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Periodico di Mani Tese,
organismo contro la fame e per lo sviluppo dei popoli.
anno XLVIII | novembre-dicembre 2012
481
www.manitese.it/periodico–manitese
POVERI
MA BELLI
❆
“…chi ha il necessario ma non il superfluo; e la povertà non è né la miseria né l'indigenza. È la vita
quotidiana conquistata con il lavoro; è una cosa
sacra, che bisogna rispettare, stimare e cercare.”
A. Tevoedjrè
La fame si può
misurare?
dossier
Poste Italiane S.P.A. – Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
in caso di mancato recapito inviare al CMP Roserio per la restituzione al mittente che si impegna a corrispondere i diritti postali.
❆
Metti
i tuoi
regali
sopra
Il Natale
della
crisi,economica
l albero
Scegli il tuo
Natale di giustizia
con Mani Tese!
www.manitese.it
manitese 481 | novembre-dicembre 2012
di luigi idili, presidente di mani tese
La tua firma per il diritto al cibo!
Cari amici,
ormai ci siamo al prossimo Natale, ma
come si presenterà per chi è in maggiore
difficoltà? E cosa riserverà loro il 2013.
Luigi Idili, presidente di Mani Tese
indice
6 Ricordare il futuro
per non essere costretti a subirlo.
8 La democrazia e il fiscal compact
10 Il dopo Forum sulla Cooperazione:
le ONG, una goccia nel mare.
12 Corpo volontario europeo di aiuto
umanitario
14 Bando Sottosopra!
dossier
15 La fame si può misurare?
19 30 anni…ma non li dimostriamo
20 L'Africa agli Africani
22 Firenze 10+10, alla ricerca
del démos perduto
24 L'asta della terra. Chi offre di più?
26 Mani Tese pride
Speriamo e lavoriamo come sempre
perchè giunga una “ripresa per i poveri”,
operiamo inisieme per dare una una
spinta verso nuove opportunità di miglioramento per quelle fasce sociali che
rischiano di andare sotto l'asticella della
sopravvivenza. In quest'anno abbiamo
parlato di decrescita, beni comuni,
povertà, diritto all'acqua e soprattutto
di diritto al cibo: non ci stancheremo
mai di denunciare quanto cibo manca
in troppi luoghi del pianeta, e quanto
ne viene prodotto ingiustamente ed
inutilmente se non per ottemperare
ai numeri che l'agro-business deve
produrre per continuare la sua corsa.
Attraverso il dossier di questo numero
“La fame di può misurare” proveremo a
darvi informazioni chiare e semplificate
sul dato fame nel mondo con l'analisi dei
due documenti più autorevoli in materia:
il GHI - Global Hunger Index (Indice
Globale della Fame) calcolato ogni anno
dall'Istituto Internazionale di Ricerca
sulle Politiche Alimentari (IFPRI) viene
sviluppato per misurare e monitorare
in modo complessivo la fame mondiale
e approfondire le cause della fame e
mettendo in evidenza i successi e gli
insuccessi nella lotta per la sua riduzione; ed il Sofi - State of food security in
the world redatto dall'Organizzazione
delle Nazioni Unite per l'alimentazione e
l'agricoltura (Fao) insieme a Ifad e Pam
che presenta nuove stime di denutrizione sulla base di una metodologia
riveduta e migliorata e mostra che i
progressi nella riduzione della fame
nel corso degli ultimi 20 anni è stata
migliore di quanto precedentemente
creduto. Tuttavia, il numero di persone
che soffrono di denutrizione cronica è
ancora inaccettabilmente alto, e sradicare la fame rimane una sfida globale ed
imponente che a volte sembra lontana
ed impossibile combattere. Per questo
motivo voglio coinvolgervi ancora una
volta, con la nostra petizione SOVRANITÀ ALIMENTARE IN EUROPA ORA! una
petizione per dire diritto al cibo per
tutti, con una firma si può dire basta ad
un sistema alimentare che non tutela gli
affamati!
FIRMA e coinvolgi amici e parenti, e fai
firmare la nostra petizione.
Buon Natale!
www.manitese.it
progetti
28 Sopra l'albero i tuoi regali...
sopra tutto la giustizia nel mondo!
30 Panela, questa sconosciuta
redazione
contributi
sede
periodico manitese
periodico in pdf
Luigi Idili (dir.)
Luca Manes (dir. resp.)
Chiara Cecotti
Angela Comelli
Alberto Corbino
Giosuè De Salvo
Elias Gerovasi
Elena Iannone
Giovanni Mozzi
Giacomo Petitti
Lucy Tattoli
Matteo Bortolon
Carlo Benzi
Clara Castelucci
Marino Langiu
Fabio Parascandolo
Caterina Santinon
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3
4
il natale della crisi economica | istantanea
I numeri
della marcia
mondiale
per la sovranità
alimentare:
13
6
37
150
9
⇢
⇢
⇢
⇢
⇢
città italiane
città africane
eventi territoriali
volontari
teatri
1500 ⇢
7
⇢
400 ⇢
15 ⇢
8
⇢
spettatori
scuole
studenti
manifestazioni
incontri pubblici
manitese 481 | novembre-dicembre 2012
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6
il natale della crisi economica | approfondimento
Di Fabio Parascandolo, Università di Cagliari, Dipartimento di Storia, beni culturali e territorio
Ricordare
il futuro per non
essere costretti
a subirlo.
La riabilitazione culturale
della sussistenza
Per il senso comune propagandato dai
mass-media la crisi economica che colpisce vari paesi europei, e più in generale, il
periodo di affanno vissuto dall'economia
globale, sono passeggeri. Le classi dirigenti
già vedono “la luce in fondo al tunnel”,
dove naturalmente ci attenderebbero le
abituali promesse di crescita. Faremmo
bene invece a prendere sul serio l'eventualità di trovarci di fronte a una vera e propria
crisi sistemica, irrisolvibile nel quadro delle
coordinate tecniche convenzionali. È ormai chiaro che le partite non si giocano più
solo tra esseri umani, con una doviziosa
natura posta a mo' di scenario di cartapesta
sullo sfondo delle “gesta” dei gruppi sociali.
Il clima planetario cambia e si assottigliano
le scorte di risorse fossili su cui la civiltà
moderna si è storicamente fondata, mentre
i prezzi delle materie prime si impennano.
Quando avremo finito di segare i rami su
cui siamo seduti non potremo più fingere
di trovarci ancora ai tempi in cui il mito
dello sviluppo conosceva il suo apogeo.
Il punto è che, via via che la civiltà delle
macchine e i poteri economici che la sostengono si consolidano e si espandono, la
crisi sociale va sempre più rispecchiandosi
in quella ecologica. Sempre meno giovani
di molti paesi, tra cui il nostro, riescono a
trovare lavori salariati e redditi monetari
che consentano loro di elaborare autonomi
progetti di vita e ciò accade perché l'organizzazione sociale imposta dalla globalizzazione economica non considera prioritario assicurare condizioni di vita decenti
ai cittadini. I fatti ci stanno raccontando
altro rispetto alle affabulazioni dei poteri
dominanti. Ci dicono che i limiti fisici della
biosfera impediscono il raggiungimento
del benessere merceologico-industriale
per il genere umano nel suo insieme. Solo
manitese 481 | novembre-dicembre 2012
A sinistra:
Commercio e agricoltura.
Dall'efficienza economica alla
sostenibilità sociale e ambientale
(a cura di W. Sachs e T. Santarius,
EMI, Bologna, 2007, trad. it.)
minoranze benestanti –se necessario circondate di guardie armate a protezione dei
loro ghetti dorati– possono compiutamente appropriarsi degli esiti materiali dello
sviluppo. In un mondo siffatto la costruzione di un futuro vivibile per tutti e non solo
per le ristrette élite globalizzatrici potrà
essere affrontata solo con l'affermazione
di una cultura della convivenza e della
co-evoluzione del vivente planetario che
ha ben poco a che fare con le raffigurazioni
sviluppiste del mondo ancora insegnate
nelle scuole.
Per dare spazio a una cultura di vita
dovremmo in primo luogo saper cogliere le
interdipendenze e le connessioni sistemiche che caratterizzano il vigente regime
socio-ecologico. Un regime esteso su scala
globale ma profondamente occidentale nei
suoi miti fondatori, a partire dalla cieca
fiducia nella governance centralizzata delle
risorse naturali e “umane”. È invece sempre
più urgente decolonizzare i rapporti tra
società umane e natura. Ricordare il futuro
vuol dire costruire le basi di un futuro
sostenibile recuperando e riattualizzando
modalità “organiche” e microregionali di
uso delle risorse, come quelle dell'economia contadina e artigianale. Esse non
producono merci e servizi in funzione
della crescita dei mercati ma mirano alla
riproduzione della vita, sia pure all'interno
di orizzonti materiali e culturali limitati. E
queste economie decentrate non comportano ingenti distruzioni ecologiche nella
misura in cui la responsabilità per il governo degli agroecosistemi è posta in capo a
comunità locali che sanno di dipendere per
la loro sopravvivenza dal buon uso dei beni
comuni naturali: acqua, suolo e biodiversità territoriale.
Siamo chiamati a riesaminare criticamente
le caratteristiche dell'attuale organizzazione sociale per incamminarci verso
nuovi modelli di convivenza umana in cui
i mercati siano nuovamente regolati dalla
politica in cui governi, legislatori e cittadini
si attivino per tutelare i beni comuni con
un'attenzione almeno pari a quella con cui
le classi agiate difendono i loro beni privati.
Ma non saranno certo le ideologie partitiche dell'Occidente a farci vincere questa
sfida e in particolare il pensiero “progressista”, che tende a sopravvalutare il ruolo
positivo assunto dalle scienze tecnologiche
nell'organizzazione sociale e supporta con
slancio ogni forma di standardizzazione e
centralizzazione dei modelli gestione delle
risorse. È stato proprio in nome del progresso che –specialmente negli ultimi 60
anni– le istituzioni pubbliche e le agenzie
di mercato dell'Europa occidentale hanno
smantellato le economie di sussistenza e
tutte le forme di sostentamento a mezzo di
autoproduzione, autogesione e autogoverno di beni naturali e manufatti vernacolari
con cui singoli, famiglie e comunità locali
provvedevano ai loro bisogni materiali e
spirituali. Solo a mezzo di un serio ripensamento su questo decisivo snodo della
storia sociale potremmo ritrovare in futuro
quella dignità perduta e oggi reclamata a
gran voce nel mondo intero dagli indignados europei e statunitensi, dai manifestanti delle primavere arabe e da tutti coloro
che si battono per il rispetto dei diritti
umani e civili. Non a caso il circostanziato rapporto su Commercio e agricoltura.
Dall'efficienza economica alla sostenibilità
sociale e ambientale (a cura di W. Sachs e
T. Santarius, EMI, Bologna, 2007, trad. it.)
auspica un rallentamento dei commerci
alimentari transnazionali e, in parallelo, la
rigenerazione dell'agricoltura familiare di
piccola scala e quindi la regionalizzazione e
democratizzazione delle filiere agroalimentari; solo questi ultimi processi e non certo
l'espandersi del commercio mondiale del
cibo favorirebbero la piena applicazione di
diritti solennemente promulgati all'indomani della seconda guerra mondiale.
Rivendicare la sovranità alimentare significa perciò tutelare e reinventarsi forme di
sostentamento che includano la produzione per l'autoconsumo e il rilancio del
valore d'uso di produzioni locali indirizzate
in primo luogo al conseguimento dell'autosufficienza comunitaria. E si tratterebbe
di vantaggi multipli, di tipo eco-equo. Una
società contadina “modernizzata” potrebbe
rappresentare un valido modello alternativo a fronte della patente inefficacia
della civiltà industriale e finanziarizzata,
che riesce solo a offrire lusso per pochi a
spese dell'essenziale per tutti. In tempi di
corrosione del felicismo merceologico nel
quale noi occidentali siamo stati immersi
spesso sin dalla nascita il processo culturale
di riabilitazione della sussistenza andrebbe
incoraggiato con determinazione. Ma è
chiaro che a questo scopo occorre superare
notevoli resistenze. Questo termine evoca
l'assillo della penuria e dello stato di bisogno, ma tant'è… Sempre meglio guardare
la realtà in faccia e riconoscere da noi che il
come e il quanto consumiamo non dovrebbero intaccare il capitale naturale, inducendoci a rivedere i nostri modi di intendere
e trasformare il mondo. L'alternativa comportamentale è quella di fare gli “struzzi”:
nascondere la testa sotto la sabbia ed essere
così disposti a pagare qualunque prezzo per
non pensare, lasciando che altri lo facciano
per noi e agiscano in nostro nome. E con
quali esiti rovinosi non è difficile immaginarlo, basta guardare all'Italia attuale.
7
8
il natale della crisi economica | rubriche
di Matteo Bortolon, socio e volontario di Mani Tese
finanza e politica
La democrazia
e il fiscal compact
Abbiamo avuto poco tempo per festeggiare.
Circa un mese. Poi le cose sono cambiate
con rapidità. A giugno 2011 la vittoria
referendaria aveva generato un'atmosfera
di gioiosa soddisfazione per lo straordinario risultato conseguito. Era viva presso
la società civile la sensazione di poter
finalmente girare pagina. Si respirava una
soddisfazione piena, quasi entusiasmo.
Poi ad agosto si sono scatenati gli assalti
speculativi alle borse di mezza Europa. La
svolta c'è stata, ma non nella direzione da
noi auspicata.
In dodici mesi lo spazio politico europeo
si è modificato in modo drastico. In Italia
la cacciata di Berlusconi si è trascinata
dietro gli scandali del bunga-bunga e ha
spostato il dibattito sul versante prettamente economico, anzi finanziario. Tanto
il discorso politico quanto la conversazione
quotidiana si sono popolati di espressioni
inconsuete o addirittura inedite: spread,
pareggio di bilancio, rigore, austerità, spending review, ecc. Soprattutto si è parlato di
debito, debito pubblico, debito sovrano.
Sorge una spiacevole sensazione di dejà
vu: si ripropone la stessa logica dei famosi
“programmi di aggiustamento strutturale”
conosciuta da Mani Tese e dai suoi partner
nel contesto del debito dei paesi impoveriti.
Da un lato, si vuole garantire ai creditori
(nel caso della Grecia, soprattutto banche
francesi e tedesche) di recuperare il più
possibile traendo il massimo dagli strati
meno abbienti della popolazione; dall'altro,
si sfrutta la posizione di potere che deriva
dal ruolo di “salvatori” per imporre politiche
conservatrici. Al raggiungimento del primo
obiettivo provvedono l'imposizione del
pareggio di bilancio e il fiscal compact; il
secondo obiettivo è demandato al fondo
“salva-stati” che, imponendo condizioni
capestro, diventa una sorta di “Fondo
Monetario europeo”.
Insomma, invece di regolamentare la
finanza privata, non si è trovata miglior
soluzione che imbrigliare i bilanci pubblici! Con l'aggravante di produrre benefici
a quei poteri finanziari che la crisi l'hanno
generata!
Pareggio di bilancio e fiscal compact sono
gli ultimi ingredienti in ordine di tempo
per meglio servire la ricetta, indigesta,
dell'economista Milton Friedman, padre
del neoliberismo: tagliare, privatizzare, deregolamentare. La spesa pubblica è il primo
e più immediato fortino da espugnare; già
l'ultima finanziaria del governo Berlusconi
ha potentemente messo in questione importanti diritti sociali, la successiva “austerità” continua a comprimere i beni comuni e il
lavoro. L'Italia non è isolata: in tutta Europa
compaiono misure di tagli ai salari, a istruzione e sanità, diminuzione delle pensioni,
aumento delle tasse universitarie ecc.
Il fiscal compact è un testo che vincola i
parlamenti nazionali a seguire tali politiche
senza sgarrare, costituendo un alibi per l'approvazione di misure impopolari. Vediamo
come. Ufficialmente si chiama “Trattato
sulla stabilità, sul coordinamento e sulla
governance nell'Unione economica e monetaria”, più familiarmente “Patto di bilancio”, approvato il 2 marzo 2012 da 25 paesi
membri dell'Unione Europea (tutti tranne
La Repubblica Ceca e la Gran Bretagna). Si
compone di un preambolo e 16 articoli, ma
le disposizioni centrali si trovano agli artt.
3-4. In essi si stabilisce che i bilanci degli
Stati devono essere sempre in pareggio o in
avanzo, e che tutti gli Stati che hanno un
debito superiore al 60% del PIL debbono
ridurne la parte eccedente di un ventesimo all'anno. Di fatto si mettono i bilanci
pubblici degli Stati sotto osservazione e
tutela per accertarsi che sia prevalente il
pagamento degli interessi e dell'ammontare
del debito. Nel caso dell'Italia, con più di
1.900 miliardi di debito, corrispondente a
circa il 120% del Pil significa restituirne la
metà –per scendere al 60%. Stiamo quindi
parlando di 950 miliardi in venti rate
ovvero di 47 miliardi all'anno!
Un onere pesante per il bilancio, che garantito da un vincolo così forte (si prevedono
sanzioni pecuniarie per gli inadempienti),
a prescindere dal ciclo economico, farà
manitese 481 | novembre-dicembre 2012
A destra:
La localizzazione
dell'Ecuador in
una proiezione
ortografica.
l'Ecuador ha avviato un processo di
indagine e verifica dal basso per capire chi
ha contratto il debito, se le condizioni sono
legittime, a favore di chi sono andati i soldi
sì che se mancheranno i soldi saranno la
spesa sociale e ambientale a venire penalizzate. Già tra il 2011 e il 2012 si sono avuti
tagli severissimi: enti locali dissanguati,
fondi per difesa del territorio e assetto
idrogeologico praticamente spariti, meno
21 miliardi per le prestazioni assistenziali,
sono solo alcuni esempi. È quindi ragionevole presumere che lì cadrà la mannaia. Se
si considera che la spesa pubblica si colloca
intorno ai 700 miliardi annui –di cui 40 per
l'istruzione e 25 per i diritti d'inclusione
sociale– si vede come l'azione combinata
di questa serie di tagli e rimodulazioni
indichino cifre che significano amputare
funzioni essenziali per il welfare state e dei
diritti sanciti dalla costituzione repubblicana. Un ulteriore innalzamento della tassazione (che, analogamente, è gravata su
tutta la popolazione senza colpire i ricchi
con particolare vigore), già incrementata
dal governo tecnico di Mario Monti, pare
essere politicamente improbabile.
In tanti paesi ci sono state mobilitazioni e
manifestazioni di protesta. Parallelamente
allo sviluppo dell'austerità si sono formati
movimenti e gruppi per opporsi a tale
fenomeno.
Al Forum di Firenze 10+10 (8-11 novembre)
si sono incontrati alcuni dei gruppi europei
che si stanno attrezzando. La rete ICAN si
è riunita per la prima volta pochi mesi fa e
raccoglie gruppi spagnoli, portoghesi, belgi,
greci, italiani, polacchi, britannici, francesi,
tedeschi, egiziani e tunisini. Alcuni sono
molto navigati (ruolo chiave ha il CADTM,
attivo sul debito dagli anni Ottanta), altri
nati da pochissimo (come mi ha detto
un'attivista spagnola: “mi occupavo soprattutto di ambiente, di debito non sapevo
niente, ma ora…”). Le realtà italiane coinvolte convergono in due campagne Rivolta
il debito e Smonta il debito, che si muovono
verso una ulteriore convergenza. Ne fanno
parte anche alcune vecchie conoscenze
di Mani Tese: Re:Common, Attac, Centro
Nuovo Modello di Sviluppo fra gli altri.
Sui temi finanziari è difficile agire. Ma
alcune proposte stanno maturando: è noto
per esempio che l'Ecuador ha avviato un
processo di indagine e verifica dal basso
per capire chi ha contratto il debito, se le
condizioni sono legittime, a favore di chi
sono andati i soldi; iniziative del genere
servirebbero a capire se e quanto dobbiamo pagare; altrimenti è doverosa la
posizione di sospendere unilateralmente
il pagamento quanto meno degli interessi.
Una cosa che spaventerebbe a morte i cosiddetti poteri forti. Un processo del genere,
chiamato audit o auditoria (che rimarca
il primato latinoamericano) può anche
essere fatto a livello locale per far tornare in
mano al cittadino il processo decisionale in
merito al denaro pubblico.
In America Latina ci sono voluti decenni per sollevare le masse impoverite su
banche e debito. Speriamo di non dover
attendere tanto.
Sotto:
L'economista Milton
Friedman, padre del
neoliberismo
Sito di RID
www.rivoltaildebito.org
Sito SID
www.smontaildebito.org
Leggi il kit sul debito del Centro Nuovo Modello di Sviluppo:
www.cnms.it/sites/default/files/Kit_debito_pubblico_basso.pdf
Sito di Re:Common
www.recommon.org/category/finanza
9
10
il natale della crisi economica | rubriche
di elias gerovaSI, RESPONSABILE area Cooperazione internazionale di Mani Tese
la cooperazione del futuro
Il dopo Forum
sulla Cooperazione:
le ONG, una goccia
nel mare.
allo sviluppo. Sarà questo che ci fa percepire di essere
il cuore pulsante della cooperazione italiana. Questa
società civile la cooperazione la opera e la racconta
quotidianamente tra volontariato e professionalità con
tutti i suoi successi e i suoi limiti e rappresenta in giro
per il mondo la solidarietà italiana fatta da migliaia di
persone e progetti.
Eppure al Forum di Milano tutta questa consapevolezza è sembrata svanire, questa società civile è apparsa
come una goccia nel mare, uno degli invitati tra tanti
altri. Abbiamo visto, o meglio così hanno cercato di
farci vedere, che il sistema Italia della cooperazione
è ben più ampio, è composto da tanti attori che sono
destinati a crescere nella varietà e nel numero.
Il parterre del Forum e gli interventi ascoltati nelle
plenarie parlano da soli e ci mostrano in maniera
impietosa la marginalità della cooperazione non
governativa, almeno agli occhi delle nostre istituzioni.
Intervengono il Presidente della Repubblica (in video),
il Premier, tre Ministri, un Commissario Europeo, Il
Chi tra volontari e operatori delle ONG e delle associazioni coinvolte nella cooperazione e solidarietà internazionale si aspettava dal Forum della Cooperazione
italiana un dibattito sul ruolo dell'Italia nella lotta contro la povertà e sul futuro della cooperazione internazionale davanti alle sfide globali è rimasto sicuramente
deluso dalla due giorni milanese che ha richiamato un
folto pubblico e prodotto un discreto ritorno mediatico.
I numeri parlano chiaro: oltre duemila iscritti e più di
mille partecipanti, la maggioranza rappresentanti di
ONG, associazioni e società civile.
Sono quasi tremila infatti le realtà associative di
diverse dimensioni, dalle ONG alle Onlus alle cooperative, fino a gruppi spontanei e destrutturati che in
Italia ruotano intorno alla cooperazione internazionale.
Parliamo di un tessuto di attivazione che mobilita
decine di migliaia di persone e tanti soldi, oltre 500
milioni di euro all'anno, da privati e imprese, a fronte
di meno di 100 milioni di euro messi a disposizione dal
Ministero degli Affari Esteri come assistenza pubblica
Per due giorni si è sentito parlare
di una cooperazione che dovrebbe aiutare l'Italia
ad uscire dalla crisi e rilanciarla nel panorama
internazionale, di una cooperazione come
A sinistra:
Il Ministro della
Cooperazione e
Integrazione Andrea
Riccardi nel suo
intervento durante
il Forum di Milano.
Presidente del Burkina Faso, il vice Presidente del
Senato, Presidenti di Regioni e Province, Sindaci e gli
amministratori delegati dell'Eni ed Expo Spa di cui lo
Stato è il maggiore azionista. Per sottrazione si può
dire che la così detta società civile è stata rappresentata dagli interventi del segretario del sindacato Cisl, dal
Presidente della Fondazione Cariplo, e dal direttore di
CISP in qualità di rappresentante unitario delle ONG
italiane. Possiamo annoverare nella categoria società
civile anche l'intermezzo comico dalla show girl Geppi
Cucciari e le testimonianze della cooperante Rossella
manitese 481 | novembre-dicembre 2012
Urru e della fondatrice di Maison Shalom Margherite
Barankitse.
E dire che il percorso preparatorio organizzato dal
Ministero della Cooperazione e Integrazione verso il
Forum era stato partecipato in maniera entusiasta da
tutti gli attori coinvolti, in particolare proprio quelli
della società civile. Dieci tavoli di lavoro tematici, tre
mesi di riunioni che hanno generato documenti e
spunti interessanti che parlano un linguaggio sicuramente più vicino al nostro e soprattutto più concreto.
Purtroppo il Forum non è riuscito a rappresentare adeguatamente questo lavoro relegandolo ad una sessione
pomeridiana organizzata in gruppi che di fatto li ha
fatti sparire dalla scena.
Ma il problema non è tanto legato alle personalità
intervenute e al risalto che a queste è stato dato dagli
organizzatori, quanto al linguaggio che hanno parlato.
Per due giorni si è sentito parlare di una cooperazione che dovrebbe aiutare l'Italia ad uscire dalla crisi
e rilanciarla nel panorama internazionale, di una
Sopra:
Un'immagine
del video sulla
Cooperazione
proiettato al Forum
della Cooperazione
Internazionale
(MIlano 1-2 ottobre
2012), visibile sul
canale YouTube
del Ministero della
Cooperazione e
Integrazione
(http://youtu.be/4VWHA47Qu4).
Ma al Forum ci siamo solo noi, italiani che dovrebbero
rilanciare la cooperazione per beneficiarne.
Una narrazione che pochi anni fa avrebbe fatto gridare
allo scandalo, gli anni in cui la società civile ha lottato
per il concetto di aiuto slegato (da convenienze, interessi economici e condizionalità). Oggi invece davanti
alla crisi economica e ai PIL con il segno meno dire che
ogni euro speso in cooperazione tornerà indietro in investimenti non sconvolge nessuno anzi fa guadagnare
applausi e apprezzamento anche da parte delle ONG.
Ma da questo Forum credo sia utile cogliere la sfida e
non voltare le spalle offesi per la poca considerazione
riservata alla cooperazione non governativa. È vero
che le ONG non sono detentrici del ruolo da protagoniste nella cooperazione ed è anche vero che sono
abituate ad esercitare l'autoreferenzialità, a parlare a
se stesse più che all'opinione pubblica. Questa sfida
però è aperta e deve interpellare in primis quelle ONG,
come Mani Tese, che vogliono giocare un ruolo nella
costruzione della cooperazione futura, quella che an-
investimento che torna indietro in termini economici all'Italia
stessa, quella che vede il partenariato pubblico-privato,
la cooperazione che ci libera dall'introversione depressiva
dell'ultimo decennio…
cooperazione come investimento che torna indietro
in termini economici all'Italia stessa, quella che vede
il partenariato pubblico-privato, la cooperazione che
ci libera dall'introversione depressiva dell'ultimo
decennio, così l'ha chiamata il Ministro Riccardi. Per
un momento sembra che l'Italia sia diventata beneficiaria della cooperazione e infatti al Forum i grandi
assenti sono proprio i così detti “beneficiari” degli aiuti,
quelli che per noi sono i partner e le comunità locali
dei paesi del sud del mondo. Eppure co-operare vuol
dire operare con qualcuno, due parti, un partnerariato.
drà oltre gli obiettivi del millennio e che porterà forse
al superamento definitivo del termine “cooperazione”
come lo intendiamo oggi.
Una cooperazione lontana dalla beneficenza e dall'assistenza che guarda invece all'obiettivo della giustizia
sociale sempre più pregiudicata da decenni di politiche
finanziarie e economiche orientate esclusivamente
al profitto. Politiche sbagliate di cui oggi vediamo i
risultati fallimentari anche nel nostro mondo opulento
e che dovremo continuare a contrastare attraverso
alleanze e movimenti nord-sud.
11
12
il natale della crisi economica | rubriche
Di stefano squarcina, Gruppo Gue/NgL del Parlamento Europeo
osservatorio europeo
Corpo volontario
europeo di aiuto
umanitario
A fianco, in alto:
Poster della Commissione Europea per promuovere
l'UE Humanitarian Aid and Civil Protection
Sotto:
Alcune immagini dei progetti di cooperazione dell'Unione
Europea. (foto di EU Humanitarian Aid and Civil Protection)
Istituire un “Corpo volontario europeo di
aiuto umanitario” che possa mobilitare nel
periodo 2014/20 almeno diecimila giovani
europei in azioni di aiuto umanitario nei
paesi terzi. È l'obiettivo della proposta
legislativa presentata a novembre dalla
Commissione Europea di Bruxelles, che
propone di creare un “EU Aid Volunteers
Corp per fornire un'assistenza di emergenza
volta a tutelare la vita, a prevenire e alleviare
la sofferenza e mantenere la dignità umana
in situazioni di crisi provocate dall'uomo o
da catastrofi naturali”, che è poi la definizione di aiuto umanitario. La proposta è
aperta a tutti i cittadini europei, o residenti
di lunga data nell'Unione, che intendano
impegnarsi in attività di aiuto diretto d'urgenza a popolazioni stremate, ad esempio,
dalla violenza dei conflitti e/o dalla fame.
L'obiettivo perseguito è l'espressione “dei
valori umani e della solidarietà con le popolazioni in stato di necessità attraverso la
promozione di un efficace e visibile iniziativa
dell'Unione, che contribuisca al consolidamento delle capacità europee di rispondere
alle crisi umanitarie”. Le organizzazioni,
governative o non, che saranno autorizzate
a mandare sul campo i futuri volontari
europei dovranno sottostare alle condizioni di una “certificazione europea” che ne
stabilirà l'efficacia operativa. I volontari
selezionati, che dovranno partecipare a
dei corsi di formazione, saranno inseriti in
una “lista d'idoneità” cui si farà appello in
caso di necessità e d'invio in situazioni di
emergenza.
Da molti anni le ONG internazionali chie-
devano all'Europa un maggior impegno
sul terreno del soccorso d'emergenza
alle popolazioni in difficoltà, tanto che la
creazione del “Corpo volontario europeo
di aiuto umanitario” è stata inserita nel
Trattato di Lisbona che regola il funzionamento dell'Unione Europea. La proposta
della Commissione ne dà ora attuazione
pratica: è previsto che Parlamento europeo
e Consiglio diano rapidamente il loro nullaosta, confermando anche una dotazione
finanziaria di circa 240 milioni di Euro per
sei anni. In questo momento sono solo
230 i volontari europei dispiegati in azioni
umanitarie dall'agenzia ECHO, con sede
a Bruxelles, che svolge anche compiti di
protezione civile: le crisi umanitarie nel
mondo sono in costante aumento, sia in
termini numerici sia in gravità ed estensione. Le agenzie d'intervento chiedono
maggiori risorse umane e finanziarie per
far fronte alla situazione. Tenendo conto
dei tempi tecnici per rendere operativa la
proposta, dal gennaio 2014 l'Unione Europea aumenterà dunque progressivamente
il suo impegno umanitario, creando anche
una “rete on-line” di volontari pronti a dare
una mano al ”Corpo europeo”, anche se solo
dal computer di casa, rendendosi disponibili, ad esempio, per traduzioni, elaborazione di documenti o progetti, ecc…
manitese 481 | novembre-dicembre 2012
La proposta è più che benvenuta, ma ci
sono alcuni elementi nel testo che lasciano
perplessi. Innanzitutto, l'accento posto più
volte sul fatto che il “Corpo” ha tra i suoi
compiti fondamentali quello di promuovere “la visibilità della presenza dell'UE” nelle
zone di crisi, attraverso “l'elaborazione
da parte della Commissione di un piano
d'azione d'informazione e comunicazione”
sulle azioni degli “EU Aid Volunteers”. Un
conto, infatti, sono le legittime campagne
d'informazione sull'impegno europeo nelle
zone di emergenza, un altro sarebbero
costose operazioni politiche d'immagine
con protagonisti inconsapevoli dei volontari che con la loro azione umanitaria si
troverebbero a ridorare il blasone europeo
per coprire altre responsabilità –economiche, commerciali, finanziarie, di politica
estera e di cooperazione allo sviluppo– che
contribuiscono alla povertà del Sud del
mondo e di cui, guarda caso, si parla ben
poco. Forse sarebbe meglio seguire il detto
biblico “Non vantarti del bene che fai, parla
piuttosto del bene che ti viene fatto”: il
rischio è che il “Corpo volontario” venga
usato per una “guerra di immagine” con
altre mega-agenzie governative umanitarie,
a cominciare da “US Aid” che comunica
molto in termini di informazione politica,
“oscurando in tal modo le azioni di ECHO”,
come sovente ripetono alla Commissione
Europea.
Una preoccupazione ulteriore deriva dal
fatto che quella sul “Corpo volontario euro-
peo” viene concepita come “una proposta
che può contribuire agli obiettivi di politica
estera dell'Unione”, e ciò è in netto contrasto con i principi di umanità, neutralità,
imparzialità e indipendenza che devono
regolare l'azione umanitaria. Un intervento
di emergenza si giustifica in sé e per la sua
gravità, non può sottostare a considerazioni di politica estera o di alleanze regionali.
Non si può transigere sul principio della
non-discriminazione, tutti gli esseri umani
sono uguali per dignità e diritti, soprattutto
nella sofferenza. La tendenza, invece, è
quella di fare delle agenzie umanitarie degli
strumenti “d'influenza politica”, a volte
addirittura sotto la protezione armata di
forze militari che ne stravolgono la neutralità operativa, e di conseguenza –molto
spesso– anche la credibilità politica.
Andrà poi verificato che la dotazione
finanziaria assegnata al “Corpo umanitario”
non vada a scapito della politica europea
di cooperazione allo sviluppo, che ha già
subìto molti tagli in questi ultimi anni. L'azione di emergenza non può essere anche
scollegata da un ragionamento politico
più ampio: l'aiuto umanitario è troppo
spesso la conseguenza del fallimento della
politica, che si trova a tamponare problemi
che lei stesso ha creato con la sua inazione.
Si guardi al dramma dei rifugiati siriani
e più in generale del popolo siriano, per
non parlare del Darfur sudanese, del Kivu
congolese o del Corno d'Africa. Andrebbero
messe più volontà politica e risorse umane
nella soluzione dei conflitti, che da soli producono 44 milioni di rifugiati, da quindici
anni non si vedevano tali cifre.
L'aiuto umanitario, insomma, solleva le
nostre coscienze e produce autocompiacimento, ma non per questo diminuisce il
peso delle nostre responsabilità nel divario
Nord-Sud. Il miglior modo per combattere
la povertà e trovare soluzioni definitive
all'emergenza è rendere più equa, ad esempio, la nostra politica commerciale verso
i Paesi in Via di Sviluppo, impedire che la
speculazione finanziaria alteri al ribasso
i prezzi delle materie prime del Sud o che
la globalizzazione si alimenti del dumping
sociale ed ecologico, fare del rispetto dei
diritti umani e della soluzione dei conflitti
una priorità nelle relazioni internazionali.
Al contrario, complice anche la crisi, l'Unione Europea si sta sempre più “sganciando”
dal Sud del mondo sostituendo politiche
di solidarietà con accordi commerciali
di libero scambio guidati dal mercato. E
resta debolissima la sua voce nelle aree di
conflitto: l'Unione Europea come tale non
è ancora in grado di “pesare” nella politica
internazionale. È più facile, insomma, farsi
accettare ed intervenire nella fase “più
consensuale” del conflitto (quella dell'emergenza e della distribuzione dell'aiuto
umanitario) che in quella “più controversa”
(della mediazione o del negoziato tra le
parti). Nessun “Corpo umanitario” potrà
mai cancellare o attenuare le nostre responsabilità verso il Sud del mondo.
13
14
il natale della crisi economica | approfondimento
di annalisa stagni, area advocacy di mani tese
Bando
Conosciamo i vincitori?
I progetti arrivati al Bando Sottosopra, che Mani Tese
ha lanciato lo scorso maggio in collaborazione con la
Fondazione Culturale Responsabilità Etica, sono stati
tantissimi: circa 120! Gianni Tamino (membro del Comitato scientifico di Mani Tese, professore di Biologia
all'Università di Padova, membro dell'Associazione per
la Decrescita), Pietro Raitano (direttore di Altreconomia), Andrea Segrè (promotore di Last Minute Market),
Irene Palmisano (Fondazione Culturale Responsabilità
Campagna Ecofeste: più
feste sostenibili, meno
impatto ambientale
di Associazione Circolo Legambiente
Fagiani nel Mondo – Verona
L'obiettivo è quello di migliorare l'efficienza delle feste pubbliche dal punto di vista
ambientale, riducendo la produzione dei
rifiuti lungo tutta la filiera fino ad una corretta raccolta differenziata finale incentivando l'utilizzo di stoviglie lavabili o, dove
non fosse possibile, biodegradabili e compostabili in alternativa a piatti e posate di
plastica, con l'intento finale di promuovere
una raccolta firme a livello nazionale per la
messa al bando delle stoviglie in plastica
usa e getta.
Etica) ed Elias Gerovasi (responsabile area cooperazione, Mani Tese), cioè la nostra giuria qualificata, hanno
avuto il difficile compito di sceglierne solo sei.
Ed eccoli qui, i progetti che Mani Tese finanzierà in
tutto il territorio italiano e che si concluderanno fra un
anno. Noi li seguiremo passo passo, e iniziamo augurando buon lavoro ai nostri nuovi compagni di viaggio! Impronte
di Associazione Progetto Zattera –
Malnate (VA)
Il progetto si rivolge agli alunni della scuola primaria di sei comuni, ai loro genitori
e insegnanti, attraverso la realizzazione di
percorsi formativi extracurricolari. Si userà
il teatro per coinvolgere i bambini nella
sensibilizzazione e nella pratica concreta
della riduzione di rifiuti, del riuso e riciclo,
e nella promozione dell'adozione di comportamenti virtuosi.
Progetto per il recupero
di farmaci
Foot Print –
Famiglia Proambiente
di Fondazione ANT Italia Onlus – Bologna
La Fondazione ANT assiste i sofferenti oncologici, portando al domicilio del paziente
tutte le cure, i farmaci e i presidi necessari.
Il Progetto di Recupero Farmaci ha l'obiettivo di raccogliere e mettere nuovamente a
disposizione di nuovi Sofferenti oncologici
farmaci e medicinali in perfetto stato di
conservazione e non più utili alle famiglie
che sono state assistite da ANT per un
proprio parente.
di Associazione Campi Flegrei – Napoli
Attraverso l'uso dell'immagine, nello
specifico con la realizzazione di un video
documentario, si racconteranno stili di
vita e abitudini delle famiglie napoletane, nonché l'impatto ambientale che tali
comportamenti implicano in termini di
impronta ecologica.
Previeni i rifiuti,
cambia la vita!
di Associazione Postribù – Rieti
Il progetto coinvolge 16 Comuni del territorio della Provincia di Rieti con l'obiettivo
di cambiare radicalmente il paradigma della gestione dei rifiuti, mostrando come si
possa arrivare a ridurre i rifiuti a poche decine di chili l'anno. Si agirà attraverso una
“scuola di formazione degli amministratori”
per la gestione responsabile di risorse e
servizi e, parallelamente, con azioni di sensibilizzazione delle cittadinanza.
RIUSI-AMO
di GRISS (Gruppo di Ricerca
sullo Sviluppo Sostenibile) – Milano
Il progetto di ricerca intende valutare
il beneficio ambientale del riuso, con
la quantificazione dei benefici generati
dal riuso di oggetti di seconda mano in
alternativa all'acquisto di nuovi prodotti
e valorizzando le esperienze esistenti
di raccolta e vendita di oggetti usati. La
valutazione sarà effettuata utilizzando la
metodologia LCA o Analisi del Ciclo di Vita
per quantificare gli impatti evitati grazie
all'attività dei mercatini del riuso.
GRABBING DEVELOPMENT. Towards new models of North/South relations
for a fair exploitation of natural resources. DCI NSA-ED/2011/239-451.
Questo bando è realizzato con il contributo finanziario dell'Unione Europea.
I suoi contenuti sono unicamente responsabilità di Mani Tese e in nessun caso
si può considerare che riflettano la posizione dell'Unione Europea.
manitese 481 | novembre-dicembre 2012
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Di giovanni mozzi, consigliere di Mani Tese - elias gerovasi, responsabile area cooperazione internazionale di mani tese
Certamente! La fame si può misurare, è questo il
tentativo di due rapporti internazionali che ogni
anno provano a mettere insieme i numeri della fame
e a tirare le somme. Il primo è L'Indice Globale
della Fame (GHI) elaborato dall'IFPRI (Istituto
Internazionale di Ricerca sulla Politiche Agricole), il
secondo è il Sofi (State of food security in the world)
redatto dall'Organizzazione delle Nazioni Unite
per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao) insieme a
Ifad e Pam. In questi documenti si scoprono realtà
angosciose, ma al tempo stesso semi di speranza
che la sfida alla fame, pur in un contesto di scarsità
di terra, acqua ed energia, possa essere vinta con
l'intelligente sforzo di tutti (o almeno di molti).
Riportiamo in queste pagine un estratto liberamente
tratto dai due rapporti presentati in occasione della
Giornata Mondiale dell'Alimentazione (16 ottobre).
Il GHI
Come funziona
L'Indice Globale della Fame (GHI) è uno
strumento sviluppato dell'IFPRI (edizione
italiana curata da Cesvi) per misurare e
monitorare in modo complessivo la fame
mondiale e di regioni e nazioni. Esso permette di approfondire le cause della fame e
mette in evidenza i successi e gli insuccessi
nella lotta per la sua riduzione. Per riflettere la natura multidimensionale della fame,
il GHI riunisce in un unico indice numerico
tre indicatori:
1. Denutrizione: la percentuale di denutriti
(o sottonutriti) sul totale della popolazione
(che corrisponde alla quota di popolazione
con assunzione calorica insufficiente).
2. Insufficienza di peso infantile: la percentuale di bambini di età inferiore ai cinque
anni sottopeso, indice di denutrizione
infantile (un peso inferiore a quello previsto a una data età denota deperimento e/o
ritardo nella crescita).
3. Mortalita infantile: il tasso di mortalità
tra i bambini al di sotto dei cinque anni
(che riflette in parte la fatale sinergia tra insufficienti assunzioni caloriche e ambienti
insalubri).
Tutti e tre i componenti dell'indice sono
espressi in percentuale e hanno uguale
ponderazione. Valori di GHI più alti indicano livelli maggiori di denutrizione. L'indice
va da un minimo di 0 a un massimo di
100, ma questi due estremi nella pratica
non si verificano. Il valore massimo di
100 sarebbe infatti raggiunto solo se tutti i
bambini morissero prima del compimento
del quinto anno d'età, l'intera popolazione
fosse denutrita e tutti i bambini sotto i
cinque anni fossero sottopeso. Il valore
minimo significherebbe invece che non ci
sono denutriti nella popolazione, nessun
bambino con meno di cinque anni è sottopeso e nessun bambino muore prima del
compimento dei cinque anni.
dossier
La fame si può
misurare?
il natale della crisi economica | dossier
La scala del GHI
inferiore a 5
basso
da 5 a 9,9
moderato
da 10 a 19,9
grave
da 20 a 29,9
allarmante
30 e oltre
estremamente allarmante
dossier
Tendenze mondiali, regionali e nazionali
Le sfide future
Il GHI, che misura la fame relativa ovvero la percentuale di persone che soffrono la fame, mostra nel
tempo una tendenza moderatamente favorevole. Il
GHI mondiale 2012 è diminuito infatti del 26% rispetto al GHI mondiale 1990, passando da un punteggio
di 19,8 a 14,7.
Le medie mondiali nascondono notevoli differenze a
livello di regioni e nazioni. Il GHI 2012, rispetto al 1990,
è sceso del 16% in Africa subsahariana (da 24,6 a 20,7),
del 26% in Asia meridionale (da 30,3 a 22,5) e del 35%
in Vicino Oriente e Africa del Nord (da 8,2 a 5,3). Progressi particolarmente significativi sono stati registrati
nel Sudest asiatico (da 14,5 a 7,9) e in America Latina
e Caraibi (da 8,8 a 4,9), con una diminuzione del punteggio di GHI rispettivamente del 46% e del 44%.
Fra le nazioni la maglia nera l'indossano Corea del
Nord (aumento del 21% del GHI dal 1990 al 2012),
Swaziland e Burundi (aumento del 17%), mentre i
migliori risultati nella riduzione della fame li hanno
ottenuti Turchia (riduzione del 74% del GHI dal 1990
al 2012), Kuwait (riduzione del 71%) e Messico (riduzione del 62%).
È scontato che in futuro il mondo dovrà produrre più cibo con
minori risorse, eliminando al contempo pratiche e politiche
inefficienti. I mutamenti demografici, la crescita del reddito, il
cambiamento climatico e politiche e istituzioni poco lungimiranti
stanno esacerbando la scarsità di risorse naturali, mettendo così
a repentaglio la produzione alimentare e l'ambiente da cui essa
dipende.
La sicurezza alimentare è ormai inestricabilmente connessa agli
sviluppi nei settori idrico, energetico ed agricolo. L'aumento dei
prezzi dell'energia si ripercuote sui costi di carburante e fertilizzanti per gli agricoltori, accresce la domanda di colture per la
produzione di biocarburanti e incrementa i prezzi per l'uso dell'acqua. L'agricoltura si svolge già in un contesto di scarsità di suolo
in termini quantitativi e qualitativi: i migliori terreni arabili del
pianeta sono già coltivati e delle pratiche agricole non sostenibili
hanno condotto a un significativo degrado del suolo. La scarsità di
terra coltivabile unita a politiche bioenergetiche miopi ha portato
a un aumento degli investimenti esteri in terreni agricoli in svariati
Paesi in via di sviluppo, mettendo a repentaglio i diritti al suolo
delle popolazioni locali. Inoltre l'acqua scarseggia e la situazione è
probabilmente destinata ad aggravarsi a causa del cambiamento
climatico.
Il caso India
regione, perché lo sviluppo infantile e il benessere materno sono strettamente connessi:
la bassa condizione nutrizionale, educativa
e sociale delle donne mette a rischio la loro
capacità di generare neonati ben nutriti e di
sfamare e prendersi adeguatamente cura dei
propri figli. Secondo alcune indagini svolte
tra il 2000 ed il 2006, il 36% delle donne
indiane in età di procreare era sottopeso, in
confronto al solo 16% di 23 paesi dell'Africa
subsahariana.
Sotto: L'indice GHI dell'India dal '90 ad oggi
30
22,9
24,2
22,6
20
30,3
Nonostante la forte crescita economica,
l'India non ha fatto grossi miglioramenti
nel suo punteggio di GHI. Dopo un piccolo
aumento tra il 1996 e il 2001, il punteggio
di GHI dell'India è calato solo leggermente,
e l'ultimo GHI è ritornato all'incirca ai livelli
del 1996, come mostra il grafico. Questa stagnazione del punteggio si è verificata in un
periodo in cui il reddito nazionale lordo pro
capite dell'India è praticamente raddoppiato,
passando da circa 1.460 a 2.850 dollari internazionali costanti tra 1995-97 e 2008-10.
Ciò è sorprendente perché la norma sarebbe
che a redditi più alti si accompagni una
riduzione della fame. Come si spiega quindi
il caso India?
La conclusione a cui sono giunti i ricercatori per spiegare questa anomalia è che la
bassa posizione sociale delle donne in India
contribuisce agli scarsi risultati per quanto
riguarda l'alimentazione dei bambini nella
10
00
‘90
anno
16
indice GHI
‘00
‘10
Le conseguenze
del land grabbing
Si definisce come land grabbing il fenomeno
di cessione internazionale di terre coltivabili,
generalmente da parte di un Paese ricco di
terre ad un altro che ne ha minor quantità.
È un fenomeno relativamente recente che
però nel 2012 ha raggiunto i 57 milioni di
ettari di terreni agricoli (l'1,2% dell'area
agricola mondiale), destinati per il 55% alla
produzione di biocarburanti e per il 19% alla
produzione di legname (e quindi non di cibo).
Generalmente sono proprio i Paesi con il
PIL più basso e con un alto livello di fame a
cedere le proprie terre, fino a casi eclatanti
come quello di 7 Paesi (Cambogia, Etiopia,
Indonesia, Laos, Liberia, Filippine e Sierra
Leone) che hanno ceduto più del 10% delle
proprie aree agricole.
È lecito pensare che questo comportamento
non abbia conseguenze future sulla carenza
di cibo in questi Paesi?
manitese 481 | novembre-dicembre 2012
A sinistra:
Il rapporto
sull'indice globale
della fame (GHI).
Il testo integrale
è scaricabile dal
sito www.cesvi.
org oppure dal sito
www.link2007.org.
L'acqua nel 2050
Il margine di crescita delle forniture idriche
è limitato, ma la domanda domestica e industriale di acqua sta aumentando rapidamente.
Il risultato è un trasferimento dell'acqua
dall'agricoltura agli usi domestici e industriali. Questo trasferimento aggraverà la scarsità
di acqua per l'irrigazione nei Paesi meno
sviluppati in rapida crescita e soprattutto in
Cina e in alcuni Paesi di Vicino Oriente e Africa del Nord. Entro il 2050 solo il 66% della
domanda di acqua per l'irrigazione potrà
probabilmente essere soddisfatto, rispetto al
78% del 2000.
Entro il 2050 si prevede che, stando così le
cose, il 52% della popolazione mondiale (4,8
miliardi di persone), il 49% della produzione cerealicola mondiale e il 45% del PIL
mondiale saranno a rischio a causa dello
stress idrico.
L'unico scenario sostenibile
Lo scenario mondiale sostenibile, l'unico che ci possiamo permettere, si incentra su un aumento delle spese per la ricerca e lo sviluppo in ambito agricolo
nei Paesi in via di sviluppo, congiuntamente a una crescita degli investimenti
sociali e ad un uso più equilibrato delle risorse naturali per migliorare in modo
sostenibile i redditi e il sostentamento rurali.
In particolare questo scenario prevede una maggior attenzione alla conservazione delle risorse idriche, territoriali ed energetiche tramite un maggior
investimento in tecnologie e un uso più efficiente delle risorse. Si concentra
su quegli investimenti che riducono la fame e la malnutrizione, come un
miglioramento delle rese delle coltivazioni e dell'allevamento di bestiame e un
aumento degli investimenti nelle strutture igienico-sanitarie e nell'istruzione
secondaria femminile. Altri fattori cruciali per migliorare la situazione dei poveri e dell'ambiente saranno ad esempio un miglioramento della governance,
una riduzione delle disuguaglianze e una maggior inclusione dei gruppi sociali
emarginati.
Lo scenario sostenibile ridurrà il numero di bambini malnutriti a 50 milioni
entro il 2050, in confronto ai 115 milioni dello scenario convenzionale (quello
su cui ci stiamo avviando senza interventi correttivi). In India, per esempio,
che è la patria del maggior numero di bambini malnutriti, la percentuale scenderebbe al 27% entro il 2050 nello scenario sostenibile, in confronto al 39%
dello scenario convenzionale.
La gestione integrata
della fertilità del suolo
In una gestione integrata della fertilità del
suolo rientrano l'applicazione di fertilizzanti
organici e inorganici, la riduzione dell'aratura e il maggior utilizzo dei residui di raccolto,
pratiche che aiutano a proteggere il suolo e
ad aggiungere nutrienti. Vari studi in Africa
subsahariana hanno dimostrato che la gestione integrata della fertilità del suolo accresce
il tenore di umidità dei terreni, migliora
l'efficienza energetica e aumenta il raccolto
degli agricoltori.
Analogamente la sommersione alternata delle risaie, la semina diretta del riso e la coltivazione in asciutta sono tutte tecnologie che
possono, in appropriate condizioni, ridurre
l'uso di acqua e di energia e le emissioni di
gas a effetto serra, mantenendo o aumentando le rese dei raccolti.
17
18
il natale della crisi economica | dossier
dossier
Il rapporto FAO sull'insicurezza alimentare nel mondo
Un altro documento ufficiale che ogni anno ci consente
di guardare lo stato dell'arte della fame e della malnutrizione nel mondo è il rapporto Sofi (State of food
security in the world), redatto dall'Organizzazione
delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura
(Fao) insieme a Ifad e Pam.
Dall'edizione 2012 si evince che la tendenza all'aumento dei prezzi alimentari iniziata nel 2002, insieme
alla volatilità dei mercati, durerà ancora, continuando
a minacciare la food security delle fasce povere della
popolazione mondiale. Il documento ricorda inoltre
l'importanza degli investimenti in agricoltura, che
tra l'altro, dati i prezzi di rialzo, possono essere molto
remunerativi. Oltre a queste minacce per la food
security, il rapporto Sofi 2012 espone anche i dettagli
sul fenomeno “fame nel mondo”. Sarebbero infatti 870
milioni le persone denutrite nel mondo, diminuite di
132 milioni negli ultimi 20 anni.
La maggior parte di chi non ha abbastanza cibo, 852
milioni di persone, vive nei Paesi in via di sviluppo. Il
loro numero è aumentato in Africa, dove soffre la fame
una persona su quattro, ma anche nei Paesi sviluppati.
Nel biennio 2004-2006 la Fao aveva registrato 13 milioni di sottonutriti negli Stati più ricchi; gli anni della
grande crisi tra il 2010 e il 2012 hanno spinto verso
l'insicurezza alimentare altri tre milioni di persone. Per quanto concerne la distribuzione regionale, in
Asia il numero delle persone che soffrono la fame negli
ultimi vent'anni è diminuito, passando da 739 milioni
a 563 milioni, un calo dovuto in larga misura allo sviluppo socio-economico di alcuni paesi della regione.
Anche in America Latina e Caraibi si sono fatti dei
passi avanti, con il numero dei sottonutriti passato dai
65 milioni del 1990-92 a 49 milioni nel 2010-12, e con
una percentuale scesa dal 14,6% all'8%. Il rapporto
rileva tuttavia che il tasso di avanzamento è di recente
rallentato.
L'Africa è la sola regione dove, nello stesso periodo, il
numero delle persone che soffrono la fame è cresciuto,
passando da 175 milioni a 239, con circa 20 milioni
che si sono aggiunti negli ultimi quattro anni. La
percentuale, sebbene sia calata nell'arco del periodo
considerato, è leggermente aumentata nel corso degli
ultimi tre anni, passando da 22,6% a 22,9% della popolazione totale, vale a dire soffre la fame una persona su
quattro. E nell'Africa subsahariana i modesti progressi
registrati sino al 2007 sono stati ribaltati, e la sottonutrizione da allora è aumentata del 2% l'anno.
Certo, molto dipende anche da come si fanno i conti.
Con quest'ultimo rapporto Sofi la Fao ha rivisto il
modo di calcolare le stime sulla fame, usando come
parametro la distribuzione delle calorie. È vero che dal
1990 i miglioramenti ci sono stati ma diventano più
marcati con questo nuovo metodo di calcolo. I nuovi
calcoli implicano che l'obiettivo di dimezzare la fame
entro il 2015 è a portata di mano, a patto di rovesciare il
rallentamento degli ultimi cinque anni. Peccato che le
previsioni sui prezzi alimentari 2013 lascino immaginare il contrario.
A destra:
Copertina del
rapporto Fao
sull'insicurezza
alimentare nel
mondo.
Il documento è
scaricabile in pdf
dal sito Fao (vedi
l'indirizzo sotto la
copertina).
www.fao.org/docrep/016/i2845e/i2845e00.pdf
manitese 481 | novembre-dicembre 2012
19
di carlo benzi, volontario del gruppo mani tese di verbania
VOLontariato
Mani Tese a
Verbania dal 1982
30 anni…
ma non li
dimostriamo!
Nel 1982 alcuni giovani cresciuti all'interno
della spiritualità francescana decidono di
“fare qualcosa per i poveri del terzo mondo”:
nasce così il gruppo Mani Tese di Verbania. I padri francescani di S. Rita offrono
subito generosa ospitalità, garantendo la
disponibilità delle strutture necessarie per
realizzare le attività.
Da allora il gruppo ha una sede fissa, presso
il Centro Pastorale S. Francesco, ove ha sede anche il mercatino dell'usato che, oltre
ad essere fonte di entrate a sostegno dei
nostri progetti, è anche esempio concreto
di una filosofia che sostiene il riciclaggio, il
riutilizzo dei beni e un uso più consapevole
delle risorse.
Con il nostro lavoro di volontari abbiamo
raccolto finora oltre 1 milione di euro,
destinati a progetti in Africa, Asia, America
Latina e Italia. Alcuni di noi hanno visitato
questi progetti: Chiara in Brasile e Carlo in
Burkina Faso hanno vissuto un'esperienza
che ha permesso loro di incontrare e conoscere popoli del sud del mondo, apprezzarne la volontà di impegno e di riscatto dalla
propria situazione di miseria.
Dal 1983 organizziamo ogni estate un campo di lavoro e studio: sono ormai quasi un
migliaio i giovani che hanno sperimentato
con noi l'esperienza intensa e coinvolgente
dei 29 campi fin qui fatti a Verbania!
Essenziale per noi di Mani Tese Verbania
è il continuo e martellante stimolo alle
istituzioni, al fine di diffondere una cultura
antispreco e scelte individuali, sociali e
politiche di semplicità, di sobrietà e di
solidarietà coi popoli affamati. Non c'è amministratore che non ci riconosca come dei
gran “rompiscatole”, al quale noi diciamo
che vogliamo soltanto essere “la voce di chi
non ha voce”.
Ma Mani Tese a Verbania dalla gente
viene immediatamente riconosciuta e
identificata in quel furgone scassato che
gira per le strade: è l'attività quotidiana
dei volontari, che recuperano tutto ciò che
viene considerato superfluo, ma che invece
ancora può servire ad altri: mobili, giochi,
elettrodomestici, vestiti: è questo ormai un
servizio importante che offriamo alla città,
soprattutto ai più bisognosi.
Tale servizio si è consolidato negli anni,
fino alla costituzione della sede di Verbania
della Cooperativa Mani Tese, con l'apertura della bottega dell'usato nell'ottobre 2009.
Ma vogliamo per un attimo tornare a quel
1982 e a quei giovani che intendevano “fare
qualcosa per i poveri”. In quello stesso
anno usciva in Italia il libro di A. Tevoedjrè
“La povertà ricchezza dei popoli”; oggi possiamo dire che quel libro è stato ed ancora
è una o dei motivi ispiratori della nostra
azione.
È la povertà la vera ricchezza dei popoli!
E –parafrasando– è la ricchezza la vera
Importante è il lavoro sul territorio di testipovertà dei popoli! Per povero intendiamo
monianza, di informazione e di sensibilizzazione della popolazione, con iniziative di “chi ha il necessario ma non il superfluo; e la
formazione rivolte in particolare alle scuole. povertà non è né la miseria né l'indigenza. È
Sopra:
Carlo Benzi con la coordinatrice
di Mani Tese Angela Comelli e
Don Egidio Borella.
Sotto:
Il gruppo dei campisti del 1985.
la vita quotidiana conquistata con il lavoro;
è una cosa sacra, che bisogna rispettare,
stimare e cercare”.
Allora con il tempo abbiamo compreso che
il nostro impegno in Mani Tese non è tanto
quello di combattere contro la povertà, ma
piuttosto di combattere contro la miseria,
che toglie dignità alle persone e le rende
schiave. E di combattere contro la ricchezza ingiusta e le sue illusioni. Abbiamo ben
compreso che i popoli affamati non devono
diventare “sviluppati” come noi, mangiare
come noi, consumare come noi, vestire
come noi…
E con il nostro lavoro in Mani Tese vorremmo testimoniare che è indispensabile
cambiare il nostro stile di vita di popoli
dell'opulenza: diventare tutti un po' più
poveri, per sconfiggere miseria e sfruttamento.
20
il natale della crisi economica | approfondimento
di marino langiu, amministrazione progetti PVS di Mani Tese
L'Africa agli Africani
intervista
La grande lezione
del Presidente Sankara.
Sono passati 25 anni dalla morte di Thomas Sankara, il primo
presidente del Burkina Faso. Oggi a Ouagadougou si respira una
ventata giovane, come se le sue idee continuassero a germogliare
e dare i suoi frutti.
Nonostante il tempo, la presenza del “Che africano” non è
scemata, ma sembra avere molta presa sui Burkina bè.
A metà degli anni '80, quando iniziava il suo percorso
rivoluzionario, il sogno di Sankara appariva solo uno slogan. Nei
sui anni da presidente quel “dare l'Africa agli africani” si rivelò
invece una promessa poi mantenuta.
In quattro anni Sankara riuscì a rendere il Burkina Faso, il Paese
più povero dell'Africa Subsahariana, autosufficiente dal punto di
vista alimentare, mise sotto scacco la Banca Mondiale, il Fondo
Monetario Internazionale e sviluppò un sistema bancario interno
che erano l'appoggio per quello sviluppo alimentare.
“Produrre Burkina bè e consumare Burkina bè” fu la grande lezione
che portò all'Africa intera: ciò che era possibile in uno dei Paesi
più poveri, lo era anche per tutti gli altri Stati del continente.
L'impresa fu subito evidente agli occhi del mondo, quel mondo
che oggi scopre l'attualità delle scelte coraggiose del Presidente
Sankara.
A 25 anni dal suo assassinio, Thomas Sankara, il presidente del
Burkina Faso considerato il “Che Guevara africano”, rivive ancora
nelle idee dell'Africa e dell'Europa che lotta.
Intervista alla collaboratrice di Mani Tese Mariam Compaore,
testimone in prima linea dell'attuale situazione in Burkina Faso.
Venticinque anni dopo la morte di
Sankara, cosa resta delle sue idee?
Thomas Sankara ha inculcato nei giovani
Burkina bè e in generale alla giovinezza
africana dei valori quali il lavoro, l'integrità,
l'onestà il patriottismo, l'autodeterminazione e soprattutto ha suscitato la speranza
in un futuro migliore!
L'assassinio del presidente Sankara
è stato accettato dalla popolazione o
attende ancora giustizia?
Le dinamiche dell'assassinio del presidente
Sankara non sono ad oggi state chiarite
e l'opinione pubblica attende ancora che
il caso sia risolto. Ci sono delle lamentele
contro sconosciuti che sono deposte sia
in Burkina che all'estero, in particolare in
Francia, in modo che si conducano delle inchieste per determinarne le responsabilità.
Le idee di Sankara sono applicate oggi
nel Paese?
Le grandi idee di Sankara sono state riprese
attualmente. Possiamo ricordare la costruzione di alloggi sociali (Cité du 4 août), la
battaglia delle rotaie per portare i minerali
verso le unità di trasformazione, la lotta
contro gli incendi della brousse, il taglio
abusivo degli alberi, il rimboschimento.
Sankara, infatti, chiedeva che ogni avvenimento familiare sia felice o infelice fosse
accompagnato dalla messa a dimora di un
albero, così diceva il Burkina tornerà verde.
Ha anche rivendicato il diritto alle cure
elementari per tutti i Burkina bè tramite
programmi allargati di vaccinazione e dei
centri di salute in tutti i villaggi. Lo slogan
era: un villaggio, un centro per le cure di
base (CSP, oggi CSPS). Era convinto che lo
sviluppo del Burkina dipendeva solo dalla
volontà dei Burkina bè. Nella sua lotta
per l'autosufficienza alimentare spingeva i Burkina bè a consumare quello che
producevano, in particolare a trasformare
i cereali locali. Per questo organizzava
dei concorsi di cucina a basa di prodotti
locali e delle fiere alla fine dei raccolti per
manitese 481 | novembre-dicembre 2012
Mariam COMPAORE nata
KOALA, sposata con due figli, di
professione contabile.
Dal dicembre 2010 è
responsabile amministrativo del
progetto di Mani Tese di lotta
alla desertificazione in Burkina
Faso.
incoraggiare il consumo e la produzione di
prodotti locali. Questa idea è stata adottata
anche da altri paesi dopo la svalutazione
del Franco CFA, in seguito alla quale i costi
dei prodotti importati sono duplicati e triplicati. Questa idea sopravvive ancora oggi
ed è riassunta nello slogan : produciamo
quello che consumiamo. Il concetto di sovranità alimentare è un concetto migliorato
di autosufficienza alimentare nel senso
che dà il diritto ai coltivatori di scegliere
cosa produrre e quindi cosa consumare. Si
è anche battuto per l'emancipazione delle
donne e delle ragazze sensibilizzando i
genitori sull'importanza di inviarle a scuola.
Era infatti convinto che la donna potesse
occupare dei ruoli di responsabilità e allo
stesso tempo gestire la famiglia. Tra le
donne della brousse ha diffuso l'utilizzo di
forni migliorati, specialmente in argilla, più
accessibili finanziariamente.
delle strategie di riduzione
della povertà nei 5 paesi
dell'UEMOA.
Thomas Isidore Noël Sankara
Il progetto di Mani Tese “Lotta alla
desertificazione e rafforzamento della
sicurezza alimentare” è conforme alle
idee di Thomas Sankara?
Questo progetto è perfettamente conforme
alle idee difese dal Presidente Sankara e
tutte le attività del progetto sono in linea
con le sue idee: la lotta alla desertificazione,
le campagne di rimboschimento durante la
stagione delle piogge, l'utilizzo di barriere
anti erosive, l'utilizzo dei forni migliorati
per ridurre il lavoro delle donne, l'utilizzo
del compost come fertilizzante del terreno.
Sono passati 25 anni dal suo assassinio.
Oggi il messaggio di Sankara tuona forte
nella nuova generazione Burkina bè. Se lui
in quattro anni ha fatto diventare la realtà
più povera dell'Africa subsahariana più
stabile economicamente e libero dal dominio
occidentale, allora è possibile anche per
tutti gli altri Paesi. Una lezione per un intero
mondo che Sankara ha lasciato a queste
generazioni che sperano nel suo messaggio
di unità e coesione africana come risposta
alle sfide di oggi.
Prima di lavorare per Mani Tese
era responsabile amministrativa
e finanziari di ICODEV, ONG di
sviluppo, e successivamente
assistente amministrativa
e finanziaria in un progetto
canadese (PARSEP) nel ruolo
di monitoraggio e valutazione
Nella pagina
accanto:
Marino Langiu,
Mani Tese, ritratto
durante una
missione in Burkina
Faso insieme ad
alcuni sostenitori di
Thomas Sankara
21 dicembre 1949-15 ottobre 1987
Il Capitano Thomas Sankara è stato un leader molto carismatico
per tutta l'Africa Occidentale sub-sahariana e fu il 1° Presidente
del Burkina Faso. Si impegnò molto in favore di riforme radicali
per eliminare la povertà e per questo fu soprannominato “il Che
Guevara africano”.
Nato in una famiglia cattolica nel 1949, iniziò la carriera militare a
19 anni, venne formato come ufficiale dell'esercito in Madagascar,
dove assistette ad alcune rivolte nel 1971 e 1972.
Dopo un colpo di stato nel novembre 1982, che portò al potere
Jean-Baptiste Ouedraogo, Sankara divenne Primo Ministro. Venne
presto destituito dal suo incarico e messo agli arresti domiciliari.
Il suo arresto causò una rivolta popolare, che sfociò in una vera
e propria rivoluzione guidata da egli stesso nel 1983, quando
divenne presidente dell'Alto Volta, il cui nome fu da lui cambiato
in Burkina Faso, ovvero “la terra degli uomini integri”.
L'obiettivo di Sankara era la cancellazione del debito internazionale: cancellazione ottenibile soltanto se richiesta all'unisono da
tutte le nazioni africane. Non ebbe successo. Ma gli riuscì invece
l'obiettivo di dare due pasti e 10 litri di acqua al giorno a ciascun
abitante.
Sankara venne ucciso il 15 ottobre 1987 insieme a dodici ufficiali,
in un colpo di stato organizzato da un suo ex compagno d'armi
(e poi suo braccio destro), l'attuale presidente del Burkina Faso,
Blaise Compaoré con l'appoggio di Francia e Stati Uniti d'America.
Alla sua morte il Burkina Faso ripiombò nel dramma della povertà.
21
22
il natale della crisi economica | rubriche
Di Giosuè de salvo, responsabile area advocacy di mani tese
progressiva neutralizzazione della sovranità popolare e
di costruire, finalmente, un'Europa di popoli, federalista,
democratica e campione del diritto internazionale.
Se c'è una cosa buona della crisi è che anche il più
sprovveduto degli attivisti europei ha ormai compreso
che la dimensione continentale è l'unica praticabile
nel tentativo di resistere allo smantellamento dello
stato sociale, alla privatizzazione dei beni comuni, alla
Probabilmente forti di questa convinzione,
4000 persone, in rappresentanza di 300
reti e organizzazioni di 28 paesi, si sono
date appuntamento a Firenze dall'8 all'11
novembre scorso nell'ambito dell'incontro
“Firenze 10+10. Unire le forze per un'altra
Europa”.
,4
,4
+1
7
08,4
4
08,
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10 5
,
11
20,1
21,7
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12
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9
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5
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13
24
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13
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-1,7
-1,0
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PO
13
Più che un forum sociale è stata una
grande riunione di lavoro che ha raccolto
il testimone dell'incontro di Bruxelles “Europa in crisi: analisi, resistenza e proposta”
promosso dal Transnational Institute e
dal Corporate Europe Observatory il 5 e
il 6 maggio 2012 e che verrà seguita dalla
riunione preparatoria della manifestazione
europea programmata in occasione del
Consiglio dell'Unione Europea di marzo
2013, detto anche “summit di primavera”.
Dati in %
20
C'erano i “vecchi” movimenti altermondialisti e i “nuovi” movimenti sociali: acqua e
beni comuni, occupy e indignados. C'erano
gli ecologisti e le femministe, i No Tav e i
loro “gemelli” europei che si battono contro
le grandi opere inutili, i sindacati di base e
quelli confederali, gli studenti e i migranti,
le reti per una nuova finanza pubblica, il
mondo delle Ong e del volontariato. Fra
loro anche Mani Tese.
Lo shock sul pil…
+0
campagne
Firenze 10+10, alla ricerca
del démos perduto
Il fine ultimo era ed è quello di tirare un
filo rosso che unisca tutte le iniziative di
resistenza e proposta in corso e dimostrare
che esiste ancora un démos europeo più
forte dell'Europa dei mercati e delle derive
della Banca Centrale Europea.
“Più democrazia, meno austerità”, queste
le parole chiave che hanno attraversato gli
oltre 100 dibattiti in programma che, a loro
volta, hanno consentito di condividere 4
grandi blocchi di considerazioni.
…e sulla disoccupazione
Dati in %
Dati tratti da La Repubblica del 15/11/2012
idées
munca
manitese 481 | novembre-dicembre 2012
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community
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firenze στρατηγικές
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itt
c
Se ti metti a dieta quando
sei ammalato, è molto
probabile che starai ancora
peggio, quindi non è una
buona idea
La stragrande maggioranza dei
politici e degli opinion makers
hanno imputato la crisi al
deficit dei bilanci statali, sostenendo che il taglio della spesa
pubblica fosse l'unica soluzione
possibile. Ciò è avvenuto dopo
aver stravolto l'evidenza dei
fatti del 2008, sminuito l'effetto
devastante dei mutui subprime
e investito 4.500 miliardi di
euro (pari al 37 per cento del Pil
dell'Unione Europea) in aiuti
di stato destinati al salvataggio
delle banche. Il tutto senza
chiedere nulla in cambio!
Le misure di austerità però
non hanno funzionato e hanno
invece determinato il crollo
della crescita in tutta l'Unione
Europea (dimostrandosi quindi
inefficaci anche all'interno
del paradigma neoliberista)
e il drastico peggioramento
delle condizioni di vita dei suoi
cittadini. Secondo il Fondo
Monetario Internazionale nel
2013 l'economia in frantumi
della Grecia entrerà nel sesto
anno consecutivo di recessione,
con un tasso di disoccupazione
che toccherà il 25 per cento. In
Spagna il Pil nel 2012 e nel 2013,
sarà in caduta dell'1,4 per cento
all'anno, con una disoccupazione rispettivamente al 25,1 e al
26,1 per cento. In Italia
le stime parlano di un -2,3 per
cento del Pil nel 2012 e un -0,5
nel 2013 con la disoccupazione
che dal 2010 al 2013 sarà passata dall'8,4 per cento al dato
record del 11,5 per cento. Sopra
la linea del Mediterraneo, le
cose non vanno meglio. Dopo
l'Olanda, anche la Francia
comincia ad avere il fiato corto
e quello che è più significativo
è che l'ombra lunga della stagnazione economica si allunga
sulla Germania.
Se a perderci sono i soliti
noti, c'è sempre qualcuno
che ci guadagna
La classe media e le fasce più
povere della popolazione
hanno visto ridursi il reddito
disponibile, i loro diritti costituzionali e l'accesso ai servizi
essenziali. Ma per molti la crisi
si è rivelata una grande opportunità di guadagno. Secondo
il Transnational Institute, il
numero di europei ricchi con
più di 1 milione di dollari in
contanti (pari a 772.000 euro)
è passato dai 2,6 milioni del
2008 ai 3,2 milioni del 2011. E
sempre nel 2011, le cinque maggiori banche europee hanno registrato profitti per 34 miliardi
di euro mentre gli stipendi dei
direttori generali delle 100 società più importanti della borsa
di Londra sono aumentati del
49 per cento nel 2010 rispetto al
2,7 per cento dello stipendio di
un dipendente medio.
Il sogno europeo rischia di
rimanere tale
Quello a cui assistiamo è quindi
un intollerabile peggioramento
degli indici sulla distribuzione
della ricchezza e sulla disuguaglianza sociale. Una involuzione silenziosa, dall'alto, che
mina le basi della democrazia
europea. Anche perché dietro
lo sfaldamento delle vecchie
istituzioni rappresentative
nazionali, non si intravvede
nessuna forma di nascente
democrazia sovranazionale, di
Unione politica Europea. Come
ci ricordava Stefano Squarcina nel suo articolo “Unione
Europea, siamo davvero a una
svolta?” del numero 479 di
questa rivista: “I padri fondatori
dell'Unione Europea –da Altiero
Spinelli a Robert Schuman,
da Konrad Adenauer a Jean
Monnet– avevano un sogno:
gli Stati Uniti d'Europa intesi
come un'alleanza tra i popoli
del continente fondata sulla solidarietà ed il lavoro. Quella che
hanno in testa Angela Merkel o
David Cameron ha più a che fare
con un'Europa alla carta dove
ognuno pensa per sé”.
Unire le forze per un'altra
Europa
Il contesto richiede una risposta sociale forte su scala continentale. Le analisi e le proposte
abbondano ma rischiano l'auto
frustrazione se non si tramutano in capacità di incidere sulle
politiche che determinano
la qualità della nostra vita e
sui presupposti culturali e
antropologici di quello che Luciano Gallino ha definito come
finanzcapitalismo: “una megamacchina creata con lo scopo di
massimizzare il valore estraibile
sia dagli esseri umani sia dagli
ecosistemi”. Se ogni rete o movimento resta confinato nello
spazio nazionale e nella difesa
del suo interesse specifico, difficilmente ne verremo a capo,
mentre populismo e xenofobia
si rafforzeranno sempre più,
con esiti facilmente prevedibili.
Firenze 10+10, con tutti i limiti
organizzativi e metodologici
sofferti da chi vi ha partecipato in prima persona, è stato,
in ultima analisi, un passo
giusto nella giusta direzione.
Nell'urgenza di rispondere
all'emergenza in cui ci ha
calato il mantra dell'austerità,
ha rappresentato una tappa
importante nella costruzione di
una mobilitazione paneuropea
coordinata ed efficace in grado
di proporre, inevitabilmente
nel breve termine, un processo
costituente dal basso di un'Altra Europa Possibile.
23
24
il natale della crisi economica | rubriche
Di Caterina Santinon, animatrice ECM di Mani Tese
educazione alla mondialità
Al via il concorso di idee
per giovani creativi
Totò riuscì a vendere la Fontana di
Trevi per 10 milioni di vecchie lire. E voi
cosa riuscireste a fare?
Con il concorso “L'asta della terra” Mani Tese sfida gli studenti più creativi in
una Social Poster Competition, ovvero
nella creazione di un manifesto pubblicitario che convinca compratori
senza scrupoli ad acquistare pezzi
di foresta, mari e oceani, fertili terreni
e ghiacciai incontaminati. In gioco c'è lo
sviluppo e il benessere della popolazione
mondiale, chi si accaparra al miglior prezzo le ricchezze di Madre Terra può fare un
sacco di soldi!
Vi sembra assurdo che si possa comprare l'aria? Purtroppo non è una
cosa così strana.
Viviamo in un sistema dove gli
elementi naturali, essenziali ed
insostituibili per la sopravvivenza
dell'uomo sono considerati mere risorse
da sfruttare, vendere o quotare in borsa.
Petrolio, gas, metalli preziosi,
terra, acqua e aria
Dalla Nigeria al Sudan, passando per il Congo, l'Amazzonia e il Kazakistan non è un
mistero che le multinazionali petrolifere
controllino intere riserve mondiali e facciano affari d'oro alla faccia delle popolazioni locali. Nel delta del Niger da anni
Eni, Shell e Total sfruttano indisturbate
le ingenti riserve petrolifere che, a partire dal 1960, hanno generato un guadagno
stimato intorno ai 600 miliardi di dollari.
Disegno dal Nordisk familjebok
della statua romana di Atlante
(sec II d.C.). Già nella Collezione
Farnese, oggi al Museo
Archeologico Nazionale di Napoli
Inutile dire che di tutto questo oro colato i
nigeriani non hanno visto neppure l'ombra.
I dati parlano chiaro: nonostante il paese
sia il più grande esportatore di petrolio del
continente africano e il detentore della più
vasta riserva di gas naturali, il 64.4% della
popolazione vive con meno di $1.25. Anzi,
oltre al danno la gente subisce anche la beffa perché dopo aver subito l'espropriazione
dei terreni deve fare i conti con gli “effetti
collaterali” dello sfruttamento intensivo:
piogge acide, emissioni di tossine inquinanti, alti livelli di CO2, deforestazione,
inquinamento del bacino idrico, riduzione
della biodiversità e ambiente naturale
altamente compromesso.
Dal petrolio alla terra, perché l'oro nero
si sta esaurendo e gli affari non potranno andare avanti ancora per molto…e
allora via alla conquista di fertili terreni, il
nuovo business di frontiera. D'altronde la
popolazione mondiale continua a crescere,
il fabbisogno energetico sale e la produzione deve aumentare. Dal 2007 il 9% del
territorio del Sud Sudan, neo stato africano,
è passato nelle mani di investitori privati
attraverso contratti di compra-vendita o di
affitto di lungo periodo (tra i 19 e i 99 anni)
a prezzi medi che rasentano i 3 centesimi
di euro all'ettaro. Poco importa se queste
terre, tradizionalmente gestite e coltivate
in modo comunitario, sono l'unica fonte di
sostentamento per le comunità locali e se i
suoi leader non hanno avuto nessuna voce
nei processi di negoziazione e nella firma
degli accordi finali.
GRABBING DEVELOPMENT. Towards new models of North/South relations
for a fair exploitation of natural resources. DCI NSA-ED/2011/239-451.
Questo bando è realizzato con il contributo finanziario dell'Unione Europea.
I suoi contenuti sono unicamente responsabilità di Mani Tese e in nessun caso
si può considerare che riflettano la posizione dell'Unione Europea.
manitese 481 | novembre-dicembre 2012
MAGGIORI INFORMAZIONI
Per i dettagli sul regolamento e le
modalità di adesione al concorso vai al link:
www.manitese/blog-educazione o scrivi
all'indirizzo mail [email protected]
Acqua
Terra
Aria
Fuoco
Scegliete uno dei quattro elementi
naturali, acqua, terra, aria e fuoco
(simbolo dell'energia), create il
vostro manifesto pubblicitario e
inviate tutto a [email protected]
entro il 17 marzo 2013.
L'asta della terra è cominciata,
vince chi offre di più!
E perché tralasciare un bene prezioso come
l'acqua? È essenziale per lo sviluppo agricolo, mette in moto i processi industriali,
produce energia e non si può farne a meno.
Anche qui gli esempi di accaparramento
potrebbero occupare pagine intere. Dalle
grandi opere indiane, come la diga Polavaram e i progetti idroelettrici sul fiume
Narmada, alla battaglia per il controllo
delle acque del Nilo, da tempo al centro di
conflitti locali e tensioni regionali.
Totò tratta la vendita della
Fontana di Trevi a Roma.
Fotogramma tratto dal film
Totòtruffa (1962).
L'ultimissima trovata è il business dei carbon credit: dobbiamo dimostrare il nostro
impegno per ridurre le emissioni di CO2
perché ormai stiamo soffocando. Quale
migliore soluzione se non comprare pezzi
di foresta e venderli ai paesi o alle aziende
che inquinano di più in modo da compensare le sostanze inquinanti emesse? Così
anche l'aria rischia di diventare merce di
scambio.
Oro nero, blu, verde o trasparente… non
importa di che colore sia, l'importante è
guadagnarci e più la risorsa è strategica per
la sopravvivenza, lo sviluppo, il benessere
dell'uomo più si può far leva per un guadagno maggiore. La sfacciataggine umana
non ha davvero limite.
Mani Tese crede fermamente che questo
sistema di compravendita e controllo, da
parte di pochi, di beni fondamentali per
la vita di tutti sia alla base degli squilibri
tra nord e sud del mondo e contribuisca
a perpetrare i grossi problemi mondiali:
fame, povertà, sottosviluppo. È necessario
sottrarli alla logica di mercato e ridefinire le
forme di sovranità e i relativi meccanismi
di accesso, gestione e controllo, garantendo una reale e consapevole partecipazione
delle comunità locali ai processi decisionali. Sono beni comuni che, proprio per la
loro fondamentale importanza, “appartengono a tutti e a nessuno, nel senso che tutti
devono poter accedere ad essi e nessuno può
vantare pretese esclusive”, come scritto da
Stefano Rodotà
Il concorso “L'asta della terra” è una delle
iniziative attraverso le quali Mani Tese
vuole ribadire il proprio impegno per la
realizzazione della giustizia ambientale
e l'affermazione di un più equo sistema
di gestione e uso delle risorse naturali. Si
rivolge agli studenti del triennio della
scuola superiore e agli studenti universitari
a livello nazionale. Pronti?
Scegliete uno dei quattro elementi naturali,
acqua, terra, aria e fuoco (simbolo dell'energia), create il vostro manifesto pubblicitario e inviate tutto a [email protected]
entro il 17 marzo 2013.
L'asta della terra è cominciata, vince chi
offre di più!
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26
il natale della crisi economica | rubriche
Di clara castellucci, socia e operatrice di Mani Tese
Mani Tese pride
COMUNICAZIONE interna
Un momento di
riscoperta di identità
associativa
“Caro Giosuè, mi rallegro che abbiate avuto legittima soddisfazione dal
successo della marcia sulla sovranità alimentare. Dopo tutto il lavoro
che posso immaginare e dopo tutte le tappe della marcia che ho potuto
seguire con voi, posso dire che i sentimenti di gioia sono assolutamente
condivisi. Vorrei trasmettere i miei ringraziamenti e la mia amicizia agli
artisti che non si sono limitati a fare il loro lavoro, ma che al contrario si
sono fusi con noi nella lotta giusta e audace per la pace e i diritti umani
fondamentali”.
Queste le parole del nostro partner dal
Benin, Achille Tepa, che ha partecipato
attivamente alla Marcia Mondiale per la
Sovranità Alimentare appena conclusa.
Dal 4 al 16 ottobre un gruppo di persone
molto diverse –operatori, volontari, partner,
musicisti, attori– hanno “marciato” insieme
da Catania a Milano per portare un progetto
innovativo: lo spettacolo “Quando Mangio
mi Sento un Re!”.
Cinzia Tedesco e la sua band sulle note delle canzoni più celebri di Bob Dylan, Rosalba
Falzone con le sue “tele musicate” e Diego
Parassole con la sua “impegnata” comicità,
hanno portato il messaggio di Mani Tese
a favore della Sovranità Alimentare in 9
importanti teatri d'Italia conquistando il
pubblico, facendo riflettere sul diritto al cibo,
coinvolgendo i volontari sul territorio e attirando i più “curiosi”. Era la prima volta che
Mani Tese affrontava un progetto di questo
tipo: composito, complesso, forse un po' al
di fuori dai “canoni”: musica, arte e comicità
insieme per diffondere il messaggio della
Sovranità Alimentare e attirare attenzione
sul tema, ma i risultati sono stati da subito
visibili: una grande curiosità da parte di
un pubblico “nuovo”, un importante coinvolgimento di operatori e volontari, un
sentimento di orgoglio e identificazione
generato in coloro che si sono sentiti parte
del gruppo di “marciatori” e tanta visibilità
sui principali mass media comprese le
televisioni nazionali. TG1 nazionale, RaiNews24, Rai Radio 1, Rai Radio 2, Rai Radio
3, La Repubblica, Il Corriere della Sera, La
Stampa, ecco i principali mezzi di comunicazione che hanno parlato di noi e del nostro
progetto realizzando a pieno l'obiettivo di
diffusione tra i consumatori. Nove tra le più
importanti città d'Italia ci hanno dato il
loro patrocinio accogliendo l'iniziativa con
entusiasmo e sono stati prodotti e diffusioni diversi materiali di approfondimento
sensibilizzando non soltanto la cittadinanza ma anche le Istituzioni locali e, in
particolare, le giunte comunali, un esempio
tra tutti, l'Assessorato all'agricoltura della
città di Milano che ha espresso ampia soddisfazione nell'appoggio all'evento presentatogli. Tanti sono stati i momenti importanti
ed emozionanti come quando l'Assessore
alla Cultura Boeri è arrivato a sorpresa al
Piccolo Teatro Studio introducendo la serata
e salutando i presenti, come quando in
piazza Duomo, sempre a Milano, abbiamo
incontrato il Sindaco Pisapia, come quando i
nostri partner africani Achille e Samuel hanno parlato ai microfoni delle ACLI davanti
ad una piazza gremita di ciclisti per portare
il loro messaggio di pace, come quando il
gruppo di Verbania ha marciato per le strade
del paese nonostante la pioggia e ha portato
il Vescovo di Novara Franco Giulio Brambilla
ad assistere agli eventi legati alla marcia o
quando in una sala della splendida Ara Pacis
di Roma l'Ambasciatore della Macedonia si
è seduto tra il pubblico complimentandosi
per la serata.
L'evento teatrale rappresentava il culmine
di una escalation di eventi organizzati sul
territorio e che hanno costruito la Marcia
Mondiale per la Sovranità Alimentare nella sua complessità. Siamo partiti a giugno
dal Villagio di Gralo in Burkina Faso dove
è stata organizzata una Giornata di sensibi-
manitese 481 | novembre-dicembre 2012
A sinistra:
Mani Tese in marcia
contro la fame già
negli '70.
A destra:
Il momento di
chiusura della
serata di Milano al
Piccolo Teatro.
Pagina a fianco:
Un gruppo
di studenti
partecipanti allo
spettacolo “Chi
mangia solo…si
strozza”.
lizzazione per gli agricoltori sul diritto alla
Sovranità Alimentare per poi proseguire
con la Giornata del pescatore in Guinea
Bissau, occasione per sottolineare l'importanza del loro contributo nella tutela
dell'ambiente marino e della biodiversità. In
Benin è stata festeggiata la Giornata delle
donne dell'Atacorà con danze ed eventi in
loco organizzati dalle donne protagoniste
dei progetti sostenuti da Mani Tese. La marcia è proseguita in 13 città italiane grazie al
sostegno dei gruppi locali che hanno portato
la marcia a scuola e in piazza creando diversi
eventi, dalle street parade alla partecipazione ai mercati contadini.
400 studenti in 5 città: Milano, Genova,
Firenze, Roma e Verbania.
Grazie alla presenza dei nostri volontari sul
territorio e alla promozione dello spettacolo
teatrale, molte persone si sono avvicinate
alle tematiche di Mani Tese e in alcuni casi
si sono rafforzati partenariati e collaborazioni a livello locale e si sono create nuove
sinergie. Abbiamo sempre pensato che per
concretizzare il passaggio di paradigma
da sicurezza alimentare a sovranità
alimentare fosse necessario il coinvolgimento e la partecipazione di diversi
soggetti, primi tra tutti i consumatori
del Nord del mondo. È per questo motivo
che con questo spettacolo abbiamo voluto
La Marcia per la Sovranità Alimentare
aggiungere un nuovo tassello nell'opera di
ha coinvolto anche insegnanti e studenti
“educazione al consumatore”. Per raggiunattraverso percorsi didattici, incontri e
gere questo obiettivo avevamo anche
laboratori. In particolare, alcune scuole
un importante strumento: la petizione
hanno partecipato allo spettacolo “Chi
mangia solo...si strozza!” realizzato insieme “Sovranità Alimentare in Europa, ora!”
all'associazione A.P.E. Arte Per Educare. Un ispirata alla Dichiarazione di Nyeleni 2011 e
sottoscritta al Forum Europeo per la Sovraviaggio alla scoperta di un mondo dove ogni
nità Alimentare tenutosi in Austria lo scorso
terra nutre la propria gente con i frutti delle
agosto. A Catania, Napoli, Roma, Firenze,
diverse stagioni, in armonia con il territorio
Bologna, Mestre, Genova, Verbania e Milano
e nel rispetto dell'ambiente. Dove ogni
abbiamo promosso tra i cittadini la volontà
comunità può decidere autonomamente
di raccogliere 10.000 firme da portare
cosa produrre e come vendere, nel rispetto
all'attenzione dei principali decisori
delle tradizioni locali. Insieme agli studenti
politici come conclusione di un percorso
abbiamo scoperto la stagione giusta di frutti
che è iniziato 3 anni fa e che ci ha portato al
e ortaggi, quanti KM fanno per arrivare nel
dibattito più istituzionale con gli esperti che
nostro piatto e quanta spazzatura produciamo nel consumarli. Lo spettacolo-lezione-ha si sono confrontati al Convegno Internazionale di Firenze e a contatto con produttori e
trasformato le scuole in un teatro i cui attori
protagonisti sono stati i bambini stessi, oltre consumatori locali con le “100 piazze”. Come
dichiarato nella prefazione del documento:
“Siamo convinti che un cambiamento del nostro sistema alimentare sia un primo passo
verso un cambiamento più ampi della nostra
società” ed è per questo che i volontari, gli
operatori e gli artisti che hanno collaborato
con noi nei mesi di settembre e ottobre, si
sono uniti per portare un messaggio di cambiamento delle politiche del cibo. Portare
questo messaggio attraverso un spettacolo
di musica, arte e cabaret è stata una sfida
che può dirsi superata a pieni voti. Ancora
oggi riceviamo richieste di replica dello spettacolo e messaggi di sostegno e supporto alle
nostre attività da diversi soggetti che sono
stati coinvolti durante le tappe della marcia
e che vorrebbero portare lo “spettacolo di
Mani Tese” nel loro territorio.
Continuiamo a marciare e a diffondere il
messaggio per la Sovranità Alimentare,
perché crediamo che possa davvero rappresentare un caposaldo per tutti coloro
che si sentono parte dell'associazione,
che ci identifica verso l'esterno e che ci
unisce verso una lotta comune che speriamo
possa proseguire anche al di fuori della
cornice del Progetto Europeo. Fondamentale è la consapevole e convinta adesione di
tutto il “mondo Mani Tese” al messaggio con
la volontà e il fine ultimo di condivisione e
diffusione dei principi che vengono declinati
come buone pratiche per la costruzione
della Sovranità Alimentare nel nord del
Mondo. Nel Sud, i nostri partener, la stanno
già mettendo in pratica.
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il natale della crisi economica | progetti – «campagna natale»
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manitese 481 | novembre-dicembre 2012
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il natale della crisi economica | progetti
Fai la differenza
Panela, questa
sconosciuta
a cura di giovanni mozzi, consigliere di Mani Tese
PROGETTO 2267, ECUADOR rapporto intermedio
Non è una particolare specie arborea, non è l'acronimo di un'associazione di produttori e non è neppure il nome di una famosa cantante sudamericana. La panela
è un derivato della canna da zucchero, che si ottiene per ebollizione ed evaporazione del succo della canna non raffinato. È prodotta normalmente da piccolimedi produttori e viene utilizzata nell'industria di preparazione delle conserve
e della frutta, nell'industria delle bevande gassose, nella fabbricazione di dolci a
livello industriale, oltre che nella cucina locale.
Località
Cantone di Sigchos, provincia di Cotopaxi
Partner
MCCH
Importo
€ 25.300
Gli obiettivi del progetto
L'intervento mira ad aumentare la produzione e a migliorare la qualità della
panela prodotta, nonché ad attivare nuovi canali di commercializzazione, con un
incremento del reddito familiare per 22 famiglie nelle comunità di Palo Quemado
e Las Palmas.
A che punto siamo
Il progetto prevede la ricostruzione di 12 forni per la produzione della panela. I
nuovi forni si caratterizzano per una maggior capacità di combustione, consentendo di sostituire la legna con il materiale di scarto della canna da zucchero. Tre
di questi forni già sono stati realizzati, sei sono in fase di realizzazione e tre erano
ancora da iniziare alla data del rapporto di avanzamento ricevuto.
Il succo della canna da zucchero, una volta scaldato e trasformato in un materiale della consistenza del miele, deve essere travasato in un recipiente e lasciato
raffreddare sotto agitazione costante fino a totale evaporazione dell'acqua.
Questo tipo di lavorazione normalmente si effettua a mano con pale di legno. Con
l'introduzione di una mescolatrice industriale (ancora da acquistare) diminuiranno radicalmente le perdite di prodotto, che con l'agitazione manuale arrivano
fino al 15%. Inoltre, trattandosi di un macchinario facilmente trasportabile, sarà
utilizzato a rotazione, cosi che tutti i produttori possano trarne beneficio.
La qualità
Sono state già realizzate due formazioni sul tema della lavorazione e del controllo
di qualità della panela per eliminare gli inconvenienti tecnici ed incrementarne la
purezza. E i frutti si vedono: mentre un anno fa solo il 25% della panela prodotta
era di prima qualità (l'altra conteneva residui oleosi e terra) ora il 100% è di prima
qualità.
La commercializzazione
Per quanto riguarda la commercializzazione si realizzeranno due fiere per la
promozione della panela. In occasione delle fiere si acquisterà e consegnerà alle
comunità una bilancia e una macchina per sigillare i sacchetti, cosi da poter provvedere direttamente sul posto al confezionamento secondo le quantità richieste
dagli acquirenti.
E per finire MCCH (che in quechua, l'antica lingua degli Incas, significa “Diamoci
la mano commerciando come fratelli”) garantirà una quota di mercato per la
panela prodotta dai beneficiari del progetto: attraverso una cooperativa, parte
integrante della propria struttura, acquisterà la panela che verrà poi rivenduta
nell'ambito del canale commerciale internazionale di Ctm-Altromercato. Nei
primi sei mesi già 13.142 kg di panela hanno preso questa strada per un valore di
12.340 USD. Insomma il progetto sta già funzionando.
Mani Tese dal 2006 è socio aderente dell’Istituto Italiano della Donazione.
Cosa puoi fare tu
Con 35 Euro partecipi all'acquisto
della mescolatrice industriale (costo
totale 3.500 Euro).
Con 90 Euro contribuisci alla ricostruzione di uno dei 12 forni (costo
per ogni forno 900 Euro).
Mani Tese è impegnata
nella Campagna inTRATTAbili
per fermare la tratta di esseri umani
e supportare le vittime.
Il Trafficking –o tratta di esseri umani–
rappresenta una delle principali violazioni
dei diritti umani che colpisce le fasce
più vulnerabili della popolazione.
Il 56% delle vittime di trafficking
sono donne e bambine.
AIUTACI E SOSTIENI LA
CAMPAGNA inTRATTAbili,
ABBIAMO BISOGNO DI TE!
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La campagna inTRATTAbili
di Mani Tese ha vinto
il premio Aretè 2012
per la comunicazione responsabile
La tratta degli esseri
umani esiste ancora
Difendi il codice della vita!
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i tuoi pacchetti dai volontari Mani Tese!
Lasciando un piccolo contributo
puoi partecipare alla realizzazione della campagna
“DALLA STRADA ALLA SCUOLA”
in Bangladesh, Brasile, Cambogia e India.