palladilardo - Euno Edizioni

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palladilardo - Euno Edizioni
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Antonella Caldarella
PALLADILARDO
illustrazioni
Tiziana Rapisarda
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PALLADILARDO
Titolo originale: Palladilardo
ISBN: 978-88-97085-05-8
© 2010, La casa di Creta
Via Santa Caterina, 51/E
95030 - San Pietro Clarenza (CT)
Tel 095.7547228 / 095.7546762
[email protected]
www.lacasadicreta.it
© 2010, Euno Edizioni
Via Mercede, 25
94013 Leonforte (En)
Tel e fax 0935.901672
[email protected]
www.eunoedizioni.it
Grafica: Centoventuno Servizi Editoriali - Leonforte
Finito di stampare nel novembre 2010
da Arti Grafiche Jesus - Leonforte
Mamma... la porta si è rimpicciolita!!!
Questa è la storia di Gino, un bambino che sta diventando grande... ma dico grande... ma dico... Beh,
come spiegarvelo?
Quando i tuoi migliori amici sono i videogiochi e state insieme TUTTE LE ORE.
Quando i compagni ti canzonano chiamandoti Palladilardo e per consolarti la Mamma ti fa ingozzare
TUTTE LE PORCHERIE CHE VUOI.
Non saresti felice? Dai, la verità!
E se un giorno ti svegli e scopri che non riesci più ad uscire dalla stanza?
Questa è una strana storia, amici miei, un caso particolarissimo. Dentro le pagine di questo libro troverete un bambino veramente GRANDE e una mamma che vuole il meglio per il suo PICCOLINO.
Conoscerete il mitico Mister Smith, misterioso giramondo, chiamato qui per risolvere un problema
che rischia di diventare davvero INCONTENIBILE!
Infine, visto che «si è ciò che si mangia», scoprirete se Gino eviterà di finire FRITTO!
PALLADILARDO è un gustoso racconto che sazierà tutti coloro – piccoli e grandi – i quali, in questi
tempi di consumismo extra-large, hanno fame delle abitudini sane di una volta.
PALLADILARDO è una storia originale che nasce da esperienze autobiografiche, sia come bambina sovrappeso invogliata ad ingozzarsi (Hai mangiato il primo? E il secondo? Vuoi per finire un involtino
di prosciutto con la maionese? Va bene ma, mi raccomando, mangialo col pane!), sia da Mamma di
un bambino di scuola elementare (Mamma, sono l’unico in classe a mangiare frutta per merenda...
tutti gli altri mangiano patatine e brioche... mi vergogno!).
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Questa è la storia di Gino,
ma nessuno lo chiamava così,
da tempo tutti
lo conoscevano come...
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PALLADILARDO!
grasso
È facile capire perché: era un bambino grasso grasso,
come un elefante. Aveva la testa troppo piccola per il suo
corpo, il viso paffuto, le mani grandi e le gambe grosse come
salsicciotti. Ma la cosa più evidente era... la sua pancia: rotonda, rotondissima, morbida, morbidissima.
Era così buffo a vederlo da lontano! Sembrava proprio una
grossa e immensa palla, sì, una grande palla di lardo!
Ormai tutti lo chiamavano così ed avevano persino dimenticato il suo vero nome.
Solo la mamma lo continuava a chiamare Gino.
«Il mio piccolo Gino, Ginetto, Ginuccio, il mio caro e tenero
bambino», diceva sempre sua mamma alla gente. «È un
bambino fantastico, gentile, buono, perfetto e non capisco
perché i suoi compagni continuino a chiamarlo Palladilardo. Sì, è un po’ rotondetto, ma ha preso tutto da me!».
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In effetti, mamma Nina era anche lei grande e grossa come
il suo bambino, non si pesava mai e andava raramente per
negozi a comprare vestiti. Doveva fare tante cose, lei: lavorava in una scuola e poi, quando nel pomeriggio tornava a
casa, doveva rassettare, stirare, spazzare, rammendare e lavare. Le piaceva tanto cucinare, ma non lo faceva mai.
Da quando sotto casa avevano aperto un ipermercato meraviglioso, non cucinava più!
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TUTTO PRONTO!
TUTTO PRONTO!
Pasta al forno, lasagne al pesto, gnocchetti alla sorrentina,
tagliatelle al ragù, riso alla pescatora, pappardelle all’amatriciana.
Bistecche al gorgonzola, brasato con salsiccia, capriolo in
pasta di sale, carpaccio al tonno, castrato in padella, faraona
alla ghiotta, polpette alla fiorentina.
Olive alla diavola, patate alla panna, purè alla carbonara,
piselli al prosciutto, pecorino con pancetta, pasticcio di lardo.
Torta al pistacchio, cassata alla siciliana, crêpes alla nutella,
budino al cioccolato, tiramisù, cannoli alla ricotta.
!
p
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slu
Basta tirare fuori dal frigo una, due, tre, quattro
di queste pietanze, metterle nel microonde e il
pranzo è servito.
Una grande comodità per una donna che fatica
dalla mattina alla sera!
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Gino era un bambino tranquillo, non le aveva mai dato alcun problema, bravo a scuola, gentile con i compagni e a casa nemmeno si
sentiva.
Era sufficiente lasciarlo sul divano, davanti al televisore a guardare i
cartoni animati con un bel pacco di popcorn, oppure con un videogioco e una confezione di patatine, o ancora a giocare con il computer, mangiando un gustoso gelato, e Gino restava fermo lì, buono, per
delle ore.
Non era mai stato attratto dagli sport: pallacanestro, nuoto, calcio,
pallavolo, ginnastica... erano troppo faticosi.
Lui proprio non capiva perché i suoi compagni di scuola corressero
da tutte le parti per fare mille attività sportive; per lui era già una
grande faticaccia alzare la sua gamba, figuriamoci mettersi a fare
flessioni, piegare le ginocchia o saltare. Anche leggere, per Gino, era
molto noioso, certo si trattava di un’attività poco dinamica, e questo
già lo confortava, ma non voleva che la sua testa si affaticasse troppo.
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Palladilardo, Palladilardo,
Pesi un biliardo, pesi un biliardo.
Biscotti e torte ne mangi tante,
Sembri proprio un elefante.
Cantavano i suoi compagni in coro e Gino si dispiaceva tanto.
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La mamma cercava di consolarlo: «Sono bambini invidiosi, per questo ti cantano la canzoncina», diceva rassicurante.
I ragazzini, però, lo canzonavano tutti i giorni all’uscita
di scuola e lui si sentiva sempre più triste e diverso
da loro.
«Gino, tu sei un bambino forte e robusto», diceva la mamma. «È costituzione, non dare
ascolto ai tuoi compagni. Se sono così scortesi
con te, non giocare con loro. E poi... sono bambini di
strada, che urlano, giocano a palla, saltano e corrono da
tutte le parti».
L’unica bambina con cui Gino ogni tanto scambiava
qualche parola era Alice, una ragazzina simpatica e gentile con tutti: aveva un grande sorriso e occhiali blu che le
nascondevano tutta la faccia. Di lei dicevano che fosse una
bambina molto studiosa, e forse proprio per questo
portava gli occhiali!
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Gino era molto felice di stare con lei e, ogni
tanto, la invitava a casa per fare i compiti insieme.
Un giorno, però, accadde un fatto spiacevole:
Alice arrivò a casa di Gino con la sua solita
premura di fare i compiti, perché, dopo, doveva andare a danza.
Gino aveva mangiato così tanto, ma così
tanto che a fatica riusciva a muoversi e,
quindi, gli bastò poco per cadere a terra!
«Aiutami a rialzarmi», chiese Gino ad Alice.
La bambina tirava, tirava e non riusciva ad
aiutarlo. «Sei proprio pesante! Sembri proprio
una... Palladilardo», disse Alice senza pensarci. Anche lei, la sua amica, alla quale voleva tanto bene, lo chiamava Palladilardo!
Gino si adirò così tanto da rivolgerle una serie
di insulti: «E tu sei... una... quattrocchi sbrodolona e chiacchierona!».
Alice, offesa a sua volta, cominciò a canzonarlo con la solita canzoncina che sentiva
sempre da tutti: «Palladilardo, Palladilardo,
Pesi un biliardo, pesi un biliardo. Biscotti e
torte ne mangi tante, Sembri proprio un elefante». E tutta rossa come un pomodoro
scappò via.
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Gino
era così adirato, ma così adirato
che cominciò a piangere a dirotto. La mamma
cercava di consolarlo, ma niente, lui non riusciva a smettere di piangere. Se anche Alice lo aveva chiamato Palladilardo,
voleva dire che era veramente grasso come un elefante. Si sentiva profondamente triste e...
AFFAMATO!
Già, perché a lui accadeva una cosa strana: quando era infelice provava un senso
di vuoto dentro la pancia e doveva subito riempirlo con del buon cibo.
«Mamma... ho fame, ho fame, ho fame! Voglio il panino con l’hamburger e le
patatine, lo voglio, lo voglio, lo voglio!», urlava impazzito. Era la prima volta
che mamma Nina vedeva suo figlio così disperato. Decise, allora, di fare la
cosa che a lei era sempre sembrata «naturale» per consolarlo: lo portò
a mangiare nel posto preferito da Gino, il bellissimo fast food vicino
casa. E uno, due, tre... sette, otto, nove... dodici... quindici...
venti big menu divorati velocissimamente! «Adesso
possiamo andare a casa a dormire», disse
Gino un po’ più tranquillo.
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