante piattaforma di contatti e
novità. È stato lodato soprattutto l’alto livello qualitativo dei visitatori. Gli
espositori dei nuovi padiglioni hanno
sfruttato le altezze messe a disposizione e sono riusciti a convincere il pubblico soprattutto con progetti di stand
raffinati e generosi, sottolineando così
l’alta reputazione dei propri prodotti
e dei propri servizi. Nell’ambito della
La Rivista
finitura degli interni hanno segnato
punti a proprio favore i settori Tendenze bagno e cucina, mettendo di nuovo
in scena scenari mozzafiato.
Delegazione di aziende italiane
La Camera di Commercio Italiana per
la Svizzera ha organizzato quest’anno per la prima volta una delegazione
di aziende che hanno visitato la fiera nella giornata di orientamento sul
mercato svizzero per imprese italiane
del comparto sistema. Opportunità
destinata alle aziende leader del settore, ha suscitato grande interesse fra
tutti gli invitati, di questi sono state
selezionate 13 aziende leader nei settori delle pietre naturali, dell’edilizia,
del bagno e della cucina. Le imprese
sono state ospiti degli organizzatori
della fiera e hanno assistito, dopo i
saluti ufficiali di Rudolf Pfander – Direttore di Swissbau – e di un delegato del consolato di Basilea, a diverse
relazioni circa il mercato svizzero, le
normative doganali e regolamentazione delle spedizioni per l’esportazione e una relazione da parte della
SIA, Società Svizzera degli Ingegneri
e Architetti, la quale ha presentato la
sua attività. La giornata si è conclusa quindi nella Lounge SIA presso il
Swissbau Focus.
su www.swissbau.ch/eventreport.
L’elenco online www.swissbau24.ch
offre un aggiornamento completo e
continuo di espositori e prodotti. E
il dibattito attorno alle costruzioni e
alle ristrutturazioni sostenibili continuerà naturalmente anche nelle prossime settimane e nei prossimi mesi sul
swissbau.ch/blog.
Per coloro i quali volessero presenziare alla prossima edizione della fiera
leader della scena edilizia, energetica
e architettonica, segnaliamo le prossime date della manifestazione: 19 – 23
gennaio 2016.
Piattaforma digitale
Chi quest’anno non è potuto venire a
Basilea, ma desidera rivedere ciò che
è avvenuto o usare l’elenco aggiornato degli espositori e dei prodotti, può
usare la piattaforma di sapere digitale
della Swissbau. Per tutte le manifestazioni sono stati prodotti i cosiddetti eventreports con testi, video-interviste e presentazioni. Li potrete trovare
marzo 2014 La Rivista - 81
La Rivista
Olio Capitale 2014:
Fiera Trieste,
7 - 10 marzo
Salone internazionale
dell’olio extravergine di oliva
Olio Capitale si prepara a replicare il successo dello scorso
anno con una nuova edizione.
L’appuntamento con l’ottavo
Salone degli Oli Extra Vergini
Tipici e di Qualità è fissato dal
7 al 10 marzo 2014 nelle prestigiose sale della Stazione Marittima di Trieste ed organizzato
dalla Camera di Commercio di
Trieste tramite l’Azienda Speciale Aries.
Una location d’eccezione, completamente affacciata sul mare, che rimarca l’importanza di inserire un evento
come Olio Capitale, il quale si conferma l’unico salone italiano dedicato
esclusivamente all’olio extra vergine
d’oliva, nel cuore pulsante della città, permettendo così ai partecipanti
di coniugare la bontà dell’olio con la
bellezza di Trieste.
Confermata la formula vincente che
da sempre contraddistingue la manifestazione: incontri B2B tra espositori
e professionisti del settore, ma anche
promozione e possibilità di vendita agli appassionati che partecipano
sempre numerosi. Una fitta agenda di
incontri d’affari con operatori esteri è
prevista per gli espositori, che avranno
82 - La Rivista marzo 2014
così la possibilità di far provare direttamente il proprio olio e dimostrarne
la qualità.
Ancora una volta ad essere protagonista della fiera che nel 2013 ha registrato oltre 10mila visitatori provenienti da ben 26 nazioni, sarà infatti
l’eccellenza, soprattutto quando certificata da marchio di qualità come Dop
e IGP. Oggi, infatti, le denominazioni
di origine e le certificazioni di qualità
stanno diventano il principale strumento di garanzia delle migliori produzioni alimentari del made in Italy
nel mondo.
Come sempre ampio spazio verrà dato
alla “cultura dell’olio”, grazie a incontri tematici, conferenze ed iniziative di
ampio respiro.
Numerosi gli spazi espositivi già assegnati, mentre continua a crescere l’attenzione da parte delle più interessanti aziende del settore oleario italiane
ed estere intenzionate a non perdere
un’occasione rilevante per aggredire
nuovi mercati e promuovere i propri
prodotti in un contesto dal profilo elevato come Olio Capitale.
La fiera è infatti ormai nota in tutto il
mondo, come dimostra la partnership
con l’Italian Olive OilDay, l’importante
evento interamente dedicato all’olio
d’oliva che si terrà a Tokyo il 17 maggio 2014 permetterà di promuovere
Olio Capitale anche su un mercato
dinamico come quello dell’Estremo Oriente, il quale sta dimostrando
un’attenzione crescente alla qualità e
alle proprietà salutari dell’extra vergine. Viene, invece, dal Brasile la nomina
de primi Ambasciatori di Olio Capitale,
che promuoveranno l’olio extra vergine italiano di qualità attraverso la rete
delle ristorazione italiana nel mondo a
partire proprio dal Sud America.
Per ulteriori informazioni:
Camera di commercio italiana
per la Svizzera
Ufficio di Ginevra
Rue du Cendrier 12/14
Case postale – 1211 Genève 1
Tel: 0041 (0) 22 906 85 95
Fax: 0041 (0) 22 906 85 99
Sito web: www.ccis.chù
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La Rivista
Mecspe 2014:
Fiera Parma,
27 - 29 marzo
Salone internazionale
della meccanica specializzata
Prosegue la strada della ripresa
del settore manifatturiero: arrivano infatti, per il comparto
che rappresenta l’anima della
produzione del nostro paese, i
primi segnali positivi. Secondo
i dati Confindustria, a settembre si è registrato un aumento
del clima di fiducia di 3 punti
percentuali grazie ad un giudizio più favorevole sul livelli di
produzione e ordini.
Leggero aumento anche per la produzione che è cresciuta dello 0,2%
rispetto ad agosto.Un segnale benaugurante per le piccole e medie imprese del manifatturiero che sono alla
ricerca di occasioni per implementare
il proprio business, le quali trovano in
MECSPE (Fiere di Parma, 27 – 29 marzo) un momento di incontro e confronto in cui ricercare partner produttivi e
potenziali clienti, come conferma una
rilevazione interna da cui emerge che
il 77% degli espositori partecipa alla
manifestazione per attivare nuovi rapporti commerciali.
Anche per il 2014, MECSPE rinnova la
propria vocazione ad essere un momento di incontro e di rilancio per le
pmi della meccanica e della subfornitura, riconfermando l’opinione del
92,8% degli espositori che hanno valutato positivamente i contatti generati e sviluppati in fiera. L’area espositiva sarà articolata in sette Saloni tra
loro indipendenti, ma allo stesso tempo complementari che rappresentando
l’intera filiera produttiva, generano
un matching interno tra gli espositori
delle diverse aree. Inoltre, all’interno
dei Saloni, saranno numerose le aree
dimostrative che mostreranno dal vivo
innovative lavorazioni, grazie alla presenza di macchinari in funzione, mentre università, associazioni, distretti
tecnologici e aziende metteranno in
mostra la loro expertise nelle Piazze
dell’eccellenza.
I 7 saloni di MECSPE:
Macchine e Utensili – macchine utensili, utensili e attrezzature; Eurostampi – il mondo degli stampi e dello
stampaggio; Plastix Expo - il mondo
della lavorazione delle materie plastiche; Subfornitura – la più grande fiera italiana per le lavorazioni in conto
terzi; Motek Italy – l’automazione, la
robotica e le trasmissioni di potenza; Control Italy – la metrologia e la
qualità; Logistica – i sistemi per la gestione della logistica, le macchine e le
attrezzature.
I numeri dell’edizione 2013
28.307 visitatori, 1.023 espositori,
5 Unità Dimostrative, 26 isole di lavorazione, 11 quartieri tematici, 10
piazze d’eccellenza, 15 convegni e 90
momenti di miniconferenze organizzati da aziende, università e istituti di
ricerca.
Per ulteriori informazioni:
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marzo 2014 La Rivista - 83
La Rivista
Miart 2014:
Fiera Milano,
28 - 30 marzo
Salone internazionale di arte e moda
contemporanea
Saranno 148 le Gallerie internazionali d’arte moderna, contemporanea, design che miart 2014
presenterà dal 28 al 30 marzo nel
padiglione3 di fieramilanocity:
60 saranno estere, provenienti
da 20 Paesi del mondo, e rappresenteranno il 45% delle partecipazioni alla fiera, diretta da
Vincenzo de Bellis e organizzata
da Fiera Milano.
Quattro le sezioni di questa diciannovesima edizione: Established (suddivisa
al suo interno in Master con una selezione di 42 gallerie che propongono
gli artisti storicizzati, Contemporary
dedicata a 64 gallerie specializzate
nel contemporaneo); Emergent per 20
gallerie d’avanguardia focalizzate sulla ricerca sui giovani artisti; THENnow
presenta, su invito, 18 gallerie nelle
quali sono messi a confronto un artista
storico e uno appartenente a una generazione più recente; Object dedicata
ad unaselezione di 10 gallerie attive
nella promozione di oggetti di design
contemporaneo concepiti in edizione
limitata e fruiti come opere d’arte.
Conflux è una nuova piattaforma, che
propone 5 diversi progetti - site-specific, di artisti contemporanei internazionali - rappresentati da importanti gallerie provenienti dall’America
Latina, Medio Oriente, Stati Uniti ed
Europa.
Milano, durante miart, rivela in tutta la
sua pienezza il ruolo di capitale d’arte e
innovazione, di cultura e avanguardia,
di tradizione e sperimentazione.
Non solo, ma dimostra anche agli artisti,ai galleristi e al pubblico internazionale la sua straordinaria capacità
di fare sistema e di creare sinergie tra
spazi pubblici e privati, unendo per un
weekend negli stessi luoghi il pubblico
gli appassionati e i buyers, gli artisti e i
critici, in una grande festa che non farà
che confermare la dimensione internazionale di Milano.
Un nuovo ciclo di miartalks, in collaborazione con il Goethe-Institut Mailand,
accompagnerà i giorni della fiera con
una piattaforma per 14 interventi tra
conferenze e seminari.
Per ulteriori informazioni:
Camera di commercio italiana
per la Svizzera
Ufficio di Ginevra
Rue du Cendrier 12/14
Case postale – 1211 Genève 1
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Fax: 0041 (0) 22 906 85 99
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84 - La Rivista marzo 2014
La Rivista
Cosmoprof 2014:
Fiera Bologna,
4 - 7 aprile
Salone internazionale della bellezza
La prossima edizione di Cosmoprof Bologna ospiterà, come di
consueto, Cosmopack, il salone
dedicato alla filiera produttiva.
La 46° edizione di Cosmopack ha
celebrato Bologna come prima
capitale del packaging del mondo
cosmetico. I contenuti creativi, i
prodotti presentati e le formule
innovative fanno di questo “show
nello show” un evento unico.
Cosmopack racchiude, infatti, in
un unico grande hub tutta la filiera
dell’industria cosmetica, dalle materie prime ai macchinari dal packaging più innovativo alle texture più
performanti. La prossima edizione di
Cosmopack registra un’importante
novità: la manifestazione sarà inaugurata il 2 aprile, due giorni prima
di Cosmoprof Worldwide Bologna per
aiutare i visitatori internazionali ad
ottimizzare la visita della più grande
manifestazione al mondo dedicata
alla bellezza e consentire agli espositori di godere di maggiore visibilità, con la garanzia della presenza di
buyer e stampa internazionali.
Anche per il 2014 sono previsti
grandi eventi e installazioni. Dopo
il successo di “The Lipstick Factory”,
la speciale iniziativa che ha riunito,
nella scorsa edizione, l’intera filiera
della produzione del rossetto, sarà
realizzata una nuova installazione,
un nuovo viaggio nell’eccellenza
mondiale dell’intero comparto: the
powder factory. Un affascinante
viaggio nello sviluppo e nella produzione di uno dei primi prodotti
cosmetici, dalla produzione al confezionamento. Cosmopack è impegnata inoltre nella sostenibilità: le ciprie
compatte prodotte durante la manifestazione saranno a impatto zero.
Non mancheranno inoltre gli appuntamenti congressuali e gli incontri racchiusi nell’area Trend Forum, con focus sulle tendenze, sulle
nuove prospettive di questo settore
e in particolare sul mondo delle materie prime.
Anche per la prossima edizione il
prezioso International Buyer Program, costituirà uno dei progetti più
importanti al servizio di visitatori
ed espositori. Saranno infatti invitati oltre 260 buyer provenienti da
tutto il mondo, che incontreranno
più di 540 espositori internazionali.
Cosmoprof si conferma una piattaforma di business completa e innovativa per il settore, rivolta a tutti i
canali distributivi. Un’occasione per
le aziende di aumentare la riconoscibilità del loro marchio, sostenere il
lancio di nuovi prodotti e svelare le
ultime novità e tendenze.
Un’edizione da non perdere dove le
tendenze capelli saranno svelate negli spettacolari show On Hair, che
ospiteranno professionisti mondiali
del settore, e durante i workshop di
Hair Forum dedicati all’acconciatura.
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marzo 2014 La Rivista - 85
La Rivista
Vinitaly 2014:
Fiera Verona,
6 - 9 aprile 2014
Salone internazionale del vino
e dei superalcolici
Ad un mese dalla sua inaugurazione, il 48° Vinitaly fa già
registrare un record, con il superamento, per la prima volta
nella storia della manifestazione, dell’asticella dei 100.000
metri quadrati netti venduti.
È il risultato dell’allestimento
del padiglione ‘i’ per ospitare
Vininternational, il nuovo salone riservato agli espositori
esteri e dell’ampliamento del
padiglione A.
Nonostante ciò, il più grande salone
internazionale dedicato al vino (www.
vinitaly.com), in programma dal 6 al 9
aprile 2014, ha avuto richieste di partecipazione che superano anche quest’anno le aree disponibili, per un sold out che
premia l’impegno dell’organizzazione a
migliorare e aumentare di anno in anno
i servizi e le opportunità commerciali per
gli espositori e gli operatori in visita.
Notevole l’investimento – un milione di
euro – per promuovere Vinitaly all’estero e per l’incoming di buyer a Verona
durante la manifestazione, in particolare dai Paesi indicati dagli espositori
nell’indagine realizzata dopo Vinitaly
2013: Giappone, Germania, Nord Europa, Nord America, Russia e Cina sono
stati i mercati più richiesti, ma delegazioni arriveranno anche da Svizzera,
Austria, Gran Bretagna, Slovenia, Croazia, Romania, Bulgaria, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Svezia, Danimarca,
Ungheria, Portogallo, Repubblica
Ceca, India, Estremo Oriente, Taiwan,
Hong Kong, Corea del Sud, Australia,
Sud Africa, Israele, Camerun, Messico,
Ucraina, Estonia, Lettonia, Lituania,
Finlandia. Espressamente dedicato agli
incontri d’affari il nuovo spazio denominata International Buyers’ Lounge,
collocato nel Centro servizi Castelvecchio tra i padiglioni 2 e 3. Coinvolti i
consorzi di tutela e le singole aziende
espositrici da una parte (per un totale di un centinaio di partecipanti) e i
buyer esteri dall’altra. Due le iniziative:
Taste and Buy, per il b2b wine&spirit
dove, sulla base di appuntamenti organizzati da Vinitaly con operatori esteri
selezionati, avviare scambi commerciali, e l’enoteca dell’International Buyers’
Club, a disposizione di tutti gli operatori esteri presenti in fiera con degustazione libera di vini appositamente
selezionati dalle aziende per i mercati
internazionali. Di sicuro interesse per i
visitatori esteri anche il nuovo salone
Vinitalybio (padiglione 11), organizzato
in collaborazione con Federbio e pensato per dare visibilità ai vini biologici certificati, capaci di alimentare un
interesse crescente in particolare tra
i consumatori del Nord America, del
Nord Europa e dell’Estremo Oriente.
In contemporanea con Vinitaly si svolgono altre due esposizioni: Sol&Agrifood, la rassegna dell’agroalimentare di
qualità, ed Enolitech, che oltre ai mezzi
tecnici per la produzione di vino e olio
extravergine di oliva propone bicchieri,
accessori e attrezzature per la cantina e
l’enoteca presentati dalle più prestigiose
aziende del mondo.
Per ulteriori informazioni:
Camera di commercio italiana
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Ufficio di Ginevra
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86 - La Rivista marzo 2014
La Rivista La Rivista
Mondo
in Camera
La CCIS al Sirah Genève
Savona alla FESPO 2014 di Zurigo
Anteprima zurighese per i vini di Alba
Langhe e Roero
Non solo Barolo Barbaresco
In vetrina a Losanna
Sicilia, l’isola dei sapori
Contatti commerciali
Servizi camerali
marzo 2014 La Rivista - 87
La Rivista
Savona
alla FESPO 2014
di Zurigo
La provincia di Savona è stata
presente alla “FESPO”, la principale fiera turistica svizzera,
che ha avuto luogo a Zurigo
dal 30 gennaio al 2 febbraio, che ha contato quest’anno
oltre 65’000 visitatori. Allo
stand della Camera di Commercio di Savona - LIGURIA
Italian Riviera, organizzato in
collaborazione con la Camera di Commercio italiana per
la Svizzera, i visitatori hanno
avuto la possibilità di conoscere la variegata ed eccellente
offerta del territorio della riviera ligure.
88 - La Rivista marzo 2014
A Zurigo erano presenti il Consorzio
Riviera di Ponente, che riunisce le reti
Un Mare di Shopping (Alassio), Quattro Borghi (Finale Ligure, Noli, Borgio
Verezzi) e Rete Qui di Laigueglia; il Laboratorio del Gusto e dell’Ospitalità
di Varazze; la società Pria Project di
Pietra Ligure, l’Associazione Albergatori Varazze e l’Unione Provinciale
Albergatori di Savona, come capofila
di un gruppo di operatori dell’intero
territorio provinciale.
Un’occasione per fare o approfondire
la conoscenza con un territorio adagiato fra il blu del mare e il verde della
cornice collinare, per degustare alcuni
dei suoi prodotti tipici quali olio d’oliva, chinotto e vino, ma anche l’opportunità di sfidare la sorte partecipando
al concorso, che quotidianamente ha
messo in palio due week-end (pernottamento e colazione) in una delle
strutture presentate in fiera.
Enogastronomia e attività outdoor. È
quello che chiedono principalmente
i turisti che, numerosi – partecipando con entusiasmo al concorso che
quotidianamente ha messo in palio
un soggiorno in una struttura della
provincia -, hanno visitato lo stand
degli operatori savonesi, presenti al
Fespo di Zurigo la scorsa settimana
svizzeri, alla provincia di Savona. C’è
soddisfazione tra gli operatori che
dal 30 gennaio al 2 febbraio hanno
partecipato al Fespo di Zurigo, la più
importante fiera in Svizzera dedicata
al turismo e all’accoglienza. La “missione” a Zurigo è stata organizzata
dalla Camera di Commercio di Savona,
La Rivista
in collaborazione con l’Amministrazione provinciale e con la Camera di
Commercio Italiana per la Svizzera. A
Zurigo erano presenti il Consorzio Riviera di Ponente, che riunisce le reti
Un Mare di Shopping (Alassio), Quattro Borghi (Finale Ligure, Noli, Borgio
Verezzi) e Rete Qui di Laigueglia; il
Laboratorio del Gusto e dell’Ospitalità di Varazze; la società Pria Project
di Pietra Ligure e l’Unione Provinciale
Albergatori di Savona, come capofila
di un gruppo di operatori dell’intero
territorio provinciale. E, al rientro, ci
sono i primi commenti.
“C’è stata una buona affluenza allo stand
di Zurigo – spiega Alberto Orso presidente
di Upa Service – soprattutto da parte di
famiglie. Abbiamo scoperto che la nostra
provincia è ancora poco conosciuta. I visitatori hanno chiesto informazioni e annotato i contatti proposti. Quindi diventa
fondamentale attivare un’efficace politica di marketing che renda più visibile la
nostra offerta e agire in rete, promuovendo l’intero territorio”.
Tra le richieste dei visitatori ci sono
quelle relative alle possibilità di fare
escursioni in barca o sui sentieri
dell’immediato entroterra; altrettanto
importante per i turisti svizzeri è l’enogastronomia e l’offerta di prodotti
tipici costituiscono.
Gli svizzeri rappresentano l’11% dei
turisti stranieri in Liguria, e quasi la
metà, il 42%, sceglie le strutture alberghiere della provincia di Savona. ”Il
nostro obiettivo è quello di incrementare questa percentuale - conclude Orso
-, partendo da alcuni punti fermi. Tutte
le persone che venivano allo stand conoscevano la 24 ore di mountain bike
o le palestre di roccia del Finalese prosegue Orso – attività ampiamente
promosse in questi anni. Dobbiamo
promuovere allo stesso modo tutte le
altre peculiarità del nostro territorio,
come il surf che è possibile praticare
nel nostro mare, i percorsi naturalistici
ed enogastronomici. Ormai la semplice
camera d’albergo non basta più, è un
aspetto che viene preso in considerazione dopo aver fatto la scelta della
vacanza: serve un’offerta più ricca e
complessa, a costi sostenibili”.
marzo 2014 La Rivista - 89
La Rivista
Non solo
Barolo e Barbaresco
Anteprima zurighese
per i vini di Alba Langhe e Roero
La consueta prestigiosa cornice dei saloni del Baur au lac
di Zurigo a far da scenario, lo
scorso 27 gennaio, all’anteprima
mondiale – come ha puntualmente sottolineato il direttore
del Consorzio Andrea Ferrero delle nuove annate di Barolo e
Barbaresco che si apprestano ad
entrare sul mercato.
Giunto alla sua 13a edizione, quello
voluto dal Consorzio di Tutela e organizzato dalla Camera di Commercio
Italiana per la Svizzera, è un appuntamento diventato una consuetudine
pressoché irrinunciabile: per conoscere le caratteristiche di quelli che sono
tradizionalmente considerati i due
rappresentanti nobili dell’enologia italiana, e, al contempo, per degustare gli
altri vini (sono 13 quelli rappresentati
dal Consorzio) di una regione particolarmente vocata com’è quella di Alba
Langhe e Roero.
Introdotto dalla presentazione dal direttore del Consorzio Andrea Ferrero,
l’incontro ha preso avvio con il Wine
Test Esperience, durante il quale ad un
gruppo di giornalisti e di professionisti
del settore, oltre alla caratteristiche
90 - La Rivista marzo 2014
La Rivista
dei vini proposti in degustazione (tre
Barolo e altrettanti Barbareschi) sono
state illustrate anche le caratteristiche dei territori dei quali questi vini
rappresentano alcune delle massime
espressioni enologiche.
A seguire e per tutto il pomeriggio il
costante fluire di pubblico ha consentito l’atteso confronto fra i produttori,
gli importatori e una nutrita schiera di
appassionati. Un flusso ininterrotto di
raffinati cultori del nettare di Bacco,
che hanno discusso, degustato e, senza dubbio, apprezzato i vini proposti.
Barolo e Barbaresco, naturalmente,
ma anche Roero, Dolcetto, Nebbiolo,
Barbera fra i rossi, Arneis e Moscato
principe designati fra i bianchi.
Solo aggettivi di segno positivo: per
sottolineare i vini presentati, ma anche per ribadire le legittime attese
alimentate dall’andamento delle ultime annate, comprese quelle che
usciranno fra due (per il Barbaresco)
o tre anni (per il Barolo) dall‘ultima
vendemmia e dal riscontro fornito
dai segnali di un mercato che, seppur
ancora memore delle ferite causate
dalla crisi, vanno letti con ragionevole ottimismo. Giustificato, in modo
particolare, per quanto concerne la
Confederazione elvetica, che, come
confermano i produttori e il direttore
del Consorzio, si conferma come un
mercato di insostituibile rilevanza per
i vini di Langa e Roero.
PRODUTTORI PIEMONTESI PRESENTI A ZURIGO,
BAUR AU LAC, 27 GENNAIO 2014
1.
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ABBONA ANNA MARIA FARIGLIANO
ADRIANO MARCO E VITTORIO ALBA
ALARIO CLAUDIO DIANO D’ALBA
ALESSANDRO VEGLIO LA MORRA
ANSELMA GIACOMO SERRALUNGA D’ALBA
BRICCO MOLLEA VICOFORTE
BUSSIA SOPRANA MONFORTE D’ALBA
CA’ ROME’ BARBARESCO
CAGLIERO BAROLO
CANTINA DEL GLICINE NEIVE
CANTINA DEL NEBBIOLO VEZZA D’ALBA
CASCINA SASSI NEIVE
CRISSANTE ALESSANDRIA LA MORRA
ELLENA GIUSEPPE LA MORRA
ERALDO REVELLI FARIGLIANO
F.LLI FERRERO DI RENATO FERRERO LA MORRA
FILIPPINO NEIVE
GIORDANO LUIGI GIUSEPPE BARBARESCO
LA BIOCA MONFORTE D’ALBA
LANO GIANLUIGI ALBA
LE STRETTE NOVELLO
MONCHIERO FRATELLI CASTIGLIONE FALLETTO
PELASSA DANIELE MONTA’ D’ALBA
RIVETTI MARIO ALBA
ROSORETTO CASTIGLIONE FALLETTO
SUKULA SERRALUNGA D’ALBA
TENUTA L’ILLUMINATA LA MORRA
TENUTA ROCCA MONFORTE D’ALBA
TENUTA SAN MAURO CASTAGNOLE LANZE
VOERZIO ALBERTO LA MORRA
CA’ DI TULIN CISTERNA D’ASTI
PODERI MOREETTI di Moretti Francesco MONTEU ROERO
marzo 2014 La Rivista - 91
La Rivista
La CCIS
al Sirah Genève
Si è svolta presso il Palexpo di Ginevra
dal 26 al 28 gennaio la terza edizione
del Sirha Genève, il Salone dedicato
ai professionisti svizzeri e francesi del
settore alberghiero, della ristorazione
e della gastronomia. Il bilancio è stato
molto positivo: con quasi 200 espositori
e all’incirca 10 000 visitatori sono stati
raggiunti gli obiettivi che l’ente fieristico francese che gestisce il salone, GL
Events, si era preposto.
Durante i tre giorni di fiera, si sono svolti
tre concorsi : la “European Pastry Cup”,
che ha decretato il Regno Unito quale
Paese vincitore per la migliore pasticceria in Europa; il “Bocuse d’Or”, che ha
assegnato il premio a Christoph Hunziker per rappresentare la Svizzera al
concorso europeo del Bocuse d’Or 2014,
ed infine lo “Chef & Designer” che ha
premiato la squadra di Thomas Duchemin, Charlotte Lachaut e Cédric Masi,
per aver proposto il piatto più inedito e
creativo.
La novità di questa edizione è stata la
presenza di espositori italiani coordinati
dalla Camera di Commercio Italiana per
la Svizzera (CCIS) che ha partecipato al
Salone insieme alle due ditte: “Piémont,
Patrimoine des saveurs italiennes” (Ginevra) e “Coopernocciole dei Monti Cimini (provincia di Viterbo, Lazio).
L’azienda Piémont, Patrimoine des saveurs italiennes, gestita da Fabio e Raquel Maritano, nasce a Ginevra con l’obbiettivo di offrire sul mercato svizzero
un’ampia selezione di prodotti di tradizione artigianale piemontese. Attraverso l’offerta di una gamma di eccellenze
alimentari di prima scelta e selezionate
per la loro storia e qualità, la ditta punta alla valorizzazione e alla promozione
della ricchezza artigianale del Piemonte
in Svizzera.
L’azienda commercializza sul mercato
elvetico una selezione di prodotti di alta
qualità per il settore HO.RE.CA. (Hotel,
Restaurant, Caffè) quali le cioccolate
calde senza glutine in 12 aromi, i caffè
aromatizzati al Guaranà e al Ginseng,
i tè, le tisane e gli infusi Bio, le creme
fredde (Caffè, Pistacchio, Gianduia) nonché lo Yogurt crema fredda, i sorbetti e le
granite, i succhi di frutta da agricoltura
biologica, i biscotti artigianali, le focacce
dolci (con zucchero caramellato) il dolce
antico (con uvetta) ed i grissini ‘stirati a
mano’ con e senza grassi.
La Coopernocciole dei Monti Cimini
è una cooperativa che raggruppa varie imprese della provincia di Viterbo
produttrici di nocciole di alta qualità
grazie alle peculiarità del terreno dove
esse crescono. Anche per quantità la
regione Lazio si distingue sullo scenario nazionale in quanto, subito dopo la
Campania, è la seconda regione d’Italia
per percentuale di superficie coltivata a
nocciolo.
Insieme a Coopernocciole era presente
allo stand la ditta facente parte della cooperativa, la Dolciaria Colli Cimini
Sarl, che ha proposto una gamma di
prodotti molto ampia: pasta di nocciole,
nocciole ricoperte con cioccolato (fondente, al latte, gianduia e dolcissimo
cioccolato bianco), cioccolato all’arancia, creme spalmabili (Gianduia, pistacchio e nocciole, fondente, bianca, al latte), nocciole sgusciate, tostate, granella
di nocciole.
Per ulteriori informazioni
sui due espositori:
Piémont, Patrimoine
des saveurs italiennes
Fabio Maritano
Email:
[email protected]
Sito Internet:
www.piemontdemaritano.ch
Coopernocciole dei Monti Cimini
Loc. Vico Matrino, 4
01012 Capranica (VT)
Tel. 0761.66.92.32
Fax.0761.66.70.08
[email protected]
92 - La Rivista marzo 2014
La Rivista
Sicilia,
l’isola dei sapori
In vetrina a Losanna
Lunedì 10 febbraio la Camera
di Commercio Italiana per la
Svizzera ha organizzato a Losanna, in collaborazione con
l’azienda speciale della Camera di Commercio di Messina e Mondimpresa, l’evento
“Sicilia, l’isola dei sapori” per
promuovere le eccellenze enogastronomiche della provincia
di Messina sulla piazza della
Svizzera francese.
La manifestazione, che ha avuto luogo
nell’elegante cornice del Lausanne Palace, ha accolto nella prima parte del
pomeriggio i professionisti del settore
– importatori, ristoratori, sommelier,
dettaglianti, grossisti – i quali hanno
mostrato un grande interesse per i
prodotti di nicchia delle 14 ditte messinesi espositrici: Vini, liquori, olio extravergine di oliva, salumi, formaggi,
dolci di cui, gran parte di essi, biologici o certificati “DOP”, “IGP” e “IGT”.
Per l’occasione, anche l’Ambasciatore
d’Italia a Berna e il Console Generale
d’Italia a Ginevra hanno partecipato
all’incontro per dare il loro benvenuto
ai produttori.
A partire dalle ore 18.00 la manifestazione ha invece aperto le porte ai
wine lovers e appassionati dei sapori
della Sicilia.
Il successo dell’iniziativa è stato decretato dalle presenze registrate
nell’arco della giornata: circa un centinaio di professionisti ed un centinaio
di wine lovers hanno partecipato all’evento testimoniando un alto interesse
del mercato per i prodotti della Sicilia.
Il prossimo evento che organizza
la CCIS in Svizzera francese sarà il
prossimo 3 marzo presso l’hotel Le
Richemond di Ginevra per promuovere i prodotti agroalimentari della seconda isola più grande del Bel Paese:
la Sardegna.
marzo 2014 La Rivista - 93
CONTATTI COMMERCIALI
Dal mercato italiano
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94 - La Rivista marzo 2014
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Arti grafiche
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Piazza Amendola 12
I – 20149 Milano
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Fax 0039/02 24127130
E-mail: [email protected]
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Pavimentazioni in cotto
Kamares snc
Via Meucci 6
I – 41028 Serramazzoni MO
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www.kamares.net
Impianti per produzione pneumatici
Italmatic Srl
Via dell’Artigianato 8/A
I - 20060 Cassina dè Pecchi
Tel. 0039/02 953000545
Fax 0039/02 95300199
E-mail: [email protected]
www.italmatic.net
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Pasta fresca
Pasta Julia Spa
Via Piemonte Loc. S. Luciola
I – 06038 Spello PG
Tel: 0039 0742 3017 61
Fax: 0039 0742 3601812
E-mail: [email protected]
www.pastajulia.it
Accessori per parrucchieri
Annamery
Via delle Industrie 10/A
I – 23014 Andalo Valtellino SO
Tel. 0039/ 0341 941880
Fax 0039/ 0341 941880
E-mail: [email protected]
www.annamery.com
Vino
Azienda Agricola Roccasanta
via Cortemilia Alessandria, 4
I – 12074 Perletto
Tel. 0039 0173 81795
Fax 0039 0173 81795
E-mail:[email protected]
www.aziendagricolaroccasanta.it
Pasta fresca
Parma PaSt sas
Via Naviglio Alto 69
I - 43100 Parma
Tel. 0039 0521 798120
Fax 0039 0521 705612
E-mail: [email protected]
www.parmapast.it
Macchine per la trasformazione
della plastica
01 Machinery srl
Via Bettisi 12
I - 48018 Faenza (RA)
Tel. 0039/ 0546 662625
Fax: 0039/ 0546 662625
E-mail: [email protected]
www.01machinery.com
Salumi
Cecconi Salumi
Via Laurentina Km 28,300
I – 00040 Ardea ROMA
Tel. 0039 069145050
Fax 0039 069145090
E-mail: [email protected]
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Macchine agricole
Maschio Gaspardo Spa
Via Marcello, 73
I – 35031 Campodarsego PD
Tel. 0039/049 9289842
Fax. 0039/049 9289601
E-mail: [email protected]
www.maschio.it
Quadri multi orologio
per risparmio energetico
Sanviti elettrocostruzioni srl
Via Palermo 5b
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Tel: 0039/0521 774774
Fax 0039/0521 270780
E-mail: [email protected]
Cerniere e chiusure per furgoni isotermici
De Molli Industrie Spa
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Tel. 0039/033 2892146
Fax 0039/033 2893791
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www.dmgindustrie.it
RICHIESTE DI RICERCA
AGENTI-RAPPRESENTANTI
• A pochi chilometri dall’aeroporto
internazionale di Milano Malpensa,
sull’asse autostradale che collega Milano con Varese, i laghi e la Svizzera c’è la
principale azienda italiana che produce
salmone affumicato : la Fjord SpA.
L’azienda iniziò nel 1969 la prima attività italiana specializzata nell’affumicazione del salmone , oggi a oltre 40
anni di distanza ha saputo conquistare
la leadership di settore che la annovera tra le più importanti aziende europee di salmone affumicato ed è a tutti
gli effetti una azienda a ciclo completo nella lavorazione del salmone.
La linea affumicati comprende oltre
al salmone, tonno, spada, storione e
altri ittici.
Il processo di affumicazione avviene
in maniera tradizionale, e richiede non
meno di 12 ore. Il prodotto affumicato
viene presentato sul mercato in una
vasta gamma di formati e confezioni
tali da soddisfare le più svariate esigenze del consumatore.
L’azienda è interessata a entrare in
rapporti di affari con agenti / distributori interessati a vendere i suoi prodotti sul mercato svizzero. Gli interessati sono pregati di prendere contatto
con la Camera di Commercio italiana
per la Svizzera.
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nata dalla lunga esperienza di un’azienda trentina leader nel settore del
noleggio e vendita di strutture ed allestimenti per eventi. Da qui l’idea imprenditoriale di persone affermate nel
medesimo settore, di creare una casetta pieghevole dalle dinamiche eccezionali per tempi d’installazione e
gestione logistica. Nella fattispecie il
prodotto RAPID si propone in maniera
trasversale a diversi ambiti di allestimento che spaziano dalle Manifestazioni Folkloristiche, alle Fiere e mercatini a tema vario oltre che natalizio,
all’impiego di questa quale infopoint.
• La ditta Baraclit Spa è l’azienda leader sul mercato italiano per la realizzazione di prefabbricati in cemento
armato. Fondata nel 1946 nella provincia di Arezzo, grazie all’impiego di
sistemi prefiniti all’avanguardia della tecnica e di soluzioni costruttive
adatte ad ogni esigenza, dalle piccole
realizzazioni agli edifici più complessi
ha raggiunto livelli di eccellenza assoluta nel suo settore. Con una superficie produttiva di 300.000 mq e oltre
350 dipendenti l’azienda serve tutto il
territorio nazionale e i mercati esteri
limitrofi dallo stabilimento di Bibbiena, il più grande centro di prefabbricazione italiano.
Per le richieste di cui sopra rivolgersi a:
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Italiana per la Svizzera
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rivolgersi a: Rocco Di Seclì
cell: +41 (0)79 265 28 42,
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marzo 2014 La Rivista - 95
ATTIVITÀ E SERVIZI
Con i suoi circa 800 Soci la Camera
di Commercio Italiana per la Svizzera,
fondata nel 1909, è un‘associazione
indipendente ai sensi del Codice Civile
Svizzero. Il suo compito precipuo consiste nella assistenza alle imprese dedite all‘interscambio tra Italia, Svizzera ed il Principato del Liechtenstein. La
gamma dei suoi servizi, certificati ISO
9001, è molto variegata e comprende
tra l‘altro:
• Ricerche su banche dati di produttori,
importatori, grossisti, commercianti,
agenti/rappresentanti dei seguenti
Paesi: Italia e Svizzera
• Informazioni riservate su aziende
italiane: visure, bilanci, assetti societari,
protesti, bilanci, rapporti commerciali,
ecc. (disponibili on-line in giornata)
• Segnalazioni di potenziali fornitori ed
acquirenti
• Ricerca e mediazione di partners com
merciali italiani e svizzeri
• Organizzazione di incontri e workshop
tra operatori, con l‘ausilio di servizi di
interpretariato e segretariato
• Recupero di crediti commerciali, con
particolare riguardo alla ricerca di
soluzioni amichevoli e extragiudiziali
• Recupero dell‘IVA svizzera in favore
di operatori italiani, nonché dell‘IVA
italiana per imprese elvetiche
• Consulenza ed assistenza legale in
materia di diritto commerciale,
socitario e fiscale
• Assistenza e consulenza in materia
doganale
• Informazioni statistiche ed import/
esport
• Informazioni finanziarie e riservate
sulla solvibilità di imprese italiane e
svizzere
• Ricerca di prodotti, marchi di
fabbricazione e reperimento di brevetti
• Azioni promozionali e di direct
marketing
• Arbitrato internazionale
• Informazioni relative all‘interscambio,
normative riguardanti gli insediamenti
in Svizzera ed in Italia
• Seminari e manifestazioni su temi
specifici di attualità
• Traduzioni
• Viaggi di Studio
• Certificato di Italiano Commerciale
rilasciato in collaborazione con la
Società Dante Alighieri di Roma
96 - La Rivista marzo 2014
• Swiss Desk Porti italiani
• La CCIS fornisce informazioni su
Fiere e Mostre italiane. Rappresentanza
ufficiale di Fiera Milano e di Verona Fiere
PUBBLICAZIONI
• La Rivista periodico ufficiale
mensile (11 edizioni all‘anno)
• Calendario delle Fiere italiane
• Annuario Soci
• Indicatori utili Italia-Svizzera
• Agevolazioni speciali per i Soci
• Recupero crediti in Svizzera
• Regolamento di Arbitrato e di
Conciliazione della Camera Arbitrale
della CCIS
• Compra-vendita di beni immobili in
Italia
• Costituzione di società affiliate di
imprese estere in Italia
• Il nuovo diritto societario italiano
• Servizi camerali
Rue du Cendrier 12-14,
Casella postale, 1211 Ginevra 1
Tel.: +41 22 906 85 95,
Fax: +41 22 906 85 99
E-mail: [email protected]
IVA-Nr. 326 773
Seestrasse 123,
Casella postale, 8027 Zurigo
Tel.: +41 44 289 23 23
Fax: +41 44 201 53 57
E-mail: [email protected]
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IVA-Nr. 326 773
RICERCA DI PARTNER COMMERCIALI
Grazie alla propria rete di contatti e alla conoscenza delle esigenze e
dei bisogni del mercato elvetico e di
quello italiano, la Camera di Commercio offre ad imprese sia svizzere
che italiane intenzionate ad esportare
RECUPERO IVA ITALIANA
Il servizio, offerto a condizioni molto
vantaggiose, è rivolto sia alle imprese
svizzere che recuperano l’IVA pagata in Italia
che alle imprese italiane che recuperano
l’IVA pagata in Svizzera.
Grazie agli accordi di reciprocità tra l’Italia e
la Svizzera, la legislazione italiana consente
agli imprenditori svizzeri di ottenere il
rimborso dell’IVA italiana. La CCIS:
• fornisce la necessaria documentazione;
• esamina la documentazione compilata;
recapita l’istanza di rimborso in Italia
all’Autorità fiscale competente;
• avvia e controlla l’iter della Vostra
pratica tramite il suo ufficio di Pescara;
• fornisce assistenza legale
RECUPERO IVA SVIZZERA
Grazie agli accordi di reciprocità tra
Italia e Svizzera la legislazione svizzera
consente agli imprenditori italiani il
rimborso dell’IVA svizzera. La CCIS:
• fornisce un servizio di informazione e
prima consulenza;
• diventa il Vostro rappresentate fiscale;
• esamina la completezza della Vostra
documentazione;
• invia la documentazione alle autorità
svizzere e segue l’iter della vostra pratica.
Informazioni più dettagliate contattare
la Camera di Commercio Italiana per la
Svizzera, Tel.: +41 44 289 23 23
i propri servizi e prodotti all’estero un’accurataricerca di controparti
commerciali. Attraverso un’analisi
sistematica del mercato obiettivo ed
identificati i partner commerciali ritenuti più idonei per le imprese a diventare affidabili interlocutori nel settore
di riferimento, viene organizzato un
incontro presso le aziende target così
selezionate permettendo alle imprese
italiane o svizzere un rapido ed efficace ingresso sui rispettivi mercati di
riferimento.
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