Il fatto - Asl Benevento
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Dipartimento di Prevenzione ASL - Benevento Bollettino Epidemiologico n.104 Servizio Epidemiologia e Prevenzione 0824- 308 286-9 FAX 0824- 308 302 e-mail: [email protected] Pesce crudo: il pericolo si chiama Anisakis Mangiare pesce crudo comporta sicuramente un alto rischio di malattie alimentari causate da batteri patogeni, oppure da parassiti. Il rischio maggiore per chi consuma pesce crudo si chiama Anisakidosi. L’anisakidosi è una parassitosi che può colpire l’uomo, causata da vermi tondi (nematodi), appartenenti alla famiglia degli Anisakidae, composta da quattro generi: Anisakis, Pseudoteranova, Contracaecum e Hysterothylacium. Di questi, i primi tre generi sono responsabili di malattie nell'uomo. Il genere Anisakis, il più diffuso, è presente Nel Mar Mediterraneo, negli oceani Atlantico, Pacifico e Indiano I vermi del genere Anisakis misurano da 1 a 3 cm, vanno dal colore bianco al rosato, sono sottili e tendono a presentarsi arrotolati su se stessi. 1 anisakis I nematodi sono in grado di sopravvivere a trattamenti di affumicatura a freddo, a trattamenti di marinatura con basso tenore di sale ed alle temperature di refrigerazione. Sono uccisi con temperature superiori a 60°C per 10 minuti e dal congelamento (almeno 24 ore a – 20°C). Nei pesci le larve, che misurano circa 4 mm, si localizzano sulle sierose di fegato, ovaio, stomaco e intestino, dove tendono a incistarsi e assumere una caratteristica forma a spirale. I prodotti ittici dei mari italiani più frequentemente parassitati sono: sardine, aringhe, acciughe, sgombri, gadidi, sparidi, lophidi, pesci S. Pietro, pesci sciabola (quasi sempre infestati), totani, calamari. Il rischio è legato al consumo dei prodotti ittici crudi, marinati o affumicati a freddo, sushi e sashimi, ultime tendenze provenienti dall’Oriente, semiconserve domestiche a base di pesce azzurro. Gadidi: merluzzo, nasello; Sparidi: orata, fragolino, sarago, dentice, marmora; Lophidi: rana pescatrice, pesce rospo. Il ciclo dell'Anisakis Il parassita adulto vive nello stomaco di vari cetacei o mammiferi marini (balene, delfini). Questi eliminano attraverso le feci le uova da cui si sviluppano le larve, dette di secondo stadio, che infestano piccoli crostacei marini, divenendo larve di terzo stadio. Quando questi crostacei vengono ingeriti dall’ospite definitivo, la larva diventa di quarto stadio e il ciclo ricomincia. Pesci e cefalopodi che si cibano di questi crostacei possono fungere da ospiti intermedi, dove la larva rimane di terzo stadio e tende a migrare nella cavità celomatica. Se il pesce parassitato viene ingerito dall’ospite definitivo, il ciclo si chiude. (Vedi immagini) 2 In che modo l’uomo può contrarre l’Anisakidosi L’uomo può comportarsi da ospite accidentale (nel quale il parassita non evolve a successivi stadi di sviluppo) contraendo l'infezione quando ingerisce pesci che contengono al loro interno la larva di Anisakis. In rapporto alle abitudini alimentari, l’aniakidosi presenta una particolare incidenza in Giappone e nei Paesi del mare del nord, anche se, negli ultimi anni, sono incrementate le segnalazioni anche in altre aree geografiche, tra cui l’Italia. I primi casi decritti di patologia da Anisakis sono avvenuti a seguito di consumo di aringhe in nord Europa e per tale motivo l'anisakidosi è detta anche “Malattia del verme dell'Aringa”. Risultano particolarmente a rischio i pesci ed i cefalopodi appartenenti a numerose specie contenuti nelle seguenti preparazioni: – sushi, – sashimi, – prodotti ittici marinati, affumicati e salati. I principali sintomi dell'Anisakidosi Nella migliore delle ipotesi, una volta ingerita, la larva muore o non dà sintomi. In seguito all’assunzione di pesce infetto crudo, non completamente cotto o in salamoia, soprattutto quando vengono ingerite più larve, queste possono impiantarsi sulla parete dell’apparato gastrointestinale, dallo stomaco fino al colon. Per difendersi dai succhi gastrici, le larve attaccano le mucose con grande capacità perforante, determinando una parassitosi acuta o cronica. La parassitosi acuta da Anisakis insorge già dopo poche ore dall’ingestione di pesce crudo e si manifesta con intenso dolore addominale, nausea, vomito ed occasionalmente febbre. Le forme croniche sono diverse, possono mimare svariate malattie infiammatorie e ulcerose del tratto intestinale oppure coinvolgere altri organi come fegato, milza, pancreas, vasi ematici e miocardio. Generalmente l’età dei soggetti che manifestano questa sintomatologia è di 40-50 anni. 3 Allergia da Anisakis L’ Anisakis è stato riconosciuto anche come possibile causa di allergia. I soggetti sensibili possono avere reazioni allergiche non solo ingerendo il pesce infetto ma anche manipolandolo o respirando allergeni diffusi nell’aria. Si tratta di un rischio prevalentemente legato alla lavorazione del pesce (malattia professionale che riguarda i lavoratori nel settore della trasformazione dei prodotti ittici). La presenza del parassita vivo o morto nell'organismo può causare fenomeni allergici quali: - orticaria, - angioedema, - rinite, - congiuntivite, - difficoltà respiratorie, - morte per shock anafilattico. L’allergia all’Anisakis compare immediatamente dopo esserne venuti a contatto, o entro 6 ore dall'ingestione del pesce contaminato a causa della sensibilizzazione alle proteine antigeniche termoresistenti del parassita. 4 Nelle uova libere in acqua (1) si sviluppa l’embrione, da cui si formano le larve di primo stadio che dopo una prima muta, diventano di secondo stadio (2a), quindi, uscite dall’uovo, diventano larve libere in grado di nuotare (2b). Se ingerite da crostacei (3), sviluppano a larve di terzo stadio, capaci di infettare pesci e cefalopodi (4) dove migrano dall’intestino agli altri organi in cavità peritoneale e crescono fino a 3 centimetri di lunghezza. Alla morte dell’ospite infestato, le larve migrano verso i tessuti muscolari e, attraverso la predazione, le larve vengono trasferite da un pesce all’altro. Nei pesci e nei cefalopodi le larve rimangono di terzo stadio, forma infestante anche per l’uomo ed i mammiferi marini (5). Quando i pesci o i cefalopodi vengono ingeriti da mammiferi marini, le larve di terzo stadio mutano per due volte e diventano forme adulte. Le femmine adulte producono uova che vengono disperse dai mammiferi marini (6). L’uomo si infesta mangiando pesci o cefalopodi crudi o poco cotti (7). Dopo l’ingestione, le larve di anisakidae (Anisakis simplex o 5 Pseudoterranova decipiens), penetrano nella mucosa gastrica o dell’intestino causando i sintomi dell’anisakidosi. (Fonte CDC – Atlanta) La diagnosi di Anisakidosi La diagnosi di sospetto di Anisakidosi si basa sull’osservazione dei sintomi e sul riscontro dell’ingestione di prodotti ittici a rischio. La diagnosi di certezza è molto difficoltosa e può essere emessa solo previa identificazione del parassita nei tessuti prelevati durante biopsie o endoscopie. Non esistono, infatti, test sierologici affidabili. Per quanto concerne invece le forme allergiche si possono utilizzare alcune prove di laboratorio e lo skin test che consente di vedere la reazione del paziente dopo contatto con gli antigeni del parassita. La terapia La cura dell’anisakidosi richiede molto spesso l’intervento chirurgico, per asportare la parte dello stomaco o dell’intestino invasa dai parassiti. Una volta contratta la malattia, infatti, la rimozione endoscopica della larva sembra essere la terapia di scelta, considerando che i comuni antielmintici non sono stati ritenuti fino ad ora efficaci. Modalità di prevenzione Questi nematodi migrano dalle viscere del pesce alle sue carni se, dopo la cattura non viene prontamente eviscerato. Pertanto è importante osservare attentamente i prodotti della pesca ed eviscerarli il prima possibile dopo la cattura per evitare la migrazione delle larve nella carne. Risulta altresì fondamentale l’impiego di adeguati processi di preparazione del cibo. E’ noto infatti che le forme gastroenteriche della malattia sono riconducibili all’assunzione di prodotti ittici contenenti larve vive. Per questa ragione durante la lavorazione dell’alimento si dovrebbero utilizzare tutti gli accorgimenti necessari ad assicurare la morte delle stesse. L'affumicatura e la marinatura non sono in grado di uccidere con sicurezza le larve di anisakis. 6 I trattamenti tecnologici che possono eliminare o ridurre il rischio di Anisakidosi Le larve dei parassiti appartenenti alla famiglia Anisakidae sono devitalizzate se il prodotto ittico viene congelato (-20°C per 24 ore) o cotto (almeno 60°C a cuore per 10 minuti). Una circolare del Ministero di Sanità del 1992, ancora in vigore, obbliga chi somministra pesce crudo o in salamoia ad utilizzare pesce congelato (il limone e l’aceto non hanno alcun effetto sul parassita) o a sottoporre a congelamento preventivo il pesce fresco da somministrare crudo. La salagione secca, se il sale è in grado di raggiungere tutte le parti del muscolo ed è impiegato alle giuste concentrazioni, devitalizza il parassita. L’affumicatura e la marinatura non sono in grado di uccidere con sicurezza le larve di anisakidi. La marinatura riesce ad uccidere le larve dopo circa 4 settimane nei casi in cui si proceda utilizzando il 6% di sale ed il 4% di acido acetico. Nel caso dell’ affumicatura, invece, l’87% delle larve di Anisakis presenti nel cibo resistono se la temperatura impiegata è di 28°C, mentre la devitalizzazione è completa se il procedimento prevede l’uso di una temperatura di 53 – 60°C. I comportamenti che si possono adottare per ridurre o evitare il rischio di Anisakidosi ➢ Evitare il consumo di prodotti ittici crudi; ➢ Acquistare già eviscerati, i pesci più a rischio di infestazione o in alternativa il pescato deve venire eviscerato al più presto dal momento della cattura (con distruzione dei visceri) per allontanare i parassiti presenti, prima del loro passaggio nella muscolatura; ➢ Cuocere in modo completo e corretto i prodotti ittici; ➢ Se si desidera preparare piatti a base di pesce crudo o poco cotto effettuare un congelamento preventivo. 7 I pericoli maggiori provengono dai ristoranti e dal consumo casalingo. Poiché i casi sono in aumento e la causa è spesso da imputare ad alici marinate, evidentemente non viene effettuato il congelamento preventivo. Temperature per la distruzione dell'Anisakis nel pesce: ➢ 96 ore a -15°C ➢ 60 ore a -20°C ➢ 12 ore a -30°C ➢ 9 ore a -40°C ➢ 60°C 1) 2) 3) 4) Il testo è stato tratto dalll'O.R.S.A. (Osservatorio Regionale Sicurezza Alimentare) 5) Raccomandazioni evitare il consumo di pesce crudo, evitare il consumo di alici marinate, se non preventivamente congelate (chiedere al gestore del ristorante); nel consumo casalingo di pesce crudo, acquistarlo fresco e congelarlo per almeno 4-5 giorni nel congelatore a -18 gradi. Il pesce prontamente eviscerato (come il salmone di allevamento) è più sicuro di quello venduto con le viscere; prestare particolare attenzione alle specie a rischio, come lo sgombro, le sardine, il tonno e il pesce azzurro in genere. Per informazioni o denunce rivolgersi al Servizio Veterinario Igiene degli Alimenti di Origine Animale dell'ASl: tel 0824 308 257 Dipartimento di Prevenzione Servizio Epidemiologia e Prevenzione E&P Via Mascellaro - 82100 Benevento 0824 308 286-9, fax 308 302 e-mail [email protected] Diffusione interna Luglio 2010 8