QUI - Ninin Liguria

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squali alla margonara
SQUALI
ALLA
MARGONARA
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edito da FUORICONTROLLO nel maggio 2013
no copyright
[email protected]
fuoricontrollo.noblogs.org
disegno di copertina di Serg!
foto di Francesca Pesce - [email protected]
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squali alla margonara
INTRODUZIONE
Il progetto relativo alla realizzazione di un porto turistico
nell’area della Margonara è ormai datato, sebbene nel corso degli ultimi anni sia ritornato con frequenza sull’agenda
politica locale e all’attenzione dei mezzi di informazione. Ad
oggi la modifica del Piano Territoriale della Costa e una sentenza del TAR sembrano aver posto fine all’ipotesi del porto
che appare un’idea tramontata definitivamente dall’orizzonte
savonese.
Analizzare oggi la vicenda del porto alla Margonara non ci
pare una semplice speculazione ex-post ma una modalità
di lettura del comportamento che la politica (potremmo dire
in genere) applica ai beni comuni oggi come ieri, a Savona
come in Val di Susa.
Ed è con un approccio critico che intendiamo raccontare
questa storia - a nostro modo di vedere - esemplare.
Il porto alla Margonara è stato argomento sensibile ed un
nodo cruciale per la città, dove si sono intersecati molteplici
aspetti: linee guida dell’economia, interessi politici legati ad
esse, passioni individuali e collettive per un’ampia porzione
di popolazione che non rinuncia a manifestare le proprie in-
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tenzioni e volontà. Una quantità di individui consapevoli che
ha abbandonato da tempo il modello della delega acritica
alla classe politica, decidendo finalmente di incidere sulle
proprie vite e determinare il futuro della propria realtà quotidiana.
In sintesi parlare della Margonara è diventato un argomento
molto delicato, dove sono contenute implicazione difficili da
gestire per l’amministrazione ovvero per la forma più locale
delle strutture di potere.
Per certi aspetti la Margonara può essere vista come una
sorta di laboratorio sociale e politico, intendendo la politica
nella sua accezione alta che fa riferimento al confronto ed
alla discussione per determinare le scelte relative alla vita
degli individui e dell’ambiente comune.
Certo non si fa riferimento alla politica del senso quotidiano
che ormai risulta essere del tutto screditata fino a costituire un sinonimo di interessi economici, corruzione, favori e
scambi, tralasciando le espressioni deteriori di nepotismo,
mercificazione totale di corpi e coscienze.
La Margonara è un laboratorio nel senso che da diversi anni
rappresenta luogo di incontro per molte persone, luogo di
riflessione e pensiero sulle proprie stesse esistenze, luogo di
auto-organizzazione ed azione che aveva l’obiettivo di impedire un atto di deprivazione collettiva: la consunzione dell’ultimo tratto di costa non cementificato a levante della città.
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LA STRATEGIA DEGLI SQUALI
La spiaggia della Margonara, nella rappresentazione fornita
dall’ampio e potente fronte dei promotori del progetto del
porto, costituiva - e costituisce - un luogo semi-dimenticato
dai savonesi, un’area poco frequentata e diffusamente percepita come terra di nessuno. O almeno un’area passibile di
essere facilmente rappresentata in questo modo nell’immaginario collettivo degli abitanti della città. Unitamente a ciò
si era provveduto a realizzare una prepotente azione di propaganda, raffigurandola come degradata, in semi-abbandono e dalle condizioni igienico-ambientali compromesse,
bisognosa quindi di un intervento risolutivo che ne avrebbe
determinato un futuro nuovo e radioso. Ovviamente la soluzione sarebbe stata la realizzazione del porto turistico, definito a lungo porticciolo per rendere l’idea quasi bucolica di
un impianto di dimensioni minime, quando l’area interessata
sarebbe invece stata notevole, come la quantità di cemento
riversata su questo tratto di costa.
Non è secondario che le modalità di approccio al progetto
del porto avessero assunto queste caratteristiche, improntate ad una mancanza di onestà di fondo, con tutto il corolla-
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rio delle ricorrenti tattiche di condizionamento dell’opinione
pubblica tipiche della strategia di gestione del consenso.
La stessa strategia da anni è utilizzata come apripista per
opere di enorme impatto ambientale come la linea ad alta
velocità che avrebbe, già da anni, dovuto attraversare la Valle di Susa, deturpandola. *
La modalità di cui sopra rappresenta una sorta di denuncia della cattiva coscienza di chi si fa promotore di questo
genere di opere, in estrema sintesi: si rappresenta la realtà
diversa da come è per l’esigenza fondamentale di ingannare
chi potrebbe avere obiezioni alla realizzazione del progetto.
Presentare un progetto che consuma una risorsa comune
come un’opportunità di riqualificazione e rilancio economico
è un’operazione studiata a tavolino ed in seguito promossa
ed amplificata attraverso tutti i canali disponibili, istituzionali
e non.
Non siamo più di fronte al remoto panem et circenses ma
spettatori passivi e ricettori di una strategia piuttosto complessa che funziona in buona parte dei casi di applicazione.
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L’obiettivo è accattivarsi il consenso di un’indistinta opinione
pubblica che, anche nel caso non dovesse necessariamente manifestare entusiasmo, almeno non dovrebbe sollevare
contrarietà e osservazioni alquanto fastidiose.
In questo modo un ciclopico progetto per la realizzazione di
un porto da centinaia di posti-barca che divora una pregevole spiaggia, diventa brillante idea che regala un porticciolo
turistico per riqualificare un’area degradata. La differenza è
sostanziale: l’oggetto in questione è lo stesso ma l’impatto è
molto diverso; le parole non sono mai neutre né utilizzate a
caso ma scelte con cura per veicolare i contenuti funzionali
alle intenzioni del potere.
Premettendo che a livello nazionale ed internazionale, negli
ultimi anni, la disonestà, i difetti ed i punti di debolezza di
questa strategia di gestione del consenso stanno emergen-
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do qua e là in modo sempre più evidente, nel caso specifico
della Margonara le sue linee guida sono risultate manifeste
perlomeno ad una significativa parte dei savonesi: sicuramente i più attenti alle istanze politiche relative al proprio
territorio, i più sensibili ed insofferenti alle sottili costrizioni
del blocco economico-politico di potere, non necessariamente quelli tradizionalmente impegnati nell’attività politica
istituzionale.
NOTE
[*] Gli sviluppi della questione-Val Susa (ormai divenuta iper-complesso caso
internazionale) dimostrano che lo Stato, nel momento in cui falliscono le maniere soft delle strategie di condizionamento dell’opinione rivolte alla popolazione, non esita a salire di livello nell’azione persuasiva, manifestando tutta
la propria intrinseca aggressività. Ciò significa il dispiegamento di uno spaventoso apparato repressivo sia attraverso la militarizzazione del territorio sia
attraverso la mobilitazione del proprio apparato giudiziario, impiegato nella
massiccia azione di criminalizzazione dell’ampio movimento sociale che si oppone agli obiettivi della triade capitale-stato- partiti politici di massa.
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I NEMICI DEGLI SQUALI
Nel corso degli ultimi vent’anni almeno, la Margonara è diventata un laboratorio politico, costituito da una realtà plurale di soggetti che si sono spesi generosamente a difesa
dell’integrità fisica ed ambientale dell’area, definendo i requisiti della propria attività in divenire ovvero tramite il metodo
del confronto e dell’orizzontalità della relazione, rifiutando
la modalità verticale e gerarchica tipica delle organizzazioni
istituzionali. Ogni individualità ed entità di gruppo che ha costituito parte integrante di questo laboratorio ha conservato
le proprie peculiarità, apportando un contributo di sensibilità, conoscenze, prassi e passioni che ne ha determinato la
specificità complessiva.
Occorre notare che il coordinamento che si è definito Margonara Viva non ha assunto connotazione politica in senso
tradizionale, sebbene alcune realtà partitiche ne abbiano abbracciato - a tratti - le istanze e la lotta lungo il percorso di
crescita e radicamento nel tessuto sociale. Questo fatto (non
necessariamente strumentale) ha costituito sia un sintomo
di debolezza dell’organizzazione partitica tradizionale sia il
riconoscimento di una capacità organizzativa, politica e ope-
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rativa del coordinamento stesso.
L’azione del coordinamento è stata, nel corso degli anni, ampiamente contrastata dai promotori del progetto che hanno
fatto ricorso ad un vasto repertorio di espedienti per screditarla, così nella rassegna di etichette delegittimanti (però
solo nelle intenzioni di chi le ha ideate e diffuse) si ricordano:
“quelli che dicono sempre no a tutto”, “i conservatori”, “gli
ecologisti privi di senso di responsabilità”, “quelli contrari
allo sviluppo e alla crescita economica” oppure anche più
nel dettaglio: “persone che hanno interessi privati perché devono difendere le loro baracche sulla spiaggia”.
Sarebbe stucchevole ampliare la rassegna (oltre a risultare
superfluo).
Il significato fondamentale ed evidente veicolato da questi
attacchi è il profondo fastidio per la capacità di opporsi ad
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un progetto distruttivo già dato per scontato, insieme alla
sorpresa per una tale capacità e per quella di diffondere le
proprie buone ragioni a dispetto della scarsità di mezzi economici e dello spazio risibile ottenuto sui mezzi di informazione, dedicati quasi monoliticamente a sostenere il progetto
del porto.
L’azione del coordinamento si è resa possibile per l’impegno diretto e continuo dei soggetti che ne hanno fatto parte,
incontrando inoltre un’attenzione significativa verso la questione fra i savonesi di ogni età. Questa è stata riscontrata
particolarmente persistente nel tempo, attraverso le reazioni
suscitate dalla presenza nella città di banchetti informativi,
sempre molto partecipati ed avvicinati con un atteggiamento
compreso fra la curiosità, la solidarietà manifesta ed il vivo e
caloroso sostegno alla difesa della Margonara.
Il mare della Margonara è stato anche lo scenario per attività
auto-organizzate che hanno coinvolto persone di ogni età e
le hanno viste animare nuotate di 12 ore ininterrotte (in una
staffetta continua che simbolizzava l’impegno, la determinazione e anche la fatica per una lotta lunga e appassionata),
goliardiche gare di tuffi dallo scoglio della Madonnetta, regate condivise da ogni tipo di imbarcazione galleggiante per
rappresentare l’impronta non-omologante di una partecipa-
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zione popolare, sempre entusiastica e generosa. E ancora
tornei di calcetto e pallanuoto, persino il cimento invernale riproposto per tre anni di fila, con decine di coraggiosi a
nuotare in mare nonostante i 3° esterni di temperatura del
febbraio savonese.
La presenza su scala sociale delle istanze a difesa dell’ultimo
tratto di spiaggia praticabile ad est di Savona non deve essere passata inosservata all’amministrazione comunale che,
nel corso del tempo, ha mutato ripetutamente opinione circa
la realizzazione del progetto, altalenando fra l’ingenuo entusiasmo iniziale, una posizione di attesa piuttosto ambigua,
le prime perplessità espresse, unite a distinguo e condizioni,
fino a giungere ad esultare per la rinuncia al progetto del
porto… quasi si trattasse di una vittoria per una lotta della
giunta comunale.
La nonchalance con cui la classe politica tende ad affrontare
questioni anche di importanza basilare è tristemente diffusa
come la capacità di attribuirsi meriti che non sono propri e
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trasformare ritirate ingloriose in trionfali successi meritevoli di giubilo collettivo; tuttavia, in questo caso, le ambiguità
delle amministrazioni Ruggeri e Berruti sono risultate evidenti a molti.
Mentre il primo non ha mai mostrato alcun dubbio in merito
alla realizzazione del porto, sicuramente il secondo non ha
fatto una gran figura. Una bella gara...
Nel frattempo, dall’accantonamento del progetto-porto, ci
sono state nuove elezioni nel maggio 2011 ed il sindaco
uscente è stato confermato. Dal momento che la discussione relativa alla Margonara ha preceduto l’ultima tornata
elettorale (diventando anche particolarmente calda), è ragionevole pensare che all’interno, non solo della maggioranza
ma soprattutto del principale partito cittadino, si siano aperte diverse crepe, sviluppando una discussione articolata che
deve aver portato a considerare la questione della Margonara come cruciale e potenzialmente molto delicata in funzione dei flussi elettorali futuri. Cosicché la posizione (per
ora) ultima del PD (e della coalizione che lo ha sostenuto in
campagna elettorale e in giunta comunale) è risultata quella
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della soddisfazione per il tramonto del progetto.
Consapevole del fatto che la partita appaia conclusa, il coordinamento Margonara Viva rimane all’erta, con la sensazione
gratificante di essere risultato determinante nell’opposizione
al progetto ma anche con la persistente, scettica convinzione che la situazione sia molto complessa e che in realtà la
Margonara sia tuttora un braciere di tizzoni ardenti su cui è
stato posto uno strato di sabbia…
Non è difficile intuire la rabbia del blocco economico che si
è battuto e si batte da anni per la realizzazione del progetto, un’operazione immobiliare di interesse privato in grande
stile, in grado di attirare le attenzioni di molti soggetti e di
costituire un elemento potente di pressione sulle istituzioni
politiche.
Al momento lo scoglio della Madonnetta e le spiagge della
Margonara e di San Cristoforo a ridosso del molo adiacente
alla Punta Garbasso che segna il confine con il porto sono
intatti, la minaccia della colata di cemento che ha investito
altre aree del Ponente e del Levante savonese è stata respinta. Nella sola provincia di Savona i porti turistici già realizzati
o in fase di realizzazione sono Varazze, Finale Ligure, Loano,
Alassio, Andora (mentre il progetto relativo al porto di Albenga è stato respinto dalla Regione).
Tuttavia non vi è certezza che in futuro la situazione non muti
nuovamente e si ritorni ad ambire alla costruzione del porto
nella stessa area o, come si è sentito ipotizzare più volte,
nell’area di Miramare, a ridosso del porto mercantile.
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L’AREA DELLA MARGONARA
L’area della Margonara è parte del territorio comunale di Savona e Albissola Marina e rimane inattaccata da strutture industriali in muratura e mezzi meccanici che si trovano poco
più ad ovest, laddove sorge il porto di Savona.
Un promontorio roccioso sul mare che separa due spiagge sabbiose che risultano piuttosto riparate dal vento e dal
mare mosso perché inserite in due insenature naturali. Poco
più a est (già al di fuori del comune di Savona) emerge lo
scoglio della Madonnetta alla cui sommità sorge un’edicola
votiva che dà il nome allo scoglio stesso.
L’area nella sua interezza è l’ultimo tratto di costa che conservi un certo grado di integrità ecologica e, lungi dal risultare incontaminata, rappresenta un orizzonte familiare per
i savonesi, uno sbocco verso la dimensione marina che è
intrinseca nell’animo della città, uno spazio di libertà a portata di tutti, distante poco più di un chilometro dal centro
cittadino.
In un certo senso costituisce uno spazio di confine, un cuscinetto tra l’ampia area portuale-mercantile di Savona e le
spiagge rinomate di Albissola Marina, molto frequentate da
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turisti balneari di ogni provenienza, quasi uno spartiacque tra
due anime distanti, sebbene racchiuse in pochi chilometri.
La Margonara non attira turisti poiché non ha il lustro ed il
nome delle spiagge delle Albissole, rimane invece uno spazio facilmente accessibile, tradizionalmente frequentato dai
savonesi che lo raggiungono per un tuffo rigenerante, una
nuotata fino allo scoglio della Madonnetta oppure alla sera
per praticare la pesca (durante tutto l’arco dell’anno), in particolare sul molo di Punta Garbasso. La Margonara è molto
nota e cara ai savonesi ed incarna per molti versi l’anima
popolare della città: non luccica come le vetrine del centro, è
ignorata dalle migliaia di croceristi che sbarcano al Terminal
turistico poco lontano ma è vissuta metro per metro da persone di ogni età: una risorsa che si fa apprezzare per il suo
carattere essenziale.
Attraverso il tempo, nel passaggio di consuetudini e passioni
tra una generazione ed un’altra è presente nell’immaginario
collettivo, molto più di quanto l’amministrazione pubblica e
gli imprenditori promotori del porto turistico avrebbero mai
potuto immaginare: la reazione in termini di partecipazione
diretta popolare contro il progetto è un fatto che lo dimostra
e costituirà un esempio nel futuro.
Nell’orizzonte affettivo dei savonesi, nella mappa delle esperienze e dei ricordi vissuti in prima persona, la Margonara
occupa uno spazio di incommensurabile valore: generazioni
hanno sfidato i propri limiti e sono cresciute tuffandosi dallo
scoglio della Madonnetta, oggi i bambini continuano a sperimentare la propria corporeità sulla spiaggia e frequentandola
entrano in risonanza con il mare, la natura ed il senso della
libertà.
Inoltre l’area è caratterizzata da una ricca specificità biologica che ne fa un sistema in grado di garantire la sussistenza
di numerose specie marine: poco lontano dalla spiaggia sul
fondo marino sorge un’ampia prateria di Cimodocea Nodosa
che occupa circa 230 ettari di superficie, tra i tre e quindici
metri di profondità, per uno sviluppo di circa sei km. Il prato si trova adiacente al posidonieto e colonizza superfici un
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tempo occupate da Posidonia Oceanica. É anche presente
un corallo di origine tropicale, l’Oculina Patagonica, molto
raro in Italia e presente in soli quattro siti lungo la costa ligure. Questa ricchezza biomarina sarebbe stata spazzata
via dalla colata di cemento necessaria alla realizzazione del
porto.
La Margonara costituisce una ricchezza non monetizzabile
e proprio per questo viene sminuita dai fautori del progetto
porto-turistico che, in profonda malafede, l’hanno descritta e
presentata come un’area degradata necessitante un’urgente
riqualificazione. Si tratta ovviamente di un’immagine faziosa
ad uso di chi non la conosce o magari l’ha frequentata meno
negli ultimi anni.
Fino all’anno 2007 a ridosso delle due spiagge e lungo il molo
si trovava una fila pressoché ininterrotta di piccole abitazioni ad uso privato, costruite in minima parte in muratura ed
in gran parte in legno, abitazioni utilizzate prevalentemente
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durante la primavera e l’estate. Le abitazioni (comunemente definite come baracche in un’accezione affettuosa) erano
state edificate nel corso degli anni Sessanta e Settanta del
secolo scorso e costituivano ormai una realtà familiare nel
panorama dell’area, nel senso che lo caratterizzavano nell’aspetto ed in consonanza con l’anima spontanea e popolare
tipica del luogo, regalandogli una cifra inconfondibilmente
pittoresca.
Al di là di un immagine spontanea che le contraddistingueva, le baracche fruivano di allacciamenti con la rete idrica
ed elettrica ed i loro occupanti pagavano regolarmente le
imposte comunali previste dall’amministrazione pubblica;
questo definiva una situazione perlomeno singolare relativamente allo status delle stesse ovvero riconosciute dall’amministrazione comunale. L’Autorità Portuale, che gestisce le
aree demaniali cittadine, le ha invece spesso fatte oggetto di
una crociata, attaccandole a più riprese e denigrando i suoi
utilizzatori.
Le baracche, multicolori ed integrate in modo caratteristico
con l’ambiente circostante, comunque di dimensioni ridotte,
facevano sì che l’area fosse frequentata agevolmente durante l’intero arco dell’anno e costituivano, in ultima istanza, una
peculiarità della zona, una testimonianza di antropizzazione
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singolare e specifica della costa savonese (del resto anche
lungo le spiagge a Ponente del centro sorgevano ed in parte
permangono tuttora analoghe abitazioni).
Le baracche della Margonara sono state spazzate via tramite
un’ingiunzione emessa dall’Autorità Portuale che imponeva
ai proprietari di smantellarle autonomamente: in caso contrario sarebbero state abbattute dallo stesso ente, addebitando poi le spese ai fruitori delle baracche.
L’ingiunzione ha avuto l’effetto desiderato ed attualmente
non rimane in loco che qualche traccia delle caratteristiche
baracche, l’intera area a ridosso delle spiagge e lungo il molo
risulta sgombra, potenzialmente pronta per l’avvio dei lavori
di edificazione del porto turistico.
Dal 2007 gli avvenimenti hanno avuto sviluppi imprevisti e
l’area è attualmente fruibile dai numerosi savonesi che vi
sono legati e che provvedono estemporaneamente alla pulizia delle spiagge, dal momento che l’amministrazione pubblica per anni non si è occupata della cura del luogo e spesso i pochi cestini per i rifiuti rimanevano (e tuttora rimangono)
a lungo stracolmi ed ignorati, nonostante l’area sia piuttosto
estesa. E ciò avviene in netto contrasto con la sempre maggiore cura con cui vengono gestite le altre spiagge libere
della città (ognuna dotata di servizio di assistenza bagnanti
gratuito oltre che di servizi igienici) quotidianamente pulite e
valorizzate.
Questa disparità di trattamento stona e desta più di qualche
sospetto riguardo alle intenzioni non espresse del comune
sull’unica spiaggia cittadina di Levante, tuttavia non fa sì che
la Margonara risulti abbandonata come molti vorrebbero,
ancora oggi, per interessi privati, legati alla costruzione del
porto turistico.
Non sono valse le falsità relative al presunto degrado dell’area, a lungo auspicata e favorita dall’amministrazione pubblica ed ancora di più dall’Autorità Portuale che ne detiene
l’onere e la responsabilità della gestione, malgrado la Margonara sia a tutti gli effetti demaniale e pertanto virtualmente di proprietà della collettività (per quanto lo Stato investa
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l’Authority della competenza su porti e territorio su un tratto
di costa che va da Albissola a Bergeggi).
È superfluo sottolineare il fatto che non è l’addomesticamento ciò che si auspica per questa area, la Margonara è bella
e pregevole per il suo aspetto essenziale e nature, quello
che preme e costituisce il fondamento dell’azione che ne ha
portato alla salvaguardia e conservazione è il pensiero ed il
desiderio che tra cinque, dieci, trenta anni sia ancora come
la si può apprezzare oggi.
La Margonara è libera! La sua realtà visiva, composta di
sabbia, parete rocciosa, vegetazione e mare aperto, segna
il confine e la misura della libertà individuale e collettiva dei
savonesi, fisicamente tangibile lungo la linea costiera.
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MARGONARA COME T.A.Z.
(Temporary Autonome Zone)
L’area della Margonara, in virtù delle sue caratteristiche è
risultata, nel corso degli anni, uno splendido luogo di sperimentazione in cui sono confluiti temi esistenziali, ludici,
artistici, sociali, politici. La spiaggia con il suo molo, le pareti rocciose e gli arbusti mediterranei rimane impregnata di
un’umanità libera, propria di chi l’ha vissuta e fatta vivere nel
tempo, attraverso i cambiamenti che l’hanno toccata, come
le baracche ormai eliminate dal suo orizzonte ma un tempo
vera e propria cifra caratterizzante. Eppure, tra la pressione
delle strutture tecnologiche del porto e la prepotente antropizzazione che la circonda, conserva una ineffabile impronta
selvaggia, una traccia di naturalità non-domata in cui l’umanità liberata può trovare espressione.
Anche e forse soprattutto per questo, la Margonara è stata
(perlomeno dal 2005) luogo di diverse situazioni autogestite
che sono state definite feste.
Le feste al Molo Verde (così rinominato per il piccolo faro
verde posto alla sommità del molo) hanno solcato le notti
d’estate savonesi, spesso sospinte dal vento di levante fino
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alle prime luci dell’alba, per concludersi in un tuffo sul mare
piatto del mattino. Mentre buona parte della città era assorbita dalle rotte predefinite dell’abitudine e del consumo, centinaia di persone (provenienti da ogni dove) sperimentavano
se stessi nella realtà libera di questo spazio. Quasi fuori dal
tempo ma ben presente nell’hic et nunc.
Le feste sono state condivisione di musica, - reggae, folk,
punk, metal, drum & bass, elettronica - onde di vibrazioni
sonore per scuotere centinaia di corpi desiderosi di sfogo ed
evasione; durante le feste molti individui si sono ritrovati, non
sempre consapevoli appieno dell’alchimia del momento che
stavano vivendo, comunque artefici e attori appropriati di un
atto esistenziale intenso. Altri individui si sono fatti anticipatori, caparbi portatori di un atto profondo di rifiuto e rabbiosa
ribellione verso il mondo occupato e colonizzato del capitalismo. In questo caso i watt esplosi dalle casse sospingevano
la voglia dionisiaca di rivolta verso il futuro.
Le feste sono state anche racconti allo stesso tempo fieri,
tristi e splendidi di lotte portate nel tempo da comunità sollevate, in lotta per difendere il proprio spazio di vita, racconti
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accompagnati dal dolce rumore delle onde frangenti a pochi
metri e illuminate dalla luce tenue delle candele e delle torce.
Il racconto del fiume rubato di Andrea Pierdicca è stata la
narrazione dello straordinario esempio di resistenza della
gente comune contro l’Acna di Cengio, dalla fine dell’Ottocento fino alla chiusura del mortifero stabilimento chimicoindustriale, nel 1999. Mai come in questa occasione la tonalità del racconto vibrava in sintonia con il luogo… risonanza
ineffabile fra la voce narrante, i presenti e l’aria salmastra
e tiepida d’estate. In questo caso il ritmo lento della quiete
scandiva i tempi di un sentire comune per entrare nella profondità delle proprie esistenze, smascherando le menzogne
e disgregando le barriere imposte dal sistema.
Anche canti di lotta risalenti ad uno o due secoli addietro
hanno echeggiato potenti fra le pareti rocciose della Margonara, facendo rivivere stagioni di epica rivolta sociale mai
conclusa ed oggi sempre più viva.
Le voci potenti, umili ed oneste della Anonima Coristi di Pinerolo portate sul filo del mare savonese, hanno rievocato
la tradizione anarchica del canto sociale, la stagione della
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Resistenza al nazi-fasciscmo, lo spirito indomito della ribellione al potere, dimostrando l’esempio forte della socialità,
tutta racchiusa nel condividere passioni e renderle vive per
chi vuole staccarsi dalla mediocrità e dalla solitudine di un
mondo opprimente, paranoico e spaventevole, desiderando
ben altro.
Anche gli artefici della lotta valsusina sono stati presenti sul
Molo Verde, portatori di un’esperienza che va considerata
coerente con le pratiche che - localmente - hanno osteggiato
la realizzazione del porto alla Margonara. Quella sera alcuni
compagni genovesi hanno proiettato un breve filmato sulla
grande sollevazione popolare del tre luglio 2011 a Chiomonte, unendo idealmente le passioni che sono alla radice delle
lotte popolari a difesa del territorio in cui viviamo.
Per tutto questo la Margonara può essere considerata una
Temporary Autonome Zone (T.A.Z.) ovvero una Zona Temporaneamente Autonoma. Questo acronimo descrive un’azione
socio-politica tesa a creare zone che eludono le quotidiane
strutture di controllo sociale, realizzando una situazione sulla
base di relazioni non-gerarchiche in cui gli individui hanno
la possibilità di liberare la propria mente dalle imposizioni
pervasive e opprimenti del sistema in cui si trovano normalmente immerse.
Come esplica Hakim Bey, colui che ha coniato il concetto
T.A.Z. e l’ha teorizzato: «La TAZ è perciò una tattica perfetta
per un’era nella quale lo Stato è onnipresente e onnipotente,
eppure simultaneamente pieno di crepe e vuoti. E perché la
TAZ è un microcosmo di quel “sogno anarchico” di una cultura libera […]». (Bey, pag. 16)
L’esperienza della libertà (se non tangibile pienamente, almeno bramata e inseguita in senso assoluto) è alla radice
dell’azione che realizza una T.A.Z. Dall’idea di T.A.Z. sorta in
un soggetto essa si diffonde in più soggetti diventando reale
a tutti gli effetti, creando così un nuovo territorio mentale,
ancorato, almeno inizialmente ad un luogo fisico.
Nel qui ed ora: Margonara – Savona.
Il tutto è caratterizzato dalla spontaneità che rimane un ele-
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mento fondamentale, ciò non significa che non vi sia organizzazione ma permane il carattere di apertura e alterità rispetto
alle strutture standard organizzative-oppressive-repressive.
Per ulteriore chiarezza è utile citare ancora Hakim Bey: «L’essenza della festa: faccia-a-faccia, un gruppo di umani sinergizzano i loro sforzi per realizzare desideri muti, che siano
il mangiar bene e l’allegria, il ballo, la conversazione, le arti
della vita; forse anche il piacere erotico, o per creare un lavoro artistico in comune, o per raggiungere il vero trasporto
della gioia - in breve una “unione di egoisti” (come la mise
Stirner) nella sua forma più semplice – oppure nei termini di
Kropotkin, una spinta biologica di base verso il “mutuo soccorso”». (Bey, pag. 21)
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SAVONA TRA PORTO E CEMENTO
Qualche anno addietro il celebre architetto romano Massimiliano Fuksas, scelto come progettista per il porto turistico,
dichiarava con un pizzico di spocchia che alla fine la sua
concezione architettonica avrebbe avuto ragione sulle perplessità già da tempo diffuse a riguardo.
Con un azzardo da comunicatore molto sicuro dei propri
mezzi e della propria fama, aveva rilasciato al giornalista
Bruno Lugaro la seguente affermazione: «[…] alla fine vedrete che il faro supererà le perplessità che incontra oggi. Se
non è così mi taglio una mano» (Il Secolo XIX, 24/5/2006).
Accogliamo la provocazione lanciata da Fuksas con discutibile sicumera… ad oggi non sono giunte notizie circa atti autolesivi commessi dall’architetto: eppure le perplessità, lungi
dall’essere vinte, hanno preso forza al punto di sovvertire il
piano predisposto inizialmente, fino a bloccare il progetto di
realizzazione del porto.
Non vi è dubbio che il prestigio di Fuksas sia stato messo a dura prova ed incrinato dalle molteplici e varie critiche
ricevute: in particolare sembrano aver punto nell’orgoglio
dell’architetto le ironie sull’idea megalomane della torre alta
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120 metri, a forma di spirale. La torre da lui definita Tornado ma nota come torre-Fuksas, avrebbe dovuto costituire il
simbolo non solo del porto ma addirittura dell’intera Savona,
rappresentando l’emblema della rigenerazione cittadina e di
uno slancio incontenibile verso il futuro. La discussione in
merito alla torre aveva assunto toni quasi farseschi quando
venne definita da un noto comico genovese (e non solo...)
un belino attorcigliato cogliendo nel segno il contrasto stridente fra un’idea spropositata e fallo-centrica di architettura
ed il tradizionale understatement savonese, sempre pronto a
manifestarsi con pungente ironia nell’osservazione e descrizione icastica dell’esistente.
La vicenda, in seguito, portò Fuksas a manifestare crescente
insofferenza per il clima di scetticismo diffuso in città verso
il suo progetto, fino a sfociare in uno sfogo molto poco elegante in cui l’architetto si disse esasperato e tacciò i savonesi di provincialismo, colpevoli quindi di non comprendere
il pregio del suo lavoro. La collaborazione fra amministrazione comunale e Massimiliano Fuksas si chiuse bruscamente,
con l’architetto che verosimilmente si sentì tradito nella fiducia (e scarsamente tutelato dalle critiche sollevate) e la giun-
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squali alla margonara
ta (fino ad allora entusiasta sostenitrice del progetto) pronta
a fare buon viso a cattivo gioco, nicchiando sulla rottura con
il celebre architetto, per limitare i danni di fronte all’opinione
pubblica.
In seguito, tramontato il progetto di Fuksas, si ritornò all’attacco auspicando un porto di cubatura minore e senza
l’ingombro della famigerata e ormai invisa torre, tuttavia le
perplessità vennero confermate ed anche le successive riproposizioni del progetto-porto risultarono molto poco solide.
Ripensando a posteriori lo sviluppo dell’intera vicenda, si
vede tutto più chiaramente: facile intuire che Fuksas se ne
sia fatto una ragione e che tuttavia non abbia un moto di gioia nel sentire nominare Savona come è chiaro che negli anni
non sarà ricordato dai savonesi come un esempio di professionalità ed eleganza… anche solo ripensando al modo in
cui si è accomiatato dalla città.
Al di là di queste considerazioni è palese che la contrarietà
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squali alla margonara
verso il progetto, con la sua immane quantità di cemento,
la torre, il caos e lo sconvolgimento che avrebbe causato
in fase realizzativa, non conteneva avversione personale
per l’architetto (anche se forse questo aspetto Fuksas non
lo ha colto…) bensì per un modo di progettare in linea con
le modalità prepotenti e semplificatorie della politica. Chiaro
il fastidio mostrato dai savonesi per un metodo improntato all’arroganza, la prepotenza e la scarsa o nulla sensibilità
verso le esigenze e le idee delle persone e della comunità.
Il progetto del porto con annessa torre/faro (a dispetto delle
dichiarazioni roboanti e reiterate) non costituiva affatto una
riqualificazione del territorio cittadino ma avrebbe dato vita
ad una stridente forzatura nella linea costiera, rimanendo un
corpo estraneo ad eterna memoria dell’insipienza amministrativa, del delirante egocentrismo architettonico e della
dilagante fame di territorio sulla spinta della speculazione
edilizia.
Ricordare che il progetto del Tornado risulta essere molto si-
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mile (per usare un eufemismo) a quello proposto dallo Studio
Fuksas per la sede Gazprom a San Pietrburgo sul delta della
Neva (ovvero sul Mar Baltico) porta inevitabilmente a fare
due ordini di considerazioni: uno, Fuksas sembra aver riciclato un progetto (per altro cassato dai petrolieri russi); due,
ciò che va bene sul Mare del Nord può essere adattato anche al Mediterraneo... ogni valutazione è lasciata al lettore.
Questo modo di fare politica e di imporre decisioni come
macigni che piombano dall’alto sulla testa delle persone,
non è solo savonese ma è purtroppo diffuso, sebbene negli
ultimi decenni verso di esso si sia sviluppata (e continui a
crescere quotidianamente) una forte insofferenza, unita alla
maggiore consapevolezza delle proprie necessità, istanze e
convinzioni.
L’idea che il futuro prossimo di Savona dovesse essere rappresentato da un porto turistico da oltre 700 posti barca,
contornato da un enorme edificio in vetro e cemento (oppure
da molti edifici di cubatura minore ma complessivamente di
pari volume) è stata decisamente rifiutata, nonostante le dichiarazioni di allarme, da parte dei promotori, per l’occasione che si sarebbe persa.
L’esigenza di un complesso turistico-ricettivo di questa portata è stata rifiutata e questo rifiuto costituisce un segnale
molto forte, nell’attualità come nel futuro, un esempio insidioso per chi detiene il potere e vuole imporre le proprie
scelte alla comunità, escludendola da ogni processo decisionale.
Il progetto del porto rappresentava una malcelata operazione immobiliare, caratterizzata dall’interesse di pochi privati
a danno della collettività: una vera e propria speculazione,
pensata su un’area demaniale (quindi patrimonio comune)
amministrata come fosse un bene privato.
Molto colpevolmente il comune di Savona si è prestato a
lungo a sostenere questo progetto di speculazione edilizia,
tralasciando gli interessi collettivi della comunità per favorire
invece la cordata imprenditoriale che se ne era fatta promotrice, tutto questo a discapito del principio secondo cui la
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squali alla margonara
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città è un bene pubblico ed è investito di inestimabile valore
sociale.
Del resto è stato da più parti osservato come la politica di
cementificazione nell’ambito del comune savonese sia una
tendenza di ormai lungo corso ed in questo panorama il porto turistico avrebbe rappresentato un passo ulteriore nella
stessa direzione.
L’esempio dell’area ex-Italsider è una testimonianza inoppugnabile del processo di cementificazione di stampo speculativo: laddove lo spazio destinato un tempo all’industria siderurgica avrebbe potuto essere destinato (almeno in parte) ad
uso pubblico, ricreativo e culturale, è stato invece sacrificato
senza alcuno scrupolo all’interesse privato, sottraendolo alla
città.
Nell’ambito di una città che si è stabilizzata da circa un de-
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squali alla margonara
cennio su una popolazione intorno ai 62.000 abitanti, quando fino agli anni Ottanta del Novecento ne contava 80.000,
l’idea di continuare ad edificare appare perlomeno avventata
o fuori luogo, eppure sembra costituire la nuova (e forse unica) vocazione cittadina, da ben oltre un decennio. Questo
perché si inscrive in una tendenza espansiva incontenibile
ad investire capitali privati a scopo di lucro, nella costruzione
di edifici dall’elevato valore commerciale.
Esaurita la vocazione industriale che caratterizzò Savona
per buona parte del secolo scorso, la città sembra non trovare altra via al di fuori dell’edilizia speculativa, a fronte di
una presenza significativa di case sfitte e di una domanda
nettamente inferiore all’offerta. Permangono contraddizioni
evidenti rappresentati da edifici pubblici, anche di notevole
valore, in stato di abbandono da decenni.
Palazzo Santa Chiara, edificio cinquecentesco di grande
pregio architettonico, già sede della questura, è l’esempio
più eclatante di questa tendenza: erbacce nel chiostro e loggiati murati sommariamente sono il segno evidente dell’incuria a cui l’amministrazione pubblica l’ha abbandonato.
Ad inizio 2013, dopo 21 anni di abbandono, l’abbattimento
di alcuni muri perimetrali ha reso visibile l’avvio dell’intervento di riconversione dell’ottocentesco ex-Ospedale San Paolo, in pieno centro cittadino, da cui verranno ricavati immobili
residenziali, commerciali, ed uffici.
Accanto a esempi come questo sembra rimanere intatta negli anni la tendenza a concedere a gruppi imprenditoriali la
possibilità di costruire su aree di proprietà del comune, determinando una sottrazione di risorse pubbliche alla comunità. All’orizzonte si prefigura uno scenario segnato dalla massiccia cementificazione che riguarda e riguarderà le seguenti
aree della città: via Nizza ex cantieri navali (un fronte mare di
centinaia di metri), il Crescent 2 (di cui è stato approvato il
cambio di destinazione d’uso in funzione residenziale nell’aprile 2013), l’irrisolta questione Binario Blu, gli Orti Folconi,
le abitazioni di via Scotto, corso Ricci e Lavagnola, senza
dimenticare le nuove edificazioni nel quartiere di Legino.
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squali alla margonara
CAPITALISMO: UNA QUESTIONE DI FEDE
La principale fra le motivazioni addotte dai tifosi del porto
per dimostrare la (presunta) fondamentale importanza del
progetto è stata da sempre la creazione di occupazione, sia
nella fase di realizzazione sia successivamente, una volta
entrato in piena funzione il porto.
Si può affermare che la promessa di lavoro abbia rappresentato nel corso degli anni un vero e proprio cavallo di battaglia, utilizzato come arma potente di pressione sull’opinione
pubblica di una città ormai in pluri-decennale ripiegamento
economico. Savona, più di altre città della stessa dimensione, è caratterizzata da un elevato tasso di disoccupazione e
da una diffusa tendenza alla pendolarità occupazionale per
una significativa porzione di popolazione della cosiddetta fascia produttiva.
Nel contesto savonese fare ricorso a questo tema, costituisce uno strumento molto potente e conseguentemente amplificato dai mezzi di informazione. Tuttavia quello dell’occupazione non è un tema particolarmente caro solo a Savona
ma si può affermare che lo sia a livello nazionale e non solo,
cosicché nel corso degli ultimi anni se ne è fatto massic-
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ciamente ricorso in tutte le occasioni in cui, da parte dell’establishment si presentava la necessità di convincere una
realtà locale decisamente critica verso un’opera dall’impatto
ambientale distruttivo e potenzialmente letale per l’equilibrio
dell’ecosistema.
Savona non ha fatto eccezione poiché, relativamente all’idea
di imporre il porto turistico alla Margonara, la strategia che
è stata utilizzata (e di cui si è già in precedenza detto) ha
contemplato lo sventolio instancabile del vessillo dell’occupazione, usata come scudo rispetto ad ogni tipo di critica
puntualmente sorta dal tessuto sociale o dalle individualità
più accorte e responsabili fra gli intellettuali locali (peraltro
molto poco numerosi).
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squali alla margonara
Premettendo che la prospettiva attuale ci permette ancora
una volta di vedere chiaramente la situazione in modo disincantato e chiaro, ad oggi tutta questa smania di creare filantropicamente lavoro per i savonesi sembra essere svanita,
evaporata con il progetto grandioso del porto.
Evidentemente si trattava di uno specchietto per le allodole,
ancora una volta utilizzato per captare consenso e benevolenza laddove i fondamenti (alquanto fragili) dell’idea del porto erano costituiti dalla sicurezza del lucro per i promotori, il
tutto offuscato da una cortina di flebili promesse e lusinghe
stonate. Ancora una volta la dimostrazione di una profonda
disonestà intellettuale di fondo, estrinsecata attraverso metodi persuasivi, caratterizzati dalla totale mancanza di etica.
A questo punto è necessaria una digressione rispetto al
tema del porto turistico, sebbene si tratti di un’argomentazione strettamente connessa alla questione lavoro. Ora che
è stata respinta (forse definitivamente) l’ipotesi del porto alla
Margonara, i grandi progetti locali promossi dai maggiori
gruppi di potere economico nazionale sono altri: si chiamano
potenziamento della centrale Tirreno Power/Enel e piattaforma multipurpose Maersk a Vado Ligure.
È superfluo far notare che contro questi due progetti di vaste
proporzioni si sia sviluppato un ampio movimento popolare
auto-organizzato in comitati locali, motivato dall’intento di
difendere in primo luogo il territorio del comune di Vado Ligure ed insieme un’ampia area geografica circostante, da un
attacco in grande stile. In estrema sintesi i due progetti che si
stanno discutendo risulterebbero deleteri per l’inquinamento
ambientale, degradando la qualità dell’aria (incrementando
patologie letali all’apparato respiratorio per la popolazione) e
per il deturpamento del paesaggio con l’annessa destabilizzazione dell’ecosistema locale, a ridosso di un’area turistica
come quella di Bergeggi/Torre del Mare/Spotorno/Noli.
Senza dimenticare che all’orizzonte si sono affacciati altri
due progetti potenzialmente catastrofici come la bretella
autostradale (prevista quasi interamente in galleria) della Albenga-Carcare-Predosa e la miniera a cielo aperto di
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biossido di titanio sul territorio del Parco Naturale Regionale
del Monte Beigua. Operazioni sicuramente milionarie... per i
proponenti!
La discussione sulla realizzazione dei progetti relativi a Vado
Ligure si trova attualmente nel vivo e non certo da oggi. Da
parte del fronte dei promotori (in certa misura composito e
mutevole in funzione delle circostanze politiche) si fa ricorso
massiccio ad analoghe argomentazioni rispetto a quelle addotte per presentare il progetto-porto turistico.
Non sorprende affatto notare che anche in questo caso la
bandiera dell’occupazione sia costantemente usata per determinare quello stato di euforica attesa in una popolazione
che (almeno in parte) attende risposte in termini di possibilità
lavorative. I mezzi di informazione amplificano le promesse
provenienti dai promotori a cui si associano unitariamente
i sindacati confederali, sempre pronti a spendersi acriticamente in prima linea quando si tratta di creare occupazione.
Questa recita avviene indipendentemente dal tipo e dalla
qualità di occupazione di cui si tratta, senza ulteriori considerazioni complessive sulle conseguenze che determina e
dal prezzo collettivo che viene pagato dalla comunità locale.
Risulta chiaro allora come l’occupazione costituisca nell’ambito delle linee d’azione del sistema economico attuale una
potente leva da utilizzare per il consenso generale (indipendentemente dal fatto che sia reale, effettiva o solamente promessa), del resto non mancano esempi eclatanti su scala
nazionale di questa strategia manipolatoria: si ricordi fra tutti,
la campagna elettorale del 1994 condotta dal futuro vincitore
sulla base della mirabolante e irrealistica promessa della creazione di un milione di posti di lavoro.
Dopo avere citato questo esempio piuttosto noto, occorre
una specificazione: il ricorso abituale alla promessa-lavoro
non è propria di una parte politica ma si tratta di un’attitudine
diffusa nella mentalità e nell’armamentario ideologico sia del
centrodestra sia del centrosinistra e alcuni sostengono che
questa trasversalità sarebbe garanzia di equità e correttezza,
da accettare unanimemente poiché bipartisan. Si può affer-
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squali alla margonara
mare che la centralità dell’occupazione in sé (ovvero come
elemento primario nel sistema valoriale della società industriale e post-industriale) parrebbe mettere d’accordo un po’
tutti, perlomeno nei termini di un generico consenso diffuso
ma tutto da verificare sul piano reale.
Le motivazioni della trasversalità di questa vaga unità di intenti sulla questione-occupazione non è soltanto dettata da
necessità strumentali di gestione del consenso pubblico ma
trova un fondamento anche su motivazioni culturali (ovvero
di mentalità) e riferimenti storici, ideologici e sociali.
Analizzando più nel dettaglio la questione si individua, nel
tema della creazione di posti lavoro, il punto di convergenza
fra gli obiettivi politico-operativi della destra e della sinistra
intese in senso storico-istituzionale. La società capitalista è
del resto figlia dell’ideale baconiano di dominio dell’uomo
sulla natura attraverso la tecnica, strumento fondamentale
di azione e controllo. È figlio dello stesso ideale (per quanto
subordinato ad interessi umani di emancipazione ed uguaglianza più elevati) il marxismo, fin dalle origini.
Da una parte la religione del profitto e della sua massimizzazione a tutti i costi propria della destra (in particolare nell’accezione liberista), vero e proprio cardine del sistema capitalista fin dagli albori della Rivoluzione industriale. E quale
elemento è indispensabile all’arricchimento dell’investitore
di capitale se non l’attività produttiva e pertanto il lavoro?
Non è importante l’esecutore del lavoro bensì è importante
la disponibilità effettiva di forza lavoro, da ottenere prontamente una volta che il capitale viene trasferito e investito
altrove.
Dall’altra la cultura del lavoro e del totalizzante legame identificativo dell’operaio con la forma specifica della propria
abilità, unita alla mitizzazione del proletariato urbano industriale, tipiche di un approccio progressista e prima ancora
del determinismo marxista.
Deriva da qui il lavoro inteso come unica possibilità di emancipazione individuale e collettiva di classe, come forma di
nobilitazione dell’animo umano e di integrazione nel tessuto
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sociale della comunità. In virtù di tutto ciò quale elemento è
indispensabile per determinare un significativo grado di autonomia economica di massa all’interno del sistema capitalista, se non il lavoro salariato?
L’ideale di dominio sulla natura attraverso la tecnica risulta
quindi espressione dell’agire umano e volontà di realizzazione, intervenendo sull’ambiente circostante; il lavoro è da
intendere in questo contesto come energia umana a servizio
della tecnica.
Evidente risulta la convergenza delle due tendenze politiche di destra e sinistra (per altri versi altamente conflittuali)
sul tema del lavoro: la creazione di occupazione o almeno
politiche e azioni orientate verso di essa assumono inevitabilmente la preminenza nell’ambito del sistema capitalista e
trovano implicito consenso anche fra i detrattori ed i critici
del capitalismo stesso.
Occorre un’ulteriore approfondimento: il lavoro (inteso
nell’accezione finora considerata) costituisce la derivazione
diretta dell’affermazione della cultura positivistica, fin dalla
prima metà del XIX secolo, in concomitanza con lo sviluppo
industriale in buona parte dell’Europa. Il positivismo, come
pensiero filosofico formalizzato, è imperniato sulla fiducia
pressoché illimitata nella scienza e nel progresso e trova le
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squali alla margonara
sue basi nella realtà dei fatti concreti, misurabili, quantificabili sperimentalmente, tende inoltre a ciò che viene definito
utile e produttivo in opposizione a ciò che è inutile, astratto
o non quantificabile.
Non è azzardato affermare che i fondamenti del pensiero positivista siano stati trasmessi, pressoché invariati, alla società contemporanea, dominata dal liberismo e caratterizzata
da un marcato ottimismo nei confronti della modernità, introdotta con il sistema industriale. Si afferma nei fatti la concezione che il positivismo ottocentesco aveva già introdotto: la
scienza eletta a livello di metafisica assoluta ovvero una nuova religione scientifica, dogmatica e insindacabile. Auguste
Comte, considerato il fondatore del positivismo, auspicò la
costruzione, attraverso l’età dell’industrialismo e delle scienze, di un fondamento unitario della società, paragonabile alla
teocrazia medievale: lo stadio dell’ordine positivo.
Considerando lo stretto legame che intercorre, nel periodo in
cui il positivismo si afferma, tra fiducia illimitata nella scienza
e nelle sue applicazioni e contemporanea evoluzione del capitalismo industriale (diventato fenomeno economico e finanziario internazionale), è evidente come nell’attuale contesto
economico, vengano confermati i fondamenti di un pensiero
totalizzante che pretende di applicare il metodo scientifico (e
nella fattispecie le sue applicazioni pratiche) a tutte le sfere
della vita umana e dell’ambiente, subordinando ad esse ogni
altra considerazione. In effetti la questione meriterebbe un
ampliamento ulteriore poiché la concezione della scienza ha
subito notevoli variazioni dal secolo XIX ad oggi, passando
attraverso critiche e profondi ripensamenti relativi ai fondamenti, agli obiettivi ed alle prospettive della scienza stessa
che in ultima istanza dovrebbe assumere come riferimento
la dimensione etica. Tuttavia limitiamoci alla scienza quale
era intesa in epoca positivista, tralasciando gli innumerevoli esempi di assoluta mancanza di etica nelle applicazioni
scientifiche del XXI secolo.
Le innovazioni tecnologiche dell’800 introdussero la prospettiva di cambiamenti radicali nell’ambiente di vita degli
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uomini: grandi strutture industriali, infrastrutture come linee
ferroviarie ed elettriche, l’uso di mezzi di trasporto a motore;
a tutti gli effetti questi cambiamenti nel paesaggio determinarono cambiamenti nella percezione del mondo stesso e
nel modo di osservarlo e pensarlo da parte degli uomini.
Oggi le istanze del capitalismo non sembrano mutate: ancora si pretende di realizzare infrastrutture, anche laddove
gli spazi di sviluppo appaiono saturi, linee ad alta velocità,
autostrade, aeroporti o porti mercantili o turistici, nuove e
sempre più ampie centrali di produzione energetica utilizzando anche sistemi di produzione definiti rivoluzionari e ipertecnologici ma nella realtà dei fatti letali (fissione nucleare)
oppure perpetrando modi di produzione energetica desueti
e molto nocivi. Le centrali termoelettriche a carbone furono
considerate già superate dallo stesso establishment economico-statale internazionale in occasione del summit di Kyoto
del 1997, quando venne ratificato un protocollo (entrato in
forza nel 2005) per contrastare il surriscaldamento globale,
attraverso la riduzione di emissioni.
Ciò che è accaduto da Kyoto in poi dimostra la sostanzia-
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squali alla margonara
le inutilità del programma sottoscritto allora dalle potenze
industriali mondiali, poiché è stato del tutto disatteso. Nel
frattempo si è tenuto un altro summit a Copenaghen (2009)
da cui non ci si può attendere nulla di efficace sul rispetto
dell’ambiente, al di là delle dichiarazioni e dei buoni propositi
relativi alla limitazione del riscaldamento climatico. Oggi, a
tutti gli effetti si osserva la riproposizione, su scala universale, dello stesso modello di sviluppo economico distruttivo
e vorace verso la biosfera nel suo insieme e di conseguenza, letale per il futuro dell’umanità. Talvolta questo modello
di sviluppo scriteriato viene definito progresso: a riguardo
di questo utilizzo del termine disinvolto e ideologico sorgerebbero diverse obiezioni che tralasciamo per necessità di
concisione.
L’applicazione del modello scientista-tecnologico ad ogni
costo, nasconde la minaccia immensa della distruzione totale dell’uomo e dell’ambiente.
Non si tratta qui di tracciare una opposizione generica e
vaga circa la tendenza miope del sistema economico globale, proponendo magari qualche miglioria (non sostanziale)
nella riduzione dell’impatto ambientale causato dalle attività
industriali e produttive in genere, come da più parti si sente
ipotizzare negli ultimi anni.
La critica diretta a questo modello di sviluppo è radicale e
chiama in causa la ridiscussione del rapporto uomo-natura
nella sua complessità. Si impone urgente e necessaria non
solo una riflessione generale sulle attività umane e l’ecosistema ma una sovversione degli equilibri che mantengono
attivo un sistema deleterio e mortifero.
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squali alla margonara
DIFENDERE IL PROPRIO SPAZIO DI VITA
DIFENDERE L’ECOSISTEMA
«Agisci in modo che le conseguenze
della tua azione siano compatibili
con la sopravvivenza
della vita umana sulla terra»
Jonas Hans
Il principio responsabilità
Ritornando al caso specifico locale ovvero alla questione
della Margonara, apparirà ora più chiara e meglio definita
l’istanza che ha portato allo sviluppo di un’opposizione così
ampia e socialmente composita alla realizzazione del porto
turistico. Analogamente l’opposizione radicale al progetto di
ampliamento della centrale termoelettrica di Vado Ligure o
della costruzione della piattaforma di Porto Vado, rientra nella stessa questione più ampia della critica ad un sistema che
si dimostra sempre più bugiardo, lusinghiero e distruttivo.
Appaiono strumentali e disoneste le argomentazioni relative
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alla centralità del problema occupazionale, solo in apparenza dettate dal senso di responsabilità (preoccupazione di
offrire possibilità di guadagno alle persone) in realtà bieco
ricatto così sintetizzabile: “accontentati del poco che ti offro
altrimenti non ti sarà dato nulla e faremo ugualmente ciò che
è stato deciso!”
Conclusa da oltre un trentennio la fase di produzione industriale massiva nel mondo occidentale, il sistema del capitalismo globale ricerca altre modalità per ottenere profitto, lo fa
nella fattispecie proponendo un presunto rilancio economico
attraverso progetti che vanno a divorare le ultime risorse collettive e naturali che rimangono parzialmente intatte.
Lo fa con protervia e falsità, cercando di gettare fumo negli
occhi di tutti: ignari e ingenui ottimisti, disperati e disincantati, consapevoli e determinati oppositori.
Per quanto concerne il progetto del porto turistico alla Margonara l’obiezione è articolata su un duplice piano: in termini
di principio ed anche nel dettaglio.
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squali alla margonara
La questione di principio chiama in causa
le precedenti argomentazioni in relazione al
modello di sviluppo tecnocratico-capitalista,
disposto a calpestare ogni entità (umana e
ambientale) nel nome del profitto, ponendosi nei fatti come la sovra-determinata ragione dell’economia.
È necessario il rifiuto radicale di una società
dominata dall’economia, scienza (o pseudo-scienza) immanente e pervasiva, basata sulla mercificazione globale e fondata su
una visione puramente quantitativa del benessere sociale in cui il soddisfacimento dei
bisogni (spontanei o indotti che siano) non
trova altri parametri che non siano produzione, accumulazione e consumo di ricchezza.
Questo modello, riproposto dalle strutture politico-economiche che ad ogni livello dominano la società (condizionandone l’esistenza a 360°) non può essere sostenuto ancora a
lungo e non può essere modificato né migliorato poiché non
lascia vie di fuga: quando le risorse saranno definitivamente
prosciugate e l’ecosfera compromessa oltre un certo livello, non ci saranno possibilità di emendamento o opportunità
per un nuovo inizio… sarà solo catastrofe!
Nel mondo, da almeno quaranta anni (ma per certi versi fin
dagli albori dell’industrializzazione), è in corso un processo
di diffusione sempre più massivo di istanze opposte a quelle
del sistema attuale, infatti esistono collettività che rifiutano
questa visione esclusivamente quantitativa (e monetizzata)
del benessere sociale. È in corso un processo di acquisizione di consapevolezza che porta migliaia di individui ad assumersi la responsabilità di lottare contro chi è disposto a divorare tutto e schiacciare ogni principio nel nome del denaro.
Non tutti sono disposti ad accettare la logica dell’occupazione ad ogni costo, senza considerare gli effetti dell’azione di
chi lavora, senza valutare gli enormi costi sociali rispetto alla
salute collettiva fisiologica e psicologica, sempre più indivi-
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dui rifiutano la devastazione ambientale insieme alle opere
proposte come strategiche o decisive per il “rilancio dell’economia locale e nazionale”.
Molti sono consapevoli del fatto che il denaro accumulato
realizzando progetti distruttivi non varrebbe più nulla, una
volta che l’ambiente circostante fosse irrimediabilmente
contaminato e saturo di strutture opprimenti.
Il profitto (per quanto possa essere da alcuni idealizzato e
assunto come entità metafisica) non giustifica la persistente
aggressione alla natura e la sua conseguente ed imminente
distruzione. La crescita economica (considerando anche le
obiezioni del caso, configurate dall’attuale crisi strutturale
del sistema) ed il benessere individuale e collettivo divergono
sempre più. Non è possibile forzare oltre questa divergenza
che ha determinato un vero e proprio iato, una scissione con
il sistema economico-politico (e relative istanze autoritarie)
da una parte e dall’altra l’umanità.
In fase conclusiva è necessario entrare nel merito della contrarietà alla realizzazione di un’opera dannosa come il porto
turistico alla Margonara: come è stato ampiamente argomentato, l’imperativo categorico di difendere e conservare il
pregio naturalistico dell’area rappresenta l’elemento portante
della critica, ampiamente condivisa nel tessuto sociale savo-
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squali alla margonara
nese. Nella fattispecie l’area, nonostante subisca la pressione del porto mercantile, conserva una specificità biologica di
valore assoluto di cui sono inequivocabili indicatori le praterie di specie vegetali marine che si estendono di fronte alla
spiaggia della Margonara.* Se servisse una prova ulteriore
della superficialità e della totale mancanza di consapevolezza e sensibilità ambientale da parte dei sostenitori del porto,
la presenza di questa vasta prateria è stata più volte motivo
di bieco sarcasmo. Questa risorsa è stata sminuita in nome
dell’economia e della modernità, intesa come cancellazione
di ogni residua area naturale non stravolta dall’antropizzazione. È imperativo sottolineare che la diversità ambientale
è un valore inestimabile per la totalità delle specie (oltre a
quella umana) ed in quanto tale non deve essere sacrificata
in nome di scelte che tendono a monetizzare l’esistente a
vantaggio di pochi individui senza scrupoli. Da molti anni una
composita schiera di personaggi va ripetendo che il progetto
del porto sarebbe decisivo per lo sviluppo futuro della città
e ne determinerebbe un nuovo slancio economico e sociale;
dubitiamo seriamente che un approdo turistico per circa 750
imbarcazioni da diporto (generalmente intese come natanti
di medie e grandi dimensioni) possa assolvere questa funzione.
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Ad oggi i 600 posti barca già presenti, distribuiti tra la Vecchia Darsena e l’area di Miramare (a ridosso dell’orrendo Terminal carbonifero), non pare abbiano aggiunto occupazione
in quantità significativa; un altro enorme parcheggio per imbarcazioni molto difficilmente rappresenterebbe un volano
strabiliante per l’economia (anche se dotato della ricca serie
di strutture atte a fornire vari servizi ai diportisti che sarebbero annesse al porto).
Spesso si è sentito argomentare che il porto integrerebbe
l’attività nautica nel tessuto sociale della città ma la distanza fra la Margonara ed il centro non sembrerebbe favorire
questo processo: il porto continuerebbe a rimanere un corpo
estraneo nella linea costiera e rispetto alla città. Inoltre l’attuale porto turistico, nonostante sia occupato interamente
da imbarcazioni e non risulti affatto inutilizzato, si trova sensibilmente più vicino alla città eppure non si rileva traccia
di questa tendenza di traino per l’economia da parte della
nautica da diporto. L’impressione è che la nautica da diporto
rimanga un settore molto di nicchia e non si caratterizzi per
l’apertura verso la città di cui si favoleggia, nulla di molto
diverso nei fatti da un fenomeno economico alquanto marginale.
In virtù di ciò, anche adottando la prospettiva di chi agisce
esclusivamente in funzione dell’economia, la creazione di ulteriori posti barca (in gran parte per persone che non vivono
la città se non in occasione di qualche sporadica sortita),
a discapito della possibilità per ognuno di frequentare le
spiagge dell’area, non rappresenterebbe un’operazione razionale e motivata ma solo un azzardo speculativo.
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squali alla margonara
L’idea di chi con il porto pretende di proporre un’offerta turistica di questo tipo, considerando accettabile assorbire
risorse della collettività per il vantaggio di alcuni, dimostra
superficialità e faciloneria, limitandosi a considerare solo un
aspetto di questioni in realtà molto più complesse.
Un punto molto dibattuto riguardo al porto è stato quello
dell’occupazione: mentre la relazione di presentazione al progetto della Società Omnia Spada prevedeva 20 addetti alla
gestione portuale con un altro centinaio per ulteriori attività
(albergo, bar, ristoranti, manutenzione), si è giunti a immaginare fino a 200-300 nuovi posti di lavoro legati alle strutture
programmate alla Margonara. Dal momento che la vaghezza
è stata il tratto principale dei sostenitori del progetto anche a
questo proposito, non è affatto chiaro di che forme occupazionali si tratterebbe; oltre alla effettiva quantità di lavoratori
richiesti (variabile e dilatabile alla bisogna) non si conosce la
tipologia contrattuale e la durata dell’offerta sarebbe tutta da
verificare. Soffermandosi a ragionare sul contesto economico attuale, in cui chi investe capitale tende generalmente a
piangere miseria, dicendosi piuttosto costretto a sfrondare
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personale, sorge più di qualche dubbio.
Ma forse le grandi opere rivestono un potere taumaturgico e
sfuggono all’andamento generale dell’economia reale: questo è ciò che molti vorrebbero farci credere… essere scettici
spesso favorisce il senso di realtà e il rifiuto di certe suggestioni.
Ammettendo che nel complesso dell’ipotetico porto alla
Margonara si concentrassero molteplici attività commerciali
e di ristorazione, in che modo ciò influirebbe sull’economia
della città? Lo sviluppo di un’area o complesso corrisponde
spesso al declino di quelle limitrofe ed in particolare nel settore terziario è molto più facile spostare flussi piuttosto che
accrescerli ed estenderli: Savona ha vissuto l’esempio eclatante del centro commerciale Il Gabbiano che è diventato un
polo attrattivo a danno delle centinaia di realtà commerciali
cittadine, molte costrette a cessare l’attività nel corso degli
anni. Tra il 2010 ed il 2012 sono stati realizzati altri due grandi
centri commerciali, Molo 8.44 a Vado Ligure e Le Officine a
Savona (sull’area occupata un tempo dalla Metalmetron): si
tratta di un’offerta commerciale ben oltre le potenzialità di
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squali alla margonara
spesa della popolazione locale. La coperta è corta.
Attirare le persone e concentrarle in vistosi contenitori magari avulsi dal resto del tessuto urbanistico non può non avere
conseguenze; l’antropologo francese Marc Augè ha definito
queste strutture come nonluoghi, evidenziando l’impersonalità, la stereotipia e l’artificiosità che le caratterizza, anche
in riferimento alla qualità delle interazioni sociali di cui sono
teatro: frenetiche e alienate.
Il porto della Margonara sarebbe un serio pretendente ad aggiungersi all’elenco di nonluoghi che abbondano nel panorama della società consumistica occidentale: un complesso
di strutture in calcestruzzo e vetro senz’anima, percepito dai
savonesi come vero e proprio corpo estraneo al pari del grattacielo Bofill (oramai soprannominato da alcuni come box
doccia di Godzilla) presso il terminal crociere ed il Crescent
che incombe sulla darsena con la sua sagoma sgraziata.
In ultima istanza rimane da trattare un aspetto spesso trascurato o minimizzato: la realizzazione del porto comporterebbe, oltre a notevoli quantità di energia spesa, un periodo
significativamente prolungato di attività di sbancamento,
scavo, trasporto materiali ed infine edificazione; questo andrebbe ad incidere pesantemente sul contesto ambientale e
sulla qualità della vita di savonesi, albissolesi e non solo. Per
anni un’area molto ampia e già delicata per la viabilità locale
sarebbe messa a soqquadro dalle attività lavorative, alterando gli equilibri di un tratto stradale geograficamente strategico (unico sbocco non autostradale a levante della città, se
si esclude la tortuosa e angusta via Genova che si inerpica
sulla collina e raggiunge l’ospedale S. Paolo).
Flusso automobilistico interrotto oppure regolato in modo
alternato, passaggio continuo di mezzi pesanti per trasportare detriti e materiali, sensibile limitazione della possibilità
di accesso a Savona: tutto ciò costituirebbe un grave costo sociale (in termini di disagio, salute pubblica e stress) ed
economico per i savonesi (la città sarebbe evitata), altro che
potente volano per l’economia locale!
Nell’approfondire la questione andrebbe rilevato come nel
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corso degli anni si siano avvicendate varie cassandre che
ipotizzavano una perfetta sinergia tra la realizzazione dell’Aurelia-bis e il porto della Margonara: con lo smarino risultante
dallo scavo dei tratti in galleria si sarebbe potuto effettuare
lo riempimento necessario alla costruzione dei moli. Inoltre
si potrebbe contare su una ulteriore soluzione per la viabilità.
Il progetto dell’Aurelia-bis tra Albisola e Savona è di fatto in
corso d’opera... chissà che lo scenario non torni a cambiare
ancora una volta, profilando una nuova minaccia per l’area
della Margonara.
In virtù della ricca serie di obiezioni al progetto del porto turistico, un atteggiamento responsabile e onesto da parte di
amministrazione e imprenditori che se ne sono fatti promotori, avrebbe richiesto di affrontare fin da subito gli aspetti problematici legati alla ipotetica realizzazione. La realtà
è stata molto diversa, caratterizzata da grande vaghezza,
omissioni, deliberate menzogne alternate a reazioni infastidite ai prevedibili dubbi, perplessità, critiche e richieste di
chiarimento da parte dei savonesi: non certo l’atteggiamento
che possa favorire la fiducia verso chi detiene il potere. Anche per il futuro.
NOTE
[*] La Cimodocea (Cymodocea nodosa) è una pianta acquatica spermatofita
della famiglia Cymodoceaceae con un fusto eretto di piccole dimensioni, che
presenta da 2 a 5 foglie nastriformi di colore verde. Ha un robusto rizoma
che si sviluppa solo in senso parallelo al fondo del mare. È diffusa nel mar
Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico nordorientale tra il golfo di Guascogna
e il Senegal. Vive su fondali sabbiosi o fangosi ben illuminati e calmi, da 5 a
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squali alla margonara
20 m di profondità, può colonizzare la matte morta di Posidonia oceanica.
Forma prati estesi, anche se molto meno fitti delle praterie di Posidonia, e crea
ambienti di notevole interesse biologico. Spesso rinvenibile nei fondali delle
lagune. La riproduzione avviene per il 90% in modo asessuale per stoloni e
solo nel centro dei prati si hanno piante fiorite. La fioritura avviene in primavera, i frutti sono acheni disposti a coppie e molto compressi lateralmente. È una
tipica specie pioniera che con il suo insediamento prepara il substrato ad altre
piante più esigenti come la posidonia. Può tollerare l’anossia e la presenza di
idrogeno solforato nel suolo. Le sue foglie ospitano una comunità epifita ricca
quasi quanto quella della Posidonia. Tra le sue foglie si riproducono molte
specie di pesci.
La Posidonia oceanica è una pianta acquatica della famiglia delle Posidoniacee (Angiosperme Monocotiledoni), endemica del Mar Mediterraneo. Presenta caratteristiche simili alle piante terrestri con radici, fusto rizomatoso e foglie
che raggiungono anche la lunghezza di un metro e sono raggruppate in ciuffi
di 6/7 piante; fiorisce in autunno ed in primavera produce frutti galleggianti,
conosciuti popolarmente come “olive di mare”.
La Posidonia forma delle praterie sottomarine che rivestono notevole importanza ecologica, costituendo la comunità climax del Mediterraneo ovvero il
massimo livello di sviluppo e complessità che un ecosistema può raggiungere. La prateria di posidonia è l’ecosistema più importante del Mediterraneo ed
è stato indicato come habitat prioritario in una legge che raggruppa tutti i Siti
di Importanza Comunitaria che necessitano di protezione. (Direttiva Habitat,
Dir. n. 92/43/CEE).
Nell’ecosistema costiero riveste un ruolo fondamentale per diversi motivi: per
mezzo delle foglie libera fino a 20 litri di ossigeno al giorno per ogni m² di
prateria; produce ed esporta bio-massa sia negli ecosistemi limitrofi sia in
profondità; offre riparo ed è area di riproduzione per molti pesci, cefalopodi,
bivalvi, gasteropodi, echinodermi e tunicati; consolida il fondale sottocosta e
contrasta il trasporto di sedimenti sottili; agisce da barriera soffolta smorzando la forza delle correnti e preservando la costa dall’erosione; smorza il moto
ondoso per mezzo delle foglie morte sulle spiagge proteggendole dall’erosione soprattutto durante le mareggiate invernali.
Dalla metà degli anni novanta del secolo scorso la posidonia viene utilizzata
sempre più spesso come indicatore biologico poiché attraverso lo studio delle
praterie è possibile ottenere un quadro piuttosto attendibile della qualità ambientale delle acque marine costiere.
In tutto il Mediterraneo le praterie di posidonia vanno progressivamente diminuendo in modo direttamente proporzionale all’aumento della pressione
antropica sulla fascia costiera. Le cause di questa tendenza sono le seguenti:
inquinamento in genere; pesca a strascico; nautica da diporto (raschiamento del fondale con ancore, sversamenti di idrocarburi, detergenti, vernici e
rifiuti solidi); costruzione di opere e conseguenti scarichi fognari in mare che
ostacolano la fotosintesi; costruzione di dighe, dighe foranee e barriere che
modificano il tasso di sedimentazione in mare; eutrofizzazione delle acque
costiere che determina crescita abnorme delle alghe epifite che ostacolano la
fotosintesi; presenza di due specie di alghe tropicali immesse accidentalmente nel Mediterraneo che mostrano rapida crescita e stanno soppiantando la
posidonia (Caulerpa taxifolia e Caulerpa racemosa)
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APPENDICE
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squali alla margonara
APPENDICE 1
SCHEDE BIOGRAFICHE
FEDERICO BERRUTI
Federico Berruti, nato a Savona nel 1967 è
l’attuale sindaco.
Ha conseguito la maturità scientifica a Savona e la laurea in Economia Politica presso
l´Università Bocconi di Milano nel 1990. Docente di Economia degli Intermediari Finanziari presso l´Università Bocconi di Milano
dal 1991 al 2000.
Docente della Scuola di Direzione Aziendale SDA Bocconi di
Milano dal 1991 al 2000. Autore di numerose pubblicazioni
scientifiche nell´area tematica della finanza aziendale e della
finanza di progetto. Dottore Commercialista. Revisore ufficiale dei conti. Principali incarichi professionali: consulente
di numerose piccole e medie imprese in materia contabile,
fiscale e del lavoro; perito e C.T.U. di Tribunali; consulente e
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revisore di Enti Locali; membro e presidente del consiglio di
amministrazione di società private e miste pubblico-private;
membro del collegio sindacale di aziende sanitarie e società
private. Il suo primo incarico pubblico è stata la presidenza
di IPS (Insediamenti Produttivi Savonesi): società per azioni
consortile mista a maggioranza pubblica. In ambito politico
Federico Berruti è stato esponente dei Democratici di Sinistra (DS) pur continuando le sue attività professionali. Da
luglio 2004 a febbraio 2006 è stato vice presidente della Provincia di Savona nella giunta Bertolotto.
Nel maggio 2006 è stato eletto sindaco di Savona ed attualmente è in corso il suo secondo mandato. Alla nascita
del Partito Democratico nell’ottobre 2007 aderisce al nuovo soggetto politico. Nell’autunno 2012 in occasione della
campagna per le elezioni primarie interne al centro-sinistra,
si è apertamente schierato a favore del sindaco di Firenze
Matteo Renzi, accreditatosi come giovane rampante e rottamatore del Partito Democratico. Con questa scelta politica, dettata da un solido e duraturo rapporto personale con
Renzi, Berruti si è esposto notevolmente, associandosi ad
un cavallo perdente, perlomeno considerando l’esito delle
primarie che ha premiato Bersani. Ma dopo le elezioni del
febbraio 2013 il panorama si è reso complesso e le cose
cambiano rapidamente...
Ecco cosa ha dichiarato sulla Margonara... nel tempo
«Sul progetto Fuksas e sul porticciolo della Margonara c´è
un clima avvelenato che impedisce al momento di affrontare
con equilibrio e serenità uno dei temi portanti per la città e il
suo sviluppo».
«Un porticciolo è un’infrastruttura importante per fare e sostenere il turismo. […] Per quanto riguarda la torre, l’architetto Fuksas, a fronte dell’esigenza di evitare una volumetria
diffusa lungo la costa, ha privilegiato uno sviluppo verticale».
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squali alla margonara
(Il sindaco e il ‘fallo’ di Fuksas “Troppi veleni sulla Margonara”,
Luciano Angelini, La Repubblica-Genova, 8 dicembre 2006)
«A chi dice che faremo una cosa per ricchi, rispondo, facendo mia una frase di Olaf Palme, che non dobbiamo combattere la ricchezza ma la povertà. Certo c’è un prezzo da
pagare ma, alle nostre condizioni, penso che questo progetto
di sviluppo darà benefici superiori ai costi, garantirà alla città
una nuova vocazione per evitare la deriva del declino».
(Savona, Via libera alla svolta Fuksas ma la sinistra radical resta
sulle barricate, Luciano Angelini, La Repubblica-Genova, 30
marzo 2007)
«Il punto è che al fallo noi possiamo benissimo rinunciare,
ciò che vogliamo è un porticciolo turistico con tutto ciò che
porterà: barche, occupazione, turismo».
«Per il comune, mi ripeto, l’esigenza è realizzare il porto e non
certo quella torre».
«Ormai il progetto dellla Margonara è diventato un brand negativo, da più parti si sbandiera quasi fosse l’emblema delle
speculazioni e della cementificazione […] il consiglio ha detto
sì al porto per avviare la pratica e non perchè ha sposato o è
legato in qualche modo all’idea di Fuksas».
(Il sindaco sul porticciolo: «Rinunciamo al fallo», Il Secolo XIX,
18 ottobre 2009)
Nel’aprile 2011 Berruti ha manifestato la propria insospettata attitudine alla tutela dell’ambiente in un incontro pubblico
con i cittadini, svoltosi presso la libreria Ubik di corso Italia.
«Sono un ambientalista».
«La mia non vuole essere una provocazione, perché io condivido il giudizio negativo sulla gestione del territorio della
provincia dagli Anni ‘60, però quello che stiamo facendo
oggi non è speculazione edilizia, ma si tratta di insediamenti
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produttivi da realizzare per il futuro occupazionale di questo
territorio per i nostri stessi figli».
(Berruti: «Anch’io sono un ambientalista», Roberto Pavanello,
La Stampa, 23 aprile 2011)
STEFANO PARODI
Stefano Parodi, esponente del PdL, è stato sindaco di Albissola Marina dal 1999 al
2009, candidandosi alla guida di una lista
civica ha ottenuto due mandati, vivendo da
amministratore un decennio cruciale per il
progetto del porto.
Dopo lo scalpore suscitato a Savona e dintorni dall’inchiesta giudiziaria che lo ha riguardato fin dal 2009, nel gennaio 2013 è stato condannato
a 2 anni e 6 mesi (oltre all’interdizione dai pubblici uffici per 5
anni) per il reato di corruzione: avrebbe ricevuto una mazzetta da 49.000 euro per favorire l’imprenditore genovese Pietro
Pesce in una pratica di lottizzazione, il fatto risale a quando
era sindaco della cittadina albissolese. In conseguenza della condanna Parodi si è dimesso dalla carica di presidente
del consiglio provinciale savonese, commentando in questo modo: «[...] tolgo la patata bollente al consiglio provinciale
perché non era giusto che avesse problemi per ciò che concerneva la mia posizione. Ringrazio tutti i consiglieri provinciali
che hanno mostrato solidarietà, compresa l’opposizione che
ha sempre mantenuto comportamento soft cercando di curare
anche l’aspetto umano della vicenda».
Dichiarazioni sul porto turistico
«Non capisco il chiacchiericcio estivo dei savonesi sul progetto Fuksas. Dal plastico si evince che il porto ricade quasi
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squali alla margonara
interamente sul nostro territorio. E Albissola Marina, sia chiaro, la torre-faro la vuole, senza remore».
«Non vorrei che all’ombra della Torretta qualcuno giocasse a
distruggere solo perché è invidioso degli oneri di urbanizzazione e dell’Ici che Albissola incasserà con la torre-faro. Io i
conti li ho fatti ed ho capito che con gli introiti dell’operazione
i miei successori potranno cambiare volto al paese».
(Albissola vuole la torre di Fuksas, Bruno Lugaro, Il Secolo XIX,
7 settembre 2006)
CARLO RUGGERI
Nato a Varazze. Dopo aver conseguito il
diploma di maturità presso il liceo artistico
Martini di Savona, ha frequentato la facoltà
di lettere e filosofia dell’Università di Genova
ed è stato professore nelle scuole medie.
Funzionario della Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue, ha ricoperto la carica di
presidente del Comitato Provinciale di Savona. Dal 1990 al 1998 è stato membro della giunta della
Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura
di Savona.
Ha ricoperto incarichi presso enti e società pubbliche e private, fra le quali: vice presidente della spa Aeroporto Villanova di Albenga; vice presidente della società mista pubblicoprivata IPS.
Ha ricoperto la carica di membro del Comitato dell’Autorità
Portuale di Savona e membro del consiglio di amministrazione della Società Autostrada dei Fiori Spa.
Nel maggio 1998 è diventato sindaco di Savona ottenendo
la maggioranza assoluta dei voti quindi è stato rieletto nel
maggio 2002 al primo turno.
Nell’aprile 2005 è stato eletto nel Consiglio regionale della Li-
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guria. Assessore alla Pianificazione territoriale, Urbanistica,
Infrastrutture e Logistica della Regione Liguria nella prima
Giunta Burlando, non è stato confermato nel’aprile 2010. Nel
settembre 2010 è stato nominato presidente IPS ed è inoltre
presidente del Consorzio Savona Crociere.
Così si è espresso sul porto
«L’architetto ha allontanato l’insediamento dalla linea di costa e lo ha sistemato sul molo frangiflutti innalzandolo a 120
metri perché diventi una sorta di faro per il porto di Savona
e sia proporzionato alla stazza delle navi da crociera che vi
approdano, alte fino a 70 metri».
Riguardo alla questione della salvaguardia della linea costiera insieme alla prospettiva di congestionamento del traffico:
«Il progetto di Fuksas affronta il problema in modo dignitoso
e risponde drasticamente alle osservazioni degli enti locali,
evitando di costruire strutture sparse lungo la costa e concentrando tutto nel grattacielo, rispettando il profilo naturale
della costa».
(Ruggeri difende il progetto di Fuksas, i Verdi: non si risana con
il cemento, www.ivg.it, 17 ottobre 2006)
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squali alla margonara
CRISTOFORO (RINO) CANAVESE
Ingegnere, capo ufficio tecnico dell’Ente
Porto di Savona durante gli anni 70-80, poi
segretario generale dell’Autorità portuale di
Savona, membro della Camera di Commercio di Savona. Deputato per la Lega nord nel
1994, candidato per Forza Italia nel 1996, è
stato infine promotore di una lista civica di
centrosinistra, a sostegno del sindaco Ruggeri. Dal 2004 al settembre 2012 presiede l’Autorità Portuale
di Savona di cui ora è commisario per la costruzione della
Piattaforma Container MAERKS a Vado Ligure. Ricopre anche il ruolo di consigliere della società IPS, presieduta da
Carlo Ruggeri e anche in questo caso probabilmente è risultata determinante l’intesa con l’ex sindaco.
«Io non ho mai fatto una questione di schieramenti. A me
interessa realizzare le cose. E l’intesa con Ruggeri ha fruttato
tutti gli obiettivi programmatici che ci eravamo posti, tranne
uno: l’Aurelia bis».
Così si è pronunciato sulla Margonara
«Siamo alla vigilia di un piano in grado di dare impulso alla
nautica dei grandi yacht con attracchi dedicati e a un’ospitalità a terra di assoluta eccellenza, non dimenticandoci del
rispetto e anzi della valorizzazione dello scoglio della Madonnetta. È quello che vogliamo per il futuro polo della nautica
della Margonara ed è quello che vogliamo con forza per la
città di Savona».
(Albergo e case di lusso davanti alla Madonnetta, Angelo Verrando, Il Secolo XIX, 4 gennaio 2006)
Riferendosi alle postazioni-barca del porto turistico:
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«Facciamole comprare ai milanesi, mettendo loro a disposizione banchine solo per grandi yacht, così da creare nuove
opportunità di lavoro per i nostri cantieri».
Riferendosi poi ai consiglieri comunali di minoranza Turchi e
Astengo (A Sinistra per Savona) che ne avevano contestato
pubblicamente l’operato:
«Prenda la questione della Margonara. Se fossero in buonafede (e il discorso vale anche per gli ambientalisti) avrebbero contrastato il progetto Fuksas con un argomento: niente
porto turistico, ma bonifichiamo completamente quel tratto
di costa eliminando le baracche. Invece non lo fanno perché tutelano gli interessi di quei signori che usano il territorio
come fosse casa loro e poi si vendono le baracche ai prezzi
di un appartamento di Bofill».
(Canavese.”Troppi attacchi al porto, sono stufo”, Bruno Lugaro, Il Secolo XIX, 26 luglio 2006)
«Se mi si dice che lo scoglio della Madonnetta e l’area marina
circostante sono così preziosi, come sembrerebbe evincersi dal parere della commissione di Via [Valutazione impatto
ambientale], allora gli stabilimenti lì vicini non possono che
chiudere. Bisogna essere conseguenti: se le cose stanno
davvero come pare la Via abbia scritto, allora quell’area deve
diventare un parco marino. E uno stabilimento marino, con
tutto ciò che comporta, non ci può proprio stare là».
(L’autority chiude i Bagni della Madonnetta, Antonella Granero, Il Secolo XIX, 20 dicembre 2008)
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squali alla margonara
LIVIO DI TULLIO
Segretario della Fgci nei primi anni ‘80 diventa sindacalista della Cgil.
Prima come segretario degli alimentaristi,
poi Fiom e successivamente dei chimici. Nel
2000 diventa segretario della camera del lavoro Cgil.
È stato successivamente assessore ai Lavori
Pubblici sino al 2010, poi segretario provinciale dei DS e del PD sino a fine agosto 2012 quando viene
nominato vice-sindaco con delega alle grandi infrastrutture
e all’urbanistica. Si distingue come grande promotore dell’edificazione sfrenata nell’area degli ex cantieri Solimano in via
Nizza e del Crescent 2 nell’area ex Ilva-Omsav. In occasione
delle primarie del centrosinistra nell’autunno 2012 ha preso
posizione per il segretario del suo partito Bersani.
Dichiarazioni sulla Margonara
«Personalmente il progetto dell’architetto Fuksas mi piaceva
molto, tuttavia non capisco il suo atteggiamento, le amministrazioni interessate avevano approvato la torre ed il progetto preliminare, le prescrizioni della Regione non riguardano quello, ma vincoli di carattere ambientale per la tutela
dell’ambiente marino».
«A questo punto credo che per noi sia più importante presentare un progetto che risolva le prescrizioni ambientali, le
possibili soluzioni architettoniche passano in secondo piano.
E’ chiaro che bisognerà, da questo punto di vista, procedere
anche con una rimodulazione del progetto che presti grande
attenzione alla qualità architettonica e all’impatto sul paesaggio».
(Margonara, parla l’assessore Di Tullio: “Si va avanti anche senza Fuksas”, Federico De Rossi, www.ivg.it, 2 febbraio 2010)
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GIOVANNI GAMBARDELLA
Ingegnere e imprenditore, Amministratore
delegato dell’Ansaldo poi dell’Italsider verso
la fine degli anni 80, è protagonista di primo
piano nella vicenda del fallimento ItalsiderOmsav con la clamorosa transizione da area
industriale a spazio da cementificare a vantaggio di privati.Amministratore delegato
di Ferrania Imaging tecnologies nel 2006;
proprietario e amministratore unico della Omnia srl, società
costituita nel 1993 che ha progettato il porto turistico della
Margonara.
Affermazioni sulla Margonara
In qualità di imprenditore promotore del ciclopico progetto,
Gambardella è sempre risultato entusiasta ed esplicito non
lesinando dichiarazioni roboanti.
«Chiaro che le imprese hanno un interesse ma questo progetto non è una speculazione altrimenti lo avremmo concepito diversamente. A parte la torre che è un simbolo, non ci
sono edifici alti più di due piani e nessuno avrà una quota più
alta dell’Aurelia».
(Ieri mattina all’Unione Industriali gli ultimi disegni della torre a
forma di Tornado e dell’edificio ‘a nuvola’. Svelati tutti i dettagli
del grande progetto per il nuovo approdo, La Stampa, 13 dicembre 2007)
«Le opere di Fuksas sono segni, segnali. Abbiamo scelto lui
proprio per questo, seguendo le indicazioni dei comuni anche se potevamo fare diversamente».
(Fuksas: «L’ospedale va abbattuto», Antonella Granero, Il Se-
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squali alla margonara
colo XIX, 7 febbraio 2007)
«Tredici anni fa fanno un bando per cercare chi realizza un
porto che le istituzioni prevedono in tutti i loro Piani regolatori, portuali e della costa. Io lo vinco e faccio cinque progetti
di fila adeguandomi ogni volta alle cose che loro chiedono,
riducendo di molto tutti i parametri previsti al solo fine di
accontentare tutti. E alla fine mi liquidano con poche righe
bucoliche di Burlando che sul sito della Regione dice che il
porto non si fa più perché ormai ci sono abbastanza ormeggi in Liguria. E pensano che io me ne stia bravo dopo tutto
quello che ho speso per accontentarli, persino scegliendo
l’archistar che volevano loro? Ma credono di essere Gheddafi
o siamo in democrazia?».
«I Piani regolatori esistenti prevedono quel porto, tutto ciò
che è successo dopo è un nostro tentativo di accontentare,
di volta in volta, le loro richieste: meno ormeggi, case, salvare
la Madonnetta, l’oculina...».
Gambardella, dopo la bocciatura del porto da parte della
Regione, ha persino presentato ricorso al Tar ma anche al
tribunale civile e penale, convinto di ottenere il via libera per
la realizzazione del primo progetto previsto alla Margonara,
con 800 posti barca e edifici sul mare:
«È quello il progetto per cui abbiamo vinto il bando pubblico
13 anni fa e a quello torneremo».
(Margonara ora è guerra. «Farò il porto e sarà gigante», Dario
Freccero, Il Secolo XIX, 16 gennaio 2011)
Nel dicembre 2012 il Tar respinge il ricorso presentato da
Gambardella e dal gruppo francese Spada contro la bocciatura del porto turistico per motivazoni ambientali.
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LUCIANO PASQUALE
Nato nel 1950 a S. Sebastiano Curone (AL)
da famiglia contadina. Laureato in scienze
politiche inizia a lavorare nel 1974 come impiegato all’ufficio studi dell’assessorato ai
trasporti della Regione Piemonte.
Dal 1977 al 1982 è responsabile dell’ufficio
trasporti e territorio della Federazione Regionale degli Industriali del Piemonte e quindi direttore dell’Unione Industriali della Provincia di Savona.
Per 10 anni Presidente della Fondazione A. De Mari - Cassa
di Risparmio di Savona, attualmente ricopre gli incarichi di
Presidente della Cassa di Risparmio di Savona e di presidente della Camera di Commercio, Industria e Artigianato di
Savona (dall’ottobre 2010).
Luciano Pasquale è stato nominato direttore dell’Unione Industriali di Savona nell’autunno del 1982 ed ha preso servizio
il 1° febbraio 1983. Da allora ha ricoperto ininterrottamente il
ruolo di dirigente al vertice dell’associazione di via Gramsci,
che ha lasciato il 31 gennaio 2013.
La figura di Luciano Pasquale non può passare inosservata
e la centralità del manager negli equilibri economico-politici savonesi risulta evidente. Non c’è dubbio che Pasquale
abbia seguito da vicino, da attore e protagonista, tutte le
principali vicende industriali e di riconversione edilizia delle
fabbriche quindi le già citate operazioni immobiliari, tra cui
l’Italsider-Omsav.
Così si è espresso sulla Margonara
«Il progetto ha una evidente valenza paesaggistico-infrastrutturale con l’offerta di porto turistico potenziata e un’area di collegamento del comprensorio Savona-Albissola che
può essere migliorata sul piano estetico e funzionale. Ma ha
soprattutto il pregio, la capacità di attrarre investitori, turi-
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squali alla margonara
sti, diportisti, visitatori ma anche chi abita nel comprensorio.
La torre di Fuksas? Un’immagine-simbolo. Industria è una
parola grossa, desueta per Savona. È ovvio che mi riferisco
alla nautica, nostro fiore all’occhiello. Un settore di alta qualità e professionalità, più industriale che artigianale, sia nella
costruzione che nell’assistenza e riparazione. In un circolo
virtuoso aumenteranno le capacità di creare lavoro, occupazione qualificata e reddito».
(Progetto Fuksas, resa dei conti, Luciano Angelini, La Repubblica-Genova, 30 gennaio 2007)
FRANCESCO ROSSELLO
Francesco Rossello è nato a Savona nel
1970, dal 2006 è segretario provinciale della Cgil (carica confermata nel marzo 2012);
è entrato alla Camera del Lavoro nel 1998
come responsabile del Cid Cgil (centro informazioni disoccupati) e successivamente
ha ricoperto gli incarichi di responsabile del
mercato del lavoro e coordinatore di Nidil
(nuove identità di lavoro, la categoria Cgil che si occupa delle forme di precariato, ormai molto diffuse).
Nel 2001 ha ricoperto l’incarico di funzionario d’organizzazione e si è occupato di gestire le iniziative di celebrazione
dei 100 anni della Camera del Lavoro di Savona.
Nel 2002 è entrato nella segreteria della Filcea (chimici), di
cui è diventato segretario generale all’inizio del 2004. È stato
segretario provinciale della Filcem; tra le principali vertenze
seguite da Rossello vi sono Ferrania, Acna di Cengio e Tirreno Power. Rossello è sempre stato un grande sostenitore
del progetto di potenziamento della centrale termoelettrica
di Vado Ligure, esponendosi spesso in prima persona con
affermazioni eclatanti circa l’indispensabilità del carbone per
la produzione di energia elettrica. La priorità del tema occu-
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pazione è assoluta nelle sue dichiarazioni.
Ecco come si è espresso sul Margonara e dintorni
Riferendosi a Luciano Pasquale ha celebrato il suo trentennale incarico alla direzione dell’Unione Industriali in questo
modo:
«Non si può non riconoscergli un ruolo importante in questi
trent’anni cruciali nella storia industriale savonese.[..] In lui
abbiamo trovato sicuramente un interlocutore capace ed affidabile. La speranza ora è che arrivi una persona altrettanto
motivata e competente al suo posto e che possa far convergere su Savona idee nuove e investimenti nuovi per tornare
a crescere».
(Sindacati grati a Pasquale per trent’anni di Uisv, Antonio
Amodio, www.puntosavona.it, 28 settembre 2012)
«Il porto della Margonara può costituire un’importante occasione di sviluppo».
(Fuksas, valanga di sì ma c’è il nodo viabilità, La Stampa, 23
febbraio 2007)
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squali alla margonara
MASSIMILIANO FUKSAS
Nato a Roma nel 1944 da una famiglia cosmopolita: padre lituano e madre franco-austriaca, si forma frequentando personalità di
spicco della cultura italiana ed artisti fra cui
Asor Rosa, Pasolini, Caproni e De Chirico.
Nasce così il suo interesse per l’architettura
che lo porta nel corso della carriera professionale ad affermarsi sulla scena internazionale al punto da essere definito come archistar (sebbene
detesti il termine); soprattutto si occupa di grandi aree metropolitane e dei relativi problemi urbani.
Incentra la propria progettazione principalmente sulla realizzazione di opere pubbliche: università, scuole, palestre, centri sportivi, centri congressi, centri commerciali e grattacieli.
Riceve diversi riconoscimenti internazionali.
Dopo essere stato in gioventù parte attiva dei moti del Sessantotto, con la celebre battaglia di Valle Giulia presso la facoltà di architettura a Roma, nella maturità politicamente si è
dichiarato vicino a Rifondazione Comunista vantando anche
una stretta amicizia con l’ex segretario Bertinotti.
Affermazioni sul suo progetto, Savona e Margonara
«Ogni progetto è discutibile, per carità ed io non sono radicale nelle mie idee. Mi piace confrontarle con quelle degli altri
e naturalmente lo farò anche a Savona ma dopo le elezioni».
«Apriremo un dibattito in città, come è giusto che sia e alla
fine vedrete che il faro supererà le perplessità che incontra
oggi. Se non è così mi taglio una mano».
(Fuksas: «Ecco il mio porto turistico», Bruno Lugaro, Il Secolo
XIX, 24 maggio 2006)
85
«C’è questo torrente che è diventato una discarica di tv, un
grande abusivismo tollerato che sono le baracche e lassù in
cima questo immenso ecomostro che sarà anche un ospedale, ma è una malattia del terrritorio».
(Fuksas: «L’ospedale va abbattuto», Antonella Granero, Il Secolo XIX, 7 febbraio 2007)
A tre anni di distanza dalla presentazione in grande stile del
proprio progetto davanti al consiglio comunale di Savona
(nel febbraio 2007), dopo una valanga di critiche ricevute e le
esitazioni ed i ripensamenti dei politici, l’architetto incaricato
lancia i propri strali e rinuncia a proseguire oltre. I toni usati
non sono affatto eleganti:
«Non è stata capita l’opportunità che avevamo davanti: fare
del porticciolo di Savona un nuovo esempio di architettura
moderna. Costruire dove in teoria non si può: sul mare. È
una svolta non da poco ma a Savona e in Liguria non l’avete
capito».
«La torre che avevo proposto era un faro, uno spillo e invece
siamo arrivati a definirlo in modo osceno non avendolo compreso. Culturalmente è una sconfitta».
«Ci metto una pietra sopra alla Liguria, d’altra parte ci sarà
un motivo se non ho mai fatto nulla da voi e invece lavoro in
tutto il mondo».
(Fuksas sbatte la porta: «Rinuncio al porto», Il Secolo XIX, 2
febbraio 2010)
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squali alla margonara
APPENDICE 2
CRONOLOGIA DEL PORTO DELLA MARGONARA
(a cura di Giancarlo Poddine)
- Il procedimento applicabile al porto turistico della Margonara (ed a tutti i porti turistici) è quello prescritto dal DPR
509/1997, con l’osservanza dei requisiti stabiliti in maniera
specifica dal Decreto 14 aprile 1998;
- La previsione di un approdo turistico, collocato all’imboccatura del porto commerciale di Savona trova un primo
enunciato su proposta del Comune di Albissola Marina nel
contesto del progetto di Variante del Piano regolatore del
bacino di Savona formulata dallo EAP, Ente Autonomo del
porto Savona, in data 21 aprile 1987 e concernente “essenzialmente una diversa configurazione planimetrica dell’imboccatura del porto” e non la previsione di un porto turistico.
La variante al Piano regolatore portuale formulata dall’Ente Autonomo del porto di Savona fu approvata con parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici n. 472 del
23/11/1988;
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- a distanza di quasi dieci anni l’Autorità Portuale in data
5/6/1998 pubblicava sulla stampa nazionale ed internazionale (cfr. Il Sole 24 Ore in pari data) un invito a manifestazione di interesse per il finanziamento, costruzione e gestione
di porticciolo turistico, ponendo al 31/07/1998 il termine di
scadenza della manifestazione di interesse;
- un’apposita Commissione nominata con Decreto del Presidente dell’Autorità Portuale n.64/98 riteneva rispondenti ai
requisiti previsti dal bando le proposte delle Società Omnia
S.p.A. e Entreprise Jean Spada;
Si rileva che la Società Entreprise Jean Spada è stata in
passato sottoposta ad amministrazione giudiziaria ed il
Presidente del Direttorio Pierre Noiray è stato indagato ed
incarcerato in Francia nel 2002 per aver creato fondi neri attraverso false consulenze riconducibili a porticcioli in Tunisia
e Italia.
- successivamente il Comitato Portuale con delibera del
29/01/1999 affidava l’incarico per la elaborazione del progetto al soggetto giuridico costituito da Omnia S.p.A. e da
Entreprise Jean Spada, che assumeva denominazione di “
Porticciolo di Savona e Albissola Mare srl “. Di tali atti veniva data notizia sul FAL, Foglio Annunzi Legali della Provincia di Savona, n. 87 del 22/12/1999, rendendo noto altresì
che la Società Porticciolo di Savona e Albissola Marina srl.
come sopra costituita, aveva presentato il 16 dicembre 1999
domanda, corredata dal progetto preliminare del porto turistico, per la concessione cinquantennale, la realizzazione e
la gestione dell’infrastruttura nel tratto di demanio marittimo
compreso tra il molo di sottoflutto del porto di Savona (il fanale verde) e piazza S.Benedetto in Albissola, per un’area
complessiva di 20,7 ettari, in grado di ospitare oltre 800 posti
barca e con un numero medio di addetti alla gestione portuale stimato in 20 unità e 120 unità nell’indotto.
La domanda di concessione ed il progetto preliminare venivano depositati presso l’Autorità Portuale di Savona per
88
squali alla margonara
32 giorni consecutivi durante il periodo natalizio dal 23 dicembre 1999 al 24 gennaio 2000 ed il termine per eventuali
osservazioni era fissato al 24 gennaio, quando il DPR 509/97
stabilisce all’art.2 un periodo non inferiore a trenta e non
superiore a novanta giorni per eventuali rilievi;
- l’Autorità Portuale convocava quindi, in data 28/2/2000,
conferenza dei servizi referente per l’illustrazione da parte
dei progettisti del progetto preliminare, cui facevano seguito
incontri di approfondimento tra i soggetti intervenuti;
Nel contempo la società Porticciolo chiedeva di accedere ai
benefici del Patto Territoriale della Provincia di Savona, conseguendo in data 23/6/2001 l’attribuzione di un contributo
statale di 7.295,10 milioni di lire, poi non erogati.
Il progetto preliminare prevedeva di realizzare un albergo
per circa 100 camere, residenze e residences, attività artigianali, attività commerciali ed esercizi pubblici (ristoranti,
bar ed altri locali ad uso pubblico) per una superficie totale
costruita di 14.700 mq, corrispondenti ad oltre 70.000 mc.
Il progetto delle aree esterne era costituito da due ambienti
principali: l’area del versante e l’area delle banchine: al di
sotto dell’Aurelia era prevista la realizzazione di una collina
artificiale al cui interno venivano collocati i parcheggi (n. 996
in struttura e n. 421 a raso variamente distribuiti), magazzini, attività artigianali e commerciali del porto, mentre sulla
banchina si affacciavano le attività artigianali, commerciali
e gli esercizi pubblici del porto. L’altezza degli edifici era di
massima inferiore al livello dell’Aurelia; erano inoltre previsti
una piazza alla foce del Rio Termine, caratterizzata da un
piccolo lago, quale vasca di raccolta delle acque del Rio, e
da un edificio destinato ad esercizio pubblico, una piazza
dello scoglio della Madonnetta (che quindi veniva inglobata)
su cui trovavano posto caffè, ristoranti e attività commerciali
ed una piazza della marina, adiacente alle spiagge di Albissola Marina quale centro commerciale del porto e da cui si
accedeva all’albergo. Erano inoltre previste due passeggiate
89
sulla diga foranea e sulla banchina principale ed i posti barca
erano indicati nel numero di 730 stanziali e 73 di transito.
Lo specchio acqueo totale risultava pari a 124.000 mq. e la
superficie a terra totale di 83.115 mq.
- in data 23/1/2001 veniva convocata dall’Autorità Portuale
altra Conferenza referente per la valutazione di ammissibilità
del progetto, il cui esito era sospeso in attesa della conclusione del procedimento di approvazione del Piano Regolatore Portuale;
- il Comitato Portuale con delibera n. 33 del 10/04/2002
adottava il nuovo Piano Regolatore Portuale che include la
previsione dell’eventuale porto turistico della Margonara;
- il Consiglio Comunale di Savona, dopo aver espresso pronuncia favorevole all’intesa sul Piano Regolatore Portuale
con delibera n. 12 del 04/03/2002, approvava con altra delibera n. 4 del 10/02/2003 il progetto preliminare del porto
turistico, formulando prescrizioni. Analoga approvazione veniva espressa dal Consiglio Comunale di Albissola Marina
con deliberazione n. 71 del 29/11/2002;
- nel frattempo si svolgeva un’ennesima conferenza dei servizi, convocata in sede deliberante per il giorno 15/5/2003,
che esprimeva un parere complessivamente favorevole sul
progetto preliminare pur ritenendo la seduta soggetta a condizione sospensiva in attesa dell’avviso del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici;
- intervenivano poi le pronunce n. 472 del 29/04/2003 della
Regione Liguria e n.104 del 25/07/2003 del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici che esprimevano parere favorevole
di compatibilità ambientale in relazione al Piano Regolatore
Portuale e molteplici prescrizioni anche in rapporto al porto
turistico;
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squali alla margonara
- il Comune di Savona approvava il 30/09/2003 con delibera
n. 56 varianti allo Strumento Urbanistico Generale in coerenza con le previsioni del Piano Regolatore Portuale;
- nel prosieguo il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio con decreto n. 371 de 18/04/2005 esprimeva parere positivo di compatibilità ambientale con prescrizioni in
merito al progetto del Piano Regolatore Portuale di Savona
- Vado;
- in ultimo il Consiglio Regionale della Liguria approvava
con delibera n. 22 del 10/8/2005 il Piano Regolatore Portuale, coordinando e ponendo a sistema le osservazioni, prescrizioni e raccomandazioni formulate dai diversi Enti;
- l’Autorità Portuale convocava in data 19/10/2005 una ulteriore conferenza di servizi in cui veniva richiesto di adeguare
il progetto alle prescrizioni della Regione attraverso anche la
nomina di un nuovo progettista;
- a seguito di un precedente incontro avvenuto il 22/12/2005
l’architetto Fuksas, cui era
stato affidato l’incarico del
nuovo progetto, presentava in data 06/03/2006, in seduta
informale, il progetto di massima sul quale convenivano le
Amministrazioni interessate che assumevano l’impegno ad
adottare gli atti conseguenti;
- nel frattempo il Comitato Portuale con delibera n. 48 del
2007 affidava incarico per uno studio relativo alla viabilità del
nuovo porto turistico, nonostante il parere contrario, espresso dal Ministero dei Beni Culturali, che escludeva lo svincolo
“Punta Margonara” a causa della “ulteriore compromissione
della collinosa fascia verde”;
- in data 8/12/2007 era esibito, in visione privata presso
l’Autorità Portuale, il nuovo progetto preliminare del porto
turistico elaborato dall’architetto Fuksas in sostituzione del
91
precedente che veniva poi presentato in conferenza dei servizi in data 20/12/2007;
Il nuovo progetto contempla la realizzazione, nell’ambito
costiero delimitato a ponente dall’attuale molo di sottoflutto
(fanale verde) e a levante dal piazzale san Benedetto, di una
nuova struttura portuale, che impegna complessivamente
176.347 mq, suddivisi in 83.560 mq. di sedimi e 92.787 mq.
di specchio acqueo. Nel bacino portuale si prevedono 674
posti barca equivalenti (PE12) e 62 di transito. Le opere a
terra, suddivise in due aree, sono costituite da due edifici
posti sotto la via Aurelia, destinati a parcheggi e ad attività
commerciali (Aree A e C) ed altri edifici (area B) con funzioni
commerciali, direzionali e di intrattenimento. Sul molo foraneo è prevista una torre di 120 m. di altezza con funzioni residenziali, ricettive e servizi e sull’area D un edificio di 1.746
mq. (c.d. “nuvola”) su tre livelli per spazi espositivi, uffici,
conferenze ecc.; complessivamente le superfici edificabili
ammontano a 18.517 mq. Lo scoglio della Madonnetta, seppur libero, viene compreso nel bacino portuale;
- il Comune di Savona, dopo aver avviato un iter di formale consultazione di associazioni ed organizzazioni diverse,
esprimeva approvazione del nuovo progetto Fuksas del porto turistico della Margonara con delibera n. 55 del 2/12/2008;
- la Regione Liguria con deliberazione della Giunta Regionale
n. 1715 del 11/12/2009, su conforme parere del Comitato
Tecnico Regionale del Territorio n. 150/230 del 16/12/2008
e del Ministero dell’Ambiente con nota del 4/2/2009, esprimeva valutazione negativa in merito al progetto della marina
di Savona e Albissola Mare, in quanto non rispondente alle
prescrizioni formulate dal Ministero dell’Ambiente e del territorio del 18/4/2005 e dalla deliberazione della Giunta Regionale del 29/1/2003 ed in particolare perché non preserva
lo scoglio della Madonnetta, collocandolo all’interno e non
all’esterno delle strutture del porto turistico;
92
squali alla margonara
- in precedenza l’Autorità Portuale aveva convocato altra
conferenza dei servizi che, rinviata su richiesta della Regione, si è svolta in data 16/12/2009 e si è conclusa con
la presa d’atto della deliberazione della Giunta Regionale n.
1715/2009, con un ulteriore rinvio e con la richiesta alla società proponente di aggiornare il progetto sulla base delle
prescrizioni espresse dalla Regione;
- successivamente l’Autorità Portuale inviava alla Regione
il 2/8/2010 uno schema progettuale relativo ad una nuova
ipotesi di porto turistico che prevede una struttura distribuita
tra i comuni di Savona e di Albissola Marina con un bacino
portuale di 630 posti barca, la riduzione di circa il 30% dello
specchio acqueo del porto, lasciando libero lo scoglio della
Madonnetta dal contesto portuale, una superficie edificabile
di 18.800 mq. di residenza , 4.500 mq. di artigianato, 2.150
mq. di ricettivo e 1.850 mq. di commerciale, uffici e servizi;
- la Regione con deliberazione della Giunta Regionale n. 20
del 10/1/2011 ha espresso in merito al suddetto schema
progettuale parere negativo, in conformità alla valutazione
del Comitato Tecnico Regionale del Territorio perché “in contrasto con i principi fondanti il piano di tutela dell’ambiente
marino e costiero”;
- l’Autorità Portuale convocava comunque conferenza dei
servizi deliberante per la formale conclusione del procedimento in una data che veniva poi aggiornata su richiesta della Regione al 26/4/2011;
- in tale sede la Regione esprimeva parere di inammissibilità
all’ulteriore corso del provvedimento relativo sia al progetto
preliminare presentato nel 2008, sia al successivo schema
progettuale trasmesso dall’Autorità Portuale nel 2010 per le
valutazioni espresse dal CTR con voto n. 24 del 18.4.2011;
93
- La Società Porticciolo di Savona e Albissola Marina srl ha
proposto in data 7/6/2011 ricorso n. 674 R.G. al Tribunale
Amministrativo Regionale della Liguria per l’annullamento
del provvedimento di conclusione lavori per realizzazione
porticciolo turistico;
- L’udienza di merito si è svolta in data 11/10/2012, con sentenza n. 01558 depositata in data 30/11/2012 il ricorso é stato respinto ed é stato dichiarato irricevibile il ricorso avverso
determinazione dell’Autorità Portuale;
- In data 05 marzo 2013 la Società Porticciolo di Savona e
Albissola Marina con l’assistenza dell’avv. Angelo Clarizia ha
depositato appello avverso la sentenza del TAR Liguria n.
1558/2012;
- Il ricorso é stato rubricato al n° 1577/2013 e chiama in causa Regione Liguria, Autorità Portuale di Savona, i comuni di
Savona e Albissola Marina, Provincia di Savona, Capitaneria
di Porto e Provveditorato Interregionale delle OO.PP.
La S.r.l. Porticciolo di Savona e Albissola Marina, costituita
con atto in data 1/71999 da Omnia S.p.a e Entreprise Jean
Spada S.A con capitale versato di 10.200 €, suddiviso in
due quote di 5.100 € ciascuna, risulta attualmente presieduta da Gambardella Giovanni mentre il socio Pierre Noiray, Vice Presidente per conto della Società Entreprise Jean
Spada, ha costituito pegno sulla propria quota in favore della
Società Fidar Real Estate di Matti Gianfranco, che assume la
carica di consigliere mentre Pierre Noiray cessa dalla carica
di Vice Presidente. La Società Fidar Real Estate che ha un
capitale versato di 10.000 € e come amministratore unico
Matti Gianfranco è partecipata dalle Società Immobiliare
Darvit S.r.l. e Fidena S.r.l. con capitale versato rispettivamente di 7.500 € e 2.500 €.
Immobiliare Darvit risultava a sua volta partecipata da Ma-
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squali alla margonara
cedonia S.A. basata a Panama, sostituita in data 16/04/2009
da Metodo Immobile S.p.A. mentre Fidena S.p.A. ha un capitale versato di 1.000.000 € e Presidente del C.d.A. De Feo
Paolo.
Le situazioni societarie appaiono alquanto “complesse”.
(dati rilevati da visure camerali in data 22/10/2012)
95
96
squali alla margonara
BIBLIOGRAFIA
- Augé Marc, Nonluoghi. Introduzione a un’antropologia
della surmodernità. Elèuthera, 2009 Milano
- Bey Hakim, T.A.Z. Zone Temporaneamente Autonome,
Shake Edizioni, 1993 Milano
- Black Bob, L’abolizione del lavoro, Nautilus, 1992 Torino
- Diviacco Giovanni/Coppo Stefano, Atlante degli habitat
marini della Liguria. Descrizione e cartografia delle praterie
di Posidonia oceanica, Centro Stampa Offset, 2006 Genova
- Jonas Hans, Il principio responsabilità. Un’etica per la
civiltà tecnologica, Einaudi, 2002 Torino
- Lugaro Bruno, Il fallimento perfetto. Il crac dello stabilimento OMSAV e l’operazione immobiliare della darsena di
Savona, Viennepierre, 2007 Milano
- Méda Dominique, Società senza lavoro. una nuova filosofia dell’occupazione, Feltrinelli, 1997 Milano
- Mojetta Angelo/Ghisotti Andrea, Flora e fauna del Mediterraneo, Mondadori, 2004 Milano
- Preve Marco/Sansa Ferruccio, Il partito del cemento. Politici, imprenditori, banchieri. La nuova speculazione edilizia,
Chiarelettere, 2008 Milano
97
98
squali alla margonara
INDICE
INTRODUZIONE
PAG
5
LA STRATEGIA DEGLI SQUALI
PAG
9
I NEMICI DEGLI SQUALI
PAG
15
L’AREA DELLA MARGONARA
PAG
23
MARGONARA COME T.A.Z.
PAG
31
SAVONA TRA PORTO E CEMENTO
PAG
37
CAPITALISMO: UNA QUESTIONE DI FEDE
PAG
47
DIFENDERE IL PROPRIO SPAZIO DI VITA...
PAG
57
APPENDICE 1 - SCHEDE BIOGRAFICHE
PAG
71
APPENDICE 2 - CRONOLOGIA DEL PORTO
PAG
87
BIBLIOGRAFIA
PAG
97
99
Finito di stampare nel maggio 2013
presso Tipografia Exarkia in Akadimia Street
Atene, Grecia
100
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