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1. LA COMICITA'
La comicità viene definita come la capacità di provocare il riso, implicita in una situazione casuale,
improvvisa, oppure in una situazione creata appositamente con l'intenzione di far ridere.1
“L'unità del riso e del comico è inscindibile, essendo il primo la reazione, la risposta, insieme
emotiva e corporea, a un meccanismo d'azione o di situazione che il secondo attiva. Non si ride di
niente.” 2
La comicità è un genere trasversale, che si manifesta sia nelle commedie e negli spettacoli specificamente
comici, sia in scene comiche inserite in spettacoli drammatici per sdrammatizzarli, ovvero in film o
documentari per renderli più gradevoli.
La comicità può avere due diversi ed opposti aspetti a seconda delle categorie sociali, definibili come
comicità di ordine superiore (comico fine) e comicità di ordine inferiore (comico volgare).3
Secondo la teoria di Kirchmann, la comicità ha sempre come causa una qualche azione insensata e assurda:
“Se questa assurdità é in misura elevata [...] il comico è volgare, se invece l'assurdità è più coperta
[...] il comico é fine.” 4
Viene quindi sottolineata la differenziazione sociale: la comicità fine riguarda i colti, gli aristocratici di
spirito e di origine, mentre l'altra, quella bassa, la plebe, il volgo e la folla.
Secondo E. Beyer, il comico volgare appartiene al teatro popolare (Volkstùcke) in cui prevalgono i concetti
di tatto, corporeità, comportamento e decenza nell'espressione comica degli attori.5
Per quanto riguarda la comicità fine, secondo nome Volkelt, vi sono le commedie raffinate, o più
precisamente sottili, squisite. Un esempio da lui considerato in questa categoria è la commedia di Scribe Il
bicchiere d'acqua, della quale ammira il dialogo spiritoso e sottile tra Lord Bolingbroke e la duchessa di
Marlborough. Al contrario, la comicità inferiore riguarda tutti i tipi di farsa, di buffonata da saltimbanchi,
di pagliacciata. Alla comicità volgare vengono riferiti elementi farseschi e clownistici come i nasi rossi, i
pancioni, le contorsioni verbali, le zuffe e le baruffe, le bidonate.6
Nelle sue ricerche sulla distinzione tra comico fine e volgare Propp affermava:
“In molti casi, per dividere la categoria estetica («superiore») del comico da quella extraestetica
(«bassa»), si crea una terminologia diversa. Nel primo caso si parla di «comico» e nel secondo di
«ridicolo». Noi non faremo questa distinzione; sono piuttosto i fatti che devono dirci se questa
suddivisione sia o no legittima. Noi riuniamo «comico» e «ridicolo» sotto il termine e il concetto
unico di comicità.” 7
1 Cfr. Giacomo Devoto e Gian Paolo Oli, Il dizionario della lingua italiana, Le Monnier, Firenze, 1990
2
Liborio Termine, Storia del comico e del riso: Itinerari antologici nella cultura e nell'arte, Testo & Immagine,
Torino, 2003, p. 15
3
Cfr. Vladimir Jakovlevič Propp, Comicità e riso: Letteratura e vita quotidiana, Einaudi, Torino, 1988, pp. 8-9
4
V. J. Propp, Comicità e riso: Letteratura e vita quotidiana, Einaudi, Torino, 1988, p. 9
5
Cfr. V. J. Propp, Comicità e riso: Letteratura e vita quotidiana, Einaudi, Torino, 1988, p. 11
6
Ibidem, pp. 9-10
7
Ibidem, p. 12
1
Questa è una definizione moderna della comicità: secondo questa unione di comico e ridicolo, un comico o
un cabarettista oggi non fa più distinzione tra la comicità volgare e quella fine per esprimere la sua comicità
in uno spettacolo.
Una situazione comica provoca il riso e questo può avere una funzione sociale, nel coinvolgere per esempio
un gruppo di amici nel ridere insieme delle battute comiche, degli scherzi o del racconto di un episodio
ridicolo.
“Per comprendere il riso, bisogna riportarlo nell'ambiente naturale che è la società, bisogna sopra
tutto determinare la funzione sociale. […] Il riso deve rispondere ad alcune determinate esigenze
della vita comune; deve avere un significato sociale. […] Il comico nasce quando uomini riuniti in
gruppo dirigono l'attenzione su uno di loro, facendo tacere la loro sensibilità ed esercitando la loro
intelligenza.” 8
Per Bergson, infatti, il riso è un fenomeno sociale, perchè una persona non ride da sola, ma lo fa in un
gruppo di amici. Colui che ride, si mette al servizio delle esigenze di una comunità. Dal riso del singolo di
fronte agli altri nasce lo spirito collettivo e poi esso coinvolge le istituzioni, attraverso le quali la società
crea artificialmente un certo atteggiamento comico, a conferma dell'importanza attribuita dalla coscienza
sociale a questa funzione.9
Una certa distrazione può favorire il riso, provocandolo anche quando un comico non si accorge che un
certo automatismo rigido nei suoi movimenti, nei gesti e nelle battute può essere oggetto di comicità e di
riso:
“Dunque qui vi è una specie d'automatismo che ci fa ridere. […] un automatismo molto vicino alla
semplice distrazione. […] un personaggio comico è tale nell'esatta misura in cui egli ignora di
essere comico. Il comico è incosciente […] un risultato dell'automatismo e della rigidità. Noi
abbiamo una prima visione […] sul ridicolo della natura e sulla funzione comune del riso.” 10
Un esempio cinematografico che evidenzia la funzione sociale del riso ed il suo ruolo nel favorire la
distrazione è quello del famoso film Patch Adams, in cui uno studente universitario assume il ruolo di
clown per far ridere migliaia di bambini malati, grazie all'inconfondibile naso rosso, e distrarli dalla noia
che li coinvolge durante la permanenza nell'ospedale, regolata da norme molto rigide.
Nel film Patch Adams, è evidente il ruolo pedagogico del sorriso, che diventa emblema della capacità di far
star bene gli altri. È proprio il sorriso che trasmette la gioia di vivere, che ci fa dimenticare per un attimo i
problemi e ci trasporta in un mondo di serenità profonda. Il sorriso, è una comunicazione non verbale che
riesce a trasmettere una magica positività agli altri.
È molto importante la funzione educatrice del riso e del sorriso ed è fondamentale che un maestro sappia
far ridere gli alunni durante una sua lezione, evitando che si annoino. Se si usa il sorriso e l'allegria per
trasmettere conoscenze o per spiegare qualche concetto particolarmente complicato, tutto sembra più
semplice e una spiegazione divertente e esclusiva rimane più impressa nella mente degli alunni.
Il riso scaturisce anche dall'umorismo, definibile come:
8
9
Henri Bergson, Il riso: Saggio sul significato del comico, Laterza, Roma-Bari, 1982, p. 7
Cfr. http://digilander.libero.it/gbe/pinocchio_a.htm
2
“attitudine a considerare la realtà sotto aspetti bizzarri o singolari che, muovendo il riso,
consentono una più ampia e umana comprensione di essa.” 11
L’umorismo può essere buono, in quanto la disposizione di sentimento nei rapporti con gli altri, sotto la
ridicolizzazione di piccoli difetti, lascia prevedere una conseguenza fondamentalmente positiva, al
contrario una risata cattiva finalizzata alla presa in giro può risultare offensiva. In questo atteggiamento c’è
un riso bonario che si accompagna proprio all’affetto. Questo si può osservare anche nei bambini, che ci
fanno ridere a cominciare dalla nascita fino agli anni dell’adolescenza.12
Oggi l'umorismo è anche espressione di comunicazione multimediale, perchè esso si diffonde non solo nei
dialoghi tra persone, ma soprattutto nello spedire, nel ricevere e nel pubblicare battute e barzellette scritte e
nel visualizzare delle vignette in numerosi Siti Web.13
Mentre il riso ed in generale l'umorismo sono fine a se stessi, cioè si propongono di provocare un momento
di sereno distacco dall'ansia di altri compiti, la satira si prefigge di evidenziare e criticare situazioni nelle
quali si potrebbe o dovrebbe intervenire nel tentativo di modificarle. In effetti, la comicità permea tutta la
vita e, laddove è impossibile o difficile esprimere direttamente delle critiche verso il potere, il ricorso alla
satira politica consente di diffondere alcune idee.
"Diversamente la satira, definita come ironia militante [...] è fondamentalmente l'utilizzo dei
caratteri dell'umorismo per finalità aggressive. Il suo tono tipico é improntato alla malignità e ha
origini in una cultura «illuministica», borghese, che difende il rango dei suoi ragionamenti. Esiste
quindi un comico a prevalente dimensione discorsiva; un altro - il grottesco - a prevalente
dimensione plastica, corporea; e infine la satira in cui sembra prevalere la modalità grafica o
audiovisiva (in quanto rappresentazione comportamentale).” 14
Uno degli esempi di satira è la critica contro il potere mediatico-televisivo, cioè costituito dai politici come
Berlusconi, Prodi, Bertinotti, che utilizza lo strumento dell'ironia o del sarcasmo per veicolare opinioni ed
analisi sulla società e sui costumi. La satira che viene espressa tramite vignette, testi scritti o battute, o
tramite imitazione dei personaggi politici e televisivi da parte dei cabarettisti e dei comici.
Questa forma di comicità viene trasmessa sfruttando due tipologie di mezzi di comunicazione: quello dei
vecchi media, come i quotidiani o le riviste settimanali come Panorama, e l'altro dei new media, come i Siti
Web e i CD-ROM.
Alcuni esempi multimediali che trattano il genere della satira sono il Sito del famoso vignettista satirico
italiano Giorgio Forattini in collaborazione con la rivista Panorama, e quello del cabarettista Manuel Negro
realizzato per la ditta Eventiduemila, che contiene alcune sue frasi satiriche su personaggi televisivi quali
Michele Cucuzza e Mike Buongiorno.
Un altro esempio multimediale è quello pubblicato dal Sito ufficiale del mensile satirico l'Apodittico per
riferirsi alla comicità dell'ente milanese Zelig in cui sono inserite le battute satiriche più significative dettate
10
H. Bergson, Il riso: Saggio sul significato del comico, Editori Laterza, Roma-Bari, 1982, pp. 12-13
http://www.garzantilinguistica.it
12
Cfr. V.J. Propp, Comicità e riso: Letteratura e vita quotidiana, Einaudi, Torino, 1988, p. 144
13
Rif. http://www.umorismo.info e http://www.umorismo.it
11
3
da alcuni comici nei loro spettacoli. In questo Sito si nota che Zelig organizza molte Serate di satira
politica, in cui i comici, definiti come comici uniti liberi trasgressivi, fanno le loro battute satiriche per
criticare non solo i politici, ma anche la situazione politico-economica generale, quale ad esempio la
disoccupazione della Campania.15
In questi casi si nota la conversione della versione analogica delle espressioni satiriche orali o scritte in
quella digitale, cioè costituita da Siti Web, che le trasmettono ad un vasto pubblico di utenti on-line. La
pubblicazione delle battute satiriche è facilitata dalle forme di governo democratiche, che tollerano la libera
espressione delle opinioni, salvo quelle che possono offendere direttamente i politici, i personaggi televisivi
o vip.
1.1. Il riso e le differenze culturali in Europa
Il riso parte dal concetto di Bergson dell'uomo definito come l'unico animale che sa ridere:
“Non v'è nulla di comico al di fuori di ciò che è proprio umano. [...] Si riderà di un animale, perché
si avrà sorpresa in esso una attitudine d'uomo od un'espressione umana. [...] Parecchi hanno
definito l'uomo «un animale che sa ridere»” 16
Secondo R. Jurenev, esistono molteplici aspetti del riso:
“Il riso può essere gioioso e triste, buono e indignato, intelligente e sciocco, superbo e cordiale,
condiscendente e insinuante, sprezzante e sgomento, offensivo e incoraggiante, sfacciato e timido,
amichevole e ostile, ironico e sincero, sarcastico e ingenuo, tenero e rozzo, significativo e gratuito,
trionfante e giustificatorio, spudorato, imbarazzante […] allegro, malinconico, nervoso, isterico,
beffardo, fisiologico, animalesco. Forse anche un riso tetro.” 17
Quindi il riso è caratterizzato da innumerevoli sfumature nel tono e nell'atteggiamento, in quasi tutte le
manifestazioni; in particolare possono essere ridicoli l'aspetto fisico e quello psicologico dell'uomo, il suo
viso, la sua figura, i suoi movimenti.18
“[…] comici possono essere i ragionamenti in cui egli si dimostra corto di intelligenza; un campo
particolare di derisione è costituito dal carattere dell'uomo, dall'ambito della sua vita morale, delle
sue aspirazioni, dei suoi desideri e dei suoi fini. […] possono nella vita diventare oggetto di riso la
vita fisica, intellettuale e morale dell'uomo.” 19
Il riso è casuale e può avvenire in presenza di due grandezze: di un oggetto ridicolo e di un soggetto che
ride, cioè dell'uomo. La difficoltà per verificare la casualità del riso sta nel fatto che uno stretto
collegamento tra oggetto comico e uomo non è né scontato né automatico, perché può succedere che se un
uomo ride, l'altro non ride per il suo atteggiamento serio e contrario alla comicità.20
Si possono evidenziare delle diversità nazionali storicamente determinate dell'Europa:
14
G ian Paolo Caprettini, Colpi di testo. Narrazioni, cinema, media, ETS, Pisa 2005, paragrafo 2 del capitolo “Il
comico come genere trasversale”
15
Cfr. http://www.apodittico.com/articoli/articolo.asp?id=390
16
H. Bergson, Il riso: Saggio sul significato del comico, Laterza, Roma-Bari, 1982, pp. 4-5
17
V.J. Propp, Comicità e riso: Letteratura e vita quotidiana, Einaudi, Torino, 1988, p. 15
18
Cfr. V.J. Propp, Comicità e riso: Letteratura e vita quotidiana, Einaudi, Torino, 1988, p. 17
19
V.J. Propp, Comicità e riso: Letteratura e vita quotidiana, Einaudi, Torino, 1988, p. 17
20
Cfr. V.J. Propp, Comicità e riso: Letteratura e vita quotidiana, Einaudi, Torino, 1988, p. 19
4
“il riso francese si distingue per finezza e spirito (Anatole France), quello tedesco per una certa
pesantezza (le commedie di Hauptmann), quello inglese per una vena ora bonaria, ora caustica
(Dickens, Bernard Shaw), quello russo per amarezza e sarcasmo (Griboedov, Gogol', SaltykovŠčedrin).” 21
In questo senso è evidente che nell'ambito di ciascuna cultura nazionale diversi strati sociali hanno un loro
diverso senso dell'umorismo e diversi mezzi per esprimerlo. Inoltre, è possibile considerare le
differenziazioni di carattere individuale, poiché vi sono delle persone che sono più propense al riso ed altre
meno. Per esempio sono propensi al riso i giovani e meno propensi gli anziani, anche se non sono una rarità
i giovani tetri e vecchietti e vecchiette allegre. Il riso può essere anche una manifestazione di amore per la
vita e di gioia di vivere se esso riguarda le persone propense al riso.22
Per quanto riguarda le persone meno propense al riso, esistono categorie di persone profonde e serie che
non ridono, non per aridità interiore, ma proprio per la natura elevata dei loro sentimenti e dei loro pensieri.
In particolare, il riso è escluso dall'ambito della religione ed in particolare l'elemento del riso e del comico è
completamente assente nella letteratura scritta antica russa, poiché il riso in chiesa durante un servizio
religioso sarebbe apparso come un peccato. Tuttavia, il riso e l'allegria non sono incompatibili con tutte le
religioni: quest'incompatibilità è caratteristica dell'ascetica religione cattolica, ma non di quelle
dell'antichità, come quella greca pagana con i suoi riti dionisiaci e saturnali, ed anche il popolo cattolico
poteva celebrare le sue feste gioiose di derivazione pagana. Oltre alla religione, il riso può essere
incompatibile con un grande dolore e una grande sofferenza provata da una persona che si ammala
gravemente o che può avere un problema serio.23
1.2. La comicità nel ridicolizzare i difetti dell'aspetto fisico
Un tema di comicità molto diffuso è quello dei grassoni, che evidentemente appaiono ridicoli. Secondo
Bergson:
“è comica qualsiasi manifestazione della natura fisica della persona, quando riguarda invece il suo
lato spirituale.” 24
Un esempio storico di questa critica è quello avvenuto nella Rivoluzione sovietica del 1917 proprio
nell'evidenziare la grande differenza sociale tra i ricchi che mangiano molto ed ingrassano ed i poveri che
lavorano molto e sono magri e affamati. Nei primi anni della rivoluzione russa i borghesi, i proprietari
terrieri ed i poliziotti venivano sempre rappresentati come grassi ed appartenenti ad una ristretta categoria
sociale di alto reddito, in contrapposizione con quella molto più ampia di basso reddito. In questo caso
l'effetto comico viene usato a fini satirici: una grossa pancia di un ricco cresciuto con una vita pigra e sazio
a spese di coloro che dovevano lavorare molto per gli altri e si nutrivano poco per carenza di soldi.25
Il cibo, il fattore che rende grassi quei ricchi, è al primo posto di un tema più diffuso nella letteratura
satirica e umoristica. Di solito l'atto del mangiare di per sé non è particolarmente comico, ma lo può
21
V.J. Propp, Comicità e riso: Letteratura e vita quotidiana, Einaudi, Torino, 1988, p. 20
Cfr. V.J. Propp, Comicità e riso: Letteratura e vita quotidiana, Einaudi, Torino, 1988, pp 20-21
23
Ibidem, p. 23
24
V.J. Propp, Comicità e riso: Letteratura e vita quotidiana, Einaudi, Torino, 1988, p. 33
25
Cfr. V.J. Propp, Comicità e riso: Letteratura e vita quotidiana Einaudi, Torino, 1988, p. 34
22
5
diventare quando viene sottolineato in determinate circostanze, per esempio nei commensali descritti da
Gogol', che non si limitano a mangiare nelle normali ore di pasto, ma anche a qualsiasi ora del giorno e
della notte.26 Con motivazioni diverse rispetto a quelle della comicità del mangiare, nasce la comicità del
bere e dell'ubriachezza. L'ubriachezza fa ridere solo nel caso che non sia totale.
In alcuni casi può essere ridicolo il corpo umano nell'aspetto generale e anche nelle sue parti, come il viso,
il naso, i capelli, i baffi e le barbe descritti nei racconti di Gogol'; quasi sempre sono ridicole le funzioni
fisiologiche involontarie del corpo stesso come soffiare il naso, emettere singhiozzi o rutti prolungati.
1.3. La mimica ed il corpo
La mimica ha il riferimento costante e irrinunciabile alla fisicità e al corpo. Non esiste la mimica senza
corpo e la centralità del corpo è il veicolo e l'attore della mimica. È di fondamentale importanza il corpo
che produce l'arte. La mimica è il metodo di lavoro di espressione dell'attore comico e cinematografico.
“Il termine mimica […] viene in genere adoperato come termine tecnico nella critica teatrale e
cinematografica per esprimere gli atti espressivi a carattere motorio (mimica corporea, mimica
facciale dell'attore). [...] ogni mimica è un concreto atto fisico.” 27
Gli esempi di azione di mimica dell'attore sono quelli di fingere, immedesimarsi in dei ruoli, improvvisare
davanti al pubblico, controllando le proprie capacità espressive in modo che il pubblico abbia
un'impressione determinata dai suoi gesti e dalle sue parole. L'attore deve estendere il controllo delle sue
capacità espressive sulle emozioni, i sentimenti, i pensieri e le idee e veicolarle attraverso lo strumento
della mimica. Più precisamente, il veicolo varia a seconda del tipo di attore e del tipo di arte che esprime
pienamente. Nel teatro di movimento egli utilizza solo il corpo, nel teatro di parola egli utilizza
principalmente la voce e il corpo; in televisione e nel cinema utilizza sia la voce che il corpo che
l'espressione facciale. Nel suo lavoro di espressione, l'attore deve far in modo che certi sentimenti, pensieri,
idee o emozioni vengano correttamente decifrati dai suoi gesti, dalla sua voce, dal suo sguardo. La mimica
è il mezzo di espressione tramite cui viene ottenuto questo risultato finale.28
Un notissimo esempio è quello di Antonio De Curtis, detto Totò, con la sua mimica inimitabile e popolare,
con quell'atteggiamento ironico e beffardo che lo portava a ribaltare la reazione alle abitudini di ogni
giorno, alle regole, alle convenzioni di ogni tipo, ad ogni sorta di ipocrisia, d'ingiustizia e di
mortificazione.29
1.4. Varie forme di comicità
La comicità può essere espressa in numerose forme ed in questo paragrafo vengono descritte alcune delle
forme più importanti, che possono appartenere principalmente a due gruppi: l'esagerazione comica e
l'aspetto linguistico del gioco di parole.
L'esagerazione comica riguarda un piccolo difetto che viene amplificato in senso grossolano e comico e ad
esso appartengono alcuni concetti: parodia, caricatura, iperbole, grottesco.
26
V.J. Propp, Comicità e riso: Letteratura e vita quotidiana, Einaudi, Torino, 1988, p. 36-38
http://www.cdrc.it/mmcmpa.html
28
Cfr. http://www.cdrc.it/mmcmpa.html
27
6
L'aspetto linguistico del gioco di parole utilizza i seguenti concetti, simili tra di loro: paradosso, ironia,
sarcasmo.
Inoltre si tratterà della farsa, che ha origini greche derivando dal Carnevale e dalle feste greche
primaverili, della satira e del linguaggio corporeo basato sulla mimica.
1.4.1. L'esagerazione comica
Secondo Borev, la parodia è:
“esagerazione comica nell'imitazione, una riproduzione marcatamente comica delle caratteristiche
particolarità individuali della forma di questo o quel fenomeno, che ne mette a nudo la comicità e ne
sminuisce il contenuto. La parodia consiste nell'imitazione delle caratteristiche esteriori di un
qualsiasi fenomeno di vita (le maniere di una persona, i procedimenti artistici, ecc…[...] La parodia
tende a dimostrare che dietro le forme esteriori di un principio spirituale non c'è nulla, che dietro di
loro c'è il vuoto. La parodia è uno degli strumenti più potenti di satira politica Alla parodia sono
strettamente collegati i diversi procedimenti dell'esagerazione. L'esagerazione è comica soltanto se
mette a nudo un difetto.” 30
La parodia è molto diffusa nei film - comici e non - della storia del cinema italiano e anche di quello
americano. Uno degli esempi più noti di parodia nel cinema comico italiano è quello evidenziato in alcuni
dei film legati alla figura del ragioniere Fantozzi, come per esempio Paolo Villaggio e l'impiegato medio
italiano, con la famosa parodia sull'impiegato medio, e Fantozzi nel 1975. In quest'ultimo, la parodia si
manifesta nell'esagerazione di alcuni difetti della vita quotidiana degli italiani, come la fretta di uscire di
casa per recarsi al lavoro: a tal fine, Fantozzi emette dei tic nervosi, mangia grossi bocconi della colazione
in gran fretta, si fa aiutare dalla moglie per mettere le scarpe, salta dal balcone dell'appartamento per
prendere in tempo il bus, ecc.
Alla parodia sono strettamente collegati i diversi procedimenti dell'esagerazione comica, a partire dalla
definizione generica di caricatura fornita dal dizionario on-line Garzanti:
“rappresentazione (disegno, incisione o pittura) in cui i tratti caratteristici del soggetto sono
esagerati o distorti per produrre un effetto comico o grottesco.” 31
Una definizione più approfondita di caricatura viene citata nel libro di Gian Paolo Caprettini:
“La caricatura […] è una «accentuazione innaturale» […] che è propria e che appunto consiste nel
caricare uno o più dettagli, soprattutto del volto, talora creando una sproporzione altrettanto
innaturale fra la testa e il resto del corpo. La caricatura, proprio in questa sua difformità rispetto
all'originale, determina un effetto di comicità, grottesco, satirico o ironico e quindi può essere intesa
come figura retorica visiva che persegue un'eccessiva chiarezza espressiva. Quindi siamo più
precisamente in presenza di un'immagine iperbolica; con essa si raffigurano i volti, le persone molto
al di sopra o molto al di sotto di ciò che sono; con l'intenzione […] di condurre alla verità. Esempi
[…] provengono dalla satira politica grafica, [...], con la sua volontà dissacrante di deformare,
29
Cfr. http://cinesperienza.altervista.org/toto.html
V.J. Propp, Comicità e riso: Letteratura e vita quotidiana, Einaudi, Torino, 1988, pp 72-75 e 77
31
http://www.garzantilinguistica.it/interna_ita.html
30
7
esasperare e ridicolizzare. Sotto questo aspetto la caricatura è un gesto grafico graffiante,
«militante» contro le persone influenti, contro chi detiene il potere. In questo caso il compito della
caricatura è quello […]tende a sminuire il valore di ciò che rappresenta.” 32
Il libro Una tivù da ridere, dal quale è stata tratta questa citazione, presenta delle caricature grafiche di vari
personaggi televisivi e politici, come Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Claudio Bisio. In tutte queste immagini
si nota che il viso del personaggio è disegnato in dimensioni più grandi rispetto al resto del corpo per
evidenziare un difetto o pregio fisico, o certi tratti somatici, o ancora certi atteggiamenti o aspetti del
carattere.
Altra forma di esagerazione comica è l'iperbole.
“Essa è in realtà una varietà della caricatura. Nella caricatura c'è l'esagerazione di un particolare,
nell'iperbole del tutto. L'iperbole è comica soltanto quando sottolinea qualità negative, non quelle
positive, ciò che si vede molto chiaramente nell'epos popolare.” 33
Un esempio dell'utilizzo dell'iperbole satirica o comica nel creare l'effetto umoristico è fornito dal modo di
comunicare la comicità da parte dei personaggi disegnati dal noto vignettista torinese, Dino Aloi. In linea
con la definizione di immagine iperbolica proposta da Caprettini, anche nei personaggi di questo vignettista
sono messe in risalto le qualità negative, come la dipendenza da sentimenti quali l'odio, la cattiveria, il
cinismo.34
Il grado estremo di esagerazione è quello del grottesco, che rappresenta qualcosa di innaturale, deforme nel
corpo, paradossale e inspiegabile nel suo significato, tale da suscitare reazioni contrastanti.35
Secondo Caprettini, la comicità
“non è soltanto la reazione di fronte a qualcosa che fa ridere, ma deriva da una consapevolezza più
durevole che è quella [… ] che bisogna ridere.” 36
Il grottesco è pertanto uno degli aspetti della comicità che origina da una sproporzione tra gli elementi della
rappresentazione obiettiva di un personaggio o di una situazione non propriamente comica e la sua
realizzazione parodistica o satirica. La caratteristica del grottesco è di essere
“inscritta nel corpo, non nella parola, è pre-linguistica. Ciò è comico corporeo, grottesco, non è
legato all'arguzia del ragionamento, non é il frutto dall'esibizione di qualcosa che ci rende
stupefatti, che ci sorprende: una percezione visiva generata dall'irregolarità, dalla difformità. Nel
grottesco c'è comunque condivisione, complicità, adesione estetica.” 37
Michail Bachtin sottolinea la concezione medievale di grottesco, che consiste nell'abbassamento, cioè nel
trasferimento di ciò che è astratto, spirituale e alto, sull'aspetto materiale e corporeo: l'elemento corporeo
viene esagerato in tono infinito e grandioso. Il grottesco viene quindi espresso in senso positivo ed allegro,
32
Gian Paolo Caprettini, (a cura di) Una tivù da ridere: Cinquant’anni di satira nella/sulla televisione italiana,
Ananke, Torino 2004, p. 252
33
V.J. Propp, Comicità e riso: Letteratura e vita quotidiana, Einaudi, Torino, 1988, p. 79
34
Cfr. http://www.dinamotorino.it/articoli.asp?id_art=463
35
Cfr. G. Devoto e G. C. Oli, Il dizionario della lingua italiana, Le Monnier, Firenze, 1990
36
G. P. Caprettini, Colpi di testo. Narrazioni, cinema, media, ETS, Pisa, 2005, paragrafo 2 del capitolo “Il comico
come genere trasversale”
37
Ibidem
8
e l'aspetto materiale e corporeo è universale, di tutto il popolo nel suo insieme, e non dal singolo individuo.
Quest'aspetto riguarda la fertilità, la nascita, la crescita in sovrabbondanza in riferimento alla vita rurale del
Medioevo, e si esprime in maniera gioiosa con le feste, i banchetti, il Carnevale e le farse.38
A differenza delle regole della comicità moderna, nella concezione medievale il corpo grottesco non è
separato dal resto del mondo, non è chiuso, ma esce dai propri limiti. Esso evidenzia le parti che sono
aperte al mondo, come bocca spalancata, organi genitali, seno, fallo, grosso ventre, naso.39 Il manifestarsi
della concezione del corpo si esprime pienamente nelle forme di comicità da fiera e, più in generale, di
comicità di piazza nel Medioevo e nel Rinascimento. Ancora oggi questa concezione viene espressa in
maniera più debole e alterata in molte forme di comicità delle fiere e dei circhi. La concezione del corpo
nell'epoca moderna si distacca da quella espressa in modo più accentuato nel periodo medievale, per i
mutamenti nel rapporto tra corpo e psiche, teorizzati da René Descartes e avvenuti già nel Seicento.
Successivamente, il grottesco romantico, che viene definito come grottesco da camera, sembra essere come
un Carnevale vissuto da un individuo in solitudine. In questo contesto c'è stata una trasformazione
importante del principio di comicità. Il riso è ridotto e assume la forma di humour, di ironia e sarcasmo.
Da humour deriva il termine generale di umorismo. L'elemento rigeneratore positivo del principio di
comicità viene ridotto al minimo e perde il suo tono gioioso e gaio perché adesso si riflette sul carattere
universale del riso, sulla sua concezione del mondo, estesa in tutto il grottesco e si celebra la forza
liberatrice, ma non quella rigeneratrice.40
Di un'altra figura grottesca, quella dell'istrione medievale, si tratterà nel secondo capitolo.
La farsa è di antica derivazione teatrale, estesa anche al cinema ed alla televisione. Tale espressione
comica è caratterizzata da un aspetto comico grossolano, spesso con espedienti dozzinali e di dubbio gusto,
con l’unico scopo di suscitare il riso.41
La farsa è una forma di comicità popolare, che può manifestarsi in diverse occasioni, come durante il
Carnevale. Nel passato essa veniva celebrata in piazza e coinvolgeva tutto il paese. Per il popolo, la farsa
era la sua importante occasione,
“in quanto esso poteva, finalmente, far sentire la propria voce attraverso i suoi personaggi e le sue
maschere tipiche. La farsa era un momento molto atteso da chi voleva cogliere l'occasione per
mettere a nudo abitudini e difetti della gente comune. Ma, la farsa poteva anche essere utilizzata come
riscatto sociale, fornendo al povero una rivincita contro il ricco, al servo una rivincita contro il
padrone, al soldato contro il capitano. Il genere farsesco, oggi è un po' disusato, sebbene molti
personaggi tipici ricorrano, ancora, nello spettacolo di rivista e nelle scenette comiche televisive.
Nell'era di Internet e di villaggio globale si sente il bisogno di confrontarsi solo con i modelli che i
grandi mezzi di comunicazione di massa ci offrono. Le vicende locali non entrano più, come una volta,
38
Cfr. L. Termine, Storia del comico e del riso: Itinerari antologici nella cultura e nell'arte, Testo & Immagine,
Torino, 2003, pp. 35-36
39
Ibidem, p. 39
40
Ibidem, pp. 47-48
41
Cfr. G. Devoto e G. C. Oli, Il dizionario della lingua italiana, Le Monnier, Firenze, 1990
9
nelle coscienze delle persone. Ma c'è da chiedersi: che cosa sono le esilaranti satire politiche del
Bagaglino, se non la versione televisiva della antica ed eroica farsa teatrale?” 42
Un elemento caratteristico del Carnevale è costituito dalle sfilate nelle strade, con i personaggi dagli aspetti
grossolani caratteristici nei costumi oppure fatti con cartapesta ed esposti su carri e delle maschere tipiche
come Pulcinella, Arlecchino, Pantaleone e Gianduia.
A proposito dello spirito comico del Carnevale, Umberto Eco afferma: “il comico pare popolare,
liberatorio, eversivo; perché dà licenza di violare la regola.” Il Carnevale ha questo significato comico ed
ha luogo solo una volta all'anno perchè, come ben noto, esso viola la regola per il suo atteggiamento
liberatorio, quello di non prendere sul serio le regole rigide della politica e della vita della società, per
distrarsi, divertirsi e burlarsi di tali regole.
Il Carnevale mette a nudo, in tono satirico, i difetti e le abitudini non solo della gente comune, ma anche
dei personaggi televisivi e politici famosi, come per esempio Berlusconi. Ancor oggi, in alcuni paesi
italiani si evoca, anche se in maniera più limitata rispetto al passato, la tradizione popolare di celebrare il
Carnevale, con le maschere che si ritrovano in piazza e spesso con delle sfilate di carri allegorici. Dal punto
di vista organizzativo, nell'era di Internet e delle nuove tecnologie è possibile scambiare informazioni sul
Carnevale, sulle date e sulle modalità di celebrazione sui Siti ufficiali dei Carnevali di alcuni paesi, come
Viareggio, Cento o Putignano.43
Rispetto al passato essi non sono più la festa solo del popolo di quel paese, ma raggiungono un livello
internazionale, attirando ogni anno numerosissimi turisti da molte regioni italiane ed anche dall'estero.
1.4.2. L'aspetto linguistico del gioco di parole
“La lingua costituisce un grande arsenale di strumenti di comicità e di derisione.” 44
Quindi l'arsenale linguistico della comicità si basa su un gioco articolato di parole che un comico può
utilizzare per ridicolizzare una persona, un oggetto con le sottigliezze. Fanno parte di questo arsenale le
forme della comicità: il paradosso, l'ironia e il sarcasmo.
Sui concetti di paradosso e di ironia, Propp scrive:
“[...] i paradossi, cioè quei giudizi in cui il predicato contraddice il soggetto o la definizione il
definito. Esempio: “Tutti gli intelligenti sono sciocchi, e soltanto gli sciocchi sono intelligenti.” [...]
Vicina al paradosso è l'ironia. […] Se nel paradosso concetti che si escludono a vicenda vengono
riuniti nonostante la loro incompatibilità, nell'ironia si esprime con le parole un concetto, ma se ne
sottintende (senza esprimerlo a parole) un altro, ad esso opposto.” 45
Le parole possono essere detto in senso positivo, pur volendo esprimere qualcosa di negativo, ad esso
opposto. Quindi l'ironia critica allegoricamente i difetti di colui di cui si parla con sottigliezze verbali,
senza l’impiego di un tono pesante e cattivo, ma sottile e leggero.46
42
http://www.folclore.it/Articoli/VwAr.asp?Id=13
Rif. http://www.viareggio.ilcarnevale.com , http://www.carnevalecento.com , http://www.carnevalediputignano.it
44
V.J. Propp, Comicità e riso: Letteratura e vita quotidiana, Einaudi, Torino, 1988, p. 109
45
Cfr. V.J. Propp, Comicità e riso: Letteratura e vita quotidiana, Einaudi, Torino, 1988, pp. 114-115
46
Ibidem p. 115
43
10
“Essa costituisce uno degli aspetti della derisione, e in questo sta la sua comicità. […] L'ironia è
particolarmente espressiva nel linguaggio parlato, quando essa si avvale di una particolare
intonazione canzonatoria. […] Bellissima pozzanghera. È qui tipico il tono esclamativo, proprio
dell'ironia. Comici possono essere anche gli errori di lingua, se essi mettono a nudo un difetto del
pensiero.” 47
Tutti questi elementi delle varie forme di comicità si esprimono in senso figurativo ed espressivo con
l'aggiunta di immagini visive. Quindi è di fondamentale importanza come fattore di comicità l'espressività
della lingua.
Il sarcasmo, generalmente, viene descritto come una ironia divenuta aspra e brutale o troppo chiaro o noto.
Un esempio tipico di sarcasmo avvelenato è quello del cinico Diogene:
“Ad un calvo che lo ingiuriava Diogene replicò: «Non vorrei insolentirti ma mi rallegro coi tuoi
capelli, che hanno fuggito una testa indecente»” 48
L'obiettivo del sarcasmo è quello di attaccare astutamente un interlocutore in modo da mortificarlo,
umiliandolo e deridendolo con un tono aspro e pesante al fine di ridurre al silenzio ogni sua opposizione. In
questo confronto verbale, che può essere duro e pungente, il divertimento riguarda esclusivamente un solo
interlocutore o un gruppo ristretto di partecipanti, mentre per l'altro (o gli altri) rimangono soltanto risa di
scherno.49
47
V.J. Propp, Comicità e riso: Letteratura e vita quotidiana, Einaudi, Torino, 1988, pp. 115-116
http://guide.supereva.com/ironia/interventi/2005/01/194093.shtml
49
Cfr. http://guide.supereva.com/ironia/interventi/2005/01/194093.shtml,
48
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