Diapositiva 1 - Ucipem Pescara

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Diapositiva 1 - Ucipem Pescara
XXIII Congresso Nazionale UCIPEM Pescara
Il Bambino con-diviso: un bambino con la valigia in mano
1 giugno 2013
Dott.ssa Gabriella Bruni
I bambini figli di genitori separati che si trasferiscono continuamente
dalla casa di un genitore a quella dell’altro evocano l’immagine classica
del bambino con la valigia in mano o lo zainetto in spalla.
La valigia contiene oggetti reali utili al bambino. La valigia contiene
anche e soprattutto pesi in senso metaforico, cioè paura, confusione,
angoscia, tristezza, rabbia, odio, risentimento, conflitti, eccessiva
responsabilizzazione e tanto altro.
La valigia segue il bambino nel passaggio da una casa all’altra. Uno degli
aspetti intorno a cui si esprimono molte emozioni e tensioni che nelle
separazioni interessano tutte le parti in causa, inclusi i figli, è quello
della casa.
Casa intesa come domicilio, come casa coniugale, come luogo intriso di
significati simbolici e valori affettivi, casa come organizzazione del
quotidiano, come luogo di intimità, appartenenza, abitudini, spazio di
identificazione corporea.
Negli ultimi anni la famiglia italiana tradizionale è stata sostituita
da un caleidoscopio di situazioni.
C’è stato un enorme incremento delle separazioni e dei divorzi,
tanto che il divorzio è diventato motivo di angoscia nella mente di
molti bambini i cui genitori stanno insieme.
Negli ultimi decenni la separazione è stata richiesta anche per
rompere pericolosi legami di subordinazione, oltre che evidenti
situazioni di abuso psicologico o fisico.
Uomini e donne possono sviluppare nuovi aspetti di loro stessi
quando si liberano di relazioni costrittive, squalificanti, abusanti.
Anche i bambini possono sviluppare nuove risorse e soluzioni.
Tuttavia separazione e divorzio non sono quasi mai facili per il
bambino perché mettono in crisi i suoi fondamentali punti di
riferimento e la sua stessa condizione esistenziale di figlio.
Il disagio dei figli di genitori separati oggi emerge con particolare
intensità e gravità.
Anche se la legislazione ha cercato di adattarsi alla nuova realtà
familiare regolando in modo nuovo i rapporti tra figli e genitori
separati nell’interesse dei minori, essa non ha portato ai risultati
auspicati
(Legge 54 del 2006, comunemente chiamata “Affido condiviso”).
Parlare di separazioni e divorzi vuol dire parlare di incomprensioni e
difficoltà, di sofferenze ma anche richieste di aiuto, impegno,
speranza, opportunità, risorse, percorsi.
Un tema, quello della separazione dei genitori, che non solo è di grande
attualità, ma appartiene alla esperienza di molti.
Parlare di separazioni vuol dire anche parlare di noi stessi, dei figli, di
quello che si fa, che non si dovrebbe fare, che si può fare.
Entriamo in un terreno comune a tutti i genitori e a tutti i figli, un
terreno di affetti e relazioni, bisogni e rifiuti, comunicazioni e silenzi,
paure e aspettative.
Ognuno di noi, nel suo ambiente di vita e di lavoro, si trova a contatto
sempre più con famiglie che stanno vivendo o hanno vissuto la dolorosa
esperienza della separazione e del divorzio.
Le statistiche confermano questo dato della realtà in cui viviamo, ma si
fermano qui.
Dietro i numeri ci sono storie, sentimenti forti, dolore, rabbia,
confusione, rimpianti, disagi, e tanto altro; nei casi più fortunati
dialogo, superamenti, ricostruzioni.
Ci sono caratteristiche che accomunano tutte le storie di separazione ma
ognuna è anche diversa e unica.
Prime riflessioni
I) Quando una coppia si separa, i genitori spesso dicono di essere
giunti a questa scelta per il bene dei figli. In realtà nella grande
maggioranza dei casi con la separazione la conflittualità trova vie e
modi ancora più aspri e “sofisticati” per esprimersi.
II) Spesso i genitori separati vengono a consultazione preoccupati
per un calo delle prestazioni scolastiche, perché il figlio non cerca
più gli amici ed è depresso o si comporta come un bullo, ecc. Ma
quando si iniziano a suggerire azioni che richiedono sinergie e
accordi con l’altro partner, la richiesta di aiuto dei genitori è
fortemente condizionata dalla impossibilità di lavorare in accordo
con il partner.
III) Per il figlio i due genitori, pur separati, restano padre e madre e il
riferimento è la struttura genitoriale padre – madre, vissuta in una
integrità logica denominata “i genitori”. I genitori invece, quando si
separano, tendono ad agire con i figli in una struttura a due, madrefiglio o padre- figlio, con la complicazione che spesso ognuno ha la
convinzione che l’altro genitore sia una persona negativa. Questo
renderà molto difficile per il bambino accettare e tollerare le diversità e
dunque sentirsi libero di fare scelte autonome.
Nel ciclo di vita familiare la separazione e il divorzio si connotano
come una vera e propria transizione che comporta una profonda
riorganizzazione delle relazioni intrafamiliari, con compiti di
sviluppo specifici per tutte le generazioni coinvolte. Sicuramente il
soggetto più vulnerabile è il bambino.
Per valutare l’adattamento dei figli nella transizione e le
conseguenze sul loro sviluppo, si deve adottare un’ottica integrata,
che tenga conto sia del rischio psicopatologico che della
resilienza.
Il bambino resiliente non è indifferente al dolore della separazione,
non è un bambino adultizzato, ma è un bambino che riesce a
superare positivamente le difficoltà insite nella transizione,
preservando un funzionamento psicologico adeguato, nonostante i
costi emotivi comportati dalla rottura familiare.
La maggioranza dei bambini, dopo il divorzio, vive con le proprie
madri. La qualità delle relazioni tra le madri e i loro bambini
varia in relazione al genere del bambino.
Le madri sperimentano in genere più fonti di stress
(sovraccarico di responsabilità, difficoltà economiche e altre) e
tendono più facilmente a deprimersi, assumendo di
conseguenza uno stile genitoriale meno efficace.
La relazione con la madre dei bambini rimane un fattore chiave per il
mantenimento del contatto fra padre e figli. Spesso le madri agiscono da
guardiane dopo il divorzio, non favorendo i contatti del padre con i figli.
Se non viene stabilita una buona relazione nel primo anno di vita dopo
la separazione, sia i padri sia i figli possono adattarsi alla perdita
reciproca ed è più improbabile un successivo coinvolgimento.
C’è una grande varietà di vissuti degli uomini in relazione allo sviluppo
del ruolo paterno:
- padri che rispondono con rabbia e distacco
-padri che, nonostante la rabbia, lottano per mantenere il contatto con i
figli
- padri che si allontanano del tutto
- padri il cui coinvolgimento aumenta dopo il divorzio o che
coinvolti come prima
restano
Per i padri essere visti criticamente dalla ex moglie crea un grave
stress e rende difficile un coinvolgimento positivo.
Tra i molti fattori che influenzano positivamente lo sviluppo del
ruolo paterno dopo la separazione ci sono: la flessibilità
nell’assumere modalità genitoriali culturalmente considerate
dominio della “maternità”, l’avere avuto un buon padre, il ricevere
sostegno da parte di uomini nella stessa situazione.
Ci sono situazioni estreme: genitori con malattie mentali,
violenti, maltrattanti, abusanti. Queste situazioni possono
rappresentare ulteriori fattori di rischio per un bambino se la
famiglia si disgrega, dal momento che precedenti protezioni da
parte dell’altro genitore vengono meno e il bambino è esposto più
direttamente.
Spesso in questo caso i bambini vengono iperresponsabilizzati dai
genitori, in una sorta di inversione di ruoli: bambini che diventano
l’uomo o la donna di casa.
La risposta del minore alla separazione viene intesa come il
risultato dell’interazione dialettica fra molteplici variabili, sia
strettamente individuali (età del bambino, fase di sviluppo, ecc.)
che relazionali (fase del ciclo della famiglia, relazioni fra i genitori
e di questi con i figli, relazioni con la famiglia estesa ed allargata)
ed ambientali (cambiamenti di abitazione, di scuola, di città).
I dati di letteratura concordano su alcuni fattori chiave familiari e sociali
che contribuiscono alla resilienza dei bambini:
- I genitori mantengono relazioni non conflittuali con l’ex partner.
- I bambini mantengono una buona relazione con entrambi i genitori.
- Quando la relazione tra gli ex coniugi è negativa o quando un genitore
ha una relazione negativa con il bambino può essere determinante la
buona relazione del bambino con uno dei genitori.
- Quando un genitore non fa più parte della vita del bambino la sua
presenza viene in qualche modo mantenuta attraverso racconti positivi.
- Ci sono buoni rapporti con sorelle e fratelli.
- La famiglia estesa (nonni, zii) dà sostegno ai genitori e ai bambini e
non critiche.
- Ci sono relazioni continuative con adulti affidabili in grado di fornire
modelli positivi e altre prospettive di vita.
- C’è il sostegno sociale di adulti affidabili esterni alla famiglia e di amici
coetanei.
Il bambino dovrebbe essere protetto sin dalle prime fasi della
separazione:
-I genitori dovrebbero interrompere le discussioni in presenza dei
figli, rimandandole a momenti diversi, anche creando occasioni di
incontro fuori casa per parlare.
- Quando sfugge un litigio davanti al figlio, questi sarà stato
rassicurato e tranquillizzato dicendogli che mamma e papà a volte
hanno opinioni diverse, ma troveranno il modo di risolvere la
situazione.
- I coniugi non devono approfittare della presenza del figlio per
provocare o inviare qualche frecciata all’altro, o di un incontro con
parenti o amici per dire che le cose tra loro non vanno più bene.
- I coniugi parleranno con i figli quando hanno deciso e condiviso la
necessità di separarsi e hanno già le idee chiare su cosa dovrebbe
accadere dopo: chi resterà a casa, dove andrà a vivere l’altro, dove
starà il figlio, come ci si organizzerà per gli accompagnamenti a
scuola, per lo sport, ecc.
La maggior parte degli studi conferma i bambini che
appartengono a famiglie separate o divorziate hanno una
probabilità significativamente maggiore di sviluppare
problemi di adattamento e un maggior rischio
psicopatologico.
Comunicazione della separazione.
Il momento e la modalità di comunicazione della separazione sono
essenziali. Spesso il figlio si accorge che il legame tra i genitori non
funziona anche prima dei genitori stessi. Il disagio aumenta
progressivamente, i litigi si fanno più frequenti e i figli sentono tutto,
anche quando apparentemente sono distratti o assenti. I genitori non
immaginano l’effetto disastroso che ha sui propri figli il sentirli litigare,
assistere a scenate di aggressività, sentire frasi offensive, essere messi
casualmente al corrente di quello che sta succedendo magari quando
un genitore ne parla con una terza persona.
Il figlio vive la separazione e il divorzio in prima persona anche
quando viene tenuto all’oscuro di tutto.
In nome del bene del bambino spesso ci sono silenzi o
menzogne.
Quali sono le questioni che preoccupano i bambini quando vengono a
conoscenza della separazione dei genitori e capiscono che le cose non
saranno mai più come prima?
I bambini avranno molte domande e, in assenza di spiegazioni,
svilupperanno le proprie idee su cosa sia accaduto. Queste possono
includere il senso di colpa. La maggior parte dei bambini preferirebbe
che i genitori rimanessero comunque insieme. La separazione può
essere vissuta come una perdita terribile, soprattutto in relazione al
genitore che lascia la casa.
I bambini cercano di trovare un senso alle visioni divergenti dei genitori,
alla motivazione del divorzio e spesso sono riluttanti a porre domande
dirette per paura di scoprire qualcosa di spaventoso; a volte sentono di
dover essere loro a tenere insieme i genitori prendendosi cura di tutti.
La consapevolezza di ciò che sta vivendo deve essere raggiunta dal
bambino nei tempi e nei modi più idonei all’età e alla personalità
infantile.
Parlare procurerà indubbiamente
dolore ma è molto peggio se il
trauma rimane silenzioso, perché
l’omissione e la falsità bloccano la
dinamica evolutiva assai più della
sofferenza.
Il bambino deve essere coinvolto
non tanto nei problemi dei genitori,
quanto nei propri.
Processi di adattamento a breve termine.
La separazione interferisce negativamente nel processo di sviluppo
psicologico del bambino ad ogni età ed in modi tipici per l’età.
L’età risulta correlata al tipo di percezione, comprensione,
interpretazione, reazione ed elaborazione degli eventi della vita e
dunque anche della disgregazione familiare.
E’ necessario dunque adottare una prospettiva evolutiva
relativamente all’impatto che la separazione e il divorzio hanno sui
figli e alle conseguenze sul loro sviluppo psicologico.
L’età prescolare
Già nei primi mesi di vita, quando il bambino e la madre sono in un
rapporto molto stretto, la diade madre - bambino comprende anche il
padre. Già in epoca molto precoce la vitalità del bambino sarà arricchita
dalla presenza dei due genitori in relazione fra loro e con lui e passerà il
messaggio che è importante stare insieme.
Nel primo anno di vita si osserveranno maggiormente disturbi somatici,
del sonno e dell’alimentazione.
Nel secondo e terzo anno di vita si osservano
maggiormente comportamenti regressivi, con
perdita di acquisizione di autonomia, come ad
es. il ritorno all’uso del pannolino, regressioni
nel gioco, eccessivo ricorso ad oggetti
transizionali, ansia di separazione, paure
immotivate, riduzione dell’attività ludica e
minore investimento nelle relazioni.
Per un bambino di tre anni il termine separazione o divorzio non
significa molto ma sapere che il papà non vivrà più a casa sì e vorrà
saperne la causa. Il bambino può pensare che sia colpa sua. Bisogna
dare una spiegazione che liberi il bambino dal sentimento di essere
responsabile per questa decisione o di avere il potere di fare cambiare
idea ai genitori.
In questo stadio dello sviluppo i bambini cercano spiegazioni tipo
causa- effetto, hanno bisogno di spiegazioni concrete, semplici e chiare,
per esempio devono sapere per quanto tempo saranno lontani i
genitori, quando si riuniranno, e cosa sarà diverso da prima (luogo, casa,
amici, ecc.)
I bambini possono iniziare a capire la distinzione tra l’impossibilità dei
genitori di vivere insieme e la continuità della relazione genitorebambino. I bambini si sentono già legati dalla lealtà verso ciascun
genitore e stanno attenti a non dare loro ulteriori turbamenti. Il fatto
che un genitore sia andato via può generare la paura che anche l’altro
possa farlo: di qui ansia di separazione, risvegli notturni, incubi, enuresi,
difficoltà a dormire da solo.
Seconda infanzia (3-6 anni)
Nell’età compresa fra i tre e i cinque anni il bambino è impegnato
affettivamente e intellettualmente in un acuto conflitto familiare: la
vicenda edipica alla fine della quale i figli si identificano con il
genitore “rivale” e ne assumono la posizione per quanto concerne la
relazione con l’altro sesso.
Preoccupa quindi una prematura scissione della coppia primaria
costituita dal padre e dalla madre uniti.
Quando questo evento accade prima che il
bambino sia uscito dalla fase edipica, cioè
prima dei 5 anni, vi è il rischio che vengano
meno le figure di riferimento sulle quali si
costruisce l’identità di maschio o femmina. Il
figlio può essere inconsapevolmente indotto ad
occupare il posto del coniuge assente.
Nella seconda infanzia si osserveranno maggiormente problemi di
umore e d’ansia (riduzione della creatività nel gioco, diminuzione
dell’autostima, riduzione della curiosità per le novità, sensi di colpa,
immagine negativa di sé, autosvalutazione) o problemi di
comportamento (aggressività) o di adattamento sociale (ritiro sociale).
La depressione dell’umore avviene anche perché in questa età i bambini
si giudicano con severità considerandosi responsabili della separazione
dei genitori e sono convinti di dover essere puniti
Sia nella prima che nella seconda infanzia si riscontra un aumentato
rischio di attaccamento insicuro mediato da una funzione genitoriale
spesso meno efficace.
Età scolare (periodo di latenza)
Si sviluppa ulteriormente il livello di comprensione e curiosità dei
bambini, il loro senso di giustizia e moralità. La continuità e
stabilità dell’ambiente quotidiano di vita, funzionando da
contenitore degli affetti, dà forza al cambiamento
La sicurezza delle relazioni a casa avrà un effetto diretto sulla
capacità dei bambini di dare un senso al mondo circostante e di
esplorare e sperimentare nuove situazioni e nuove relazioni
Attraverso la costruzione di rapporti amicali privilegiati (il migliore
amico, la migliore amica) il bambino inizia a proiettarsi nel sociale
Il bambino deve tenere in mente due mondi, quello di casa e quello di
scuola, deve integrare diverse abitudini, regole, è esposto a molti
stimoli, arricchenti ma che necessitano anche di tollerare, riconoscere,
accettare delle differenze.
Gli insegnanti normalmente verranno visti come adulti positivi da cui si
può apprendere e i pari verranno visti con fiducia. Gli insegnanti sono
“in loco parentis” e la relazione tra famiglia e scuola, per quanto
cooperativa, includerà anche, forse a livello meno consapevole,
elementi di competizione su chi sa di più o chi è migliore.
Al contrario, un bambino il cui mondo è stato caratterizzato dalla
trascuratezza, dal criticismo e dalla svalutazione, avrà molta difficoltà ad
avere fiducia nei confronti degli adulti e dei pari e si avvicinerà agli altri
con prudenza, ansia o persino aggressività per prevenire qualsiasi
attacco contro se stessi.
La scuola, con i suoi ritmi e le sue regole, è potenzialmente un luogo
capace di offrire sicurezza, ma richiede anche un sempre maggiore
livello di autonomia, impegno e responsabilità.
Principali reazioni del bambino alla separazione :
Tristezza e dolore. A differenza dei più piccoli, che negano la
realtà ricorrendo a fantasie, i bambini in questa fase sono
consapevoli della loro sofferenza e più difficilmente trovano sollievo
da essa. Alcuni la esprimono verbalmente ma i più oppongono un
tenace rifiuto verbale.
Collera. La rabbia può essere diretta verso il padre, la madre o
entrambi o altri.
Sintomi somatici. Possono essere vari:cefalea, tic, ecc.
Ansia, fobie, conflitti di lealtà.
Difficoltà scolastiche. L’atmosfera tesa a casa avrà come effetto la
difficoltà di concentrazione a scuola e talvolta la difficoltà di apprendere,
e d’altra parte gli eventi che si verificano a scuola potranno avere un
impatto sul comportamento a casa, ad es. comportamenti regressivi.
Talvolta vi è un rifiuto di andare a scuola, associato talvolta alla paura
che il genitore possa andare via.
Un modalità difensiva per il bambino può essere quella di tenere i due
mondi, casa e scuola, molto separati.
Le
performance scolastiche
saranno più scarse (associate ad un
calo della concentrazione e ad un
maggiore assenteismo) o al
contrario
ci
sarà
un
iperinvestimento scolastico.
Preadolescenza e adolescenza
Con il crescere dell’età dei figli, la relazione con i genitori cambia e
aumenta l’importanza del gruppo dei pari. I ragazzi vivono la difficile
fase della separazione- individuazione adolescenziale dal nucleo
familiare, che pone le basi della costruzione della propria identità e
formazione della personalità, hanno le prime relazioni sentimentali con
l’altro sesso.
Nella preadolescenza si osservano effetti quali ansia sociale,
maggior senso di vergogna e timidezza ed esiti peggiori nel
rendimento scolastico rispetto ai coetanei. Possono presentarsi
anche reazioni compensatorie come iperfagia e rituali ossessivi, ma
anche disturbi di natura psicosomatica (cefalee persistenti, gastriti,
asma bronchiale) e di tipo dismorfofobico.
Nell’ adolescenza assumono più rilevanza le differenze di genere,
con una prevalenza di sintomi internalizzanti (ansia, depressione e
bassa autostima, sensi di colpa) nelle femmine e sintomi
esternalizzanti (acting out e comportamenti oppositivi ed
antisociali, quali piccoli furti, fughe da casa, uso di sostanze,
abbandono scolastico, ecc.) nei maschi.
I cambiamenti causati nella relazione genitore- figlio possono
aumentare il senso di responsabilità favorendo la maturazione
psicologica ed emotiva dell’adolescente, o sortire in una specie di
diminuzione della distanza cronologica tra ragazzo e genitore,
arrestandolo sulla via che dovrebbe produrre individuazione ed
autonomia dalla famiglia d’origine.
Effetti a lungo termine
L’adattamento dei “bambini divorziati”nella transizione all’età
giovane- adulta.
Nell’esplorazione delle percezioni legate al divorzio e nella
definizione del grado di adattamento a lungo termine in giovani
adulti, va considerato in maniera integrata, nel tentativo di cogliere
la realtà nella sua complessità, il ruolo che giocano fattori di
protezione e fattori di rischio.
Le conseguenze più significative della rottura coniugale in età
adulta sono nella sfera relazionale/affettiva e sono legate a legame
debole con il proprio padre, alto disaccordo di coppia, interruzione
delle relazioni con i genitori.
La trasmissione intergenerazionale del divorzio
Numerosi studi, condotti sia in Italia che in Europa, hanno mostrato,
come possibile fattore di rischio coniugale, la propensione, nei figli di
divorziati, a sposarsi con altri figli di divorziati o a scegliere la convivenza
prematrimoniale.
Sembra esserci una prevalenza degli effetti di trasmissione
intergenerazionale del divorzio sulle femmine, le quali più spesso
mostrano scarsa tolleranza in periodi di scarsa qualità del rapporto di
coppia e, in termini di decision making process, più spesso prendono
l’iniziativa della rottura coniugale.
La maggior parte di giovani adulti provenienti da
famiglie separate evidenzia “modalità rischiose o
decisamente disfunzionali della dimensione della
cura” che fanno ipotizzare l’influenza della
separazione e divorzio su questa specifica
dimensione genitoriale.
Sono stati individuati tre profili riguardo all’elaborazione della
separazione in età giovane adulta.
Profilo Vulnerability
Si tratta di giovani adulti che riconducono alla rottura coniugale l’origine
primaria delle loro difficoltà emotive e che hanno una visione
relativamente pessimistica del mondo. Manifestano un atteggiamento
estremamente critico nei confronti del divorzio e dei genitori, riferiscono
un forte senso di perdita rispetto alla relazione con i genitori,
rappresentati come mancanti di responsabilità.
Vivono il sentimento di non appartenenza ad alcuna famiglia e non si
sanno posizionare, da un punto di vista relazionale, nei confronti delle
due figure genitoriali. Sembrano coinvolgersi maggiormente in relazioni
disfunzionali.
Molti hanno maturato visioni pessimistiche
del matrimonio e del divorzio e
l’aspettativa che le relazioni intime non
siano destinate a durare.
Il profilo “Survival”, include i soggetti che si mostrano ambivalenti
rispetto alle implicazioni del divorzio sulla loro vita.
Tendono a sentirsi emotivamente distanti dai loro padri, non si
sono formati una rappresentazione chiara delle figure genitoriali
come coppia e si mostrano restii e a volte distanti nei confronti
delle relazioni sentimentali.
Non nascondono ricordi dolorosi connessi al divorzio e
considerano la relazione con il genitore affidatario come fonte di
supporto non sufficiente, mentre si riferiscono a figure esterne
(ad es. i nonni) quale riferimento supportivo più adeguato.
Nel profilo “Resilience” rientrano i giovani adulti che
interpretano il divorzio dei genitori come una sorta di esperienza
di empowerment, una fonte di crescita e arricchimento
personale, nonostante il riconoscimento del dolore rispetto
all’evento; considerano la relazione con il genitore affidatario (in
genere la madre) come quella più significativa e supportava della
loro vita, preservando comunque, nella maggior parte dei casi,
contatti regolari e positivi con l’altra figura.
Essendo capaci di integrazione hanno la capacità di vivere le
famiglie di entrambi i genitori come ambito familiare per sé.
Possono tuttavia manifestare un certo grado di malessere
soggettivo dovuto a vissuti irrisolti di delusione e rabbia e a
memorie dolorose legate alla separazione.
Il conflitto parentale e la sindrome di alienazione genitoriale (PAS)
Ancora oggi si ripetono storie di separazioni difficili e talvolta tragiche,
storie in cui i sentimenti personali pervadono lo spazio e le
responsabilità genitoriali.
Si mettono in atto vendette personali, azioni di controllo sulla nuova vita
dell’altro, rivendicazioni, rivalse, giocate attraverso i figli, lotte feroci
combattute (nei tribunali ma non solo) in nome loro, ma nelle quali solo
loro, i figli, restano sul terreno di battaglia come vere vittime.
I figli sono il più delle volte costretti, loro malgrado, a proteggere la
sopravvivenza del loro legame con almeno uno di essi nell’unico modo
che gli viene reso possibile: schierarsi con uno contro l’altro.
Si tratta di situazioni nelle quali uno dei genitori crea degli ostacoli nella
relazione tra i propri figli e l’altro genitore e ciò comporta la Sindrome di
alienazione genitoriale (Parental Alienatio Syndrome, PAS, Gardner, 1985), un
fenomeno complesso, , una forma di mobbing genitoriale che si traduce
in un abuso emotivo nei confronti del minore, una forma di
maltrattamento infantile quasi sconosciuta sino ad ora, ma che
purtroppo è molto diffusa.
Il minore rimane invischiato in una triangolazione disfunzionale le cui
caratteristiche principali sono un’alleanza patologica con il genitore
alienante associata ad un rifiuto e ad un’ostilità persistenti, a una
assenza di senso di colpa nei confronti dell’altro genitore, quello
alienato.
“La PAS è un disturbo che insorge essenzialmente nel contesto di
controversie per l’affidamento dei figli. La sua principale manifestazione
è la campagna di denigrazione da parte del bambino nei confronti di un
genitore, una campagna che non ha giustificazione.
Essa deriva dall’associarsi dell’indottrinamento da parte di uno dei
genitori (una sorta di lavaggio del cervello) al figlio e il contributo
personale del figlio alla denigrazione del genitore che costituisce
l’obiettivo di questa denigrazione” (Gardner, 1998).
La PAS è stata anche definita una patologia iurigena perché spesso
è alimentata dalle controversie legali riguardanti l’affidamento dei
figli.
Quando la PAS entra in contatto con il sistema legale, diventa una
Sindrome Giuridica Familiare, in cui avvocati, giudici, periti e altri
professionisti coinvolti, assumono una responsabilità sulla sua
continuità.
La guerra può diventare sottile: si combatte per screditare, agli occhi
del bambino, l’altro coniuge, a cui si attribuiscono tutte le colpe. I
bambini vengono invitati, più o meno palesemente, a scegliere l’affetto
di uno solo. Il bambino si allea con un genitore e si trova a considerare
uno dei genitori “tutto positivo” e l’altro “tutto negativo”, uno “buono” e
l’altro “cattivo”. Un genitore viene amato e idealizzato, l’altro diffamato e
odiato.
I minori più a rischio di sviluppare la PAS sono quelli che manifestano
preesistenti problemi di adattamento (ad es. ansia di separazione, scarsa
autostima, ecc.) che li rendono meno resilienti nei confronti del
processo alienante.
Data l’importanza del fenomeno,
alcuni studiosi sono favorevoli
all’introduzione della PAS nel DSMV in qualità di “disturbo relazionale
dell’infanzia e dell’adolescenza”.
I comportamenti e le strategie che il genitore alienante mette in gioco
sono spesso sottili.
Alcuni tra i più frequenti:
1) Rifiutare di passare la chiamata telefonica ai figli.
2) Organizzare varie attività con i figli durante il periodo in cui l’altro
genitore deve normalmente esercitare il suo diritto di visita.
3) Presentare il nuovo compagno ai figli come “nuova madre” o “nuovo
padre”.
4) Ricevere la posta o i pacchetti indirizzati invece ai figli.
5) Svalutare ed insultare l’altro genitore davanti ai figli.
6) Rifiutarsi di informare l’altro genitore di attività nelle quali siano
coinvolti i figli (partite sportive, recite teatrali, attività scolastiche, ecc.).
7) Parlare in modo sgradevole del nuovo compagno dell’altro genitore.
8) Impedire all’altro genitore di esercitare il suo diritto di visita.
9) “Dimenticarsi” di avvisare l’altro genitore di appuntamenti importanti
(dentista, medico, psicologo, ecc.).
10) Coinvolgere le persone vicine (la propria madre, il nuovo coniuge, …)
nel lavaggio del cervello dei figli.
11) Prendere decisioni importanti a proposito dei figli senza consultare
l’altro genitore (scelte religiose, scelta della scuola).
12) Cambiare ( o provare a cambiare) il suo cognome o il suo nome.
13) Impedire all’altro genitore l’accesso ai risultati scolari o medici dei
figli.
14) Andare in vacanza senza i figli e lasciarli con un’altra persona, anche
se l’altro genitore è disponibile e disposto ad occuparsene.
15) Dire ai figli che i vestiti o le cose che l’altro genitore ha comprato
loro sono brutte, proibendo loro di indossarle ed usarle.
16) Minacciare di castigo i figli se si azzardano a chiamare, scrivere o
contattare la’ltro genitore qualsiasi sia la maniera.
17) Rimproverare l’altro genitore per un cattivo comportamento dei figli.
Come aiutare i bambini e i genitori nel processo di separazione e
divorzio?
I bambini non devono essere lasciati soli.
Accanto al sistema delle RISORSE COMUNITARIE (famiglia estesa,
rete sociale, parrocchie, comunità, associazioni, gruppi, ludoteche,
ecc.), dobbiamo prendere in considerazione vari sistemi: SISTEMA
SALUTE (medico generico, medico scolastico, pediatra, consulente
familiare, neuropsichiatra infantile, psicologo, psicoterapeuti,
mediatori
familiari),
SISTEMA
EDUCATIVO
(insegnanti,
psicopedagogisti, assistenti sociali), SISTEMA LEGALE (avvocati,
giudice, assistenti sociali).
SISTEMA SALUTE
Cura primaria: medico generico, medico scolastico.
Di fronte alla separazione e al divorzio, i medici generici del
sistema di cura primaria devono porre attenzione a:
le modalità familiari di gestione del cambiamento;
i sistemi di sostegno disponibili per le famiglie;
le modalità mediante le quali i membri della famiglia
possono manifestare il proprio dolore attraverso il corpo;
i comportamenti problematici manifestati dai bambini sia a
casa che a scuola;
incidenza di malattie in famiglia;
i cambiamenti nella struttura familiare come nuovi partner
e/o nuovi fratelli;
i cambiamenti che influenzano i bambini, soprattutto le
visite con il genitore non convivente, o i cambiamenti
nell’organizzazione di vita.
Servizi specialistici: Consulenti familiari, Neuropsichiatri
Infantili, psicologi, pediatri, psicoterapeuti, psichiatri,
mediatori familiari.
Presso i Servizi di Salute Mentale i bambini possono essere
visti da uno o più membri del team multidisciplinare.
Ciascuna di queste figure professionali della salute mentale
può venire coinvolta nella valutazione e nell’intervento
terapeutico, e può vedere i bambini da soli o con le loro
famiglie.
Può anche essere loro richiesto di preparare delle perizie
tecniche, o fornire una consulenza la tribunale in relazione ai
bisogni del bambino, alle visite dei genitori, alla capacità
genitoriale.
Per tutti riteniamo validi alcuni principi guida:
Fornire un setting che costituisca una base sicura da cui
esplorare diverse modalità di relazione nel nuovo contesto
familiare.
Per poter dare ascolto alle diverse “voci”, soprattutto a quella
dei bambini, è utile associare colloqui individuali e familiari.
Permettere a ciascun genitore di fornire la propria versione
della “storia”, tenendo però fermamente il focus sull’obiettivo di
giungere alla collaborazione genitoriale.
Fornire un’opportunità ai bambini di esprimere il loro punto di
vista e i loro sentimenti, aiutarli a comunicare ai genitori le loro
angosce e speranze.
Discutere delle modalità di visita con entrambi i genitori e
mantenere il focus sulla gestione del conflitto piuttosto che
ricercarne i motivi e le ragioni.
Spazio per i bambini
E’ importante per tutti i bambini poter trovare uno spazio
tranquillo per parlare, comunicare, essere ascoltati, ascoltare.
I bambini hanno molto da dire e hanno bisogno dello spazio e
dell’occasione giusta.
Quando i bambini sono visti separatamente dai genitori, si dà
loro l’opportunità di esprimere i propri pensieri e i propri
sentimenti e di darvi un senso, di operare delle connessioni tra
gli eventi e i vissuti così da poter gradualmente sviluppare una
storia più coerente.
Devono essere create le condizioni perché un bambino si
senta sicuro alla presenza dell’adulto professionista e
possa sentirsi libero di parlare dei propri pensieri e
sentimenti, degli aspetti che lo preoccupano nella sua vita.
I bambini hanno bisogno di capire che le informazioni
ottenute nel colloquio saranno usate con i genitori per
migliorare la loro vita.
La maggior parte dei bambini si sente sollevata all’idea
che un adulto responsabile li aiuterà a dar voce alle
proprie paure, o a farlo per loro finché non si sentano
pronti a farlo da sé.
Con alcuni bambini si possono fare domande dirette, ma
spesso è utile far ricorso a mezzi indiretti per dar voce ai
pensieri, ai sentimenti (rabbia, delusione, tristezza, ecc.),
ai vissuti dei bambini:
disegni, giochi (bambole, animali, marionette, casette),
favole (lette, inventate).
I disegni possono essere utilizzati per facilitare la
comunicazione con i bambini, per tradurre alla famiglia i
loro pensieri e i loro sentimenti. Le preoccupazioni dei
bambini spesso vengono svelate attraverso la
rappresentazione grafica quando essi trovano difficile
esprimerle a parole.
Bambole e animali possono essere utilizzati per aiutare i
bambini a rappresentare le situazioni che possono rivelare
preoccupazione. L’espressione di aggressività, la mancanza
di cura, le interazioni negative espresse attraverso il gioco
con questi oggetti forniranno indizi su ciò che sta
accadendo nelle menti dei bambini.
Raccontare le favole
I bambini a volte trovano più facile parlare in modo “oneremove”: lo spostamento e trasferimento dei propri stati
mentali su oggetti esterni a sé, cui vengono fatti agire e/o
provare i loro stessi pensieri e affetti.
Vi sono poi tecniche proiettive specifiche usate in genere
dagli psicologi (CAT, ecc.).
Un aspetto importante del lavoro con i bambini è prestare
attenzione e dare senso all’impatto delle loro comunicazioni
su di noi (transfert e controtransfert).
Irritazione,
ricerca
di
attenzione,
provocazione,
comportamenti aggressivi possono essere molto stressanti da
gestire e tollerare.
Aiutare i genitori per aiutare i bambini.
Ci sono idee da trasmettere ai genitori, che le diverse figure
professionali possono scegliere di utilizzare in modi diversi.
E’ utile lavorare con i singoli membri della famiglia così come con
diverse combinazioni di relazioni familiari. Lo scopo centrale è quello di
aiutare i genitori ad imparare a relazionarsi secondo modalità che
prendano in positiva considerazione il punto di vista dei bambini.
I genitori devono ricordare che i figli hanno sempre una domanda
implicita: si chiedono se sono frutto dell’amore o del non amore dei
genitori. Il bambino può immaginare che, siccome i suoi genitori non si
amano più fra loro, allora non amano più in lui l’altro genitore, in un
certo senso la metà della loro vita. E’ importante che i genitori facciano
capire ai figli di non rimpiangere il fatto di averli messi al mondo.
-I figli devono essere rassicurati che i genitori manterranno il
loro status di genitori anche se non manterranno quello di
coniugi.
-Bisogna far capire ai bambini che la separazione non è
avvenuta per colpa loro. I figli a tutte le età credono di essere
responsabili dei litigi dei genitori e la separazione può
confermare queste paure.
- Non vanno create, nel tentativo di proteggere i figli dal
dolore, false aspettative che la famiglia si possa riunire. E’
meglio che i bambini abbiano una sincera e realistica visione
della situazione.
- Quando si è arrabbiati con i propri figli non bisogna mai dire
loro che sono come il genitore che se ne è andato. E’ facile
usare parole come “sei proprio come tuo padre” se il b. sta
facendo qualcosa che vi ricorda l’ex partner.
Per quanto riguarda la relazione con l’altro genitore bisogna porre
particolare attenzione a non usare i bambini come messaggeri o
tramite e ancor peggio per spiarlo e avere notizie su eventuali
nuove relazioni.
Non bisogna parlare male dell’ex coniuge di fronte ai bambini.
Bisogna cercare di non competere con l’altro genitore magari con
regali o promesse di privilegi per rendersi più attraenti.
Molta prudenza e cautela è anche necessaria quando si
costituiranno nuove relazioni. Ci vuole molta sensibilità per fare
accogliere ai figli nella loro vita fratelli acquisiti.
SISTEMA EDUCATIVO
La scuola: una base sicura.
La scuola diventa un luogo molto importante
quando le altre cose a casa stanno cambiando. E’
necessario far sapere agli insegnanti cosa sta
accadendo così che possano sintonizzarsi con
l’umore e i comportamenti o le eventuali difficoltà
di apprendimento del bambino. Nel caso di
cambiamento di domicilio è necessario cercare di
far continuare al bambino la stessa scuola. così che
non perda gli amici o, se questo non è possibile,
allora chiedere ai bambini con quali amici
desiderino rimanere in contatto e come vederli.
Tenere presente che i bambini desiderano che
entrambi i genitori partecipino agli eventi
scolastici, possibilmente insieme.
La relazione tra le famiglie e la scuola si estende per un
periodo considerevole del ciclo di vita di una famiglia.
Si può riporre molta responsabilità negli insegnanti
quando la famiglia è in uno stato di crisi, sebbene essi
non vi siano preparati.
La scuola viene a conoscenza delle transizioni familiari
per lo più attraverso i bambini. Il divorzio, quale
transizione familiare, è un evento che porta con sé una
complessa rete di emozioni che non sempre rende
facile al bambino comunicare , condividere,
apprendere.
La vita che i bambini hanno a scuola ha i propri piaceri
e doveri, ed implica che le strutture familiari siano in
grado di sostenere il lavoro scolastico del figlio.
Gli anni prescolari
La relazione tra genitori ed insegnanti ha anch’essa un proprio
ciclo di vita. Nel Nido e nella scuola Materna i genitori saranno
molto coinvolti con i bambini . I confini tra casa e scuola sono
molto più permeabili.
L’insegnate d’asilo viene vista dai genitori principalmente come
una figura affettiva, un sostituto materno che aiuterà il bambino a
socializzare, ad abituarsi agli altri bambini e a sviluppare
determinate abilità.
Dalla prospettiva dei bambini, l’asilo
fornirà un mondo di scoperte ed
eccitazione che verrà avvicinato con un
misto di interesse e preoccupazione, un
mondo a cui il bambino si adeguerà più o
meno positivamente in base alla sua
precedente esperienza di attaccamento
sicuro o insicuro.
Età prescolare e rottura genitoriale.
A livello prescolare la relazione tra genitori ed insegnanti è
abbastanza stretta e dovrebbe essere possibile per l’insegnante
offrire sostegno sia al genitore che al bambino, senza per questo
diventare un consulente o un assistente sociale.
L’insegnante d’asilo può essere di notevole aiuto al bambino nel
contesto della classe, mantenendo con il bambino una comunicazione
aperta. E’ importante che i maestri d’asilo si assicurino che i genitori li
informino di qualsiasi cambiamento nella routine dei bambini.
Similmente è utile per i genitori sapere qualsiasi cambiamento di
comportamento del bambino a scuola.L’insegnante deve riconoscere i
cambiamenti nella vita del bambino e normalizzarli (ad es. cambiamento
del genitore che accompagna il bambino all’asilo) e deve assicurarsi che
entrambi i genitori siano informati di qualsiasi evento scolastico; se
necessario, gli insegnanti non devono esitare a chiedere ai genitori di
venire, insieme o separatamente, a parlare del figlio e devono essere
molto chiari su quello che possono e non possono fare nel loro specifico
ruolo.
Gli anni della Scuola elementare.
A volte i bambini si dimenticano materiali e quaderni e si scusano
per il fatto di essere magari stati a dormire in casa di uno dei due
genitori.
Dal punto di vista dei bambini la rottura avviene quasi sempre in modo
improvviso. Il mondo della casa e della scuola sono tenuti insieme nella
mente del bambino e ciò che accade in un contesto ha un impatto
costante sull’altro.
Spesso gli insegnanti sono investiti dalla società della responsabilità di
migliorare da soli quello che è il risultato di complesse influenze sul
bambino. Tanti sono i fattori che influenzano la capacità di
apprendimento di un bambino. Ad es. in un bambino la difficoltà di
lettura, difficoltà nella sequenzialità di anticipare quello che segue in un
testo, può essere legata, una volta escluse altre difficoltà più specifiche,
ad una organizzazione familiare in cui il bambino non può anticipare
quello che gli accadrà, per l’imprevedibilità degli eventi di vita.
Nella letteratura si riconosce che la separazione e il divorzio possono
avere degli effetti sull’apprendimento e sull’adattamento scolastico.
Passaggio alla Scuola Media
Fra i tanti cambiamenti che influenzano i bambini quando
passano alla Scuola media vi sarà l’esperienza di doversi
relazionare a molti più adulti durante l’orario scolastico.
Ricordare orari, relazionarsi a nuovi coetanei o adulti, affrontare la
pressione delle lezioni in diverse materie così come le aspettative dei
diversi insegnanti sui compiti e sul tipo di comportamento, è un compito
arduo.Tra gli 11 e i 16 anni i bambini sviluppano delle relazioni
significative con i loro pari e sono impegnati nel compito di formarsi un
senso di identità separato dalla propria famiglia di origine, sebbene
mantengano dei forti legami con i genitori.Quando si verifica
un’importante transizione come il divorzio dei genitori, ciò rappresenta
una rottura significativa nella vita del giovane che gli rende difficile
concentrarsi a scuola. I bambini possono compiere gesti per richiamare
l’attenzione, possono cercare di identificarsi fortemente con la cultura
dei pari per prendere le distanze dal conflitto genitoriale. Al contrario
possono dedicarsi soprattutto a prendersi cura del genitore, a spese del
proprio sviluppo emotivo e sociale.
La scuola ha bisogno di:
- sviluppare adeguate politiche scolastiche sulle transizioni della
famiglia;
per quanto possibile assicurarsi che entrambi i genitori abbiano
accesso agli incontri scolastici e all’informazione concernente i
progressi dei figli;
-sviluppare un sistema educativo che permetta ai bambini di
sviluppare una relazione di fiducia con un membro specifico
dello staff;
-istruire internamente dei sistemi di sostegno allo staff per
condividere angosce e preoccupazioni nei confronti degli alunni;
- sviluppare relazioni con i servizi specialistici per essere in grado
di inviare gli alunni e di richiedere sostegno per lo staff quando
necessario.
GRAZIE PER L’ATTENZIONE