GINECOLOGO - linee guida - Studio Legale avv. Paola Ferrari e

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GINECOLOGO - linee guida - Studio Legale avv. Paola Ferrari e
Responsabilità Ginecologo – Le linee guida
2015
Avv. Paola Maddalena Ferrari
I quaderni di Legal Corner
01/12/2015
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I quaderni di LegalCorner
SOMMARIO
Art. 3 l. 189 del 2012 (legge di conversione del c.d. decreto balduzzi) .....................................................................................2
Il testo di riforma in discussione in Commissione Sanità ................................................................................................................2
Il ruolo del medico di fiducia ........................................................................................................................................................................2
Cosa distingue la “colpa grave” dalla “colpa lieve”? ...........................................................................................................................2
Scelta tra opzioni terapeutiche alternative ............................................................................................................................................3
Cosa si intende per linee guida?..................................................................................................................................................................3
le linee guida e raccomandazioni nazionali ...........................................................................................................................................4
La prudenza è il primo limite alle Linee Guida - Cassazione penale 46454 – 23 Novembre 2015 ..............................4
E’ responsabile il medico ginecologo che non consiglia il parto cesareo quando si avvede di una possibile
anomalia dei tracciati fetali? Cassazione penale 11804 - 11 marzo 2014 ..............................................................................5
Responsabile il medico che non fornisce informazioni sugli esami necessari ad accertare l'assenza di
malformazioni del feto – onere della prova - cassazione civile , sez. iii. 24220- 27 novembre 2015 ........................6
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ART. 3 L. 189 DEL 2012 (LEGGE DI CONVERSIONE DEL C.D. DECRETO BALDUZZI)
“L'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e
buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi
resta comunque fermo l'obbligo di cui all'articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella
determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo”
IL TESTO DI RIFORMA IN DISCUSSIONE IN COMMISSIONE SANITÀ
Art. 4. (Responsabilità penale dell'esercente la professione medica o sanitaria).
1. Le prestazioni mediche e sanitarie erogate per oggettive e documentate finalità preventive,
diagnostiche, terapeutiche o riabilitative eseguite nel rispetto delle buone pratiche e delle regole
dell'arte da esercenti la professione medica o sanitaria o da altri professionisti legalmente autorizzati
allo scopo non costituiscono offese all'integrità psico-fisica.
2. Dopo l'articolo 590-bis del codice penale è inserito il seguente:
«Art. 590-ter. – (Morte o lesioni come conseguenze di condotta colposa in ambito medico e sanitario). –
L'esercente la professione medica o sanitaria che in presenza di esigenze preventive, diagnostiche,
terapeutiche o riabilitative, avendo eseguito od omesso un trattamento, cagioni la morte o una lesione
personale del paziente è punibile solo in caso di colpa o di dolo.
Ai fini del primo comma, la colpa sussiste quando l'azione o l'omissione dell'esercente la professione
medica o sanitaria, inosservante delle buone pratiche e delle regole dell'arte, crei un rischio irragionevole e
inescusabile per la salute del paziente, concretizzatosi nell'evento dannoso».
IL RUOLO DEL MEDICO DI FIDUCIA
La struttura è sicuramente responsabile se l’équipe medica che affianca e assiste una partoriente è
negligente, ma lo è anche il medico con il quale la paziente ha instaurato un rapporto di natura privatistica
sia prima che dopo il parto.
Anche in questo caso, il medico ha l’obbligo di informare la paziente se ritiene che la struttura a cui la sta
affidando non è sicura o manchi di qualche importante elemento utile in caso di emergenza, come nel caso
di assenza di un reparto di animazione e/o di emergenza neonatale.
Ne consegue che, nel caso di danni al neonato, ne risponde anche il medico ginecologo se, in
riferimento alle evenienze del parto, abbia indirizzato la partoriente presso una clinica priva delle
necessarie attrezzature ovvero abbia ritardato colpevolmente l’intervento cesareo necessario dopo
l’esito di un esame che avrebbe invece consigliato l’immediato ricovero ( Cass. Civi. sent.
2334/2011).
Nel caso, poi, abbia conoscenza di sofferenza fetale l’intervento di parto cesareo in una struttura attrezzata
per le emergenze deve essere immediato.
È il caso di ricordare che in un caso che presenta alcune analogie con quello di specie, la Corte ha ritenuto
correttamente motivata la decisione di merito la quale aveva qualificato in termini di colpa grave la condotta
del medico ostetrico che, dinanzi a un arresto della progressione del feto non è intervenuto immediatamente.
COSA DISTINGUE LA “COLPA GRAVE” DALLA “COLPA LIEVE”?
La colpa costituisce la violazione di un dovere obiettivo di diligenza, che determina una divergenza tra
la condotta tenuta e quella che era da attendersi sulla base della norma cautelare cui ci si doveva attenere.
E’ necessario valutare quanto fosse prevedibile in concreto la realizzazione dell'evento, quanto
fosse in concreto evitabile la sua realizzazione.
Quando si parla di responsabilità da colpa medica, si distinguono due profili : la colpa lieve e la colpa grave.
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Colpa lieve: si intende la omissione di diligenza o di negligenza, dovuta alle modalità di esecuzione
dell’atto medico ( es. omissione della corretta informazione sugli esiti invalidanti di un intervento
necessario) .
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Colpa grave: si intende invece, il compimento da parte del medico di un errore grossolano, dovuto
specialmente alla violazione delle regole fondamentali e dalla mancata adozione degli strumenti, e
quindi delle conoscenze che rientrano nel patrimonio del medico.
Non ogni condotta diversa da quella doverosa implica colpa grave ma solo quella che sia
caratterizzata da particolare negligenza, imprudenza od imperizia e che sia posta in essere senza
l’osservanza, nel caso concreto, di un livello minimo di diligenza che dipende dal tipo di attività
concretamente richiesto all’agente e dalla sua particolare preparazione professionale.
La valutazione della colpa va sempre valutata riguardo al caso concreto e può consistere:


Omissioni di atti e/o comportamenti clinici ritenuti necessari nel caso concreto al fine di
evitare il danno ;
Azioni cliniche errate, incongrue o negligenti rispetto allo specifico caso clinico.
Di conseguenza, il medico che si sia attenuto alle linee guida non può sempre beneficiare della scriminante
della colpa lieve, prevista dall’ 3 della L. 8 novembre 2012, n. 189 c.d Legge Balduzzi.
È esclusa la responsabilità penale del medico solo nel caso in cui abbia osservato effettivamente le
indicazioni metodologiche elaborate dalla comunità scientifica e le regole fossero applicabili al caso concreto
che era “ non aderente alle linee guida” e, conseguentemente, andava applicato un approccio diverso.
SCELTA TRA OPZIONI TERAPEUTICHE ALTERNATIVE
Quando siano conosciute opzioni terapeutiche alternative – purchè convalidate da sperimentazioni
scientificamente condotte e la cui efficacia non abbia trovato smentite che valgano a porne in dubbio
l’efficacia – non può essere ritenuto in colpa il medico che abbia compiuto una scelta terapeutica
difforme dalle linee guida ma plausibile e responsabile per le caratteristiche specifiche di quel
paziente e con il suo consenso informato.
In sintesi



Va esente da responsabilità penale l’esercente la professione sanitaria si sia attenuto a linee guida
o “buone pratiche” accreditate dalla comunità scientifica
Ma solo se il caso clinico rientri in quelli descritti delle linee guida
I campanelli d’allarme non lascino pensare alla inapplicabilità della linea guida ed alla
necessità di un comportamento diverso. Non può, infatti , considerarsi corretta, virtuosa, o
conforme alle linee guida la condotta del medico che nell'espletamento della propria attività non
tenga in considerazione chiari segnali di pericolo per la salute del proprio paziente, a maggior
ragione se evidenziati dagli accertamenti. In presenza di tali elementi, qualora il medico non ne
percepisca l'effettiva gravità con conseguente danno per il paziente, non si può mai parlare di colpa
lieve.
COSA SI INTENDE PER LINEE GUIDA?
L ’attività del medico è costellata di linee, raccomandazioni e protocolli.
Quali sono obbligatori e quali no?
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
Le linee guida e raccomandazioni definiscono direttive generali relative al compimento di
una determinata operazione clinica, o per la conduzione di una specifica di atto diagnostico o
terapeutico.” Per la loro genericità sono considerate delle indicazioni di massima da adattare al casi
concreto.
Protocolli e Checklist indicano, in senso generale, un predefinito schema di comportamento ed
una sequenza di comportamenti assai ben definiti all’interno di un percorso clinico o terapeutico
considerato fondamentale e/o obbligatorio ( es. procedura di controllo delle garze dopo
un’operazione).
Il principio cardine!


Il medico deve nella pratica dell’arte medica, perseguire come unico fine la cura del malato
utilizzando i presidi diagnostici e terapeutici di cui dispone e non deve farsi condizionare da esigenze
di diversa natura, da disposizioni, considerazioni, valutazioni, direttive che non siano pertinenti
rispetto ai compiti affidatigli dalla legge stante la posizione di garanzia che il medico assume nei
confronti del paziente.
Rimane la possibilità per il giudice di valutare la condotta del medico alla luce del parametro
dell'agente modello e di censurarne l'appiattimento alle linee guida qualora la particolarità
della fattispecie concreta, sottoposta al suo esame, avrebbe potuto imporre o consigliare un
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
percorso diagnostico diverso (Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 11 luglio - 19
settembre 2012, n. 35922).
In tema di responsabilità medica, le linee guida rilevanti ai fini dell'accertamento della colpa ex art.
3 legge n. 189 del 2012, non devono essere ispirate ad esclusive logiche di economicità della
gestione, sotto il profilo del contenimento della spesa, poiché l'efficienza del bilancio può e deve
essere perseguita sempre garantendo il miglior livello di cura, con la conseguenza del dovere del
sanitario di disattendere indicazioni stringenti dal punto di vista economico che si risolvano in un
pregiudizio per il paziente (SENTENZA n. 7951 del 8/10/2013).
LE LINEE GUIDA E RACCOMANDAZIONI NAZIONALI
DANNO
SOFFERENZA
FETALE
linee guida
DATA
DIC-14
raccomandazione per la prevenzione della morte o
DECESSO E
disabilità permanente in neonato sano di peso>2500
DISABILITA' FETO grammi non correlata a malattia congenita
linee guida parto cesareo
AGGIORNAMENTO
2015
MAR-08
raccomandazione per la prevenzione della morte o
disabilità permanente in neonato sano di peso>2500
DECESSO MADRE grammi non correlata a malattia congenita
linee guida per la salute mentale della donna in
gravidanza e dopo il parto
AGGIORNAMENTO
2015
DISTOCIA SPALLA linee guida parto cesareo
linea guida gravidanza fisiologica
AGGIORNAMENTO
2014
linee guida per l’assistenza a partorienti sane e neonati AGGIORNAMENTO
e per la scelta del setting del parto
2015
ERRORE IN
ANESTESIA
GENERALI
linee guida anestesia in ostetricia
linee guida sala operatoria
check list
LA PRUDENZA È IL PRIMO LIMITE ALLE LINEE GUIDA - CASSAZIONE PENALE 46454 –
23 NOVEMBRE 2015
Le "Linee Guida" non esauriscono gli ambiti di riferimento cui deve rapportarsi il medico nella sua
professione che, piuttosto, deve uniformarsi anche alle comuni acquisizioni della scienza medica e a
condotte che presuppongano un'adeguata valutazione dei rischi connessi alla concreta situazione al medico
stesso.
In tema di responsabilità medica, le linee guida - provenienti da fonti autorevoli, conformi alle regole della
miglior scienza medica e non ispirate ad esclusiva logica di economicità - possono svolgere un ruolo
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importante quale atto di indirizzo per il medico; esse, tuttavia, avuto riguardo all'esercizio dell'attività medica
che sfugge a regole rigorose e predeterminate, non possono assurgere al rango di fonti di regole cautelari
codificate, rientranti nel paradigma dell'art. 43 cod. pen. (leggi, regolamenti, ordini o discipline), non essendo
nè tassative nè vincolanti e, comunque, non potendo prevalere sulla libertà del medico, sempre tenuto a
scegliere la migliore soluzione per il paziente.
Con questa motivazione, la Cassazione penale sez. V con pronuncia 46454 depositata il 23 Novembre
2015, ha respinto il ricorso di una ginecologa, confermando la sentenza di condanna per omicidio colposo
disposta dalla Corte d’Appello di Brescia.
IL CASO
Il 2 luglio 2010 verso le 13.50, una ventisettenne e incinta alla 38 settimana, venne accompagnata dal
marito presso il Pronto Soccorso la gravidanza - accusando forti dolori addominali e ricoverata presso il
reparto Ostetricia - Ginecologia con diagnosi di "prodromi di travaglio di parto in 2^ gravida ...
pregressa miomectomia ... pressione arteriosa borderline". La dottoressa misurata la pressione
arteriosa, chiese al Marito di procurarsi la documentazione clinica relativa all’operazione miomectomia
multipla che la paziente aveva subito presso la stessa clinica in quanto non era in grado di procurarsela da
sola. In attesa, applicò il cardiotocografo (dalle ore 13,57 alle 14,45 e poi dalle ore 18,16 alle 19,25). Alle 20
smontò dal turno e la lasciò ad altra dottoressa (anch’essa condannata ma non parte del processo) .
La donna, rimaneva ricoverata in reparto e i dolori non cessarono . Verso le 22 veniva rinvenuta priva di
sensi e quindi immediatamente trasferita in chirurgia per il parto cesareo di emergenza. L'intervento
rivelava però la già avvenuta lacerazione dell'utero e la conseguente morte del feto per asfissia a
seguito del distacco della placenta e perdita, conseguente, della capacità di procreare.
Il medico si difese, sostenendo che le linee guida del Ministero della salute sul parto non
contemplavano il caso di pregressa miomectomia ed aveva affrontato una situazione solo prodromica al
travaglio e, quindi non aveva alcuna urgenza di scegliere tra parto naturale e taglio cesareo.
Ragioni difensive bocciate dalla cassazione, secondo la quale se è vero che le linee guida nazionali non
considerano la miomectomia come ragione elettiva del parto cesareo, il rischio è del tutto noto nella
scienza medica, tanto da presentarsi come uno dei fattori usualmente da considerare, all'esito di
adeguato approfondimento, nella prospettiva di una possibile esclusione del parto naturale.
Non vi è dubbio che, nel caso concreto, l'esito di quella comparazione tra il rischio del parto cesareo e
quello, più altro del parto naturale, doveva orientare, in applicazione di un evidente principio di precauzione,
verso l'immediata esecuzione del parto cesareo l'unica soluzione infatti che, con certezza, avrebbe salvato il
feto e del tutto verosimilmente evitato alla Paziente la perdita della capacità di procreare.
E’ RESPONSABILE IL MEDICO GINECOLOGO CHE NON CONSIGLIA IL PARTO CESAREO
QUANDO SI AVVEDE DI UNA POSSIBILE ANOMALIA DEI TRACCIATI FETALI? CASSAZIONE
PENALE 11804 - 11 MARZO 2014
Quanto alla sussistenza del nesso causale tra la condotta omissiva e l’evento morte del feto, la sentenze
pone in evidenza il fatto che, se la ginecologa avesse per tempo intuito la gravità delle condizioni e avesse,
conseguentemente, anticipato l’intervento di parto cesareo, il feto sarebbe nato vivo (CASSAZIONE
PENALE N. 11804 DELL'11 MARZO 2014) .
IL CASO
La gestante presentava una gravidanza a rischio a causa del suo stato dì ipertensione.
Secondo le risultanze evidenziate nelle sentenze delle Corti di merito, la ginecologa non aveva per tempo
individuato lo stato ipossico cronico del feto, nonostante ciò fosse evidente dai tracciati Cgt e dagli
accertamenti strumentali effettuati (flussimetria) che documentavano una sofferenza fetale.
Dalla sentenza, si evince:
a) che il giorno 20 settembre la Paziente. , avendo operato una sorta di ‘autodiagnosi’ (si sentiva ‘strana’),
giunse nello studio della dottoressa medico di fiducia privato intorno alle 17 30
b) fu visitata e che solo circa 20 minuti dopo fu avviata presso la vicina clinica, che, a quanto pare, alla
raggiunse con le sue gambe.
c) Poiché la donna non era stata, evidentemente, sensibilizzata circa la gravità della sua situazione, non
passò neanche per il pronto soccorso (percorso che avrebbe accelerato i tempi di ricovero), ma si pose
disciplinatamente in fila all’accettazione. Ciò determinò un fatale, ulteriore ritardo dell’intervento chirurgico,
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che, tuttavia, fu immediatamente disposto non appena i sanitari del nosocomio si resero conto della gravità
della situazione.
L'imputata, tra i propri motivi di ricorso, segnalava di essersi attenuta compiutamente agli schemi
diagnostici e terapeutici previsti dall'arte medica, affermando in particolare che le proprie diagnosi si
erano sempre rivelate corrette, di aver fatto sottoporre a numerosi accertamenti la paziente e che, se errore
c'era stato, esso atteneva esclusivamente «all'adattamento delle direttive di massima alle evenienze del
caso concreto». Pertanto la propria condotta non assumeva alcuna rilevanza penale ai sensi dell'articolo 3
della legge 189/2012 (legge di conversione del Decreto Balduzzi).
Secondo la difesa, la dottoressa prescrisse ben 25 esami clinici e che detti esami dettero per lungo periodo
valori rassicuranti in ordine allo sviluppo del feto.
Essi attestavano lo stato di benessere del nascituro. In data 8 e 10 settembre 2004 la ricorrente ebbe ad
eseguire ulteriori controlli, cui seguì un esame di flussimetria. L’esito di tale esame, contrariamente a quel
che ritengono i giudici del merito, evidenziò semplicemente ‘una lieve riduzione delle resistenze al livello
centrale’ e dunque, sostanzialmente, un quadro clinico non preoccupante ma ‘del tutto accettabile’. È pur
vero che il dottor Ro. consigliò ulteriori controlli del benessere fetale, ma si trattò di una raccomandazione
alquanto blanda, perché, come riferito dal medesimo teste in udienza, egli segnalò alla P. che la sua
situazione era ‘un po’ particolare’ e andava seguita con attenzione. Dunque: fino al 13 settembre, le
condizioni della paziente e del feto non destavano particolare preoccupazione. Il (OMISSIS) la ricorrente
sottopose nuovamente la paziente a controllo e l’esito fu, ancora una volta, rassicurante. Solo il 20 dello
stesso mese la R. fu in grado di percepire che le condizioni del nascituro erano peggiorate. Ella quindi
consigliò immediatamente alla P. di recarsi nella vicina clinica (OMISSIS) per l’espletamento del parto
cesareo.
Sul punto la Corte di Cassazione specificava che, sì, l'articolo 3 della legge 189/2012 «esclude la rilevanza
della colpa lieve con riferimento a quelle condotte che abbiano osservato linee guida o pratiche terapeutiche
mediche virtuose, purché esse siano accreditate dalla comunità scientifica» (sulla scia dell'orientamento
giurisprudenziale tracciato dalla sentenza n. 16237/2013), ma che nel caso di specie, alla luce delle
emergenze processuali valutate dalle Corti di merito, tale norma non poteva trovare applicazione e, quindi,
esplicare i propri effetti.
RESPONSABILE IL MEDICO CHE NON FORNISCE INFORMAZIONI SUGLI ESAMI NECESSARI
AD ACCERTARE L'ASSENZA DI MALFORMAZIONI DEL FETO – ONERE DELLA PROVA CASSAZIONE CIVILE , SEZ. III. 24220- 27 NOVEMBRE 2015
La responsabilità del sanitario per violazione dell'obbligo di acquisire il consenso informato discende dal solo
fatto della sua condotta omissiva.
A causa del deficit di informazione (CASSAZIONE CIVILE , SEZ. III. 27 NOVEMBRE 2015, N.24220) il
paziente non sia stato messo in condizione di assentire al trattamento sanitario con una volontà consapevole
delle sue implicazioni (cfr. Cass. n. 16543/2011 e n.12205/15, tra le altre).
IL CASO
I coniugi citavano in giudizio, ginecologo, per sentirlo condannare al risarcimento dei danni, che
assumevano essere loro derivati per la mancata informazione circa le indagini prenatali da
effettuarsi, ovvero comunque effettuabili, nonchè per la mancata diagnosi delle gravi patologie da
cui era affetto il feto di sesso femminile, partorito al termine della gravidanza, che dichiaravano di
non aver riconosciuto quale loro figlia a causa delle suddette patologie.
Si costituiva il convenuto, eccependo di avere informato la paziente che per essere certi in merito
all'assenza di malformazioni del feto, era necessario sottoporsi ad esami invasivi, comportanti un
rischio abortivo e con costo a carico della paziente, la quale aveva preferito non farli.
La cassazione ha accolto le ragioni della paziente.
Il diritto all'autodeterminazione è diverso dal diritto alla salute e che vanno trattate diversamente le
fattispecie in cui il danneggiato lamenti la lesione del primo e/o la lesione del secondo (cfr. da ultimo,
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Cass. 2854/15); ed, a maggior ragione, le fattispecie, come quella in esame, in cui lamenti che dalla lesione
del diritto all'autodeterminazione in tema di scelte diagnostiche, sia conseguita la lesione di altro diritto, quale
quello di interrompere volontariamente la gravidanza, o di autodeterminarsi in merito alla scelta di procedere
o meno a siffatta interruzione.
Corollario di quanto fin qui esposto è che il sanitario, cui incombe l'obbligo di informare il paziente
circa i possibili accertamenti diagnostici utili o necessari in una determinata situazione e circa i rischi ed
i vantaggi a ciascuno connessi, deve dare la prova di avere adempiuto a tale obbligo, restando a suo carico,
in caso contrario, la responsabilità per lesione del diritto del paziente all'autodeterminazione anche in merito
alle scelte diagnostiche.
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