un viaggio - AIDEA – La Spezia

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un viaggio - AIDEA – La Spezia
UN VIAGGIO
Dopo la pioggia di ieri non pensavamo, affacciati al balcone, di vedere il cielo sgombro di nubi ed
un sole splendido che entrava prepotente nella nostra cameretta creando riflessi dorati, spandendo
gioia e buonumore. Pregustavamo già la meravigliosa giornata che avevamo programmato tempo
permettendo.
La voce della mamma che ci invitava a consumare la colazione a base di gustosi dolcetti fatti da
nonna Ada, ci distrae dal nostro pensiero. Mentre facciamo onore al dolce nonna Ada ci spiega il
programma della nostra gita al mare.
Terminata la colazione aiutiamo mamma a rassettare la cucina e, dietro suo invito, a preparare le nostre cose per il mare.
Da pochi mesi siamo ospiti di nonna Ada in attesa della ristrutturazione della nostra casa in Via 20
settembre diroccata a causa di un feroce bombardamento durante la seconda guerra mondiale.
La nostra città si sta riprendendo a fatica dai danni provocati dalla guerra , e solo oggi, a tre anni
dalla fine si ricomincia a vivere e a pensare ad un futuro più sereno.
Finito di prepararci, sentiamo dal salotto la voce della nonna che ci esorta ad andare, e dopo gli ultimi preparativi, come ad esempio l’ultima specchiata di mia sorella Elsa, siamo pronti a partire.
In dieci minuti a piedi raggiungiamo, da Via 24 maggio, la Passeggiata Morin dove è già in attesa
un trenino.
A parte la giornata al mare, siamo contenti di essere trasportati allo stabilimento Nettuno con il treno a carbone con i vagoni verdi.
La nostra famiglia non usava molto spesso il trenino, perché frequentava e preferiva le Cinque
Terre.
Sono passati quarant’anni da quel giorno e una telefonata da parte della mia Società mi conferma
un nuovo lavoro in provincia di La Spezia.
Al solo pensiero di tornare nella città che mi ha ospitato ancora ragazzo il mio cuore batte forte e
un’ondata di emozioni mi attanaglia.
L’università a Genova, il matrimonio ad Alessandria, il lavoro in Piemonte: quante cose sono cambiate!
Mia sorella Elsa vive in America come corrispondente di un noto giornale italiano con marito belga
e tre splendidi ragazzi. Anch’io sono stato sposato, ho due ragazzi maschio e femmina, ma non ho
più la moglie persa a causa di un fatale incidente stradale.
Forse potrebbe essere il mio ultimo incarico prima della pensione per poi dedicarmi a fare “il nonno” di due meravigliosi bimbi Roberta e Francesca figli di Andrea, mentre Lucia sembra che sia in
attesa e quindi i presupposti di fare il nonno ci sono in quantità.
Comunque sono emozionato e contento di tornare a La Spezia.
Altri due mesi sono passati, sono giunto alla fine del mio lavoro e sono proprio felice di tornare a
casa. Prima di partire dedico una giornata ai ricordi: ritorno verso la passeggiata Morin, con l’autobus ripercorro il percorso che faceva il trenino a carbone, e non vedo più il mare ma tante gru e
container: le spiagge e gli stessi stabilimenti spariti. Peccato veramente perché pensavo che La Spezia con il suo meraviglioso golfo potesse diventare una meravigliosa sede turistica senza invidiare
nulla a Cannes o a Nizza.
D’altronde il paese ha fatto scelte industriali, l’arsenale e la marina militare hanno fatto il resto e gli
spezzini non sono né carne né pesce. Prima di rientrare in albergo a preparare i bagagli mi reco per
la cena dalla mitica “PIA” dispensatrice della famosa farinata.
E domani si parte.
Mi reco in stazione, acquisto un libro con delle meravigliose foto della flora e dei famosi vigneti di
questa frastagliata costa ligure, telefono poi ad Andrea per avvisare del mio prossimo arrivo.
Il treno parte in perfetto orario, mi accomodo in una comoda poltrona dal finestrino per vedere fra
una galleria e l’altra il meraviglioso mare che lambisce le famose cinque terre.
Improvvisamente una frenata brusca mi sposta in avanti facendomi finire sul sedile di fronte. La
luce del vagone ferroviario si spegne e comincio ad intravedere delle luci di torce elettriche che si
muovono all’interno della galleria.
La luce nello scompartimento ritorna, ma flebile e affacciandomi al finestrino intravedo o mi sembra una luce lontana che sembrerebbe l’uscita della galleria.
Finalmente una luce in movimento di una torcia segnala la presenza di un addetto delle Ferrovie: si
ferma poco distante dal mio punto di osservazione, chiedo il motivo della fermata e mi viene risposto che alcuni operai stanno verificando poi, molto lentamente, continua il suo controllo e scompare alla mia vista.
Non faccio in tempo a ritirare la testa dal finestrino che improvvisamente mi sento afferrare e tirare
giù fuori dal treno accompagnato da un forte dolore sul collo che mi fa perdere i sensi, non prima
però di vedere il treno riprendere lentamente la sua corsa.
Una porta cigolante si apre, un raggio di sole mi colpisce violentemente in viso e subito si rifà buio.
Due persone con voci quasi metalliche, roche, entrano e cercano di scuotermi per farmi riprendere
conoscenza. Apro gli occhi, un dolore lancinante al capo mi fa quasi urlare, cerco di muovere le
gambe, di alzarmi ma inutilmente.
Comincio a prendere confidenza con la poca luce del locale e intravedo due sagome, allungate, che
si muovono in modo goffo e che non hanno niente di umano. Sembrano due pali storti in più punti,
gobbi con prolungamenti laterali, che però non hanno niente a che fare con le normali braccia. Con
voce sgradevole, non umana mi fanno intendere che non corro alcun pericolo, ma è evidente: sono
stato rapito.
Non rispondono alle mie domande, mi dicono invece che hanno portato del cibo e dell’acqua e che
sarebbero ritornati più tardi con il loro Capo.
Con molta fatica cerco ancora di farmi spiegare il motivo e perché mi trovo prigioniero. Nessuna risposta e la porta si riapre e velocemente si richiude non dandomi la possibilità in pochi attimi di
luce di vedere dove mi trovavo.
Ancora un rumore violento contro la porta dall’esterno che mi fa pensare ad una grossa pietra per
impedire la mia fuga.
Riesco a malapena ad alzarmi in piedi e così mi rendo conto che altre parti del corpo non sono dolenti. Mi accorgo che da una fessura del tetto viene un po’ di luce e che il soffitto è basso e che potrei trovarmi in una vecchia casupola adibita a rifugio di attrezzi agricoli, percepisco un buon forte
profumo di erbe e fiori che mi fanno pensare di essere in campagna.
Cerco di arrivare al tetto per allargare la fessura spostando qualche tegola ma con esito negativo: è
tutto murato, la fessura dalla quale passa una debole luce è una presa d’aria.
Non vedo, né tocco finestre, la porta è bloccata dall’esterno forse con una grossa pietra. Mi rassegno cercando di riposare per essere più in forma al momento del bisogno. Cerco a tentoni il cibo
portato da quei due figuri ed individuo una mela, un pezzo di formaggio e una bottiglia con del
vino. Ho molta sete! Bevo con avidità e apprezzo il gusto del vino! Completato il “pranzo” mi sdraio cercando un po’di morbido con della paglia e per fortuna prendo sonno.
Raspo e Vitigno Roccese, dopo avere messo la grossa pietra davanti alla porta della capanna dell’ostaggio fanno ritorno al rifugio del Monte Grosso.
Durante il percorso molti arbusti fra cui Ginestra Pelosa, Erica Erbacea, Alberelli di Viburno, Lecci
s’informano sull’esito dell’operazione sequestro chiamata
“RIOMAGGIORE” e soddisfatti seguono i due verso il rifugio dove Vermentino, leader del movimento e la sua famiglia sono in attesa.
Passano un posto di blocco controllato da Gabbietta figlia di Vermentino e alla fine sbucano nel
grosso rifugio dove seduti ad un grande tavolo si trovano Vermentino e il Gran Menhir.
Raspo e Vitigno Roccese riferiscono sulla visita all’ostaggio dando assicurazioni sul buon stato di
salute.
Vermentino conclusa la prima parte dell’operazione mette al corrente il non ancora alleato GRAN
MENHIR del motivo del rapimento.
Vermentino racconta di aver appreso da un collega dell’isola Elba Passito Dolce di un immenso
danno ecologico per l’installazione di ripetitori sull’isola da parte di una società piemontese il cui
direttore responsabile è il nostro ostaggio ed ancora di un progetto che coinvolgerà tutta l’Italia del
nord ed in particolare la Liguria.
Tutte queste forme di progresso per assicurare migliori servizi, continua Fermentino, alterano molti
equilibri naturali; in particolare la Vite si ribella e per combattere sempre più questa intrusione non
naturale decide di umanizzarsi e di sostituire l’uomo ormai ritenuto incapace di reagire alla protezione della natura.
Siccome anche in questa nostra zona delle 5 terre succedono le stesse cose (ripetitori, abbandono
dei vigneti, lavoro troppo faticoso) le viti diventano artefici di questa ribellione assieme a tutte le
piante esistenti sulla zona. Vogliono, con questa azione, portare aiuto all’inconsapevole uomo, riportarlo a considerare la natura, a lavorare la terra, a renderla rigogliosa. Cosi facendo l’uomo
avrebbe una vita migliore più serena, con più salute e meno problemi.
Quindi Vermentino per interessare l’opinione pubblica decide assieme ad altri capi di varie zone
d’Italia di rapire un grosso esponente delle telecomunicazioni mondiali.
Il Gran Menhir sentita l’esposizione di Vermentino decide di partecipare all’azione mettendo a disposizione la sua organizzazione.
Intanto Vermentino con Raspo trasferiscono l’ostaggio dalla capanna al rifugio del Monte Grosso.
E’ l’alba quando con l’ostaggio Vermentino e Raspo arrivano al rifugio del monte Grosso. Il sole è
appena sorto quando inizia la discussione per giudicare l’ostaggio.
Sono presenti in questo consiglio rappresentanti non solo italiani ma spagnoli, francesi e americani
rappresentati dalle migliore famiglie quali i Guttiferali presenti con Camelia, Geranziali con Lino,
Papaverali con Cavoli e Ravanello, Malvali con Cacao e signora, Urticali con Luppolo ecc. ecc.
Dopo una breve discussione tutti i rappresentanti mondiali decidono di interrompere la produzione
agricola, cioè di non fornire ai paesi fortemente industrializzati prodotti agricoli per privarli del
cibo con le immaginabili conseguenze.
L’ultimo raggio di sole abbandona l’entrata della grotta quando Alessandro, resosi conto del danno
che potrebbe provocare la decisione presa, riferisce al consiglio della
prossima installazione nel mondo di apparecchiature che provocheranno danni ecologici notevoli e
propone una intermediazione con i vari capi di stato.
Questi ultimi coscienti dei danni che questo “SCIOPERO” potrebbe provocare, aderiscono a tutte le
richieste e fermano nel mondo tutto ciò che potrebbe alterare il corso della natura.
Sono passati tre anni e il nostro pianeta ha cambiato volto: nel terzo mondo non si muore più di
fame grazie agli interventi radicali dei paesi più ricchi; in Europa, in Russia e in America i trasporti
avvengono con mezzi super ecologici, le automobili sono diventate rare specialmente nei centri urbani mentre le biciclette la fanno da padrone, il clima è più stabile ecc. ecc.
Finalmente dopo aver contribuito a migliorare la vita nel mondo e non più costretto a restare il mio
pensiero è rivolto alla mia famiglia e dopo tanto tempo decido di tornare a casa non prima di aver
ultimato un lavoro a La Spezia (smantellamento di due antenne).
Ed il gran giorno arriva: da La Spezia prenoto un posto su di un treno diretto ad Alessandria. Il sole
si sta appoggiando sul mare quando il treno parte. Seduto su una comoda poltrona sfoglio un giornale e poi inizio la lettura di un bellissimo libro ma il confortevole rumore del treno mi fa appisolare.
Improvvisamente sono svegliato da un rumore stridulo: il treno è bloccato all’interno di una galleria. Mi affaccio al finestrino ed è molto buio! Vedo delle luci di grosse torce e chiedo il motivo della
fermata.
La risposta è chiara: un segnale che non ha funzionato bene, ma ora si riparte.
Mi risiedo e rassicurato riprendo la lettura del libro mentre squilla il cellulare: è Andrea che mi
chiede a che ora sarò ad Alessandria, ma non riesco a completare la telefonata perché inizia una galleria appena passata la stazione di La Spezia, credo la galleria di Riomaggiore e la linea cade.
Proseguo la lettura ma presto mi addormento sognando figure strane quali Vitigno, Raspo, Ginestra
Pelosa, Erica erbacea personaggi di un libro acquistato in fretta alla stazione appena partito dalla
Spezia.
Vittorio Copello, Giulia Rosaia