Il Resto del Carlino Bimbo sfigurato da una iena. Il Sant`Anna gli ha
Transcript
Il Resto del Carlino Bimbo sfigurato da una iena. Il Sant`Anna gli ha
2 ottobre 2016 Il Resto del Carlino Bimbo sfigurato da una iena. Il Sant'Anna gli ha ridato la vita ETIOPIA, in un piccolo villaggio a venti chilometri da Addis Abeba, cinque anni fa. Una iena si è avvicinata a un gruppo di bambini che stava giocando, ha sbranato una bambina, ha morso alla testa un’altra che ha cercato di difendersi e coprirsi il viso e ha aggredito Abrham, che all’epoca aveva 5 o 6 anni: difficile capirlo se in quella parte del mondo non esiste nemmeno un’anagrafe. E’ stato trascinato per centinaia di metri, forse perché la iena voleva ‘gustarsi’ al meglio il suo pasto. Ma gli abitanti del villaggio, allertati dalle urla di paura e di dolore, si sono scagliati contro l’animale con i bastoni, costringendola a mollare la presa sul piccolo Abrham. Il volto era sfigurato, si vedevano addirittura i denti e la mandibola. Hanno provato ad operara Abrham, in Africa, per cercare di ‘ricucire’ quel volto distrutto, praticamente, dalla morsa dell’animale. Un lembo di pelle tolto dalla spalla per ‘ricreare’ la parte di volto, dicono. Anche se cartelle cliniche non se ne trovano. Ma dopo cinque anni il viso ricoperto di cicatrici era dolorante, e hanno deciso di portare Abrham da Angelo Rosato, presidente dell’associazione ‘Progetto etiopia onlus Lanciano’. Rosato ha cercato di organizzare l’operazione di Abrham a Ferrara, al Sant’Anna, con i medici Andrea Franchella e Carlo Riberti e lo staff. Operazione fatta il 22 settembre scorso e andata a buon fine: il volto di Abrham sta tornando alla normalità. E questo significa non essere emarginato, soprattutto in Africa. ANGELO Rosato, la storia di Abrham azzannato da una iena è insieme tragica e unica. «Abrham abita in un villaggio vicino ad Addis Abeba, zona tipica per la presenza di iene. Oggi Abrham ha circa 11 anni: crediamo noi, poi, perché non esiste un’anagrafe precisa. Ma ha avuto anni di sofferenza, quel bambino, e non solo fisica». Cosa intende? «In Africa, essere sfigurati al volto significa essere emarginati. Con questa operazione al Sant’Anna, Abrham ha riavuto la sua dignità. Speriamo che possa tornare nel suo Paese senza avere troppi danni psicologici». I prossimi passi quali saranno? «Fra pochi giorni scadrà il visto di Abrham e di sua sorella 22enne: l’ha accompagnato lei in Italia, perché un minorenne non può uscire da solo dal Paese e i genitori sono praticamente analfabeti. La sorella invece, molto intelligente e sveglia, ci è stata di grande aiuto anche per comunicare col paziente. Poi, fra pochi mesi dovrà rioperarsi per ripristinare i tendini e la mandibola». Che danni aveva, il ragazzo, quando è arrivato in ospedale? «Dopo essere stato azzannato, si vedevano denti e mandibola. Il volto è stato ricucito da un gruppo di medici in Etiopia, ma a distanza di anni il volto era ancora dolorante. E anche l’operazione avvenuta al Sant’Anna ha avuto complicazioni». Di che tipo? «Consideri che, avendo la mandibola distrutta, il ragazzino non riesce a masticare e a mangiare come dovrebbe e soprattutto non riesce a comunicare: parla come un vetriloquo, per intenderci. E’ stato difficile anche intubarlo, perché ha solo una narice. Ma per fortuna l’operazione, durata tra le 4 e le 5 ore, è andata molto bene. Per questo vorrei ringraziare i medici Andrea Franchella e Carlo Riberti, lo staff che ha operato Abrham: sono stati molto professionali e senza di loro non sarebbe stato possibile ridare dignità a un bambino che col volto sfigurato in quel modo avrebbe faticato a vivere nel suo Paese». Abrham ha già visto il suo volto ‘nuovo’? «Sì. E quando si è visto allo specchio ha detto: ‘Come sono bello’. E’ stata un’emozione unica per tutti, quella frase. E anche la sua famiglia si è emozionata tantissimo quando abbiamo comunicato il buon esito dell’operazione. La mamma commossa ha detto: ‘È come averlo partorito una seconda volta’. Ed è vero: abbiamo ridato vita a quel bambino». Sarà stato difficile affrontare i costi di una simila operazione, dei viaggi, dei permessi per portare il ragazzo e la sorella qui... «Le spese mediche sono state a carico della Regione, che ha fatto sì che Abrham si potesse operare. Per il resto, per fortuna, abbiamo molti benefattori che ci hanno permesso di fare tutto questo. E vorrei anche ringraziare l’ambasciatore Giuseppe Mistretta e il vice Giuseppe Coppola». E i ferraresi? «Hanno un grande cuore. In stanza di Abrham hanno fatto arrivare di tutto, dai giocattori al resto che sarebbe potuto servire». Mamme in piazza per l’allattamento «IO MANGERÒ il latte di mamma». Lo slogan, scritto sulla maglietta di una ragazza in stato di gravidanza, richiama l’attenzione sul messaggio della campagna. Sensibilizzare, cioè, l’opinione pubblica sul tema dell’allattamento materno. Il flash-mob che si è svolto nel corso della mattina di ieri ha radunato in piazzetta della Repubblica oltre una trentina di donne. Donne che si sono fatte fotografare con indosso una t-shirt bianca, nell’atto di allattare i propri bimbi. A organizzare l’iniziativa, giunta quest’anno alla sua sesta edizione in città, il gruppo di sostegno ‘allattiAmolo!’, in collaborazione con la parafarmacia New Pharma Estense. UN’INIZIATIVA organizzata con il supporto della Regione Emilia Romagna e con il patrocinio del Comune, che rientra all’interno della cornice del festival di Internazionale, con un argomento che quest’anno fa leva sull’allattamento come ‘chiave per lo sviluppo sostenibile’. L’evento rientra nella ‘settimana mondiale dell’allattamento materno’, promossa a livello nazionale dal Mami. Un movimento che fa parte di una rete internazionale di organizzazioni, secondo le quali l’allattamento al seno rappresenta un diritto di ogni madre. Una volta concluso il flash-mob, un corteo composto da manifestanti e genitori, con i bambini sui passeggini, ha pertanto attraversato piazza Castello e corso Martiri della libertà, per raggiungere piazza Duomo. Il gruppo di sostegno ‘AllattiAMOlo!’ è stato fondato nel 2010, e attualmente il suo staff è composto da quattro mamme. Gli incontri promossi si svolgono il primo e il terzo venerdì di ogni mese, da ottobre a maggio, dalle 16 alle 18, al Centro Mille Gru. Ulteriori informazioni sono reperibili sul blog http://allattiamolo.blogspot.it, oppure sulla pagina Facebook ‘Allattiamolo Gruppo Autoaiuto’. Ospedale Borselli, si parte Maxi restauro da 11 milioni «POCHI giorni fa l’Asl ha consegnato ufficialmente il cantiere alla ditta che farà i lavori dell’Ospedale Borselli. Presto incontreremo il nuovo direttore generale dell’Azienda Usl di Ferrara per parlare dei servizi all’interno della futura struttura sistemata». Lo ha annunciato il sindaco Fabio Bergamini, giovedì sera, di fronte al consiglio comunale riunito. Poche parole, concise, sintetiche, senza nulla aggiungere. Al Borselli dunque si parte. I lavori riguardano il primo stralcio dei due previsti. Con un investimento complessivo di 11 milioni e 350mila euro iniziano a giorni le opere del presidio socio sanitario di Bondeno. La cittadinanza attende di vedere uomini e mezzi al lavoro nel cantiere per tirare un sospiro di sollievo. Servizi che invoca da anni. Ferito dal terremoto del 2012 era stato evacuato. Attualmente tutto il complesso Ospedaliero Borselli di Bondeno è vuoto tranne il corpo posteriore e l’ala ovest con il centro residenza anziani e la medicina di gruppo, gli unici spazi che non hanno subìto danni a causa del sisma. Tutto quanto oggi già esiste e funziona all’interno del polo sanitario, continuerà ad esserci e a funzionare anche in fase di cantiere. Il progetto però, che riguarda anche il corpo centrale della villa Borselli, è ben più ampio e ora si passa dalle carte ai fatti. La riorganizzazione del presidio, stando a quanto dettato dai progetti, prevede la casa della salute, l’ospedale di comunità, la degenza socio sanitaria. Prima tappa i colpi di ruspa: sarà demolita l’ala est del presidio e sarà costruita ex novo al suo posto una struttura antisismica su tre piani, ciascuno di 600 metri quadrati. Nella nuova struttura antisismica saranno trasferiti i servizi che sono nell’ala ovest. Il corpo centrale del presidio sarà consolidato e sottoposto ad un ripristino strutturale che vedrà al piano terra l’accoglienza, l’accettazione, la riabilitazione fisiatrica e la diagnostica per immagini. AL PRIMO PIANO, sono previsti 15 posti letto di degenza secondo le caratteristiche dell’ospedale di comunità, al secondo piano cinque posti letto destinati al centro residenza anziani, e 10 per pazienti con gravi handicap celebrali, all’ultimo piano la sala riunioni e gli studi professionali e riabilitativi. «La ricostruzione ha i suoi tempi. Dialogheremo con l’Usl – sottolinea il sindaco – per capire quali servizi metterci dentro. Perché non sia una scatola vuota ma attiva di servizi che possono essere fruibili da tutti i cittadini dell’Alto ferrarese». Ostetricia, chiude il reparto del Delta PURTROPPO era nell’aria e avevamo messo in guardia da tempo, ma ormai sembra che non passerà troppo tempo dalla prossima chiusura del reparto di Ostetricia del Delta. Da tempo il servizio era stato progressivamente depotenziato: togliendo le figure apicali, mancando un primario e la pediatria neonatale, hanno di fatto creato le condizioni psicologiche per far percepire il servizio come ‘insicuro’ ed è logico che le mamme pensino ad andar altrove e che conseguentemente il numero dei nati – a fronte di una soglia minima di 500 – arrivi a mala pena alla metà». SONO affermazioni velate di amarezza, quelle di Giovanni Gelli della Consulta popolare San Camillo, dopo la Conferenza territoriale sociosanitaria dell’altro giorno, in cui si è ormai capito quale sarà il futuro dei nuovi nati del basso ferrarese, che nel breve tempo saranno costretti a registrare sui propri certificati di nascita «nati a Ferrara o a Ravenna». Una Conferenza dove, a parziale risarcimento dell’ormai prevedibile chiusura di Ginecologia – Ostetricia (il parere definitivo della Regione si attende solo alla prossima Conferenza) – è stato proposto l’inserimento di un nuovo servizio di fecondazione assistita di I e II livello (in vitro e in utero), gestito da équipe interaziendali. «Il sindaco a onor del vero ha espresso perplessità a questa proposta, dovute al fatto che già in Emilia Romagna ci sono almeno 20 centri simili, così pure nel vicino Veneto; poi però nella fase delle votazioni si è assentato per impegni istituzionali, esprimendo un voto di astensione». Quel che stupisce in queste Conferenze, secondo Gelli, è che i «vari sindaci sottolineino di fatto la percezione di trovarsi nel distretto sud-est in una periferia sanitaria, salvo sistematicamente votare a favore o astenendosi». E ancora: «Allo stesso modo non si sa perché in assemblee come questa si affermi l’aumento esponenziale della mobilità passiva e si ammetta che il bilancio è in pareggio solo grazie ai contributi regionali, ma a queste asserzioni segua sempre un religioso silenzio». Della stessa idea Tiziana Gelli, del Tribunale del Malato: «Sta succedendo quello che hanno fatto al San Camillo, la stessa identica cosa… adottano la tecnica del terrorismo psicologico per indurre le mamme a recarsi a partorire altrove, e così adducono la scusa del calo nascite. È una delusione enorme e la cosa più grave è che il sindaco non prenda posizione, senza rispetto per gli anni di lotta che i suoi concittadini stanno conducendo».