Raymond Carver Roland Barthes

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Raymond Carver Roland Barthes
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Farsi un libro
Lo Spirito Santo
detta le parole divine
all'orecchio di S. Gregorio.
Particolare di un intaglio
francese in avorio.
IX secolo.
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Scrittore
"Molto tempo fa, mia moglie, i nostri due bambini e io ci
trasferimmo da Yakima, nello Stato di Washington a una
cittadina nelle vicinanze di Chico, in Califo rnia (. .. ). Per
sostenere le spese di questo trasferimento avevo dovuto
farmi prestare centoventicinque dollari da un fa rmacista
per il quale lavoravo come fattorino(. .. ). Volevo scrivere,
e volevo scrivere qualsiasi cosa - narrativa naturalmente,
ma anche poesia, drammi, copioni, articoli per Sport
A/ield, True, Argosy, e Rogue, pezzi per iJ quotidiano locale - qualsiasi cosa comportasse di mettere assieme delle
parole allo scopo di fare qualcosa di coerente e tale da
suscitare l' interesse di qualcun altro oltre me ... ".
Raymond Carver
Autore (I)
"Il testo è un oggetto feticcio e questo feticcio mi desidera. Il testo mi sceglie, attraverso tutta una disposizione di
schermi invisibili, di cavilli selettivi: il vocabolario, i riferimenti, la leggibilità, ecc.; e, perduto in mezzo al testo
(non dietro, quasi un dio da macchinario), c'è sempre l'altro, l'autore. Come istituzione l'autore è morto: la sua
persona civile, passionale, biografica, è scomparsa: spossessata, essa non esercita piu sulla sua opera la paternità
formidabile di cui la storia letteraria, l'insegnamento, l'opinione, avevano il compito di rinnovare il racconto; ma
nel testo, in qualche modo, desidero l'autore: ho bisogno
della sua figura (che non è né la sua rappresentazione né
.la sua proiezione) come lui ha bisogno della mia (salvo
'balbettare')".
Di chi è il libro
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Le avventure dcl testo
Edizioni clandestine
Si pensa che il d esiderio di rivalsa che è o può essere u
molla potente per l'iniziativa di fare, o farsi, il libro, de
ba essere cosa strettamente contemporanea, legata al se
so di frustrazione che si prova dinanzi alla sordità, o
strapotere del sistema editoriale insensibile alle ragio
della verità o della bellezza ma solo attento alle ragio
del budget.
Nulla di piu errato. Il secolo che ha conosciuto i co
dizionamenti piu negativi nei confronti degli autori
stato il Seicento, quando la pressione del potere, con
suoi meccanismi di censura e di veto, venne esercita
pesantemente per impedire l'emergere di un qualch
anticonformismo o innovazione culturale (cioè, politi
e religiosa). Conformismo e fossilizzazione inquinaron
la stampa quanto piu essa diventava formalmente pr
tenziosa e graficamente magnifica mentre gli autori no
graditi, rifiutati e perseguitati, dovevano affidare le lor
opere ad una ed itoria semiclandestina, risicata, mald
st ribuita, costosa in ragione dei pesantissimi rischi eh
essa correva e faceva correre ad autori e stampatori.
una parte, la biblioteca di Don Abbondio e di Don Fe
rante, dall'altra i testi poveri e malcurati di Galileo e
G.B. Vico.
I ruoli che si intrecciano nella operazione editoriale eh
vive sul mercato reale, e dunque alle sue regole deve sot
tomettersi, non sono cosi chia ramente distinti e indivi
duati come appare dalla loro d esignazione corrent
Autore del libro, per esempio, non può essere sempr
chiamato colui che stende iJ testo scritto e di questo '
sicuramente, autore. Si può anche sospettare, ed an
affermare, che l'autore del testo in terviene solo in u
secondo momento, quando il libro è stato già ideato
progettato. Di questa ideazione e progettazione non v
ritenuto responsabile (o non sempre) neanche l'editore
In certa misura, e sotterraneamente, il libro preesiste si
all'autore del testo che all 'editore: viene richiesto, solle
citato, dal mercato con le sue spin te cd esigenze, com
anche con i suoi condizionamenti. Qui va collocato i
baricentro creativo del libro, merce anch'esso in un mon
do mercificato.
Solo tenendo presente questa realtà l'autoeditore, l'a
spirante editore, dovrebbero azzardarsi a progettare l'o
pera, a definirne le caratteristiche (finanche i caratteri)
la forma, l'immagine, come il contenuto. E infine - fat
tore non trascurabiJe - i costi.
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Roland Barthes
Autore (II)
È bene essere autore non di un solo libro, ma di piu libri,
contemporaneamente.
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farsi un libro
Le dVVCnture del testo
Autore ed editore (I)
L'autore firmerà, alla prossima fiera del libro, il suo ultimo lavoro: ma dopo che il visitatore ne avrà acquistato,
allo stand dell'editore, una copia. In verità è l'editore che
presenta al pubblico l'autore, accreditandolo non solo
con il suo prestigio, la sua forza commerciale e finanziaria, ecc., ma finanche con le peculiarità della sua esclusiva grafica. Essere accolto in una collana e.li grane.le diffusione o comunque pregevole è per l'autore un riconoscimento di status. Variazione sul tema: si pensi a certi editori che per decenni hanno connotato come 'progressisti'
autori che da questa connotazione hanno tratto vantaggi,
se non sproporzionati certo immeritati; con buona pace
degli sforzi di Walter Benjamin per definire il rapporto
'corretto' tra letteratura e rivoluzione.
imprese editoriali dai nuovi autori. Gli agenti non li cercano, non li conoscono, non li vogliono ... ".
Furio Colombo
Autore ed editore (II)
Come, insomma, entrare in contatto, e in rapporto, con
l'editore? Un gran discutere. Eco suggerisce una via lenta e apparentemente perigliosa: farsi ospitare dapprima
su una rivistina sperimentale, passare poi ad un 'altra piu
solida e affermata e cosf, salendo pian piano la scala dell'affermazione, e delle conoscenze, arrivare al sospirato
libro.
Ma c'è la rivistina sperimentale, ci sono le riviste sulle
cui pagine maturare e lievitare in dialogante rapporto con
una editoria attenta a scrutarsi intorno e vegliare il nuovo? Che Arcadia ...
"Ero arrivato nel suo ufficio con un giubbotto da
motociclista di cuoio nero e un sacchetto di plastica pieno di manoscritti (. .. ). Misi sulla scrivania di Segal i tre
manoscritti che mi ero portato in moto e dissi: 'Signor
Segai, mi piacerebbe che lei leggesse questi roman zi', e
dopo una pausa aggiunsi: 'Adesso'. David Segai (. .. )
cominciò a leggere, esaminò attentamente due o tre pagine e poi disse: 'Signor Gardner, non posso leggere la sua
narrativa mentre mi guarda' (. .. ). Al mattino dopo, alle
dieci, mi disse che avrebbe preso tutti e tre i romanzi... ".
John Gardner
"Con la 'nuova' industria è nato un nuovo mercato a
monte del prodotto, quello degli agenti. Essi costituiscono negli Stati Uniti un 'anomalia rispetto a qualunque
altro paese. Sono pochissimi, hanno in portafoglio tutti
gli autori che contano, bloccano ogni altro percorso e
sono in grado di rispondere alla nuova immagine di mercato dei nuovi leader editoriali con risposte potenti. Possono - lo hanno fatto - far lievitare i costi dei nomi che
hanno in scuderia (. .. ). Separano, con un vasto fossato di
totale sconnessione e di non conoscenza e contatto, le
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Editing
"[ve. ingl., gerundio di (to)edit 'dare alle stampe', 'curare per la stampa', che ha la stessa radice dell'it. edito]
s.m.inv. Elaborazione e messa a pun to redazionale del
testo originale, scritto e consegnato o comunicato dall'autore, prima della composizione".
Il Nuovo Zingarelli
La definizione non dà ragione sufficientemen te della
varietà delle operazioni, degli interventi, ecc., che possono verificarsi nella fase dell'editing. In realtà, sotto editing si intendono operazioni diverse e non tutte omogenee, non dotate di un protocollo uniformato. Pound
ridusse drasticamente il testo di The Waste Land inviatogli da Eliot: compiendo cosf una operazione di editing
vero e proprio, o qualcosa d 'altro, piu malizioso?
Dattiloscritto
Aggredito dal persona] computer o dal word processor il
dattiloscritto resta pur sempre, quantitativamente, il supporto piu importante e diffuso di un testo destinato alla
stampa (il manoscritto resta confinato nella bottiglia). Si
prega di organizzare il testo dattiloscritto in modo che
risulti chiaro e leggibile, condizione prima per favorirne
quanto meno la prima lettura -la piu desiderata - da parte dell'editore. Quindi, evitare le pagine troppo fitte e con
scarsi, risicati margini bianchi: è un segno sgradevole,
spesso, di avidità e di furberia. Non piu di trenta righi, di
62165 battute per rigo quando si usino caratteri medi
(corpo 12), con interlinea uno e mezzo o due. Si ricordi
che, oltre alla persona che dovrà darne il giudizio ai fini
della pubblicazione, i dattiloscritti hanno anche per destinatari il o i redattori incaricati della messa a punto (editing) nonché, alla fine di un percorso fortunato, il tipografo o il compositore. Un dattiloscritto leggibile è segno
di rispetto per questi ultimi due.
Piero <li Cosimo
Vis11avone co111 santi
Nicola e Anto1110 Abate.
Particolari.
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/ ;1
!'arsi un libro
Le avvcnl ure del 1cs10
Tipografia
Inutile per il 'fai-da-te' librario, andare in cerca della tipo
grafia a piombo, il regno del proto, aristocratico artigia
no. La vecchia struttura, rimasta pressoché immutata ne
suoi processi se non nei macchinari dall'epoca di Gutem
berg, è pressoché scomparsa, in una dissoluzione che '
culturale non meno che tecnologica. L'ottocentesc·
linotype, con i suoi derivati, ha ceduto il posto alla foto
compositrice, il cui tastierista può direttamente seguire
promuovere l'intero processo, <lai momento in cui egl"
riceve il testo fino all'uscita della pellicola, o del foglio,
con la pagina composta e riprodotta fotograficament
nella sua impaginazione definitiva grazie a un appropria
to ' programma'. Con la recentissima introduzione dell
scanner si è ottenuto un ulteriore compattamento <lei processo compositivo, a partire dalla 'lettura' elettronica de
testo. Si produce oggi in minuti quanto al proto, ai suo·
linotipisti, agli impaginatori, ecc., costava giorni <li impegno.
I procedimenti tradizionali <li composizione, stampa
allestimento, giu giu fino alla legatoria, presupponevan
tempi di apprendistato lentissimi, oggi impossibili. L'in
traduzione di sempre nuove tecnologie non sembra per'
aver prodotto un'analoga, adeguata cultura operaia: i
processo è dominato e determinato dal cu11Lrollo <lei rit·
mi lavorativi, avendo come obiettivo la massimizzazion
del profitto, sotto pena <li rapida fuoriuscita dal merca
to. Il deterioramento <lei rapporto con il manufatto h·
comportato disaffezione al lavoro, scadimento di qualità
ecc., che molti lamentano, impotenti.
Sogno del 'fai-da-te' librario: reperire, in piccole citt~
di provincia, l'ultin10 tipografo a piombo, con qualch
cassetta di caratteri a mano: magari, dei mitici legni~ co
i quali si componevano i titoli cubitali <lei disastri: "Guer
ra!", "Il Re è morto", ecc.
Computer
Un valente e affermato storico, ancora sufficientemente
giovane per non essere scettico d innanzi alle pretese
della modernità, raccontava ai commensali di aver composto il suo ultimo libro interamente sul persona! computer, seguendo le istruzioni fornitegli dall'editore. In
questo modo - soggiungeva - l'editore poteva saltare la
fase della composizione tipografica. Doveva solo inserire
nella stampatrice il floppy disk che lui gli aveva inviato.
In tal guisa era anche evitata l'operazione della corre-
stampa e Il furor poetico.
zione bozze.
Lo storico era molto fiero dell'innovazione. Si sentiva
partecipe, coinvolto nella stampa del suo testo. Eppure,
era l'editore a risparmiare sui costi senza che a lui, l'autore, ne venisse nulla in tasca. Confusione <li ruoli.
Il dentro e il fuori del libro
Alle origini, il libro era una raccolta <li fogli, su cui era
stampato un testo, cuciti assieme. Niente copertina e,
almeno ai primordi, niente titolo.
Oggi, il libro si costituisce come un testo che è però come dire - awolto <la un certo numero <li altri elementi, verbali o non verbali (nome d'autore, titolo, prefazione, illustrazioni, ecc.) che hanno la funzione, divenuta
essenziale, <li p resentare il testo; questi elementi, e i supporti su cui essi si inseriscono (copertina, controcopertina, fascette, frontespizio, ecc.), fanno <la intermediari verso il mondo esterno, quello dei fruitori, dei lettori, di cui
il libro non può fare assolutamente a meno. Il complesso
di tali produzioni e supporti, ormai oggetto di una analisi estremamente sofisticata e <li altissimo livello di complessità scientifica, ha persino un suo nome, una sua definizione, specifica: è il paratesto.
"È attraverso il paratesto che il resto diventa libro e in
quanto tale si propone ai suoi lettori e, in genere, al pubblico. Pili che di un limite o <l i una frontiera assoluta, si
tratta di una soglia o - nelle parole di Borges a proposito
di una prefazione - <li un 'vestibolo' che offre a tutti la
possibilità di e ntrare o di tornare sui propri passi. 'Zona
indecisa' tra il dentro e il fuori, essa stessa senza limiti
rigorosi né ve rso l'interno (il testo) né verso l'esterno (il
discorso delle persone sul testo) , margine o, come diceva
Philippe Lejeune, 'frangia del testo stampato c he, in
realtà, dirige tutta la lettura' ". La citazione è da Gérard
Genette, e bisogna che vi rifletta molto chiunque si accinga all'operazione di fare il libro.
Incisioni tratte da
J)cf/a l/OV/fflf/10 /COllOlogìa
di Ces;in: Ripa.
1';1dov;1, 1625
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Farsi un libro
Le avventure del testo
Jcan Coctcau
)-fommage à Pau/ Mora11d.
Titolo
È il luogo deputato dove si incontrano le strategie (altri
ha parlato di "seduzioni ") dell'autore e dell'editore o di
altri comprimari, cioè gli attori apparenti della vicenda
editoriale. Sulla scelta dcl titolo preme anche con una sua
propria strategia, meno immediata ma di grande importanza, il pubblico dci potenziali lettori. La complessità
delle awenture del titolo ha fatto nascere una scienza
indiziaria che si chiama, appunto, litologia, ricca a sua
volta di titoli (in tutti i sensi).
I titoli possono essere descrittivi o connotativi, semplici o doppi, composti o complessi (come quando si presenta la sequenza titolo/sottotitolo/indicazione generica); combinazioni dei va ri clementi si hanno in titoli celebri, come ad es. Iperione, o l'eremita in Grecia, di Holderlin; Ognuno, il dramma della morte del riccio, di Hoffmansthal; o infine 1 Promessi Sposi, Storia milanese del
secolo XVII scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni. Possono variare nel passaggio dalla copertina al frontespizio
o al dorso, ecc.
In generale, e in linea di principio, il titolo dovrebbe
assolvere a funzioni precise, a partire da quella primaria
di designazione/indicazione del testo, o del libro, cui si
riferisce. Questo, in uno schema semplificato e che non
sempre viene rispettato. Sulla scelta premono infatti, non
sempre in modo convergente, l'autore come l'editore (o
chi per lui). Ma né l'autore né l'editore rispondono astimoli omogenei e chiari. In verità, dietro di loro si awerte la pressione, oscura ma sensibile, del pubblico. U pubblico è - possiamo dire - una aspettativa, un desiderio
che prende corpo in una immagine arbitrariamente materializzata e proiettata aU'esterno. Da questo momento, il
pubblico diventa soggetto esigente e impietoso. Il titolo
è dunque il tramite di una seduzione, come hanno detto,
rivolta verso una assenza desiderata e prefigurata, con piu
o meno abilità e candore (c'è un elemento di candore che
è fascinoso, perché indiziario di aspetti riposti della psicologia dell'autore).
All'ambiguità di nascita si aggiunga l'ambiguità
aggiunta della realizzazione tipografica. Il designer, il grafico, a volte lo stesso tipografo possono diventare coautori vistosi della progettazione di questo elemento del
peritesto editoriale. Se vi sono pessimi libri che incontrano un buon successo in grazia del titolo, o della sua realizzazione grafica, un buon libro, con un buon titolo, può
essere rovinato (e non solo sul piano commerciale ma della sua identità specifica) da una grafica inappropriata.
Copertina
Luogo di delizie e di corruzioni, la copertina si porta
appresso, nel nome, la povertà delle.origini: inizialmente
offriva al libro solo il rivestimento necessario alla conservazione. Sui suoi spazi si sono poi progressivamente
appuntate ambizioni e ipocrisie.
Oggi, è buona regola non fidarsi di ciò che la copertina puramente e semplicemente esibisce e che, molto spesso, non ha alcun puntuale riferimento ai contenuti del
libro, a! ~es~o. Quando le sue lusinghe non bastino, l'opportumta viene raddoppiata e triplicata, grazie alla sovracopertina e alla/ascella.
.I ~isvolti di copertina e la quarta di copertina hanno dato
ongme ad autonome forme di scrittura ed ospitano, golos~mente, vere e proprie composizioni letterarie, esercizi
d1 superba acrobazia stilistica cui si dedicano specialisti
cultori ed ~depti (da non confondere sempre con qucll~
che nelle lmgue anglosassoni viene detto blurb e che i
dizionari traducono con borbollio, o so//iello). '
Al confronto con la copertina, il dorso o costola mantiene un~ s~a ascetica castità, asciutta e sobria, quasi sempre credibile. Da consultare, dunque, per controbilanciare la copertina.
Frontespizio
Il francese/rontispice richiama esplicitamente il frontone
del tempio classico; e in effetti fino a un paio di secoli fa
la pagina di frontespizio si presentava decorata sontuosamente, con la scrittura, sovente ridondante, racchiusa
in un fastigio variamente e riccamente elaborato.
. ~nc~e ?g~! ques.ta pagina, che in definitiva ripete
md1caz1om gia fornite dalla copertina, è preceduta da
una .sequenza di fogli (sguardie bianche, pagina con
occhiello, una o due pagine con indicazioni editoriali
v.aric) c~e sembrano fa rle da rituale e forse inutile sipario o quinta. Potrebbe essere abolita ma la forma-libro
.
'
e' conservatrice.
Il nome, frontespizio, ha un che di prezioso e allusivo
come evidente nella sua utilizzazione quale titolo di una
esclusiva rivista letteraria fio rentina degli anni '30.
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!'arsi un libro
Le avventure del tc;,to
Nome dell'autore
La designazione dell'autore è anch'essa soggetta a regole
strategiche piuttosto complesse. Comprensibile, l'ansia
di vedere il proprio nome in copertina, ma attenzione a
non commettere errori - se non altro di buon gusto nelle proporzioni, nella collocazione, ccc., per non compromettere il libro. Si consiglia di almeno prendere in
considerazione (è un buon esercizio yoga di autocontrollo) l'ipotesi di usare uno pseudonimo. I:anonimato
può essere indizio di cattivo carattere, l'espediente sembra indicare che il testo è bassamente pericoloso nei confronti di terzi: almeno questo è l'uso che se ne fa specialmente in Italia, dove invece non sembra attecchisca
quella forma speciale di orgoglio che è l'anonimato
inteso come suprema affermazione dcll'lo nutrita come è stato osservato - di forme varie di "esibizionismo sviato", di "istrionismo controllato", nel gusto de
"la maschera e Lo specchio" .
Eleganza irrisoria di Raymond Queneau:
"j'ecris quelques poèmcs
qui valent je l'espère
ceux que j'elaborais
lorsque j'avais vingt ans
je les signais J'ailleurs
de la mème façon
q-u-e-n-e-au-r-a-i grec mond"
Notizia dell'ultima ora: un editore ha awiato una collana che offre opere di esordienti. A questi si chiede solo
- con sottile, un po' perverso, intuito - il sacrificio di
restare chiusi per quattro anni nella pesante crisalide dello pseudonimo.
viceversa, (. .. ) sono facili e corrispondono a mutamenti
impercettibili dell'adattamento visivo". Ebbene, prosegue Valéry, "questo ideale non può essere attinto che
attraverso la collaborazione dell'incisore del carattere
con lo stampatore. In ultima analisi; tutta la forma deve
Carattere (I)
Secondo Paul Valéry la pagina del libro, oltre che essere
scorrevole alla lettura, oltre ad offrire, cioè, una visione
netta e chiara delle righe di stampa e delle singole parole, deve (o dovrebbe) possedere una vera e propria qua·
lità d'arte, ottenuta lavorando sulle proporzioni e l'equilibrio tra "le masse di nero puro" dei caratteri, disposte
sul "campo purissimo" del foglio e.li carta con "potenza
e.li contrasto" raggiunta a spese delle interlinee. Questo
secondo pregio può essere disgiunto dal primo: vi sono
libri bellissimi che non invitano alla lettura, e libri "leg·
gibilissimi, molto ariosi, ma che sono fatti senza grazia
insipidi all'occhio, o anche francamente brutti".
L'ideale libro è quello che unisce i due pregi, quando
cio(· esso "è dolce da leggere, delizioso da esaminare,
quando il passaggio dalla k·ttura alla contemplazione, l'
scaturire dal carattere".
Carattere (II)
Alla voce (che è voce dotta e viene dal greco charasso,
cioè io incido) il dizionario riporta: "Ciascuna delle rappresentazioni grafiche delle lettere dell'alfabeto, disegnate secondo le stesse regole in un determinato stile".
Ma, subito appresso, registra anche: "Insieme dei tratti
fisici, morali e comportamentali di una persona, che la
distingue dalle altre". Dunque, il carattere tipografico dà
impronta, incide e distingue il libro cosi come il carattere morale individua e distingue ciascun uomo dagli
altri.
Non è significativo, e bellissimo? Fare il libro è operazione che prende corpo - non solo metaforicamente con il corpo tipografico, quello che viene scelto come il piu
adeguato in rapporto sia agli altri elementi fisici costitutivi dcl libro Oa carta, il formato, ecc.) sia al testo stesso,
alla scrittura. t il carallere Liµugraficu , i11su1111ua d1e dà
il carattere al libro e al testo che vi è stato translitterato.
E, come in morale, anche di un libro si potrà dire che
"non ha carattere", è un brutto libro, un libro anonimo.
Cosi sentiamo ripetere a piu voci.
il libro
Farsi un libro
Le awcnrure dcl ll'SIO
PICTORES OPERIS,
~~
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SCV LPT O R
ç;\tuo '!>*llltl· G?"!I~
tanza nella storia dell'editoria (e del gusto); insieme,
furono ottimi illustratori; ma pessimi pittori, con scarso
o nullo interesse per lo specifico (tecnico e semantico)
della pittura.
Illustrazioni
"Basta, col vile abuso delle pagine dipinte!
L'occhio sarà ormai tutto, e lingua e orecchio
nulla? Dio ci guardi dal cader cosi in basso! ".
William Wordsworth
Tritratti <lei disegnatori
e dell'incisore delle tavole
<li un erbario <lei '500:
Fuchsius: De histor10 S11rp1t1m,
Basilea, 1542.
Incisione su legno,
riprodotta in fondo al \'Olume.
Note
"Io credo che non si possa pili scrivere libri.
Quasi tutti i libri sono note a piè di pagina gonfiate in
volumi (volumina). Io scrivo solo note a piè di pagina".
Bobi Bazlen
Una delle cause della crisi del libro d'oggi non sarà forse anche da attribuire ad una rottura del rapporto intercorrente tra libro e immagine, pili grave forse a causa del.
l'incertezza dci ruoli che assale sia il testo che l'immagine? Il libro, infine, non è pili l'insostituibile supporto del l'immagine; questa ha media nuovi e diversi per diffondersi capillarmente e mobilmente, men tre ved e forse
affievolirsi lo stretto rapporto tra l'antica razionalità e la
propria funzione iconica.
Illustrazione/immagine
Non stupisca dunque se il consiglio migliore è di rinunciare all'illustrazione. Fare un libro è operazione già di
per sé difficile, la scelta dell'immagine può dare risultati
deludenti, o difformi da quelli desiderati, riducendo l'iJ.
lustrazione a un 'discorso' aggiuntivo al testo, con un percorso parallelo che non necessariamente si integra con
questo.
Si impari comunque, prioritariamente, a distinguere
tra i due termini, illustrazione e immagine, che non sono
perfettamente coincidenti tra loro. Sinteticamente,
di remo che l'illustrazione ha finito con l'assorbire entro
i propri confini l'immagine in senso forte, vale a dire
l'arte figurativa: pittorica e grafica. L'arte figurativa, in
cui la qualità artigianale, la tecnica, la manualità, è stata
da sempre la prima salvaguardia di certi valori istituzionali e costitutivi del suo essere arte, è slittata quasi senza
residui nella sfera della pura e semplice illustrazio ne; in
connessione probabilmente, oltre che con la fotog rafia.
con la pratica libraria e la sua omologazione tecnica, per
certi aspetti non lontana da quella fotografica. I surrealisti furono eccellenti grafici e stampatori, con una produzione libraria e, in generale, segnica, di grande impor28
Retrofrontespizio, colophon
Insieme, costituiscono l'impronta d igitale, la carta d'identità d el libro. Nel retrofrontespizio troveremo il titolo originario dell'opera (se tradotta, o se il titolo è stato
mutato), la data della p rima edizione e delle successive,
l'indicazione dei diversi editori, il copyrigh t; quindi,
ancora, vi sa ranno registrati i nomi dei traduttori, dei
redattori, clegli autori delle illustrazioni, del grafico, i ringraziamenti per quanti hanno collaborato alla buona riuscita del libro. Il colophon (o 'finito di stampare') dovrebbe contenere alcuni clementi fissi, che però non vengono
sempre inseriti. Basti pensare alla data e luogo d i stampa:
s.d. (sen za data), è indizio di un oscuro imbroglio, fa
sospettare.
Un libro benfatto dovrebbe anche riportare lo ISBN
(In ternational Standard Book Number), la numerazione
standard della Library of Congress, e il Codice a barre
magnetiche.
P. S. Ricordarsi di inviare due copie del lib ro appena stampato alle Biblioteche Nazionali di Roma e Firenze. Dovrebbe essere un obbligo, ma per fo rtuna non è rispettato.
Correzione delle bozze
Non c'è editore o tipografo che non odi l'autore, quando
pretende di correggere lui le bozze. L'autore pensa di
sfruttare questa occasione per migliora re, mettere a fuoco il testo: in effetti, con muto spavento, si è accorto della lontananza abissale che passa tra il suo dattiloscritto e
il testo appena stampato. L'autore non riconosce le sue
stesse parole. È la diversità di immagine che stravolge il
rapporto. Di qui, la sorpresa che sempre fa il manoscritto, con la sua misteriosa musicalità.
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Mario Ma rioni
Umani, l 988.
rarsi un libro
Le avventure del lesto
Epitesto
L'autore dovrà tenere in mente che stampare/rsi il libro
è un'operazione nuda, anzi uno scheletro di operazione,
che attende di essere successivamente rimpolpata e rivestita di una serie di altre iniziative, sotto pena di restare
del tutto inutilizzabile. La strategia, le occasioni, le possibilità da mettere in opera o sfruttare (tutto ciò insom
ma che viene definito come l'epitesto) sono infinite, anche
se alcune strutture di riferimento restano fondamentali .
È epiLesto la recensione editoriale come l'intervista giornalistica o televisiva, la presentazione autorevole, la !et
tera che raccomanda, il premio letterario; fino a, magari,
la commemorazione funebre o la rievocazione per il cen tenario. Buona strategia sarebbe, per l'autore, di occu
parsi prima dell'epitesto che del testo (per il quale, all'occorrenza, si potrà utilizzare l'opera del cd. negro, o assi
milato). Brillanti carriere letterarie sono state fondate su
un'accorta politica di p.r. iniziata ben prima di porre
mano all'opera di esordio.
La cultura dell'epitesto non deve sempre essere vista
come un fe nomeno di corruzione; molto spesso i rituali
legati a questa pratica rientrano nelle norme della cultu
ra del potfach, lo scambio primitivo dei doni, la loro presenza testimonia del fatto che la cd. società di mercato è
un curioso impasto di fattori rigorosilmente economici e
d i altri di tipo magico-rituale che ne definiscono aspetti
anche essenziali (cosa, quest'ultima, recisamente negata
da quegli autori/intellettuali le cui attività specifiche sono
organicamente legate proprio alle funzioni e alle pratiche
dell'epitesto).
Si può facilmente osservare (pur nella meritata decadenza degli studi gramsciani sull'intellettuale o rganico)
che le pratiche dell'epitesto fanno proliferare strutture
semantiche e linguistiche piuttosto rigide e dotate nonostante le pretese - di una grande forza conservatrice, oltreché autoconservatrice. Nella desacralizzazione
che investe le società contemporanee, queste strutture
(pur se a disagio: il Re teme sempre di essere scoperto
nudo) sopravvivono come elementi di organizzazione del
potere e del consenso, e organici a questo. Il processo
innovativo passa con difficoltà attraverso di loro (di qui,
il rifiuto di T.W. Adorno; rivalutato, del pensiero negativo, il solo Leopardi: tanto, lo Zibaldone, chi lo legge?).
l\r 1\'Cnuto Disertori
I libris per Cesare Olschki.
\ 1lografia.
Tatto
Il piacere del testo si traduca nel piacere del tatto. Sfregare tra il palmo e il pollice un libro di dimensioni ben
equilib rate, con le masse ben dosate, la copertina e il
dorso gradevolmente rilegati, è un piacere impagabile,
specialmente passeggiando, senza mèta precisa. Un
buon libro deve poter offrire questo piacere aggiuntivo.
Conosco persone che si dicono capaci di assorbire il
testo anche solo palpando a lungo il volume (per non
dire di quelli che leggono un lib ro già solo tenendolo,
chiuso, sul proprio tavolo: ce ne sono) Jura11te una o piu
passeggiate, piccoli appositi viaggi cittadini. Leggere
passeggiando: una d imensione del tutto scomparsa, e se
ne avverte tutto il rimpianto pensando al Don Abbondio che "talvolta, tra un salmo e l'altro, chiudeva il breviario tenendovi dentro, per segno, l'indice della mano
destra e, messa poi questa nell'altra dietro la schiena,
proseguiva il suo cammino, guardando a terra", ecc.
Viene il sospetto che l'intero romanzo, l'intero racconto
dei Promessi Sposi sia, da questo punto in poi, solo una
grandiosa fantasticheria del nostro parroco, sollecitata in
lui dal contatto evocatore della mano sul dorso del suo
breviario. Da approfondire.
Castrante
"Il lib ro, anche quello uniformato dell'industria editoriale, continua a godere di un 'aura sacrale e a presentarsi
come il veicolo della saggezza, messaggio affidato al tempo, ma nello stesso momento costringe a rispettare la sua
ideologia castran te, nascosta dietro l'innocente pagina a
stampa che esclude però qualsiasi ricorso alla manualità
e vanifica il bisogno/impulso a penetrare nella materia
dalla quale pure è nata la scrittura".
Luciano Caruso
Fotocolor su alluminio_
31
Aubrey Beardsley
frontespizio.
1896.
Maxfield Parrish,
copertina.
1898.
f'arsi un libro
Le 3\"VCnture del testo
Lettura
Nulla appare piu naturale, nulla è piu artificiale della lettura. Gestaltismo, associazionismo disputeranno ancora
a lungo per stabilire se il tutto viene appreso prima delle
sue parti, o se il processo del leggere comincia invece dal
compitare le singole lettere dell'abbecedario. Una cosa
però è certa: dopo l'acquisizione della stazione eretta, la
lettura è quanto di piu innaturale l'umanità abbia esco gitato nel corso dei millenni. Oggi appare del tutto spontaneo leggere con i soli occhi, in silenzio; S. Agostino si
meravigliava d el monaco che leggeva in questo modo
spezzando quell'unità tra il parlare, lo scri vere e il legge·
re che sembra fosse, ancora nel medioevo, la regola viva.
La fisiologia, la psicologia della lettura sono, dunque,
scienze moderne, e forse ancora embrionali , perché un 'altra cosa è parimenti certa: nei libri, sui monitor, o sui ca rtelli luminosi delle autostrade, gli uomini leggeranno
sempre di piu.
Appunto in ragione del moltiplicarsi, coi massmedia,
delle opportunità, quel che muta è il senso, il valore della lettura. In tale ambito, la crisi del libro è nella perdita
della sua capacità di trasmettere una progettualità forte,
complessa, escl usiva: d estinata, in fondo, a pochi.
Anonimo: "Il libro è un amico tragico".
tore dimenticasse la sua lingua - q uella che egli usava nei
propri rapporti sociali - per adottare, per costringersi
dentro la lingua d ello scrittore, quella che lo scrittore
codificava nell'opera, il libro.
Ancora oggi l'autore si pone davanti ai suoi lettori esigendo una adesione totale al testo, alla sua scrittura.
Lettore (I)
"H ypocrite lectcur, - mon semblable, - mon frère! ".
Charles Baudelaire
"Ce vice impuni, la lectu re".
Valery Larbaud
CHAllLU SClll8NEa.'5 SONS
Nl\li YOllll.
Lettore (II)
L'auto re è geloso del testo, permaloso nei confronti di chi
gli suggerisca modifiche, tagli, cancellazioni, correzioni.
Pensa di avere col suo scritto un rapporto di proprietà
esclusiva. Ciò vale a dire che l'autore non è o non può
essere un lettore, il lettore del suo testo. Egli non sospet·
ta nemmeno che il primo rapporto che il lettore instaura
con il testo che legge è il tradimento.
Lo stile è l'uomo, ma lo stile da considerare è, innan·
zitu tto, lo stile del lettore. La scrittura è il tramite di quc·
sto allontanamento del lettore dall 'autore e dalla sua ope·
ra. La sc rittura è stata, storicamente, strumento d i separazione, di selezione, artificio. Secondo Barthes, fino a
poco piu di cento anni fa gli scrittori generalmente ignoravano che vi fossero piu modi, e assai differenti l' uno dall'altro, di parlare una lingua (Barthes si occupa della ling ua fra ncese, ma lo stesso si sarebbe potuto dire, ovvia·
mente, dell'italiano: anzi). Essi esigevano quindi che il Jet32
Lettura ed eros
"Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:
quel giorno piu non vi leggemmo avante".
Dgnte Alighieri
"E venuto per leggere. Ed aprimmo
due o tre libri: storici e poeti.
Ha letto un po', per dicci minuti,
poi ha smesso. Sul divano
sonnecchia.
Appartiene ai suoi libri:
pure - ha solo ventitré anni, è molto bello ... ".
Costantino Kava/is
'>cwndo frontespizio delle
I pt •ole hcroiche
d1/\ntonio Bruni.
1{11111;1, 1647.
Libro d'artista
"Il libro d 'artista non può essere ricondotto al libro illustrato da un artista, che in genere è chiamato a interpretare graficamente testi altrui, con i q uali si sente al piu una
particolare rispondenza; mentre loggetto del nostro
discorso è, invece, yua~i sempre il risultato d i una volontà
totalizzante da parte di un unico autore che sceglie quella particolare forma per realizzarsi. Neppure può essere
confuso con l'editoria autogestita che ebbe una larga diffusione tra gli anni Sessanta e Settanta, assumendo di volta in volta il nome d i esoeditoria, underground press, small
press, ecc., dato che nella maggior parte dei casi questa
attività assolveva al compito di documentare il proprio
lavoro ed intenzionalmente, con una forte carica ideologica, si poneva fuori dei normali canali di circolazione
delle idee. In questo caso il libro, realizzato spesso da un
unico autore a sue spese o insieme d ai componenti dello
stesso gruppo, e stampato con mezzi poveri (ciclostile,
macchine a spirito, matrici di carta, ecc.) oppure ricorrendo ai n uovi sistemi di riproduzione (fotocopiatrice,
offset, ecc.) è visto come un comodo strumento di diffusione (. .. ) Conta il rapporto che si stabilisce col destinatario, tendendo alla costituzione di una piccola società
estetica e non si investe la struttura del libro in quanto
tale; anzi spesso, con la Narrative Art, il Concettualismo,
la Body Art, le performances di va rio tipo, ecc., si pone ed
è usato come naturale strumen to per far conoscere il proprio lavoro e torna ad essere il tradizionale mezzo di diffusione del pensiero e delle opere dell'autore".
Luciano Caruso
33
Farsi un libro
Garamond
È, tra i cara.tteri in uso, e pur nelle diverse varianti oggi
compresenti, quello che si rifà al modello piu antico, l'ar·
chetipo sviluppatosi nel grande laboratorio sperimentak·
della stampa, tra la fine del quattrocento e la prima meti1
del cinquecento. Straordinaria è la sua persistenza e favo
Iosa la sua fortuna. E anche nella presente epoca di gene·
razione elettronica del carattere, la realizzazione di un
Garamond costituisce una bella sfida.
ABC
DEF
GH IJ
KLM
NOP
QRS
T UW
XYZ
Le due sorgenti
L'alfabeto latino, come oggi viene usato, ha due formt·
fondamentali: maiuscola e minuscola.
Il maiuscolo ha come modello diretto la capitalis roma
na, il carattere che rappresentava nella scrittura il potere
dell'impero. Per secoli si tornerà a rilevare, misurare.
disegnare e ricalcare l'iscrizione del basamento della
colonna di Traiano (114 d.C.), considerata il modello più
perfetto. Ne scrive Jan Tschichold, uno dei grandi mae
stri della tipografia del nostro secolo: "Noi dovremmo
studiare e ammirare la grande bellezza delle lettere prese
ad una ad una, come il ritmo dei rapporti tra loro. Osser
vare le distanze tra le lettere, per quanto inusuali e gran
di ci possano apparire, e prenderle a guida".
Roberto il Guiscarclo dopo la conquista normanna sce
glie questo modello di scrittura monumentale romana per
l'is.crizione sulla facciata del Duomo di Salerno, quasi
a nchiamare una continuità con l'antico potere imperia
le;: e a legittimare il proprio. Per tutto il cinquecento si
nfaranno costruzioni ciel lapidario romano, tentando d i
scoprirne e fissarne il canone geometrico segreto. Ma
anche gli schemi piu eleganti (che forse non sono quelli
piu noti, quelli di Luca Pacioli e di Di.irer, ma quelli di
calligrafi come Wolffgang Fugger e Vespasiano Amphiareo) appaiono rigidi e costretti, e perdono il 'portamento' degli originali. Sono i dettagli, le piccole deviazioni
dalla norma, gli aggiustamenti percettivi, mai formalizzabili in forme semplici, che danno anima alle lettere.
Il minuscolo ci viene dalla scrittura umanistica neocarolingia, come la praticavano a Firenze, nella prima metà del
quattrocento, Poggio Bracciolini e Niccolò Niccoli. I piu
antichi testi latini classici che gli umanisti andavano riscoprendo erano scritti nella scritcura elaborata alla corte
neoimperiale di Carlo Magno, la minuscola carolingia (derivazione comunque della capitalis romana attraverso la lunga e complessa storia della calligrafia romana e medievale).
48
Caratteri eminenti
La neocarolingia umanistica era la scrittura formale
quella usata nei libri manoscritti (in quelli laici, mentre
nei testi religiosi prevaleva sempre la scrittura gotica). E
poi c'era la scrittura corrente (corsiva, appunto), e anche
qui gli umanisti cercavano forme piu chiare, equilibrate
ed eleganti. Da questa viene il nostro corsivo.
Nella pagina a fianco: l'alfabeto
.I, I basamento della colonna di
I r 1iano (secondo Tschichold).
I lettere outline (a solo
"'1torno) sono costruite pe r
1111;1logia.
Sotto: minuscola carolingia
(I \. scc.), scrittura umanistica
horcntina (1480), il marchio
d1Manu zio e alcune righe
d..! De Aet11a di Bembo.
CD ptoftk.c:arefft=re fpu"'"' (ùr~u:; 1ncol.0nnr. Hof"obr=ptfi.cq
""'1rAtrt:lmtn.a.lo. tdquod tpO..
~.a:cuerra..ffi;a:b.unur-:Non
V
,f"f""""f......-.....,_...., wnomfcb.,..
1\4
ulr.'l""'l"'-.''bcllo~dumciondc.tt
t
~''"'l'd..,ft.ano,gcnuf unddt.ruuu
A U...1'J'f""""'J"""ù<.emom14 rom.
t •th ma nobis pucris c:fi, et quidcnt
li:-
dulo Angèlc; quod nu:miniffc te calD
fcio;ut fiultw llwliorum nollrorurn....
quosfcrcbat illaacwru5tamnuturos,~
11bcrcs.fcrnpcrtibialiquospromcttmw:
nam liucdolcbasaliquid, liuc gaudcbas;
quacduofunttcncrorumanimorumma
x1mc proprucaJrcdioncs; continuo habrbasaliquid a mc,quod lcgcrcs,ud gra-
Francesco Griffo
Dopo la pubblicazione della Bibbia delle 42 linee nel
carattere gotico di Gutenberg (1456), l'arte della stampa
dalla Germania dilaga per l'Europa; la prima stamperia
in Italia, e che usa già i modelli della calligrafia umanisti ca, chiamati da allora romani, è quella di Arnold Pannartz
e Conrad Sweynheym (Subiaco, 1465). Segue quella dei
fratelliJohann e Wendelin von Speyer (della città di Spira), impiantata a Venezia nel 1469; ed è Venezia che rapidamente conquista il predominio. Il francese Nicholas
Jenson vi incid e nel 1470 il prototipo di quello che noi
conosciamo come Garamond. Il carattere diJenson, l'impressa lt'ttera venettana, è stato definito "il piu perfetto
mai inciso", ma le maiuscole hanno un rilievo eccessivo e
ancora non si integrano con il minuscolo.
Aldo Manuzio (1450-1515) è il primo grande editore
in senso moderno. Nato ai margini della palude pontina,
in contatto con l'intellighenzia umanistica, amico di Pico
della Mirandola, si trasferisce nell'opulenta Repubblica
di Venezia, dove apre la sua stamperia nel 1490. Affida
l'incisione dei punzoni al bolognese Francesco Griffo,
che gli dà due memorabili serie di caratteri: per il De Aetna di Pietro Bembo (1495) e per l'Hypnerotomachia
Poliphili ( 1499). Griffo inoltre produce il primo corsivo
a stampa, che in spagnolo è chiamato ancora !etra grzfa,
richiestogli da Manuzio per le edizioni economiche in
quanto permetteva di comprimere il testo in formati piu
piccoli (il corsivo, quindi, non era ancora usato in coppia
con il tondo, ma in alternativa). Il modello calligrafico è
la variante 'cancelleresca', il corsivo particolarmente in
uso per gli atti di cancelleria (questo tipo di corsivo verrà
poi portato a insuperati vertici dal vicentino Ludovico
Arrighi). La straordinaria qualità edito rial e dei libri di
Manuzio li impone in tutta Europa come modelli da imitare, se non addirittura da plagiare.
Griffo inaugura una lunga serie di tipografici eccentrici: collerico e scontroso, dopo aver rotto con Manuzio
non si farà scrupolo di incidere nuovi punzoni per le edizioni pirata stampate a Lione con il marchio di Manuzio
e spacciate per originali. Litigherà poi con Soncino e con
altri editori; sarà presumibilmente impiccato nel 1518 per
aver assassinato il genero.
49
Car..ttter i emine nti
Farsi un libro
Presumo rierano di Claude
Garamond e carattere da lui
prcsumibilmence inciso ( 1545).
Vuencus presbyter,natione Hi-
I fpanus, vir nobalis atquedoailli
mus ,ph1lofophus,1 hetor,pocta,&
theologus infignis, & non minus
conuerfatione quàm fcientia fcripturarum Eccldiz •enerabilis, lit•
didit pro adificationc lcgentium.
tam metro qulm profa mulu prçclara •olumina: fed pauca ad n<>ti~
tiam mcam pcrucncrunt. Lcgi op•
ill1lane, suod Huuncuil vcdib'
abegp
ACPST
dF
Garamond
Il cosiddetto Garamond
Le edizioni aldine (di Aldo Manuzio) lasciano il segno.
Ma è nella Francia di Rabelais e di Francesco I che c'è la
maggior fioritura tipografica del periodo successivo.
Claude Garamond (1480-1561), è uno tra i molti stam
patori; apprendista prima di Antoine Augerau (forse pro
genito re d ell'omonimo maresciallo di Napoleone) si con·
quista rapidamente grande prestigio grazie all'eccellenza
del suo alfabeto greco. È il primo a usare il corsivo insie·
me al tondo (come facciamo adesso) e non in alternativa.
La notevole diversità d ei vari Garamond presenti sul
mercato si deve al fatto che solo negli ultimi decenni sono
stati identificati con sicurezza i punzoni incisi da Claudl'
Garamond (conservati nel museo Plantin-Moretus di
Anversa). Venivano di volta in volta presi a modello carat
teri ritenuti originali, ma invece incisi successivamentl'
(d a Simon de Colines, Robert Estienne, Robert Granjon
e altri). Uno d ei piu clamorosi 'casi' della storiografia
tipografica è la scoperta fatta nel 1926 dalla brillante stu
diosa americana Beatrice Warde (sotto il nome di Paul
Beaujon; era difficile per una donna avere credito in un
mondo tradizionalmente maschile) , la quale dimostrò cht
il Garamond prodotto nel 1922 dalla Monotype Corpo
ration era in realtà basato sui caratteri incisi d a J ean J an
non nella prima metà del seicento.
Alcune caratteristiche sono comunque perlopiu
comuni: la lunghezza d elle ascendenti e delle discenden
ti, le maiuscole pi{1 basse delle ascendenti, il tratto alto
orizzontale della lettera e una certa spigolosità del rac
cordo tra i due occhi della g, l'asimmetria delle grazit
superiori della T, l'occhio della P aperto, l'assenza di gra
zie nelle lettere e
Inoltre, nel corsivo, le maiuscole
sono meno inclinate delle minuscole.
Va infine citato il Sabon del grande Tschichold, pro
gettato nel 1960 su richiesta di un consorzio di stampa
tori ted eschi. Essi chied evano un carattere "alla man iera
del Garamond" , che fosse disponibile sia per la composi
zione a mano che per quelle meccaniche. L'eccezionale
qualità del disegno dimostra la vitalità, dopo piu di quat
trocento anni, delle formidabili sintesi attuate dai pionieri
d ella tipografia .
Jl• tofa mortC",milCnmmtt u1urndo n6 a quifll.Htu m< ttptntt in mc
11, ;ione 1«1procJU1,tuU1 qucfi1 abfurd1 m1lcd1tl1,conrra la mia PoJLJ.
. :c.ict,ln mcgh ntorqucu.i.H~1Pol1ph1lt",con m111 tuo bcnc.aducr,
(~1b 1ma1uJ.,conru 11 coic ruo,&. aduC"rfo I.i tua fpcuncu (C1 tuJ.ufo te,
m 1J.mc11tc l>ullcmuc~Er qud Ucr.mo da om ni u1nutc(~lc Hno
1liJ. co)mJ.lcJ1cmdo ncphariammrc 1nu;1dcrc ~ OJ.rnnau.adunquc l.t ra,
l•.a J :1oroC..chcmcd1fororcc.u1fc, &chcmccufi dcmc.nDua, pna.n,
.I<> s,11 011po(c1a per cfTa1ucro 11 ro1ur.ino,6: turto 1n bcncd1dionc nuo
rAl ~ .f-iora non p1u apprccu.ndo al monrt, che cufi u1ucrc. cLf.pofim1
d1 r1 rou.u c .ilba hab1lc&. hondlo CODlm10 d1 darli noucu hogun~ dc,
slo mro molclh & mfupporub1li J.ngon, & confnorlo il mio «crno con
''i .Pcnfando rcd.J.métc,chc 11 nOccoCi tan10 dura nel core humano
1l)11crct.1,chccU11 foculo dlmorc nO fc mollcfc.1.umca,&tdoma.& la u
" • P1lupud1 n>wii:lbb1i< pfifk.Muh1 glod. lo lmpulfo, fu: lof,
"''~ ddla fua cncu\au forrru.Pn ulcargum<to cogiu1d1 fcnualo,& di
Q~
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1 .qual< fi fufTc lammo d1 fi nobok& lngmu• Nympha,m1nbtkc0
l) d1omna u1mne&t przfbnna,M.a ad mc d1uuno cnuminc& CW'
· .1.. Caluionc,a'"4uc .a.o&JCDtt.etcvnanuo dolott. &mili~ moricfaa
11a
1u.ataonc, pcrll_pnu.moncdt unaco(.a anto drgantc, opabilc &t
I
.1111.iu.fa daao n6m1 flUdcua Wcopmamcaco,chcmdhalcro Ccriao#
e s.
Sabon Antiqua
50
51
A sinistra: una pagina
dell'l-lyp11erolomachia Pol1yphili.
In basso, costruzioni di lettere:
Vespasiano Amphiareo
(Venezia, 1572) e Wolfgang
Fugger(Norimberga, 1551).
Qui sotto: una pagina dcl
manuale di Ludovico Arrighi
Operina da imparare d1 scrivere
lr11era cancdlarescha
(Roma, 1523).
!'arsi un libro
Caronteri eminenti
Futura
conti con questa tecnica tipografica "vecchissima o
riluttante" lo stesso Tschichold e gli o landesi Hendr 1k
Werkman, Piet Zwart e Paul Schuitema.
La conclusione è che non può essere elusa la spc
cificità della scrittura; trattare la forma delle lettere do
un punto di vista puramente formale, prescindendo
dalla tradizione tipografica e dal suo complesso siste
ma di dettagli e di aggiustamenti percettivi, porta ine
luttabilmente a esiti fragili .
L'avanguardia razionalista degli anni venti del nostro
secolo ha nel suo programma la riduzione delle for
me ai loro costituenti elementari. E questa è l'operozione applicata all' architettura e alla produzione indu
striale degli oggetti; ma quando la si tenta sulla forma
delle lettere i risultati sono di fatto mediocri .
Renner alla Triennale di Milano
La tipografia del Bauhaus
Una pagina del libro di poesie
d i Majakovskij Per la voce,
realizzato da El Lisitski j nel
1922 ("Le mie pagine stanno
alle poesie in un rapporto forse
analogo a quello del
pianoforte che accompagna il
viol ino.
Come per il poeta dal pensiero
e dal suono si formo
l'immagine unitaria, la poesia,
cosi io ho voluto creare
un'unità equivalente con la
poesia e gli elementi
tipografici").
~-=-~lì--~
:o
z
%
• y.
•
l
I
I
L ___ 1~
Il laboratorio di tipografia del Bauhaus (con Josef
Albers, Laszl6 Moholy-Nagy, Herbert Bayer e Joost
Schmidt) produce lavori notevoli nel campo dell'im
paginazione, ma non altrettanto in quello del disegno
dei caratteri. Funziona la composizione formale di
caratteri dati, e vengono sperimentate soluzioni origi
noli che saranno poi la base di una parte dei succes
sivi sviluppi della progettazione grafica; ma la pretesa di ridurre l'alfabeto in gabbie di pura combina
zione tra elementi geometrici elementari dà esiti di
limitata applicabilità, buoni magari per titoli ma non
certo per testi correnti. Il piu noto dei molti caratteri
progettati al Bauhaus è I' Universal-Alfabet di Bayer,
senza dubbio espressione del sogno razionalista, ma
in pratica, oggi, utilizzabile solo con valore di cito
zione.
Un acuto critico della tipografia delle avanguardie
è il grande Jan Tschichold, che cosi scrive a proposito
delle folgoranti composizioni dell'amico El Lisitskij (il
quale, tra l'altro, ha influenzato profondamente la tipografia del Bauhaus/ : " Il suo spirito giovanile non voleva svolgere la rea tà trovata: egli voleva inventarne
una nuova . Voleva qualcosa d' altro, che sbocciasse
soltanto dal presente e appartenesse soltanto a questo. Tutte le sue opere, favole della ventura epoca tecnica, visionarie anticipazioni di forme future, apoteosi dell' ingegneria, hanno l' irripetibile incanto dell'esperimento rivoluzionario. Ma Lisitskij non sviluppavo
le sue forme sulla base della tecnica tipografica; probabilmente si curava poco di sapere come il compositore sarebbe venuto a capo del bozzetto. Tutta la suo
opera tipografica, per quanto nuova e potente, mostro
spesso la lotta faticosa del tipografo dilettante con una
tecnica tipografica vecchissima e riluttante".
E infatti le piu convincenti composizioni tipografiche delle avanguardie degli anni venti sono in definitiva quelle prodotte dai professionisti, da chi faceva i
72
abcdefGhi
iKlmnopqr
stuvwxyz
a
dd
Uno pagina del poema
tipografico composto da
Werkman per la morte di Lenin
(1 924).
li marchio personale di Piet
/wart (zwarl in olandese
~1gni fica 'nero').
I Universal-Alfabet di Herbert
lloyer (Bauhaus, 1925).
L' unico carattere che ci sia venuto, per quanto indi
rettamente, dall'ambito del Bauhaus, è il Futura di Poul
Renner, prodotto a partire dal 1927. La storia è la
seguente. Renner, che insegna allora in una scuola d1
Francoforte, vede i disegni di un alfabeto che un suo
studente, tale Ferdinand Kramer, ha preparato per l' in
segna della cappelleria del padre. Questo Kramer
aveva frequentato il Bauhaus per un semestre nel
1919, ali' apertura della scuola (assorbendone presu
mibilmente alcuni insegnamenti fondamentali) ; Ren
ner, che non aveva avuto contatti diretti con il
Bauhaus, rimane colpito dall'ottimo equilibrio com
positivo e ne fa un redesign sostanzialmente identico
Ma Kramer aveva disegnato soltanto il maiuscolo e le
cifre.
I problemi cominciano con le minuscole: la prima
versione, piu marcatamente costruttivista, di alcune
lettere (a , g , m, n, r) deve essere abbandonata in
favore di forme piu tradizionali , perché la lettura
risulta eccessivamente problematica . E la modularità
geometrica, seguita quasi rigorosamente nel maiu
scolo (la lettera O perfettamente circolare, lo spes
sore dei tratti costante, la combinazione di poche
forme geometriche di basej, deve essere lasciata da
parte; in particolare (nelle ettere a , b, d, g , h, m, n,
p, q, r) lo spessore dei tratti curvi si assottiglia in pros
simità del raccordo con i tratti dritti. Mantenere lo
spessore costante avrebbe portato, in quei punti di
raccordo, a inspessimenti percettivamente eccessivi
(ed è quello che succede nell' Universal-Alfabet di
Bayer) .
Un'osservazione analoga può essere fatta per il
rapporto tra lettere 'tonde' e 'dritte' : ad esempio, lo
lettera o è leggermente piu alta del tratto della lettera
i. Mantenerle uguali avrebbe portato, per un banale
effetto di 'smangiamento' ottico ben noto alla tradi
zione tipografica , a far apparire la o piu piccola (ed
è quello cne succede nell' Universal-Alfabet di Bayer)
73
Cn r~nreri eminenti
Farsi un libro
a
mn
Lo primo versione di alcune
lettere del Futuro.
Gl.1~S1:1~
AvontGorde
Il Futura, in sostanza, deve la sua sopravvivenza al
compromesso. Avrà un grande successo; Renner stesso lo presenterà trionfalmente nel 1933 alla V Triennale di Milano, dove verrà assunto come modello di
base per l'autorappresentazione del regime fascista.
In Germania le cose andranno in modo diverso: al suo
ritorno dall'Italia Renner verrà accusato dai nazisti di
bolscevismo tipografico e cacciato dalla scuola per le
arti della stampa che egli stesso aveva fondato a
Monaco. La scrittura gotica sarà quella ufficiale fino
al 1941, quando sarà abolita per decreto (causa evidentemente l'esigenza di gestire l'informazione nei
paesi occupati) in quanto " inventata da un ebreo".
Un 'accattivante elaborazione del Futura è il NeoFutura di Milton Glaser, commercializzato con il nome
Glaser stencil (Glaser per mascherine); e l' Avant Garde Gothic di Herb Lubalin, del 1970 (originariamente concepito per la testata di una rivista newyorkese
degli anni sessanta), è in qualche modo un revival del
l'esasperazione geometrica del Bauhaus .
RBCDEFUHl.Jh'Lm
naF'CJFi'5TUUWK!:::l2
DENN EINEJEC.Ll<HEKUNST
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LIC.EC.EHT'"%U NUT%UND
%U FRU<HTDERMENS<HEN
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STER~UND WARE UNTER
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DINC.JftDAH l<H S<HUHEMA
<HEN KONNTEt«UND l<H
WOLLTE AU<H C.ERNEMEIN
BROT MIT MEINEN HAN~
DENVERDIENENWKINDER
*DER FUH NO<H DIE HAND
DIESOLLEN Nl<HTDASAUC.E
SEIN WOLLEN.,.EIN JEGLI
<HER IOLL IEIN AMTTUN~
DAS IHM C.OTT %UC.EFll6T.
Rudolf Koch
efghijk
Il
Kobel di Koch.
Per una consonanza che è il segno dei tempi , nel giro
di pochi anni appaiono diversi caratteri senza grazie
con qualche qualità: in Gran Bretagna il Gi// Sans,
negli Stati Uniti il Metro di Dwiggins (1929) e il Tem
po di Middleton (1930), e in Germania, oltre al Futu
ra, I' Erbar di Jakob Erbar ( 1926) e il Kabel di Rudolf
Koch (1927) .
Animatore della fonderia di caratteri Klingspor di
Offenbach (per la quale avevano già lavorato Otto
Eckmann e Peter Behrens, e che era frequentata dalla
crème della tipografia del tempo, da Morison a Mey
nell , a Wolpe e a Reiner), Koch era un uomo profon
damente religioso, calligrafo e poeta, quasi un misti
co dell'operare artigiano sulla lettera . Il suo Kabel,
quasi un neogotico, è agli antipodi del Futura, pur con
dividendone una certa ricerca di modularità geome
tri co profondamente individuale e caratterizzato
(quanto invece il Futura è programmaticamente neu
tro), ben rappresenta un altro versante dell'epoca che
precede il nazismo. Le termina zioni oblique dei tratti
richiamano la xi lografia espressionista, e l' inconfon
dibile disegno della lettera g gli assicura una qualche
memoria .
'
A
f
__./
-
•
In a lto: alfabeto di Theo van
Doesburg del 1919.
Ou1 sopra, uno pagina
rnmposto nel carattere
Neuland disegnato da Koch
nel 1928.
A destra: composizione da un
catalogo commerciale
>gettato do Piet Zwort
1927) e pagina di un libro di
Kurt Schwitters, Kote Steinitz e
Theo von Doesb urg (1925).
Sotto, Gi// Sons e Futuro a
confronto.
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Farsi un libro
Caratteri cmincnci
Times
Comincia cosi la carriera di quello che è stato consi
derato " la massima autorità mondiale nel campo della
stampa".
Beatrice Warde, la studiosa americana già citata a pro
posito del cosiddetto Gr.ovmond e della 'trasparen1a' dci
caratteri, rievoca il suo primo incontro con Morison,
quando egli, nel 1924, era negli Stati Uniti per un giro di
visite e di incontri. La giovane donna va a Boston per
incontrarlo: "Pareva un gesuita. E quando si girò pc1
vedere chi stesse entrando nella stanza, il momentaneo
guizzo di curiosità avvicinò le sue nerissime sopracciglia
con un effetto formidabile. Ciò a cui non ero preparata
era il modo in cui quel viso austero, quasi cupo, poteva
istantaneamente essere trasfigurato da un seducente sor
riso da fanciullo che toglieva almeno dieci anni alla sua
età apparente. Nel giro dei cinque minuti della conver!>a
1ione generale che segui seppi che ero alla presenta non
solo di uno studioso d ' ingegno, ma di una personalità pili
vivace e stimolante di quante ne avessi mai incontrate
prima".
In un famoso testo del 1929, First Principles of Typography (Primi principi di tipografia), ripubblicato numerose volte e passaggio obbligato per tutta la grafica inglese, Stanley Morison ( 1889- 1967) enuncia la definizione
fondamentale, la pietra di paragone: "L'arte della tipografia consiste nel disporre correttamente gli elementi di stampa in vista di un obietti vo ben definito; nel comporre i
caratteri, nel ripartire gli spazi e nel disporre la composi1ione in modo da facilitare al massimo lo sfor10 del lettore e la sua comprensione del testo. L'arte della tipografia
è lo strumento appropriato in vista d'un obiettivo essen1:ialmente utilitario, e che non è estetico se non accidentalmente, poiché il piacere degli occhi è raramente la
preoccupaLione principale del lettore. È per questo che,
qualunque sia l'inten1ione, ogni disposi1ione tipografica
che si frapponga tra l'autore e il lettore è sbagliata". Spesso contestata per l'eccessiva dureZLa (quel "se non accidentalmente" ha provocato infinite discussioni), questa
definizione non è mai stata ritirata da Morison, il quale era
ben consapevole delle contraddizioni implicite, ma altrettanto ben convinto della necessità di porre un solido punto di ancoraggio. Per quanto apparentemente banale, questa definizione pare debba ancora essere capita. La 'creatività' dovrebbe ven ire dopo.
Alla stazione di King's Cross
Stanlcy Mori\on nel 1924
(dio,egnodi William
Ro1hen,1ci n).
11 10 settembre del 1912 Stanley Morison, impiegato di
banca ignaro di alcunché di tipografico, compra 'Thl'
Times' nella stazione londinese di King's Cross; il giorna
le contiene un suppleme nto sulle arti della stampa. Mori
son è folgorato. Nel supplemento trova l'annuncio dell'u
scita della rivista 'The lmprint' di Gerard Meynell (chl·
diventerà una pietra miliare del rinnovamento tipografico
inglese). Morison si procura una copia del primo numero.
Qui c'è un'inserzione: "Richiediamo nella reda1ione di
'The Imprint' i servigi di un giovane di buona ed ucazionl'
e preferibilmente con qualche e sperien1a di editoria e di
pubblicità. Preferiamo che le richieste siano fatte prima per
le ttera, indiriuate al redattore commerciale". Morison
risponde e, ne l colloq uio con Meynell, confessa di non ave
re alcuna esperien1a specifica. Meynell gli chiede perchl'
si sia proposto; Morison risponde che si è stufato di farl·
l'impiegato di banca. Al che Meynell dice che lo capiscl'
bene, perché anche lui era stato impiegato di banca; e il
posto è suo.
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Inc isione di Eric Gill del 1929
' '" ra ffigurata Beatrice Warde).
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li carattere del secolo
Nel 1922 Morison è consulente della Monotype Corpo
ration (con gli esiti accennati sopra), ne l 1925 della prc
stigiosa Cambridge University Press; e nel 1929 dcl
'Times'. Qui il problema è la progetla1ione di un nuovo
carattere per tutto il giornale, che tenga conto della spc
cificità del quotidiano (corpi piccoli e giuste11e strette):
un problema quindi di tipo essenzialmente tecnico, di
' ingegnerizzazione'. Morison comincia a lavorare sul
Baskef11ille e sullo Ionie (un carattere prodotto dalla
Linotype nel 1922 per usi commerciali), e poi sul Pef]w
tua di Gill (di questo adattamento del Pe1petua vengono
incise alcune serie sperimentali con le quali si compone
una pagina del giornale, stampata nel 1930). Finalmente
Morison individua come punto di partenza il Plr.o1ti11 (dal
nome dello stampatore francese della seconda metà dcl
cinquecento Christophe Plantin, ma prodotto dalla
Monotype nel 191 3 sulla base dei punJ:Oni di Garamond
del Museo Plantin-Moretus di Anversa); esegue gli studi
a matita, che vengono passati a Yictor Lardent, dell'ufli cio grafico del 'Times', corredati di tutte le note e consi
derazioni finali e ricapitolative. Larde nt realiua gli csc
cutivi e la Monotype incide i punzoni ( 14.750 per tutti gli
usi previsti dal g iorn ale). li 3 ottobre del 1932 'Thc
Times' esce interamente composto nel nuovo carattere.
che verrà chiamato Times New Ro111cu1 (i l nuovo romano
del 'Times'). Avrà fortuna immensa, per tutti gli usi. La
base cinquecentesca è percettivamente quasi irricono-,ci
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Farsi un libro
Caratteri eminenti
bile: le lettere sono pili piene, i tratti ascendenti e discendenti pili corti, lo spessore piu marcato e le grazie piu
regolari e uni formi . Ne ri sulta un carattere straordinariame nte economico, che permette un 'ottima leggibilità in
corpi piccoli.
Scriverà Morison ne l 1953: "Oggetto de lla tipografia.
praticata sotto il capitalismo del diciannovesimo secolo
come sotto lo pseudo-comunismo del ventesimo, è moltiplicare il massimo numero di copie al costo minore, e il
Times si attiene a questa ri chiesta".
Monogramma.
Rede<,ign di Mori,on per i
moduli dcl \ervi7io 1elegrafìco
(circa 1935).
Nella pagina a fronte, 'The
Time.,· del 3 onobrc 1932 a
confronto con il precedente
a.,peuo.
li problema del potere
Un lascito particolare di Stanley Morison è il suo Politin
md Script (Politica e scrittura. Aspetti di autorità e libertù
nello sviluppo della scrittura greco-latina dal sesto secolo
a.C. al ventesimo secolo d.C.), raccolta postuma di lezioni tenute a Oxford nel 1957, pubblicata in volume nel 1972.
È un libro che non piace molto ai professionisti del settore, che lo considerano stravagante e fuori dal seminato. In
realtà, basandosi su di un enorme bagaglio conoscitivo.
Mori son, per la prima volta ne lla storia piuttosto speciali sti ca degli studi paleografici , affronta ne l suo complesso il
rapporto tra scrittura e società, e pone la questione fonda mentale della scrittura come rappresentaz ione dcl potere
c he la gestisce e c he se ne serve per il proprio consolidame nto (in Italia sarà Armando Petrucci a pubblicare un
brillante studio in questa chiave).
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Caratteri eminenti
Farsi un libro
Helvetica
Per un singolare paradosso dovuto all'eccesso d1
disinformazione, l'Helvetica è stato ed è ancora consi
derato il nuovo carattere dei nuovi tempi. Associato
inestricabilmente al design e alla grafica italiana (o.
meglio, italo-svizzera) dei favolosi anni sessanta, nel
l'immagine neorazionalista che derivava dall'elabora
zione commerciale delle proposte delle avanguardie.
l'He/vetica ha avuto un'autorità tale che addiritturn
pareva che in sua assenza non si potesse parlare né d1
design né di progettazione grafica (ci si riferisce owia
mente ai meno aweduti, a coloro che, anche genero
samente, tentavano di mettersi al passo con la comu
nità internazionale senza purtroppo avere la necessa
ria base conoscitiva).
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Un senza grazie tipicamente ottocentesco
Nella pagina a fronte: un
confronto tra AkzidenzGrotesk (in alto) e Helvetica; e
una pagina della rivista
' Neue Grafik' con la
recensione di Hans Neuburg.
L' Helvetica segna piuttosto la definitiva sconfitta dei
caratteri geometrici razionalisti (primo fra tutti il Futura),
con un ritorno alla tradizione appena mitigato dalle pie
cole modifiche imposte dal nuovo gusto. Infatti l'He/
vetica non è che un moderato redosign dell'Akzidenz
Grotesk, che la fonderia tedesca Berthold produce dal
1896, su modelli che risalgono alla prima metà dell'ot
tocento (e che era relativamente diffuso anche in anni
recentissimi perché la Berthold lo dava in omaggio
insieme alle sue macchine fotocompositrici). Scrivo
Hans Neuburg (il grafico svizzero di origine cecoslo
vacca che tanta influenza ha avuto in Italia) nella recen
sione dell'Helvetica apparsa nel numero 4 della leg
gendaria rivista 'Neue Grafik' (1959): "Il carattere sen
za grazie della Berthold, al quale non abbiamo alcuna
intenzione di rinunciare ... ".
Disegnato da Max Miedinger nel 1957 per la fonde
ria Haas (e conosciuto come Haas-Grotesk fino alla sua
acquisizione da parte della fonderia Stempel), l'Helve
tica ha alcune particolarità che sono la chiave della sua
diffusione. Intanto è stata riesumata la zampa a riccio
lo, tipica dei ' moderni', della R (che era presente nel
l'Akzidenz del 1896, ma che si era poi persa per stra
da in omaggio forse alle tendenze di semplificazione
geometrica). Poi sono state rese quasi orizzontali (qua
si, non del tutto) le terminazioni delle lettere c, e, s, C.
G, S. E poi ancora si è un po' appiattita la curva infe
riore della g (troppo ingombrante nell'Akzidenz) e si e
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Car..uteri eminenti
Farsi un libro
alleggerito il tratto verticale a sinistra della G. Ne risul
ta un carattere eccezionalmente neutro, poco caratterizzato, compatto, eccellente per l'uso formalistico
(vale a dire quel modo di trattare la pagina utilizzando
la scrittura non tanto per quello che c'è scritto, quan
to come elemento di composizione formale) che infat
ti ne è stato abbondantemente fatto.
aGQ125
Helvetica
aG0125
Univers
Univers
Secondo le intenzioni, il carattere degli anni sessanta
doveva essere un altro: l'Univers progettato dallo sviz
zero Adrian Frutiger per la fonderia francese Deberny
& Peignot nello stesso anno 1957. Di fatto, nonostan
te l'enorme diffusione, l'Univers non è mai diventato
cosf tipico come l'Helvetica, cosf connotativo di un
gusto e di un epoca, e questo forse proprio per le sue
caratteristiche piu peculiari.
CUnivers, già dalla sua prima apparizione, prevede
un programma di sviluppo completo, dal tondo al cor
sivo, dal piu chiaro al piu nero, dal piu largo al piu stret
to, per un totale di ventuno varianti. È il primo caratte
re a essere impostato programmaticamente in questo
modo. Rilevante, a questo fine, è l'integrazione di tut
te le lettere tra loro, come elementi di un unico siste
ma, che può poi essere elaborato quasi come un
tutt'uno.
CUnivers è insomma la prefigurazione, per la meto
dologia progettuale (o meglio metaprogettuale) adot
tata, delle attuali tecniche di progettazione per l'elet
tronica.
Tra le molte peculiarità del carattere sono partico
larmente riconoscibili (troppo, si potrebbe dire) le for
me inconfondibili delle lettere G, O, R. E cosf anche 1
numeri 1, 2, 5. La somiglianza con l'Helvetica è solo
apparente: i due caratteri, di fatto, sono profonda
mente diversi, dal punto di vista filologico, morfologico
e 'sistemico'.
Frutiger ha realizzato altri eccellenti caratteri, tutti
progettualmente rigorosi quanto espressivamente indi
viduali. Tra questi spicca il Frutiger del 1976 (noto pre
cedentemente come Roissy, in quanto studiato per In
segnaletica dell'aeroporto Charles De Gaulle, vicino al
villaggio di Roissy), un ineccepibile e compiuto senza
grazie dell'ultima generazione.
Incisioni su legno di Adrian
Frutiger: Si facciano luci
nella distesa dei cieli
(Genesi, 1, 14) e due saggi
calligrafici (minuscola
carolingia e, a destra, scrittura
umanistica).
Qui sotto, marchio per le
edizioni Hermann (Parigi).
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Nòlttcn:(ro lotltc
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Il Frutiger e la sua
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Carat1cri eminenti
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Dopo la guerra è alla Stempel come dirc llor<· .1111
stico dell a stamperi a interna. Nel 1949 reali//,1 il /~11.1
tino, basato sui caratteri di Giovanbattista Palatino, "rl
ca lligrafo dei cal ligrafi", ca labrese operante a ~om,1
nell a prima metà del cinquecento. Nel 1952 il MC'lior
e nel 1955, con una progressione che dimostra un,1
certa supponenza, la prima seri e dell 'Oplima. Pubblic.- nel 1954 il Manuale Typographicum, raffi nata raccolta di sue composizioni tipografiche; edito anche in
inglese, il Manuale assicura a Zapf il ri conoscimento
della con fraternita internazionale (ne uscirà un secondo vo lume nel 1968). Nel 1956, diventato ormai
un'autorità del settore, Zapf lascia la Stempel per dedi carsi alla ricerca, ai lavori di consulenza, e ai suoi giri
di conferenze e di premi e onoreficenze varie. Disegna un co nsiderevo le numero di caratteri (175 al
1976), dei quali sono notevoli, oltre a quel li già citati,
i I Comenius e i I Marconi, ambedue del 1976.
Continua a praticare incessantemente la ca lligrafia.
Scriverà nel 1986: " La calligrafia, oggi come in passato, è la fonte per la forma dell e lettere, la qua le
esprime lo spirito e il gusto del nostro tempo, e per
quanto una solida messa a punto degli alfabeti contemporanei c i venga spesso dai migliori esempi occidentali, non deve essere trascurala la vigorosa call igrafi a dei maestri giapponesi. Chi sia affascinato dall'arte della calligrafia non proverà mai la noia, per tutta la sua vita. La pratica della cal ligrafia ci offre la possi bilità di esprimere i molli aspetti dell'emozione umana. Ogni esempio ci mostra concentrazione, pazienza
e, sempre di nuovo, il confronto critico con le forme
stori che di una grande tradizione, la quale, perché possa sopravvivere, deve essere trasportata nelle condi zion i del nostro tempo. La call igrafia è il nostro mondo, un mondo di individualisti consapevo li che si
apprezzano l' un l'altro e che apprezzano i sempli ci
strumenti di base di un mestiere umile. Benché una
grande parte del mio tempo sia impegnata nel lavoro
complicato e rigoroso di progettare al fabeti per la composizione elettronica, il mio amore è ancora il penni no a punta tagliata; c'è sempre una goccia del nostro
cuore nell 'inchiostro che usiamo" . Suggestivo, certo;
ma il ven to impetuoso delle contraddizioni, il vento
che trasportava Morison e il grande Tschichold, questo vento pare non soffi qui.
La moglie di Zapf, Gudrun van Hesse, è un'altra calligrafa autod idatta, formatasi anche lei, già dal 1934,
sul manuale di Johnston (disegnerà in segu ilo alcune
belle serie di ca ratteri).
Quando Linn Boyd Benton inventa a Milwaukee I.i
macchina per incidere i punzoni, c'è, come si diceva,
una grande rifi oritura del carattere da stampa. Di fatto, questa rifi oritura si concretizza in un immenso lavoro di repechage all'interno di tutta la tradizione tipografi ca, e ancora indietro, di tutta la tradi zione calligrafica; tutti i successivi sviluppi sono elaborazioni <'
ri elaborazioni, adattamenti al le mod ifiche del gusto l'
al le esigenze tecnologiche. Si è visto come il Times si.1
il redesign di un carattere cinquecentesco e I' Helveti
ca l'adattamento di un carattere del seco lo scorso.
Lo stesso può dirsi di questi anni di universale diffu
sione della compos i7ione elettronica, va le a dire di
maggiore flessibilità e di costi ridotti per la produzione 1·
l'acquisizione dei caratteri : il problema, e questo va le in
modo pressoché assoluto per quel che rigu arda i carat
teri da testo, non è quello di 'i nventare' nuovi alfabeti,
ma quello di rimescolare di nuovo l'intero patrimonio.
per scoprirne nuove applicazioni. L'epoca elettronic,1
non ha prodotto ca ratteri sostanzialmente nuovi; appc•
na è stata disponibile maggiore velocità di elaborazio
ne, la composizione elettronica è tornata ai modelli tra
dizionali, e sono stati emarginati i rozzi caratteri a ma
tric i di punti che per un attimo parevano caratterizzarl,i.
Cosi ritorna a essere fondamenta le la ricerca sloric,1 .
addirittura il puntiglio filologico. Esemplare in questo
senso, per quanto ancora realizzato nell'epoca dell.1
composizione mecca nica, è l'Oplima di Hermann
Zapf, una delle poche rea li novità degli ultimi decenni .
La confraternita dei calligrafi
March i per editori disegnati
d,i Hermann Zapf: Philipp von
Zabern (Magonza), Suhrkamp
(Francoforte) e lnsel
(Wiesbaden).
Nato a Norimberga nel 1918, Herm ann Zapf è per
alcuni anni apprendista in una tipografia, come rito<
calore di foto (il padre, dirigente sindaca le in un' indu
stri a automobi listica, era rimasto senza lavoro dopo l,1
presa del potere da parte dci nazisti). A vent'a nni rima
ne fortemente colpito dalla mostra postuma dei lavori
del concittadino Rudolf Koch; studia calligrafia scguen
do il leggendario manuale di Edward Johnston (comi·
già tanti altri in Germania prima di lui, a partire dt1I
grande Jan Tschichold); autod idatta del tipo piu sottile.
nutrito di immensa passione, entra in contatto con uno
storico dell a tipografia, Gustav Mori, e con la sua im
mensa biblioteca. Già nel 1938 un suo carattere viern·
accettato dalla fonderia Stempel di Francoforte.
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Palatino
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Farsi un libro
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Caratteri eminenti
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