ISERICORDIA! la sua - Arcidiocesi di Catanzaro
Transcript
ISERICORDIA! la sua - Arcidiocesi di Catanzaro
Figlio, che ci addita la “misura” stessa di Dio da esercitare nei nostri rapporti con gli altri, con le creature viventi, con il pianeta, in cui tutti noi, abitanti della terra – sempre più numerosi – rischieremmo addirittura l’estinzione se non cambiassimo il nostro stile di vita, i nostri consumi e non s’incrementasse, tra noi, la condivisione dei beni, a partire dagli alimenti (che è anche il messaggio di Expo 2015). Nelle quattro settimane di maggio vogliamo meditare particolarmente il seguente, pressante invito di Gesù di Nazareth: «Siate misericordiosi, come Dio, vostro Padre, è misericordioso» (Lc 6, 36). «Non giudicate e non sarete giudicati. Non condannate e non sarete condannati. Perdonate e vi sarà perdonato» (Lc 6,37). In ognuna delle settimane, approfondiremo, con Maria, un aspetto di questa parola: siate misericordiosi; non giudicate; non condannate; perdonate. Siate misericordiosi. La misericordia, nel linguaggio biblico, indica un amore viscerale, irrefrenabile, come quello della mamma per il frutto delle proprie viscere. Nella prima settimana di maggio, celebreremo la festa di Sant’Agazio e poi l’otto maggio: rivolgiamoci spesso alla Madre di Dio – come faremo tradizionalmente – con le medesime parole della Supplica alla santa Vergine del Rosario di Pompei. Lo ha fatto anche Papa Francesco nella visita apostolica al Santuario mariano, il primo giorno di primavera di quest’anno: «O Madre, * implora per noi misericordia dal tuo Figlio divino * e vinci con la clemenza * il cuore dei peccatori… Tu dunque, * come Madre nostra, * sei la nostra Avvocata, * la nostra speranza. * E noi, gementi, * stendiamo a te le mani supplichevoli, * gridando: Misericordia!... Misericordia per tutti, * o Madre di Misericordia!». Con questo spirito orante faremo in modo che, a cinquant’anni dalla chiusura del Vaticano II, la nostra meditazione, la nostra catechesi e la nostra azione pastorale sia attratta da un riverbero particolare di quel prisma misterico che è il Volto misericordioso di Cristo. Non giudicate. Il 14 maggio celebreremo liturgicamente san Mattia, aggregato al Collegio apostolico dopo il tradimento e il successivo suicidio di Giuda. Il “giudizio di Dio” ha raggiunto due uomini, apostoli e liberi, nelle loro rispettive e importanti scelte: Giuda, di rinnegare e vendere il Signore; Mattia, di diventare testimone della resurrezione, ricostituendo il numero dei Dodici (At 1,26). Il giudizio è riservato a Dio, non agli esseri umani. Solo Dio conosce il cuore umano, quindi solo lui può giudicare in ultima istanza. Neppure il giudizio dei 10. 11. tribunali è l’ultima e definitiva parola; nessuna sentenza umana, sia pure giusta e motivata, può uccidere il sogno di Dio, cioè che tutti, anche i traditori, possano tornare liberi di vivere, non più di morire. Di fronte a Dio non c’è ergastolo ostativo che tenga: ciò che la società dispone con sentenze giuste, che assegnano una pena adeguata al tipo di reato commesso, se lo guardiamo dal punto di vista di Dio non è che un povero strumento umano. Il diavolo non è più forte degli angeli e Gesù si lascia baciare anche da Giuda. Il Dio che libera sia invocato da noi con Maria. In modo particolare visitando i carcerati, per dimostrare al mondo che il carcere non è una fortezza dell’odio, ma un luogo dove versare lacrime di redenzione. Non condannate. L’Ascensione del Signore, che celebreremo domenica 17 maggio con il pellegrinaggio diocesano a Torre di Ruggiero, ci propone l’evangelo di Giovanni (16,26-28), nel quale Gesù ci ripete che il Padre stesso ci ama. E chi ama, in primo luogo, non emette condanne, ma invita a chiedere per ottenere. Anche la Madre, a Cana, non emette giudizi sull’imprudenza degli sposi circa le inadeguate scorte di vino per gli invitati, ma invita a fare qualsiasi cosa egli dica (cf Gv 2,5). Chi legge e utilizza la Raccolta di messe mariane che arricchiscono la preghiera del Rito romano, e in particolare le messe della B.V. Maria, si rende conto di che cosa voglia dire quest’atteggiamento non di condanna, ma di misericordia. Esso mostra delle vere e proprie istanze etiche e delle prospettive operative che chiamano in causa la pastorale, la catechesi e la spiritualità. Studiamo insieme, particolarmente nei Consigli pastorali parrocchiali (specialmente in quelle comunità che hanno vissuto l’esperienza del “male” procurato dalla malavitosità) come far emergere e poi far prevalere la misericordia sulla condanna. Perdonate. La Solennità di Pentecoste (il 24 maggio daremo inizio alla Missione Giovane ed il martedì dopo Pentecoste pellegrinaggio alla Madonna di Porto) è un profluvio di Spirito Santo su Maria e gli apostoli, quindi sulla Chiesa e sul mondo, a cui essi si rivolgono come missionari del Vangelo, per annunciare l’anno di misericordia del Signore, l’anno di grazia (cf Lc 4,19, che riprende Is 61,2). Al rancore e alla rabbia bisogna preferire il perdono, come ci viene esplicitamente indicato dalla Madre del bello e puro amore (Sir 24,24). Il perdono, soprattutto quando viene concesso gratuitamente e senza contropartita, ricompone le lacerazioni, riunisce le coppie divise, avvicina le generazioni, riaccosta i ceti sociali, trasforma i rapporti di subordinazione, cambia il modo di considerare i poveri, gli 12. 13. immigrati, i disagiati, gli affamati ed assetati. Lo stile del perdono ha una portata sociale, come ci ricorda la dottrina sociale della Chiesa, che approfondiremo particolarmente nell’ultima settimana di maggio. Lo specifico cristiano non si limita alla denuncia profetica, ma sollecita la presa di coscienza della propria responsabilità, da vivere nel mondo con azioni concrete, in particolare opponendosi allo sfruttamento sociale e promuovendo l’umanesimo integrale in difesa della pace e nella costruzione della giustizia. In tal modo questo mese di maggio sarà per noi quasi un’anteprima della Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, madre di Misericordia, che – come sapete - guiderà il cammino giubilare della Chiesa cattolica dall’8 dicembre di quest’anno fino alla festa del Figlio, nostro Signore Gesù Cristo re dell’universo, dell’anno successivo. Quella dell’8 dicembre è una “voluta” data mariana, a partire dalla quale il Papa ha disposto che inizi l’anno giubilare straordinario della misericordia, che coincide con il 50° Anniversario della chiusura del Concilio ecumenico Vaticano II. Seguendo le indicazioni della Madre di misericordia, facciamo in modo che ogni devozione di questo mese mariano batta all’unisono con il ritmo della Chiesa universale, che di nuovo vivrà, come sua pietra fondamentale, l’istanza umanizzante del Concilio sempre da riscoprire e da seguire. Ed ora, sorelle e fratelli, «il pensiero… si volge alla Madre della Misericordia. La dolcezza del suo sguardo ci accompagni, perché tutti possiamo riscoprire la gioia della tenerezza di Dio. Nessuno come Maria ha conosciuto la profondità del mistero di Dio fatto uomo. Tutto nella sua vita è stato plasmato dalla presenza della misericordia fatta carne. La Madre del Crocifisso Risorto è entrata nel santuario della misericordia divina perché ha partecipato intimamente al mistero del suo amore»3. O Dio Padre, che hai mandato nel mondo il tuo Figlio, incarnato nel seno della Vergine Maria, e lo Spirito santificatore, rivela a tutti noi il mistero del tuo amore misericordioso. Maria Immacolata Madre della Misericordia, prega per noi: siam peccatori, ma figli tuoi! Tutti vi benedico. Pregate per me. 14. 15. Di Generazione in Generazione la sua isericordia! X Vincenzo Bertolone Franciscus, Litterae apostolicae Misericordiae vultus (11.4.2015), n. 24: http://w2.vatican. va/content/francesco/it/apost_letters/documents/Papa-francesco_bolla_20150411_ misericordiae-vultus.html (lingua ufficiale italiano). 3 Lettera per il mese Mariano 2015 «La Misericordia di Dio per saziare la nostra fame, alleviare la nostra arsura, rafforzare la nostra debolezza, cancellare la nostra iniquità, accendere la nostra carità» (Sant’Agostino d’Ippona, Discorso 207,1) S orelle e fratelli carissimi, presbiteri, diaconi, laici, carissime sorelle e fratelli di vita consacrata, nello speciale anno per la vita consacrata, indetto da Papa Francesco, per intercessione della beata Vergine Maria, Dio onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. 1. Eccoci arrivati al mese mariano del 2015. Sarà per tutti noi una nuova, grande occasione per fare il punto sulla nostra esistenza di credenti e, soprattutto, per lasciarci sospingere da Maria Vergine alla conversione totale a suo Figlio Gesù Cristo. Mettiamoci, dunque, sulle orme della Madre della misericordia, che invocheremo spesso nell’antichissima antifona mariana della Salve Regina, le cui parole canteremo col Magnificat. Le espressioni della Madre, infatti, possono illuminare il buio dell’esistenza e intenerire il cuore. Così capitò al giovane Paul Claudel (1868-1955) nel 1886. Era la sera di Natale, ed egli fu colpito dal canto del Magnificat nella chiesa di Notre-Dame de Paris. Come racconterà - molti anni dopo, nel suo capolavoro teatrale, egli si sentì durante quel canto mariano, toccare il cuore. In particolare, ascoltando quel cantico di gioia e di preghiera - che i testi sacri ci propongono come costruito sapientemente dalla ragazza di Nazareth, sulla base sia della Bibbia sia della sua spiritualità femminile, lo scrittore afferma di avere compiuto il primo passo verso la fede cristiana. Anche se tenterà invano di opporre una tenace resistenza a quella prima intuizione, il giovane letterato si sentirà, grazie a quell’annonce (annuncio), come trascinato verso il Padre onnipotente e misericordioso. Il dramma di Claudel è anche dei personaggi de L’annuncio a Maria. È il dramma di Violaine – la protagonista femminile – come di ogni altro essere umano, quando, in un momento di Grazia, si accorge di vivere in questo mondo soltanto per volontà di Dio. È Dio stesso che ha affidato ad ognuno un compito particolare nell’insieme del creato. Bisogna, però, imparare a sentirne l’annuncio di una vocazione specifica, proprio come avviene nel Magnificat. Quel 2. Cantico, secondo lui, ci ricorda gli esiti dell’annuncio dell’angelo alla ragazza di Nazareth. Un annuncio che tante volte risuonerà, nel corso di questo mese mariano, come a Notre-Dame, anche nella Liturgia della Parola delle nostre comunità parrocchiali e religiose. Nella musica e nei ritmi delle parole della creatura celeste, l’annonce fu per Claudel davvero il segno concreto della volontà divina, che lo chiamava dall’alto. La creatura angelica interpella non solo la giovane Maria di Nazareth, ma anche ciascuno di noi, ad una missione specifica in questo mondo: basta volerlo! L’annuncio non avrebbe solo sconvolto la vita di Maria, ma avrebbe cambiato radicalmente le sorti dell’umanità intera. Il dramma di Claudel coglie i personaggi mentre essi sono intenti a costruirsi, ciascuno, la vita che aveva deciso autonomamente di vivere; ma essi appaiono comunque attenti e disponibili a riconoscere la volontà del Signore che, all’improvviso, li sorprende con il suo annuncio. Anche noi, in ogni circostanza, negli imprevisti, in ogni attimo dobbiamo riconoscere l’eterno nel tempo, cioè credere fermamente che Dio potrebbe “inventarsi” qualcosa di nuovo per noi. Egli può davvero alleviare la nostra arsura, rafforzare la nostra debolezza, cancellare la nostra iniquità, accendere la nostra carità. Ogni attimo può diventare, quindi, l’occasione per un nuovo percorso verso l’eterno. Anche se ci trovassimo a camminare per una strada diversa da quella prevista dal Padre, forse a motivo delle nostre scelte cattive e del peccato, Dio avrebbe misericordia di noi, perdonando i nostri peccati ed indicandoci la strada per la vita eterna. Come ci ricorda Claudel, anche nel baratro in cui si piomba a seguito del male, se sapremo riconoscervi la dovuta occasione di espiazione, potremo risorgere nel Signore. Difatti, perfino nelle scelte negative acquistiamo consapevolezza del nostro limite umano, cosa che ci permette di fare il primo passo che consentirà a Dio di condurci dal male al bene. Sorelle e fratelli carissimi, il Padre nostro che è nei cieli (cf Mt 6,9) vuole abbracciarci con la stessa misericordia di un padre e di una madre, come canta la ragazza di Nazareth, che eleva al cielo la sua voce quando, dopo aver concluso il dialogo con la creatura celeste, inviatale al sesto mese di gravidanza, si reca, affrontando un lungo viaggio, nella casa di Zaccaria ed Elisabetta. Al saluto della cugina, ripiena di Spirito Santo e incinta di Giovanni il Battista, Maria può erompere nel suo canto meraviglioso: «Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente/, Santo è il suo nome;/ e di generazione in generazione la sua misericordia, / va a quelli che lo temono» (Lc 1,49-50). Perciò, sorelle e fratelli, «Voglia Dio stesso, Padre nostro, e il Signore nostro Gesù Cristo guidare il nostro cammino» (1Ts 3,11) nel corso di questo 3. 4. mese di gioia, di preghiera (soprattutto, omelia quotidiana, liturgia delle ore santo Rosario), di penitenza sacramentale, di sacrificio consapevole e di “fioretti”. La letteratura spesso ci descrive plasticamente quanto i ragionamenti non riescono a dire e il cuore non riesce a intuire. Sì, Dio compie grandi cose nei nostri cuori. Lo fa anche nei peccatori più incalliti, anche nelle persone che si sentono più “lontane” dalla fede e dalla Chiesa. Lo fa anche in coloro che, attraverso altre credenze e religioni, cercano la verità dell’unico Dio e si sforzano di praticare la sua legge dell’amore. L’Altissimo preferisce le strade che noi, troppo legati a distinzioni di ceti e di appartenenze sociali, economiche e religiose, neanche imboccheremmo. Egli preferisce il cuore dei poveri e degli umili, particolarmente di coloro che consideriamo reietti, “inutili”. Nulla è impossibile al Misericordioso. Di fronte a nulla e a nessuno si ferma sia pure non credente o agnostico. Ricordate la risposta disarmante di Papa Francesco a Eugenio Scalfari, sulle colonne di La Repubblica (11.9.2013)? «Innanzi tutto, mi chiede se il Dio dei cristiani perdona chi non crede e non cerca la fede. Premesso che - ed è la cosa fondamentale - la misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore sincero e contrito, la questione per chi non crede in Dio sta nell’obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c’è quando si va contro la coscienza». La decisione misericordiosa di Dio sta nel farci decidere in coscienza circa il bene da fare e il male da evitare. Ma per ascoltarne i giusti suggerimenti ci vuole un cuore sincero e contrito. Anche Manfredi, pur essendo stato più volte scomunicato e addirittura il suo cadavere dissepolto in segno di disprezzo, si può rivolgere fiduciosamente a Dio, sapendo che Egli perdona volentieri a chi, contrito e sincero, riconosce gli orribili suoi peccati: «ma la bontà infinita ha sì gran braccia, / che prende ciò che si rivolge a lei»1. Nulla è impossibile alle grandi braccia di Dio, come ha creduto la piccola Maria di Nazareth (cf Lc 1,45). Non gli è impossibile neppure di far diventare madre una donna nella sua vecchiaia, come accade a Elisabetta (Lc 1,36), o di dare la gioia della maternità ad una ragazza vergine promessa sposa, come avviene in Maria (Lc 1,27). Ripeto tutto questo a ciascun fedele, a ciascuna persona di buona volontà, anche se lontana dalla fede o dalla pratica cristiana, anche se avviluppata nei tentacoli della criminalità organizzata o di affari loschi. Nutriamo tutti fiducia nell’Onnipotente il quale - di generazione in generazione realizza in noi e nel mondo ciò che nessuno si aspetterebbe. Poniamoci, 5. 6. 7. 1 DANTE ALIGHIERI, La Divina Commedia, Purgatorio, Canto III, vv 112-123. con coraggio, nel sentimento di temere Dio: temere non vuol dire avere paura di lui, ma riconoscerne in serena fiducia la grandezza onnipotente e la maternità misericordiosa. E ricorriamo al sacramento della Riconciliazione e del perdono! «Nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37): ecco l’annuncio dell’angelo rispetto alla domanda, umanissima, su come avverrà tutto questo (Lc 1,34). Questa verità cristiana è carica di risonanze, particolarmente in questo mese e in quest’anno, per le vergini ed i vergini consacrati2. A coloro che, mediante la professione pubblica dei voti di castità, povertà ed ubbidienza, hanno scoperto di essere chiamati da Dio alla carità perfetta, Papa Francesco ha scritto «come fratello vostro, consacrato a Dio come voi». Come ricorderete, quest’inizio della Lettera apostolica per l’anno della vita consacrata (30 novembre 2014 - 2 febbraio 2016) sollecita soprattutto le consacrate e i consacrati, ad una rinnovata tensione versa la perfetta carità. L’Onnipotente e Misericordioso Padre, per la mozione dello Spirito Santo, vi ha infatti chiamato all’esercizio dell’autorità come servizio (obbedienza), alla rinuncia a qualunque attaccamento ai beni terreni (povertà), al cuore e alla corporeità dediti esclusivamente a Dio (verginità). Singolarmente e comunitariamente, voi conducete una vita fraterna e/o monastica e conventuale, nelle diverse forme di spiritualità suggerite dai vostri Fondatori, ma siete tutti, nella Chiesa e nel mondo, in tensione verso la carità perfetta. Annunciate perciò, di generazione in generazione - soprattutto ai giovani che desiderano i grandi ideali e li vogliono vedere incarnati -, con le vostre esistenze umili, povere e caste, il Dio del Magnificat, colui «ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore» (Lc 1,51a), «ha innalzato gli umili» (Lc 1,52b), «ha rimandato i ricchi a mani vuote» (Lc 1,53a). L’Onnipotente e il Misericordioso, «Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!» (Ap 1,8), il «Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione» (2Cor 1,3), vuole il nostro bene, perché questo significa il suo nome santo. Riconosciamoci piccoli e peccatori di fronte a lui e invochiamone, con Maria Vergine, la misericordia! Insieme, sorelle e fratelli carissimi, siamo a nostra volta misericordiosi a imitazione del volto misericordioso del Padre, che vogliamo contemplare sempre più nei lineamenti del suo Figlio incarnato (mostratici anche attraverso la sacra Sindone) nel corso di questo bellissimo mese delle rose e del Rosario. Seguendo le indicazioni della Madre, ascoltiamo il 8. 9. Mi permetto di segnalare, soprattutto ai consacrati, V. Bertolone, Perfectae caritatis, cinquant’anni dopo. Né estranei agli uomini, né inutili nella città, Prefazione di Paolo Martinelli, Postfazione di Gianfranco Ghirlanda, [Catanzaro] 2014. 2