Comunicato stampa - Fondazione Cosso

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Comunicato stampa - Fondazione Cosso
Il percorso espositivo, un approfondimento
La mostra “Tiepolo e il Settecento veneto” al Castello di Miradolo si costruisce intorno all’esposizione di tele,
acqueforti e disegni dei protagonisti del secolo, celebrati tramite alcuni dei testi maggiormente significativi del
loro catalogo, in un percorso immaginato per evidenziare debiti e dipendenze reciproche. Si possono ammirare
così gli incunaboli della storia del paesaggio settecentesco, dalla celeberrima Prospettiva di rovine con figure
compiuta verso la metà del terzo decennio da Marco e Sebastiano Ricci, tra le opere più note e studiate del
Settecento veneto, al Paesaggio con arco trionfale e monumento equestre di Luca Carlevarijs che, rientrando nel
gruppo omogeneo di “capricci” databili tra il 1710 e il 1714, è tela d’arrivo per l’elaborazione di quella “veduta
ideata” che tanta fortuna avrà in seguito.
Una coppia di opere cui seguirà, nel percorso espositivo del piano terra, la ricezione che di questi artisti hanno
avuto i grandi maestri veneti, da Aviani a Brisighella a Zais, per concludersi in una sala dedicata a quattro opere:
due nature morte con animali e due composizioni di fiori che rappresentano, con gli artisti proposti – Jacob van
der Kerckhoven, detto Giacomo da Castello, Jacobus Victor ed Elisabetta Marchioni – il punto più alto di un tema
nato nel Seicento e che nel Settecento veneziano vede il compiersi di pezzi di straordinaria intensità e importanza.
Entrando nelle sale del secondo piano del Castello di Miradolo si incontra, sulla sinistra, l’Estasi di san Francesco
di Giambattista Piazzetta. Una pittura ombreggiata con forza, dipinta nel 1729 per la chiesa conventuale
dell’Araceli di Vicenza – sublime concezione di Guarino Guarini – ove l’artista compone un’immagine d’effetto
drammatico, intenso realismo e del tutto originale. Non vi è rappresentato il momento dell’estasi mistica, ma
quello immediatamente successivo, con Francesco svenuto e sfinito, il volto tirato tra le braccia di un angelo
giunto in soccorso, a sorreggerlo su di una nuvola fattasi solida e tamponarne la ferita sul costato.
Una tela esemplare questa per Tiepolo, per il quale fu fondamentale per tutti gli anni di formazione il confronto
con la pittura fatta di profondi contrasti chiaroscurali del collega di vent’anni più anziano. Sfidando infine Piazzetta
proprio sugli altari dell’Araceli, ove compie nel 1733 un’Immacolata concezione che mostra la raggiunta
autonomia di Tiepolo, liberatosi dalla pratica delle luci artificiali per arrivare a una pittura di pura luce che ripudia
l’ombra. Vedere le grandi tele affiancate darà il segno del vertice raggiunto dai due maestri veneti, e l’ormai
profonda differenza del loro linguaggio: da un lato il bianco intenso e stropicciato del panno dell’angelo di
Piazzetta si dispiega in pieno pathos tardobarocco, dall’altro la veste d’argenteo taffetà di seta dell’algida Madonna
di Tiepolo interpreta un mondo nuovo.
E semplice sarà poi per Tiepolo schiarire la tavolozza dei soggetti storici e mitologici: ecco allora le sciabolate di
luce irradiarsi nel 1744 dal soffitto raffigurante il Tempo svela la Verità e fuga l’Ignoranza, rappresentazione
iconica giunta a nuova popolarità dopo essere stata per anni la significativa allegoria di sfondo alla sala stampa di
Palazzo Chigi. Qui la prospettiva aerea non è più quella della grande tradizione barocca, in cui il cielo si apriva su di
un’estasi di eternità. La profondità dello zenit, in Tiepolo, non è più abitata dalla gloria divina. L’eternità è
scomparsa. Restano le nubi lacerate, un cielo spazzato dai venti di terra e l’inesauribile bizzarria della commedia
umana in forma celeste. Insieme all’immensa capacità evocativa, di gioia e intensa malinconia, fasti e decadenza
dei Tiepolo padre e figlio. Ma anche la loro straordinaria attenzione al pubblico, ai ruoli, agli equivoci, agli
spaesamenti.
In una pittura fatta di improvvisi cambi d’umore, battute sospese e sguardi e ripiegamenti. Magnificamente
interpretata da Giambattista nelle sue acqueforti, sperimentazione incisoria di un uomo che, nonostante i
quotidiani assilli, si piega sulla breve matrice di rame, verificando la torchiatura su pochi centimetri di carta bianca.
Una sorta di fuga in piena libertà d’improvvisazione. Sono Scherzi e Capricci, brevi movimenti allegri e veloci, poi
anche in misura di minuetto, che argutamente o giocosamente o grottescamente si inseriscono in una
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composizione più seria. Eccezionalmente presentati a Miradolo, i fogli di Tiepolo costituiscono un montaggio di
elementi alti della tradizione classica (bassorilievi, sacrifici pagani, scene pastorali, paesaggi agresti), del sentire
popolare (serpi, gufi, teschi, maghi), del gusto del tempo (scavi, astrologia, cabala) legati solo dall’occasione della
disposizione grafica. E continuamente rinviano a un’altra delle sue ripetute ossessioni, quella del trascorrere del
tempo. La tecnica specifica di Tiepolo è lo schizzo, il medesimo adottato nel disegno: la linea non corre continua e
parallela, accentuandosi nelle ombre, ma si interrompe e riprende, leggera e fine, continua e sottile, per poi
improvvisamente fermarsi, frantumarsi in graffi e virgole. Uncini di bulino sminuzzano la luce e spruzzano lame di
luce, scintille argentate. Così Tiepolo finisce per negare l’ombra, giungendo a suggerire un’orchestrazione di valori
cromatici e accordi musicali, con trapassi di volta in volta morbidi, pastosi, sfuggenti. Supera il chiaroscuro, crea
una dinamica luministica, confonde la tradizione, apre a nuove sperimentazioni.
Quelle sperimentazioni, novità, dialoghi e sviluppi che si ammirano nell’ultima parte di mostra, dedicata ai
contemporanei e agli artisti che hanno influenzato, o subito l’influenza, di Giambattista e Giandomenico Tiepolo.
Abbiamo allora i grandi affreschi di Dorigny ma anche le tele mitologiche di Pittoni e De Pieri e le sculture, così da
restituire compiutamente l’ultima grande stagione artistica veneziana.
Un racconto in cinquanta opere – e tra esse capolavori assoluti della storia dell’arte occidentale - quello dipanato
al Castello di Miradolo, che consentirà al pubblico di ammirare anche tele riscoperte dai recenti restauri: toccante
il recupero della Decollazione del Battista di Giandomenico Tiepolo nel contrasto tra gli incarnati del santo e
quelli del boia, le vesti sgargianti e le ombre profonde della passione.
Un’operazione complessa e non banale, portando alla movimentazione di alcuni tra i celebrati capolavori di una
delle più significative collezioni civiche europee, quella dei Musei Civici di Vicenza, da tempo nel novero dei
maggiori poli museali italiani non solo per gli oltre 600.000 visitatori all’anno, superati nel 2015, ma anche per dati
assoluti quali la copertura del 62% delle spese con la bigliettazione, un numero che porta il polo berico sul podio
dell’eccellenza europea. Risultati che costantemente impongono di sviluppare progetti e approcci sempre
differenti e sperimentazioni inusuali, nell’ottica di un progetto museale ampio e articolato, unico in Italia per
visione e risorse messe in campo dall’Amministrazione Comunale.
Palazzo Chiericati è un edificio Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, recuperato dai sotterranei ai sottotetti e reso
così totalmente fruibile al pubblico. Contestualmente sono stati ridefiniti gli spazi, creando un percorso museale a
narrare visivamente e sottolineare l’unicità della pittura vicentina nell’ambito della cultura italiana ed europea e
puntando sul suo contributo sostanziale al grande modello della pittura veneta. In un percorso cronologico,
didattico ed espositivo sviluppato su focali precise in ogni ambiente, caratterizzato dall’uso di colori che a parete
accolgono e sottolineano l’importanza delle opere. Aprendo poi la nuova Ala Novecentesca con un allestimento
dalle molteplici suggestioni – su tutti la riproposizione della chiesa di San Bartolomeo, con i suoi altari e ancone –
e la riscoperta dopo anni di oblio delle collezioni di pittura e scultura dal Duecento alla metà del Seicento. E poiché
la sezione che prende avvio dalla fine del Seicento sino a tutto il Novecento, la cosiddetta Ala Ottocentesca, ove
sono conservati tra gli altri i capolavori di Van Dick, Cairo, Piazzetta, Ricci, Tiepolo, Canova non sarà visitabile fino
alla primavera del 2018, si è immaginato di utilizzare i capolavori qui conservati quali ‘testimonial’ in grado di
dialogare con altri territori.
È questo il contesto in cui s’è innestato il dialogo con la Fondazione Cosso, che non solo esporrà le opere a
Miradolo, ma contribuirà anche ai lavori finali di Palazzo Chiericati consentendo la messa in opera delle
strumentazioni necessarie a rendere il Salone del piano nobile atto a ospitare conferenze e convegni.
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