i solai - Fabrizio Paolacci

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i solai - Fabrizio Paolacci
Corso di
PROGETTO DI STRUTTURE
Edifici in cemento armato:
Il solaio
Fabrizio Paolacci
Ricercatore di Tecnica delle Costruzioni
Università degli Studi Roma Tre, Dipartimento di Strutture
F.Paolacci – corso di Progetto di Strutture
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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI – ROMA TRE
Dipartimento di Ingegneria
F.Paolacci – corso di Progetto di Strutture
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PREMESSA
Questo scritto raccoglie parte del materiale utilizzato nel corso di Progetto di Strutture da me tenuto dal 2005 a
oggi presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi Roma Tre. In esso viene prestata particolare
attenzione ad edifici in cemento armato, tipologia assai diffusa nel panorama delle costruzioni recenti, la quale
rappresenta un punto di riferimento per lo strutturista moderno.
L’approccio progettuale qui adottato si rifà alle attuali norme tecniche per le costruzioni (D.M. 14.01.2008) e
quindi a un approccio di tipo prestazionale, basato sul metodo semi-probabilistico agli stati limite.
Il progetto di edifici in c.a. è qui trattato fin nei minimi dettali, sia con riferimento agli stati limite ultimi sia a
quelli di esercizio (fessurazione, deformazione) e vengono fornite le basi per una progettazione ragionata e
attenta degli elementi strutturali e dell’organismo strutturale nel suo insieme.
Le esercitazioni svolte durante gli anni, sono un utile strumento didattico, che ho adoperato con molta
convinzione e che ho utilizzato anche nel presente testo. Gli argomenti sono, infatti, corredati da esercizi svolti
che dovrebbero mettere in grado il futuro progettista di utilizzare gli strumenti di calcolo forniti durante le
lezioni, in maniera più proficua.
Ogni scritto presuppone uno sforzo notevole che deve coinvolgere in primis il docente, ma anche gli studenti
che con il loro apporto e continua interazione hanno contribuito proficuamente alla definizione degli argomenti
qui trattati.
Per una più facile comprensione degli argomenti, gli appunti sono stati suddivisi in diverse parti, ognuna delle
quali riguardante una specifica parte degli organismi strutturali in cemento armato. Il presente scritto è dedicato
al solaio in latero cemento, tipologia particolarmente diffusa e utilizzata nella pratica progettuale.
Fabrizio Paolacci
Università degli Studi Roma Tre
Dipartimento di Ingegneria
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI – ROMA TRE
Dipartimento di Ingegneria
F.Paolacci – corso di Progetto di Strutture
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Indice
1.
INTRODUZIONE.............................................................................................................. 5
2.
LA MODELLAZIONE STRUTTURALE DEL SOLAIO ............................................ 12
3.
LA SCELTA DEI MATERIALI E IL PREDIMENSIONAMENTO DEL SOLAIO 16
4.
L’ANALISI DEI CARICHI E LORO COMBINAZIONI............................................. 19
4.1.
Determinazione del peso proprio ................................................................................. 19
4.2.
Determinazione del sovraccarico permanente ............................................................... 21
4.3.
Determinazione dei sovraccarichi accidentali ................................................................ 23
4.4.
Determinazione del carico della Neve ........................................................................... 23
4.5.
Combinazioni di carico ................................................................................................. 25
5.
IL PREDIMENSIONAMENTO DELLE ARMATURE .............................................. 30
6.
IL DIAGRAMMA DEI MOMENTI RESISTENTI ...................................................... 31
7.
DISPOSIZIONE DELLE ARMATURE : DETTAGLI COSTRUTTIVI .................... 34
7.1.
Armatura Longitudinale Inferiore ................................................................................. 34
7.2.
Armatura longitudinale superiore.................................................................................. 36
7.3.
Sbalzi ............................................................................................................................ 37
8.
CALCOLO DELLA ZONA PIENA ................................................................................ 38
9.
ANCORAGGIO DELLE ARMATURE .......................................................................... 41
10. ULTERIORI INDICAZIONI PROGETTUALI ........................................................... 42
11. RAPPRESENTAZIONE GRAFICA ............................................................................... 42
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INTRODUZIONE
Il solaio è un elemento strutturale fondamentale la cui principale funzione è quella di
trasferire i carichi e i sovraccarichi verticali alla struttura portante. In zona sismica il solaio
può assumere anche la funzione aggiuntiva di trasferire le forze inerziali di piano alla
struttura principale, sotto l’ipotesi che esso sia sufficientemente rigido nel proprio piano.
Secondo le regole di buona progettazione, insite in genere nelle indicazioni normative, un
solaio deve essere realizzato in maniera da possedere i seguenti requisiti:
•
•
•
•
•
•
•
Resistenza meccanica necessaria per i carichi cui è sottoposto;
Sufficiente resistenza al fuoco
Limitata deformabilità;
Facilità di posa in opera;
Possibilità di collegamento monolitico con la restante struttura;
Buone caratteristiche di isolamento termico;
Buone caratteristiche di isolamento acustico;
I materiali utili alla realizzazione di un solaio sono molteplici e molteplici sono le soluzioni
costruttive possibili. I primi solai ad essere realizzati furono solai in legno (Fig.1.1). Una
soluzione costruttivamente facile, ma che generalmente prevedeva spessori utili elevati, alta
deformabilità meccanica, facilità di usura per effetto di agenti esterni, scarse caratteristiche di
isolamento termico ed acustico, facilità di incendio. Altra nota dolente dei solai in legno è la
scarsa possibilità di collegamento con la restante struttura portante che li rende così poco
adatti per costruzioni in zona sismica; se non ben curati infatti, i collegamenti non sono in
grado di trasmettere adeguatamente le forze inerziali di piano con conseguente mal
funzionamento dell’intero organismo strutturale.
Fig.1.1 – Solaio in legno
Fig.1.2 – Solaio in ferro con voltina di mattoni
La tipologia dei solai in acciaio (Fig.1.2), che seguì quella in legno, oltre a mantenere la
facilità di esecuzione aveva la possibilità di superare luci assai maggiori e con minore
deformabilità; miglioravano inoltre le caratteristiche termiche ed acustiche. Come quelli in
legno, i solai in acciaio erano vulnerabili al fuoco e spesso nascevano problemi di finitura
come ad esempio la difficoltà di intonacare uniformemente l’intradosso per la presenza di
materiali differenti (acciaio e laterizio). Grazie alle nuove tecnologie le prestazioni di solai in
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acciaio sono estremamente migliorate ed essi sono oggi spesso utilizzati in edifici
interamente in acciaio o in opere di ristrutturazione di vecchi edifici in muratura.
Con l’avvento del cemento armato si ebbe la possibilità di realizzare solai in grado di
rispettare le principali esigenze richieste a questo tipo di struttura. Si trattava di studiare la
soluzione tecnologica più adatta alle esigenze. I solai a soletta piena furono i primi ad essere
proposti ma avevano l’inconveniente principale di essere estremamente pesanti. Venne così
l’idea di alleggerire la struttura realizzando graticci di travi in cemento armato collegate da
una sottile soletta sovrastante anch’essa in c.a., la cosiddetta soletta nervata (Fig.1.3). Questo
tipo di struttura ricalca fedelmente l’orditura classica dei solai in legno con un’orditura
principale, una secondaria e un elemento piano di collegamento.
Il primo e forse unico grande vantaggio della soletta nervata è senza dubbio la monoliticità.
Di contro gli svantaggi sono molteplici: gli elevati oneri per la sua realizzazione (carpenteria e
mano d’opera), la superficie dell’intradosso non piana e le scarse proprietà di isolamento
acustico hanno fatto si che si ricercassero soluzioni alternative più economiche e di più
rapida esecuzione.
Gran parte di questi problemi vennero risolti inserendo, tra i travetti, un materiale leggero
quale laterizio o polistirolo, i quali isolano e permettono di avere un intradosso piano e
facilmente rifinibile. Nacquero così i primi solai latero-cementizi gettati in opera (Fig.1.4).
Fig.1.3 – Solaio monolitico a soletta nevata
Fig.1.4 – Solaio misto in laterocemento
In seguito, grazie all’evoluzione tecnologica vennero sviluppate soluzioni in grado di ottenere
un elevato livello di prefabbricazione, in modo da realizzare solai in poco tempo e con
consistente risparmio di mano d’opera. Furono e continuano ad essere realizzati solai con
travetti prefabbricati in cemento armato precompresso o addirittura costituiti da lastre pronte
alla pavimentazione e alla tinteggiatura dell’intradosso.
La normativa attuale e più precisamente il Decreto Ministeriale 09 Gennaio 1996 ha dedicato
l’intero paragrafo 7 ai solai in cemento armato. Le tipologie previste sono sostanzialmente
tre:
•
•
•
Solai in getto pieno
Solai misti in c.a. e c.a.p. con elementi di alleggerimento
Solai con elementi prefabbricati in c.a. e c.a.p.
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Alla prima categoria appartengono le già
citate solette piene e solette nervate. Mentre le
prime, attualmente, vengono impiegate per
realizzare piccole porzioni di solaio quali
balconcini, pianerottoli ecc…, il ricorso alle
seconde può essere giustificato, in genere,
solo da particolari esigenze architettoniche.
Si ricordano, a titolo di esempio, i famosi
solai nervati che Pier Luigi Nervi realizzò
all’interno del Palazzo dello Sport di Roma
(Fig.1.5).
•
Solai latero-cementizi gettai in opera
Fig.1.5 – Solai della Sala Stampa nel Palazzo dello
Sport di Roma, Pier Luigi Nervi, 1960
I solai latero-cementizi gettati in opera hanno rappresentato, in passato, l’unico tipo di solaio
misto in laterizio e cemento armato, mentre, attualmente, data l’onerosità della loro messa in
opera, vengono utilizzati solo quando la pianta del fabbricato presenta irregolarità tali da
impedire l’impiego di elementi prefabbricati.
I blocchi di laterizio, muniti di alette laterali o accompagnati da fondelli sempre in laterizio
(Fig.1.6-1.7), vengono posizionati su un impalcato di sostegno provvisorio che viene
smontato non appena il conglomerato ha raggiunto una resistenza meccanica sufficiente
(comunque non prima di 28 giorni).
Dopo aver sistemato tutti i blocchi e prima di procedere con il getto dei travetti e della
soletta in calcestruzzo, si posizionano i ferri di armatura ricorrendo all'uso di distanziatori o
di sistemi equivalenti in modo da assicurare che, nella fase di getto, i ferri mantengano una
corretta disposizione.
In pratica, rispetto ad una soletta nervata, il solaio misto, così congegnato, presenta il
vantaggio di essere composto da elementi di alleggerimento che hanno anche la funzione di
isolatori acustici, di cassaforme per il getto di completamento e di uniformare tutta la
superficie d’intradosso con una notevole riduzione dei tempi di realizzazione e la necessità di
mano d’opera non specializzata.
Fig.1.6 – Solaio latero-cementizio gettato in opera
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Fig.1.7 – Blocco con alette e
fondello
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•
Solai con travetti prefabbricati in c.a. o c.a.p.
L’onere maggiore, nella realizzazione di un solaio totalmente gettato in opera è la carpenteria,
cioè la costruzione di un impalcato ligneo provvisorio. Per ovviare a questo inconveniente
sono nati i solai con travetti prefabbricati in cemento armato o cemento armato
precompresso (Fig.1.8-1.9). Questi travetti, a seconda delle loro caratteristiche, hanno
capacità portanti più o meno elevate e sono in grado, quindi, di sostenere da soli il peso dei
laterizi e del getto di completamento in calcestruzzo, aiutati solo da elementi rompitratta
situati ad intervalli regolari. Inoltre, rispetto al solaio gettato in opera, conservano comunque
una discreta flessibilità di adattamento anche a fabbricati di pianta complessa.
Fig.1.8 – Solaio con travetti prefabbricati a traliccio
Fig.1.9 – Solaio con travetti prefabbricati
precompressi
I travetti a traliccio sono quelli più in uso e sono composti da una piccola struttura reticolare
spaziale con discrete capacità autoportanti (Fig.1.10). A seconda dell’utilizzazione vengono
realizzati tralicci di diverse altezze e armature. Oltre a un’armatura di base, già inserita
nell’elemento, possono essere annegati nella suola ulteriori ferri la cui sezione complessiva
dipenderà dalle condizioni statiche del solaio finale. L’armatura destinata ad assorbire i
momenti flettenti negativi, invece, deve essere posizionata in opera poco prima del getto
finale. Con i travetti a traliccio gli elementi rompitratta devono essere posti a una distanza
compresa tra 1 e 1,5 metri (Fig.1.11).
Fig.1.10 – Travetto a traliccio prefabbricato
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Fig.1.11 – Intradosso di un solaio con travetti a
traliccio ed elementi rompitratta
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I travetti in c.a.p. (Fig.1.12-1.13) sono una valida alternativa ai travetti a traliccio soprattutto
in presenza di luci o carichi elevati o quando è difficoltosa la realizzazione di una
puntellazione adeguata poiché posseggono capacità autoportanti superiori e necessitano di
travetti rompitratta posti a distanze comprese tra 1.5 e 2 metri.
Le dimensioni e l’armatura di precompressione, realizzata con acciai ad alta resistenza,
variano a seconda del campo di utilizzazione, mentre l’armatura destinata ad assorbire i
momenti flettenti negativi, anche in questo caso, deve essere posizionata in opera poco
prima del getto di completamento finale.
Infine alla terza categoria appartengono i solai realizzati con elementi prefabbricati generalmente
in c.a.p.
Fig.1.12 – Travetto in cemento armato
precompresso
•
Fig.1.13 – Posa in opera di un solaio con travetti in
c.a.p.
Solai realizzati con lastre prefabbricate dette anche predalles
Una soluzione ancora annoverabile fra i solai misti è quella a lastre prefabbricate con travetti
a traliccio o prefabbricati direttamente incorporati ed elementi di alleggerimento in
polistirolo o in laterizio (Fig.1.14-1.16). Le lastre, in genere, hanno uno spessore minimo di
4 cm che può essere aumentato a piacimento rendendo questa soluzione particolarmente
adatta quando sussistono problemi di resistenza al fuoco.
La loro capacità portante, invece, è analoga a quella dei travetti a traliccio o dei travetti
prefabbricati usati singolarmente, e quindi necessitano della stessa opera di puntellamento.
Una volta che le lastre sono state poste in opera si posizionano le eventuali armature
aggiuntive previste in fase di progetto e si completa la struttura con la fase di getto del
calcestruzzo. L’intradosso di questi solai, in genere, è pensato per non essere intonacato.
Quando negli anni 60’ cominciarono ad imperversare edifici ad alto grado di
prefabbricazione l’esigenza di avere solai interamente prefabbricati divenne una priorità.
Nacquero così i solai a pannelli prefabbricati in latero-cemento, costituiti dall’assemblaggio in
stabilimento di due o tre file di blocchi in laterizio con interposte le nervature portanti di
calcestruzzo armato (Fig.1.17). In queste nervature sono anche posizionati i ganci utilizzati
per il posizionamento e la movimentazione del pannello che ha notevoli capacità
autoportanti tanto che fino a luci di 6 metri è sufficiente un solo rompitratta.
I
pannelli
vengono
posizionati
in
cantiere
uno
accanto
all’altro
realizzando delle nervature da gettare in opera. Quasi tutta l’armatura è già stata disposta in
stabilimento secondo i calcoli eseguiti sul solaio in oggetto. In cantiere è possibile aggiungere
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dell’armatura di completamento, tra cui quella per i momenti negativi, solo nelle nervature da
gettare in opera.
Fig.1.15 – Solaio con lastra prefabbricata, sezione
Fig.1.14 – Solaio con lastra prefabbricata
•
Fig.1.16 – Posa in opera di un solaio con lastre
prefabbricate
Solai a pannelli prefabbricati
Se è prevista una soletta di completamento, allora può essere posizionata un’armatura
superiore diffusa su tutto l’estradosso.
Fig.1.17 – Solaio a pannelli in latero-cemento
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Fig.1.18 – Posa in opera di un solaio in pannelli
prefabbricati
Fig.1.19 – Posa in opera di un solaio in pannelli
prefabbricati
Ogni progetto che si rispetti ha come punto di partenza la scelta dei materiali assieme ad una
idea alquanto realistica delle dimensioni iniziali del solaio, idea legata in genere all’esperienza
professionale. Segue poi la delicata fase dell’analisi dei carichi e della ricerca delle
combinazioni più gravose secondo quanto dettato dalla normativa. Noti i carichi, il passo
successivo è la decisiva scelta del modello strutturale che dipenderà dal livello di accuratezza
ritenuto necessario. Nota allora la domanda di prestazione che i carichi richiedono alla
struttura, si passa alla successiva fase del progetto delle armature e al calcolo della capacità di
prestazione. Effettuate le dovute verifiche di sicurezza il progettista curerà i dettagli
costruttivi che poi tradotti in disegni costruttivi verranno utilizzati in cantiere per la fase
esecutiva del progetto.
Ognuna delle precedenti fasi progettuali verrà ampiamente descritta nei prossimi paragrafi.
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1. LA MODELLAZIONE STRUTTURALE DEL SOLAIO
Per modellazione strutturale s’intende la fase progettuale in cui le azioni e la struttura reali,
vengono sostituiti con un modello, immediatamente traducibile in termini matematici, da
utilizzare per la valutazione delle sollecitazioni. L’uso dei calcolatori ha permesso, e
permetterà, di adottare modelli matematici sempre più complessi, vista la rapidità con cui
può essere calcolata la loro risposta alle azioni esterne. Tuttavia, in alcuni casi può essere utile
l’adozione di modelli semplificati che permettano rapidamente (ma approssimativamente) di
determinare le sollecitazioni massime nel rispetto dello stato limite imposto. E’ il caso ad
esempio di un solaio che per sua natura presenta caratteristiche di complessità che, se messe
in conto, condurrebbero ad un modello sofisticato ma del tutto inadatto alle esigenze
progettuali.
La pratica suggerisce di adottare modelli semplici che permettano nel rispetto della sicurezza,
così come dettato dal D.M. 16/01/96, di individuare con buona approssimazione le
sollecitazioni massime.
Riassumendo, quindi, quanto illustrato nel capitolo precedente, un solaio è comunemente
composto da un’alternanza di travetti in cemento armato (precompresso o non) con elementi
di alleggerimento in laterizio o polistirolo e da una soletta di collegamento in cemento
armato che copre tutta la superficie solidarizzando i vari elementi tra loro.
La presenza della soletta fa sì che il solaio sia assimilabile ad una piastra, cioè ad un elemento
strutturale bidimensionale, soggetto ad uno stato tensionale piano e caricato in direzione
perpendicolare al piano stesso (Fig.2.1). In altre parole, una piastra è in grado di trasferire i
carichi alle strutture portanti perimetrali diffondendoli lungo la propria superficie.
Fig.2.1 – Stato tensionale piano di una piastra
Fig.2.2 – Solaio
S’ipotizzi di caricare in maniera uniforme una piastra quadrata ugualmente vincolata lungo
tutti e quattro i lati. Il materiale di cui è composta è perfettamente omogeneo ed isotropo, di
conseguenza la piastra possiede le stesse caratteristiche meccaniche e geometriche lungo tutte
le direzioni. E’ facilmente intuibile che, in questo caso, il carico viene ripartito in parti uguali
tra i vincoli sui quattro lati.
Se, al contrario, il materiale non fosse perfettamente isotropo o la piastra fosse caratterizzata
da sezioni diverse al variare della direzione (ex. quantitativi diversi di armatura, geometria
diversa ecc.), il carico si diffonderebbe privilegiando la direzione di maggiore rigidezza.
Il solaio cade in questa seconda categoria avendo una composizione eterogenea (cemento
armato e laterizio) ed una geometria tale da rendere la rigidezza in direzione X, parallela alla
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tessitura dei travetti, di gran lunga superiore a quella riscontrabile in direzione Y a loro
perpendicolare (Fig. 2.2). Questa notevole differenza consente di trascurare, nel calcolo, le
sollecitazioni che si sviluppano secondo l’asse Y e approssimare il comportamento del solaio
con quello di una trave, quindi con una struttura monoassiale.
Grazie a quest’assunzione, un solaio su una o più campate può essere modellato, in linea
generale, come una trave continua su appoggi fissi (Fig.2.3). Tuttavia, è necessario fare alcune
precisazioni sulla scelta dei vincoli e su ciò che questa scelta comporta:
• Gli appoggi del solaio, nella realtà, sono costituiti dalle travi in cemento armato che lo
portano e che, sotto il suo carico e quello dei carichi accidentali, s’inflettono abbassandosi.
Più che ad un appoggio fisso, quindi, il “vincolo trave” assomiglierebbe ad una molla
estensionale. Tuttavia, l’approssimazione del risultato è tale da rendere accettabile questa
semplificazione del modello strutturale.
• Le cerniere (o carrelli) inserite come
A
A'
B
B'
vincoli alle estremità del solaio, vale a dire lì
dove quest’ultimo s’interrompe poggiando
sulle travi di bordo, presuppongono che il
solaio sia completamente libero di ruotare in
quel punto. Questo comportamento non
corrisponde alla realtà poiché la trave è dotata
di una propria rigidezza torsionale che
D
A
B
C
impedisce, in parte, la rotazione del solaio con
D
conseguente sviluppo di un momento
A
B
C
torcente nella trave stessa e di un momento
D
A
B
C
flettente negativo nel solaio (Fig.2.4). Il
vincolo esistente tra trave e solaio
Fig.2.3 – Modellazione del solaio – trave Continua
corrisponderebbe, quindi, ad un semincastro
gli effetti del quale variano a seconda se il solaio poggia sulla trave in corrispondenza della
mezzeria, dove la rigidezza torsionale della trave è minore (semincastro più prossimo ad una
cerniera), o in corrispondenza del pilastro dove la rigidezza è maggiore (semincastro più
prossimo ad un incastro).
y
x
L1
L2
L3
SEZIONE A - A'
C
5.00 m
D
6.00 m
M
-
-
+
A
+
B
C
Alleggerimento in laterizio
B
4.00 m
Travetto
A
1.50 m
Trave di collegamento
SEZIONE B- B'
D
+
Trave portante
T
+
-
A
+
+
-
B
-
C
-
D
MT
A
B
C
D
Fig.2.4 – Trave continua: diagrammi delle sollecitazioni, deformata elastica, approssimazione del vincolo di
semincastro con le cerniere di estremità
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La scelta di una cerniera, piuttosto che di un incastro, per modellare il vincolo all’estremo di
un solaio, è essenzialmente dettata da ragioni di sicurezza strutturale. Potendo scegliere,
infatti, è buona norma, in casi come questi, prendere come riferimento lo schema con minor
grado di iperstaticità. Per poterne comprendere le ragioni, si supponga di dover progettare
un solaio di una sola campata. I vincoli alle due estremità, essendo entrambi semincastri,
possono essere modellati sia come incastri sia come cerniere.
2
2
pl /12
pl /12
A
A
B
B
2
pl /24
2
pl /8
A
B
A
a)
B
b)
Fig.2.5 – Influenza della scelta dei vincoli per modellare un semi-incastro
Se viene scelto l’incastro si ottiene una trave 3 volte iperstatica (Fig.2.5a): il momento in
mezzeria sarà sicuramente più basso di quello reale, mentre quello in corrispondenza degli
appoggi sarà sicuramente più elevato. Di conseguenza l’armatura dei travetti in mezzeria
verrà sottodimensionata mentre verrà sovradimensionata quella alle estremità. Se in seguito,
durante la vita della struttura, il comportamento reale del semincastro si avvicinerà
maggiormente a quello di una cerniera piuttosto che a quello di un incastro, la sezione di
mezzeria, poco armata, non sarà più in grado di portare un momento molto più alto rispetto
a quello per cui è stata progettata e si deformerà al punto di trasformarsi in una cosiddetta
cerniera plastica. In questo caso, la trave si trasformerà in una struttura labile prossima al
collasso.
Se, al contrario, per modellare i vincoli di estremità viene scelta la cerniera, la trave diventa
isostatica (Fig.2.5b): i momenti agli appoggi saranno nulli mentre il momento in mezzeria
sarà sicuramente più elevato di quello reale. La situazione, praticamente, si inverte rispetto al
caso precedente, con armature sottodimensionate alle estremità e sovradimensionate in
mezzeria. Quindi, se durante la vita della struttura, il comportamento reale del semincastro si
avvicinerà maggiormente a quello di un incastro piuttosto che a quello di una cerniera, con
conseguente sviluppo di momenti flettenti di entità imprevista alle estremità della trave, le
sezioni in appoggio, poco armate, si trasformeranno in cerniere plastiche. In questo caso, però,
il solaio non collasserà comportandosi come una trave semplicemente appoggiata.
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Adottando il modello a trave continua, le luci
Carico distribuito
delle singole campate vengono in genere
(kN/m)
assunte pari alla distanza tra gli interassi delle
travi.
I carichi distribuiti linearmente sulla trave
(espressi ad esempio in kN/m2) provengono
dai carichi per unità di superficie determinati
al paragrafo 3, moltiplicando quest’ultimi per
Direzione
l’interasse (i) considerato (vedi fig. 2.6).
tessitura solaio
Interasse (i)
In genere questo l’interasse può corrispondere
a quello tra i travetti, in maniera da calcolare
le sollecitazioni di taglio e momento che Fig.2.6 – Carico lineare ripartito sul singolo travetto
interessano il singolo travetto. Tuttavia, è
anche possibile fare riferimento ad un interasse generico di 1m salvo poi riportare le
informazioni di progetto al singolo travetto: ad esempio se scegliendo un interasse di In=1 m
è stata calcolata un’armatura longitudinale pari a A=3 cm2 e l’interasse dei travetti è i=0.5m,
l’armatura necessaria in ogni travetto è pari a A i/In=1.5 cm2.
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2. LA SCELTA DEI MATERIALI E IL PREDIMENSIONAMENTO
DEL SOLAIO
Uno dei primi passi del progettista di un opera in cemento armato è quello del “progetto”
dei materiali ossia la scelta delle caratteristiche meccaniche dei materiali componenti la
struttura. Parti differenti di essa possono avere ad esempio resistenze meccaniche diverse
perché diversa è la loro funzione. Occorre tenere ben presente che la scelta che verrà
effettuata influenzerà contemporaneamente aspetti differenti quali la deformabilità e la
resistenza degli elementi strutturali così come la loro duttilità. Dunque non è, come a prima
vista potrebbe sembrare, una scelta dettata dalla sola resistenza o dalla sola componente
economica (calcestruzzi meno resistenti costano meno di calcestruzzi più resistenti), ma
soprattutto dal livello di sicurezza e dalla durabilità che si vogliono raggiungere.
Ad esempio nel caso di un solaio è usuale trovare condizioni di sezioni debolmente armate
perché la loro altezza è in genere assai limitata ed essendo l’asse neutro sempre piuttosto alto
ne risulta un armatura spesso snervata (il livello massimo di deformazione dell’acciaio per
sezioni debolmente armate è l’1%). Se poi aggiungiamo che in condizioni ambientali
aggressive l’acciaio soggetto a corrosione degrada molto più rapidamente di un acciaio non
snervato, sarebbe opportuno aumentare la sezione dell’acciaio oltre quella necessaria per la
sola sicurezza in termini di resistenza. In definitiva, sarebbe opportuno scegliere acciai con
una soglia di snervamento più elevata in modo da mantenere i diametri delle armature a
valori minimi ragionevoli e aumentare la durabilità del manufatto.
Un aspetto parallelo a quello già esaminato ma ad esso intimamente legato è il
predimensionamento strutturale. Frutto spesso dell’esperienza professionale, rappresenta un
atto di sintesi che racchiude in sè la maggior parte degli aspetti salienti di un progetto.
Proprio per la sua importanza nel processo progettuale le normative spesso si sostituiscono
al progettista dettando specifiche indicazioni su come dimensionare gli elementi strutturali.
pavimento
r.e.s. φ8/20
2φ12
20
soletta
col laborante
1,5
24
4 4 2
massetto
12
38
12
2φ12
pignatta
Fig.2.1 – Generica sezione di un solaio latero-cementizio
In figura 2.1 è indicata la generica sezione di un solaio latero-cementizio.
Le grandezze geometriche oggetto del predimensionamento sono le seguenti:
L’altezza del solaio (H)
Lo spessore della soletta (s)
L’altezza della pignatta (h) tale che h + s = H
La larghezza del singolo travetto (b0)
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La larghezza della pignatta (bp)
L’interasse fra i travetti (i)
La normativa (D.M. 09/01/96 punto 7.1.4) imponeva le seguenti prescrizioni:
Prescrizione
s ≥ 4 cm
b0 ≥ 1/8 i
i ≤ 15 s
H ≥ 1/25 L
H ≥ 1/30 L
Note
e comunque ≥ 8 cm
e comunque ≤ 52 cm
e comunque ≥ 12 cm
per travetti precompressi
Rif. normativo
(Punto 7.1.4.4)
(Punto 7.1.4.5)
(Punto 7.1.4.5)
(Punto 7.1.4.2)
Il D.M. 14.01.2008, successivo al D.M. 09.01.1996, ha introdotto al punto 4.1.9 criteri simili
con la sola esclusione dell’altezza del solaio per il quale viene suggerito solamente un valore
minimo. I criteri sono illustrati nella tabella seguente:
Altezza solaio
H > 15 cm
Altezza Soletta
s ≥ 4 cm
Interasse travetto
i ≤ 15 s
Larghezza Travetto
b0 ≥ 1/8 i
b0 ≥ 8 cm
Dimensioni
Pignatte
bp ≤ 52 cm
L è la luce della campata più lunga.
Considerato che una pignatta non è alta
meno di 12 cm, l’altezza minima è di 16 cm
In genere non si usano solette di spessore
maggiore di 5 cm, ma 4 cm è lo spessore più
usuale
Un interasse usuale è i=50∼52 cm a seconda
di b0 , considerando che una pignatta è di
solito larga 40 cm.
Dimensioni usuali sono b0=10∼12 cm,
possibilmente non più di 14 cm. La
larghezza del travetto può essere
condizionata anche dalle sollecitazioni di
taglio a cui esso è soggetto
In genere l’altezza delle pignatte è un
numero pari 12-14-16, con un minimo di 12
cm.
Tale scelta è legata al fatto che la semplice regola H > L/25 anche se legata a tutta una serie
di fattori, compresa la pratica professionale, mal si sposa ai criteri di progetto previsti dalle
normative più recenti. Occorrerebbe ad esempio dimensionare il solaio nel rispetto sia dello
stato limite ultimo che nei confronti dello stato limite di esercizio.
Nell’applicare le prescrizioni di normativa, però, non bisogna trascurare alcuni aspetti pratici
che condizionano ulteriormente le scelte dimensionali del progettista:
Il solaio, in genere, ha altezza costante nell’ambito di uno stesso impalcato, a meno di motivi
particolari quali zone ribassate destinate al passaggio degli impianti o che devono garantire il
deflusso esterno delle acque (balconi, terrazze, ecc…). Di conseguenza, il dimensionamento
dell’altezza H deve essere fatto sulla luce più grande tra quelle che caratterizzano l’intero
impalcato.
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La soletta di un solaio ha, coerentemente con quanto imposto dalla normativa, spessori che
variano tra i 4 e i 5 cm. In genere, in zona non sismica, lo spessore comunemente adottato è
proprio quello minimo di 4 cm, in grado di garantirne la funzionalità e di limitare l’incidenza
del suo peso sul carico complessivo che agisce sul solaio.
In zona sismica, invece, sono più frequenti solette da 5 cm che consentono l’alloggiamento
di un quantitativo più consistente di armature di ripartizione.
L’altezza delle pignatte, comunemente in commercio, parte da un minimo di 12 cm per
crescere a passi costanti di due centimetri (14 cm…16 cm…ecc…). Appare evidente, quindi,
che lo spessore minimo di un solaio latero-cementizio con soletta collaborante non potrà
mai essere inferiore a 12 cm + 4 cm = 16 cm.
Dimensioni usuali per i travetti di un solaio, in cemento armato non precompresso, sono
larghezze b0 non inferiori ai 10 cm, ma in genere neanche superiori ai 14 cm. Si vedrà in
seguito come, dalla dimensione di base del travetto, dipenda l’ampiezza delle cosiddette
“fasce piene di calcestruzzo” che vengono realizzate a coronamento del solaio alleggerito, a
ridosso delle travi portanti.
Utilizzando una soletta con spessore 4 cm, l’interasse tra i travetti potrebbe essere portato
fino a 15×4 cm=60 cm. In realtà, interassi usuali si aggirano attorno ai 50 cm con dimensioni
di base delle pignatte variabili tra i 38 e i 40 cm. In questo modo si evita di sovraccaricare in
maniera eccessiva il travetto in cemento armato.
Le prescrizioni di normativa e queste poche regole pratiche di progettazione legate
all’industrializzazione dei materiali e all’esperienza accumulata in anni di sperimentazione sul
campo, consentono di predimensionare in maniera veloce e sicura un solaio tradizionale in
latero-cemento.
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3. L’ANALISI DEI CARICHI E LORO COMBINAZIONI
La fase immediatamente successiva al predimensionamento del solaio è l’analisi dei carichi,
necessaria per determinare le sollecitazioni massime alle quali sarà soggetta la struttura.
L’operazione è semplice, ma allo stesso tempo richiede molta attenzione da parte del
progettista.
I carichi che agiscono direttamente sul solaio possono essere suddivisi in tre grandi categorie:
•
•
•
Peso proprio del solaio Ppk
Sovraccarico permanente Spk
Sovraccarico accidentale Sqk
Per quanto riguarda le unità di misura con le quali esprimenre l’entità dei carichi e delle
conseguenti sollecitazioni, verrà utilizzato il sistema misura internazionale SI.
3.1.
Determinazione del peso proprio
Il D.M. 14/01/2008 fornisce al punto 3.1.2 i pesi “caratteristici” dei più comuni materiali
utilizzati nelle costruzioni (tab.1).
Per il calcolo del peso proprio di un solaio occorre determinare il peso del cemento armato e
il peso degli elementi di alleggerimento. Dalla tabella si evince che il peso del cls armato è
pari a 25 kN/m3. Il peso degli elementi di alleggerimento in laterizio dipende, invece, dalla
percentuale di foratura presente nelle pignatte. In figura 3.1 sono riportate le percentuali
massime di vuoti consentite a seconda delle dimensioni dei blocchi: considerando, ad
esempio, una foratura del 70% ed il peso specifico di una muratura in mattoni pieni (18
kN/mc), si ottiene all’incirca un peso di 5.5 kN/mc.
Fig.3.1 – percentuali massime di foratura in base alle dimensioni dei blocchi
Più semplicemente, una misura ragionevole del peso medio dell’insieme pignatte-travetti può
essere assunta pari a 10 kN/m3. ln questo caso, il peso proprio di un solaio di altezza totale
H può essere calcolato, in via semplificata, come segue:
ppk (kN/m2) = 25 × s + 10 × (H - s)
(1)
dove i due addendi rappresentano rispettivamente il peso della soletta di spessore s e il peso
della sottostante parte composta dall’insieme travetti- pignatte.
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Tab.1 – Pesi caratteristici dei più comuni materiali da costruzione
Tuttavia, in maniera quasi altrettanto semplice e con riferimento alla figura 3.1, può essere
calcolato il peso preciso di un metro quadrato di solaio utilizzando la seguente procedura:
Peso travetti:
pt (KN/m2) = b0 × (H-s) × 25 × nt
nt = 1/i = n° travetti a metro.
Peso Pignatte:
pp (KN/m2) = bp × (H-s) × Pp× np
np = (1-b0×nt)/i = n° pignatte a metro
Pp= peso specifico delle pignatte
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Peso soletta
ps (KN/m2)
= s × 25
In definitiva il peso proprio del solaio per unità di superficie è dato dalla somma del peso di
travetto, pignatte e soletta
ppk (kN/m2) = pt + pp + ps
3.2.
(2)
Determinazione del sovraccarico permanente
Per sovraccarico permanente s’intende l’insieme di tutti quei carichi che gravano
permanentemente sul solaio, come le finiture, i tramezzi ecc. La circolare Ministeriale del
617/08 indica il peso per unità di volume o superficie di alcuni materiali come riportato nella
seguente tabella:
PESI DI ELEMENTI COSTRUTTIVI
Materiali
Peso dell'unità di volume o di superficie
A) Malte
Malta bastarda (di calce o cemento)
Malta di gesso
Intonaco (spessore 1,5 cm)
B) Manti di copertura
Manto impermeabilizzante di asfalto o simile
Manto impermeabilizzante prefabbricato con strati bituminosi
di feltro, di vetro o simili
Tegole maritate (embrici e coppi)
Sottotegole di tavelloni (spessore 3-4 cm)
Lamiere di acciaio ondulate o nervate
Lamiere di alluminio ondulate o nervate
Lastre traslucide di resina artificiale, ondulate o nervate
C) Muratura
Muratura di mattoni pieni
Muratura di mattoni semipieni
Muratura di mattoni forati
19,00 kN/m³
12,00
»
0,30 kN/m²
0,30 kN/m3
0,10
0,60
0,35
0,12
0,05
0,10
»
»
»
»
»
»
18,00 kN/m³
16,00 »
11,00 »
Tab.2 – pesi caratteristici di alcuni elementi di finitura
I pesi comunemente annoverati fra i sovraccarichi permanenti sono i seguenti dove i pesi
indicati sono stati calcolati o tratti direttamente dalla tabella 2:
•
•
•
•
•
Il pavimento
Massetto e allettamento
Impermeabilizzazione
Intonaco
Isolamento termico
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(fra 0.3 e 0.5 kN/m2)
(fra 19 e 21 kN/m3)
(circa 0.3 kN/m2)
(circa 0.3 kN/m2)
(circa 0.05 kN/m2)
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• Tramezzature
La normativa, al punto 5.1 recita:
In fatti, poiché in genere ogni solaio in c.a. ha un’adeguata capacità di ripartizione trasversale
i tramezzi vengono considerati come carico ripartito.
Come si evince dalla norma il valore medio di questo peso dipende dal tipo di tramezzature
utilizzate e in genere è variabile fra gli 0.4 e 2.0 kN/m2.
Il peso delle tramezzature è da considerarsi in genere come carico di tipo “permanente non
strutturale” i cui coefficienti di sicurezza sono identici a quelli dei carichi variabili (Tabella
2.6.I delle NTC08). Ciò è anche espressamente dichiarato nella circolare 617/2008 al
capitolo C.3.1.3.
Peso degli eventuali impianti tecnologici
(circa 0.5 kN/m2)
Il sovraccarico permanente totale è dato dalla somma di tutti i contributi presenti. A questo
deve essere sommato il peso proprio del solaio per ottenere il carico permanente
complessivo.
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3.3.
Determinazione dei sovraccarichi accidentali
Il D.M. 16/01/96, al punto 5.2 e nel prospetto 5.1, fornisce i valori dei sovraccarichi variabili
facendo distinzione tra le destinazioni d’uso dei locali in progetto. La seconda colonna della
tabella, pubblicata sul Decreto, riporta i valori dei carichi verticali ripartiti (tabella 3), mentre
la terza e la quarta colonna riportano, rispettivamente, i carichi concentrati verticali e
orizzontali utili al progettista per svolgere solo alcune verifiche locali. I carichi verticali
concentrati vanno applicati su di una superficie 50x50 mm mentre i carichi orizzontali vanno
applicati (a pareti, a parapetti etc..) ad un’altezza di 1.2 m dal piano di calpestio. In entrambi i
casi, i carichi concentrati non devono essere cumulati con quelli ripartiti.
Tab. 3 – Sovraccarichi variabili ripartiti per edifici
SOVRACCARICO ACCIDENTALE
(kN/m2)
LOCALE
Ambienti non suscettibili di affollamento (locali abitazione e
relativi servizi, alberghi, uffici non aperti al pubblico) e
relativi terrazzi a livello praticabili
Ambienti suscettibili di affollamento (ristoranti, caffè,
banche, ospedali, uffici aperti al pubblico, caserme) e relative
terrazze a livello praticabili
Ambienti suscettibili di grande affollamento (sale convegni,
cinema, teatri, chiese, negozi, tribune con posti fissi) e relativi
terrazzi a livello praticabili
Sale da ballo, palestre, tribune libere, aree di vendita con
esposizione diffusa (mercati, grandi magazzini, librerie, ecc.)
e relativi terrazzi a livello praticabili, balconi e scale
Balconi, ballatoi e scale comuni (esclusi quelli pertinenti alla
Cat. 4)
Sottotetti accessibili (per sola manutenzione)
Coperture non accessibili
Coperture accessibili:
speciali (impianti, eliporti, altri):
Rimesse e parcheggi:
• per autovetture di peso a pieno carico fino a 30 kN
• per transito di automezzi di peso superiore a 30 kN
3.4.
2.00
3.00
4.00
5.00
4.00
1.00
0.5
secondo categoria di appartenenza
secondo il caso
2.50
da valutarsi caso per caso
Determinazione del carico neve
Alla valutazione del carico neve è dedicato l’intero paragrafo 3.1 del D.M. 14/01/2008 e
della circolare n.617/08 a cui si rimanda per maggiori dettagli.
Il calcolo è impostato in modo estremamente semplice: si valuta dapprima il carico della neve
al suolo qsk, il quale, moltiplicato per il fattore di forma della copertura µi, il coefficiente di
Esposizione CE e il coefficiente di termico Ct, fornisce il carico neve qs
qs = µi qsk CE Ct
(3)
Il carico neve al suolo dipende essenzialmente dalla posizione geografica della costruzione e
dall’altitudine a cui essa si trova. La figura seguente riporta le zone e il carico neve
caratteristico al suolo per altitudini < 200 m.
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Per altitudini maggiori si applicano i seguenti coefficienti amplificativi:
Tab. 4 – Valore del carico neve al suolo per altitudini > 200m
Zona I – Alpina
Zona I mediterranea
Zona II
Zona III
Per quanto riguarda il coefficiente di forma, al punto 3.4.5 del D.M. è riportata una
dettagliata casistica sulle possibili tipologie di copertura degli edifici. E’ bene precisare che la
(4) vale nel caso di altitudini inferiori ai 1.500 m e per un periodo di ritorno della neve di 50
anni. Per altitudini superiori a 1500 m sul livello del mare si dovrà fare riferimento alle
condizioni locali di clima e di esposizione utilizzando comunque valori di carico neve non
inferiori a quelli previsti per 1500 m.
Il coefficiente CE è riportato nella seguente tabella:
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Tab. 5 – coefficiente di esposizione CE
Il coefficiente termico può essere utilizzato per tener conto della riduzione del carico neve a
causa dello scioglimento della stessa, causata dalla perdita di calore della costruzione. Tale
coefficiente tiene conto delle proprietà di isolamento termico del materiale utilizzato in
copertura. In assenza di uno specifico e documentato studio, deve essere utilizzato Ct = 1.
Al punto C.3.4.5.6, la Circolare 617/08 indica anche la necessità di considerare un peso
concentrato dovuto alla neve nel caso di coperture sporgenti. Tale carico dipende dal
coefficiente di forma della copertura, dal coefficiente di forma della neve, dalla densità della
neve e dal carico della neve al suolo.
3.5.
Stati limite e combinazioni di carico
I singoli carichi determinati sulla base delle indicazioni dei precedenti paragrafi vanno
combinati opportunamente in funzione dello stato limite considerato per la struttura (stato
limite ultimo o di esercizio o carichi eccezionali). Il punto2.5.3 del D.M. 14.01.2008 prescrive
che le azioni elementari determinate nei paragrafi precedenti vengano combinate
opportunamente sia nei confronti degli stati limite ultimi e di esercizio previsti al punto 2.2
delle norme.
Nel caso di stato limite ultimo la formula generale che la normativa fornisce è la seguente:
3


Fd = γ g Gk + γ q Qik + ∑ψ 0iQik 
i =1


(4)
con Pk sono indicati i carichi permanenti caratteristici, con Qk sono indicati i carichi
accidentali caratteristici assunti, di volta in volta, come principali, mentre con Qki sono
indicati i carichi accidentali cosiddetti secondari che devono essere moltiplicati per i
coefficienti riduttivi ψ0i i cui valori sono indicati in tabella 7. I coefficienti γg e γq, Invece,
sono i coefficienti parziali di sicurezza i cui valori sono riportati nella tabella 6.
Se su di un edificio deve essere applicato più di un carico accidentale, occorre di volta in
volta sceglierne uno come principale, gli altri come secondari e combinarli secondo la (4). I
diagrammi delle sollecitazioni conseguenti ad ognuna delle condizioni di carico considerate
devono essere poi sovrapposti (Diagramma Inviluppo), per valutare le sollecitazioni massime.
Per comprendere meglio il concetto di combinazione di carico, si pensi al solaio di un
edificio con una destinazione d’uso qualsiasi come “civile abitazione”, “uffici” ecc. E’ lecito
pensare che non tutto il solaio sia sottoposto agli stessi carichi accidentali nello stesso
momento: spesso può anche capitare che alcune aree di solaio non siano proprio utilizzate
per periodi più o meno lunghi.
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Tab. 6 – Coefficienti parziali di sicurezza dei carichi allo SLU
STATI LIMITE ULTIMI – D.M. 14.01.08 – Coefficienti di sicurezza
Se a favore di sicurezza
Se a sfavore di sicurezza
1.3
1.0
γg
1.5
1.0
γq
Tab. 7 – coefficienti aggiuntivi allo SLU per i variabili
D’altra parte, non è detto che la condizione di carico che prevede la presenza di tutto il
carico variabile contemporaneamente sia quella in grado di produrre le sollecitazioni più
elevate in tutte le sezioni. Per rendersene conto, s’immagini di calcolare il diagramma di
momento di una trave continua su due campate uguali (Fig. 3.2) soggetta a tre diverse
combinazioni carico: nella prima e nella seconda sono caricate alternativamente le due
campate, mentre nella terza il carico è presente ovunque.
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Appare evidente che alle condizioni 1 e 2
corrispondono valori più alti dei momenti
positivi in campata, mentre la condizione 3
fornisce il massimo momento negativo
all’appoggio.
Ciò appare ancora più naturale se si pensa che
la terza combinazione di carico è data dalla
somma delle prime due: di conseguenza, in
regime di sovrapposizione degli effetti, anche
il diagramma dei momenti sarà dato dalla
somma dei diagrammi ottenuti caricando le
due campate separatamente.
In Figura 4.4, assieme ai diagrammi, sono
riportate anche le deformate della trave (linea
elastica) sotto le rispettive condizioni di
carico.
In conclusione, per progettare correttamente
la trave riportata nell’esempio, è necessario
prendere in considerazione tutte e tre le
eventualità.
Si allarghi, adesso, il concetto della
combinazione dei carichi, a travi continue con
un numero imprecisato di campate.
Consideriamo la trave nella figura seguente:
q
1° cdc
q
2° cdc
q
3° cdc
A
B
l
C
l
2
ql /16
1° cdc
A
B
C
2
ql /10.4
2
ql /16
2° cdc
A
C
B
2
ql /10.4
2
ql /8
3° cdc
A
C
B
2
ql /14.2
2
ql /14.2
Fig.3.2 – Combinazioni di carico
Immaginiamo che su di essa gravino carichi di tipo permanente e carichi di tipo accidentale.
Ci si chiede allora quale sia la distribuzione di tali carichi in grado di determinare lo stato di
sollecitazione più gravoso.
Un procedimento tipico è il seguente:
• Si determina la posizione dei carichi accidentali in modo che in una determinata sezione si
verifichi il valor massimo della sollecitazione cercata (momento, taglio etc..)
• Si determinano i diagrammi di sollecitazione corrispondenti
• Si combinano insieme tutti i diagrammi inerenti le sezioni più significative, ottenendo il
cosiddetto diagramma inviluppo.
Per determinare la posizione dei carichi accidentali, in grado di provocare lo stato di
sollecitazione più gravosa in una determinata sezione, è opportuno ragionare sulla deformata
che essi provocherebbero.
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I carichi permanenti si considerano uniformemente ripartiti su tutte le campate, per cui
occorre valutare la posizione dei soli carichi accidentali.
Prendiamo in considerazione, per esempio, il momento in campata AB della trave:
Il momento MAB è positivo se tende le fibre inferiori, sicché il carico deve essere posto
necessariamente su tutta la campata AB. Ci si accorge poi che un carico uniformemente
ripartito su CD provocherebbe lo stesso tipo di deformata:
Il carico posto in altre campate provocherebbe nella campata AB un momento di segno
opposto. Tale condizione va dunque scartata:
In definitiva la condizione di carico accidentale più gravosa per il momento in campata AB è
la seguente:
Stessa condizione per il momento nella campata CD con analogo ragionamento si ottengono
le condizioni di carico più gravoso per il momento nella campata BC e negli appoggi B, C e
D.
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Per quanto riguarda l’appoggio relativo allo sbalzo, quest’ultimo si comporta come una
mensola e quindi come una struttura isostatica. Di conseguenza, Il momento che si sviluppa
sull’appoggio vale quanto il suo momento d’incastro perfetto. Infatti, se si fa l’equilibrio delle
forze sulla mensola considerando un taglio su di essa un infinitesimo prima dell’appoggio si
ha:
q
M Ip =
MIp
L
q ⋅ L2
2
luce
Una volta determinati i diagrammi delle sollecitazioni (taglio e momento) relativi alle
condizioni di carico più gravose si può costruire il così detto “diagramma inviluppo” come
sovrapposizione di tutti i diagrammi.
Fig. 3.3 - Tipico andamento del diagramma inviluppo del travetto di un solaio
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4. IL PREDIMENSIONAMENTO DELLE ARMATURE
Per una sezione rettangolare a semplice armatura il predimensionamento dell’armatura può
essere effettuato in via approssimativa utilizzando la relazione che fornisce il momento
ultimo di una sezione rettangolare in cemento armato:
M= C×z =T×z = 0.90 d Af fyd
Braccio delle forze interne z
dove d=H-d’ è l’altezza utile della sezione pari all’altezza H della sezione diminuita del
copriferro d’, Af è l’armatura a flessione incognita mentre ffd è la resistenza di calcolo del cls.
Dalla precedente imponendo che il momento di calcolo sia pari al momento ultimo della
sezione si ricava l’area Af strettamente necessaria all’equilibrio della sezione:
Af =
Md
0.90 d f yd
Tale formula è giustificata dal fatto che il braccio delle forze interne non è molto variabile e
pari a:
1 − 0.416K = 1 − 0.416
As f yd
yc
= 1 − 0.416
= 1 − 0.514 µs
d
0.81bd f cd
Il cui andamento in funzione della percentuale meccanica di armature è indicato nella
seguente figura:
Figura 4.1 – Braccio delle forze interne in funzione di µs
Il solaio non presenta però una sezione, ma generalmente a T. Questo complica
evidentemente il predimensionamento in quanto l’espressione delle risultanti di
compressione e trazione e il braccio delle forze interne varia in funzione della geometria della
sezione stessa.
Tuttavia, poiché il calcestruzzo teso è considerato non reagente, nell’ipotesi che l’asse neutro
cada nella soletta la sezione può essere considerata ancora rettangolare, come illustrato nella
figura seguente.
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a.n
Soletta
Se poi l’asse neutro dovesse cadere di poco al di sotto della soletta può essere considerato
ancora valido il coefficiente 0.90 e l’armatura può essere ancora predimensionata con la
formula precedente.
Una volta nota l’area Af strettamente necessaria si può ricavare il diametro dei tondini,
prescelto il loro numero totale nf:
D=
4 Af
π nf
Per sezioni ad aderenza migliorata il diametro si riferisce ad una sezione circolare
equivalente. Si calcola cioè il peso dell’armatura effettiva (per metro di lunghezza) e la si
uguaglia al peso di un’armatura liscia di diametro D.
Una volta nota la quantità d’armatura occorre rispettare le indicazioni normative
sull’armatura longitudinale:
5. IL DIAGRAMMA DEI MOMENTI RESISTENTI
Una volta aver trasformato le aree di ferro minimo in tondini, è necessario stabilire la
disposizione dei ferri, dove interromperli, dove aggiungerli etc…
Questa operazione può essere svolta graficamente attraverso la costruzione del diagramma
dei momenti resistenti.
Il momento resistente Mr(φ) relativo ad una sezione armata con un certo quantitativo Aeff di
armatura, può essere calcolato, in via approssimativa, invertendo la formula semplificata con
cui vengono calcolati i quantitativi minimi di armatura:
Afmin= Md/(0.9—d —fyd)
Mr(φ)= Aeff—0.9 —d —fyd
Il diagramma dei momenti resistenti viene costruito scegliendo una scala di misura verticale
dei momenti e individuando il numero dei ferri necessari per coprire interamente il
diagramma dei momenti (di calcolo). Le figure seguenti mostrano le fasi operative della
costruzione del diagramma dei momenti resistenti per un trave continua a due campate ed
uno sbalzo.
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Il risultato della costruzione è indicato nella figura seguente.
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Fig. 5.1 - Tipico diagramma a scaletta del momento resistente
Una volta determinato il diagramma dei momenti resistenti si determinano le lunghezze delle
armature ad esso associato. Nella figura in basso sono indicate le armature superiori ed
inferiori del travetto associate al diagramma dei Momenti resistenti.
Fig. 5.2 - Disposizione ideale delle armature
I ferri vanno infine convenientemente ancorati al calcestruzzo. Per la determinazione della
lunghezza di ancoraggio si faccia riferimento al capitolo 7. La figura seguente mostra la
disposizione delle armature del travetto comprensive della loro lunghezza di ancoraggio.
Fig. 5.3 - Disposizione delle armature con lunghezza di ancoraggio
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6. DISPOSIZIONE DELLE ARMATURE : DETTAGLI
COSTRUTTIVI
Per la disposizione delle armature occorre tener presente che in generale:
•
•
I ferri devono essere disegnati sotto ad una sezione longitudinale, in scala 1:50, del
travetto specificando il diametro dei tondini e le lunghezze dei ferri. I ferri non
possono avere lunghezza superiore ai 12 metri.
Un ferro continuo può essere spezzato in più tratti ricorrendo ad un’adeguata
sovrapposizione (80φ = 40φ + 40φ) ferri inferiori possono essere spezzati in
corrispondenza degli appoggi (momento positivo nullo). I ferri superiori possono
essere spezzati in campata (momento negativo nullo).
In quanto segue, vengono fornite specifiche indicazioni per le singole tipologia d’armatura.
6.1.
Armatura Longitudinale Inferiore
L’armatura minima Af da considerare in zona tesa deve rispettare la seguente condizione:
A f , min = 0.26
f ctm
bt d ≥ 0.0013 bt × d
f yk
dove
• bt rappresenta la larghezza media della zona tesa; per una trave a T con piattabanda
compressa; nel calcolare il valore di bt si considera solo la larghezza dell’anima;
• d è l’altezza utile della sezione;
• fctm è il valore medio della resistenza a trazione assiale definita nel § 11.2.10.2 delle NTC08
• fyk è il valore caratteristico della resistenza a trazione dell’armatura ordinaria
armatura
superiore
soletta collaborante
s
pignatta
armatura
inferiore
h
H
travetto
bo
bp
bo
i
Inoltre occorre rispettare le indicazioni seguenti
Af,min ≤ 4% Ab
dove Ab è l’area della sezione occupata dal calcestruzzo.
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Alle estremità di ogni travata va posta una quantità di armatura in grado di assorbire uno
sforzo di trazione pari al taglio. Inoltre l’armatura deve essere convenientemente ancorata
(vedi paragrafo ancoraggio armatura).
Tmax
Af = Tmax/fyd
Lunghezza di
Ancoraggio
Oltre al rispetto delle indicazioni normative occorre rispettare alcune regole derivate dalla
pratica professionale. Riguardo l’armatura inferiore occorre rispettare le condizioni seguenti:
Max 2 ferri per travetto
Nei travetti con fondello in laterizio le armature inferiori si dispongono nel traliccio prima
della prefabbricazione dello stesso.
armature di calcolo
Si utilizzano solo diametri pari
Le disposizioni tipiche dell’armatura inferiore sono le seguenti:
1φ
ancoraggio
1φ ...
ancoragg
Lunghezze
differenti
1φ ...
1φ ...
Lunghezze
uguali
Fig. 6.1 - Possibili disposizioni delle armature inferiori nei travetti di un solaio
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6.2.
Armatura longitudinale superiore
Nei solai in c.a. misti queste armature vanno posizionate nelle sole zone a momento
negativo.
zone a momento
negativo
Essendo la zona compressa limitata,
spesso la sezione a T è insufficiente,
sicchè si adotta spesso la soluzione di
eliminare una o più file di pignatte
realizzando la “zona piena”. La
sezione si presenta allora rettangolare
di base pari all’interasse dei travetti i.
T
C
Anche per l’armatura superiore vanno rispettati i stessi limiti dell’armatura inferiore
•
A f , min = 0.26
•
A f ≤ 4% Ab
f ctm
bt d ≥ 0.0013 bt × d
f yk
Le disposizioni usualmente adottate per l’armatura superiore sono indicate nella figura
seguente:
d ire zio n e te ssitu ra d e l so la io
a rm a tu ra
so la io
Zona
p ie n a
tra ve
1Φ L
1Φ L
Disp.1
(lunghezze
1Φ L
1Φ L
Disp.2
(lunghezze uguali)
Fig. 6.2 – Possibili disposizioni delle armature longitudinali superiori
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Anche in tal caso, come per le armature inferiori, il quantitativo di armatura per le due
disposizioni è lo stesso.
6.3.
Sbalzi
Si distinguono due tipi di sbalzi: in continuità (con o senza rilassamento). La disposizione
dell’armatura cambia in un caso o nell’altro.
Sbalzo in continuità senza ribassamento
In tal caso la tessitura del solaio sullo sbalzo è identica al solaio di campata. L’armatura viene
disposta in maniera da ricostituire la continuità statica del comportamento e il piano di
calpestio del solaio non subisce variazione di quota.
Sbalzo in continuità
solaio
trave
Questa armatura proviene in
genere dalla campata adiacente
Questa armatura serve per resistere
ad uno sforzo di trazione pari al
taglio (D.M. 09/01/96 P.5.3.1)
ancoraggio
Fig. 6.3 – Realizzazione di uno sbalzo in continuità
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Sbalzo in continuità con ribassamento.
A differenza del caso precedente il piano di calpestio del solaio subisce un variazione di
quota per problemi legati all’evacuazione delle acque piovane.
Sbalzo con ribassamento
Ancoraggio L = 40 Φ
Quando lo sbalzo non è tessuto in continuità con il solaio, è bene prevedere delle armature
in grado di ancorare la mensola al solaio perpendicolare in modo da ridurre gli effetti della
torsione primaria sulla trave portante.
7. CALCOLO DELLA ZONA PIENA
Il solaio, data la sua capacità di ripartire i carichi trasversalmente, fa parte di quegli elementi
che non necessitano di armatura a taglio. Ciò significa che le sollecitazioni di taglio vengono
interamente assorbite dal calcestruzzo.
La procedura per il progetto e la verifica a taglio deve essere effettuata in corrispondenza di
tutti gli appoggi dove gli sforzi di taglio sono massimi.
Per quanto disposto dalle normative se il taglio di calcolo non supera il valore del taglio
ultimo in assenza di armature dato dalla formula di seguito indicata, non devono essere
utilizzate armature a taglio
{
}
(
)
Vrd = 0.18 ⋅ k (100 ρ1 f ck )1/ 3 / γ c + 0.15σ cp bw ⋅ d ≥ v min + 0.15σ cp bw ⋅ d
dove:
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L’armatura Asl è definita in accordo con quanto riportato nella figura seguente.
Figura 7.1 – Definizione dell’armatura Asl per il calcolo della resistenza a taglio
Poiché la sezione di un travetto è a T, il taglio è portato essenzialmente dall’anima, Il taglio
massimo Tmax si verifica sempre in corrispondenza degli appoggi, mentre il taglio ultimo Tu è
situato in genere ad una distanza di 20-40 cm dall’appoggio.
Zona piena
Tmax
Tu
Tmax
Tu
zona resistente al taglio
Fig. 7.2 – Individuazione delle zone piene
Ciò suggerirebbe l’utilizzo di armatura a taglio proprio nella zona scoperta. Poiché
costruttivamente il posizionamento di armature trasversali come le staffe è operazione
difficile (La norma al punto 4.2.2.2 permette di non utilizzare armature a taglio nei solai).
Fig. 7.3 – Tipologie di fasce piene
Si preferisce incrementare la sezione di cls eliminando nella zona fra Tmax e Tu le pignatte
realizzando la cosiddetta “zona piena”. In figura 7.3 sono indicate le tipologie di zone piene
comunemente utilizzate.
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Le zone piene possono dunque essere realizzate eliminando per un tratto limitato (20-40
cm), a partire dalla trave d’appoggio, gli elementi di alleggerimento (fascia piena) oppure una
parte di essi (fascia semipiena).
Nel caso si dovesse verificare un taglio particolarmente elevato, si potrebbe aumentare la
base del travetto, oppure in casi estremi utilizzare dei ferri piegati.
Zona Piena
Zona Sempiena
Fig. 7.4 –Un esempio di calcolo di zona piena
ZONA
PIENA
Fig. 7.5 –La realizzazione in cantiere della zona piena
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8. ANCORAGGIO DELLE ARMATURE
La normativa impone che le barre tese siano prolungate oltre la sezione dove non sono più
utili in modo da realizzare l’ancoraggio delle stesse al cls e dunque l’eguaglianza delle
deformazioni dell’acciaio e del cls. La normativa permette di considerare le tensioni di
contatto acciaio-cls costanti su tutta la lunghezza di ancoraggio
Indicata con fbd la tensione tangenziale allo stato limite ultimo del calcestruzzo la lunghezza
di ancoraggio si calcola come segue. Per l’equilibrio alla traslazione lungo l’asse della barra
deve risultare che la forza applicata sia pari alla risultante delle tensioni tangenziali che
agiscono sulla superficie laterale della barra stessa.
πD ⋅ La ⋅ fbd = T
fctk
fbd = 2,25
T
D
γc
fctk = 0,7 ⋅ 0.27 ⋅ 3 R 2ck (N/mm2)
(D.M. 09/01/96 punto 2.1.2)
Se immaginiamo l’armatura snervata, si ha che:
T = A f ⋅ f yd = π
D2
f yd
4
Dunque la lunghezza di ancoraggio La assume la forma:
La =
f yd
4 f bd
⋅D
ESEMPIO
cls Rck 30 N/mm2
Acciaio feb44k
fyk= 375 N/mm2
Quindi:
f bd = 2,25
f yd =
f ctk
γc
= 2,25
0,7 ⋅ 0,27 ⋅ 3 30 2
= 2,55 N / mm 2
1,6
375
= 326 N / mm 2
1,15
quindi:
L a ≅ 32D
In genere si assume la regola La ≅ 40 ⋅ D
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La
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9. ULTERIORI INDICAZIONI PROGETTUALI
Per luci superiori a 5.50 metri è necessario inserire un travetto rompitratta, o di ripartizione,
perpendicolare alla tessitura dei travetti, con base 15 cm (armato con 2 φ 16 sopra e 2 φ16
sotto) allo scopo di aumentare la rigidezza della struttura nel suo assieme
La soletta deve essere armata con una rete elettrosaldata in grado di ripartire i carichi
trasversali e assorbire gli effetti del ritiro del calcestruzzo. Il quantitativo minimo previsto
dalla normativa è di 3φ6/m o il 20% dell’armatura longitudinale di intradosso. Una rete di
uso frequente è composta da una maglia quadrata composta da φ6/20 cm. Le prescrizioni
sulla rete devono essere indicate sui disegni di carpenteria.
10. VERIFICA DELLE SEZIONI A FLESSIONE
Una volta determinato il quantitativo di armatura necessario, si passa alla verifica delle
sezioni nei confronti della sollecitazione di flessione. In genere nei solai il comportamento
delle sezioni è assai duttile dato che l’armatura è in genere piccola rispetto alla sezione di
calcestruzzo. Per tale motivo l’uso dell’equazione (4) può essere ritenuta ancora valido. In
caso contrario, se l’asse neutro cade in soletta, la sezione può essere trattata ancora come
rettangolare e questo semplifica notevolmente i calcoli. Se l’asse neutro cade al di sotto della
soletta occorre trattare la sezione come a T. In tal caso, facendo uso dello stress-block si può
risolvere il sistema per tentativi variando di volta in volta il diagramma delle tensioni e
calcolando le risultanti di trazione e compressione che, se uguali, portano alla soluzione del
problema. Le sezioni che solitamente vanno verificate sono quelle indicate nella figura
seguente:
Fig. 10.1 – Sezioni di verifica di un solaio
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11. RAPPRESENTAZIONE GRAFICA
La rappresentazione grafica di un solaio in latero cemento è particolarmente articolata e
presuppone la conoscenza delle tecniche di disegno in grado di rappresentare al meglio
l’oggetto del progetto. In genere un solaio viene rappresentato in pianta, dove sono indicati
tutti gli elementi distintivi: travetti, pignatte, pilastri, zone piene, fili fissi, quote generali e
particolari, sezioni di dettaglio. Un esempio è riportato nella figura seguente.
Figura 11.1 - Pianta della carpenteria di un solaio
Si noti la presenza delle armature, che in genere si riferiscono a un solo travetto e a zone
diverse di solaio. Sono anche presenti alcune sezioni significative, che permettono di capire
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anche possibili variazioni di quota del solaio stesso. Vanno inoltre indicati i pilastri e i fili
fissi. Questi ultimi rappresentano le facce di pilastri e pareti che per tutta l’altezza di una
struttura non subiscono nessun cambiamento planimetrico.
Figura 11.2 – significato geometrico di Fili Figura 11.3 significato geometrico di pianta
fissi
di carpenteria
La pianta della carpenteria di un solaio deve essere interpretata come la proiezione in pianta
di una sezione orizzontale fatta appena al di sotto del piano considerato. In fig. xx viene
meglio esplicitato il concetto.
Anche per schemi più complessi la rappresentazione così come appena indicata rimane la
migliore garanzia per una corretta interpretazione della volontà del progettista.
Figura 11.4 – Pianta carpenteria di un solaio latero-cementizio
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