giovedi 26 gennaio 2017

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giovedi 26 gennaio 2017
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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLVII n. 20 (47.454)
Città del Vaticano
giovedì 26 gennaio 2017
.
All’udienza generale il Papa parla della figura di Giuditta
Ordine esecutivo sull’immigrazione
Il coraggio delle donne
Trump pronto
a costruire il muro
E invita alla preghiera per l’unità dei cristiani
Donna «di grande bellezza e saggezza» ma soprattutto di «coraggio», Giuditta parla con «la forza di
un profeta» e indica agli uomini «il
cammino della fiducia» in Dio. Lo
ha sottolineato il Papa all’udienza
generale di mercoledì 25 gennaio,
nell’Aula Paolo VI, dedicando la catechesi al personaggio biblico che
«ridà forza al suo popolo in pericolo
mortale e lo conduce sulle vie della
speranza».
Nel giorno della festa della Conversione di san Paolo, il Pontefice —
che nel pomeriggio si reca nella basilica romana intitolata all’apostolo
delle genti per concludere la settimana di preghiera per l’unità dei cri-
stiani — ha scelto la figura biblica
della «grande eroina» per invitare i
fedeli a «fidarsi di Dio» senza porre
«mai condizioni». Questo vuol dire,
ha spiegato, «entrare nei suoi disegni senza nulla pretendere, anche accettando che la sua salvezza e il suo
aiuto giungano a noi in modo diverso dalle nostre aspettative».
Per Francesco è giusto chiedere al
Signore «vita, salute, affetti, felicità»; ma occorre farlo «nella consapevolezza che Dio sa trarre vita anche dalla morte, che si può sperimentare la pace anche nella malattia,
e che ci può essere serenità anche
nella solitudine e beatitudine anche
nel pianto». Non si può, insomma,
«insegnare a Dio quello che deve fare», perché «lui lo sa meglio di noi;
e dobbiamo fidarci, perché le sue vie
e i suoi pensieri sono diversi dai nostri».
Così l’esperienza di Giuditta, che
invita il popolo a non mettere alla
prova il Signore e ad attendere con
fiducia «la salvezza che viene da
lui», indica al cristiano qual è «il
cammino della speranza». E mostra
la figura di una donna «coraggiosa
nella fede e nelle opere», che non
teme di fare «una brutta figura davanti agli altri» e «va avanti» per la
sua strada. Del resto, si è detto convinto il Papa commentando a braccio l’episodio biblico, «le donne sono più coraggiose degli uomini».
Stacy Tompkins, «Giuditta uccide Oloferne»
PAGINA 8
Mosca propone una bozza di costituzione ad Assad e ai ribelli moderati
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In gioco il futuro politico della Siria
DAMASCO, 25. Il vertice di Astana si
è formalmente concluso, ma le trattative per arrivare a una soluzione
della crisi siriana vanno avanti. Il capo della diplomazia russa, Serghiei
Lavrov, incontrerà venerdì a Mosca i
rappresentanti dell’opposizione moderata per discutere del prolungamento della tregua.
Il principale risultato ottenuto dal
vertice di Astana, in Kazakhstan, è
stata la creazione di un meccanismo
congiunto di monitoraggio della tregua da parte di Russia, Turchia e
Iran. L’inviato speciale dell’Onu per
la Siria, Staffan de Mistura, ha
espresso soddisfazione per gli impegni presi, esortando tutte le parti «a
non far fallire un altro cessate il fuoco per mancanza di un percorso politico».
In effetti, tutti i partecipanti al
summit avevano ben chiaro che una
soluzione militare della crisi è inseparabile da una soluzione politica.
Proprio per questo le discussioni si
sono concentrate su un altro punto
chiave: il futuro politico della Siria e
la nuova costituzione. Mosca ha presentato alle due parti in causa, il governo del presidente Assad e i ribelli
dell’opposizione moderata, una bozza di costituzione. Lo ha fatto sapere il capo negoziatore per la Russia,
Aleksandr Lavrentiev, citato dalla
Tass. «Abbiamo trasferito all’opposizione armata una bozza di costituzione per la Siria, preparata da specialisti russi» ha dichiarato Lavrentiev, spiegando che l’iniziativa di
Mosca è volta «esclusivamente» ad
accelerare il processo politico, «senza interferire nell’iter di esame e
adozione della legge fondamentale
del paese». Riteniamo — ha spiegato
il diplomatico — «che questo processo debba essere guidato dallo stesso
popolo siriano. Aspettiamo la loro
reazione, che per noi è molto importante e interessante».
Secondo Teheran, i colloqui sulla
crisi hanno rafforzato la legittimità
del governo di Damasco. Ali Akbar
Velayati, consigliere per la politica
estera
della
Guida
suprema
dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei,
ha infatti dichiarato: «La riunione di
Astana mostra che tutte le parti, inclusi la Turchia e i gruppi ribelli che
la seguono e anche altri stati non
presenti, hanno riconosciuto la legittimità del governo siriano sia direttamente che indirettamente». Per mol-
to tempo, infatti, Ankara ha sempre
negato legittimità al governo di Assad. Oggi, tuttavia, con il cambiamento dell’amministrazione statunitense e il riavvicinamento alla Russia
del presidente Vladimir Putin, la leadership turca sta modificando il proprio atteggiamento. E questo anche
allo scopo di guadagnare il sostegno
di Mosca nella lotta contro i curdi.
Giudizio negativo sul summit di
Astana è stato espresso invece da alcuni esponenti della rappresentanza
dell’opposizione siriana, secondo i
quali «il governo di Damasco e
l’Iran sono i responsabile dell’assenza di progressi tangibili». Tuttavia,
l’opposizione spera che la Russia
«continui ad avere un ruolo positivo
nell’instaurare la pace e nel sostenere
un processo politico giusto e reale il
cui scopo sia la soluzione del conflitto. Noi accogliamo positivamente
il fatto che la Russia passi da un
ruolo diretto nelle azioni belliche a
un ruolo di garante che ha influenza
sull’Iran e sulla Siria. È un evento
positivo sulla via per la soluzione
del conflitto».
Uno dei temi che non hanno avuto, almeno sulla carta, grande spazio
nei negoziati ad Astana è stata
l’emergenza umanitaria che gran
parte dei civili siriani sta affrontando, non solo ad Aleppo, ma anche
in tante altre aree del paese. Nel corso del 2016 l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha consegnato oltre dieci milioni di trattamenti medici in Siria, addestrando
oltre 16.000 operatori sanitari, fra
cui 300 medici, e vaccinando 2,6 milioni di bimbi contro diverse malattie, fra cui la polio. «Più di un terzo
dei materiali — sottolinea l’Oms in
un comunicato — sono stati consegnati in aree difficili da raggiungere,
controllate dall’opposizione o assediate». Nonostante gli sforzi, continua il comunicato, ci sono ancora
tredici milioni di persone che hanno
bisogno di assistenza, con quindici
zone considerate assediate; all’interno ci sono più di 700.000 persone,
tra cui molti bambini. «I tentativi di
consegnare aiuti in queste aree sono
spesso impediti o ritardati. I farmaci
sono stati diverse volte sequestrati
dai convogli diretti alle città sotto
assedio» recita ancora la nota.
Con pentecostali ed evangelicali
L’unità
si fa camminando
Per il giorno
della memoria
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E
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Soccorritori di civili in alcune aree di Idlib dove continuano i bombardamenti contro i jihadisti (Afp)
JUAN FERNAND O USMA GÓMEZ
A PAGINA 6
Trump nello studio ovale insieme ai suoi collaboratori (Afp)
WASHINGTON, 25. «Grande giorno
per la sicurezza nazionale: costruiremo il muro». Queste le parole
twittate ieri sera dal presidente statunitense, Donald Trump, per anticipare i contenuti dell’ordine esecutivo che sarà firmato oggi. La sicurezza nazionale, appunto, con misure restrittive sui migranti, tra le
quali la controversa decisione di
costruire un muro al confine con il
Messico, proposta che già in campagna elettorale sollevò non poche
polemiche. È inoltre allo studio un
provvedimento per bloccare l’arrivo
di profughi dalla Siria, oltre che da
«altre nazioni esposte al terrorismo».
L’America del dopo-Obama inizia quindi da una riforma dell’immigrazione, all’insegna di un netto
giro di vite. La linea di Trump è
chiara: bloccare l’immigrazione
economica, principalmente dall’America centrale, e aumentare i
controlli anti-terrorismo, tagliando
gli arrivi dai paesi più colpiti dal
terrorismo, il che vuol dire anche
possibili restrizioni sugli ingressi
dall’Europa. Sapremo fra poche
ore se anche quest’ultima parte delle sue proposte sarà inclusa nel decreto esecutivo. C’è poi la proposta
del muro con Messico. Com’è noto, una barriera fortificata esiste
già, al confine californiano tra San
Diego e Tijuana, e fu edificata durante l’amministrazione del presidente Bill Clinton. Bisogna capire
se Trump intenda ampliare o rafforzare la barriera già esistente o se
invece voglia rafforzare i controlli
nei punti di passaggio, aumentando il numero degli agenti sul posto. C’è poi tutta una partita legale: il governo messicano — stando a
quanto riporta il «Washington
Post» — preme affinché la nuova
amministrazione assicuri il rispetto
dei diritti umani degli irregolari
rimpatriati e la libertà di rimesse di
denaro degli emigrati.
La battaglia tra repubblicani e
democratici sul tema dell’immigrazione va avanti da molti anni. Nel
giugno 2016 la Corte suprema aveva bloccato la riforma dell’immigrazione voluta dal presidente Barack Obama. Una riforma, questa,
fondata su due misure cardine:
niente espulsione dal paese per genitori, senza documenti, di figli nati negli Stati Uniti; protezione assoluta per persone arrivate nel paese quando erano bambini.
Prima di annunciare l’ordine esecutivo sull’immigrazione, Trump
ha incontrato ieri i rappresentanti
dell’industria automobilistica statunitense. Il presidente ha promesso
che eliminerà le barriere legali su
produzione e investimenti. Ci sarà
poi una revisione delle norme in
materia ambientale. «Sono un ambientalista, ma le normative ambientali sono fuori controllo» ha
spiegato. Sulle infrastrutture, la
nuova amministrazione ha già presentato al senato una proposta da
mille miliardi di dollari.
E a dimostrazione dell’attivismo
della Casa Bianca, ieri il presidente
ha anche annunciato la firma di un
ordine esecutivo per sbloccare la
costruzione della colossale Keystone XL Pipeline, il grande oleodotto
del consorzio Transcanada che potrebbe portate petrolio dalle sabbie
bituminose canadesi fino al Golfo
del Messico in Texas. Un progetto
che, dopo anni di studi e polemiche, l'amministrazione Obama aveva vietato per l’eccessivo impatto
sull’ambiente. Il progetto — dicono
gli analisti — si era inoltre insabbiato per ragioni economiche, con i
costi resi difficili da giustificare davanti al calo del prezzo del greggio
che rende poco conveniente estrarre greggio.
Sempre ieri la Casa Bianca ha
deciso di sbloccare l’oleodotto Dakota Access della Energy Transfer
Partners, un progetto da 3,8 miliardi di dollari e da quasi duemila
chilometri che era stato fermato
dopo forti proteste di ecologisti e
delle tribù native del Nord Dakota,
sui cui terreni dovrebbe passare.
NOSTRE
INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha accettato
la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Mysore
(India), presentata da Sua
Eccellenza Monsignor Thomas Antony Vazhapilly.
Provvista di Chiesa
Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Mysore (India)
il Reverendo Kannikadass
William Antony, del clero di
Mysore, Parroco di Saint Joseph’s Church e portavoce
(Public Relation Officer)
della medesima Diocesi.
Nomina
di Vescovi Ausiliari
Il Santo Padre ha nominato Ausiliari dell’Arcidiocesi
di Milwaukee (Stati Uniti
d’America) i Reverendi Jeffrey R. Haines e James T.
Schuerman, entrambi del clero della medesima Arcidiocesi, Rettore della Cathedral of
Saint John the Evangelist a
Milwaukee il primo e Parroco della Saint Francis de Sales Parish a Lake Geneva il
secondo, assegnando loro rispettivamente le Sedi titolari
vescovili di Tagamuta e di
Girba.
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giovedì 26 gennaio 2017
Per la commissione europea il flusso dei migranti non si fermerà e occorrono strategie precise
Inarrestabile
BRUXELLES, 25. L’aumento dei flussi
di migranti dall’Africa attraverso il
Mediterraneo centrale non si fermerà: su questa previsione si basa il
piano discusso oggi alla commissione europea per far fronte al fenomeno ormai divenuto «strutturale».
Non ci sono indicazioni in base
alle quali il trend del flusso di migranti verso le coste italiane possa
cambiare «fino a quando la situazione economica e politica nei paesi di
origine non migliorerà». I dati confermano che nel 2016, con 181.000
arrivi, la rotta del Mediterraneo centrale è stata quella più utilizzata dai
migranti che volevano raggiungere
l’Europa. «Nella prossima primavera, se non verranno decise ulteriori
azioni, i flussi su questa rotta continueranno» dicono le previsioni della
commissione. Il fenomeno si è intensificato dopo che la chiusura della
rotta balcanica, in seguito all’accordo fra Bruxelles e Turchia, ha drasticamente ridotto gli arrivi dal Medio
oriente sulle isole greche.
Il nuovo piano europeo, in approvazione oggi, prevede una serie di
azioni concrete a breve termine di
contrasto ai flussi in arrivo dalla Libia, che «rappresenta il principale
punto di partenza per il 90 per cento dei migranti verso l’Europa» e di
lotta al traffico di esseri umani.
Dopo il voto della commissione, il
piano dovrebbe essere ratificato dai
capi di stato e di governo dell’Unione in occasione del vertice informale
a Malta la prossima settimana.
Intanto, i temi dell’immigrazione
e della lotta contro il terrorismo sono stati al centro dell’incontro bilaterale, oggi, fra il ministro dell’interno italiano, Marco Minniti, e il mi-
Pronta la legge
sulla Brexit
da votare
in parlamento
LONDRA, 25. Il governo di Theresa
May depositerà giovedì in parlamento la legge per avviare il processo di
uscita dall’Unione europea. È quanto ha annunciato David Davis, ministro per la Brexit, dopo la sentenza
della Corte suprema che ha imposto
il voto di Westminster.
Una legge sul via libera alla notifica dell’articolo 50 del Trattato di
Lisbona è la premessa necessaria
all’avvio di negoziati formali con
Bruxelles. E Davis ha dichiarato che
sarà «la legge più inequivocabile
possibile». Sembra voler confermare
così l’intenzione del governo di condurre un dibattito lampo in parlamento.
Rimane da capire quanto margine
di manovra possa avere Westminster.
Esclusa da tutti gli osservatori l’ipotesi di un rovesciamento dell’esito
referendario del 23 giugno, bisognerà verificare se i deputati e i lord accetteranno di votare l’alternativa secca tra il sì e il no all’articolo 50 o se
ci saranno rallentamenti sulla tabella
di marcia del governo May che aveva annunciato l’avvio della procedura entro marzo. La parola finale
spetterà ai comuni, mentre la camera
dei Lord, non elettiva e in larga prevalenza contraria alla Brexit, potrebbe al limite rallentare la procedura.
Il leader laburista, Jeremy Corbyn, ha fatto sapere che tenterà
d’imporre tre emendamenti: niente
tariffe doganali con l’Europa anche
fuori dal mercato unico; rispetto dei
diritti dei lavoratori e spazio a un
ulteriore voto parlamentare a fine
negoziato prima della firma dei documenti di divorzio. Ma bisogna ricordare che Corbyn ha escluso fin
da ora «ostruzionismi contro il volere popolare», che si è espresso nel
referendum.
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nistro dell’interno tedesco, Thomas
de Maizière. Entrambi — come informa il Viminale — «hanno riaffermato
la strettissima cooperazione e l’impegno comune e solidale nel Mediterraneo nella lotta contro gli scafisti e
i trafficanti di uomini». I due ministri hanno poi sottolineato l’importanza di adottare, in materia di prevenzione, «strategie flessibili», che
facciano perno sull’Europa, ma che
si avvalgano anche delle conoscenze
e della esperienza di alcuni stati
membri, apripista». Tra gli obiettivi
indicati c’è quello di «intensificare la
collaborazione a livello europeo e
bilaterale al fine di accrescere lo
scambio delle informazioni e dei dati e in particolare attraverso l’interoperabilità delle Banche dati, la
creazione di un registro delle entrate
e delle uscite, il rafforzamento dei
controlli».
E sempre oggi in Italia sono stati
arrestati sei nigeriani che gestivano
traffici di esseri umani, tra cui minorenni da avviare alla prostituzione o
al commercio di stupefacenti.
Migranti in fila per un pasto in un centro di accoglienza (Reuters)
Anche contro eventuali attacchi chimici
Berlino innalza l’allerta
terrorismo
BERLINO, 25. Non si placa l’allerta
terrorismo in Germania e nel resto
d’Europa. Un rapporto redatto dal
governo tedesco, e reso noto ieri,
parla esplicitamente della possibilità di attacchi chimici nel paese.
L’allarme, per il quale tuttavia la
Cordoglio di Mattarella per le sei vittime dell’elicottero di soccorso precipitato ieri
Tragedia nella tragedia
ROMA, 25. Il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella,
ha espresso ieri «profondo dolore»
per le sei vittime dell’elicottero del
118 precipitato in Abruzzo. Mattarella ha parlato di «una terra ancora una volta colpita dalla sofferenza
e che vede il sacrificio di suoi uomini impegnati generosamente in
missione di soccorso».
Il titolare del Quirinale ha
espresso vicinanza e partecipazione,
a nome di tutti gli italiani, alle famiglie delle vittime: gli operatori
del 118 e del soccorso che, insieme
allo sciatore infortunato soccorso,
hanno perso la vita dopo che l’elicottero su cui viaggiavano, arrivato
a Campo Felice per l’intervento
d’urgenza,
è
precipitato
nell’aquilano, sul Gran Sasso.
Due delle vittime erano intervenute sia nei luoghi colpiti dal terremoto di questa estate, sia al momento della tragedia a Rigopiano,
l’hotel in provincia di Pescara travolto il 18 gennaio da una slavina.
E proprio a Rigopiano, al momento
continuano le operazioni di scavo.
Dopo il ritrovamento, tre giorni fa,
di nove persone sopravvissute
all’interno, sono stati individuati
solo corpi senza vita. L’ultimo bilancio parla di undici sopravvissuti,
considerando anche i due presenti
sul luogo ma non travolti dalla neve, di 24 morti e di cinque dispersi.
In Italia centrale l’emergenza
maltempo si è sovrapposta su tutte
le difficoltà create dal susseguirsi
delle scosse di terremoto: le più
forti, a fine agosto e fine ottobre,
sono state accompagnate da uno
sciame sismico più meno significativo. Anche questa mattina è stata
avvertita una scossa di 2.6 gradi
sulla scala Richter in provincia
dell’Aquila e in quella di Rieti.
«Credo sia stato messo in atto
ogni sforzo possibile umano orga-
nizzativo tecnico, un sforzo che é
ancora in corso, per cercare di salvare vite, trovare dispersi. Abbiamo
mostrato una capacità di reazione
del sistema all'altezza di un grande
paese» ha detto oggi il presidente
del Consiglio, Paolo Gentiloni, intervenendo al Senato a proposito
delle diverse emergenze. «Ci sono
stati ritardi, malfunzionamenti, responsabilità? Saranno le inchieste a
Virginia Raggi
indagata per falso
e abuso d’ufficio
Uomini del soccorso alpino e speleologico all’hotel Rigopiano (Afp)
Chiude la più antica
centrale nucleare francese
PARIGI, 25. Il gigante dell’energia
francese Edf ha firmato ieri l’accordo con il governo per la chiusura anticipata della centrale nucleare di Fessenheim, la più vecchia del parco nucleare francese.
L’accordo prevede un assegno di
compensazioni da circa mezzo miliardo di euro ed è il primo passo
per chiusura definitiva e lo smantellamento del sito nucleare, il primo che la Francia affronterà
dall’avvio del suo programma di
nucleare civile. Quella di Fessenheim è la più vecchia centrale in
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Gaetano Vallini
Un altro no di Strasburgo
alla maternità surrogata
attività sul territorio francese. Fu
edificata pianificata negli anni Sessanta dall’allora presidente Charles
De Gaulle, ed entrò in servizio nel
1978.
Negli ultimi anni, il sito nucleare alsaziano è finito a più riprese
nel mirino delle associazioni ambientaliste perché considerato ormai vetusto e dunque pericoloso.
L’ipotesi di chiusura ha provocato
però un lungo braccio di ferro soprattutto con i sindacati, dal momento che la centrale garantisce
circa 2200 posti di lavoro.
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Servizio culturale: [email protected]
Servizio religioso: [email protected]
caporedattore
segretario di redazione
chiarire questo punto. La verità serve a fare meglio, ma non ad avvelenare i pozzi. Condivido la ricerca
della verità, ma non la voglia di capri espiatori e giustizieri». La prossima settimana «vareremo un decreto. Nessuno immagini che sia un
passo indietro, sarà un passo avanti
e molto mirato nei suoi obiettivi»
ha spiegato il titolare di palazzo
Chigi.
polizia criminale tedesca (Bka) avverte che «non ci sono ancora indicazioni di piani concreti», giunge
mentre in tutta la Germania si susseguono arresti di sospetti islamisti.
Il rapporto rivela che attentatori
jihadisti potrebbero essere «già in
grado di reperire e impiegare grandi quantità di sostanze chimiche».
Come «opzione realistica» viene
indicato espressamente «l’attacco
chimico all’acqua potabile delle case di più famiglie, o a generi alimentari». Il governo sottolinea che
per affrontare le conseguenze di un
attacco chimico «si rivela necessario un impiego più massiccio
dell’esercito rispetto a quanto previsto finora».
Nel frattempo prosegue l’azione
delle autorità di sicurezza. Su indicazione della procura federale sono
stati arrestati ieri a Bonn due fratelli di 24 e 25 anni, in possesso
della cittadinanza tedesca e marocchina, accusati di essere militanti
del cosiddetto stato islamico (Is).
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
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STRASBURGO, 25. La corte europea
dei diritti umani, con una sentenza
non più appellabile, ha stabilito ieri che è legittimo sottrarre un bambino concepito con la pratica della
cosiddetta “maternità surrogata” alla coppia che vi aveva fatto ricorso.
«Tenuto conto dell’assenza di qualsiasi legame biologico tra il bambino e i ricorrenti — si legge nella
sentenza — e la breve durata della
loro relazione con il bambino, e
l’incertezza dei legami tra loro dal
punto di vista giuridico, e nonostante l’esistenza di un progetto
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
parentale e la qualità dei vincoli
emotivi, la Corte ha ritenuto che
non esisteva una vita familiare tra i
ricorrenti e il bambino». La sentenza si riferisce al ricorso di Donatina Paradiso e Giovanni Campanelli, che si erano rivolti alla corte di
Strasburgo dopo che nel 2011 il loro comune di residenza, Colletorto,
aveva rifiutato di registrare un
bambino nato a Mosca da maternità surrogata (pratica vietata in Italia) per conto della coppia. Il bimbo è stato tolto alla coppia e affidato ai servizi sociali.
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
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ROMA, 25. Il sindaco di Roma, Virginia Raggi, è indagata dalla procura nell’ambito dell’inchiesta relativa alla nomina a capo del dipartimento turismo del Campidoglio di
Renato Marra, fratello di Raffaele
Marra, già capo del personale del
Comune poi arrestato per corruzione. Le ipotesi di reato a carico di
Raggi sono abuso di ufficio e falso
in atto pubblico; secondo gli inquirenti al primo reato avrebbe concorso Raffaele Marra, attualmente
detenuto nel carcere di Regina
Coeli. Per i magistrati, Virginia
Raggi avrebbe dato informazioni
false alla responsabile anticorruzione del Campidoglio, Mariarosa
Turchi, comunicandole di avere
agito in autonomia circa la nomina
di Renato Marra, e non avrebbe
impedito al fratello Raffaele di
prendere parte alle procedure di
nomina del suo familiare nonostante l’evidente conflitto d’interessi. Il
sindaco, inoltre, che verrà ascoltata
dai magistrati lunedì prossimo, non
avrebbe proceduto alla necessaria
comparazione dei curricula.
Sul profilo Facebook il sindaco
ha scritto, a proposito dell’inchiesta, di essere «molto serena»: «Ho
completa fiducia nella magistratura
— ha aggiunto — come sempre. Siamo pronti a dare ogni chiarimento». Raggi ha scritto di aver informato il leader del Movimento 5
Stelle, Beppe Grillo, «e adempiuto
al dovere di informazione previsto
dal codice di comportamento» della stessa formazione politica.
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Forze di sicurezza israeliane
in azione (Epa)
TEL AVIV, 25. Tensione tra Israele e
Gaza. Un carro armato israeliano ha
sparato ieri sera diversi colpi contro
la striscia di Gaza controllata da
Hamas in risposta a un attacco palestinese. Lo ha reso noto l’esercito
israeliano, precisando che «colpi
erano stati sparati verso le truppe
israeliane impegnate in attività di
routine vicino al confine con la porzione meridionale della striscia di
Gaza». Di conseguenza, un carro
armato «ha bersagliato una postazione di Hamas» nel sud dell’enclave costiera. Hamas ha confermato
che tre carri israeliani hanno sparato
contro «un posto d’osservazione»
vicino al campo profughi di Al Maghazi, senza causare vittime.
L’episodio rischia ora di far salire
ulteriormente la tensione, in un momento delicatissimo. Pochi giorni fa
Hamas ha annunciato reazioni nel
caso in cui l’amministrazione Trump
dovesse decidere di spostare la sede
dell’ambasciata statunitense in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme. C’è
poi la questione degli insediamenti
ebraici in Cisgiordania: ieri il governo ha annunciato 2500 nuove case
— ben più degli annunci iniziali —
in diverse aree.
A due giorni dal colloquio con il
presidente statunitense, Donald
Trump, il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha così dato seguito alla volontà del suo governo di
«continuare a costruire» in Cisgiordania. Una mossa che ha subito innescato la protesta dei palestinesi:
Nabil Abu Rudeina, portavoce del
presidente Mahmud Abbas, ha bollato la decisione come «una provocazione e una sfida alla comunità
internazionale», ammonendo su
possibili conseguenze. «La scelta —
ha spiegato il portavoce — ostacolerà qualsiasi tentativo di ripristinare
la sicurezza e la stabilità, e promuoverà l’estremismo e il terrorismo ponendo ostacoli a qualsiasi mezzo di
una parte per arrivare alla pace e alla sicurezza».
I nuovi alloggi — come ha spiegato il ministero della difesa presieduto da Avigdor Lieberman — sorgeranno in gran parte negli attuali
blocchi ebraici in Cisgiordania, come Ariel o Givat Zeev vicino Gerusalemme, ma altri fuori da questi.
Circa cento nell’insediamento di
Beit El, a nord di Gerusalemme, e
altri nei dintorni di Migron, non
lontano anche questo dalla città. Per
oltre 900 nuovi alloggi è stato dato
il via libero immediato; per gli altri
oltre 1600 si è ancora nella fase di
pianificazione.
Netanyahu ha sottolineato ai
membri del suo governo che «tutta
la questione delle costruzioni deve
essere presa in coordinamento con
la nuova leadership americana, evi-
Le vere cause dei matrimoni precoci nel Bangladesh
Il dramma
delle spose bambine
di CRISTIAN MARTINI GRIMALDI
Tank risponde a un attacco palestinese
Alta tensione
tra Israele e Gaza
tando sorprese» che possano mettere in crisi le nuove relazioni tra i
due paesi. Il ministro Lieberman ha
invece giustificato la decisione delle
nuove costruzioni con la necessità
di venire incontro «alla domanda
dei bisogni abitativi».
Sulla questione degli insediamenti, è intervenuto anche il segretario
generale dell’Onu, Antonio Guterres, sottolineando che «non c’è un
piano B rispetto alla soluzione dei
due stati. C’è bisogno che le due
parti si impegnino in un negoziato
condotto in buona fede per raggiungere l’obiettivo dei due stati,
Israele e Palestina, due stati per due
popoli».
Quasi la metà delle ragazze in Bangladesh si sposa prima di aver compiuto i diciotto anni, mentre una su
cinque prima dei quindici. È il più
alto indice di matrimoni infantili al
mondo. Due ragazze su tre si sposano prima di aver raggiunto l’età
adulta.
La piaga dei matrimoni precoci è
particolarmente diffusa in Bangladesh, nonostante i progressi registrati dal paese asiatico negli ultimi
decenni. A partire dagli anni Novanta il Bangladesh ha infatti conosciuto successi formidabili dal punto
di vista economico: tra il 1991 e il
2010 la fascia di povertà si è ristretta
passando dal 57 al 32 per cento su
una popolazione di oltre 150 milioni
di abitanti. Sempre in questo ventennio la mortalità infantile si è più
che dimezzata: da 97 morti ogni
mille nati a 37. E anche la mortalità
Oltre 750.000 persone
Civili in ostaggio
a Mosul ovest
BAGHDAD, 25. Nonostante l’avanzata delle forze irachene e delle truppe alleate, oltre 750.000 civili sono
ancora ostaggio dei miliziani del
cosiddetto stato islamico (Is) a
Mosul ovest. Lo hanno indicato
fonti delle Nazioni Unite e diverse
organizzazioni umanitarie.
Il coordinatore umanitario dell’Onu in Iraq, Lise Grande, ha sottolineato le gravi carenze di cibo e
generi di prima necessità, con i
prezzi arrivati alle stelle. Inoltre, si
precisa, molte persone sono costrette a dare fuoco a quello che
hanno per riscaldarsi.
Il timore è che le prossime operazioni militari per la riconquista
della parte occidentale di Mosul —
il settore della città ancora sotto il
controllo delle forze jihadiste
dell’Is — possano provocare ulteriori vittime tra la stremata popolazione. «Siamo sollevati per il fatto
che la gente di Mosul est è riuscita
a non dovere abbandonare le proprie abitazioni», ha dichiarato il
funzionario dell’O nu.
«Ora — ha aggiunto Grande —
la nostra speranza è che si faccia
tutto il possibile per tutelare le
centinaia di migliaia di persone che
abitano dall’altra parte del fiume, a
Mosul ovest, che sono in una situazione di estremo pericolo».
Rafforzata
la sicurezza
al Cairo
IL CAIRO, 25. Massicce misure antiterrorismo stanno accompagnando
in Egitto il sesto anniversario
dell’inizio della rivoluzione che nel
2011 portò alla caduta del presidente
di Hosni Mubarak.
Le autorità hanno mobilitato un
ingente numero di automezzi per la
rilevazione e per il disinnesco di ordigni. Per il solo pronto soccorso
del Cairo sono allertate 2110 ambulanze. Dieci motovedette fluviali sono al lavoro sul Nilo, mentre due
elicotteri sorvolano la capitale. Il 25
gennaio dell’anno scorso ci sono
stati decine di fermi, mentre nel
2015 si sono registrati 23 morti, sei
in meno del 2014.
Il presidente Abdel Fattah Al Sisi, nelle ultime ore ha sottolineato la
persistenza della minaccia terroristica indicando in mille tonnellate
l’esplosivo sequestrato in Egitto negli ultimi due anni e mezzo.
La tensione è acuita inoltre dal
primo anniversario del rapimento di
Giulio Regeni, sequestrato in Egitto
il 25 gennaio scorso e ucciso nei
giorni successivi per ragioni ancora
non chiarite. Questa mattina il presidente del Consiglio dei ministri
italiano, Paolo Gentiloni, ha pubblicato un tweet esprimendo «vicinanza alla famiglia» e assicurando «impegno con la magistratura» per ottenere la verità.
Sfollati iracheni fuori Mosul si registrano per ricevere aiuti umanitari (Reuters)
Attentato contro un hotel
a Mogadiscio
MO GADISCIO, 25. Almeno quattordici persone sono rimaste uccise e
venti ferite oggi nell’esplosione di
due autobombe nei pressi dell’ingresso dell’hotel Dayah nella capitale somala Mogadiscio. Come ha
riferito all’agenzia Dpa il funzionario di polizia Mohamed Dahir,
prima è esploso un camion arrivato di fronte all’entrata dell’hotel, e
subito dopo è stata la volta di
un’automobile che si trovava in un
parcheggio situato nei pressi dell’edificio.
Il funzionario di polizia ha inoltre aggiunto che, immediatamente
dopo le esplosioni, militanti del
gruppo Al Shabab hanno fatto irruzione
nell’hotel,
frequentato
principalmente da imprenditori e
politici locali. Dall’interno è giunto il rumore di colpi di arma da
fuoco. Secondo un funzionario
della sicurezza, Mohamed Hassan,
«il bilancio delle vittime potrebbe
aggravarsi, perché qualcuno potrebbe essere rimasto intrappolato
nell’edificio di tre piani».
Il gruppo Al Shabab, Movimento di resistenza popolare nella terra delle due migrazioni, ha rivendicato l’attacco attraverso l’emittente radiofonica Andalus. Attivo
dal 2006 Al Shabab è la cellula somala di Al Qaeda. Nel giugno del
2012 il dipartimento di stato di
Washington ha posto una taglia su
numerosi capi del gruppo.
materna si è ridotta notevolmente.
C’è stata poi una forte apertura nei
confronti delle donne: il Bangladesh
è uno dei pochi paesi musulmani al
mondo in cui oltre il novanta per
cento delle ragazze possono accedere alle scuole primarie e secondarie,
una percentuale addirittura maggiore rispetto ai ragazzi.
E tuttavia, il Bangladesh resta
uno dei luoghi al mondo dove i matrimoni precoci sono più diffusi,
con tutte le conseguenze che questo
comporta. Se di solito da una ragazza di quindici anni ci si aspetta
principalmente che sia impegnata
negli studi nella scuola superiore, in
Bangladesh il trenta per cento di
queste è già sposata e deve pensare
alla propria famiglia. Il Bangladesh
è la quarta nazione al mondo per
matrimoni di ragazze minorenni,
dopo il Niger, la Repubblica Centrafricana e il Ciad.
Anche se è illegale, e dunque punibile, il matrimonio precoce resta
una pratica molto diffusa nelle zone
rurali del paese e nelle baraccopoli
urbane. Questo perché l’alto tasso
di corruzione degli amministratori
locali rende facile a chiunque aggirare le leggi dello stato. Se vi sono
funzionari locali che, legge alla mano, tentano di prevenire un matrimonio precoce, ve ne sono tanti altri che procurano certificati di nascita falsi.
Ma quali sono le vere ragioni di
questo fenomeno così diffuso? Uno
dei fattori che condiziona il destino
di molte ragazze ancora minorenni
verso il matrimonio è qualcosa di
cui i media si occupano spesso, ma
mai in relazione alle nozze precoci.
Stiamo parlando dei disastri naturali
che periodicamente colpiscono questo paese.
In un rapporto, intitolato Marry
before your House is Swept Away
(“Sposati prima che la tua casa sia
spazzata via”) basato su 114 interviste con ragazze sposate (alcune avevano appena dieci anni) condotte in
cinque distretti in tutto il paese, si
scopre che le famiglie spesso si affrettano a sposare le proprie figlie
dopo aver perso casa o redditi a
causa delle tempeste tropicali e altri
disastri naturali che colpiscono regolarmente la nazione. Non occorre
un ciclone di grande dimensioni:
basta l’erosione di un fiume che
spazzi via la casa di una famiglia a
far sì che questa — nella veste del
padre, educatore e padrone del focolare domestico — non si senta più
in grado di garantire un futuro alle
proprie figlie. A quel punto, nella
miseria più completa, è facile che
una ragazza di appena 12 o 13 anni
venga data in sposa con un preavviso di pochi giorni.
C’è poi un altro fattore critico
che determina l’alto tasso di matrimoni infantili in Bangladesh: la difficoltà di garantire l’incolumità fisica delle ragazze per via delle molestie, degli stupri e dello stalking.
L’abuso sessuale è un fenomeno
pervasivo in questo paese, soprattutto nelle zone rurali, e spesso è un
Testato dal Pakistan
un missile con capacità nucleare
ISLAMABAD, 25. Il Pakistan ha testato con successo il primo test di volo
del missile balistico terra-terra Ababeel, capace di raggiungere obiettivi
posti fino a 2200 chilometri. Lo ha
reso noto il servizio stampa dell’ufficio di pubblica informazione delle
forze armate pakistane (Ispr) a
Rawalpindi.
In un comunicato, l’Ispr ha precisato che il missile è capace di trasportare testate multiple, anche nucleari, utilizzando una apposita tecnologia. Si tratta — indicano gli
esperti — di testate che si separano
prima del rientro nell’atmosfera e si
indirizzano sui rispettivi obiettivi
con traiettorie indipendenti e sistemi di guida inerziale. Missili che
possono colpire bersagli con precisione elevata.
Nella nota, ripresa dalle agenzie
di stampa internazionali, l’Ispr ha
sottolineato che lo sviluppo dell’Ababeel «mira ad assicurare la sopravvivenza dei missili balistici pakistani nel settore della difesa missilistica balistica, in crescita a livello
regionale, rafforzando la capacità di
deterrenza» di Islamabad.
Nei giorni scorsi, le forze armate
pakistane avevano annunciato di
avere testato con successo nell’oceano Indiano un missile sottomarino
(Babur-3) in grado di coprire a una
distanza fino a 450 chilometri, che
anche in questo caso può essere armato con testate nucleari.
fattore decisivo nella scelta dei genitori di dare le loro figlie ancora
bambine in matrimonio. La polizia
locale non riesce a garantire la necessaria sicurezza e il sistema di giustizia penale non è in grado di fornire la dovuta giustizia. In queste
condizioni, i genitori pensano che
una figlia maritata, seppur ancora
bambina, possa godere di maggiore
incolumità fisica che non restando
sola in casa. Non sono rare le minacce di sequestro da parte di pretendenti sposi.
Dunque i genitori si precipitano a
far sposare le loro figlie in anticipo
per ridurre al minimo la probabilità
che queste siano oggetto di abusi
prima ancora di aver iniziato la ricerca di un potenziale partner. Il
paradosso è che per prevenire gli
eventuali abusi le bambine vengono
date in spose a uomini che molto
spesso useranno poi, all’interno del
focolare domestico, la violenza fisica
per imporre la propria autorità.
C’è poi un’altra faccia della medaglia: è estremamente difficile, se
non impossibile, per una famiglia
trovare un qualunque partner per le
proprie figlie se queste sono state
vittime di abusi sessuali. Una donna
violentata è considerata “sporca”,
“contaminata”.
Ci sono forti pressioni sociali, in
special modo nelle piccole comunità
di villaggio, a far sposare le ragazze
in giovane età per impedire loro di
avere una semplice relazione romantica o sessuale prima del matrimonio: per la società bengalese la verginità della ragazza prima del matrimonio è una questione cruciale.
Questo non è affatto una tendenza dei soli paesi in via di sviluppo:
basta guardare a Corea e Giappone,
non certo paesi arretrati, dove le ragazze madri sono ancora oggi oggetto di un pesante stigma sociale.
Infatti più del novanta per cento
dei bambini che vengono dati in
adozione in Corea del Sud sono nati da mamme single, abbandonati
proprio a causa dello stigma sociale
che ricade sulle giovani madri.
Il matrimonio precoce è dunque
un serio problema in Bangladesh
come in tutto il sud-est asiatico ed è
una delle principali cause che pregiudicano gli sforzi del paese per
garantire alle donne eguali opportunità.
Ancora
violenze
nel Kashmir
NEW DELHI, 25. Due militanti armati sono stati uccisi ieri nello
Stato indiano di Jammu & Kashmir in uno scontro a fuoco con
le forze di sicurezza. Lo riferisce
l’emittente televisiva India Today.
Secondo fonti dell’esercito indiano, i militanti sono stati localizzati in un edificio del villaggio
di Hadoora del distretto di Ganderbal. All’intimazione di uscire
con le mani alzate, i due hanno
risposto sparando. Le forze di sicurezza hanno aperto a loro volta
il fuoco, uccidendoli.
Da parte sua, l’agenzia di
stampa Ani segnala che un militante infiltratosi in Kashmir nel
settore di Sunderbani del distretto di Rajouri è stato ucciso da
uomini della forza di sicurezza
della frontiera. Infine, sempre in
Kashmir, le stesse fonti hanno
confermato l’arresto di un cittadino pakistano entrato illegalmente
nel settore di R.S. Pura. Le autorità indiane, e in particolare quelle del Kashmir, sono in stato di
massima allerta per rafforzare la
sicurezza in previsione dei festeggiamenti, previsti per il 26 gennaio, della festa della repubblica.
Il movimento separatista musulmano Hizbul Mujahideen, attivo
nel Kashmir, ha minacciato una
serie di attacchi terroristici.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
giovedì 26 gennaio 2017
Edith Stein
Una guida per visitare Auschwitz
Promemoria
necessario
Einsatzgruppen, la prima fase della Shoah, quella dello sterminio attraverso fucin libro prezioso, questo di lazioni.
Ogni sezione del testo si appoggia
Carlo Saletti e Frediano
Sessi (Auschwitz. Guida alla non solo su un’aggiornata bibliografia
visita all’ex campo di con- ma anche sul riferimento puntuale alla
centramento e del sito memo- documentazione esistente. Alla fine, la
riale, Venezia, Marsilio, 2016, pagine 161, Shoah emerge effettivamente come l’epieuro 15), l’uno storico e regista teatrale, sodio in assoluto più documentato
l’altro storico della Shoah, che sotto l’ap- dell’intero Novecento. I nazisti cercarono
parenza di una semplice guida si rivela sì di cancellare le tracce di quanto avevaun testo ricchissimo non solo di informa- no fatto e i documenti che vi si riferirozioni e mappe, ma anche di suggestioni, no, ma non vi riuscirono, anche perché i
spunti interpretativi, analisi di eventi po- deportati perseguirono con tenacia, nelle
co conosciuti, critica di preconcetti e ge- condizioni più atroci, lo scopo di lasciar
neralizzazioni. Insomma, meno di due- tracce, di consentire la memoria. Così
cento pagine in cui è contenuto, esposto nei cosiddetti rotoli di Auschwitz, a cui
con assoluto rigore e altrettanta chiarez- il volume dedica un’intensa scheda, testi
za, tutto quello che è importante sapere scritti, prima di essere a loro volta assassu Auschwitz e in genere sui meccanismi sinati, da membri dei Sonderkommando, le
della Shoah. Un libro prezioso non solo squadre di deportati ebrei addetti alle caper i visitatori del campo, in particolare mere a gas e ai crematori, e poi sepolti
gli studenti delle scuole, ma anche per in bottiglie e recipienti: affidati ai postechi, senza andare nel campo, vuole chia- ri, insomma. I rotoli di Auschwitz sono
rirsi le idee sulla sua storia, sulla sua or- stati ritrovati fra il 1945 e il 1980 e conganizzazione e sul percorso che ci ha tengono lettere e testimonianze scritte in
portato a considerare la città concentra- francese, in yiddish e in greco.
zionaria di Auschwitz come il paradigma
Nella seconda parte, il libro affronta,
del Male assoluto, il simbolo stesso della sempre per schede, il percorso geografiShoah. Un libro che dovrebbe essere letto nelle scuole, e non solo per preparare
studenti e professori ai viaggi della meIl libro dovrebbe essere letto nelle scuole
moria, ma per spiegare la Shoah, tema
perché la conoscenza della Shoah
su cui, nonostante l’enorme mole di libri
scritti sul tema, la conoscenza resta lacuresta lacunosa e generica
nosa e generica non solo da parte degli
E non solo da parte degli studenti
studenti ma anche sovente da parte di
chi avrebbe il compito di insegnare.
Molti sono gli aspetti quasi sconosciuti ai più che gli autori analizzano nella co, le mappe, le spiegazioni di come è
prima parte, organizzata per schede mu- nata e si è organizzata questa grande citnite ciascuna di una bibliografia somma- tà concentrazionaria: i tre grandi campi,
ria ma aggiornatissima. La scheda che Auschwitz I, Auschwitz II (Birkenau) e
analizza la differenza tra campi di con- Auschwitz III (Monowitz), la storia del
centramento e di sterminio è, ad esem- complesso concentrazionario, l’organizpio, fondamentale perché si tratta di una zazione interna, i blocchi, le infermerie,
differenza su cui continua a sussistere il campo femminile, il campo per zingauna gran confusione. Importantissima ri, le camere a gas e i crematori, ecc. E
perché mette in luce aspetti poco noti poi, ripercorrendo lo stesso percorso, i
della Shoah è anche la scheda dedicata luoghi della memoria, i memoriali, i moalle “marce della morte”, cioè i trasferi- numenti, i cippi, le targhe. Altrettanti
menti forzati a piedi dei detenuti da un tasselli che nel corso di questi decenni, e
campo all’altro, intensificatesi con l’avanzata sovietica alla fine del 1944.
Un tema molto studiato
dalla recente storiografia,
che interpreta questa fase
dello sterminio come la
terza e ultima fase dello
sterminio di massa, dopo
quella della Shoah attraverso le fucilazioni (194142) e quella dei campi.
Le vittime di queste marce sono tra 250.000 e
375.000, su circa 700.000
detenuti ancora nei campi. In molti casi, gli abitanti partecipano attivamente e spontaneamente
al massacro.
Importante è anche la
puntualizzazione che il
libro fa della controversa
questione del numero dei
morti ad Auschwitz, questione resa particolarmente difficile dal fatto che,
come il libro sottolinea,
solo coloro che sopravvivevano alla prima selezione all’arrivo ad Auschwitz erano registrati e
marchiati con il famoso
numero, gli altri scomparivano subito nelle camere a gas. In base ai calcoli fatti attraverso i documenti di trasporto e
quelli sulle selezioni,
sommati a quelli delle reGiovani radunati per l’annuale marcia dei viventi ad Auschwitz (2016)
gistrazioni, le vittime
complessive di Auschwitz
sono secondo le stime
più accreditate un milione e mezzo, di in particolare dopo la caduta del comucui oltre un milione ebrei e 220.000 ado- nismo, si sono trasformati, dalla prima
lescenti e bambini. Una scheda è dedica- voluta sottovalutazione dello sterminio
ta anche all’inizio delle gasazioni: un ebraico — Auschwitz come luogo privileprimo esperimento viene fatto nell’ago- giato dello sterminio dei polacchi — fino
sto 1941 su un piccolo numero di prigio- ad Auschwitz come simbolo stesso della
nieri sovietici, un secondo più ampio nel Shoah e del male estremo del Novecensettembre dello stesso anno, di prigionie- to. Una guida al Male, insomma, per
ri polacchi e sovietici. A quella data lo analizzarne gli aspetti, riconoscerlo, risterminio degli ebrei non è ancora deciso cordarlo. Vorremmo dire perché non si
anche se si sta già realizzando sul fronte ripeta, ma sembra davvero difficile anche
russo, a opera dei corpi speciali delle solo sperarlo.
di ANNA FOA
U
La resistenza non violenta di Dietrich Bonhoeffer, Edith Stein e Jerzy Popiełuszko
Più forti delle armi
il vangelo invita a stare svegli, a cogliere i
segni di quanto accade: «Ipocriti! Sapete
ggi, nell’era del giudicare l’aspetto della terra e del cielo,
mondo globale, di- come mai questo tempo non sapete giudisponiamo
degli carlo?» (Luca, 12, 56). Anche Edith Stein
strumenti per cono- è subito consapevole del pericolo che il
scere quanto acca- nazismo rappresenta non solo per il popode anche lontano da noi: guerre, genocidi, lo ebraico, ma anche per il popolo tedepopoli in fuga, persecuzioni. Eppure spes- sco: «Chi muterà questa colpa orribile in
so tutto ciò si svolge nel silenzio del mon- una benedizione per entrambe le stirpi?
do. O nell’indifferenza. Anche oggi, come Solo chi non permetterà a queste piaghe
nel passato, molti scelgono di non sceglie- aperte dell’odio di generare altro odio». Il
re, rimanendo alla finestra, come spettato- 12 aprile 1933 scrive a Pio XI per chiedergli
ri che assistono a un naufragio». Sono le di non tacere, ma proprio di lì a qualche
inquietanti parole di Anselmo Palini poste mese sarà ratificato il
a conclusione del suo libro Più forti delle Concordato fra Vaticaarmi. Dietrich Bonhoeffer, Edith Stein, Jerzy no e il governo nazista.
Popiełuszko (Roma, Editrice Ave, 2016, pa- Il Papa poco dopo
gine 346, euro 15), con le quali pone ur- pubblicherà l’enciclica
Mit brennender Sorge
genti interrogativi al nostro tempo.
Capita ancora di chiederci come sia sta- (Con viva angoscia), in
to possibile che coloro che sapevano cosa cui, anche se non in
accadeva nella Germania nazista, non ab- modo esplicito, condanbiano fatto niente. La stessa domanda, na il nazismo. La Chiepurtroppo continua a essere valida anche sa invece, come sappiaai nostri giorni. Sappiamo, vediamo, assi- mo, prende subito una
stendo in diretta a distruzioni, esecuzioni, chiara posizione di conviolenze di ogni tipo come si trattasse di danna nei confronti dei
un film, ormai assuefatti all’orrore di im- regimi comunisti, assumagini, che quasi non riusciamo più a di- mendo una funzione distinguere se siano reali o virtuali, e come namica per il crollo deanestetizzati. Dietrich Bonhoeffer e Edith gli stessi soprattutto duStein, vittime del regime nazista, Jerzy Po- rante il pontificato di
piełuszko, vittima del regime comunista Giovanni Paolo II. Jerzy
polacco negli anni di Solidarność, dei Popiełuszko, che, a parquali già tanto è stato
trattato, interpellano
fortemente le coscienLe loro vite dimostrano
ze. Testimoniano con
che è possibile percorrere la storia
la loro vita la possibilità di attraversare la
rimanendo fedeli a se stessi
storia rimanendo fedeSenza farsi travolgere dall’inganno
li a se stessi, senza farsi travolgere dai marosi dell’inganno, della
violenza, della più orribile sopraffazione. tire dal 1982, celebrava
«Resistenti non violenti, non hanno rispo- a Varsavia con grande
sto al male con il male, ma con parole di affluenza di popolo, soverità e azioni di giustizia». Mettendosi prattutto di operai, le
completamente in gioco «hanno anteposto messe per la patria, diil primato della coscienza, la fedeltà ai va- viene testimone di una
lori della pace e della libertà perfino alla Chiesa al fianco «di copropria vita». Il senso della memoria non loro che sono privi di
è solo quello di riportare all’attenzione libertà, di quelli le cui
eventi di un tempo storico ancora prossi- coscienze vengono inmo, ma di scuotere le coscienze, spesso infrante». In una delle
torpidite di fronte alla realtà. Palini attratante omelie afferma:
verso una ricostruzione puntuale fatta sui
«non svendiamo il nodocumenti, riesce a mettere a fuoco la vita
di queste tre grandi figure facendole emer- stro ideale per un piatto di lenticchie» e
gere come punti di luce nell’oscurità del invita a sperare dicendo che il cambiatempo. Quanto li accomuna è la determi- mento dipende «da noi tutti, dalla nostra
nazione a guardare in faccia la realtà, ad sollecitudine per i nostri fratelli innocenti,
accollarsi la sofferenza del mondo incar- imprigionati, dalla nostra vita vissuta ogni
nando fino in fondo quell’amore che tra- giorno nella verità».
Anche oggi stiamo attraversando un
valica i limiti umani. Dice Bonhoeffer: «le
battaglie non vengono vinte con le armi, tempo di marosi. Dalla fine della seconda
ma con Dio (...) anche laddove la strada guerra mondiale, forse per la prima volta,
porta alla croce». Edith Stein ugualmente ci stiamo rendendo conto di tornare indieafferma: «quelli che capiscono che tutto tro, come se i valori acquisiti così a caro
questo è la Croce di Cristo, dovrebbero prezzo, fossero stati ingoiati dalla furia di
prenderla su di sé in nome degli altri». un vento contrario che allo stesso tempo
Nel 1938 mentre incalzano le persecuzioni sta spazzando via anche le illusioni, lacontro gli ebrei e prende campo l’ideolo- sciando tutti in preda all’ansia e alla paura
gia della razza, il governo delle chiese uf- del futuro. Gli enormi abusi dell’ingiustificiali chiede a tutti i pastori un giuramen- zia sono messi a nudo, ma di fronte a
to di fedeltà a Hitler. Bonhoeffer prende contraddizioni insanabili, all’annientamenesplicita posizione: «La Chiesa è rimasta to di popoli ferocemente offesi nella dimuta quando invece avrebbe dovuto gri- gnità, non rimane che far leva sulla codare, perché il sangue degli innocenti gri- scienza al fine di acconsentire a indietregdava al cielo». Sceglie di «guardare i giare. La storia non si ferma, è come un
grandi eventi della storia universale dal fiume in piena, se non si corre ai ripari
basso, dalla prospettiva degli esclusi, (...) straripa. Bisogna fare un passo indietro
degli oppressi, dei derisi, in una parola dei finché siamo ancora in tempo. Rinunciare
a qualcosa, mettersi in discussione. Potere
sofferenti».
Certamente è difficile leggere la storia e abusi ritenuti diritti acquisiti inquietano
mentre la si vive, è molto più facile leg- e interrogano. Tutti siamo chiamati a rigerla a posteriori quando le cause hanno spondere, come a Ninive. L’Occidente si è
maturato i loro nefasti effetti. Ma proprio abituato a un tenore eccessivo, lo stesso
di ANTONELLA LUMINI
«O
papa Francesco chiama a un nuovo stile
di vita. Se tutta la popolazione mondiale
dovesse vivere a questo livello sarebbero
necessari diversi pianeti Terra. Manca la
misura, l’abuso è grande. «Resistenza e resa», come per Bonhoeffer, chiedono fermezza nei valori, e resa dell’ego. Per ogni
donna e uomo di fede, non possono che
voler dire resa a Dio e alla sua volontà,
che non è certo quella di distruggere per
punire, ma di far sì che l’umanità si converta e possa rimediare ai gravi effetti
dell’ingiustizia. Se non c’è il passo indietro e il ravvedimento, ogni confronto por-
Dietrich Bonhoeffer
ta allo scontro di interessi egoici contrastanti, le parole diventano bieco calcolo
sempre più cinico e cieco. Siamo tutti
conniventi di un sistema fino a che non ci
poniamo in stato di resa. Solo facendo un
passo indietro si può ritrovare la misura di
un rapporto fra esseri umani senza più
maschere, nudi. Quella occidentale è
un’umanità viziata, prigioniera di troppi
bisogni indotti, decadente. Lo spettro dei
poteri forti insorge quando l’egoico si erge
a idolo facendo credere di poter risolvere
le contraddizioni del mondo. L’onnipotenza è il più grande pericolo e riemerge
proprio dal senso di massima impotenza,
quando tutti si lasciano prendere dalla
paura e tendono a innalzare chi grida più
forte promettendo la risoluzione di tutti i
mali. È nel momento di massima cecità
che la menzogna impera e seduce i derelitti facendo credere loro che sia sorto un
salvatore sulla terra, che però è solo un
imbonitore. Quando il pericolo incombe
«resistenza e resa» divengono le sole parole che parlano ancora. Resa a Dio e resistenza alle seduzioni dell’inganno affidandosi alla luce dello Spirito; è questo, come
afferma Bonhoeffer, che «salva l’anima
delle generazioni future».
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 26 gennaio 2017
pagina 5
Lorenza Mazzetti
Negli occhi di una bambina la strage nazista della famiglia di Robert Einstein
di ELENA BUIA RUTT
a strage di Rignano sull’Arno è un capitolo tragico e
ancora buio della storia d’Italia. Lorenza
Mazzetti, classe 1927, l’ha vissuta quando era bambina e l’ha raccontata nel suo libro Il cielo cade
(Sellerio), vincitore, nel 1961 del
premio Viareggio.
Il cielo cadde addosso a due
bambine, il 3 agosto 1944, Lorenza e Paola, la sua gemella, che,
orfane di padre e di madre furono
accolte a vivere nella tenuta toscana della zia, Nina Mazzetti e di
suo marito, Robert Einstein, cugino di Albert. Robert era fuggito
dalla Germania e si era stabilito
con la moglie e le sue due figlie
in Toscana, a poca distanza dalla
sorella di Albert Einstein stesso,
Maya che, nella sua casa di Sesto
fiorentino, riceveva artisti e scrittori,
dando vita a un ambiente artistico e
internazionale apparentemente al sicuro dalle persecuzioni e dalla guerra. «Era molto divertente stare in
questa famiglia — ricorda Lorenza
Mazzetti —, c’erano le due figlie dello zio Robert, Luce e Anna Maria
detta Cicci, con le quali giocavamo
insieme ai bambini dei contadini. Da
questi ho appreso tante cose, come
per esempio che gli ebrei hanno ucciso Gesù e per questo erano deicidi.
Immaginatevi il nostro dolore pensando che lo zio che io stimavo tanto fosse un deicida: apparteneva a
un popolo macchiato da una colpa
indelebile, una specie di peste. Allora con i contadinelli decidemmo tutti di offrire la nostra sofferenza a
Dio, affinché mandasse lo zio non
all’inferno, ma almeno in purgatorio.
Tornati a casa con le gambe tutte insanguinate, lo zio ci strillò e disse
che solo gli stupidi potevano andare
tra le spine: ci fece scrivere 50 volte
questa frase. Fu molto faticoso per
me, ma lo zio non era solo rimproveri, era anche tanto affettuoso. La
zia invece ci parlava di Gesù, raccontandoci le parabole. Io ero tutta
presa da Gesù soprattutto per la parabola della pecorella smarrita. Ho
amato Gesù e lo amo tuttora. È proprio vero che i genitori adottivi si
amano a volte di più di quelli veri».
Durante la ritirata, i tedeschi occuparono parte della villa di Robert
Einstein. Gli ufficiali si mostrarono
stranamente gentili con la famiglia,
giocando a scacchi e ascoltando Mozart e Beethoven. Lorenza Mazzetti
Quando
il cielo cade
L
ricorda come rimase esterrefatta sentendo le parole di un tenente che
profetizzava un futuro in quel momento assolutamente inimmaginabile: «Quando la guerra sarà finita, ci
impiccherete tutti perché non sapete
le cose terribili che abbiamo fatto».
Dopo che il comando fu partito,
proprio mentre i bombardamenti inglesi infuriavano a qualche chilometro di distanza, due soldati tedeschi
vennero a bussare alla porta della famiglia, chiedendo di Robert, ma Nina Mazzetti ebbe il sangue freddo di
dire che era partito. Fu così che Robert Einstein, seppur con riluttanza,
fuggì e si rifugiò nel bosco, pensando in tal modo di non mettere in
pericolo la moglie, non ebrea, e le
na di fumo e fiamme, corse verso la
casa, urlando, in preda alla disperazione: distrutto dal dolore si suicidò
poco tempo dopo, congedandosi
dalle nipoti con una lettera amorevole, in cui le nominava eredi universali del suo patrimonio. Attaccato
a un albero, nel cortile della villa, i
nazisti lasciarono un foglio che recitava: «Abbiamo giustiziato i componenti della famiglia Einstein, in
quanto in contatto continuo con il
nemico». Il foglio era firmato genericamente «Il comandante», senza
nome, senza firma.
Identificare il colpevole di questa
strage per lungo tempo è sembrato
impossibile: «Ufficialmente — commenta Lorenza Mazzetti — grazie allo storico Carlo Gentile, il quale ha scritto
un libro sui crimini di
Lorenza voleva raccontare
guerra dei tedeschi in
Italia, l’uccisione della
le tenebre che la attanagliavano
moglie e delle figlie di
Leggendo Kafka
Robert Einstein non è
stato un assassinio posi riconobbe nello sguardo
litico, ma un’operaziodi stupefatto orrore dello scrittore
ne bellica avvenuta
senza possibilità di
scoprire il colpevole e
due figlie. I soldati tornarono il soprattutto seguendo la teoria che
giorno dopo in gran numero e dopo non c’erano SS a quell’ora, quel gioraver trascinato nell’aia Nina e le sue no, in quel luogo: come non si trova
due bambine, le fucilarono. Lorenza traccia di tutto ciò negli archivi tedee Paola, rimaste chiuse in casa, senti- schi. Forse è stata una “gentilezza”
rono gli spari e videro i corpi della verso la Germania il non cercare gli
zia e delle cuginette riversi nel san- autori, ma a me e a mia sorella Paogue e nella polvere: le due Mazzetti la è bastato guardare le foto delle SS
erano state risparmiate perché il loro pubblicate su internet, per riconocognome non era ebreo. Quando i scere il giovane con gli occhiali che
tedeschi diedero fuoco alla villa, Ro- venne a “fare giustizia”, come ha
bert, accortosi dal bosco della colon- scritto sul foglio attaccato all’albero.
Sono andata a Monaco, dove attualmente vive, ma la polizia tedesca ha
archiviato il caso, perché pare che
questa persona stia male in salute.
Come giustificazione ci hanno detto
che sta così male che è addirittura
“passato con il rosso”. È inutile dire
che di fronte a questo abbiamo deciso di combattere fino all’ultimo per
ottenere l’annullamento dell’archiviazione». L’uomo riconosciuto da Lorenza Mazzetti è anche uno dei tre
autori della strage di Fucecchio, avvenuta pochi giorni dopo quella della famiglia Einstein, dove i nazisti
massacrarono 174 civili tra cui donne, vecchi e bambini.
La vita di Lorenza, dopo i terribili
fatti di cui fu spettatrice, cambiò
bruscamente: dopo la maturità classica si iscrisse a filosofia, ma lasciò
subito Firenze, con l’intenzione di
sfuggire ai fantasmi che la perseguitavano. Volò a Londra, dove si ritrovò improvvisamente senza soldi, costretta a lavorare come lavapiatti per
mangiare, poiché il suo tutore aveva
dilapidato il patrimonio lasciatole
dallo zio Robert Einstein. Ma Lorenza aveva un’urgenza dentro di sé,
ed era quella di raccontare le tenebre
che la attanagliavano: leggendo Kafka, si riconobbe nello sguardo di
«stupefatto orrore» dello scrittore
praghese nei confronti della realtà,
mentre il volto deformato dei papi
di Francis Bacon, in una mostra vista a Londra, la portò a volersi iscrivere alla Slade School of Fine Art,
dove Bacon insegnava. Senza un
soldo, ma estremamente motivata,
Lorenza si recò al college inglese e
chiese con insistenza di vedere il direttore, William Coldstream. Diceva
di non avere i soldi per pagare, ma,
«poiché era un genio» doveva essere
ammessa alle lezioni. Insistendo nel
chiedere un colloquio con il direttore, Lorenza non capì che la persona
a cui stava protestando le proprie ragioni non era un inserviente, ma
Coldstream in persona che, colpito
dalla sua eccentrica sfrontatezza, le
permise di frequentare i corsi. Il direttore non sarebbe stato deluso da
questa giovane ragazza fiorentina
Robert Einstein con la moglie Cesarina Mazzetti (detta Nina)
La musica
del Ferramonti
Il diario di Etty Hillesum
Cuore a cuore con Dio
di CÉCILIA DUTTER*
a forza essenziale
consiste nel sentire
dentro di sé, fino alla fine, che la vita
ha un senso, che è
bella, che uno ha realizzato le proprie
virtuosità nel corso di un’esistenza che è
stata buona, così com’è stata». Queste
parole sono di Etty Hillesum, una giovane donna ebrea olandese di ventisette
anni, che ha tenuto un diario dal 1941 al
1943, durante l’occupazione dei Paesi
«L
Bassi da parte del nemico nazista. Rifiutando la clandestinità, si addosserà,
con le sue stesse parole, «il destino di
massa» del suo popolo, e s’impegnerà
come volontaria nel campo di transito
di Westerbork, dove assisterà i suoi con
un coraggio ammirevole. Pagherà questo impegno con la sua vita e sarà deportata ad Auschwitz, dove morirà tre
mesi dopo il suo arrivo.
Quando inizia a scrivere il suo diario,
Etty Hillesum vive ad Amsterdam. Le
misure segregative nei confronti della
popolazione ebrea s’inaspriscono di
Un ritratto di Etty Hillesum
giorno in giorno. Mentre la morsa si
stringe su quella comunità che non ha
più diritto a circolare, a rifornirsi o a
riunirsi liberamente, Etty è in preda a
un malessere di tipo più intimo. Triste,
bulimica e depressa — si trascina spesso
fino al letto senza poi riuscire a rialzarsi
—, è innanzitutto questo suo caos interiore che rivela nei suoi scritti ed è attraverso la sua storia personale che ci
consente di leggere la grande Storia che
incrocia il suo destino. Ed è poi attraverso la sua crescita fisica e spirituale
che ci permette di meditare sulla vita.
Tale crescita la deve a un uomo, Julius Spier, psicologo junghiano al cui
studio busserà per trovare aiuto. Questo
le insegnerà prima a conoscersi e ad accettarsi e quindi ad amarsi, per poter
poi decentrare meglio questo amore verso gli altri. Etty è una gran sentimentale
che a quel tempo accumula conquiste
maschili, cercando invano di colmare
così il suo vuoto esistenziale. Il suo terapeuta le insegna che, al di là
dell’amore che sente per un uomo, può
accogliere l’amore per l’intera umanità.
Infine, le fa intravedere l’esistenza di un
amore ancora più grande: l’Amore di
Dio. Un Dio che sarà per lei al tempo
stesso un Dio molto incarnato, con il
quale converserà ogni giorno in un «iotu» dialogante, ma anche un Dio più
astratto, trascendenza suprema che realizza la sintesi tra la sfera individuale
(l’amore per se stessi, l’amore per un
uomo) e quella collettiva (l’amore per
che, dopo poco, rubando le cineprese universitarie, avrebbe girato, con
pochi amici, K, un film ispirato alle
Metamorfosi di Kafka: un film che
aprì la strada a un nuovo modo di
filmare e interpretare la realtà su pellicola, anticipando il manifesto del
Free Cinema, redatto e firmato dalla
stessa Mazzetti e altri giovani registi.
«Ero affascinata dalla faccia di Kafka per il suo viso che vede l’orrore e
per la sensibilità che sottende. Inoltre amavo il suoi libri, come ad
esempio Il processo, dove il protagonista, K, viene prelevato da due persone, dichiarato colpevole e ucciso a
coltellate, senza che egli sia mai stato informato in merito alla natura
delle accuse a suo carico. E questa
vicenda è molto simile alla storia
dello zio».
Il talento di Lorenza assunse piena forma con Together, film vincitore
al Festival di Cannes nel 1956 come
miglior film d’avanguardia, ispirato
al romanzo della grande scrittrice
statunitense Carson McCullers, Il
cuore è un cacciatore solitario. Cesare
Zavattini, presente al festival, ne rimase così colpito che volle conoscerla e fu Zavattini stesso che, insieme
ad Attilio Bertolucci, qualche anno
dopo fece sì che Il cielo cade, dopo
una serie di inspiegabili rifiuti da
parte degli editori italiani, venisse
pubblicato da Garzanti.
Dopo aver fondato e diretto per
anni il Teatro dei burattini di Campo de’ Fiori a Roma, Lorenza Mazzetti attualmente scrive e dipinge: ricordiamo la mostra «Album di famiglia» i cui ottanta dipinti hanno illustrato le vicende de Il cielo cade, il libro che ha permesso di parlare e
mantenere vivo il ricordo della strage della famiglia Einstein che altrimenti sarebbe rimasta occultata. Nel
2016, inoltre, un documentario, diretto da Steve Della Casa e Francesco Frisari e intitolato proprio Perché
sono un genio!, ripercorre la vita di
Lorenza, la sua personale ed eccezionale “risposta” alla tragedia a cui
ha assistito.
l’umanità) pur trascendendole infinitamente.
Nel cuore della barbarie, la dolce voce di Etty si leva per contrapporre al
male una fede indefettibile nell’uomo e
una fiducia incrollabile nel senso e nella
bellezza della vita. Portatrice di una spiritualità dalle numerose ispirazioni cristiane — aveva letto sant’Agostino e studiato da vicino i vangeli — il suo credo
attesta altre influenze confessionali, soprattutto giudaiche, e, sotto certi aspetti, addirittura vicine alle saggezze orientali. Vero polo di convergenza mistica,
la fede rifulgente di Etty, fondamentalmente a-dogmatica e universale, parla
così tanto dell’essenza del rapporto tra
l’uomo e il divino da risuonare nel cuore di ognuno, qualunque sia il suo
credo.
Rifiutando la spirale dell’odio, in un
ascolto attento dell’istante, Etty Hillesum dialoga con Dio, continuando instancabilmente a lodare la vita, nel seno
stesso di quell’impresa di annientamento radicale che è la Shoah. Attraverso
questa conversazione intima e celeste a
cui c’invita nei suoi scritti, ci consegna
una testimonianza di resistenza spirituale di una forza senza pari, e lascia al
mondo del dopoguerra un luminoso
messaggio di amore, di pace e di speranza.
*Presidente
dell’Association des Amis d’Etty Hillesum
Un concerto, in occasione del
Giorno della memoria, per ricordare
Ferramonti, «il lager che salvò
migliaia di ebrei», come l’ha definito
Gaetano Vallini, sul nostro giornale,
in un articolo uscito il 4 giugno
2009. «Serata colorata», in
programma il 26 gennaio
all’Auditorium Parco della musica di
Roma, rievoca infatti le musiche
composte e suonate dai musicisti
internati a Ferramonti, in Calabria,
uno dei più grandi campi italiani
della seconda guerra mondiale. Gli
spartiti, insieme a diari, fotografie,
documenti manoscritti, sono stati
ritrovati dal musicologo Raffaele
Deluca del Conservatorio di Milano.
La vicenda storica è stata ricostruita
con la consulenza di Carlo Spartaco
Capogreco, lo storico che riscoprì
Ferramonti nel 1987 e ha pubblicato
studi fondamentali sull’internamento
civile fascista, tra cui il saggio I
campi del duce (Einaudi, 2004).
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
di JUAN FERNAND O
USMA GÓMEZ*
Nell’anno della commemorazione comune dei 500 anni della riforma di Lutero non mi sarà facile attirare l’attenzione sulle relazioni tra cattolici, pentecostali
ed evangelicali. Eppure sulle vie
del mondo è mille volte più probabile che un cattolico incontri
— o si scontri — con un pentecostale o un evangelico che con un
luterano. La “pentecostalizzazione” del cristianesimo è un dato
di fatto che ci pone di fronte a
un modo di essere cristiani con
una spiritualità — culto, musica e
devozione — un approccio missionario e una forma teologica —
testimonianza — propri, con i
quali entriamo in contatto direttamente o indirettamente più sovente di quanto possiamo immaginare.
Se l’unità dei cristiani è volontà di Cristo, e cattolici e pentecostali sono i due gruppi cristiani più numerosi al mondo, allora
la promozione delle relazioni tra
cattolici e pentecostali si presenta come uno dei campi privilegiati di lavoro e la sua mancanza
pone un grave problema a tutte
le latitudini. Non pochi sostengono che il terreno non è pronto. Molti cattolici e molti pentecostali si ignorano e patiscono
per questo, spesso non sono favorevoli al dialogo, persistono
avversione e diffidenza reciproca
e la consapevolezza di questa situazione fa sì che molti si dileguino senza neanche tentare di
cambiare le cose.
Usando immagini alquanto
crude dall’Ottavario per l’unità
2017, possiamo affermare che i
muri di divisione tra cattolici,
pentecostali ed evangelicali sono
spesso fatti di «mancanza
d’amore, odio e disprezzo, false
Nel dialogo con pentecostali ed evangelicali
L’unità
si fa camminando
accuse, discriminazione, persecuzione, comunione spezzata, intolleranza, abuso di potere,
estraniamento, orgoglio, e persino di guerra di religioni» (cfr.
Celebrazione ecumenica, Divisi
dai nostri peccati). La descrizione
è drammatica e, peggio ancora,
se teniamo presente che non si
tratta di una valutazione storica
se non di una realtà latente ai
giorni nostri. Confessare questi
atteggiamenti e chiedere perdono vicendevolmente è una strada
proposta nella celebrazione ecumenica di quest’anno, una strada
già intrapresa da Papa Francesco
nella sua visita alla chiesa pentecostale della riconciliazione di
Caserta. Ma, come lo stesso Papa Francesco ama ripetere:
«l’unità si fa camminando»: tutte le relazioni per essere tali esi-
gono un processo di purificazione, di conoscenza, di chiarimento, di maturità e, non di rado, di
guarigione. La richiesta di perdono a nome della Chiesa cattolica deve inaugurare una nuova
tappa nelle relazioni tra tutti.
Lo stato delle relazioni e le caratteristiche specifiche di cattolici, pentecostali ed evangelicali
suggeriscono che vi è una strada
propria da percorrere che non
necessariamente coincide con
quelle strade intraprese nella
promozione dell’unità con ortodossi, anglicani e protestanti. I
principi cattolici per l’ecumenismo si sono dimostrati validissimi, ma la maniera di applicarli, i
temi, i metodi e i percorsi esigono apertura mentale e creatività
ecclesiale, pastorale e teologica.
Tra le iniziative a livello internazionale che hanno tentato di
innescare un processo di superamento dei malintesi attraverso la
conoscenza reciproca e mediante
la mutua edificazione sulla base
delle proprie spiritualità, si annoverano il Dialogo cattolico
pentecostale (inauguratosi nel
1972), la Consulta internazionale
con l’Alleanza evangelica mondiale (finora tre serie di consultazioni, l’ultima delle quali conclusasi nel 2015) e le Conversazioni
con leader delle nuove chiese carismatiche.
Apparentemente tre commissioni miste simili a tutte le altre
che portano avanti il dialogo
teologico, ma se viste da vicino,
ci si rende conto che il percorso
è stato diverso poiché i partner
giovedì 26 gennaio 2017
erano diversi, lo stato delle relazioni era diverso e il loro approccio teologico, missionario ed
ecclesiale era diverso. Se riuscissimo a superare questa prima
constatazione delle differenze
che permangono e potessimo
esplorare assieme i nostri approcci ecclesiali e di spiritualità,
potremmo non solo chiarire i
malintesi, spiegare le diverse posizioni, ma persino riusciremmo
a trovare nuove strade per crescere nella comunione.
Tale è il caso del sesto rapporto finale prodotto dal dialogo
cattolico pentecostale di recente
pubblicazione. Si tratta del testo
Non estinguete lo Spirito. I carismi
nella vita e nella missione della
Chiesa. Dopo cinque anni di studio, ascolto, preghiera e intensi
dibattiti, cattolici e pentecostali
sono giunti a una riflessione comune su un tema molto sentito
nelle diverse latitudini: «Cattolici e pentecostali concordano che
il lavoro supremo dello Spirito
santo, che elargisce i suoi doni
divini, è una benedizione per la
Chiesa. Per i veri carismi si deve
pregare, attendere e fare affidamento a essi come a doni divini.
Nonostante ciò, in molti luoghi,
invece della gioia, dello stupore,
del rinnovamento, e dell’edificazione del corpo di Cristo, l’esercizio dei carismi è fonte di tensione e di preoccupazione. Sia i
leader cattolici che pentecostali
sono preoccupati dal fatto che
alla base di queste tensioni vi sia
un discernimento insufficiente
dei carismi, e che questo porti a
pratiche manipolative e disoneste
come la promessa di certi risultati o rivendicazioni di una superiorità spirituale da parte di coloro che esercitano tali carismi e,
di conseguenza, il discredito di
altre chiese e cristiani. Cattolici e
pentecostali non accettano l’eser-
cizio di carismi che sembri collocarli al di sopra della Parola di
D io».
Il dialogo cattolico-pentecostale, consapevole dell’urgenza
del tema, offre una sintesi di
quello che cattolici e pentecostali
hanno in comune, espone il fondamento biblico, propone un
breve cenno storico sull’argomento e presenta una riflessione
su tre carismi: la profezia, la
guarigione e il discernimento degli spiriti. Il testo si conclude facendo il punto sulla responsabilità pastorale circa l’esercizio dei
carismi, una questione che rimane un punto di divergenza.
Sul documento, padre Raniero
Cantalamessa afferma nel suo
commento critico: «Ho letto con
interesse e con grande arricchimento personale il rapporto,
frutto della sesta fase del dialogo
cattolico pentecostale. Si tratta, a
mio avviso, di un testo eccellente
per l’ampiezza dei riferimenti biblici e l’attenzione alla storia delle rispettive tradizioni. Esso tocca un aspetto della dottrina e
della vita della Chiesa in cui, a
differenza di altri ambiti, si registra con soddisfazione un fondamentale e incoraggiante accordo
tra cattolici e pentecostali».
Non resta che invitare a studiare e approfondire questo testo
per scoprire o riscoprire e «raccogliere quello che lo Spirito ha
seminato in loro come un dono
anche per noi» (Evangelii gaudium, 246), nella speranza di poter ascoltare insieme i sussurri e i
gemiti ineffabili dello Spirito
(cfr. 1 Re, 19, 12; Romani, 8, 26),
Colui che ci porterà all’unità.
*Capo ufficio per la Sezione
occidentale del Pontificio consiglio
per la promozione
dell’unità dei cristiani
Documento dell’episcopato
Messaggio della Conferenza episcopale guatemalteca
Chi fa povero
il Messico
Molti problemi, una risposta
CITTÀ DEL MESSICO, 25. Milioni di
messicani vivono in condizioni precarie a causa della scarsa sicurezza nel
paese e delle tensioni sociali nate dalle
difficoltà economiche. È quanto denuncia la Conferenza episcopale messicana, che ha pubblicato un documento articolato sulla situazione economica attuale in Messico e sulle recenti misure del governo, a partire
dall’aumento del prezzo del carburante, provvedimento che ha provocato
ulteriori tensioni.
«Abbiamo iniziato un anno pieno
di sfide e avversità — si legge nel testo
diffuso dal Sir — tra le quali senza
dubbio il cosiddetto “gasolinazo”».
Un provvedimento che «acutizza la situazione precaria nella quale vivono
milioni di messicani».
La richiesta, rivolta soprattutto alle
istituzioni, è dunque «di guardare alle
comunità, alle città e ai quartieri e di
lasciarsi interpellare da ogni famiglia e
persona che soffre, non solo per l’aumento del carburante, ma per la povertà che cresce da decenni, per la corruzione che permane e per la continua
dipendenza dalle decisioni dei mercati
internazionali». Secondo i vescovi,
l’aumento del prezzo del carburante
non era inevitabile: «Si potevano infatti ridurre le imposte sul carburante
per bilanciare l’aumento del prezzo
del greggio». Mentre i sussidi per la
benzina, sostengono ancora i presuli,
non hanno raggiunto i meno abbienti:
«C’è da chiedersi: viviamo veramente
in uno stato povero e carente di risorse oppure in uno stato dove si ripetono casi di corruzione dei quali sono
protagonisti personaggi che continuano a lasciare vuote le casse degli
enti a livello comunale, regionale e federale?».
Nel documento si fanno poi precise
proposte per uno sviluppo economico
più
equo:
dalla
valorizzazione
dell’economia locale alla formazione
per il lavoro, all’incentivo alle cooperative, a una maggiore solidarietà.
Inoltre, i presuli invitano tutti, «specialmente i cristiani, a impegnarsi e
partecipare come cittadini, a sentire il
bisogno di entrare in dialogo con i diversi attori sociali». In ogni caso, precisano i vescovi, va condannato «ogni
atto che viene esercitato con la violenza, anche perché danneggia la libertà
di espressione di coloro che invece cercano cambiamenti effettivi».
Il documento è firmato dai vescovi
responsabili della pastorale sociale Caritas, della commissione giustizia,
pace, riconciliazione, fede e politica,
della pastorale della salute, della pastorale del lavoro, della mobilità umana, della pastorale indigena e della pastorale penitenziaria.
CITTÀ DEL GUATEMALA, 25. «I
tempi sono cambiati. Viviamo in
una cultura che si secolarizza e
globalizza, ma le persone continuano ad avere bisogno di trovare
un senso per la loro vita, un orientamento per le loro azioni, perdono per i propri peccati e speranza
davanti a qualunque situazione, soprattutto di fronte all’enigma della
morte. Gesù e il suo Vangelo sono
l’unica risposta coerente e vera».
Lo scrive la Conferenza episcopale
guatemalteca nel messaggio diffuso
al termine dell’assemblea plenaria
svoltasi nei giorni scorsi a Mixco,
durante la quale, fra l’altro, sono
stati eletti il nuovo consiglio permanente e i membri delle commissioni episcopali. I presuli, dopo
aver ricordato la loro missione di
«ministri di Gesù Cristo fra gli uomini e le donne di oggi», sottolineano che «parte costitutiva
dell’evangelizzazione è la promozione nei fedeli cristiani della coscienza e della responsabilità, in
modo che agiscano nelle realtà del
mondo secondo la vocazione propria di ciascuno, nei diversi ambiti
della società».
Nel documento — a firma del
presidente dell’episcopato, Gonzalo de Villa y Vásquez, vescovo di
Sololá-Chimaltenango, e del segretario, Domingo Buezo Leiva, vescovo vicario di Izabal — si esortano sacerdoti e loro collaboratori ad
«assumersi con entusiasmo il progetto di trasformare le parrocchie
in modo che siano missionarie, in
uscita misericordiosa». Anche i
consacrati, uomini e donne, partendo dalle peculiarità dei propri
carismi e ministeri, devono coinvolgersi nell’opera evangelizzatrice,
«ragion d’essere della Chiesa e sua
missione permanente che chiede
una nuova urgenza nelle circostanze attuali». I laici, viene evidenziato, «hanno un compito insostituibile nell’evangelizzazione»: ricevono dalla Chiesa la formazione nella
fede e la santificazione per mezzo
dei sacramenti; alcuni sono organizzati in associazioni, movimenti
e nuove comunità per crescere nella loro identità cristiana e servire
meglio gli scopi dell’evangelizza-
zione. «Li invitiamo a prendere coscienza che essi rappresentano la
Chiesa nei contesti temporali. È
missione propria dei laici cattolici
fare in modo che la famiglia, il
mondo del lavoro e soprattutto le
realtà sociali come la politica,
l’economia, la cultura siano al servizio degli individui e del bene comune. La fede che, da una parte,
mira alla vita eterna come meta,
dall’altra si proietta nell’impegno
etico fra le realtà di questo mondo.
La via al cielo si fa sulla terra», ricordano i vescovi.
Le strutture e le organizzazioni
politiche, economiche e sociali sono formate da persone e per il bene della società. «Non hanno vita
per se stesse. Solo la qualità etica e
morale di coloro che le costituiscono garantisce che esse realizzino
gli obiettivi per le quali sono state
create», si afferma, osservando che
«la stessa struttura politica dello
Stato necessita, per il suo corretto
funzionamento, della cultura dei
cittadini». Pertanto, è desiderio
della Conferenza episcopale contribuire, attraverso l’evangelizzazione
e la trasmissione della fede, alla
formazione dei cittadini guatemaltechi «affinché, con senso morale,
agiscano negli ambiti temporali e
negli organismi politici ed economici per promuovere il bene comune». Analoga esortazione è rivolta
ai poteri giudiziario, legislativo ed
esecutivo affinché combattano con
efficacia il malaffare, lavorino per
gli interessi del popolo e garantiscano una gestione dello Stato più
trasparente.
Nel messaggio, spazio è dedicato anche al problema dell’emigrazione e all’importanza della famiglia. «Ogni persona ha il diritto di
emigrare e di cercare il suo futuro
dove crede ci siano più opportunità», scrive l’episcopato, esprimendo tuttavia preoccupazione per il
fatto che la violenza e la mancanza
di prospettive obblighino molte
persone a correre rischi, anche
mortali, nel loro viaggio verso un
altro paese. «È dovere della società, delle organizzazioni sociali, della Chiesa e dello Stato favorire il
clima propizio all’investimento
creatore di impiego e sviluppo. Per
questo — si sottolinea — lodiamo le
iniziative che promuovono gli investimenti, creano ricchezza e favoriscono lo sviluppo del paese con
senso di responsabilità e giustizia».
Per quanto riguarda la famiglia, essa, «basata sul matrimonio fra un
uomo e una donna per il sostegno
reciproco, la procreazione e l’educazione dei figli, è fondamento
della società». Ai cittadini, in particolare ai cattolici, i vescovi chiedono di assumersi con responsabilità il compito della formazione
delle proprie famiglie, allo Stato il
rispetto dell’istituzione del matrimonio, «che deve essere sempre fra
un uomo e una donna». E definiscono «un attentato alla dignità
della persona l’ideologia di genere
che promuove politiche secondo le
quali gli individui possono attribuirsi identità sessuali diverse da
quella del proprio corpo, che è
maschile o femminile».
†
Sua Eminenza il Cardinale George
Pell, Prefetto della Segreteria per
l’Economia, Mons. Alfred Xuereb e
Mons. Luigi Mistò, Segretari, e gli
Officiali tutti, partecipano con la preghiera e le più sentite condoglianze
al lutto del dr. Gianfranco Zappa,
Responsabile dell’Ufficio del personale, per la morte dell’amata moglie
GABRIELLA SANTORI
coniugata ZAPPA
Vaticano, 25 gennaio 2017
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 26 gennaio 2017
pagina 7
Esperienze di fede tra fiducia e acedia
Nell’attesa del Signore
di LISA CREMASCHI
La prima comunità cristiana primitiva vive il dramma del ritardo della
parusia; l’attesa si fa lunga. Il Signore ha promesso di ritornare e prendere con sé i discepoli, eppure cominciano a morire i primi apostoli e
il Signore non ritorna. Passato l’entusiasmo, il fervore iniziale, molti si
scoraggiano, si lasciano andare. È
un’esperienza che tocca tutti prima
o poi lungo il cammino. La vita è
lunga, la perseveranza in certi giorni
si fa pesante; ci si ritrova a pensare:
«Non val la pena, non abbiamo da
aspettarci più niente dalla vita, dagli
altri, dal cammino di fede. A che
serve tutto questo? Tanto, che cosa
cambia?».
Esperienza di nausea, di tedio, di
un grigiore nel quale si è immersi a
volte anche dentro la Chiesa, espe-
La più antica collezione dei detti
dei padri, quella alfabetica, si apre,
forzando un poco l’ordine alfabetico, con i detti del grande abba Antonio, padre della vita monastica.
In questo genere di letteratura
edificante, nella quale non mancano
racconti di miracoli, prodigi, leggende fiorite attorno all’uno o all’altro
santo, ci aspetteremmo che si rappresentasse abba Antonio mentre
parla direttamente con Dio o compie un miracolo, o pratica qualche
straordinaria ascesi: e invece la collezione si apre con la descrizione di
un’esperienza che tutti conosciamo:
Antonio è nel deserto, ma vorrebbe
fare il disertore.
Antonio “dimorava” nel deserto;
non vi si trova casualmente o per un
tempo determinato: l’ha scelto come
luogo della sua ricerca e attesa del
Signore. Ha accolto la chiamata di
Dio alla vita monastica, ma deve an-
Parola, spirito e vita
I primi monaci che si ritirano a vivere nel deserto conoscono,
come ogni cristiano, la tentazione di indirizzare altrove la
propria attesa, di colmarla prima del tempo o di rinunciare ad
attendere. Parte da questa prospettiva il testo — di cui
pubblichiamo ampi stralci — che una monaca della comunità
di Bose offre come contributo all’ultimo numero del
periodico semestrale «Parola, spirito e vita. Quaderni di
lettura biblica» (Bologna, Edb, 2016, pagine 244, euro 24,60),
intitolato L’attesa.
rienza di stagioni della vita personale, comunitaria, di coppia, nelle quali si tira a campare. Tentazione del
lasciarsi vivere, del vivere tanto per
vivere, del fare le cose solo perché si
deve o perché si è sempre fatto così,
senza più entusiasmo, senza crederci
troppo, senza aspettarsi più nulla. È
l’acedia, la temibile acedia che a volte può diventare tentazione per
un’intera comunità, per la Chiesa
intera.
cora imparare l’arte di abitare il deserto. Passato il primitivo fervore, si
scoraggia, è vinto dall’acedia, la cattiva tristezza, quella specie di nausea, di non-senso che a volte coglie
nella vita. Andato nel deserto per
cercare il Signore, Antonio sembra
aver dimenticato il fine della sua vocazione. Ma il detto ci presenta anche la via d’uscita da questa crisi.
Antonio prende le distanze dalla
tempesta di pensieri che lo sconvol-
Ermont ricorda il sacerdote ucciso da terroristi
Una piazza dedicata
a padre Jacques
ERMONT, 25. Una folla commossa e in grande raccoglimento ha preso parte, domenica scorsa, a Ermont, nella
regione francese dell’Île-deFrance, alla cerimonia di
inaugurazione di piazza «Père Jacques Hamel», il sacerdote di 86 anni ucciso la
mattina del 26 luglio scorso
da due giovani attentatori
mentre celebrava messa nella
chiesa di Saint-Étienne-duRouvray, vicino a Rouen.
Dedicandogli una piazza,
Ermont ha così voluto rendere omaggio a un uomo di riconosciuta bontà, di grande
carisma e a un fedele servitore della Chiesa. Alla cerimonia — riferisce il sito leparisien.fr — erano presenti numerosi rappresentanti delle
comunità religiose della città,
nonché amici e familiari.
Questa piazza — ha ricordato
il senatore Hugues Portelli,
già sindaco di Ermont — che
si trova proprio davanti al
centro parrocchiale Giovanni
Paolo II, non aveva un nome.
Qui però spesso, oltre alla
comunità cattolica del paese,
vengono ospitati anche incontri ecumenici. «Ha avuto
quindi un senso dedicarla
proprio a lui», ha spiegato
Portelli.
Nel rendere omaggio a padre Jacques, il senatore lo ha
ricordato come un vero
«martire della fede, assassinato da terroristi islamici mentre celebrava l’eucaristia».
Jacques Hamel è stato ed è
ancora di più oggi un testimone di dialogo tra le religioni e tra le differenti comunità nella sua parrocchia vicino a Rouen.
ge. Antonio riconosce nei “pensieri”
che hanno invaso il suo cuore e la
sua mente un elemento estraneo, che
non viene dal Dio della vita e da
questo discernimento prende avvio il
combattimento spirituale. Prendendo le distanze dalla “tempesta di
pensieri”, vede uno simile a lui che
alterna il lavoro alla preghiera: è un
angelo inviato da Dio per correggerlo e rassicurarlo. La precisazione, a
prima vista, è alquanto strana. Gli
angeli non lavorano! A volte la vita
monastica veniva chiamata “vita angelica” perché, si diceva, il monaco
deve lodare Dio tutto il giorno, come fanno gli angeli nel cielo. Secondo questo detto, la vita monastica
non è vita angelica. L’angelo inviato
dal cielo viene a correggere Antonio
proprio dalla tentazione di “fare
l’angelo”, di sfuggire alla condizione
umana, pretendendo tutto e subito
anche nella vita spirituale. E allora
un angelo viene sulla terra a fare
l’uomo; divenuto “come” Antonio,
vive la vita degli uomini: gioia e fatica del lavoro, gioia e fatica della
preghiera, qui, su questa terra,
nell’umile accettazione della fragilità
umana, della fatica nel lottare contro
la tentazione del cattivo scoraggiamento.
L’apparizione dell’angelo ha una
funzione pedagogica: tentato di confondere la terra con il cielo, di sognare una vita angelica, di volere
tutto e subito colmando il vuoto
dell’attesa, Antonio è ricondotto a
vivere la sua condizione di creatura
«con grande gioia e coraggio». Ci
vuole grande coraggio a “sposare la
realtà” con i suoi limiti, le sue manchevolezze piuttosto che rifugiarsi
nel mondo della fantasia in cui ogni
nostro desiderio deve essere soddisfatto e, se non lo è, la colpa è degli
altri.
L’acedia è un modo sbagliato di
vivere la sofferenza, la delusione delle nostre attese; essa rifiuta la vita
nello spazio e nel tempo, nell’hic et
nunc, con tutto il carico di sofferenze e di croce che ciò comporta. Ma
l’accettazione profonda della realtà
diventa anche fonte di pace e di
gioia; so di vivere sotto lo sguardo
del Signore, che vede la mia fatica,
vivo le gioie e le fatiche quotidiane
nell’attesa dell’incontro con il Signore. Ciò che l’angelo chiede ad Antonio di fare non è nulla di straordinario; si potrebbe dire che egli riceve
l’ordine di fare quello che ha sempre
fatto ma in modo altro, di vivere
«con grande gioia e coraggio» la
quotidianità del suo esistere in obbedienza al Signore. «Non disertare
il deserto»: questo sembra l’invito
condensato in questo detto, ma vivere nell’attesa del Signore che viene.
C’è anche una modalità diversa di
venir meno all’attesa del Signore.
Nell’episodio di Luca 10, 38-42 Marta accoglie, fa il gesto grande
dell’ospitalità; poi però si dimentica
di chi ha in casa e fa tutto da sé.
Stabilisce, decide come il Signore
dovrebbe intervenire a risolvere i
suoi problemi, è lei la signora. È il
protagonismo di chi si impadronisce
del proprio servizio, usa il servizio
per diventare padrone. Marta fa da
maestra, mentre Maria è seduta ai
piedi, come discepola attenta del
suo Signore e maestro. Marta non è
rimproverata per quello che fa, ma
per come lo fa, per il suo protagonismo, per la sua pretesa di imporre la
sua volontà. Si rinviene qualcosa di
simile nella descrizione dell’acedia
che troviamo in Giovanni Climaco.
Non vi è niente di male nel lavorare per fare l’elemosina, nel visitare
i malati, nel consolare chi è scoraggiato, ma gli antichi padri ci avvertono che tutto questo può essere
compiuto non con amore gratuito,
ma per il soddisfacimento personale,
per fuggire la solitudine che ci costringe a guardare dentro il nostro
cuore. Nel nostro “fare” dobbiamo
riconoscerci inviati dal Signore; siamo soltanto servi (cfr. Luca, 17, 10).
Il Signore dichiara beati quelli
che credono senza avere visto; tuttavia, in noi vi è il desiderio di vedere
qualcosa, di chiedere un segno che
confermi le nostre attese. Ma dobbiamo convertire le nostre attese così
come le dovette convertire Giovanni
Battista. Giovanni, nel carcere, ormai prossimo alla morte, ripercorre
la sua vita. Ha indicato in Gesù il
messia, ma ora si chiede dove sono i
segni della sua venuta. «Sei tu colui
che deve venire o dobbiamo atten-
Nomine episcopali
Le nomine di oggi riguardano la
Chiesa in India e in America.
Kannikadass
William Antony
vescovo
di Mysore (India)
derne un altro?» (Matteo, 11, 3). È
una delle rare volte in cui compare il
verbo “attendere” nel Nuovo Testamento. In che modo Gesù è messia?
Non sono stato ingannato nella mia
attesa? Perché la pula non è stata
bruciata? Perché il grano invece di
essere raccolto nel granaio è calpestato dai potenti? Perché la scure invece di essere posta alla radice degli
alberi è posta sul collo di Giovanni?
Qual è la salvezza portata dal messia? Non c’è nient’altro da aspettare?
E Gesù manda a dire a Giovanni: «I
ciechi recuperano la vista, gli storpi
camminano, i lebbrosi sono guariti, i
sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la
buona novella» (Matteo, 11, 5). Gesù
manda a riferire a Giovanni dei segni di salvezza e di liberazione, ma
per Giovanni qual è il segno di salvezza, di liberazione? Ha atteso per
tutta la vita il messia e dov’è ora per
lui il messia? I ciechi ricuperano la
vista, ma Giovanni resta in carcere,
gli storpi camminano ma Giovanni
sarà messo a morte. È l’ora della
conversione dell’attesa. «Beato colui
che non si scandalizza di me» (Matteo, 11, 6). Gesù si rivela messia che
non viene nella forza e nella potenza, ma nella mitezza e nella piccolezza. Un messia che va verso la
croce. Giovanni consegna davvero
tutto a colui di cui ha annunciato la
venuta, anche le sue speranze e le
sue attese.
Come Giovanni, dobbiamo imparare a convertire le nostre attese. C’è
poco da vedere lungo il cammino di
fede su questa terra.
In altri detti si afferma che in
realtà più ci si avvicina a Dio e più
si vede il proprio peccato, la propria
inadeguatezza rispetto agli insegnamenti di quel Signore e maestro di
cui a parole ci dichiariamo discepoli.
L’attesa è anche riconoscere che
non siamo all’altezza della nostra
vocazione umana e cristiana, che
non ci salviamo da soli, cioè che da
soli non troviamo un senso al nostro
pellegrinare su questa terra. Il timore di Dio, cioè ricordare che Dio è
Dio, impedisce di pretendere di possederlo, di vederlo su questa terra. E
la visione del nostro peccato genera
l’umiltà.
«Disse abba Poimen: “L’uomo ha
bisogno dell’umiltà e del timore di
Dio, come del respiro che esce dalle
narici”».
Ciascuno conosce il temibile scoraggiamento, la triste rassegnazione,
l’angoscia dell’impotenza a cambiare, eppure ciascuno di noi può guardare avanti «dimentico del passato e
proteso verso il futuro» (Filippesi, 3,
13). Scrive Giovanni Climaco: «La
conversione è figlia della speranza e
rinnegamento della disperazione».
Solo se nutriamo in noi la speranza,
possiamo iniziare un cammino di
conversione; solo se diamo all’altro
la speranza, se gli facciamo fiducia,
possiamo indurlo a cambiare, a convertirsi.
Comunicato
della Sala stampa
della Santa Sede
Martedì 24 gennaio, nell’udienza
con il Santo Padre, sua Altezza
eminentissima fra’ Matthew Festing ha rassegnato le dimissioni
dall’ufficio di gran maestro del
Sovrano militare ordine di Malta.
Mercoledì 25, il Santo Padre ha
accettato tali dimissioni, esprimendo a fra’ Festing apprezzamento e riconoscenza per i sentimenti di lealtà e devozione nei
confronti del successore di Pietro
e la disponibilità a servire umilmente il bene dell’ordine e della
Chiesa.
Il governo dell’ordine sarà assunto ad interim dal gran commendatore finché verrà nominato
il delegato pontificio.
Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice
Giovedì 2 febbraio
Messa celebrata da Papa Francesco
INDICAZIONI
Giovedì 2 febbraio 2017, Festa della Presentazione del Signore, alle
ore 17.30, nella Basilica Vaticana, il
Santo Padre Francesco celebrerà la
Santa Messa per la Giornata della
Vita Consacrata.
Per la circostanza, l’Ufficio delle
Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice comunica quanto segue:
Potranno concelebrare con il
Santo Padre:
- i Cardinali, i Patriarchi, gli Arcivescovi e i Vescovi, che si troveranno, alle ore 16.45, nella Cappella di San Sebastiano in Basilica,
portando con sé: i Cardinali e i Patriarchi la mitria bianca damascata,
gli Arcivescovi e i Vescovi la mitria
bianca;
- i Sacerdoti appartenenti a Ordini, Congregazioni e Istituti reli-
giosi. Essi, muniti di apposito biglietto, e portando con sé amitto,
camice, cingolo e stola bianca, vorranno trovarsi al Braccio di Costantino entro le ore 16, per indossare le vesti sacre.
I biglietti per i Sacerdoti concelebranti saranno distribuiti dalla
Congregazione per gli Istituti di
Vita Consacrata e le Società di Vita
Apostolica nei giorni di lunedì 30 e
martedì 31 gennaio p.v., dalle ore
8.30 alle ore 13.
Coloro che, secondo la tradizione, desiderano offrire al Santo Padre un cero particolare, potranno
deporlo negli appositi contenitori
agli ingressi della Basilica.
Città del Vaticano, 25 gennaio
2017
Mons. Guido Marini
Maestro delle Celebrazioni
Liturgiche Pontificie
Nato il 27 febbraio 1965 a Polibeta, nella diocesi di Mysore, ha studiato filosofia e teologia al Saint
Peter’s Pontifical Seminary di
Bangalore. Ha conseguito un master in diritto canonico a Bangalore, un bachelor of education e un
master’s degree in storia del cristianesimo presso l’università di
Mysore. Ordinato sacerdote il 18
maggio 1993, è stato per un anno
vicario parrocchiale di Saint Thomas a Thomayarpalayam e per un
altro di Our Lady of Lourdes a
Martalli; e per un anno parroco di
Our Lady of Lourdes a Gundlupet. Dopo il biennio di studi di
diritto canonico a Bangalore è stato nominato parroco di Holy Family a Hinkal, Mysore, rimanendovi fino al 2003, quando è divenuto cancelliere ed economo della
diocesi di Mysore. Nel 2009 è stato nominato parroco della cattedrale e decano di Mysore. Dal
2015 era parroco di Saint Joseph a
Jayalakshmipuram e segretario
della Mysore diocesan educational
society. È membro del collegio dei
consultori e difensore del vincolo
presso il tribunale diocesano, nonché portavoce della medesima
diocesi. Fa parte di numerose altre
fondazioni e istituzioni ecclesiastiche.
Jeffrey R. Haines
ausiliare di Milwaukee
(Stati Uniti d’America)
Nato il 6 ottobre 1958 a Milwaukee, nell’omonima arcidiocesi,
ha ottenuto il baccalaureato presso la Marquette university di Milwaukee (1981) e il master in teologia presso il Saint Francis de Sales
Seminary (1985). Ordinato sacerdote per l’arcidiocesi di Milwaukee il 17 maggio 1985, è stato vicario parrocchiale di Saint Nicholas
(1985-1991) e di Holy Redeemer
(1987-1991) a Milwaukee, e di
Saint Eugene a Fox Point (19911996); parroco di Saint Francis
Xavier Cabrini a West Bend
(1996-2002 e 2003-2011); amministratore parrocchiale di Saint Patrick a Whitewater (2002-2003);
sacerdote aiutante nelle parrocchie
di Immaculate Conception e di
Saint Mary (2004-2011) a West
Bend; rettore della cattedrale di
Milwaukee (dal 2011); membro del
collegio dei consultori, preside del
consiglio presbiterale, membro
della commissione preparatoria
del Sinodo arcidiocesano del 2014
e vicario foraneo.
James T. Schuerman
ausiliare di Milwaukee
(Stati Uniti d’America)
Nato il 5 aprile 1957, ha svolto
gli studi filosofici presso la Marquette university di Milwaukee
(1980) e quelli teologici nel seminario arcidiocesano Saint Francis
de Sales e presso il Collegium Canisianum all’università di Innsbruck in Austria (1980-1986). Successivamente ha studiato spiritualità alla Chicago theological
union, ottenendo il doctorate of
ministry (1996). Ordinato sacerdote per l’arcidiocesi di Milwaukee il
17 maggio 1986, è stato vicario
parrocchiale di Saint Anthony (fino al 1992), missionario nella parrocchia della Sagrada Família in
diocesi di San Juan de la Maguana nella Repubblica Dominicana
(1992-1996). Rientrato in diocesi è
stato direttore spirituale al Saint
Francis de Sales Seminary College
(1997-2009), parroco di Saint Andrew Parish a Delavan (2009-2013)
e di Saint Francis de Sales a Lake
Geneva (dal 2010), vicario foraneo
del terzo distretto e membro della
commissione per le ammissioni
nel seminario arcidiocesano.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
giovedì 26 gennaio 2017
All’udienza generale il Papa parla della figura di Giuditta
Il coraggio delle donne
Donna «di grande bellezza e saggezza»
ma soprattutto di «coraggio», Giuditta
parla con «la forza di un profeta» e
indica agli uomini «il cammino della
fiducia» in Dio. Lo ha sottolineato il
Papa all’udienza generale di mercoledì 25
gennaio, nell’aula Paolo VI, dedicando la
catechesi al personaggio biblico che «ridà
forza al suo popolo in pericolo mortale e lo
conduce sulle vie della speranza».
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Tra le figure di donne che l’Antico Testamento ci presenta, risalta quella di
una grande eroina del popolo: Giuditta.
Il Libro biblico che porta il suo nome
narra l’imponente campagna militare
del re Nabucodonosor, il quale, regnando in Ninive, allarga i confini dell’impero sconfiggendo e asservendo tutti i popoli intorno. Il lettore capisce di trovarsi davanti ad un grande, invincibile ne-
«L’ecumenismo ha molte
forme e una delle sue vie è
quella della cultura. Molti
forse non riescono a
comprendere bene la
dogmatica, ma la musica ha
un linguaggio universale e
vedere due cori, uno cattolico
e uno anglicano che cantano
insieme, è un grande
contributo al dialogo e al
cammino comune». C’era
anche il cardinale Kurt
Koch, presidente del
Pontificio Consiglio per la
promozione dell’unità dei
cristiani, nell’auletta accanto
all’aula Paolo VI, per
presentare al Papa i 31
membri del coro di
Westminster Abbey, a Roma
per partecipare con la
Cappella musicale pontificia
Sistina alle celebrazioni della
settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani. Accanto
al porporato, il maestro
James O’Donnell, la
delegazione anglicana
dell’abbazia e il maestro della
Sistina, monsignor Massimo
Palombella. Le due
formazioni musicali
accompagnano, in serata, la
celebrazione dei vespri
presieduti dal Pontefice nella
basilica di San Paolo fuori le
Mura. Prima dell’udienza,
Francesco si è fermato
nell’auletta per salutare i
cantori e fare con loro una
foto di gruppo.
Testimonianza di un
cammino comune dei
cristiani è stata anche, in aula
Paolo VI, la presenza di un
gruppo di studenti
dell’Istituto ecumenico di
Bossey, in Svizzera. Per
questi giovani religiosi e laici,
provenienti da diverse parti
del mondo questo incontro è
una grande emozione, anche
perché — ci spiega uno dei
professori, padre Lawrence
Iwuamadi — «negli ultimi
mico che sta seminando morte e distruzione e che arriva fino alla Terra Promessa, mettendo in pericolo la vita dei
figli di Israele.
L’esercito di Nabucodonosor, infatti,
sotto la guida del generale Oloferne,
pone l’assedio a una città della Giudea,
Betulia, tagliando il rifornimento
dell’acqua e fiaccando così la resistenza
della popolazione.
La situazione si fa drammatica, al
punto che gli abitanti della città si rivolgono agli anziani chiedendo di arrendersi ai nemici. Le loro sono parole disperate: «Non c’è più nessuno che ci
possa aiutare, perché Dio ci ha venduti
nelle loro mani per essere abbattuti davanti a loro dalla sete e da terribili mali». Sono arrivati a dire questo: “Dio ci
ha venduti”; la disperazione era grande
in quella gente. «Ormai chiamateli e
consegnate l’intera città al popolo di
Oloferne e a tutto il suo esercito perché
la saccheggino» (Gdt 7,25-26). La fine
sembra ormai ineluttabile, la capacità di
fidarsi di Dio si è esaurita. La capacità
di fidarsi di Dio si è esaurita. E quante
volte noi arriviamo a situazioni di limite
dove non sentiamo neppure la capacità
di avere fiducia nel Signore. È una tentazione brutta! E, paradossalmente,
sembra che, per sfuggire alla morte, non
resti che consegnarsi nelle mani di chi
uccide. Loro sanno che questi soldati
entreranno a saccheggiare la città, prendere le donne come schiave e poi uccidere tutti gli altri. Questo è proprio “il
limite”.
E davanti a tanta disperazione, il capo del popolo tenta di proporre un appiglio di speranza: resistere ancora cinque giorni, aspettando l’intervento salvifico di Dio. Ma è una speranza debole,
che gli fa concludere: «E se proprio
passeranno questi giorni e non ci arriverà alcun aiuto, farò come avete detto
voi» (7,31). Povero uomo: era senza
uscita. Cinque giorni vengono concessi
a Dio — e qui è il peccato —; cinque
giorni vengono concessi a Dio per intervenire; cinque giorni di attesa, ma già
con la prospettiva della fine. Concedono cinque giorni a Dio per salvarli, ma
sanno che non hanno fiducia, attendono
il peggio. In realtà, nessuno più, tra il
Note
ecumeniche
anni, proprio grazie allo
sforzo di Papa Francesco, il
dialogo ecumenico sta
facendo grandi passi in
avanti. E nei loro studi
quotidiani, questi ragazzi
trovano continuamente citati
i discorsi e gli insegnamenti
del Pontefice».
Dialogo tra cristiani, ma
anche dialogo tra le religioni.
Ce ne ha parlato Mhagag Ali
Esharef, un giovane
musulmano disabile, che da
quando ha seguito in
televisione la visita del Papa
a Lesbo, desidera fortemente
incontrarlo «per ringraziarlo
della sua testimonianza e del
suo impegno per la pace».
«Vedere la bimba musulmana
ai suoi piedi per chiedere
conforto — ci ha raccontato —
mi ha toccato il cuore. Papa
Francesco mi trasmette
serenità e mi colpiscono
molto i suoi sforzi per la
pace tra tutte le culture e le
religioni. Spero davvero che
le sue parole interpellino la
coscienza dei potenti. Io
vengo dalla Libia, un Paese
dove ancora c’è la guerra e
dove chi soffre di più sono
sempre i più piccoli e i più
deboli. Ma la religione non
c’entra nulla: siamo tutti figli
di Dio».
Anche da quei conflitti
fuggono le migliaia di
persone che continuamente
sfidano le acque del
Mediterraneo in cerca di un
futuro migliore. A loro è
andato il pensiero del
Pontefice quando, prima di
entrare in aula Paolo VI, ha
incontrato comandante
generale e vicecomandante
del corpo delle Capitanerie
di porto italiane. L’occasione
è stata la benedizione di una
grande scultura in marmo
bianco, La porta aperta della
divina misericordia dell’artista
Mauro Vaccai. L’opera
rappresenta il Cristo che
accoglie a Lampedusa
profughi e rifugiati salvati
dalle acque e sarà installata
accanto alla capitaneria di
porto dell’isola. «Il nostro
cuore — ha detto al Papa il
comandante, l’ammiraglio
Melone, spiegando gli sforzi
compiuti e le grandi
difficoltà che
quotidianamente i
soccorritori devono affrontare
— è pieno di dolore, perché
salviamo tante persone ma
qualcuna purtroppo ne
perdiamo». E Francesco,
profondamente colpito, li ha
ringraziati ricordando che
ancora conserva il salvagente
di una bimba morta mentre
cercava di raggiungere con i
genitori la spiaggia di Lesbo:
«So bene che ce la mettete
sempre tutta. Grazie».
popolo, è ancora capace di sperare. Erano disperati.
È in tale situazione che compare sulla
scena Giuditta. Vedova, donna di grande bellezza e saggezza, ella parla al popolo con il linguaggio della fede. Coraggiosa, rimprovera in faccia il popolo
(dicendo): «Voi volete mettere alla prova il Signore onnipotente, [...]. No, fratelli, non provocate l’ira del Signore,
nostro Dio. Se non vorrà aiutarci in
questi cinque giorni, egli ha pieno potere di difenderci nei giorni che vuole o
anche di farci distruggere dai nostri nemici. [...] Perciò attendiamo fiduciosi la
salvezza che viene da lui, supplichiamolo che venga in nostro aiuto e ascolterà
il nostro grido, se a lui piacerà» (8,13.1415.17). È il linguaggio della speranza.
Bussiamo alle porte del cuore di Dio,
Lui è Padre, lui può salvarci. Questa
donna, vedova, rischia di fare anche una
brutta figura davanti agli altri! Ma è coraggiosa! Va avanti! Questa è un’opinione mia: le donne sono più coraggiose
degli uomini. (Applausi in aula).
E con la forza di un profeta, Giuditta
richiama gli uomini del suo popolo per
riportarli alla fiducia in Dio; con lo
sguardo di un profeta, ella vede al di là
dello stretto orizzonte proposto dai capi
e che la paura rende ancora più limitato. Dio agirà di certo — ella afferma —,
mentre la proposta dei cinque giorni di
attesa è un modo per tentarlo e per sottrarsi alla sua volontà. Il Signore è Dio
di salvezza, — e lei ci crede —, qualunque forma essa prenda. È salvezza liberare dai nemici e far vivere, ma, nei suoi
piani impenetrabili, può essere salvezza
anche consegnare alla morte. Donna di
fede, lei lo sa. Poi conosciamo la fine,
come è finita la storia: Dio salva.
Cari fratelli e sorelle, non mettiamo
mai condizioni a Dio e lasciamo invece
che la speranza vinca i nostri timori. Fidarsi di Dio vuol dire entrare nei suoi
disegni senza nulla pretendere, anche
accettando che la sua salvezza e il suo
aiuto giungano a noi in modo diverso
dalle nostre aspettative. Noi chiediamo
al Signore vita, salute, affetti, felicità; ed
è giusto farlo, ma nella consapevolezza
che Dio sa trarre vita anche dalla morte,
che si può sperimentare la pace anche
nella malattia, e che ci può essere serenità anche nella solitudine e beatitudine
anche nel pianto. Non siamo noi che
possiamo insegnare a Dio quello che
deve fare, ciò di cui noi abbiamo bisogno. Lui lo sa meglio di noi, e dobbiamo fidarci, perché le sue vie e i suoi
pensieri sono diversi dai nostri.
Il cammino che Giuditta ci indica è
quello della fiducia, dell’attesa nella pace, della preghiera e dell’obbedienza. È
il cammino della speranza. Senza facili
rassegnazioni, facendo tutto quanto è
nelle nostre possibilità, ma sempre rimanendo nel solco della volontà del Signore, perché — lo sappiamo — ha pregato tanto, ha parlato tanto al popolo e
poi, coraggiosa, se ne è andata, ha cercato il modo di avvicinarsi al capo
dell’esercito ed è riuscita a tagliargli il
capo, a sgozzarlo. È coraggiosa nella fede e nelle opere. E cerca sempre il Signore! Giuditta, di fatto, ha un suo piano, lo attua con successo e porta il popolo alla vittoria, ma sempre nell’atteggiamento di fede di chi tutto accetta
dalla mano di Dio, sicura della sua
bontà.
Così, una donna piena di fede e di
coraggio ridà forza al suo popolo in pericolo mortale e lo conduce sulle vie
della speranza, indicandole anche a noi.
E noi, se facciamo un po’ di memoria,
quante volte abbiamo sentito parole
sagge, coraggiose, da persone umili, da
donne umili che uno pensa che — senza
disprezzarle — fossero ignoranti... Ma
sono parole della saggezza di Dio! Le
parole delle nonne... Quante volte le
nonne sanno dire la parola giusta, la parola di speranza, perché hanno l’esperienza della vita, hanno sofferto tanto, si
sono affidate a Dio e il Signore fa questo dono di darci il consiglio di speranza. E, andando per quelle vie, sarà gioia
e luce pasquale affidarsi al Signore con
le parole di Gesù: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice. Tuttavia
non sia fatta la mia, ma la tua volontà»
(Lc 22,42). E questa è la preghiera della
saggezza, della fiducia e della speranza.
L’invito alla preghiera nella festa della Conversione di san Paolo
Per la causa dell’unità
Un invito a pregare per la «causa dell’unità
della Chiesa di Cristo» nell’ultimo giorno
della settimana ecumenica è stato rivolto dal
Papa ai vari gruppi di fedeli salutati al
termine dell’udienza generale.
Sono lieto di salutare i pellegrini di lingua
francese, in particolare i fedeli della diocesi
d’Arras. In questo giorno in cui ricordiamo
la Conversione dell’apostolo Paolo, che ci
invita a lasciarci guidare dallo Spirito Santo, Egli ci aiuti a crescere nella fiducia nella Provvidenza di Dio, e diventare testimoni di speranza. Dio vi benedica.
Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente i
gruppi provenienti dagli Stati Uniti
d’America. Nel contesto della Settimana di
Preghiera per l’Unità dei Cristiani, rivolgo
un saluto particolare agli alunni dell’Istituto Ecumenico di Bossey e al coro di
Westminster Abbey, che ringrazio per la
lode a Dio attraverso il canto. Su tutti voi
e sulle vostre famiglie invoco la gioia e la
pace del Signore nostro Gesù Cristo. Dio
vi benedica!
Sono lieto di accogliere i fratelli e le sorelle di lingua tedesca. Giuditta, donna
piena di fede e coraggio, è proclamata “benedetta davanti a Dio più di tutte le donne” (cfr. Gdt 13,18). Ella richiama la Beata
Vergine Maria, madre di Cristo e madre
della speranza. Impariamo da Maria a
camminare sulle vie della speranza e ad affidarci al Signore che ci conduce dal buio
alla sua luce pasquale. Dio vi aiuti e protegga sempre.
Saludo cordialmente a los peregrinos de
lengua española, en particular a los grupos
provenientes de España y Latinoamérica.
Hoy celebramos la fiesta de la Conversión
de san Pablo y se concluye la semana de
Oración por la Unidad de los Cristianos,
los invito a todos a que, conscientes de
que el amor de Cristo nos apremia, no dejen nunca de rezar para que los cristianos
trabajemos, con respeto fraterno y caridad
activa, por llegar a la tan deseada unidad.
Que Dios los Bendiga.
Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini
di lingua portoghese, in particolare a
quanti sono venuti dal Brasile, invitando
tutti a rimanere fedeli a Cristo Gesù. Egli
ci sfida a uscire dal nostro mondo piccolo
e ristretto verso il Regno di Dio e la vera
libertà. Lo Spirito Santo vi illumini affinché possiate portare la Benedizione di Dio
a tutti gli uomini. La Vergine Madre vegli
sul vostro cammino e vi protegga.
Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli
provenienti dal Medio Oriente! Cari fratelli e sorelle, non mettiamo mai condizioni a
Dio! Fidarsi del Signore vuol dire entrare
nei suoi disegni senza nulla pretendere, accettando anche che la sua salvezza e il suo
aiuto giungano a noi in modo diverso
dalle nostre aspettative! Il Signore vi benedica!
Saluto cordialmente i pellegrini polacchi. Cari fratelli e sorelle, quando nella vi-
Gruppi di fedeli nell’aula Paolo
All’udienza generale di mercoledì 25 gennaio, nell’aula Paolo VI, erano presenti i
seguenti gruppi:
Da diversi Paesi: Religiosi dell’O rdine dei Frati Minori; Religiose della
Compagnia di Maria Nostra Signora;
Suore Canossiane; Suore della Sacra
Famiglia di Nazareth.
Dall’Italia: Studenti della Pontificia
Università Urbaniana; gruppo della
Congregazione ecumenica religiosa degli Operai di Maria; Associazione nazionale Polizia di Stato, di Caserta; Associazione “Accanto a chi soffre”, di
San Giorgio del Sannio; Gruppo Horizon 2000, di Agrigento; Cooperativa
San Saturnino, di Roma; Gruppo Divisione Orlandi, di Gallarate; Gruppo
Servizio cani guida dei Lions, di Limbiate; Club Atletico centrale, di Roma;
Confraternita Santo Stefano, di Rieti;
Istituto Leonardo da Vinci, di Fasano;
gruppo di fedeli da Borgo Isonzo.
Coppie di sposi novelli.
I polacchi: Pielgrzymi z parafii św.
Pawła od Krzyża z Rawy Mazowieckiej; szafarze Najświętszego Sakramentu z rodzinami z parafii Najświętszego
Serca Jezusowego z Jastrzębia-Zdroju;
grupa młodzieży z parafii Anioła
Stróża z Gorzyc Śląskich; pielgrzymi
indywidualni.
De France: groupe de pèlerins du
Diocèse d’Arras; Ecole Saint-Thomas
de Villeneuve.
ta sperimentiamo le prove, non dobbiamo
mettere condizioni a Dio. Lasciamo che la
speranza vinca i nostri timori. Fidarsi di
Dio significa accettare che si realizzino i
Suoi disegni, nella consapevolezza che la
sua salvezza e il suo aiuto giungano a noi,
a volte in modo diverso dalle nostre aspettative. Giustamente chiediamo al Signore
vita, salute, affetti, felicità. Bisogna tuttavia
essere certi che Dio sa trarre vita anche
dalla morte, che si può sperimentare la pace anche nella malattia, che ci può essere
serenità anche nella solitudine e beatitudine anche nel pianto. La benedizione di
Dio vi accompagni sempre!
Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto le famiglie religiose qui presenti, specialmente i superiori provinciali dei Frati
Minori. Saluto l’Associazione Polizia di
Stato di Caserta e la confraternita Santo
Stefano di Rieti. Tutti incoraggio ad essere
fedeli a Cristo, affinché nella società possa
risplendere la gioia del Vangelo.
Un pensiero speciale rivolgo ai giovani,
agli ammalati e agli sposi novelli. Oggi celebriamo la Festa della Conversione di San
Paolo. Cari giovani, la figura di Paolo sia
per tutti voi modello del discepolato missionario. Cari ammalati, offrite le vostre
sofferenze per la causa dell’unità della
Chiesa di Cristo. E voi, cari sposi novelli,
ispiratevi all’esempio dell’Apostolo delle
genti, riconoscendo il primato a Dio e al
suo amore nella vostra vita familiare.
VI
From England: Members of the
Choir of Westminster Abbey, London.
Aus der Republik Österreich: Pilgergruppe aus Ybbs an der Donau.
From Switzerland: Graduate Students
and Staff from the Ecumenical Institute
at Bossey.
De España: Grupo de Sacerdotes directores espirituales de los Seminarios
de España; Alumnos de Institutos públicos de Zamora; Institutos de educación secundaria, de Zaragoza; Centro
educativo Altair, de Sevilla; Centro de
Magisterio Sagrado Corazón, de Córdoba; grupo de la Pastoral universitaria
de la Diócesis de Córdoba.
From the United States of America: Pilgrims from the Diocese of HoumaThibodaux; Students and Faculty from
the Birmingham - Southern College;
Students from the University of
D elaware.
Aus der Bundesrepublik Deutschland:
Pilgergruppe aus der Pfarrgemeinde St.
Andreas, Gillenfeld; Pilgergruppe aus
dem Bistum Speyer; Schülerinnen,
Schüler und Lehrer aus dem FriedrichSchleiermacher-Gymnasium.
De Bolivia: Orquesta y Coro “Nombres Nuevos”, de Plan Tres Mil de Santa Cruz.
De Argentina: grupos de peregrinos.
Do Brasil: Comunidade Católica Véu
de Maria.