La cucina del territorio pavese in carta

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La cucina del territorio pavese in carta
“LA
CUCINA DEL
TERRITORIO PAVESE
IN CARTA”
EDIZIONE
DAL 14 AL 28 LUGLIO 2014
PRODOTTI TIPICI DELL’OLTREPO’ PAVESE
SALUMI
Salame di Varzi. Uno degli insaccati più tipici di carne cruda di suino lavorato nel nord Italia è il salame di Varzi. E'ottenuto
dalla macinazione a pasta grossa di carne e grasso suino, con l'aggiunta di sale,pepe nero in grani,noce moscata e
aromatizzato con un infuso di aglio e vino rosso . Viene insaccato in budello legato stretto. Il peso non è inferiore ai 700 g.
Durante Il periodo di stagionatura, minimo 6-7 mesi, le muffe ricoprono il budello. Al taglio si presenta di un colore rosso
vivo inframmezzato dal bianco del grasso. E' un tipico insaccato della Valle Staffora.
Preparazione
E’ di puro suino, con un disciplinare severo sulla provenienza e il metodo d’allevamento degli animali (i maiali, per esempio,
non devono pesare meno di 150 kg); macinato a grana piuttosto grossa, è aromatizzato con infuso di aglio nel vino rosso e
pepe nero in grani, insaccato in budello rigorosamente naturale, di pezzatura tra i 500 g e i 2 kg, stagionato 6/8 mesi. i tagli
di carne impiegati sono: spalla, coscia, lonza, filetto, coppa snervata, pancettoni mondati, triti di prima qualità e grasso di
guanciale e lardello per un massimo del 40%. In base alla pezzatura si distingue in varie tipologie: filzetta che ha una
stagionatura di circa 45 giorni, filzettone con una stagionatura di circa 45 giorni, filzettone con una stagionatura di 60 giorni,
sottocrespone a budello semplice con stagionatura di 120 giorni e cucito a budello doppio con stagionatura di minimo 180
giorni. Al taglio deve presentarsi tenero e di colore rosso vivo, con impasto compatto e bella presenza della parte bianca. I
luoghi originali di stagionatura e la produzione artigianale garantiscono un salame tenero anche a giusta maturazione ma non
molle né troppo grasso, di gusto dolce e delicato, di aroma intenso e caratteristico, che ben si sposa con i pani tipici del
territorio (miccone pavese, micca di Stradella).
Abbinamenti
Bonarda, Buttafuoco, Rosso Oltrepò. Da provare anche con il Sangue di Giuda
Salame tradizionale. E' uno tra i salami più conosciuti, deriva da un impasto di carne suina e bovina macinato fine "a grana
di riso". E' insaccato in crespone suino o anche, data la sua produzione su larga scala, su tutto il territorio nazionale, in
budello sintetico.E' un prodotto di dimensioni notevoli,che pesa 3-4 kg. La stagionatura è tra le più lunghe nel settore dei
salumi e prevede uno sviluppo di muffe sul budello.
Cacciatorino dell'Oltrepo Pavese. Salamini di piccolo formato lunghi da 15 a 20 cm con un diametro di 3-4 cm e un peso di
circa 70-90 g ciascuno. La composizione dell'impasto è variabile a seconda delle zone; la stagionatura è breve (15-20 giorni).
L'impasto è insaccato nel torto di manzo e la legatura è fatta utilizzando spago piccolo, in modo da dividere un cacciatorino
dall'altro e formare file da 6- 12 pezzi.
Cotechino. È il classico piatto di recupero delle parti del maiale meno nobili, che era difficile riuscire a vendere. Viene
bollito e servito caldo.
Zampone .Stesso concetto del cotechino, cioè un ghiotto modo per recuperare le parti del maiale meno nobili: lo zampone è
uno dei piatti beneaugurali che non può mancare al Cenone di San Silvestro.
Lardo. Il Lardo e la schiena del suino. Il migliore deve superare i 5 cm di spessore al taglio fresco. Si conserva sino all'anno,
ricoperto di sale, al fresco e in luoghi asciutti. La pestata di lardo era il condimento principe. Molto simile per composizione
e preparazione al pesto modenese, viene usato oggi per insaporire le minestre di verdura; spalmato sul miccone fresco è
l'aperitivo storico dei raduni paesani.
Coppa dell'Oltrepo Pavese insaccato ottenuto con la coppa di suini di razze idonee ingrassati con prodotti locali. Per
l'assoluta assenza di conservanti chimici è essenziale la stagionatura nelle tipiche cantine del territorio. Nel valutare il livello
qualitativo di una coppa, grande attenzione va prestata al grado di umidità del budello naturale in cui è insaccato il salume
Se la stagionatura si è svolta in un ambiente troppo umido si potrà notare sul budello una patina superficiale. Viceversa, se è
avvenuta in un ambiente troppo secco, si può riscontrare al taglio, sulla fetta, una differenza di tonalità di colore e quindi un
effetto di chiaroscuro. In alcuni casi si possono riscontrare anche fenditure all'interno oppure ossidazione delle parti grasse, a
scapito del profumo e del sapore. Non bisogna dimenticare infatti che il sapore della coppa è determinato in particolare
dalla gradualità e dalla durata della stagionatura (meglio se lenta, comunque compresa tra i due e i quattro mesi, a seconda
delle tipologie).
Preparazione
La coppa, ovvero l'omonima parte del maiale (il muscolo sopra al collo) salata, insaccata e conservata a crudo, che si fa
nell'Oltrepò pavese è molto diversa da quella piacentina soprattutto per un particolare determinante: le dimensioni. Più
magra e più piccola, richiede una mano magica del salumiere perché rispetti comunque il gusto nordico del salume dolce e
non venga sapida come gli Ossocolli del centro-sud. Resta in concia 5 o 6 giorni con il sale e le spezie preferite di ogni
produttore (comunque poche), poi viene bagnata nel vino. Quindi viene insaccata in budello grosso naturale e lasciata
stagionare per un anno, se non anche un anno e mezzo. Naturalmente diventerà quasi secca, pressoché impossibile da
affettare. Viene allora avvolta in uno strofinaccio e lasciata in infusione in un vino osso corposo, un barbera vecchio stile.
Dopo qualche giorno si sarà ammorbidita, la pelle sarà completamente viola e si staccherà facilmente. Allora la coppa sarà
affettabile, gustosa, saporita ma non salata.
Abbinamenti
Sono consigliati vini secchi o amabili, frizzanti o rossi con buona acidità, anche mossi (Bonarda, Barbera)
Maiale. Anche nella tradizione dell'Oltrepò del maiale non si butta via nulla: finisce in salumi e le parti meno nobili in altre
preparazioni. È il caso dei marubè, frittelle di sanguinaccio, e della frittura di carnevale dove venivano consumati tutti i
"resti" dell'animali
Pancetta. Salume tipico dell'area piacentina, prodotto nella zona di confine con l'Oltrepò, la pancetta viene fatta stagionare
in cantine adatte (dalle caratteristiche ben precise) anche per due o tre anni. Nel caso della pancetta, la caratteristica
qualitativa da tenere più sotto controllo è costituita dalla morbidezza. Inoltre, va valutato con attenzione l'aspetto del
grasso: come già nei prosciutti, più il grasso è bianco, migliore risulta la qualità complessiva della pancetta. Un altro
elemento da considerare è quello della maggiore o minore presenza di sale: se risulta in eccesso, rischia seriamente di
rovinare il sapore del salume. Il difetto più frequente da controllare (soprattutto nella pancetta coppata) è quello delle
fessurazioni, determinate da una scarsa coesione tra grasso e magro e presente soprattutto nella testa e nella coda della
pancetta.
Preparazione
La fattura è semplicissima e tende a valorizzare il gusto intrinseco delle carni dei suini lombardi e i profumi dovuti
all’ambiente della lunga stagionatura: salata e pepata con abbondanza, aromatizzata con poco aglio, viene arrotolata e
fatta maturare. Se non si sono fatti errori (soprattutto lasciando cuscinetti d’aria), diventa spesso un salume eccellente, in
cui la sapidità e l’aroma particolare sovrastano la sensazione di grasso. Diventa quasi un peccato mortificarla come
ingrediente delle ricette locali con la selvaggina. Sono ancora molte le famiglie e le piccole macellerie che in Oltrepò
uccidono il maiale e fanno i salami (simili a quelli di Varzi) e altri insaccati in modo artigianale. Il clima dell’Oltrepò è
particolarmente adatto alla lunga stagionatura di straordinarie coppe e della pancetta arrotolata, ed è quest’ultima che più
incuriosisce: proprio la Diventa quasi un peccato mortificarla come ingrediente delle ricette locali con la selvaggina. Sono
ancora molte le famiglie e le piccole macellerie che in Oltrepò uccidono il maiale e fanno i salami (simili a quelli di Varzi) e
altri insaccati in modo artigianale. Il clima dell’Oltrepò è particolarmente adatto alla lunga stagionatura di straordinarie
coppe e della pancetta arrotolata, ed è quest’ultima che più incuriosisce: proprio la lavorazione manuale e un po’ a occhio
nei dosaggi da parte di piccolissimi produttori fa sì che ogni pancetta sia diversa dalle altre.
Abbinamenti: Bonarda, Buttafuoco, Rosso Oltrepò
FRUTTA E VERDURA
Pelosini, o pesche selvatiche, maturano appena prima della vendemmia e sono di dimensioni ridotte e dal sapore amaro. I pelosini,
che devono il loro nome alla peluria che ne riveste la buccia, sono ottimi per preparare confetture e da sciroppare.
Castagne. Se ne trovano molte nell'Oltrepò Pavese montano. Un alimento da sempre presente nella tradizione gastronomica
oltrepadana (vedi anche boiocche): vengono usate nella preparazione dei dolci (la patona, una sorta di castagnaccio), ma anche
nelle paste ripiene.
Frutta. Non solo vigneti in Oltrepò Pavese ma anche alberi da frutta: tra i prodotti più tipici le mele di Soriasco (renette ma anche
di antiche varietà) e le pesche di Volpedo, gialle, nella tradizione cotte al forno.
Mostarda di Voghera. Ricetta di provenienza ligure, viene fatta risalire alla necessità di mantenere la frutta per lunghi periodi sulle
navi. Il procedimento di preparazione deriva dagli spagnoli; approdato a Voghera e subito adottato, il suo uso verrà consolidato,
verso la metà di questo secolo, da alcuni industriali di Cremona.
Peperone di Voghera. Carnoso, saporito, il peperone di Voghera, rosso, verde o giallo, viene usato nella preparazione di risotti e di
salsine che accompagano le carni bollite (bagnet di peperoni). Vengono utilizzati anche per la peverada, una sorta di peperonata.
Oltre ai tipici formaggi di alta collina, che discendono dalle tome piemontesi, si segnala il furmag cui saltarei, formaggio vaccino
stagionato con i vermi: si racconta che, durante i mercati, le forme esposte sui banchi camminassero! Nonostante non esista una
vera e propria tradizione locale, vanno segnalati anche alcuni emergenti allevamenti caprini che propongono formaggi di grande
qualità. Siras. Ricotta di pecora, avvolta in tele che ne conferivano la classica forma a cono, un tempo veniva venduta in giornata
dai figli dei pastori che stanziavano in zona. Il Nisso di Menconico, formaggio di lunga stagionatura, chiamato anche il "formaggio
che salta o che brucia" dal sapore piccante, composto di latte di vacca e pecora, e gli squisiti formaggi di pecora.
Miccone pavese
Miccone, pane stradellino di origine, da sempre adottato dall'Oltrepò come simbolo dei fornai. È un pane di circa 1 kg, ben cotto
all'esterno e soffice all'interno; l'impasto viene preparato 48 ore prima, utilizzando il "crescente", parte di impasto accantonata per
far da base ai lieviti. La micca non è un pane condito. Conservato in luogo sano e fresco, si mantiene per più giorni, tanto che nelle
cascine era tradizione panificare soltanto un giorno alla settimana. Consumato
Descrizione
L'impasto è duro, ossia con solo il 35/40% di acqua:in tal modo il pane potrà mantenersi a lungo fragrante in zone con clima tanto
umido. Ne risultano pagnotte sapide, con aroma di pasta lievitata ben distinto, crosta spessa e mollica bianchissima, soffice ed
elastica, che si esaltano con salumi stagionati e piuttosto dolci e sono ideali per "pucciare" gli intingoli degli stracotti.
Cenni storici
Il miccone è un pane tradizionale pavese. Nei forni che usano ancora il lievito naturale non c'è di meglio, per accompagnare la
coppa e il salame che questo grosso pane di pasta dura lasciato riposare per un paio di giorni. L'impasto che dà origine a questo tipo
di pane è molto faticoso da lavorare e si ritrova (senza grassi come questo oppure condito con strutto) lungo tutta la valle del Po
seppure con forme diverse. Ha una tradizione al medioevo con l'obiettivo di ottenere pane con minor percentuale di umidità
Inoltre, nel bosco, tra castagni, larici, querce e pini si trovano porcini, ovuli e poi tartufi bianchi e neri. Da notare inoltre che i
tartufi bianchi più profumati e pregiati vengono trovati dai tartufai in pianura, addirittura fin contro agli argini del fiume Po.
IL MIELE
In questi ultimi anni anche il miele può essere considerato a pieno titolo un prodotto tipico. L'A.S.A.P. (Associazione Apicoltori
Pavesi) con sede a Voghera, garantisce l'integrità del miele vergine integrale, prodotto locale naturale che non subisce trattamenti
termici, estratto mediante la sola centrifugazione. Il miele prima di essere riposto in vasetti, viene immagazzinato nelle cellette dei
favi e lasciato decantare in appositi contenitori. E' altamente energetico con elevate caratteristiche qualitative. Fonte di zuccheri
semplici, è ricco di enzimi, vitamine, sali minerali e oligominerali.
PIATTI TIPICI DELL’OLTREPO’ PAVESE
L’Oltrepò Pavese, per la sua collocazione geografica, risente delle tradizioni gastronomiche di Emilia Romagna e Piemonte e lega
alcune delle sue ricette tipiche alle abitudini di domini passati (come quello spagnolo e francese) ma soprattutto ad una vocazione
contadina antica e mai rinnegata.
Bollito Misto
Piatto di origine piemontese, generalmente servito il giovedì. È composto dal gerretto di bue, biancostato di bue, codino di vitello e,
a volte, il ginocchietto e la testina di vitello. Viene solitamente accompagnato con la mostarda di Voghera, un bagnetto di peperoni
(sempre di Voghera) o cosparso di sale grosso.
Il Dolcebrusco, salsina che insaporiva le carni fredde bollite, in particolare quelle degli animali da cortile. La ricetta tradizionale è a
base di zucchero, aceto rosso d'uovo, fegatini e, quando c'erano, aringhe e capperi.
Gallina Ripiena.
Tipico piatto natalizio della cucina oltrepadana. Il ricco ripieno – un impasto di pane grattugiato, uova, prosciutto, grana – costituiva
la ricchezza del piatto. fresco è di grande piacevolezza e scarsissima resa, da qui il proverbio "pane fresco e legna verde conducono
alla povertà.
Ingredienti
una gallina
6 fette di pancetta
2 uova
un ciuffo di prezzemolo
8 foglie di salvia
2 spicchi di aglio
2 carote, 1 cipolla
6 cucchiai di parmigiano grattugiato
4 cucchiai di pangrattato foglia d'alloro
pepe appena macinato, sale
Preparazione
Eviscerate la gallina e mettete da parte il cuore, il fegato e lo stomaco, che tritate. Unite a questo trito il prezzemolo sminuzzato, la
salvia, la pancetta a dadini, l'aglio schiacciato, il parmigiano e il pangrattato. Aggiungete il sale, il pepe e le uova intere. Mescolate
il ripieno fino alla perfetta amalgama di tutti gli ingredienti. Con questo riempite la gallina e ricucite. Lessate la gallina così trattata
e servitela tagliata in pezzi, ciascuno accompagnato dalla propria porzione di ripieno. La gallina, come tutti gli animali da cortile, è
stato un cardine della cucina tradizionale contadina dell'Oltrepò tanto che, insieme ai ravioli, era il piatto tradizionale delle festività
più importanti.
Abbinamenti
Suggerito l'abbinamento con vini piuttosto robusti come Bonarda, Buttafuoco, Rosso Oltrepò.
Zuppa alla pavese
Ingredienti
4 uova fresche
12 crostini di pane casereccio raffermo
600 grammi di brodo di carne e gallina
100 grammi di formaggio grana
15 grammi di crescione d'acqua
Preparazione
Tostare il pane. Portare in ebollizione il brodo. Mettere nelle terrine il pane, il formaggio grana e l'uovo al centro e quindi versare il
brodo bollente ed il crescione.
Storia
La zuppa alla pavese prende nome da un episodio che vide protagonista il Re Francesco I° che durante la battaglia di Pavia
sollecitò una contadina per un frugale pasto. La donna, usando tutto ciò che aveva a disposizione, compose, senza saperlo, un piatto
destinato ad una fama secolare ed internazionale.
Abbinamenti
Suggerito l'abbinamento con vini piuttosto robusti come Bonarda, Buttafuoco, Rosso Oltrepò.
Fagioli con le cotiche
Ingredienti
450 g di cotiche di maiale fresche
220 g di fagioli borlotti secchi
30 g di lardo, una grossa cipolla
1 grossa cipolla
2 coste di sedano
2 carote
2 spicchi d'aglio
1 bicchiere di salsa di pomodoro
burro q.b.
pepe appena macinato, sale
Preparazione
Bagnate i fagioli in acqua fredda e lasciateli in ammollo per metà giornata. Scolateli e lessateli in acqua non salata. A parte, lessate
le cotiche insieme a mezza cipolla, una costa di sedano e l'aglio. In una casseruola sciogliete una noce di burro e rosolate il lardo
tritato, la cipolla avanzata affettata a velo, le carote grattugiate e la costa di sedano tagliata alla julienne. Quando il soffritto è ben
profumato, mettete in padella i fagioli lessati e le cotiche tagliate a fettuccine. Aggiungete la salsa di pomodoro e poco del brodo
ottenuto con le cotiche. Salate, pepate e prolungate la cottura per poco più di mezz'ora.
Abbinamenti
Suggerito l'abbinamento con vini piuttosto robusti come Bonarda, Buttafuoco, Rosso Oltrepò.
Frittata con i vertis
I germogli di Luppolo (Humulus lupulus), in dialetto vertis, noti pure come bruscandoli, asparagina o asparagi selvatici, pur non
avendo nulla a che vedere nè botanicamente nè gastronomicamente con gli asparagi selvatici veri e propri, sono i giovani virgulti
della pianta e sono lunghi e sottili, ma non sono rigidi e si raccolgono dai rami rampicanti che invadono le siepi, le reti di recinzione,
i muretti, avvolgendo a spirale tutto ciò che consente alla pianta di raggiungere più luce. Rispetto a germogli simili di altre piante,
che sono quasi sempre lucidi e glabri, si riconoscono perché ruvidi, quasi appiccicosi. Crescono proprio dappertutto, vengono venduti
in mazzetti sulle bancarelle e nei negozi, sono i protagonisti di due specialità primaverili (si raccolgono in aprile) classiche
dell'Oltrepò: il risotto e la frittata con i luvertis, ma stanno benissimo anche nelle minestre.
Ingredienti
400 g di getti di luppolo. 6 uova, burro, grana grattugiato, sale
Preparazione
Tagliate a tocchetti lunghi tre centimetri i getti di luppolo (luvertis), passateli al burro con un po’ di sale finché non prendono un
colore più chiaro. Sbattete le uova con altro sale e abbondante formaggio, unite i luvertis scottati e rimettete il tutto nel tegame
dopo avervi sciolto altro burro. Cuocete finché la frittata non è dorata da entrambi i lati.
Agnolotti (ravioli) di brasato
Ingredienti
800 g di polpa di manzo
700 g di farina bianca
200 g di pomodori pelati passati
50 g di burro
50 g di lardo
6 uova
2 bicchieri di vino rosso
1 carota
1 cipolla
1 gamba di sedano
1 foglia d'alloro
brodo di carne
sale e pepe
Preparazione
Fate la pasta con la farina, le uova e acqua quanto basta. Rosolate nel burro, con gli odori battuti insieme al lardo, la carne di
manzo, bagnatela col vino e fatelo consumare. Aggiungete 2 mestoli di brodo e i pomodori, salate e pepate. Dopo tre ore di cottura
a fuoco molto lento e in brasera coperta ermeticamente, tritate la carne, mescolatela al parmigiano, alle uova, a parte del suo sugo
e a un pizzico di noce moscata. Col composto fate delle palline che porrete a distanza regolare sulla pasta tirata sottile. Coprite con
un’altra sfoglia di pasta e ricavate dei ravioli quadrati. Per il condimento usate il sugo del brasato, ristretto se necessario e passato
al setaccio.
Abbinamenti Suggerito l'abbinamento con vini piuttosto robusti come Bonarda, Buttafuoco, Rosso Oltrepò.
DOLCI TIPICI
Ciambelle. Dette anche brasadè, costituiscono il dolce tipico della zona; ogni comune ne vanta l'invenzione e l'originalità della
ricetta. Le più conosciute sono le ciambelle di Staghiglione - Borgo Priolo -, ottenute con impasto per dolci non lievitato, e quelle di
Broni, preparate con un impasto di pane leggermente dolcificato e, una volta ben cotte, chiuse ad anello. Si conservano diversi
giorni. Un tempo le bambine le portavano come collane.
Torta di mandorle. Torta di mandorle specialità dell'Oltrepo Pavese, in particolare famosa quella di Varzi. Torta San Contardo.
Specialità tipica del paese di Broni, creata in onore del Santo Patrono del paese, San Contardo, pellegrino padovano morto poi nel
paese locale.
Risumata, dolce altamente energetico ottenuto montando i tuorli con lo zucchero e aggiungendo vino bianco aromatico fino a
ottenere una consistenza bevibile.
Schita, acqua, farina, strutto e latte: è la ricetta della schita, frittella che accompagnava i salumi locali.
Torta del paradiso
Preparazione
In un recipiente caldo si montano, fino a ottenere una spuma soffice, due etti di burro di primissima qualità e due etti di zucchero a
velo; si uniscono, sbattendo con la frusta e uno per volta, quattro tuorli e tre uova intere, poi un pizzico di vaniglia in baccello
spolverizzata (se si usa la vaniglina di sintesi si rovina tutto) e la scorza di un limone non trattato grattugiata sul momento. Infine si
fanno scendere a pioggia da un setaccio un etto di farina 00 e un etto di fecola di patate mescolate insieme, mescolando con
molta delicatezza per evitare che l’impasto si smonti. Si inforna in tortiera a 180°, cuoce in quaranta minuti. E’ migliore il giorno
dopo e si conserva bene per diversi giorni avvolta accuratamente nella stagnola. Al momento dell’uso si spolvera di zucchero a velo.
Creata nel 1878 da Enrico Vigoni, è la più classica delle torte casalinghe, quella che piace a tutta la famiglia. Il segreto della vera
torta paradiso e della sua bontà sta nelle materie prime e nella montatura accurata.
Abbinamenti
Moscato dell'Oltrepò o Sangue di Giuda.
A cura della Sig.ra Piera Spalla
Rivanazzano Terme, 13 luglio 2014