121

Transcript

121
MAG - AGO 2013
Società Missioni africane
numero 121
SMA
Autorizzazione del Tribunale di Genova N° 18 del 2 aprile 1990 - Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: “Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46) art.1, comma 2, DCB Genova” - detentore
del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa. Imprimé à taxe réduite taxe perçue -Tassa riscossa CMP/CPO Genova -Italia Red./Amm. SMA NOTIZIE Via Francesco Borghero 4 16148 Genova (GE)
Tel. 010.307011 Fax 010.30701240 - C.C.P. 479162 Direttore Responsabile: S. Galli. Redazione: G. Benetti, M. Bonazzetti, A. Porcellato, I. Micheli, R. Zoggia. Stampa Erga Edizioni - Via Imperiale 41r. 16143 Genova
Contiene inserto redazionale “SMA Solidale Onlus”
Iscritta all’Unione Stampa Periodica Italiana Federazione Stampa Missionaria Italiana
notizie
missione
insieme
Messaggio dell’Assemblea
C
arissimi
Il Papa che viene dalla “fine del mondo”, con
il suo stile di presenza e di servizio e la nuova
speranza che egli ha infuso in una Chiesa e in
una società malate di stanchezza e di sfiducia,
ha marcato anche noi lungo tutta questa
assemblea.
Papa Francesco ci ha esortato in questi mesi
a tornare alla semplicità del Vangelo “sine
glossa”, ad essere Chiesa povera che sta con i
poveri, ad andare verso la gente, a stare nelle
periferie geografiche ed esistenziali, a sentirci
fratelli tra fratelli, a lasciarci impregnare
dall’“odore delle pecore”.
Gira aria nuova nella Chiesa, come quando
50 anni fa il Concilio indetto da Papa
Giovanni “aprì le finestre” e invitò la Chiesa a
guardare al mondo con simpatia e ad essere
“sacramento” dell’ unità di tutto il genere
umano.
SMA ITALIA
Assemblea provinciale
pag.
2
Chiamati in Assemblea per riscoprire
l’attualità della nostra vocazione missionaria
e discernere il cammino dei prossimi anni, in
fedeltà creativa al carisma delle origini, anche
noi, nonostante e attraverso tutte le nostre
fragilità e le ferite del mondo in cui viviamo,
ci siamo sentiti felici di essere Chiesa, di essere
nella SMA, di essere inviati ad annunciare la
Buona Notizia della tenerezza di Dio verso
tutti.
Con Papa Francesco anche noi vorremmo dire
tanti “Non abbiate paura!”:
“Non abbiate paura della bontà e della
tenerezza” con i confratelli, soprattutto con i
più anziani e gli ammalati, con gli immigrati,
con i parrocchiani e con chi è lontano dalla
Chiesa o sta in una religione diversa.
“Non abbiate paura di compromettervi”, in
un servizio per la comunità, in una nuova
partenza, nella lotta contro le ingiustizie
e per la pace, nella condivisione delle
incertezze dei più poveri, nella comunione
di vita e di missione in una SMA sempre più
internazionale.
DALLA MISSIONE
ASSEMBLEA Generale
Pag.
6
“Non abbiate paura della solidarietà”
rivedendo lo stile di vita, facendo posto ai
poveri, assumendo responsabilità e servizi in
comunità.
A tutti i giovani che incontriamo vogliamo
ricordare le parole del Papa: “I giovani devono
dire al mondo: è buono seguire Gesù; è buono
andare con Gesù; è buono il messaggio di
Gesù; è buono uscire da se stessi, alle periferie
del mondo e dell’esistenza per portare Gesù!“.
Oltre al Papa che viene dalla “fine del
mondo” ci ha colpito anche il folto numero
di confratelli “dal sud del mondo” presenti
alla nostra Assemblea Generale. Il baricentro
della Chiesa e della SMA si sposta verso il sud
del mondo. Non siamo più protagonisti di
una missione che parte dal nord verso il sud,
siamo collaboratori di chiese locali che devono
sentirsi responsabili della missione “ad gentes”
e di confratelli africani, asiatici e latino(continua a pag.. 2)
(nella foto: i partecipanti all’Assemplea Provinciale 2013)
FOCUS ON AFRICA
Namibia, terra d’Africa
Pag.
12
SMA
SMA - SOCIETà missioni Africane
Messaggio dell’assemblea
Continua da pag.1
americani che condividono con noi la passione
per l’annuncio. Sempre di più, nelle comunità
in Europa e in Africa, saremo chiamati a
lavorare insieme, vedendo l’interculturalità
non come un problema, ma come una risorsa,
fieri di avere potuto trasmettere ad altri
l’ardore missionario che lo Spirito ha acceso nel
Fondatore e in tutta la storia della SMA.
è insieme alle nostre Chiese d’origine e di
ministero, insieme alle nuove realtà della SMA
internazionale, insieme alle Suore NSA, agli
altri istituti religiosi e missionari, insieme ai laici
che chiedono di condividere il nostro carisma,
che vogliamo “essere una risposta concreta
alla vocazione missionaria della Chiesa,
principalmente tra gli Africani e i popoli di
origine africana” (cfr CL 2)
Nel momento in cui anche in Africa si fa sentire
il vento della partecipazione e il desiderio della
democrazia, facciamo nostre le aspirazioni
di libertà dei nostri popoli e ci impegniamo
a sostenerli nella loro ricerca di libertà e di
dignità, rimanendo vicini in particolare ai
migranti e agli esclusi della storia.
Oltre alle motivazioni spirituali, anche la crisi
economica che si vive in Europa e le condizioni
di povertà delle nostre comunità in Africa ci
spingono ad uno stile di vita sobrio e semplice,
ad un uso responsabile delle nostre risorse e
del nostro tempo, cercando “standards di vita”
alti non a livello economico, ma etico-spirituale.
Ci siamo accorti che molte cose che volevamo
dire nei testi di questa Assemblea, già
erano state dette, forse anche meglio, nelle
assemblee precedenti. Come lo scriba del
vangelo, “che estrae dal suo tesoro cose nuove
e cose antiche” (Mt 13,52), anche noi abbiamo
ripreso cose già scritte in passato, perché esse
rimangono pietre miliari del nostro cammino.
I testi delle Assemblee sono efficaci non solo
se sono scritti bene, ma soprattutto, se sono
tradotti e incarnati nella nostra vita.
L’Assemblea è stata per
noi un grande momento
di comunione. Dal 25
al 29 giugno eravamo
più di 30 confratelli a
partecipare alla Mini
Assemblea. Anche gli
altri erano con noi nella
preghiera e attraverso
i rapporti presentati.
Leggendoli ci siamo resi
conto dei “mirabilia Dei”
di cui è intessuta la vita e
il servizio dei confratelli e
delle comunità.
Ringraziamo di cuore
l’Equipe che ci ha guidato
negli scorsi sei anni: P.
Lionello Melchiori, P.
Antonio Porcellato e P.
Andrea Mandonico e
ci stringiamo attorno
alla nuova équipe
che abbiamo scelto:
P. Luigino Frattin, P.
Leopoldo Molena e P.
Lorenzo Snider. Per loro
preghiamo:
“Incominciamo questo cammino ... di
fratellanza, amore, fiducia tra noi. Preghiamo
sempre per noi, l’uno per l’altro, perché vi sia
una grande fratellanza» (Papa Francesco).
In quest’anno della fede, alla soglia del
bicentenario della nascita del nostro Fondatore,
vogliamo ricordare le sue parole:
“Preparatevi al vostro futuro ministero facendo
grandi provviste di fede. Non affidatevi alla
vostra scienza, alla vostra eloquenza e agli altri
vantaggi naturali che vi derivano dai talenti,
dalla fortuna, dall’abilità nel tessere relazioni.
Tutto questo vi servirà solo se riporrete la
vostra fiducia nella fede. Perché in Cristo
Padre Paul Enin (con P. Lionello), ex vicario gnerale che ha animato il nostro
incontro
Pag.
2
I partecipanti alla miniassemblea che ha preceduto
l’Assemblea Provinciale
Gesù non è la circoncisione che vale o la non
circoncisione, ma la fede che si rende operosa
per mezzo della carità. (Gal 5,6).
Non cercate di costruire su altro fondamento,
cari giovani, infatti nessuno può porre un
fondamento diverso da quello che già vi si
trova, che è Gesù Cristo (1Cor 3,11). Tutto ciò
che non poggia su questo fondamento è come
una casa costruita sulla sabbia.”
(Brésillac - Soissons, juin 1855;, 549-550).
Una riunione dell’Assemblea Provinciale
SMA - SOCIETà missioni Africane
SMA
Il nuovo Consiglio
provinciale
Il ruolo del Consiglio Provinciale
Il Superiore Provinciale e il suo Consiglio governano e animano la Provincia secondo
le Costituzioni e le Leggi della Società, e le decisioni delle Assemblee Generali
e Provinciali (cfr CL 106). Essi formano insieme un’”équipe” di cui il Superiore
Provinciale è il responsabile.
Il Superiore Provinciale ha un Consiglio è formato da due membri: il Viceprovinciale e il Consigliere provinciale. Come il Superiore Provinciale, anch’essi
risiedono in Italia.
Superiore Provinciale e il suo Consiglio si riuniscono regolarmente per un
tempo sufficiente al fine di pregare, studiare, riflettere e provvedere insieme
all’animazione e alla amministrazione della Provincia.
P. Luigino Frattin
P. LEOPOLDO MOLENA
P. Lorenzo Snider
è nato a Loria (TV), il 10 febbraio 1953 (compie
gli anni lo stesso giorno del Superiore Generale
della SMA, P. Fachtna, che è più giovane di un
anno). Dopo gli studi secondari nel Seminario
Vescovile di Treviso, è entrato nel 1972 alla SMA
ed ha frequentato la teologia nel Seminario
di Genova. Ordinato sacerdote il 30 settembre
1978, ha passato dapprima un anno a Feriole
(PD) e poi il 10 agosto 1979 è partito per a
Costa d’Avorio insieme con P. Finotti . Per 10
anni ha lavorato Abengourou e Bondoukou e
con una parentesi di due anni a Roma dove nel
1988 ha conseguito una licenza in missiologia
all’Università Gregoriana. Dal 1991 al 1998 è
tornato in Italia per animazione missionaria
dapprima nella casa di Palombaio (BA) e poi
in quella di Feriole. Nel 1999, dopo un breve
soggiorno in Portogallo per imparare la Lingua,
è andato a Luanda (Angola) dove è rimasto 14
anni, fino a pochi giorni fa. È sempre rimasto
nel quartiere di Kikolo, dove ha visto crescere
tumultuosamente la popolazione, nascere la
parrocchia del Bom Pastor e infine la diocesi di
Caxito, di cui è Vicario Generale.
è nato a Piove di Sacco il 24 Aprile 1953, è
stato ordinato sacerdote SMA l’8 giugno 1986.
Ha lavorato dapprima in Costa d’Avorio, in
particolare nella parrocchia di Port Bouet,
nei pressi di Abidjan. Dal 1992 al 2001 è stato
in Italia, a Genova come formatore e come
consigliere provinciale. E’ poi tornato in
Africa, sempre con il compito di formatore dei
seminaristi SMA dapprima a Ibadan (Nigeria) e
poi a Calavi ( Benin). Dove fino all’anno scorso
è stato Superiore del Centro Brésillac, sede
dell’Anno Internazionale di spiritualità. Come
viceprovinciale ha un incarico di 6 anni, fino
al 2019.
Nato nelle montagne di Chiavenna il 23 ottobre
1976, ha frequentato il Seminario di Como da
dove è passato alla SMA.
Dopo due anni di esperienza in Costa d’Avorio
a Abidjan, è stato ordinato sacerdote il 10
giugno 2006. Ha poi continuato il suo ministero
in Costa d’Avorio nella diocesi di San Pedro,
prima in città e poi nella nuova parrocchia di
Doba. Attualmente è animatore Missionario
nella Comunità di Feriole.
Pag.
3
SMA - SOCIETà missioni Africane
Nelson Mandela, in prima fila
per l’uguaglianza dei popoli
N
elson Mandela, icona del nostro tempo e simbolo di
democrazia e di speranza per i popoli oppressi di tutto il
mondo, in questi giorni lotta tra la vita e la morte in un letto
d’ospedale a Pretoria, la sua città, circondato dall’affetto
di molti che hanno lottato accanto a lui per cancellare dal
Sudafrica la vergogna dell’Apartheid. Anche se per arrivare
ad una piena realizzazione del sogno di Mandela la strada da
fare è ancora molto lunga, in questo numero di SMA Notizie
ci sembra importante dare spazio alla sua figura e lo facciamo
riportando un articolo comparso il 18 luglio, giorno del suo 95°
compleanno, su Internazionale. (http://www.internazionale.it/
news/sudafrica/2013/07/18/tanti-auguri-madiba-2/)
Tanti auguri Madiba
L’ex presidente sudafricano Nelson Mandela oggi festeggia i suoi 95 anni in ospedale. È ricoverato
in una clinica di Pretoria dall’8 giugno per una grave infezione ai polmoni. In occasione del suo
compleanno il presidente sudafricano Jacob Zuma ha dichiarato che le condizioni di Mandela
migliorano di giorno in giorno. Per la prima volta da quando Mandela è in ospedale, non si parla
di una situazione “critica” in un comunicato stampa divulgato dalla presidenza sulla salute dell’ex
presidente.
Il 18 luglio, giorno del compleanno di Mandela, si festeggia il Mandela day in tutto il mondo. Si
tratta di una giornata dedicata dall’Onu all’ex presidente sudafricano, in cui vengono promosse
azioni benefiche e di sostegno dei diritti umani. Ciascun cittadino dovrebbe dedicare almeno 67
minuti della sua giornata al servizio degli altri, durante il Mandela day, in omaggio ai 67 anni di
militanza di Nelson Mandela, eroe della lotta contro l’apartheid.
Il presidente statunitense Barack Obama ha fatto gli auguri a Mandela e ha ricordato che è “un
esempio straordinario di coraggio, gentilezza e umiltà”.
Una delle figlie di Mandela, Zindzi, ha dichiarato a Sky News che la salute di suo padre “fa
dei discreti progressi”. Una buona notizia, dopo che nelle ultime settimane c’era stata molta
apprensione intorno alle condizioni di salute dell’anziano leader.
Una lunga vita di lotte. Mandela è nato il 18 luglio 1918 dalla famiglia reale dei thembu, una
tribù di etnia xhosa della provincia del Capo orientale. Il suo nome in lingua xhosa, Rolihlahla, ha
un significato quasi profetico: “attaccabrighe”. Sarà chiamato Nelson solo quando comincerà a
frequentare il collegio britannico di Healdtown.
Studia legge all’università di Fort Hare e all’università di Witwatersrand, a Johannesburg. Nella
metà degli anni quaranta si unisce all’African national congress (Anc). Insieme a Walter Sisulu e
Oliver Tambo, crea la Lega giovanile dell’Anc. Dal 1948 partecipa attivamente alle campagne di
resistenza contro la politica di apartheid e segregazione razziale messa in atto dal regime.
In quegli anni Mandela fonda uno studio legale per dare assistenza a basso prezzo o gratuita
ai neri che diventa il centro della lotta alla discriminazione razziale. Nel 1962 viene arrestato e
condannato a cinque anni di lavori forzati per incitamento alla dissidenza e viaggi all’estero non
autorizzati. Mentre sconta la condanna, è di nuovo accusato di sabotaggio al processo di Rivonia.
Nel 1964 Mandela è condannato con i suoi compagni alla pena massima: l’ergastolo, da scontare a
Robben island, un isolotto in mezzo all’oceano Atlantico di fronte a Città del Capo.
In prigione diventa il leader della lotta contro l’apartheid. Dopo aver rifiutato più volte di essere
liberato o di ricevere un trattamento di riguardo in carcere in cambio di un appello all’Anc perché
cessasse la lotta, viene liberato l’11 febbraio 1990, soprattutto grazie alle pressioni della comunità
internazionale.
Appena uscito di prigione, diventa presidente dell’Anc e avvia un dialogo con il presidente
Frederik De Klerk per pacificare il paese: nel 1993 i due leader sudafricani ricevono il premio
Nobel per la pace.
Nel 1994 Mandela si candida alle elezioni presidenziali. È una campagna elettorale quasi scontata
e Mandela viene eletto: è il primo presidente nero del paese. Nel corso della sua presidenza viene
istituita la Commissione per la verità e la riconciliazione, che ascolta le testimonianze delle vittime
e dei responsabili dei crimini commessi durante l’apartheid.
Il 18 luglio 1998, il giorno del suo ottantesimo compleanno, Mandela, che nel 1992 si era separato
dalla moglie Winnie, sposa Graça Machel, vedova del defunto presidente del Mozambico Samora
Machel.
Mandela si è ritirato ufficialmente dalla vita pubblica nel 1999, mantenendo attivo il suo impegno
a favore dei diritti umani, in particolare della lotta all’aids.
GARANZIA DI TUTELA DEI DATI PERSONALI. La Società Missioni Africane gestisce i vostri dati personali in conformità alla Legge sulla
Privacy n° 675/96. Essi sono trattati direttamente dalla SMA per l’invio delle sue pubblicazioni e informazioni sulle proprie iniziative. Non
sono comunicati o ceduti a terzi. Responsabile dei dati è: Padre Procuratore SMA, via Borghero 4, Genova. I vostri dati anagrafici sono
condivisi, con gli stessi criteri, con l’Associazione SMA Solidale Onlus, Via Romana di Quarto 179, Genova. In conformità al DL 30/06/2003
n° 196 potete in ogni momento consultare i dati che vi riguardano e chiederne la cancellazione, dietro semplice richiesta scritta.
Pag.
4
2013-2014
Festa SMA
FERIOLE 2013
“Ti stavo
aspettando...”
...Perché vi porto nel cuore
(Fil 1,7)
Ecco il programma della
festa SMA di quest’anno:
Venerdì 6 settembre, ore 21.00
Fiaccolata a Feriole: testimonianze e
segni per la missione di oggi e di domani
Sabato 7 settembre, ore 18.00
Eucaristia di apertura, con il nuovo
consiglio generale
Domenica 8 settembre, ore 10.30
Eucaristia: ‘la missione che porto nel
cuore’
ore 21.00
Spazio Giovani (musica, testimonianze,
immagini dal mondo giovane)
Mercoledì 11 settembre, ore 21.00
Cineforum
Venerdì 13 settembre, ore 21.00
Veglia di preghiera: ‘Ti stavo
aspettando...’: l’amore di Dio, il grido
dell’uomo
Sabato 14 settembre, ore 18.00
Eucaristia
Domenica 15 settembre, ore 10.30
Eucaristia della famiglia
Nei due week end:
incontri, filmati, spazio ‘adorazione’,
danze, giochi per ogni età, pesca,
mercatini e stand gastronomico
SMA - SOCIETà missioni Africane
La SMA in festa
italia
Genova
U
n po’ in ritardo rispetto alle date solite,
fine giugno in concomitanza con
l’anniversario della morte del fondatore Mons
de Brèsillaca avvenuta il 25 giugno 1859,
anche quest’anno si è tenuta l’annuale festaincontro presso la casa della SMA a Genova
quarto.
Le occasioni di ringraziare Dio facendo festa
non mancavano. Oltre alle “solite”, c’era la
presentazione e il confidare a Dio il servizio
dei nuovi responsabili che guideranno la SMA
italiana per i prossimi sei anni (per conoscerli
meglio vedi pag. 3).
I giubilei sacerdotali di P. Lorenzo Rapetti e
di p. Dario Falcone, tutti e due con 50 anni di
ministero a servizio di Dio e delle comunità.
Un po’ più indietro nel cammino ma appunto
in cammino P. Giovanni Benetti e p. Walter
Maccalli, arrivati a 25 anni di ministero. P.
Walter non era presente fisicamente, ma
in comunione con noi dalla sua missione di
Nambuangongo in Angola.
Inoltre festeggiavano i 60 anni di vita
religiosa suor Maria Grazia Fontane e suor
Gaetana Torre, suore di Nostra Signora
degli Apostoli che vivono nella comunità di
Genova.
Nel tardo pomeriggio all’accoglienza dei vari
amici che hanno avuto la gioia di incontrare
i vari padri, presenti in buon numero a causa dell’Assemblea
Provinciale, è seguita la celebrazione Eucaristica presieduta da p.
Luigino Frattin, nuovo superiore provinciale. Celebrazione Eucaristica
animata dalla corale di Murazzo, la parrocchia dove svolge il
ministero P. Dario Falcone.
Terminata l’eucaristia, con il festeggiamento di tutti i padri giubilari
e delle suore, la festa è continuata con la condivisione della cena.
Ognuno aveva portato qualcosa e ognuno ha avuto qualcosa. Anche
questo è motivo di gioia.
In alto: la celebrazione Eucaristica presieduta da P. Luigino Frattin, nuovo provinciale. Sotto: i preparativi e il “finale” della festa
Pag.
5
2013 ASSEMBLEE SMA SMA - SOCIETà missioni Africane
In Cammino... Per formare
O
gni sei anni la Società delle Missioni
Africane (SMA.) è chiamata a rinnovarsi
nelle strutture, nei superiori che dovranno
guidarla, ma soprattutto nello spirito.
Rinnovare lo spirito significa avere anzitutto la
capacità di guardare e capire ciò che la società
umana, ma soprattutto quella della parte di
Africa dove siamo chiamati a evangelizzare,
sta vivendo, quali sono i problemi, come li
affrontano e quale è invece la nostra risposta,
quella del Vangelo che siamo chiamati a
proclamare e a vivere.
In questi ultimi tempi si tratta spesso di fare
attenzione ai conflitti interni inventati o
imposti al continente africano da chi vuole
approfittarne dall’esterno per appropriarsi
delle materie prime, ma anche di conflitti tra
generazioni , tra i detentori delle tradizioni
secolari e dei giovani che vivono nell’era della
globalizzazione e della comunicazione virtuale.
Ci sono inoltre i conflitti nuovi
drammaticamente creati tra religioni e che
prima non esistevano: la parte dell’Islam
radicale e il cristianesimo, visto come
distruzione del “credente”, accusato di portare
il secolarismo occidentale, che si oppone ai
valori spirituali del fedeli di Allah e del suo
profeta Maometto.
La Chiesa e i suoi diretti responsabili, i vescovi
e il clero locale, anzitutto, ma anche noi
missionari siamo chiamati a dare delle risposte.
E’ dunque per questo che ogni sei anni la
SMA ha bisogno di confrontarsi e rinnovarsi
attraverso le Assemblee, prima quella generale,
alla quale partecipano tutti i responsabile
delle varie comunità nazionali in Europa, Africa
e Asia, poi quelle di ogni comunità nei rispettivi
paesi, quelle che nel nostro gergo chiamiamo
Province, Distretti e Distretti in formazione.
“SMA Notizie” ha cercato in questi ultimi numeri
di mettervi al corrente e di sensibilizzarvi a
questi importanti appuntamenti.
L’Assemblea Generale
L’assemblea generale si è tenuta a Roma, alla
casa generalizia della SMA, dal 9 aprile al 4
maggio 2013.
Si è conclusa con i dei testi che vogliono guidare
la nostra vita di missionari nel prossimo futuro:
le scelte della nostra Missione, soprattutto
in Africa : luoghi di prima evangelizzazione, i
gruppi umani “più poveri e più abbandonati”
da privilegiare, le situazioni di conflitto da
affrontare come pure quelle dell’estremismo
religioso e di violenza dove siamo presenti.
Abbiamo ribadito che la nostra missione non
è legata a dei “territori di missione”, ma a dei
gruppi umani dimenticati, come i rifugiati,
i prigionieri, le vittime del traffico umano
(prostituzione delle ragazze in Europa).
Per poter far condividere la nostra missione con
chi ci è amico e prega per noi, dobbiamo pure
avvalerci delle nuove tecnologie per diffondere
il nostro messaggio e la nostra testimonianza
di missionari, usando dei mezzi moderni per
entrare in dialogo con le persone che vogliono
interpellarci.
La Missione a noi affidata esige una vita
morale di “alta qualità” dove il celibato è
veramente vissuto, dove l’autorità è servizio,
dove dobbiamo dare prova di responsabilità e
I partecipanti all’Assembea Generale con al centro il nuovo Consiglio Generale
Pag.
6
di trasparenza, dove ogni persona, compresi i
bambini, è rispettata.
La formazione
La formazione dei giovani che vogliono
diventare missionari: nella formazione,
l’equilibrio personale è più importante che
le cose da studiare e da conoscere; i nuovi
missionari della SMA dovranno avere una
più solida formazione: non si tratta solo di
“predicare il Vangelo”, ma di conoscere la gente
a cui siamo inviati, la loro cultura, la loro lingua,
veicolo necessario per poterli incontrare in
profondità. La formazione richiede tempi più
lunghi di una volta: oltre agli studi di filosofia
e di teologia (almeno 6 anni pieni), i futuri
missionari devono accettare di vivere un anno
di spiritualità che faccia conoscere il Fondatore,
la spiritualità SMA come base per vivere
insieme, per scegliere e programmare le attività
apostoliche che tengano conto che siamo
“per i più abbandonati”, sia in zone di prima
evangelizzazione che nelle periferie delle città
abitate da popolazioni venute dalle campagne
con la speranza di un futuro migliore; è una vita
spirituale seria che deve sostenerci per essere
veri testimoni di Gesù Cristo, Amore di Dio che
salva ogni uomo e tutto l’uomo.
La sfida nuova che ci sta davanti è quella di
vivere la vita in comune e internazionale più in
profondità e questo non è sempre facile.
La formazione all’interculturalità ha bisogno di
allenamento; esso si impara lavorando insieme
nelle piccole attività di ogni giorno (lavori
manuali, attività parrocchiali), nella preghiera,
nell’accoglienza della gente.
La spiritualità fondata sui consigli evangelici
SMA - SOCIETà missioni Africane
2013 ASSEMBLEE SMA
un solo popolo di fratelli
e sul carisma di Mons.. De Brésillac e dei padri
che hanno seguito le sue tracce, richiede amore
senza condizioni, rispetto e apprezzamento
reciproci. Ai formatori è richiesto di formare
non dei semplici preti che presentino il Vangelo
e la Chiesa, ma degli uomini solidi, maturi, veri,
sicuri nella risposta alla loro vocazione, coscienti
però delle loro fragilità che li mantiene umili e
bisognosi dell’aiuto di Dio e degli altri.
Lo stile di vita
Lo stile di vita comunitaria e internazionale
deve far seguito alla spiritualità, dove il
vivere insieme diversi per cultura e per
comportamenti, diventa ricchezza da
testimoniare come presenza di Dio attraverso
una vita comunitaria vissuta con convinzione,
passione e gioia, anche se bisogna mettere
in conto le difficoltà di relazioni derivate da
culture diverse, da diversi caratteri;
la vita fraterna a cui Dio ci chiama è segno
visibile del nuovo popolo che Dio ha fondato
con l’invio di Gesù Cristo, è immagine della
Trinità che vive di amore;
L’amministrazione e le nuove
strutture
l’amministrazione e le nuove strutture da
rivedere, perché la SMA è un’unica realtà e
non tante entità staccate l’una dall’altra. La
SMA in Europa e in America sta invecchiando
e ha bisogno di personale giovane che ci può
venire solo dall’Africa e dall’Asia dove la SMA si
sviluppa sempre di più.
E’ necessario che ci sia scambio di ricchezze che
facciano vivere la nostra comunità missionaria:
alle ricchezze materiali e finanziarie che
vengono dalle vecchie comunità europee e
americane, deve corrispondere uno scambio di
ricchezze in personale provenienti dall’Africa e
dall’India, dove le vocazioni alla vita missionaria
sono ancora numerose.
Le finanze
Le finanze: da sempre la SMA ha vissuto la sua
missione grazie all’aiuto di tanti benefattori.
Il sostegno finanziario dei missionari che vivono
in zone dove la comunità cristiana non esiste o
è ridotta a poche persone, per lo più povere,
richiede un minimo di strutture per vivere e di
cappelle per la riunione dei fedeli , come pure
di mezzi di trasporto per visitare la gente sparsa
in numerosi villaggi e accampamenti, molte
volte distanti dalla missione centrale decine di
chilometri, a volte superano anche i 100.
La SMA internazionale vive di carità; i fondi per
la prima evangelizzazione e per la solidarietà
gestito dal consiglio generale sono quelli più
importanti, assieme a quello della formazione
dei futuri missionari e per la gestione delle
varie case in cui sono formati.
La SMA italiana ha lanciato, oltre alla richiesta
di questue nelle giornate missionarie, di offerte
per celebrare delle S. Messe, di doni, di lasciti,
le borse di studio per aiutare alla formazione
di questi giovani seminaristi missionari che sono
chiamate BSAG (borse di studio “ad gentes”):
è una maniera che proponiamo anche a chi,
come voi, ci sostiene e
vuole partecipare con
noi per continuare la
missione di Gesù a noi
affidata perché questi
prossimi missionari
africani e indiani
possano affiancarsi
a noi, anche in Italia.
Nella Santa Messa di
ringraziamento alla
fine dell’assemblea
generale ci è stato
dato un motto che
diventa così anche un
impegno: è in fondo
alla vecchia corda
che si può tessera
la nuova (proverbio
africano).
La frase illustra molto
bene ciò che noi
abbiamo vissuto e
cercato di proporci per l’avvenire; una proposta
di continuità e di autenticità, di fedeltà al
passato e di slancio per un nuovo avvenire.
Ci guiderà un nuovo gruppo di superiori
abbastanza giovani, tra i quali il nostro p.
Antonio Porcellato eletto come vicario generale
della SMA internazionale. Il superiore generale,
irlandese P. Facthna O’Driscoll, 59 anni, avrà come
consiglieri, oltre a P. Antonio (58 anni), due padri
che vengono dalle nuove comunità missionarie
della SMA, l’uno dal Benin, dove P. Francesco
Borghero è arrivato come primo missionario 152
anni fa, il P. François Gnonhossou (52 anni) e
l’altro dall’India, dove il nostro fondatore è stato
missionario e vescovo, il P. Francis Rozario (38
anni), uno tra i più giovani delegati all’assemblea
generale.
Essi dovranno aiutare tutta la SMA a rinnovarsi
mettendo il pratica ciò che per un mese
l’assemblea generale è stata chiamata a riflettere
e a proporre a tutta la SMA per l’avvenire dei 6
prossimi anni.
Le varie assemblee delle entità nazionali
(Province, Distretti, Distretti in formazione)
dovranno riprendere i documenti dell’assemblea
generale per applicarli alle loro singole realtà
facendo scelte di Missione, Spiritualità,
Stile di vita, Formazione, Strutture e
Amministrazione, Finanze che siano coerenti
con quanto deciso dall’assemblea generale.
Non ci è mancata la sollecitazione, sempre
presente soprattutto nella preghiera,
dell’impegno della Chiesa per una “nuova
evangelizzazione”, del meditare sulle parole e
sui gesti del nuovo Papa Francesco che abbiamo
potuto incontrare il primo maggio, in particolare
per una spiritualità e uno stile di vita che sia in
rapporto con ciò che vivono i poveri del mondo e
specialmente dell’Africa, in una vita di fraternità
aperta alla gente che siamo chiamati a incontrare,
a conoscere, ad amare, ad evangelizzare.
Ma soprattutto la riflessione ha avuto come
sfondo la consapevolezza rinnovata della
necessità anche della presenza di missionari in
Africa.
Quale sarà l’avvenire della SMA dopo questa
assemblea generale?
Sarà quello che costruiremo insieme come
unica comunità internazionale voluta da Dio
attraverso la chiamata di Mons. De Brésillac
che ha voluto non solo essere fondatore di
una comunità missionaria, ma che è stato tra
i primi a partire per la missione e tra i primi a
morire per essa per primo ha dato la vita a 46
anni. Ma abbiamo bisogno anche della vostra
collaborazione con la preghiera, l’amicizia e
l’aiuto nei modi che vi sono possibili.
Lo spirito di famiglia vissuto durante
l’assemblea generale ha dato il segnale di
una nuova comunità rinnovata, dove “vecchi”
e “giovani” non hanno rivendicazioni da
presentare, dove l’interculturalità è presentata
come ricchezza da vivere con entusiasmo e
amore perché è disegno e volere di Dio di
“formare un solo popolo di fratelli” di cui la
nostra comunità deve essere segno visibile.
Tutti hanno apprezzato la capacità di
ascoltarci senza pregiudizi, di accogliere
le opinioni più diverse, accettando che
ognuno veda la realtà da un angolo tutto
suo, sconosciuto agli altri, accettando nella
programmazione anche ruoli diversi da vivere
per ringiovanire una comunità che ha ancora
qualcosa da proporre al mondo, alla chiesa,
alle popolazioni alle quali è inviata.
Nella preghiera che ci è stata proposta per
chiedere l’aiuto dello Spirito che ci assista nelle
nostre assemblee, una frase mi è rimasta nel
cuore e che ritengo sempre valida per la mia
preghiera:
Signore, che la tua volontà sia sempre una
festa per noi!
La affido anche a voi perché noi tutti,
missionari della SMA, possiamo andare avanti
con fiducia e con gioia.
P. Lionello Melchiori
Pag.
7
SMA - SOCIETà missioni Africane
Repubblica Centrafricana:
“Du jamais vu!”
Senegal: un progetto da
14mila ecovillaggi
D
verdenero
a ormai qualche anno, è attiva in Senegal l’Agenzia nazionale
degli ecovillaggi (ANEV). È stata creata nel 2008 con il
benestare dell’allora Presidente Abdoulaye Wade. L’obiettivo
dell’Agenzia è quello di stimolare all’interno del paese un
modello di sviluppo sostenibile, oltre che ecologico, fondato
sulla partecipazione attiva dei cittadini. Ciò incoraggia a più
livelli l’adozione di progetti che proteggano concretamente
gli ecosistemi e che al contempo riducano l’inquinamento
dell’aria e dei bacini idrici. Per promuovere questo modello
ecologico, l’attuale amministrazione governativa senegalese,
appoggiata dalla ANEV, sta sostenendo in tutta la nazione
lo sviluppo di ecovillaggi. Si tratta di centri abitativi basati
su principi comunitaristici e solidali, all’interno dei quali le
persone cooperano, lavorano, interagiscono per lottare contro
un duplice processo involutivo preoccupante: la degradazione
dell’ambiente naturale e la degradazione sociale. In sintesi, si
possono individuare quattro dimensioni di sostenibilità correlate
fra loro per formare un ecovillaggio: la dimensione culturale,
sociale, economica ed ecologica. Tutte sono necessarie e ognuna
si deve integrare alle altre. In Senegal se ne contano già numerosi,
ma l’obiettivo lanciato dall’attuale Direttore generale della ANEV,
Demba Mamadou Bâ, è quello di crearne ben 14mila entro il 2020.
Un progetto encomiabile e al tempo stesso complesso da attuare.
Determinanti per la concreta realizzazione di questo piano saranno
i fondi a disposizione, nonché la volontà, la partecipazione e
l’educazione ambientale delle persone coinvolte. Tra gli ecovillaggi
pilota vi è quello di Tobor, situato a circa dieci chilometri da
Ziguinchor, nella regione della Casamance, dove vengono promossi
la produzione e il consumo locale in un’ottica di preservazione
dell’habitat. Proteggere e valorizzare le risorse del territorio
ha come effetto la riduzione della povertà e dell’insicurezza
alimentare, poiché il cibo può essere prodotto direttamente nel
villaggio, bypassando importazioni, oltre che lunghi e costosi
trasporti delle merci. Il progetto degli ecovillaggi è appoggiato
anche da associazioni e Ong, come SOS environnement. Secondo
gli artefici dell’iniziativa, la struttura degli ecovillaggi permette
di creare nuova occupazione strettamente connessa al settore
ecologico-ambientale. Indispensabile in tutto questo è l’educazione
delle persone, attraverso corsi mirati, incentrati sulle moderne
pratiche agricole sostenibili. Ma è soprattutto fondamentale
educare i più giovani, ecco perché sono previsti programmi di
informazione nelle scuole. Tra queste figura il liceo Lamine Guèye
di Dakar, scelto come istituto pilota per portare avanti programmi
di studi incentrati sulla preservazione dell’ambiente. Perché sono
importanti gli ecovillaggi? Essi sono fondamentali per ridare nuovi
stimoli di cooperazione, non solo economica, tra gli abitanti di
un centro urbano. Un tipo di cooperazione che ha come obiettivo
comune per tutte le persone coinvolte quello di interrompere
il ciclo della povertà e dell’emigrazione. In Senegal, soprattutto
nella regione della Casamance, lo sviluppo degli ecovillaggi
rappresenta una sorta di perfezionamento del già esistente
“turismo rurale integrato”, con la differenza fondamentale che i
primi non si indirizzano a stranieri e viaggiatori, bensì alla gente
del posto in un’ottica di sviluppo sostenibile. La realizzazione degli
ecovillaggi non ha come fine ultimo la crescita economica, ma il
miglioramento della qualità di vita in armonia con l’ambiente.
Proteggere la biodiversità e ridurre le emissioni degli agenti
inquinanti sono due punti chiave per sviluppare modelli esistenziali
più rispettosi dell’uomo e della natura che lo circonda. In Africa
sono già presenti o si stanno avviando ecovillaggi in altre nazioni,
tra cui Liberia, Benin, Gabon, Etiopia, Zimbabwe, Kenya e
Sudafrica.
Silvia Turrin
Pag.
8
NOTIZIE
IN BREVE
(“Mai visto prima”)
“
Più di 60.000 bambini e loro familiari soffrono una grave penuria
alimentare e più di 200.000 bambini e loro familiari sono stati
costretti a fuggire dalle loro case nel corso degli ultimi 6 mesi” denuncia
un appello sottoscritto da 9 organizzazioni umanitarie che operano
nella Repubblica Centrafricana, e da S.E. Mons. Dieudonné Nzapalainga,
Arcivescovo di Bangui.
Il documento traccia un quadro drammatico della situazione del
Centrafrica a pochi mesi dalla cacciata dell’ex Presidente François
Bozizé e l’arrivo al potere di Michel Djotodia, leader della coalizione
ribelle Seleka. “La maggior parte dei centri sanitari del Paese sono
chiusi da 6 mesi, circa un milione di bambini non andranno a scuola e la
popolazione è priva dei servizi più elementari”. A questo si aggiunge la
mancanza di sicurezza che colpisce soprattutto i più deboli ed indifesi:
“i bambini, e in particolare bambine e ragazze, sono esposti a un gran
numero di abusi, in particolare violenze sessuali e matrimoni precoci”.
Migliaia di bambini sono reclutati a forza nelle file dei gruppi armati.
“Una situazione mai vista prima nel nostro Paese” afferma Sua Ecc
Mons. Dieudonné Nzapalainga, Arcivescovo di Bangui, capitale della
Repubblica Centrafricana, una situazione è così drammatica che si
può sintetizzare con l’espressione “di mai visto prima” per il livello di
distruzione causato dai ribelli Seleka.
“Di mai visto prima” per quanto riguarda le distruzioni dei beni civili
e dell’amministrazione dello Stato (in particolare gli archivi. “Che cosa
spinge queste persone ad annichilire la memoria, bruciando i documenti
amministrativi e gli altri archivi?” si chiede l’Arcivescovo). “Mai visto
prima” un simile accanimento contro i cristiani, cattolici e protestanti.
“Di mai visto prima” come numero di mercenari tra le file della ribellione
che vivono sulle spalle della stremata popolazione centrafricana.
“La mia speranza- dice l’Arcivescovo di Bangui - è vedere la Repubblica
Centrafricana unita. Che tutti i suoi figli, tutte le sue regioni, tutte le sue
tribù, tutte le sue etnie possano sentirsi centrafricani, perché l’unità dà
la forza”. “È ora di sfidare i nostri interessi egoistici e di cercare quello ci
unisce” conclude Mons. Nzapalainga.
Le nuove autorità si sono impegnate a riportare sotto controllo la
situazione dopo la cacciata dell’ex Presidente François Bozizé, “ma il
problema - come riferisce il missione - è che ribelli si stanno dividendo in
diversi gruppi che non riconoscono nessuna autorità”.
Il disarmo dei ribelli è condotto dalla forza di pace dei Paesi dell’Africa
Centrale (FOMAC). La stampa locale ha riportato i sospetti diffusi tra la
popolazione sui militari ciadiani che fanno parte della FOMAC, che di
giorno confischerebbero le armi ai ribelli, per poi riconsegnarle agli stessi
gruppi di notte.
La Chiesa che ha subito danni enormi nelle sue strutture a causa
delle razzie dei ribelli, continua la sua opera di sensibilizzazione sulla
situazione del Centrafrica, aiutando la popolazione a ritrovare la
speranza.
“Fedeli alla missione della Chiesa di annunciare Cristo e di dare voce
ai senza voce” sottolinea il messaggio, i Vescovi tracciano un quadro
allarmante dello stato della nazione. Sul piano sociale “non si è ancora
finito di contare le perdite di vite umane, e gli stupri, i saccheggi, i
villaggi incendiati, le distruzione dei campi, le violazioni e i saccheggi
di domicili privati, le famiglie illegalmente espropriate delle loro case
occupate abusivamente da un uomo forte o da una banda armata. Il
tessuto sociale è completamento lacerato”.
La Chiesa rinnova la sua disponibilità a proseguire la collaborazione con
lo Stato nell’educazione, nella sanità e nella ricerca della pace e della
riconciliazione, ma chiede misure concrete per stabilizzare la situazione
(disarmo, rimpatrio dei mercenari, indennizzo delle vittime, sicurezza
ecc..) per ridare speranza al popolo centrafricana.
SMA - SOCIETà missioni Africane
DALLA MISSIONE
COSTA D’AVORIO
costa d’avorio
terra di missione
I
l rapporto tra la SMA e la Costa d’Avorio
dura ormai da quasi 118 anni. Era infatti il
28 ottobre 1895, quando i primi due padri
SMA francesi misero piede a Grand Bassam.
Da allora la Chiesa in Costa d’Avorio è
cresciuta, e se sono 77 i padri SMA sepolti
nel paese, la loro opera missionaria ha dato
e continua a dare molti frutti, soprattutto
dal 1983, anno in cui l’Assemblea Generale
ha permesso l’ingresso di africani nella SMA.
Se nel 1980, quando padre Dario Dozio, oggi
responsabile della casa regionale di AboboDoumé (Abidjan), è sbarcato nella prima
volta nel paese, i missionari SMA erano
ancora più di 150, mentre oggi i numeri si
assottigliano sempre di più e, per esempio,
gli SMA presenti nel paese nello scorso anno
pastorale erano solo 30.... ma è giusto così...
i missionari devono continuare a gettare
semi là dove il Vangelo è ancora sconosciuto
e ormai (per fortuna) in Costa d’Avorio la
messe delle vocazioni e delle conversioni
è molto ricca. Riportiamo qui di seguito la
lettera di p. Dario, che ci racconta come
stanno andando le cose in questo momento
così delicato di ricostruzione del paese dopo
i troppi anni di guerra civile che hanno fatto
seguito al colpo di Stato del 19/09/2002.
Abdul non porta più il kalashnikov quando
viene a trovarmi: sa che le armi non sono
gradite a casa nostra. Siamo diventati amici
quando qui attorno regnava il caos totale
e i ribelli sfondavano le porte delle case
per rubare tutto quel che potevano. Quel
giorno, sei gruppi armati erano già entrati
da noi saltando il muro di cinta. Steso a
terra, con le armi puntate alla testa, ho visto
partire il mio computer, la bombola del gas,
le pentole della cucina e anche la macchina
La raccolta del cotone nel Nord della Costa d’Avorio
bloccata in garage da mesi… È allora
che ho incontrato Abdul e la sua
banda: avevano sete, non mangiavano
da giorni e cercavano un angolo
dove riposarsi. Così ci siamo messi a
parlare attorno a un piatto di riso
con peperoncino e pesce affumicato,
mentre tutt’attorno si sentiva sparare.
È strano quante cose ci si possa dire
quando la vita è attaccata a un filo
e non sai se ci si rivedrà ancora. Non
aveva mai chiacchierato con un prete,
non capiva perché non fossi scappato
come gli altri bianchi e che ci stavo a
fare in questo quartiere di periferia.
Ci siamo lasciati con la promessa di
ritrovarci a guerra finita.
Ora Abidjan ha ripreso con fatica a
vivere: scuole, uffici, banche… tutto
corre quasi con il ritmo di prima. Vari cantieri
lavorano giorno e notte per sistemare le strade,
gli autobus sono strapieni e per arrivare in
centro con la macchina ti devi fare almeno
un’ora di coda. Ma chissà quanto ci vorrà
per riparare i disastri provocati dalla guerra.
I semafori sono ancora fuori uso, spesso ci
sono lunghe interruzioni di corrente elettrica,
l’acqua potabile arriva a tratti e solo di notte. E
più grave ancora è l’insicurezza generale: ogni
settimana giunge notizia di aggressioni armate
soprattutto alle parrocchie o alle case religiose.
Un parroco della zona è finito all’ospedale con
la mandibola rotta a calci in bocca: non aveva
in casa abbastanza soldi da dare ai ladri.
Ma il mio amico Abdul è sempre pronto per
proteggermi: da ribelle a angelo custode – mi
dice scherzando. Spero proprio di non averne
bisogno: preferisco l’altro, che prego ogni sera
prima di dormire. Però Abdul non si scoraggia e
la scorsa settimana
mi ha invitato al
campo militare
per conoscere i
capi e salutare
i suoi colleghi.
Sono tantissimi i
giovani arruolati
un po’ ovunque
durante la guerra.
Li hanno armati
per poi mandarli
a combattere.
Ora il problema è
come disarmarli
e reinserirli nella
vita sociale. Perché
chi ha avuto un
kalashnikov in
mano, fa fatica
a riprendere la
zappa. Poi molti
hanno perso tutto:
parenti, casa e
anche la dignità.
Non è semplice tornare a vivere come prima.
Con pazienza, ogni volta spiego che la terra è
dura da lavorare ma non tradisce, soprattutto con
il clima caldo-umido della Costa d’Avorio, dove
tutto cresce rigogliosamente e in poco tempo. E
che è ancora possibile vivere onestamente.
Così, con l’aiuto della Provvidenza, abbiamo
iniziato una piantagione di hevea (albero della
gomma). Ci vogliono circa 7 anni di lavoro
e sacrifici, prima di arrivare a produzione.
L’impresa è lunga e abbastanza cara, ma
noi ci siamo lanciati su un terreno di 10
ettari fuori Abidjan. Altri giovani si stanno
specializzando nell’allevamento di pesci:
l’acqua non manca in questa zona di lagune.
Tra qualche mese le carpe saranno adulte e
Arlaine penserà ad affumicarle per spedirle nei
mercati dell’interno. Kwaku ha puntato sulla
manioca: qui al sud abbonda e le donne sanno
trasformarla in farina per l’“attieké”, l’alimento
base, come la banana o l’igname. Così pensa di
venderlo al nord del paese, proprio dove era
iniziata la ribellione. È là che Kwaku è stato
arruolato e si è formato per la guerra. Ma lui
non ne vuole mai parlare. “È roba passata –
mi dice – e non bisogna guardare indietro,
altrimenti si rischia di rovinare tutto.”
Sarà poi vero che “la storia è maestra di
vita”? A vedere i suoi allievi non sembra
molto. Comunque da noi vale il proverbio
del tamburo parlante che dice: “Dio ha fatto
tante cose belle, ma di tutte la migliore
è l’oblio.” Dimenticare, mi ripetono con
tristezza, è l’unica cosa possibile per andare
avanti. La parola “perdono” invece è dura
da capire: forse ci vorrà più tempo che per la
piantagione di hevea. Così oggi è questa è la
mia terra di missione: il cuore di tanti giovani
profondamente ferito dalle assurdità della
guerra. Terra dura, arida… Ma io credo ancora
ai miracoli e non mi stanco mai di sperare con
loro.
P. Dario
Pag.
9
SMA - SOCIETà missioni Africane
DALLA MISSIONE
NIGER
La SMA in Niger
avamposto della prima evangelizzazione
T
utti sappiamo che il Niger, con il suo 93%
di abitanti che professano la religione
islamica (secondo i dati ufficiali dell’Association
of Religion, novembre 2012), contro il 7%
di animisti e il minuscolo 0,4% di cristiani,
rappresenta una delle terre di missione più
difficili di tutta l’Africa.
Il primo incontro tra la SMA e il Niger risale
a circa 80 anni fa, quando p. Faroud SMA
francese, ha iniziato la missione in Niger. La
Congregazione Romana di “Propaganda fidei”
ha in seguito affidato ai missionari redentoristi
l’impegno di evangelizzazione di questo
immenso paese, invitando la SMA a ritirarsi
più a sud verso il Benin e i paese della costa
del Golfo di Guinea. È solo negli anni ’70 che
i padri SMA francesi fanno ritorno nel paese
e si stabiliscono, sia in città a Niamey, sia nella
missione di Makalondi in zona gurmancé, dove
oggi si trovano i nostri padri Vito, Carlos e
Gigi. Con l’arrivo della SMA nei quartieri della
capitale sono nate nuove parrocchie-missioni e
da Makalondi sono state aperte le missioni di
Bomoanga, Torodi e Kankani.
La situazione oggi
Per molti anni la presenza SMA in Niger è
stata assicurata soprattutto dai confratelli
francesi, ma oggi stiamo assistendo ad un
cambiamento radicale: molti dei padri francesi
stanno rientrando in patria per raggiunti limiti
di età e probabilmente resterà solo il vescovo
di Niamey e il testimone sta passando ad altre
entità SMA più giovani, tra cui l’Italia, l’India
e la Spagna e (speriamo presto) l’Africa. Il 9
giugno scorso è stato ordinato vescovo ausiliare
di Niamey il primo sacerdote nigerino
e per la SMA è una gioia vedere il
clero locale crescere fino ad assumere
responsabilità di governo.
Durante l’anno pastorale 2012-2013,
il gruppo SMA in Niger era composto
da 13 padri, affiancati da 2 seminaristi
apprendisti missionari. Si trattava di
un gruppo multietnico e multicolore.
C’erano infatti 2 Indiani, 3 spagnoli,
4 francesi (di cui il vescovo di Niamey,
mons. Michel Cartatéguy), 4 italiani
(compreso il nostro italo argentino
Carlos Bazzara) e 2 giovani seminaristi
SMA beninesi in stage pastorale.
Per vari motivi però bisogna dire
che la nostra presenza, di missionari
europei, nel paese è in diminuzione e
non solo per “raggiunti limiti d’età”,
com’è il caso in molte altre zone
dell’Africa. Recentemente abbiamo
dovuto lasciare una delle nostre
missioni, quella di Tera, ai confini
con il Burkina Faso, ma vicina anche
al Mali, poiché ci era stato detto che
sussisteva il forte rischio che i tre confratelli
spagnoli che stavano lì diventassero il bersaglio
di attacchi di estremisti musulmani. Dei tre
dunque, due sono rientrati in Spagna, mentre
un altro si è spostato in una zona che sembra
più sicura. Allo stesso tempo un confratello
francese, dopo undici anni di servizio in Niger, è
stato richiamato in Francia.
Il futuro
Per quanto riguarda il futuro, padre Vito si
dice convinto che la SMA debba mantenere
questa sua presenza tra la gente del Niger,
anche se in molte zone di Niamey e del
resto del paese, l’unica pastorale possibile
è quella “ della stuoia”, ovvero quella della
presenza vicina alla gente, dell’ascolto non per
convertire, ma per far capire che Gesù Cristo e
la Chiesa sono lì per tutti, indistintamente dalla
religione. La zona di Makalondi viene definita
dai nostri padri “un’isola felice”, poiché lì ci
sono adesioni alla fede cristiana, ma altrove i
battesimi sono rari. I padri SMA si impegnano
in prima persona nell’avvicinare etnie di fatto
ancora ancorate alla religione tradizionale, o
addirittura islamiche, come quella dei peul e
un altro grosso impegno è quello che sentono
nei confronti degli immigrati, i più poveri tra
i poveri del Niger (missione che vede in prima
linea il nostro padre Mauro)... e in tutto questo
il dialogo interreligioso con l’Islam moderato
è una strada obbligata per permettere che la
prima evangelizzazione possa essere portata
avanti in un clima più sereno. Particolarmente
tra i gurmancés l’inculturazione e la formazione
cristiana della fede sono le dimensioni portanti.
Le priorità della SMA in Niger per il futuro si
possono riassumere così:
1) Testimoniare a tutti il Dio della Vita e della
Speranza;
2) Essere chiesa accogliente e aperta a tutti,
povera coi poveri e in dialogo con le altre
religioni, tra cui l’islam maggioritario.
3) Spronare la chiesa locale alla missione e
all’apertura al mondo, secondo lo spirito del
Vaticano II.
P. Gigi Maccalli
La danza durante la messa dei battesimi
Pag.
10
SMA - SOCIETà missioni Africane
DALLA MISSIONE
ANGOLA
La SMA in Angola riflessioni
per restituire un senso alla vita
U
vero sviluppo, che generi benessere e migliori
le condizioni di vita di tutti e non solo di
alcuni, come purtroppo sta succedendo. Noi,
come missionari e direi, come Chiesa, siamo
pienamente coinvolti in questo processo di
cambiamento: la sfida più impegnativa è quella
di aiutare la gente del posto a ricostruirsi una
scala di valori, cioè a rimettere al posto giusto
il rispetto per la vita, la convivenza pacifica,
la promozione della democrazia, la giustizia
sociale, ecc. tutti valori che la guerra aveva
stravolto. Si sa che in situazioni di conflitto, con
il comando nelle mani del più forte, il potere
spesso si trasforma in abuso e ingiustizia e così,
fin dal mio arrivo nel paese, insieme ai miei
confratelli, ho cercato di lavorare proprio in
questa direzione.
Sono arrivato in Angola quattordici anni
fa, nel 1999, quando il paese era ancora
alle prese con l’interminabile guerra civile,
che ha fatto seguito all’indipendenza dal
Portogallo ottenuta nel 1975, e con il carico di
distruzioni e sofferenze che essa comportava:
due milioni di profughi, esodati dal paese,
intere zone controllate dalla guerriglia, vie di
comunicazione interrotte, attacchi continui ai
civili, rappresaglie e tante altre tragedie che
non sto ad elencare. In poche parole, dopo
anni relativamente sereni in Costa d’Avorio, mi
trovavo di fronte un paese intero ostaggio della
violenza e dell’odio.
Oggi la SMA è presente in Angola con nove
missionari di cinque nazionalità diverse: Italia,
Argentina, Belgio, Costa d’Avorio e Kenia. Uno
di noi opera nella diocesi di Dundu (Prov. della
Lunda Norte) mentre gli altri lavorano nella
Diocesi di Caxito (Prov. del Bengo), anche se
dislocati in tre parrocchie diverse. Due di esse,
Bom Pastor e Santa Isabel, sono situate nel
quartiere di Kicolo, alla periferia della capitale,
Luanda, mentre l’altra, Nambuangongo, è in una
zona rurale, a 150 Km da Caxito. Siamo pochi, ma
speriamo che la missione in Angola continui ad
affascinare ancora qualche confratello italiano.
Le prospettive per il futuro sono comunque
promettenti, infatti penso che tra non molto
potremo ad esempio contare anche sull’appoggio
del Distretto SMA dei Grandi Laghi (Kenia),
che si è detto disposto a mandare altri giovani
confratelli per continuare l’azione iniziata da
noi. Pensiamo inoltre che sia giunto il momento
di proporre la vocazione missionaria anche ai
giovani angolani, sia per l’evangelizzazione
della loro propria patria, sia per quella di altre
terre africane ancora bisognose di conoscere il
messaggio salvifico del Vangelo.
na delle terre di missione che da ormai 14
anni vede impegnati i nostri padri SMA
italiani è l’Angola, un paese attualmente in
crescita, ma che ancora porta nella carne e
nell’anima della sua gente i segni evidenti
delle ferite riportate nei lunghi anni della
guerra civile, iniziata nel 1975 e conclusasi
(ufficialmente) solo nel 2002. A parlarci della
SMA nel paese, ecco il nostro nuovo Superiore
Provinciale, P. Luigino Frattin, nato nel 1953
a Loria (TV), ed entrato nella SMA nel 1972 e
ordinato sacerdote il 30 settembre del 1978. P.
Luigino, missionario in Costa d’Avorio dal 1979
al 1992, è stato in Angola dal 1999 fino allo
scorso giugno.
Di seguito riportiamo la sua testimonianza.
Nel 2002 finalmente la fine della guerra civile,
con la morte di uno dei due contendenti, Jonas
Savimbi, e la firma degli accordi di pace. Il
paese che ricomincia a credere e a sperare in
un futuro migliore. E poi l’inizio di un processo
di sviluppo economico veloce e tumultuoso,
basato sullo sfruttamento delle immense
risorse naturali di una terra benedetta da Dio
e maltrattata dagli uomini. C’è solo da sperare
che questa crescita economica si trasformi in
Riguardo al futuro della SMA in Angola, penso
che la nostra Società debba concentrarsi
almeno su tre cose, tutte estremamente
impegnative, ma necessarie:
• La prima evangelizzazione in ambiente
rurale, per es. nella Lunda Norte. Ci sono
ancora zone vaste come il Piemonte o la
Lombardia messi assieme che hanno una sola
parrocchia al massimo uno o due missionari.
È una corsa contro il tempo, considerando
che l’Islam sta arrivando e si sta espandendo
a velocità impressionante, con i metodi che
spesso usa: matrimoni misti, commercio,
pressioni di vario genere…
• Continuare la presenza in ambiente urbano.
Le città africane continuano a crescere
tumultuosamente, nuovi quartieri nascono
dall’oggi al domani, dove la Chiesa non
riesce a darsi un minimo di visibilità per
mancanza di spazi, di operatori missionari,
di catechisti preparati o di vero spirito
missionario… E così una moltitudine di
chiese pentecostali (di origine americana) o
sincretiste (di origine congolese), con i nomi
più improbabili e le proposte più assurde
la fanno da padrone. Bisogna stare molto
attenti, perché si sa che la gente che ha
bisogno di calore umano, di ritrovare il senso
della vita e di essere consolata nei momenti
duri, non va tanto per il sottile: entra per la
prima porta che trova aperta, fosse anche la
chiesa del diavolo!
• Puntare sulla formazione, a tutti i livelli:
umano, spirituale, biblico, professionale
… Soprattutto nei giovani c’è un desiderio
immenso di formarsi, di prepararsi al futuro,
di non perdere il treno come l’ha perso la
generazione della guerra. Stanno nascendo
scuole e università di ogni genere, per tutte
le ambizioni e, spiace dirlo, anche per tutte
le tasche. Con l’esperienza che ci è propria,
abbiamo qualcosa da dire e da fare in questa
situazione, dando alla chiesa locale un
prezioso contributo.
P Luigino Frattin
Pag.
11
f
focus
on
ocus on
storiaculturaartespettacoloattualità
Namibia, terra d’Africa
desertica e sconosciuta
Sara Rizzi, nata a Milano nel 1986, si Laurea
in Comunicazione Interculturale presso
l’Università degli Studi di Milano Bicocca.
Approfondisce la sua passione per l’Africa e
l’Antropologia con la Laurea Magistrale in
Scienze Antropologiche ed Etnologiche nella
stessa Università. In seguito alla vincita della
borsa di studio del progetto Extra di Fondazione
Cariplo, ha la possibilità di sviluppare la
propria ricerca collaborando con la University
of Namibia per una tesi dal titolo “I Living
Museum San in Namibia. Etnografia, turismo
e immaginario turistico”. Si laurea nel 2011
e continua a coltivare la sua passione per la
Namibia attraverso pubblicazioni e incontri,
mentre lavora attualmente per una Onlus
italiana.
Parte di questo Focus deriva dalla tesi di laurea
magistrale sopra citata.
La Namibia, indipendente dal 1990, è una
repubblica dell’Africa meridionale con capitale
Windhoek. Con una densità di popolazione
di circa 2 abitanti per chilometro quadrato
si posiziona al secondo posto tra i Paesi
meno popolati al mondo. Il suo territorio è
prevalentemente desertico: appartengono alla
Namibia il deserto del Kalahari e il deserto
del Namib, il più antico al mondo, che dà il
nome al Paese stesso. Confina con l’Angola
a nord, con il Sud Africa a sud e sud-est,
con il Botswana a est e arriva a toccare, con
l’estrema punta nord-est del Caprivi, Zambia e
Zimbabwe. Ad ovest è completamente bagnata
dall’oceano Atlantico.
La geografia della Namibia è caratterizzata
da una serie di altopiani, il punto più alto dei
quali è il Brandberg (2.606 metri). L’altopiano
centrale attraversa il paese lungo l’asse NordSud, ed è circondato a ovest dal Deserto del
Namib e dalle pianure che giungono fino
alla costa, a sud dal Fiume Orange, a sud e
a est dal Deserto del Kalahari. I confini del
paese a nord-est delimitano una stretta fascia
di terra, nota come “dito di Caprivi”, che fu
ottenuta dai tedeschi come sbocco verso il
fiume Zambesi. L’aridità del territorio fa sì
che buona parte dei fiumi siano a carattere
torrentizio. I fiumi di maggiore entità si
trovano solo lungo i confini: da nord a sud,
Pag.
12
La Namibia
Forma di Governo: Repubblica
Superficie: 825 615 kmq
Capitale: Windhoek 322 500 ab. (2011)
Unità monetaria: dollaro namibiano
(100 centesimi)
Indice di sviluppo umano: 0,625 (120°
posto)
Popolazione: 2 104 900 ab. (cens.
2011)
Densità: 2,55 ab./kmq
Popolazione fasce età: 0-14 anni 34,2
%; 15-29 anni 32,9 %; 30-44 anni 17,4
%; 45-59 anni 9,3 %; 60-74 anni 4,9
%; 75+ anni 1,3 %
Etnie: Ovambo 34,4 %; Kavango 9,1
%; Afrikaner 8,1 %; Boscimani (San) e
Bergdama 7 %; Herero 5,5 %; Nama
4,4 %; Kwambi 3,7 %; altri 27,8 %.
Lingue: Afrikaans (ufficiale); bantu;
herero; inglese (ufficiale); nama;
oshivambo; tedesco (ufficiale).
Religioni: protestanti 51.4 %; cattolici 16,5 %; anglicani 5,5 %; altri cristiani 7,1 %; altri 19,5 %.
Economia
L’economia del paese è strettamente legata alle esportazioni di minerali, rimanendo quindi
suscettibile alle variazioni dei prezzi di mercato.
L’allevamento (bovino, ovino e caprino) alimenta l’export di carne e di lana (karakul). Tra le colture
di sussistenza prevalgono il mais e il miglio. Notevole la pesca.
Uso del suolo: arativo 0,98 %; prativo 46,16 %; foreste 8,94 %; incolto 43,92 %.
Foreste: produzione di quasi un milione di metri cubi di legname
Le risorse minerarie, abbondanti, rappresentano circa il 70% delle esportazioni. Significativa la
produzione di diamanti di alta qualità, estratti nei giacimenti di Auchas ed Elizabeth Bay e nelle
sabbie costiere. Importante anche l’uranio (la miniera di Rössing è una delle maggiori al mondo).
Si estraggono inoltre zinco, piombo e argento (Rosh Pinah), rame (Otjihase). Le industrie sono
legate all’attività mineraria e al settore alimentare.
Produzione elettrica installata: 393 mW, totale produzione 1295 MW
È in progetto la costruzione della linea ferroviaria Trans-Kalahari (tra il centro carbonifero di
Morupule, in Botswana, e il porto di Shearwater Bay) e di quella da Tsumeb a Oshikango verso il
confine angolano.
Il dollaro namibiano è legato al rand sudafricano da un tasso di cambio uno a uno. Il turismo è in
crescita.
Importazioni: 6200 milioni di dollari USA
Esportazioni: 4490 milioni di dollari USA
(fonte www.deagostinigeografia.it)
f
ocus on
i principali sono il Kunene, l’Okavango, lo
Zambesi e l’Orange.
A livello amministrativo la Namibia è divisa
in 13 regioni molto diverse tra loro per
numero di abitanti, lingua, etnia prevalente,
sviluppo economico e distribuzione del
reddito. La Namibia presenta ben tredici etnie
riconosciute nel Paese ed una conseguente
gran varietà culturale, etnica e linguistica.
La lingua ufficiale è l’inglese, tuttavia sono
presenti più di undici lingue indigene,
di cui l’Oshiwambo, di ceppo Bantu, è
la maggioritaria e parlata da circa il 50%
dell’intera popolazione. È la lingua dell’etnia
Owambo, la più numerosa della Namibia.
Oltre alle altre lingue indigene, sono molto
diffuse il tedesco e l’Afrikaans, quest’ultimo
soprattutto nelle zone costiere e nella parte
meridionale del Paese.
Contraddizioni namibiane
oggi
Ad oggi la Namibia è uno Stato indipendente
e ricco di contraddizioni. Proprio questo
costituisce parte del suo indiscutibile fascino.
Se da un lato presenta un Pil pro-capite tra i
più elevati dell’Africa, dall’altro presenta una
delle più elevate disparità di distribuzione del
reddito al mondo. Nonostante i giacimenti
di diamanti, zinco, rame, argento e oro,
l’economia namibiana si sta sviluppando
solo da pochi anni e non aiuta comunque
a fermare l’alta incidenza di infezioni di
AIDS/HIV delle regioni del nord al confine
con l’Angola. Pur possedendo ricchezze
culturali, biodiversità e ambienti naturali
tra i più disparati, stenta ancora ad attuare
realmente i propositi di tutela ambientale e
dei diritti umani decantati nella Costituzione,
presentando infatti ancora oggi gravi
problemi nei progetti di sviluppo e tutela delle
minoranze.
Namibia, terra d’Africa desertica e sconosciuta
Economia
namibiana
I tesori del sottosuolo
La Nambed Diamond Corporation è la società di estrazione di
Anche se i dati
diamanti controllata per il 50% dal colosso De Beers e per il 50%
mostrano un paese in
dal governo namibiano. Ha annunciato nel 2012 la costruzione
via di sviluppo, con una
di un nuova miniera sul fiume Orange, a sud del paese, vicino
crescita reale del PIL pari
al confine con il Sudafrica. La Namibia è il paese africano con
al 2,8% per il 2008 ed un
PIL procapite nominale
le miniere più redditizie e importanti. Tutta la zona mineraria
molto alto (4.135$ nel
namibiana controllata da De Beers è militarizzata e invalicabile,
2008), bisogna tenere in
se non con permessi particolari e in seguito a profondi controlli di
considerazione che la
sicurezza. La Rössing Mine invece è la maggiore miniera d’uranio
Namibia è uno degli stati
namibiana e una delle più grandi a cielo aperto del mondo,
dell’Africa con la più
scoperta nel 1928. È situata nel deserto del Namib, a circa 70 km
alta diseguaglianza di
da Swakopmund. Per il 69% la miniera è controllata dalla Rio Tinto
reddito, per cui il 55,8%
Group, una multinazionale anglo-australiana. Una percentuale di
della popolazione vive
controllo societario è detenuto anche dall’Iran, questione che ha
ancora oggi con meno di
livello di politica internazionale ha creato diversi contrasti.
due dollari al giorno.
La crescita economica
della Namibia risulta
strettamente connessa agli introiti provenienti
trasporto ed i prodotti alimentari (circa il
dall’esportazione dei prodotti dell’industria
50% del fabbisogno di cereali del paese).
mineraria, che rappresentano il 50% delle
entrate derivanti dagli scambi con l’estero.
Turismo namibiano e
La Namibia si colloca al sesto posto tra i
produttori mondiali di diamanti di ottima
gestione delle terre
qualità, al quinto posto al mondo tra i paesi
esportatori di uranio ed al quarto posto tra i
Il turismo possiede un enorme potenziale,
paesi dell’Africa esportatori di minerali non
con un ritmo di crescita annuale medio dell’
combustibili.
8% (un incremento del 9,92% tra il 2005
Oltre ai diamanti e all’uranio, lo stato estrae
e il 2006 e del 7,13% tra il 2006 e il 2007).
ingenti quantità di zinco, rame, piombo,
Riconoscendo l’importanza strategica del
argento e oro. Nonostante ciò, il settore
settore turistico per lo sviluppo del Paese,
minerario occupa solo il 3% della popolazione.
il Governo namibiano prevede che esso
La metà dei namibiani si dedicano
diventi, nei prossimi anni, il secondo motore
all’agricoltura e all’allevamento di sussistenza.
trainante del Paese. Nel 2006 il settore
Si coltivano principalmente mais e miglio
turistico ha rappresentato il 15,96% delle
e si allevano soprattutto capre e pecore. La
entrate statali e ha creato 71.780 posti di
produzione agricola comunque non copre il
lavoro. Il turismo namibiano e quello della
fabbisogno nazionale, che dipende al 50%
maggior parte dei Paesi sudafricani è basato
dalle importazioni.
sull’aspetto naturalistico e faunistico che ha
In particolare i principali prodotti importati
portato i Governi ad attuare politiche mirate
nel paese sono, i macchinari, i mezzi di
alla protezione della flora e della fauna. Le
risorse naturali sono state riconosciute come
portatrici di valore.
Secondo le stime del Consolato Onorario
di Namibia in Italia, la popolazione bianca
in Namibia rappresenta il 5% del totale, ma
produce il 75% della ricchezza nazionale.
Per capire la distribuzione e lo sviluppo
dei canali turistici ed economici, nonché le
problematiche sociali ad essi legati, è utile
avere una mappa della distribuzione delle
terre in Namibia.
In Namibia vi sono terre commerciali
(freehold land), private, che occupano il
45% del territorio nazionale e rappresentano
la maggior parte delle terre fertili. Sono di
proprietà di agricoltori per lo più bianchi
e forniscono circa il 90% dei raccolti
immessi sul mercato. Tutte le principali
concentrazioni urbane, compresa la capitale
Windhoek si trovano su queste terre.
Le terre comunitarie (communal land)
occupano invece il 40% del territorio e
derivano dalle homeland, create in passato
per concentrarvi le varie etnie. Oggi la
maggioranza della popolazione risiede in
queste terre praticando un’economia di
sussistenza.
In fine vi sono terre statali (state land) che
Pag.
13
f
Namibia, terra d’Africa desertica e sconosciuta
ocus on
Le mete turistiche della Namibia
Le mete toccata dai vari tour operator, sono solitamente tra le più
belle della Namibia, ma anche tra le più note e frequentate: le città
sulla costa di Walvis Bay e Swakopmund con l’offerta di numerose
attività sportive sull’oceano e sulle dune del deserto che arriva fino
alla costa; Cape Cross con la sua colonia di otarie; la Skeleton
Coast con i suoi affascinanti relitti di navi; il parco Nazionale
Etosha con le sue numerose specie di animali e l’offerta di safari; la
capitale Windhoek, affascinante, moderna e attiva; il deserto rosso
del Namib, le dune di Sossusvlei; la zona del Damaraland con le
sue pitture rupestri, il Kaokoland zona originaria dell’etnia Himba. Ci
sono poi alcune zone che rimangono ai margini delle principali rotte
turistiche e che attraversano paesaggi ricchi di storia e cultura, ma
meno noti. Tra questi la lingua di terra del Caprivi, a nord est fino
alle Victoria Falls; la zona del Bushmanland, a ridosso dell’antico
deserto del Kalahari, dove vivono ancora oggi diverse comunità
San namibiane; l’Owamboland a nord dell’Etosha Pan, territorio
ricco della tradizione agricola e di allevamento dell’etnia Owambo.
Tutte queste zone, con un po’ di attenzione ed esperienza sono
visitabili anche in autonomia.
costituiscono il 15% del territorio nazionale
e sono costituite da parchi nazionali o riserve
minerarie.
Carlo Cencini sottolinea come sia importante
per la Namibia un ecoturismo che si accosti
alla definizione dell’International Union for
Conservation of Nature (IUCN) (CeballosLascuràin, 1996), cioè non solo “ecologico”,
ma anche “etnico”, cioè aperto all’incontro con
le altre culture a alla scoperta dell’Africa, ed
“etico”, cioè capace di coinvolgere le comunità
locali e contribuire al loro sviluppo. Si propone
un turismo delle tre “e”. Questo tipo di turismo
permetterebbe infatti di non concentrare
l’intero flusso turistico nel “nucleo interno”,
cioè nelle terre commerciali, ma di permettere
un regolare afflusso turistico anche alle zone
periferiche attraverso l’incontro consapevole con
diverse culture e attraverso il coinvolgimento
delle comunità locali e la partecipazione
al loro sviluppo. Il turismo in Namibia è
inevitabilmente legato – sostiene Cencini –
al coinvolgimento delle popolazioni
locali, poiché solamente in questo modo si
potrebbe evitare di aggravare le disparità
spaziali e sociali tra “centro” (capitale e terre
commerciali) e “periferia” (terre comunitarie).
Per realizzare questo progetto e per un
reale sviluppo economico omogeneo, le aree
comunitarie dovrebbero essere integrate
nell’industria turistica namibiana attraverso
nuove forme di ecoturismo e di etnoturismo.
Se si considerano i diversi tour proposti dai
tour operator si nota come le rotte turistiche
siano pressoché identiche, standard e
tocchino davvero una minima parte dello
sconfinato territorio namibiano. Esse toccano
generalmente i “must” namibiani, quei luoghi
Una strada in mezzo al bush, la tipica vegetazione namibiana
Pag.
14
La città di Swakopmund. Il suo nome in tedesco significa foce del fiume
Swakop, in corrispondenza della quale si distende la città.
irrinunciabili, già visti e rivisti da milioni di
turisti, ma non considerano le rotte meno note.
Politiche governative
I programmi intrapresi dal Governo, mostrano
il tentativo di attuare un’attività turistica
controllata e non lesiva delle risorse naturali.
La Namibia è l’unico Stato africano ad avere
all’interno dell’articolo 95 della Costituzione
una dichiarazione d’intenti che fa appello «alla
conservazione degli ecosistemi, dei processi
ecologici essenziali e della diversità biologica
della Namibia nonché all’utilizzo delle risorse
naturali viventi su base sostenibile a beneficio
di tutti i Namibiani, sia attuali che futuri.».
La nascita del Ministry of Environment
and Tourism of Namibia (MET), sancisce
proprio il forte legame tra turismo e
ambiente. Questo organo governativo ha
dato vita a due importanti documenti, il
Tourism Development Plan (MET, 1992)
e il White Paper on Tourism (MET, 1994),
che si propongono di guidare lo sviluppo
turistico in base alla capacità di sopportazione
dei diversi ecosistemi e alla possibilità di
coinvolgimento delle comunità locali nelle
aree comunitarie attraverso joint ventures e
creazione di cooperative locali. L’obiettivo
sarebbe quello di favorire il turismo nelle
zone periferiche della Namibia e renderlo
strumento di equa distribuzione dei redditi
(Weaver e Elliott, 1996). Altro documento
estremamente importante è il Promotion
of Community Based Tourism (MET,
1995), che pone attenzione all’aspetto delle
comunità locali come attori principali dello
sviluppo e della tutela ambientale: «Questo
documento fornisce un quadro per garantire
che le comunità locali abbiano accesso alle
opportunità di sviluppo turistico e siano in
grado di condividere i benefici delle attività
turistiche che si svolgono sulla loro terra.».
Proprio per favorire questo aspetto, nel 1995
il Governo ha lanciato la Concervancy Policy
che concede agli abitanti della aree comunitarie
f
ocus on
Namibia, terra d’Africa desertica e sconosciuta
il diritto di beneficiare delle proprie risorse
naturali. La legge consente infatti la creazione
di concervancy, cioè aree comunitarie in cui
la popolazione locale o i proprietari mettono
in comune le risorse naturali ai fini della loro
tutela e dell’utilizzo sostenibile delle risorse
stesse. Il Governo sta tentando di portare
avanti, dal 1994 il Community-Based Tourism
Development (CBTD), cioè il coinvolgimento
dei residenti delle aree comunitarie nel
turismo sta ricevendo una grande attenzione
da parte del Governo, dei tour operator, delle
organizzazioni non governative presenti
sul territorio e delle comunità locali stesse.
Dal 1998 ad oggi sono state istituite 59
concervancy.
Un po’ di storia namibiana
I primi abitanti della Namibia furono i
San o Boscimani, la cui antica presenza è
testimoniata da numerosi esempi di arte
rupestre nella zona del Damaraland. Da
qui furono spinti, durante il XIV sec. verso
il deserto del Kalahari dalle popolazioni
Nama e Damara. Verso il XVI sec. giunsero,
probabilmente dalla regione dei Grandi
Laghi, i popoli Owambo di origine bantu.
Si stabilirono lungo il confine tra Angola e
Namibia, sulle rive del fiume Okavango. Infine
intorno al XVII sec. fecero la loro comparsa i
primi mandriani Herero. Questa è una delle
principali caratteristiche namibiane, cioè il
gran numero di etnie presenti e riconosciute,
ben tredici: San, Nama, Damara, Herero,
Himba, Owambo, Kavango, Capriviani,
Tswana, Basters, Coloured, Afrikaners,
Caucasian. Queste etnie sono riconoscibili
poiché presentano caratteristiche fisiche molto
diverse e anche le lingue da loro parlate sono
spesso molto differenti a livello fonetico.
Sebbene oggi la Namibia sia uno Stato unitario
e non-etnico, permane una grossa divisione
tra identità etnica e classe economica o sociopolitica. L’etnia Owambo è attualmente la più
numerosa e con questo potere numerico decide
spesso le sorti politiche del Paese. I diversi
gruppi San, sebbene parlino lingue o dialetti
diversi, vivano in aree differenti e abbiano
sviluppato identità autonome, condividono
uno stato sociale disagiato, da emarginati.
I San ci raccontano la
Namibia
Essendo i più antichi abitanti della Namibia,
i San attraverso la loro storia ci possono
raccontare anche la storia del Paese.
Oggi sono presenti circa 33.000 San namibiani,
dislocati principalmente nel nord-est del Paese.
Essi rappresentano solamente il 2% della
popolazione totale. Studi archeologici e storici
hanno portato alla conclusione che ci fosse
presenza umana in Namibia fin dall’ottomila
a.C.. Si ritiene che molte delle persone
classificate oggi come “San”, siano i diretti
discendenti della popolazione preistorica che
anticamente abitava quest’area (Suzman, 2001).
Le categorie “San” o “Bushman” vennero
create, la prima dai pastori o agricoltori
di lingua bantu migrati verso l’Africa
Due bambini San al Nharo Living Museum
meridionale a significare “straniero”, la
seconda dai coloni bianchi per indicare
gli “uomini del bush, della boscaglia”. Le
popolazioni categorizzate come “San”
erano piuttosto differenti dai popoli Bantu
incontrati: parlavano lingua khoe o san
(caratterizzata dai cosiddetti click), vivevano
prevalentemente di caccia e raccolta e
avevano una struttura fisica simile tra loro
caratterizzata dalla bassa statura, l’esile
corporatura ed un colorito della pelle
giallognolo. I San fanno parte, insieme ai Khoi
(detti Ottentotti dei colonizzatori bianchi) che
praticavano prevalentemente l’allevamento,
del più ampio gruppo etnico khoisan. Dopo
l’incontro e lo scontro con le popolazioni
bantu giunte in Africa meridionale 1.500
anni fa, dagli anni Cinquanta del Seicento i
San si scontrarono con gli Olandesi giunti
in terra africana e vennero spinti verso
il bacino del Kalahari. Proprio questo,
secondo l’antropologa Megan Biesele, fece
sì che i San riuscissero a mantenere salde
le proprie tradizioni, i propri costumi e i
propri metodi di sussistenza, vivendo in un
ambiente solitario e duro come il deserto
del Kalahari intorno al quale ancora oggi
risiedono i più numerosi gruppi san. Le
Leggende San
Una leggenda San racconta che all’inizio lo struzzo era il solo essere vivente a possedere il fuoco.
Gli uomini dovevano scaldarsi con pelli animali e cucinare carne cruda.
Ma un giorno una coppia di San vide una strana luce sotto l’ala di uno struzzo e,
intuendo che poteva trattarsi di qualcosa di importante, lo distrassero e gli rubarono il fuoco.
Da allora gli umani sono gli unici in grado di accendere il fuoco e lo struzzo,
ancora sgomento e arrabbiatissimo per l’affronto subito, non usa più le ali.
Ecco perché, pur essendo un uccello, non vola.
Secondo i San, la Luna piena è così perché le è cresciuto un grosso stomaco.
Allora illumina la terra, mentre la gente dorme.
Quando però il Sole esce all’alba, è così pieno di invidia che la colpisce con i suoi raggi,
che sono coltelli affilati.
Così ogni mattina taglia via piccoli pezzi dal suo corpo,
finché non ne rimane che una sottilissima striscia, la spina dorsale.
Da quel piccolo osso la Luna comincia di nuovo a riacquistare la sua vecchia forma:
prima è una Luna crescente e poi una mezza Luna e comincia a diffondere
una bella luce finché ritornata alla sua pienezza originaria, la sua luminosità sconfigge la notte.
Allora il Sole, geloso, l’aggredisce di nuovo e ricomincia il ciclo
I San ritengono che la notte non sia freddo solo per loro, ma anche per il Sole,
descritto come un vecchio dormiglione che vive solitario in una capanna isolata.
Così, per proteggersi dal freddo, si tira addosso la sua coperta per stare caldo,
ma la coperta è vecchia quanto lui ed è piena di buchi.
È per questo che l’oscurità della notte è rotta dalla luce che filtra attraverso
i buchi della coperta, le stelle.
(Le leggende sono prese dal web)
Pag.
15
f
Namibia, terra d’Africa desertica e sconosciuta
Gruppo di zebre all’interno dell’Etosha National Park
lingue e i dialetti San sono diversi e numerosi,
ciascuno appartenente a regioni diverse, quasi
tutte però del nord-est della Namibia. Come
vedremo successivamente queste lingue e
dialetti hanno in realtà una struttura e delle
caratteristiche molto simili, quindi anche
oggi i diversi gruppi dialettali riescono molto
spesso a comprendersi ed interagire senza
problemi. La differenza linguistica è data
dalla struttura originaria della società San. I
San infatti han sempre vissuto in modo seminomade in piccoli gruppi famigliari autonomi,
in diverse regioni del Kalahari, a contatto con
altri diversi gruppi linguistici ed etnici. In
seguito al controllo sudafricano sulla Namibia
(denominata allora South West Africa) -
ocus on
avvenuto durante la Prima Guerra Mondiale
con un atto d’occupazione, al quale seguì un
mandato ufficiale d’amministrazione da parte
della Società delle Nazioni - e alla necessità
di controllare terre e popolazione, il Governo
d’occupazione sudafricano spinse i gruppi San
a sedentarizzarsi e a praticare prevalentemente
l’agricoltura. Sebbene la situazione dei San non
fosse delle migliori neanche sotto il controllo
dei colonizzatori tedeschi, che resero la zona
dell’attuale Namibia colonia tedesca nel 1892
con il nome di Africa Tedesca del Sudovest,
tuttavia la loro situazione peggiorò in seguito
al passaggio della South West Africa sotto il
controllo del Governo sudafricano (Suzman,
2001).
Nel 1960 la Odendaal Commission decise
che la zona del Bushmanland e del Caprivi
Ovest diventassero homeland, evoluzione
delle riserve etniche nate in precedenza in
Sudafrica. Nel 1971 il progetto si realizzò
e da quel momento le sorti dei gruppi di
lingua san furono diverse in base al loro
luogo di residenza. Chi infatti non si trovava
all’interno della zona del Bushmanland –
attuale Tsumkwe District - perse i propri
diritti sulla terra, infatti il Governo iniziò a
confiscare territori per la creazione di riserve
naturali e parchi protetti o per assegnarle ad
altre etnie per la creazione di homeland (buona
parte delle terre degli Ju/’Hoansi San nella
zona di Tsumkwe venne confiscata per creare
l’Hereroland Est per l’etnia Herero). Suzman
La cultura San
Le lingue san appartengono alla famiglia
khoisan. La gamma di suoni è articolatissima
e comprende i famosi “click”: ne esistono sei
tipi codificati che si ottengono disponendo
la lingua tra il palato e le gengive in
maniera particolaree e trascritte con segni
come “|” o “/”. Oltre ai suoni, la gestualità.
Comunicano anche con il resto del corpo:
sguardi, ondeggiamenti del capo, messaggi
con le mani. Ciò deriva, presumibilmente,
dalle strategie di comunicazione silenziosa
utilizzate per coordinare le operazioni
durante le attività di caccia.
I San sono dei cacciatori-raccoglitori
che, per migliaia di anni, hanno trovato
la loro sussistenza nel deserto grazie a
un’approfondita conoscenza dell’ambiente
e a un insieme ridotto di tecniche efficaci
in tale ambiente. Cacciavano soprattutto
antilopi, facendo uso di frecce avvelenate; il
veleno è ottenuto dalla linfa di una specie di
euforbia endemica dell’Africa meridionale,
la Euphorbia damarana, mentre le faretre
e il corpo della freccia erano ricavate da
un’altra pianta endemica della zona, la Aloe
dichotoma. Le basi della dieta dei San erano
comunque costituite da frutti, bacche e radici
del deserto.
I riti religiosi erano pervasi da quella che
James Frazer definì magia omeopatica. Per
Pag.
16
esempio, se i Boscimani dovevano cacciare
una preda notoriamente veloce, cercavano
di nutrirsi di carne di un animale lento nei
movimenti, augurandosi che la loro preda
ne subisse l’influsso “magico”.
La forma di arte principale dei San è
rappresentata dai petroglifi, che venivano
usati anche per istruire i bambini.
In Namibia si trovano numerosi siti
archeologici ricchi di graffiti boscimani; uno
dei più noti è quello di Twyfelfontein.
La cultura tradizionale dei San è oggi quasi
completamente scomparsa. Molti San
sono stati obbligati a lasciare i loro territori
d’origine per vivere nei villaggi situati in
zone non adatte alla caccia ed alla raccolta.
L’integrazione dei San con le altre società
umane ha avuto quasi dappertutto il
risultato di annullare la cultura san. In
Namibia, per esempio, i San svolgono
soprattutto lavori umili al servizio della
popolazione bianca. Nel San subiscono
la discriminazione e l’ostracismo della
società tswana malgrado un programma
di sedentarizzazione lanciato dal governo:
vivono nei ranch in cui lavorano e sono
marginalizzati.
(fonte wikipedia)
© Steve Evans
Petroglifi boscimani in Zimbabwe
f
ocus on
ci ricorda che in quegli anni all’interno della
zona denominata Bushmanland vivevano
meno del 3% dei San namibiani (Suzman,
2001). In questi anni si verificarono gravi
problemi di vagabondaggio, alcolismo
e alti tassi di povertà tra i San che erano
stati spinti per altro in una terra ben poco
fertile e redditizia. Tra gli anni Cinquanta e
Ottanta del Novecento gli Ju/’Hoansi San
namibiani persero il 70% delle loro terre di
caccia e raccolta. Questa loro vulnerabilità
venne sfruttata dal Governo sudafricano
durante i conflitti con l’organizzazione
indipendentista di ispirazione marxista SouthWest Africa People’s Organisation (SWAPO),
che lottava per l’indipendenza namibiana
(Biesele e Weinberg, 1990; Gordon, 1984;
Lee 1988; Marshall e Ritchie, 1984). Si pensi
ad esempio al “31° Battaglione Boscimano”,
costituito dal Governo sudafricano per
contrastare i guerriglieri. Era composto da
Boscimani attratti dal buon salario - vista la
loro assai precaria situazione economica- e
reclutati come tracker. La loro esperienza ed
enorme conoscenza della natura e del luogo,
permisero al Sudafrica una forte azione di
controguerriglia. Una volta ottenuta però
l’indipendenza della Namibia il battaglione fu
sciolto e i Boscimani non vennero più accettati
in patria o comunque emarginati. Chi non
era entrato nelle file dell’esercito, prestava
generalmente servizio nelle fattorie dei coloni
bianchi. Qui i San rappresentavano l’ultimo
gradino nella gerarchia sociale lavorativa. Essi
venivano pagati meno dei lavoratori non San
che di solito occupavano posizioni di autorità
al di sopra dei San. Questi ultimi infatti
erano ritenuti dai proprietari delle fattorie
non affidabili, indisciplinati, contrattori di
debiti. Molti San lavoravano e lavorano inoltre
nella cura del bestiame per Herero o Tswana
su terre comunitarie (R. Sylvain, 2002).
Queste terre derivano dalla trasformazione
e abolizione delle homeland in seguito
Namibia, terra d’Africa desertica e sconosciuta
Il Namib Desert con le caratteristiche dune di colore rossastro
all’indipendenza.
Dopo l’indipendenza della Namibia nel 1990,
la popolazione san si è sempre più impoverita,
in seguito anche alla creazione di parchi
nazionali che han tolto loro terre e al divieto
conseguente di cacciare in molte zone del Paese.
Essi risultano per la maggior parte dipendenti
dall’esterno, da finanziamenti governativi e non,
ma soprattutto lontani da canali possibili di
sviluppo (Suzman, 2001). Secondo dati UNPD,
il gruppo san è l’unico della Namibia i cui indici
di povertà e sviluppo umano sono peggiorati tra
il 1996 e il 1998.
L’immaginario tipico dei San oggi, veicolato
da documentari, brochure e film, è quella di
un popolo di cacciatori e raccoglitori ancora
legato alla natura, in simbiosi con essa, vestiti
di pelli, ma questa immagine è ormai ben
lontana dalla realtà. Alla fine degli anni
Novanta, la società San, dai !Kung del
Botswana agli Ju/’Hoansi namibiani, era
in pieno cambiamento. Anche i San sono
dunque inseriti, seppur ancora oggi con un
ruolo molto marginale, in quel processo di
modernizzazione e creazione di uno Stato
indipendente ed unitario che ha portata
alla Namibia odierna.
La Carta del Turismo Sostenibile, firmata
a Lanzarote nel 1995, afferma che «il
turismo per il suo carattere ambivalente
deve essere esaminato in una prospettiva
globale, perché può contribuire in maniera
positiva allo sviluppo socioeconomico
e culturale, ma anche al deterioramento
dell’ambiente e alla perdita dell’identità
locale».
Uno dei dibattiti intorno al turismo
riguarda proprio la consapevolezza che i
rapporti tra visitati e viitatori sono spesso
assai diversi. C’è chi può viaggiare e chi
può solamente essere visitato (Aime, 2005;
Garrone, 1993). Secondo l’Organizzazione
Mondiale del Turismo i Paesi in via di
sviluppo ospitano il 23% degli arrivi
turistici internazionali e una percentuale
analoga guadagnano dal mercato turistico
in valuta.
La Namibia è un esempio di Pese
africano in grande sviluppo e con grandi
potenzialità economiche, con una grande
e ricca varietà culturale e con grande
ricchezze naturalistiche. Tutto questo la
rende anche molto vulnerabile. La sfida
per questi Paesi africani emergenti è
proprio quella di riuscire a dosare in modo
appropriato risorse e difficoltà, sviluppo e
conservazione culturale e naturale.
Sara Rizzi
Danza della malattia
Pag.
17
f
60 giorni in Africa
ocus on
Agricoltura
Uno studio realizzato dalle Nazioni Unite ha mostrato come la desertificazione ed il degrado dei
suoli sia la causa in Africa di una perdita fino al
12% del prodotto interno lordo agricolo.
I dati sono contenuti in una relazione presentata nel corso della conferenza scientifica svoltosi a Bonn, in Germania, della Convenzione delle
Nazioni Unite per combattere la desertificazione
(UNCCD) e rappresentano il primo tentativo di
quantificare sotto il punto di vista economico le
conseguenze sull’agricoltura di desertificazione,
degrado delle terre e siccità.
Intitolato The Economics of Desertification, Land
Degradation and Drought, secondo Luc Gnacadja,
segretario esecutivo dell’UCCD lo studio dimostra in modo evidente come “la desertificazione, il
degrado del territorio e la siccità sono i principali
ostacoli alla ripresa ambientale e al raggiungimento
della sicurezza alimentare globale”.
1
2
3
POLITICA
salute
Nigeria: Un centro “per il controllo e la
prevenzione delle malattie”, che fornisca dati
e realizzi studi utili a tutti i paesi del continente: è
uno degli impegni assunti ad Abuja, in occasione di
un vertice dell’Unione Africana sulla lotta all’aids,
alla tubercolosi e alla malaria.
Nel corso del vertice, denominato Abuja +12,
è stato fatto il punto sui progressi ottenuti e
le difficoltà incontrate nella lotta all’aids, alla
tubercolosi e alla malaria dopo un incontro analogo
che si era tenuto sempre nella capitale della Nigeria
nel 2001. Questa settimana, riferisce l’agenzia di
stampa panafricana Pana, i capi di Stato e di governo
hanno ribadito l’impegno a devolvere almeno il
15% delle entrate pubbliche al settore sanitario.
Un impegno rispettato appieno da pochi ma che,
è stato evidenziato durante il vertice, ha comunque
portato a un generale aumento degli stanziamenti
e a direttive politiche potenzialmente in grado di
“garantire un accesso universale alle cure”.
L’Africa è il continente più colpito sia per quanto
riguarda l’aids che per la malaria. A sud del Sahara,
però, ci sono stati alcuni sviluppi positivi. Stando
a dati dell’Organizzazione mondiale della sanità
e di altre agenzie delle Nazioni Unite, nell’ultimo
decennio il numero dei decessi causati dalla malaria
è diminuito di un terzo. In sette paesi africani,
poi, il numero dei contagi da virus dell’hiv si è
dimezzato nell’arco di appena tre anni.
1
Pag.
18
Diritti
UMani
Angola: rifugiati chiedono più dirit2 ti,
da governo nuova legge. Chiedono che
i loro figli possano andare a scuola senza problemi, chiedono di poter aprire un conto in banca o
di non essere arrestati con il sospetto che il loro
documento sia falso. Hanno avanzato anche queste richieste oggi i rifugiati ospitati in Angola, al
governo, nel corso di una conferenza organizzata
a Luanda dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati (UNHCR) in occasione della giornata mondiale del rifugiato. Nel corso dello stesso incontro
il rappresentante del governo ha annunciato una
nuova legge proprio per facilitare la vita dei rifugiati in questo paese.
“Il nostro documento di identificazione non è
riconosciuto in banca e a volte neanche la polizia
lo riconosce - afferma Kalolekeza Malangi, coordinatore dei rifugiati dell’Angola - non riusciamo
a chiedere il passaporto. La nostra vita è davvero
difficile qui”. Dal palco, Alfredo Leite, capo del
dipartimento per i rifugiati del ministero dell’Assistenza sociale ha rassicurato i rifugiati presenti.
“Stiamo pensando ad una nuova legge - ha dichiarato - con cui possa essere più’ facile riconoscere
quali siano i veri rifugiati e quali no. In questo periodo c’è tantissima gente che e’ attratta dall’Angola perché c’è la crescita economica e utilizza l’escamotage dello status di rifugiato per restare qui,
ma in realtà’ non ne hanno diritto e sono illegali”.
Zimbabwe: Promulgata la nuova costi3 tuzione
Da ieri lo Zimbabwe ha una nuova
Costituzione. Largamente approvata dagli elettori
nel referendum del 19 marzo scorso e passata ai
primi del mese per l’approvazione dei due rami del
Parlamento, la nuova Carta Fondamentale del paese è stata promulgata ufficialmente ieri dal presidente Robert Gabriel Mugabe. “Oggi è un giorno
storico, è l’inizio del futuro” ha detto, enfaticamente, il ministro degli Affari costituzionali Eric
Matinenga al termine della cerimonia della firma.
La nuova Costituzione prevede, per la prima volta,
un limite ai mandati presidenziali, da adesso bloccati a due periodi di 5 anni, dopo 33 anni di potere
di Mugabe. Il testo, che non è retroattivo, permette
tuttavia all’attuale capo di Stato, che gode ancora
di un forte sostegno nelle zone popolari e rurali del
paese, di candidarsi alle prossime elezioni, previste
entro la fine di quest’anno. La nuova Costituzione
rimuove il ruolo di primo ministro, creato come
figura di bilanciamento nel governo di unità nazionale fortemente voluto dalla comunità internazionale nel 2009 per mettere fine alle tensioni post
elettorali di cinque anni fa, ma rafforza i poteri del
Parlamento. La nuova Carta – che tra le altre cose
contiene l’abolizione dell’immunità presidenziale
una volta terminato l’incarico – infatti aumenta i
poteri del legislativo, che sarà composto da 210
membri più altre 60 rappresentanti donne, eletti
attraverso un metodo proporzionale. La Costituzione appena promulgata contiene la creazione,
per la prima volta, di una Corte costituzionale che
si occuperà degli abusi del governo. Sarà inoltre
abolita la pena di morte tra tutte le persone con
meno di 21 anni e più di 70 e per tutte le donne.
f
recensioni
ocus on
Mauro Armanino, La storia perduta
e ritrovata dei migranti. Il fatto-
Valentina Codeluppi, LE CICATRICI DEL
RUANDA. Una faticosa riconciliazione, Edizioni
re religioso dentro e fuori i cancelli del carcere.
Gammarò editore, Sestri Levante, 2013, pp.209,
€ 16,00
EMI, 2012, pp. 192, € 13,00
Nel 1994 si scatena in Ruanda, piccolo paese africano
situato nella regione dei Grandi Laghi, uno dei più
feroci ed inimmaginabili genocidi del XX secolo.
Nel breve arco temporale di tre mesi ha provocato
800.000 vittime e altrettanto numerosi sono stati gli
autori delle stragi. Altrettanto inimmaginabile è stato
il vuoto lasciato, a livello materiale, sociale, morale.
Nella prima parte dell’indagine, dedicata al genocidio, l’Autrice ha inquadrato il contesto nel quale
questo si è verificato ritenendo necessaria una analisi della storia del Ruanda,
della presenza coloniale e della lotta per l’indipendenza, eventi che hanno avuto un’influenza determinante sull’importanza della questione etnica nella vita
sociale del paese. Si è quindi rivolta alla descrizione degli eventi dei primi anni
Novanta, soffermandosi sull’evoluzione politica interna e sulla guerra civile,
per poi concentrarsi sull’evento stesso del genocidio, cercando di sottolineare
le modalità di svolgimento, iI ruolo avuto dalle Autorità, dai media e dalla propaganda.
Nella seconda parte dell’indagine, dedicata in modo più specifico alla riconciliazione, l’Autrice si è soffermata sui metodi scelti per affrontare e punire il genocidio ruandese indagando sul compromesso realizzato tra le aspirazioni della comunità internazionale, quelle del governo ruandese e quella della popolazione
che non sempre hanno coinciso. In particolare da parte del governo il concetto
di riconciliazione è stato pensato soprattutto come punizione e distinzione netta fra vittime e carnefici invece che come possibilità di superare insieme i traumi comuni. E’ tuttavia confortante segnalare che sussistono segnali positivi che
testimoniano l’esistenza di concetti di riconciliazione diversi da quello ufficiale
che dimostrano come la divisione non sia l’unica prospettiva possibile in Ruanda
e come si possa sperare nella ripresa del dialogo e della fiducia reciproci.
Rinaldo Bonavita
“Il viaggio è anche parte della meta”. Questo testo
di Mauro Armanino, missionario SMA, antropologo e aiuto cappellano nei due anni di permanenza
a Genova, puo’ essere vissuto come un viaggio per
leggere il mondo attraverso gli sguardi e le testimonianze dei detenuti stranieri (africani e sud americani) all’interno della Casa circondariale di Marassi, a
Genova. Ogni testimonianza ha un nome, un’età, uno sguardo, un passato
che arriva da lontano, che ha attraversato il deserto, il mare, che ha visto
orrori, traffici di esseri umani e ha pagato un prezzo altissimo per arrivare
in Italia. In ogni sguardo rimane l’unicità che incontra l’unicità dell’altro e
racconta storie che si avvicinano, si intrecciano e in parte si incontrano nel
comune destino, il carcere, appunto. Storie che però non sono mai identiche, perché diversa è la partenza, diverso è il punto di vista, la storia da raccontare. “L’identità da sola muore”. E’ un lavoro che abbraccia molti temi:
quello dell’identità che cambia continuamente e che il carcere in qualche
modo aiuta a ridefinire e a ritrovare. I processi di globalizzazione, le mutate
forme di migrazione, le diverse interpretazioni del multiculturalismo. La
pratica religiosa come spazio trovato o ritrovato che offre speranza e futuro.
Il testo, tesi di laurea in antropologia culturale ed etnologia presso l’Università di Genova, è diviso in sei parti. Inizia e termina con una lettera scritta
da Frank, giovane migrante nigeriano incontrato alla fine del suo percorso,
lettera che insieme ad altre testimonianze formano una mappa per il lavoro
di Mauro Armanino. E noi, muovendoci all’interno di questa mappa, conosciamo la complessità dei mondi culturali diversi che abitano il carcere.
Il nostro mondo specchio.”Ci definiamo in relazione all’altro e la nostra
identità non puo’ prescindere dalla relazione con l’alterità”. Come ripete
p. Mauro, per capire la vita dentro al carcere, bisogna saper vedere la realtà
che abita fuori.
Maria Ludovica Piombino
Mostre
Ad Albenga una mostra dedicata all’Africa nera
di Silvia C. Turrin
Tomas D.W. Friedmann è un nome sconosciuto
ai più. Scarse le informazioni che si trovano in
merito alla sua biografia. Eppure, il suo occhio
sensibile di fotografo è riuscito a immortalare
paesaggi, volti ed eventi legati a diverse nazioni
del continente africano. Alcuni dei suoi scatti sono
stati pubblicati sull’autorevole magazine Life,
altri inseriti all’interno di saggi in cui si affrontano
le vicende politico-storiche dei paesi dell’Africa
Centrale e Orientale. Soprattutto nel corso degli
anni Sessanta, Friedmann è stato testimone della
realtà sociale di nascenti città, così come di remoti
villaggi, viaggiando dalla Costa d’Avorio al Ghana,
dalla Nigeria al Congo, dalla Tanzania al Sudan. Da
queste sue esperienze non solo ha ritratto l’Africa
nel periodo postcoloniale, realizzando numerosi
reportage, ma ha anche raccolto molteplici sculture
provenienti da varie etnie. Questa sua collezione di
statue africane è stata recuperata, assemblata e fatta
pervenire alla Galleria d’Arte Moderna di Albenga
(GAMA), situata nell’antico Palazzo Vecchio di
piazza San Michele.
Sino al 6 ottobre 2013, in questo spazio espositivo
si può ammirare la mostra “Africa Nera”, che
raccoglie proprio le numerose sculture collezionate
da Friedmann durante i suoi viaggi nelle tribù
della Guinea, tra i Baga, della Costa d’Avorio, tra
i Senufo e i Dan, del Burkina Faso, tra i Lobi. Per
comprendere pienamente il significato simbolico
delle varie statue e delle maschere è utile conoscerne
le espressioni allegoriche, nonché la collocazione
esatta dell’etnia artefice dell’opera. Per esempio, i
Dan della Costa d’Avorio realizzano maschere di
legno – generalmente dal colore nero – di forma
ovale, con linee del viso ben precise: le labbra sono
serrate, e gli occhi sono spesso raffigurati da fessure
orizzontali. I Lobi del Burkina Faso realizzano
invece sculture lignee semplici (recentemente
rivalorizzate negli allestimenti delle mostre d’arte
africana), ma evocative dei grandi poteri attribuiti
alle energie della natura. Anche nelle maschere
Senufo si ritrovano elementi legati all’animismo, che
è l’espressione più autentica della vera Africa nera.
Oltre alla collezione Friedmann, presso la Galleria
d’Arte Moderna di Albenga si può ammirare un’altra
lettura dell’arte africana, grazie alla mostra personale
della scultrice Renza Sciutto, albenganese di
nascita e alassina di adozione, che ha dato vita
a totem e ad altre sculture pregevoli in cui si
ravvisano influenze provenienti dalla Madre
Africa.
Info: Galleria Arte Moderna Albenga (SV) piazza San Michele (Palazzo Vecchio - Torre
Civica) - Tel. 335 7045211; [email protected]
Orari: da martedì a domenica dalle 10.30 alle
12.30 e dalle 15.30 alle 18.30
Pag.
19
Foto: Gianni Carrea
SMA - SOCIETà missioni Africane
INDIRIZZI
La sorgente della Missione
In missione niente è nostro
Ah, come respingo questa parola: La nostra missione! La missione dei
nostri padri! Vi è forse qualcosa di tuo, di nostro nelle missioni?
(Mons. de Brésillac, Pensieri sulla missione, n° 86)
L’
occasione del rinnovo dei responsabili di una comunità porta con sé
sempre una riflessione sulla sorgente della missione. Ritornano alla mente
le parole che Gesù dice a Pietro: «Pasci le mie pecore» (Gv 21,15).
Pietro poi trasmette ai presbiteri il mandato che ha ricevuto: « pascete il
gregge di Dio che vi è affidato» (1 Pt 5,2).
Anche Paolo nel Discorso di Mileto agli anziani di Efeso fa riferimento a
questo: «Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo
Spirito santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è
acquistata con il suo sangue» (At 20,28).
Notiamo che Gesù dice: «Pasci le mie pecorelle»; Paolo: «Pascete la Chiesa di
Dio»; e Pietro: «Pascete il gregge di Dio che vi è affidato».
La Chiesa perciò è di Dio, il gregge è di Cristo. Risulta chiaro che lui è il vero
pastore, il pastore supremo. Il gregge è suo e di nessun altro, è lui che lo
possiede e lo conduce; noi siamo vicari, collaboratori, aiutanti, delegati.
È fondamentale, per conservare la pace del cuore e liberarci dall’ansietà,
sapere che, pur sacrificandoci per il gregge, non ne siamo i responsabili
ultimi. Siamo certamente responsabili davanti a Dio, ma ricordando che non
potremo mai aver cura della nostra gente più di quanto ne abbia il Signore. È
lui il padrone unico.
In questa certezza si situa ogni servizio nella Chiesa, nella certezza che non
c’è niente di nostro, ma che tutto è dono. Dono da ricevere e da donare.
Compresa la capacità di non attaccarsi a quanto ci è donato.
Ritornano alla mente le motivazioni della rinuncia di papa Benedetto XVI dove ricorda
che è il papa ad essere al servizio della Chiesa, non viceversa. La funzione del successore
di Pietro è dunque di servizio, e un servizio lo si può svolgere al massimo grado
proprio facendosi da parte, proprio tornando a separare l’uomo (in questo caso Joseph
Ratzinger) dalla funzione di Papa che gli era stata conferita dai cardinali sotto ispirazione
dello Spirito Santo.
Se si ha la certezza che la Chiesa è di Cristo ed è affidata a Lui, si può fare tutto, anche
lasciare la sedia vuota perché venga un altro. Perché è certo che verrà e sarà come deve
essere, mentre tu vai ad aprire la porta a qualcuno che bussa.
MB
www.missioni-africane.org
Approfondisci nel nostro sito quanto hai letto su sma notizie
S.M.A. Roma
Via della Nocetta 111
00164 ROMA RM
Tel. 06 6616841
Fax 06 66168490
[email protected]
P. Mandirola Lorenzo
P. Porcellato Antonio
P. Semplicio Bruno
S.M.A. Feriole
Via Vergani 40
35037 TEOLO PD
Tel. 049 9900494
Fax 049 9902616
[email protected]
P. Sanavio Gino
P. Snider Lorenzo
P. Gabriel Zhampier
S.M.A. Genova
Via Francesco Borghero 4
16148 GENOVA GE
Tel. 010 307011 Fax 010 30701240
C.C.P. 479162
[email protected]
www. missioni-africane.org
P. Aimetta Nino
P. Alberti Luigi
P. Benetti Giovanni
P. Boffa Mario
P. Bonazzetti Martino
P. Bottarlini Gerardo
P. Carminati Carmine
P. Conti Giampiero
P. Drogo Filippo
P. Frattin Luigino
P. Mandonico Andrea
P. Melchiori Lionello
P. Molena Leopoldo
P. Rapetti Lorenzo
P. Rulfi Giampiero
P. Sessarego Stefano
ANGOLA
Adorni P. Renzo Cel. 00244 923425291
Besenzoni P. Angelo Cel. 00244 922208148
[email protected]
Brusegan P. Giuseppe
[email protected]
Ceferino P. Cainelli Cel. 00244 925458927
[email protected]
Maccalli P. Walter Cel. 00244 924331463
[email protected]
Cherchi P. Mario Cel. 00244 924610714
Paròquia Bom Pastor - C.P. 14748 LUANDA
COSTA D’AVORIO
Basso P. Eugenio - [email protected]
B.P. 702 ANYAMA - T. 00225 55787994 Arnolfo P. Francesco - [email protected]
B.P. 212 ADZOPE - Cell 00225 08129962
Dozio P. Dario - [email protected]
04 B.P. 884 ABIDJAN 04 - T. 00225 23451791
Prada P. Marco - [email protected]
Mission Catholique de MADINANI
per la posta: 04 B.P. 884 ABIDJAN 04
MAROCCO
Revelli P. Matteo - [email protected]
Eglise St. François d’Assise
Avenue Mohammed Slaoui - 30000 FES
T. 00212 035622347 Cell. 00212 66332023
NIGER
Bazzara P. Carlos - [email protected]
Maccalli P. Pier Luigi - [email protected]
Mission Catholique de Bomoanga
Girotto P. Vito - [email protected]
Mission Catholique de Makalondi
Armanino P. Mauro - [email protected]
B.P. 10270 - 8007 Niamey CTN
TOGO
Galli P. Silvano - [email protected]
KOLOWARE B.P. 36 SOKODE
T. 00228 24451012 - Cell. 00228 90977530
SERVIZIO IN ITALIA
P. Luigi Aimetta,
Piazza S. Martino1
12020 Valgrana CN
- [email protected]
P. Dario Falcone, Corso Umberto I°, 50 - 12020
Villafalletto CN - Amministratore parrocchiale di
Murazzo (CN) Tel. 0171 938339
cell. 347 3549573 - [email protected]
P. Sandro Lafranconi
Parrocchia di Régona
26026 Pizzighettone CR - [email protected]
Bonifico (IBAN) IT23 Z061 7501 4170 0000 1579 180, intestato a Provincia italiana della Società Missioni Africane
Pag.
20