IL DESERTO DI GOBI

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IL DESERTO DI GOBI
ALDO COLLEONI ROEHRICH
IL DESERTO DI
GOBI
EDIZIONI ITALO SVEVO - TRIESTE
Aldo Colleoni, Accademico onorario dell’Accademia delle Scienze della Mongolia, della
Federazione Russa, del Khazakistan, dell’Accademia Bonifaciana di Anagni, dell’Accademia
Templare, dell’Accademia della Concordia di Madrid, di San Ignacio de Loyola dell’Argentina,
membro del Senato Accademico e Preside dell’Istituto di Cultura Indigena dell’Ateneo di lingua
e cultura Guarani, istituto Universitario riconosciuto di interesse Nazionale dal Ministero della
Cultura Paraguayano.
Gran Diploma d’Onore al Merito per la Cultura concesso dal Protettorato della Chiesa
Cattolica Apostolica Ortodossa Orientale Assiro Caldea.
Professore Emerito della Moscow University.
Cavaliere Accademico con Gran Diploma al Merito per la cultura e le scienze dell’Atheneo
Aragonese.
Ministro d’Onore d’Italia, Console Onorario e delegato culturale per la Mongolia
dell’Imperial Academy of Russia, membro del Consiglio Direttivo della Convention of World
Mongolians, membro dell’Accademia di studi Sciamanici della Mongolia e dell’Istituto per
studi Teosofici di Ulaanbaatar, Docente alla Zokhiomj University della Mongolia, Presidente
dell’Accademia Italiana Nicolai Roehrich.
Con il contributo di:
In copertina: il deserto di Gobi
© 2011 by Edizioni «Italo Svevo» Trieste, Corso Italia, 9 (Galleria Rossoni)
34122 Trieste - Tel. 040.630330 - 040.630388 - Fax 040.370267
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Indice
Presentazione............................................................................................. pag. 7
Introduzione ..................................................................................................... 9
Il deserto di Gobi ........................................................................................... 19
La flora ........................................................................................................... 19
Le alghe .......................................................................................................... 21
Le piante medicinali del deserto di Gobi
usate nella medicina tradizionale .................................................................. 21
La fauna endemica ......................................................................................... 25
Il pastore mongolo ......................................................................................... 27
Gli uccelli ....................................................................................................... 29
I rettili ............................................................................................................. 30
I dinosauri nel Gobi ....................................................................................... 30
Alla ricerca di dinosauri nel deserto di Gobi (1921-1991).......................... 41
Primi incontri nelle steppe dell’Asia centrale .............................................. 41
Le ricerche paleontologiche in Mongolia..................................................... 42
La spedizione italo-franco-mongola ............................................................. 47
Presenza antropica ......................................................................................... 49
Conclusioni..................................................................................................... 51
Allegati – Schede dinosauri........................................................................... 64
Appendice iconografica................................................................................. 85
Bibliografia................................................................................................... 119
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A Caterina e Paola
Presentazione
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Introduzione
L’IPERBOREA
La Professoressa Blavatsky, più volte citata anche da Roehrich, sosteneva
che nella regione artica nel 8000 a.c. le condizioni climatiche fossero tali da
assicurare la possibilità di vita del popolo dei biondi, forti ariani dagli occhi
azzurri e dalla statura alta che popolavano l’area artica ed in particolare il
gruppo di isole vicino la penisola di Cola, Atlantide, ora chiamato arcipelago
di Solovetski, parzialmente inabissato come gia scriveva Platone e oggi
anche il Professor Alexander Voronin, Presidente della società Russa per lo
studio dei problemi di Atlantide. La capitale dell’Impero degli Ariani si
chiamava Thule e dopo la catastrofe che colpì Atlantide gli ariani si
spostarono a sud in varie direzione come vedremo nelle diapositive che
integreranno questa lezione particolare per gli argomenti che tratta ma non
possiamo nascondere o dimenticare che molti scienziati della organizzazione
“Die Schwarze Sonne” sostennero e sostengono l’origine extraterrestre del
Popolo Divino della Luce, dei Sumeri, della stessa Casa Imperiale del
Giappone. Uno degli studiosi più affermati era in questo settore il Professor
Herman Wirth che si dedicò allo “Raum, Geist, Tod und Erbe des
nordrassischen Indogermanentums”. Importanti furono i contatti tra
Ahnenerbe e la cultura Tibetana Lamaista con la creazione in germania del
più importante centro di studi esistente in europa di Buddismo e di rituale
Tantra del Kalachakra, ma i veri depositari degli studi esoterici è senza
dubbio il gruppo Die Schwarze Sonne. Anche Roehrich nel 1925 condusse
ricerche parallele ad Ahnenerbe sugli Altai in Mongolia, nel deserto di Gobi
ed in Tibet.
L’ETÀ DELL’ASSE PERPENDICOLARE
Una teoria sostiene che un tempo l’asse terrestre non fosse inclinata ma
che ruotava con l’asse perpendicolare al piano della orbita attorno al Sole,
pertanto l’orbita era di 360 giorni, il giorno sempre di 12 ore e il clima alla
stessa latitudine costante senza stagioni come da fig.1a, mentre dopo lo
spostamento dell’asse terrestre si formarono le quattro stagioni
Nella prima fase l’artico era abitabile e vi si trovava Iperborea e Ataltide.
Leggete su questo argomento Joscelyn Godwin. Questa teoria potrebbe
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confermare che a nord del pianeta le condizioni ambientali consentivano ad
un popolo di vivere, gli Ariani secondo alcuni, esseri eterei ed immortali
secondo altri. Questa, secondo Jean Phaure era l’età dell’Oro. Ma l’età
dell’asse perpendicolare finì tra immani cataclismi e anche René Guénon
(1886-1951) condivise la teoria della Blavatsky sulla fine di Iperborea, del
monte Meru e di Atlantide come pure Francis L. Thompson. Tutti, anche
Jean-Sylvain Bailly e Jurgen Spanuth, collocarono Atlantide ed Iperborea al
Polo Nord, secondo Madame Blavatsky abitata dalla Prima Razza di esseri
eterei ed immortali come ricordato dallo stesso Platone. La Blavatsky
scrisse: “Noi uomini abbiamo imparato a vivere in ogni clima, sia esso
freddo o tropicale, ma le prime due Razze non avevano nulla da spartire con
il clima né erano condizionate da qualunque temperatura o da sue modifiche.
E così, ci viene insegnato, gli uomini vissero alla fine della Terza RazzaRadice, quando un’eterna primavera regnava sul mondo intero...”.
Per darvi un quadro di riferimento del pensiero degli autori citati
chiudiamo questa prima parte riassumendo i periodi della evoluzione
secondo il loro pensiero:
62800-36880 a.c. - Età dell’Oro (Krita Yuga) prima che l’uomo assuma
forma corporea.
36880-17440 a.c. - Età dell’Argento (Treta Yuga) Iperborea.
17440-4480 a.c. - Età del Bronzo (Dvapara Yuga) fine di Atlantide 10800
a.c. colonie atalantidee, inizia la scrittura.
4480 a.c.-2000 d.c. - Età del Ferro (Kali Yuga) prossimo inizio di un
nuovo ciclo per il genere umano.
La terra è stata quindi popolata dal Nord verso il Sud, gli Sciti sono la
nazione più antica dalla quale discendono i cinesi, gli atlantidi e gli egizi. Gli
sciti sono originari dai monti Altai in Mongolia da dove secondo Roehrich
ha origine la vita per il grande magnetismo di provenienza celeste e di
carattere esoterico dove ancor oggi vivono i Neandertal.
LA PATRIA DEL NORD
Dobbiamo agli studi di Jean-Sylvain Bailly (1736-1793), se sostenne che
gli antichi di Egitto, Caldea, Cina, India fossere i depositari di una grande
cultura che era però solo una piccola parte di una cultura superiore che
proveniva dal Nord molto prima il tempo del Diluvio e che coincideva per le
indicazioni astrali che vi si potevano trovare nel periodo dell’origine dello
stesso zodiaco cioè nel 4600 a.c. Dalla Patria del Nord traeva origine anche
il mito della Fenice che ogni anno volava dal Nord fino l’Etiopia dove
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nidificava per poi ritornare al Nord. La Fenice simbolo del Sole moriva e
rinasceva perpetuamente come il Sole scomapariva e risorgeva dopo 65
giorni nelle zone oltre il Circolo Polare Artico ove poi splendeva per 300
giorni ad una latitudine di 71°. Questa teoria è anche sostenuta da Olaus
Rudbeck (1630-1702) che riprende la leggenda di Adone che viene inviato
da Giove dove il Sole manca per quattro mesi all’anno cioè alla latitudine di
79°. Tutte queste leggende secondo Bailly attestavano che nelle popolazioni
del Sud esisteva una memoria storica della loro origine razziale nel lontano
Nord. Anche secondo gli studi del reverendo William F.Warren, rettore della
università di Boston nel 1885 sostenne nel “Paradise Found” la teoria della
origine polare del genero umano dove si trovava l’Eden della razza umana al
Polo Nord, un continente scomparso durante il Diluvio che causò la
migrazione dei superstiti verso il sud. Warren scrisse: “Chiunque cerchi
come probabile localizzazione del Paradiso il luogo più celestiale sulla Terra
in rapporto alla luce e all’oscurità, ed anche allo scenario celeste, deve essere
pago di cercarlo al Circolo Polare Artico. Ivi è la vera Città del Sole. Ivi v’ha
il solo e unico luogo della Terra cui parrebbero riferirsi le parole del
Creatore, dette a proposito della sua residenza suprema: Là non vi sarà mai
notte”. Warren colloca molti simboli nel Paradiso Polare quali: le Colonne di
Atlante, la Spina Dorsale della Terra, la Zangola, il Tronco dell’Albero
Cosmico, la Lancia di Alessandro, la Colonna Irminsul, la Torre di Crono, il
Fuso della Necessità, i Sette Gradini della Scala dell’Iniziazione Mithraica.
Anche Bàl Gangàdhar Tilak (1856-1920) colloca la dimora Artica nel
4500 a.c. secondo le posizioni astrali menzionate nei Veda. La cronologia
nella quale Tilak colloca l’uomo artico è:
10000-8000 a.c. - Distruzione della dimora artica causata dall’ultima era
glaciale.
8000-5000 a.c. - Periodo Aditi o Krita Yuga migrazioni in Nord Europa e
Asia.
5000-3000 a.c. - Periodo di Orione e degli Inni Vedici.
3000-1400 a.c. - Periodo Krittika del Taittiriya Samhità e dei Bramini.
1400-500 a.c. - Periodo dei Sutra pre-Buddhista.
H.S.Spencer nella sua pubblicazione “The Aryan Ecliptic Cycle” del
1965 colloca lo stanziamento degli Ariani nella loro Patria Polare durante il
periodo interglaciale dal 25628 a.c. al 292 a.c. Gli Ariani furono costretti ad
abbandonare le regioni Artiche con l’avanzare del freddo causato dai grandi
cataclismi del 10000 a.c. che distrussero le civiltà di Atlantide e di Lemuria e
attorno al Mare di Gobi provocando la discesa degli Ariani verso sud in Asia
fino a conqiustare e stabilirsi verso l’8500 a.c. in Battriana con capitale
Balkh.
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THULE
Già Olaus Rudbeck nel XVII secolo collocava Atlantide vicino alla
Svezia, gli atlantidi o iperborei gli abitanti. Anche Tacito nel suo volume
Germania scrisse: “Condivido l’opinione di coloro che reputano che i
germani mai si siano uniti in matrimonio con altre nazioni; ma che siano una
razza pura, non di sangue misto, e dotata d’un peculiare carattere. Da ciò una
somiglianza tra i suoi membri, benchè il loro numero sia tanto grande: occhi
gravi e azzurri; capelli rossastri; corpi imponenti...”. I tre studiosi che si
dedicarono in modo particolare alle ricerche legate alla città e civiltà di
Thule furono Guido von List (1848-1919), Jorg Lanz von Liebenfels (18741954) e Rudolph von Sebottendorff (1875-1945). Lanz nel 1907 fondò
l’Ordine dei Nuovi Templari mentre von Sebottendorff creò l’Ordine di
Halgadom e Walter Nauhaus il 17 agosto 1918 la Thule Gesellschaft.
L’antroposofia e la teozoologia, la ariosofia e la Società del Vril furono
ideate in quel periodo storico. Julius von Evola (1898-1974) contribuì a
consolidare la teoria solare delle origini nordiche dei guerrieri: “Il ricordo di
questa sede artica è patrimonio di molti popoli, nella forma sia di allusioni
reali geografiche, sia di simboli della sua funzione e del suo significato
originario, spesso passati-come si vedrà-ad un piano superiore, ovvero
applicati ad altri centri suscettibili ad essere considerati come riproduzioni
della prima(...)”. Soprattutto va rilevata l’interferenza del tema artico col
tema atlantico, del mistero del Nord col mistero dell’Occidente, poichè la
sede principale successa al Polo tradizionale originario sarebbe stata
appunto atlantica. Si sa che per la causa astrofisica costituita
dall’inclinazione dell’asse terrestre si ha epoca per epoca uno spostarsi dei
climi.(...) In ogni modo, il gelo e la lunga notte non scesero che ad un dato
momento sulla regione polare. Allora, con l’emigrazione da questa sede, che
si impose, il primo ciclo si chiuse, si aprì il secondo ciclo, si iniziò la
seconda grande era, il ciclo atlantico. Per quel che riguarda l’emigrazione
della razza boreale vanno distinte due grandi correnti, l’una dal Nord al Sud,
l’altra-successiva- da Occidente verso Oriente. Portando dovunque uno
stesso spirito, uno stesso sangue, uno stesso corpo di simboli, segni e voci,
gruppi di Iperborei raggiunsero dapprima l’America del Nord e le regioni
settentrionali del continente euroasiatico. A distanza di decine di migliaia di
anni una seconda grande emigrazione sembra essersi spinta fino all’America
Centrale, ma soprattutto che sia calata in una terra oggi scomparsa situata
nella regione atlantica, costituendovi un centro ad imagine di quello polare
(...) A tale riguardo si deve dunque essenzialmente parlare di una gente e di
una civiltà nordico-atlantica (...).
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In “Subterranean Worlds” Walter Kafton-Minkel nel 1989 sostiene che la
città sotterranea di Thule è tuttora esistente e che è stata raggiunta sul finire
della seconda guerra mondiale da due aerei tedeschi al punto 103 del
circoloro polare artico dove esisterebbe una città ben organizzata costruita
dal Reich dalla quale partirebbero ogni tanto quegli aviogetti chiamati dai
profani UFO. I rifornimenti provengono da simpatizzanti degli Stati Uniti
membri della organizzazione segreta 666. La città militare di Thule
continuerebbe a lavorare a pieno ritmo per preparare lo scontro con Israele.
Gli Ariani di Atlantide e dell’Artide sarebbero dunque al lavoro come
sostiene l’Ufficiale SS Gutmann.
LA BASE ANTARTICA E AGARTTHA
Dopo il grande cataclisma che distrusse Iperborea, come sostenne anche
Hausohofer, una parte dei superstiti fondarono nel Gobi all’epoca abitabile
Agarttha distrutta da una catastrfe naturale probabilmente sismica 2000 anni
fà ma anche questa volta parte degli abitanti continuarono a vivere sottoterra
probabilmente nelle cavità sotto gli Altai dove anche l’Autore sostiene
esistere un popolo chiamato Almas o Neandertaliani che conviverebbe con
l’Homo Primigenus così denominato da un Accademico di Mongolia. Jean
Marques-Riviere sostenne nel 1930 che il centro spirituale del mondo si
trovasse in Tartaria o Tibet: “Ora, il centro del potere sovrumano ha un
riflesso sulla Terra; è una tradizione costante in Asia, e questo Centro è
chiamato Agarttha in Asia Centrale. Ha molte altre differenti denominazioni
che ora non serve ricordare. Questo Centro ha una missione, o piuttosto una
sua ragione d’essere, la direzione delle attività spirituali della Terra”. Nel
Bulletin des Polaires del 9 giugno 1930 troviamo che il portavoce della
Blavatsky ispiratrice di Nikolaj Roehrich, parente dell’Autore, rispose alla
domanda: I Tre Saggi Supremi ed Agarttha esistono?
La risposta è: “I Tre Saggi esistono e sono i Custodi dei Misteri della Vita
e della Morte. Dopo quaranta inverni trascorsi in penitenza per i peccati
dell’umanità e come sacrificio per le sofferenze dell’umanità, si possono
avere speciali missioni che permettono di entrare nel Giardino, in
preparazione della scelta finale che apre le Porte di Agarttha”. Notiamo la
coincidenza esoterica tra la morte in Asia Centrale di Roehrich e la nascita
del pronipote figlio di Marija Jolanda Roehrich, che si recò per quaranta anni
nel Gobi dal 1970 al 2010 per poi iniziare la via iniziatica e trovare sotto gli
Altai il popolo delle caverne protetto dai profani di tutto il mondo in attesa
che ritorni chi governerà il Mondo come dal Mito del 1206.
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Con la teoria della terra cava molti sostengono che vi sia un collegamento
tra i due poli e città sotterranee anche in sud America ancora abitate e in
contatto con la base 103, Raymond Bernard.
SHAMBHALA
La definizione più autorevole è certamente quella data nel 1981 da Sua
Santità il Quattordicesimo Dalai Lama: “Il Kalachakra Tantra è strettamente
connesso al Paese di Shambhala, ai suoi novantasei distretti, ai suoi re e ai
loro seguiti. Eppure, se consultate una carta geografica e cercate Shambhala,
non la troverete; si tratta infatti di una terra pura che, salvo coloro i cui
Karma e meriti li hanno resi degni, non può essere vista nè visitata”. Ancora
nel libro di Dzyan ritroviamo la tesi che colloca sull’isola al centro del Gobi
Shambhala dove anche la Blavatsky e Roehrich ritenevano fosse. “Gli ultimi
superstiti dei bei figli dell’Isola Bianca erano periti ere prima. I predestinati,
avevano trovato rifugio nell’isola sacra (Shambhala nel deserto dei Gobi),
mentre alcune delle loro razze maledette, separandosi dal ceppo principale,
vivevano ora nelle giungle e nel sottosuolo (homo primigenus negli Altai),
quando la dorata razza gialla (la quarta) divenne a sua volta nera per i suoi
peccati. Da Polo a Polo la terra aveva cambiato faccia per la terza volta...”.
Man nel 1913 sostiene che la città venne fondata nel 70.000 a.c. dal Manu,
sacerdote e re fondatore della Razza Ariana, sulle rive del Mare di Gobi con
l’Isola Bianca al centro fatta di materia eterica.
LA PIETRA NERA
Il 5 agosto 1927, la spedizione di Roehrich in Mongolia avvista nel
distretto di Kukunor un UFO è il primo avvistamento del secolo. Il Lama che
era con loro disse “Giungerà qualcuno veramente grande nel 1936” e
Roehrich riportò la profezia che si riferiva agli Ariani e in questo caso a
Hitler nel suo “Heart of Asia”. Roehrich nella sua missione cercava la Pietra
Nera o Pietra del Graal o Pietra Filosofale, in realtà era un meteorite si dice
proveniente da Sirio che fino il ‘900 si trovava ad Urga poi venne trasferita
nella torre di Rigden-jyepo da dove emette radiazioni benefiche per
l’umanità, mentre i pezzi più piccoli della Pietra Nera circolano sulla Terra
conservando il proprio legame magnetico con la parte più grande come
sostiene anche Joscelyn Godwin. Sembra secondo una leggenda mongola
che la pietra o parte di essa sia stata anche posseduta da Re Salomone,
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dall’Imperatore Akhbar, da un Imperatore Cinese e da Tamerlano il Grande.
Ancor oggi in quella che era Urga l’antica capitale della Mongolia oggi
UlaanBaatar è attiva la Società di Studi Teosofici ed Esoterici.
ANTARTIDE
Gli scritti di Kircher, Serrano, l’esplorazione aerea del comandante Byrd,
la scoperta di Neuschwabenland, i segreti della Terra della Regina Maud, gli
studi di Oronzo Fineo, le teorie della polarità del Nord e del Sud sono tutte
teorie che in qualche modo sostengono anche la presenza della cavità
Antartica e che andrebbero approfondite anche dopo i viaggi organizzati
dallo Zar di Russia che diedero vita all’Ordine dei Cavalieri di Ghiaccio o di
Antarticland.
LA SWASTIKA
La swastika è un simbolo universalegià a partire dall’età del bronzo. È
sufficiente rappresentare il ciclo notturno dell’Orsa Maggiore e Minore nelle
quattro direzioni dello spazio e nelle quattro stagioni per poter vedere la
forma della swastika. In oriente molto diffusa e in tutti i territori abitati da
Ariani. In Oriente esisteva l’Ordine della Croce Mistica fondato in Tibet nel
1027 a.c. e diffuso in forma segreta in tutto il Mondo, ancor oggi presente ed
attivo in un Paese dell’Asia Centrale. Può avere due significati, se rivolta a
sinistra è la Ruota del Sole d’Oro mentre se rivolta a destra viene definita la
Ruota del Sole Nero. Nicola Roehrich e Anagarika Govinda constatarono
che la swastika con i bracci a sinistra veniva usata dalla religione Bon-Po,
mentre quella rivolta a destra veniva usata dai buddhisti. Il filosofo francese
Taoista Matgioi, Albert de Pouvourville trasse da questa simbologia anche la
teoria dell’elica evolutiva nota anche come spirale evolutiva condivisa da
molti scienziati.
LO ZODIACO
Alcuni sostengono come Godwin, che i nomadi e gli iperborei nel loro
continuo migrare al seguito degli animali da cacciare non avessero bisogno e
quindi non conoscessero la matematica, inquanto non necessaria
considerando che non coltivavano la terra e di conseguenza non avevano uno
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zodiaco. Anche Voltaire sostiene questa tesi come Giorgio de Santillana e
Hertha von Dechend o Schwabe che collocarono in Mesopotamia nel V
millenio a.c. l’inizio degli studi astrologici e zodiacali collegati alle necessità
della agricoltura. Ma l’annuale percorso del sole e degli equinozi era ben
nota agli animali che i nomadi cacciatori seguivano dai tempi degli iperborei
e degli sciti e da questi gli uomini nomadi impararono e memorizzarono gli
spostamenti delle costellazioni connessi prima che all’agricoltura
mesopotamica alla caccia nell’artico.
John Michell e Christine Rhone sostengono nel 1991 in: “Twelve-Tribe
Nations and the Science of Enchanting the Landscape” che tutte le culture
solari del mondo hanno origine attorno al 4000 a.c. quando Ariete divise in
12 parti lo zodiaco con 12 Dei ognuno preposto ad un segno zodiacale.
Precedentemente il Guardiano dell’Orsa Maggiore era Arcturus o Artù e la
Tavola Rotonda di Glastonbury era formata da sette isole sacre. Il passaggio
dagli iperborei ai solari avvenne in questo periodo quando la Tavola fu
trasformata in un zodiaco di 12 settori con al centro l’isola di Avalon e Artù
con 12 nobili Cavalieri eroi solari. Katherine Maltwood nel 1935 sosteneva
che i Celti fossero iperborei e il Re Artù derivasse da Arktos, figlio di Uther
Pendragon il cui nome deriva dalla costellazione polare del Drago.
Ricordiamo che ancor oggi nelle culture Celtiche e Mongole la Stella Polare,
Alpha Draconis è considerata la più importante quella che indica agli umani
la via da seguire. Artù come Apollo che giunse in grecia come iperboreo e
poi divenne dio del Sole. Anche Mithra è un iperboreo che nasce da una
pietra celeste cioè da un frammento di meteorite o coda di cometa. Noi ora
sappiamo per certo che l’origine della vita sulla terra si è formata in acqua
quando frammenti di code di comete portarono le prime molecole origine
della vita terrestre. La mitologia confermava già alcune migliaia di anni
prima di Cristo l’origine celeste della vita ed in particolare dei fatui iperborei
e degli uomini in continua evoluzione. I miti asiatici che attribuiscono ancor
oggi l’origine della Dinastia Imperiale del Giappone ad una discendenza
solare è esatta se riferita alla luminosità solare di certe code di comete cadute
sulla terra e nei mari costituitisi dallo scioglimento dei ghiacci portati dalle
comete. Le sette stelle dell’Orsa Maggiore guidate dalla Stella Polare
rappresentano secondo la Liturgia Mithraica le sette sfere trasparenti : Luna,
Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno che l’anima doveva
attraversare per compiere come descritto nel Poimandres, il tragitto dopo la
morte verso Zurvan il dio al di là della circonferenza cosmica e del tempo
come sostenevano i Sassanidi 226-652 d.c. e che noi chiamiamo il Grande
Architetto dell’Universo. L’anima dell’iniziatico per raggiungere Zurvan
deve superare i sette guardiani del Tempio, le sette sfere trasparenti che sono
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rappresentate da Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno che
possiamo definire le sette fatiche.
LA CONFRATERNITA ERMETICA DI LUXOR
La Blavatsky che faceva parte della Confraternità, ebbe modo di studiare
le teorie di Sampson Arnold Mackey con le quali sosteneva i cicli
dell’inclinazione assiale della durata di 25.000 anni durante i quali l’asse del
Polo Nord traccia un cerchio attorno al Polo celeste fisso nella costellazione
del Drago e contemporaneamente una diminuzione di un grado ogni 6000
anni dell’inclinazione terrestre. Secondo Mackey raggiungeremo l’Eta
dell’Oro tra 150.000 anni mentre l’Età dell’Orrore tra 400.000 anni. Molte
altre notizie su questa teoria condivisa dalla “Confraternita Ermetica di
Luxor” di carattere esoterico sono contenute nel saggio “La Chiave
Ermetica” opera del segretario della Confraternita Thomas H. Burgoyne.
Molti Teosofi condividono le teoria dell’Ordine segreto anche ai giorni
nostri sulle prossime mutazioni terrestri. La teoria di Alfred Wilks Drayson
spigava come con un singolo movimento sia possibile il moto precessionale
che la diminuzione angolare dell’obliquità elittica.
I CATACLISMI DELLA BLAVATSKY E ROEHRICH
Le catastrofi chiudono ogni Magnus Annus (Isis Unveiled 1877) 10.800
(Erodoto), 13.894 (Lino) o secondo la Blavatsky 12.960. I cambiamenti
climatici portano terremoti, maremoti, grandi catastrofi naturali, estinzione
di specie animali e umane, trasformazione in senso evolutivo di adattamento
al nuovo clima per altre. La teoria della Teosofia della Blavatsky prevede
infatti un ciclo di sette Razze-Radice (The Secret Doctrine 1885-1888). Tutti
i cambiamenti sono dovuti allo spostamento dell’asse terrestre in modo
repentino, tanto da causare la scomparsa di Iperborea per far posto a quella
che viene definita terza razza o Lemuriana.
“Secondo gli antichi insegnamenti, l’asse della Terra cambia
gradualmente la sua inclinazione rispetto all’eclittica, e nel periodo cui si fa
riferimento (albori della terza razza), quest’inclinazione era tale che un
giorno polare durava per tutto il periodo della rivoluzione della Terra attorno
al Sole, fin quando sopravveniva una sorta di crepuscolo di breve durata;
dopo di che le terre polari riassumevano la loro posizione direttamente sotto
i raggi solari. Ciò può sembrare l’opposto di quanto insegna e spiega oggi
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l’astronomia: ma chi può dire che cambiamenti nel moto della Terra, che non
hanno luogo oggi, non si verificassero milioni di anni fa ?”
Ciò accade verso la fine del Miocene, 850.000 anni fà. Sarà quindi un
analogo disastro come l’inversione dei Poli a por fine alla nostra civiltà.
Wegener prima e poi Charles Hapgood in “The Path of the Pole (1970)”
propose la teoria dei poli erranti ancora di grande attualità. Ricordiamo come
fù concreto il progetto di Ordine Nero dello spostamento del polo Nord
magnetico e come Horbiger creò uno schermo riflettore delle onde telluriche.
Anche le previsioni di Edgar Cayce sui cambiamenti climatici si stanno
puntualmente avverando anche per le attività della civiltà sedentaria
industrializzata.
CONCLUSIONI
Ci rendiamo conto che questa introduzione è stata impegnativa, ma
abbiamo voluto ricordare gli studiosi più importanti della Teosofia e
Esoterismo per consentirvi di approfondire la ricerca individuale su una
materia affascinante per tutto il mondo e che riflette i misteri del Grande
Architetto dell’Universo e delle Sue Opere, dobbiamo lavorare alla ricerca
della verità e alla nostra e vostra elevazione spirituale.
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Il deserto di Gobi
Nella lingua mongola il nome Gobi indica una depressione del suolo
generalmente sabbiosa, da questo è derivato il nome del grande deserto
dell’Asia centrale che si estende per quasi 3500 km. Dalla Manciuria alle
falde del Pamir.
Il Deserto di Gobi ha una altitudine che oscilla da un minimo di 900 m.
ad un massimo di 1400 m. caratterizzato da un clima molto secco e da scarse
precipitazioni. Poca pertanto l’acqua dolce mentre sono presenti piccoli laghi
salati, anche le falde contengono sia acqua dolce che salata a diverse
profondità. Grandi masse rocciose di colore rossastro affiorano dal terreno
ghiaioso e sabbioso che caratterizza questo grande deserto che si colloca
nella parte meridionale della Mongolia.
L’altopiano di Gobi è percorso, durante i primi mesi dell’anno, da un
forte vento che supera spesso i 150 km/ora di velocità trasportando grandi
quantità di sabbia rossastra verso sud.
Le precipitazioni raggiungono i 150 mm, l’escursione termica è molto
elevata sia tra il giorno e la notte sia tra l’estate e l’inverno e va da –40° a +
40°.
Il Gobi è diviso dalla catena dell’Altai in due parti: il Gobi occidentale e
il Gobi orientale. Il primo è caratterizzato da rilievi e si colloca tra l’Altai e
il Nan-shan includendo i deserti del Turkestan orientale e della Zungaria
mentre il secondo, meno montagnoso e più ondulato si colloca tra l’Altai e il
Khingan.
Il grande deserto abitato dai mongoli, da mongol-hol il cui significato è :
valorosi, è attraversato dal fiume Kerulen che garantisce acqua durante tutto
l’anno, mentre altri fiumi più piccoli scompaiono nel sottosuolo per molti
mesi.
LA FLORA
Il Gobi non è tutto desertico, vi sono estese zone semidesertiche in
particolare tra gli Altai e gli Hangayn prima della steppa.
In queste zone c’è vegetazione che raggiunge anche altezze di 4-5 metri
come l’haloxylon ammodendron il kalidium gracile, la stipa orientalis,
l’artemisia frigida, l’astragalo , nelle zone più umide il rabarbaro rheum
palmatum.
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Ciuffi di erbe xerofile sono presenti in gran parte del deserto.
Dal punto di vista fito-geografico possiamo suddividere il deserto di Gobi
nelle seguenti regioni:
- regione della depressione dei grandi laghi costituita da steppa desertica
dello Juungar-Turania;
- regione di steppa desertica del Gobi orientale con vegetazione
caratteristica del deserto;
- regione della steppa desertica del Gov’-Altai con vegetazione desertica;
- regione del deserto Gov’-Alshaan con vegetazione dell’Asia orientale;
- regione del Gobi trans-altaico con vegetazione desertica dell’Asia
centrale;
- regione dello Juungar-Gobi con cespugli salini, deserti di efedre e
artemisia.
Nel Gobi è presente una vegetazione composta da:
- graminacee Aristida pennata
- ciperacee Carex physodes
- euforbiacee Euphorbia chamaesyce
Inoltre possiamo anche trovare il Convolvulus eremophilus,
l’Haplophylum obtusifolium e le famiglie dell’Anabasis brevifolia e della
Salsola passerina.
Particolarmente importante per l’effetto antidesertificante prodotto dalle
lunghe radici che per trovare l’acqua possono raggiungere i quindici metri di
profondità è l’acacia delle sabbie (Ammondendron conollyi).
La zona del Gobi trans-altaico si caratterizza per la presenza della specie
arborea Populus diversifolia e Incarvillea potaninii e per gli arbusti saxacel
(Haloxylon ammondendron), nitre (Nitraria sphaerocarpa), efedra (Ephedra
przewalskii), in piccole quantità è presente la Juniperus sabina, la Iljinia
regelii, la Stellaria dichotoma, la Gymnocarpos przewalskii, la Saxifraga
hirculus, la Rhodiola rosea, la Saussurea involucrata, la Tugarinovia
mongolica; endemica e rara la Amygdalus mongolica, la Potaninia
mongolica, la Ammopiptanthus mongolicus, la Cistanche deserticola.
Nella zona di Alashan Gobi cresce la Caragana brachypoda e la
Oxytropis grubovii mentre nel Gobi-Altai e nel Zuungariin Gobi la Cragana
gobica e nel hargiin Gobi la Halimodendron halodendron.
La Peganum harmala cresce nel Trans-Altai Gobi, pure la rarissima
Elaeagnus moorcroftii ha come habitat questa zona, ma le autorità della
Repubblica Popolare di Mongolia hanno predisposto la coltivazione in
laboratori sperimentali per evitare l’estinzione. Rischia l’estinzione anche la
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Olgaea leucophylla ed anche in questo caso sono previste misure per la
reimpiantazione.
Buoni risultati sono stati raggiunti dal Giardino botanico di Ulaanbaatar
nella reintroduzione del Allium altaicum in particolare nella zona del GobiAltai.
In quasi tutta l’area dell’Asia centrale cresce la Cynomorium songaricum,
mentre endemica è la Brachanthemum gobicum e la Jurinea mongolica.
LE ALGHE
Nella provincia di Dornogobi e Omnogobi crescono le alghe
Nematonostoc flagelliforme vengono anche coltivate e utilizzate per uso
alimentare e farmaceutico.
LE PIANTE MEDICINALI DEL DESERTO DI GOBI USATE NELLA
MEDICINA TRADIZIONALE
Molte piante medicinali assumono grande importanza nella medicina
tradizionale unitamente a sostanze di origine animale e minerale, nel Gobi
sono presenti
Abutilon theophrasti
Aconitum barbatum
Adonis sibirica
Agriophyllum pungens
Aleuritopteris argentea
Allium altaicum
Amaranthus retroflexus
Ammopitanthus mongolicus
Amygdalus mongolicus
Androsace septentrionalis
Aquilegia viridiflora
Arabis pendula
Arenaria capillaris
Artemisia annua
Artemisia argyi
Artemisia frigida
Artemisia macrocephala
Malvaceae
Ranunculceae
Ranunculaceae
Chenopodiaceae
Liliaceae
Amaranthaceae
Leguminosae
Rosaceae
Primulaceae
Ranunculaceae
Cruciferae
Caryophyllaceae
Compositae
Compositae
Compositae
Compositae
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Artemisia mongolica
Artemisia ordossica
Artemisia pectinata
Artemisia santolinifolia
Artemisia scoparia
Artemisia sieversiana
Asparagus gobicus
Astragalus mongolicus
Astragalus tibetianus
Atragene sibirica
Berberis sibirica
Calystegia hederacea
Cannabis ruderalis
Caragana tibetica
Caryopteris mongolica
Chiazospermum erectum
Cistanche deserticola
Clematis intricata
Convolvulus arvensis
Corydalis sibirica
Cotoneaster mongolica
Cuscuta chinensis
Cymbaria dahurica
Cynanchum sibiricum
Cynomorium songaricum
Delphinium grandiflorum
Descurania sophia
Dodartia orientalis
Dracocephalum foetidium
Elaeagnus moorckroftii
Ephedra equisetina
Ephedra przewalskii
Ephedra sinica
Equisetum hyemale
Equisetum rammosissimum
Eragrostis pilosa
Eritrichium pauciflorum
Erodium stephanianum
Erysimum cheiranthoides
Erysimum diffusum
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Compositae
Compositae
Compositae
Compositae
Compositae
Compositae
Lilliaceae
Leguminosae
Leguminosae
Ranunculaceae
Berberidaceae
Convolvulaceae
Cannabaceae
Compositae
Verbenaceae
Papaveraceae
Orobanchiaceae
Ranunculaceae
Convolvulaceae
Papaveraceae
Rasaceae
Convolvulaceae
Scrophuliaceae
Asclepiaceae
Cynomoriaceae
Ranunculaceae
Cruciferae
Scrophuliaceae
Labiatae
Elaeagnaceae
Ephedraceae
Ephedraceae
Ephedraceae
Equisetaceae
Equisetaceae
Gramineae
Boraginaceae
Geraniaceae
Cruciferae
Cruciferae
Erysimum flavum
Erysimum hierioifolium
Euphorbia humifusa
Euphorbia lunulata
Euphrasia tatarica
Ferula bungeana
Galium verum
Gentiana algida
Gentiana barbata
Gentiana decumbens
Gentiana squarrosa
Geranium collinum
Geranium pratense
Glycyrrhzia uralensis
Gnaphalium baicalense
Halerpestes sarmentosa
Heracleum dissectum
Heteropappus altaicus
Hibiscus trionum
Hippophae rhamnoides
Hippuris vulgaris
Hyoscysmus niger
Incavillea potaninii
Inula salsoloides
Iris lactea
Isatis tinctoria
Jurinea mongolica
Lagotis altaica
Lappula intermedia
Larix sibirica
Lemna minor
Leontopodium ochroleucum
Leonurus deminutus
Leonurus sibiricus
Lepidium apetalum
Lepisorus clatnratus
Limonium aureum
Linaria buriatica
Lonicera altaica
Malva mauritiana
Cruciferae
Cruciferae
Euphorbiaceae
Euphorbiaceae
Scrophulariaceae
Umbelliferae
Rubiaceae
Gentianaceae
Gentianaceae
Gentianaceae
Gentianaceae
Geraniaceae
Geraniaceae
Leguminosae
Compositae
Ranunculaceae
Umbelliferae
Compositae
Malvaceae
Elaeagnaceae
Hippuridaceae
Solanaseae
Bignoniaceae
Compositae
Iridaceae
Cruciferae
Compositae
Scrophulariaceae
Boraginaceae
Pinaceae
Lemnaceae
Compositae
Labiatae
Labiatae
Cruciferae
Polypodiaceae
Plumbaginaceae
Scrophuliaceae
Caprifoliaceae
Malvaceae
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Melilotus suaveolens
Mentha arvensis
Myricaria alopecuroides
Nepeta sibirica
Nitraria shoberii
Nitraria sibirica
Olgea leucophylla
Orchis salina
Orobanche coerulescens
Orostachys spinosa
Oxyria digyna
Panzeria canescens
Panzeria lanata
Parnassia palustris
Pedicularis resupinata
Peganum harmala
Peganum nigellastrum
Pentaphylloides fruticosa
Physoclaina physaloides
Plantago major
Poa pratensis
Polygala tenuifolia
Polygonum aviculare
Polygonum lapathifolium
Polygonum viviparum
Potentilla anserina
Potentilla bifurca
Primula farinosa
Pugonium dolabratum
Ranunculus scleratus
Rheum undulatum
Rheum compactum
Rhodiola quadrifida
Rhodiola rosea
Ribes nigrum
Rosa acicularis
Rubia cordifolia
Rumex crispus
Salsola collina
Saussurea amara
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Leguminosae
Labiatae
Tamaricaceae
Labiatae
Zygophyllaceae
Zygophyllaceae
Compositae
Orchidaceae
Orobanchaceae
Crassulaceae
Polygonaceae
Labiatae
Labiatae
Saxifragaceae
Scrophuliaceae
Zygophyllaceae
Zygophyllaceae
Rosaceae
Solanaseae
Plantaginaceae
Gramineae
Polygalaceae
Polygonaceae
Polygonaceae
Polygonaceae
Rosaceae
Rosaceae
Primulaceae
Cruciferae
Ranunculaceae
Polygonaceae
Polygonaceae
Crassulaceae
Crassulaceae
Saxifragaceae
Rosaceae
Rubiaceae
Polygonaceae
Chenopodiaceae
Compositae
Saussurea involucrata
Saxifraga hirculus
Schizonepeta multifida
Scirpus hippolytii
Scorzonera divaricata
Scrophularia insica
Sedum aizoon
Setaria glauca
Setaria viridis
Solanum septemlobum
Sonchus arvensis
Sophora alopecuroides
Sphaerophysa salsola
Sphallerocarpus gracilis
Stellaria dichotoma
Tamarix ramosissima
Thalictrum foetidum
Thlaspi arvense
Thymus gobicus
Tribulus terrestris
Trollius asiaticus
Ulmus macrocarpa
Ulmus pumila
Urtica cannabina
Vaccaria segetalis
Veronica anagallis-aquatica
Veronica incana
Xanthhhhhium sibiricum
Youngia stenoma
Compositae
Saxifragaceae
Labiatae
Cyperaceae
Compositae
Scrophuliaceae
Crassulaceae
Gramineae
Gramineae
Solanaseae
Compositae
Leguminosae
Leguminosae
Umbelliferae
Caryophyllaceae
Tamaricaceae
Ranunculaceae
Cruciferae
Labiatae
Zygophyllaceae
Ranunculaceae
Ulmaceae
Ulmaceae
Urticeae
Caryophyllaceae
Scrophuliaceae
Scrophuliaceae
Compositae
Compositae
LA FAUNA ENDEMICA
Il deserto di Gobi è abitato da numerosi animali tra i quali l’unico
cavallo selvatico esistente al mondo: l’equus przewalskii da cui derivano i
piccoli e resistenti cavalli mongoli utilizzati dai nomadi.
Questo cavallo si trovava originariamente nella zona del Zuungariin Gobi
tra le montagne di Tenger e l’Altai mongolo nella zona bagnata dai fiumi
Manas e Urungu.
25
Le condizioni climatiche particolarmente difficili hanno costretto il
cavallo di przewalskii tra il 1920 e il 1930 a migrazioni a nord del Gobi alla
ricerca di pascoli e acqua. La caccia a questo animale è stata proibita già dal
1930 ma il numero si è ridotto anche per la caccia alla quale è sottoposto dai
branchi di lupi. A partire dal 1992 è iniziato un programma per il
reinserimento del Przewalskii con animali nati in cattività provenienti dai
giardini zoologici di Olanda, Ucraina, Svizzera e Australia. Oggi la
popolazione di Przewalskii raggiunge circa 1000 unità.
Nel Gobi è presente anche l’asino selvatico emione o equus hemionus
particolarmente adatto ad un clima secco con scarsa acqua e vegetazione.
Questo animale si ciba prevalentemente di artemisia, anabasis, salsola,
haloxylon e caragana. Come il cavallo anche l’asino selvatico migra in
funzione delle condizioni climatiche. La caccia è proibita dal 1953 e
attualmente è preda solo dei lupi, la popolazione di questo equide si aggira
attorno alle 50.000 unità.
Trovano il loro ambiente naturale nel Gobi anche il cammello habtagai
(Camelus bactrianus ferus), gli argali (Ovis ammon), l’antilope delle steppe
saiga tartarica e la gazzella della Mongolia gazzella gutturosa (Procapra
gutturosa) la capra selvatica (Capra sibirica).
Il cammello selvatico nel 1943 era stimato in 300 unità, nel 1960 in 500
unità, nel 1980 in 700, 1993 in 320 unità anche se la caccia è proibita dal
1930 ma il bracconaggio lo ha portato alla quasi estinzione.
L’antilope delle steppe, presente numerosa nel Zuungariin Gobi si nutre
prevalentemente di stipa, agropyron, caragana, artemisia govica, artemisia
areneria, allium mongolicum, haloxylon ammodendron e kallidium foliatum.
Vive in buon numero grazie anche alla proibizione della caccia datata 1930,
nonostante l’elevata mortalità invernale dovuta a siccità e freddo e alla
caccia a cui è sottoposta da parte dei lupi e dalle aquile numerose nella zona.
L’antilope della mongolia (Saiga tatarica mongolica), si trova in gran
parte del Gobi. Si nutre di anabasis brevifolia, artemisia govica e stipa
glareosa e il suo habitat preferito si trova tra i 1100 e 2200 m di altitudine.
Molto rara, anche se la caccia è stata proibita fin dal 1930 e proseguita
illegalmente a causa del buon sapore della carne. La popolazione oggi
stimata è di 1400 unità.
La gazzella subgutturosa è abbondantemente presente in tutta l’area del
Gobi in circa 60.000 unità e si trova fino 2700 m di altitudine sugli Altai. Si
nutre prevalentemente di stipa, salsola e Haloxylon ammodedron e percorre
il deserto in grandi branchi spesso falcidiati dai treni che percorrono la linea
ferroviaria transmongolica che collega Ulaanbaatar e quindi Mosca e
26
l’Europa a Pechino nonostante la barriera di filo spinato, messa quale
dissuasore per i branchi.
Nelle steppe e sulle montagne trova il suo habitat preferito anche la
pecora selvatica di montagna (Ovis ammon) la cui popolazione è di 40.000
unità. Questo resistente animale, dal quale probabilmente derivano molte
delle razze di pecore di allevamento, si può trovare fino i 2500 m. di
altitudine dove le temperature durante i mesi invernali raggiungono
abitualmente i 40° sotto lo zero. Questa pecora selvatica rappresenta una
fonte insostituibile di carne per il leopardo delle nevi, la lince, il lupo,
l’aquila il cui habitat coincide con quello della pecora.
Dove vive la pecora selvatica troviamo anche l’Ibex (Capra sibirica) un
ungulato che raggiunge le 80.000 unità con le stesse abitudini alimentari
della pecora di montagna e cacciato dagli stessi predatori.
Nelle montagne di Tsagaan Bogd è presente l’orso del Gobi (Ursus
arctos gobiensis )
Purtroppo in via di estinzione, nonostante non venga cacciato dal 1953 , il
numero è in continua diminuzione anche per mancanza d’acqua e di risorse
alimentari dovute al processo di desertificazione presente nel Tsagaan Bogd.
Le rilevazioni effettuate dalle autorità della Repubblica di Mongolia
attestano che nel 1960 gli Orsi di Gobi erano 20, nel 1970, 30 per poi
aumentare nel 1980 a 60 ed infine ridursi solo a 30 esemplari nel 1990 e 25
nel 2006.
Altrettanto precaria è la situazione del maiale selvatico (Sus scrofa
nigripes) ridotto a poche centinaia di unità da una caccia spietata fino al
1970. Nel Gobi è presente nella zona della catena degli Trans-Altai Gobi.
Vivono nel Gobi anche gechi, lucertole e ofidi Tra gli insetti coleotteri e
lepidotteri.
IL PASTORE MONGOLO
Nel Gobi e in altre zone limitrofe vive il cane selvatico asiatico (Cuon
alpinus) il cui numero non è noto in ogni caso è ridottissimo e rischia
l’estinzione causata anche dalla caccia alla quale è stato sottoposto in passato
in quanto predatore delle greggi assieme al lupo e al leopardo delle nevi. Gli
ultimi avvistamenti risalgono al 1969 nella provincia di Omnogobi. Si
ritiene possa ancora trovarsi anche nel Trans-Altai Gobi. La caccia a questo
cane selvatico è stata proibita nel 1973.
In Mongolia vive una particolare razza canina derivante dal cane
selvatico: il Pastore di Mongolia, presente solo nei vasti territori delle steppe
27
e nelle zone frequentate dai nomadi, allevatori di cavalli, cammelli, renne,
yak, pecore e capre del cachemire.
Il pastore di Mongolia, generoso e forte, è un tipico cane da pastore che,
oltre a evitare che animali affidati alla sua custodia si disperdano, protegge il
bestiame dai continui attacchi dei lupi.
Di taglia grossa, quasi sempre di colore nero, si riconosce facilmente per i
cosiddetti “quattro occhi” che gli caratterizzano la testa. Il pastore
Mongolo, pur simile al cugino pastore tibetano Garj, si differenzia
sostanzialmente, costituendo una razza a parte ben conosciuta in Centro Asia
e nei territori confinanti con la Mongolia.
E’ un cane di ossatura grossa e cammina sempre dondolando la sua
morbida e pelosa coda. Mangia tutto quello che i nomadi gli danno e non
ruba nulla. Giorno e notte fa fedelmente la guardia alle macchine, alle tende
e al bestiame. Durante la notte, segnala la presenza estranea abbaiando anche
quando il visitatore è ancora lontano. Il pastore mongolo è pacifico e non
dimostra mai cattivo temperamento sia nei confronti di altri cani che degli
umani, ma se uno straniero cerca di entrare nella tenda interviene in maniera
decisa.
Quando sopraggiunge l’inverno trova rifugio solitamente negli
allevamenti di bestiame. La gente del posto non lo porta mai via perché
conosce la sua lealtà agli animali che ha in custodia e al loro proprietario,
quindi lo nutre per tutto l’inverno e in cambio lui controlla le loro greggi dai
lupi che girano intorno all’insediamento. Il muso sfregiato di ogni pastore
mongolo “che si rispetti” è testimone dei combattimenti che ha sostenuto con
i lupi. Sono stati addomesticati più di 12.000 esemplari ad uso dei nomadi
sia per la caccia che per la protezione della tenda. Al momento i cani
mongoli sono allevati negli aimag di: Hovd, Bayanhongor, Dornogov,
Gov’Altai, Omnogov, Dundgov, Bayan, Ulgi, Ovorhangai, Arhangai e
Zavkhan.
Gli animali hanno solo una o due colorazioni del mantello. Nero con una
macchia bianca sul torace vicino al cuore e beige con macchie sulle parti
superiori delle zampe. Pesano tra i 30 e i 38 Kg. L’attività sessuale di questi
cani si colloca nei mesi di dicembre-febbraio e nascono di media 5-6
cuccioli del peso di 400 grammi ciascuno.
Recenti ricerche hanno evidenziato che il cane domestico fece la sua
comparsa proprio in Asia centrale tra i 12 mila e 13 mila anni fa come
risultato dell’addomesticamento del lupo avvenuto proprio in Mongolia circa
15 mila anni orsono. Pertanto tutte le attuali razze canine sembra derivino
dal lupo mongolo prima e dal cane mongolo poi. Supporterebbe questa tesi
la ricerca sul Dna di cani provenienti dall’Asia, dall’America, dall’Africa e
28
dall’Europa il cui risultato è stato che la maggior parte dei campioni ha
evidenziato alcune similarità . Simili analogie le possiamo riscontrare negli
uomini di molti continenti che sembra provengano tutti dall’Asia centrale.
Nella regione zoogeografica del deserto di Gobi troviamo alcuni animali
endemici tra i quali il ratto canguro (Euchoreutes naso), l’arvicola campestre
(Lasiopodymys branditii) e il topo canguro di Kozlov (Salpingotus kozlovi).
Sono molto diffusi anche l’Allactaga nataliae e sempre tra i roditori
l’Allactaga bullata e il Cardiocranius paradoxus. In grande quantità sono
visibili il criceto della Mongolia (Allocricetulus curtatus) il jird mongolo
(Meriones unguiculatus) e il lemming przewalski ( Eolagurus przewalskii).
In grandi branchi è presente la saiga mongolica (Saiga tatarica)
appartenente alla sottofamiglia delle antilopi. Molto diffusa è anche il citello
dell’Alaska (Citellus alaschanicus) simile alla marmotta.
Il citello vive fino i 3200 m. di altitudine nel Gobi-Altai mentre l’area di
distribuzione del Satunin è molto vasta ed è presente in grandi quantità.
Endemico del Gobi è il ratto canguro (Euchoreutes naso) caratteristico
per le lunghe zampe posteriori e per le grandi orecchie.
Nel Gobi vivono due specie di topo canguro il Salpingotus crassicauda e
il Dipus sagitta e i roditori jird (Meriones meridianus), il jiird tamarisk
(Meriones tamariscinus) e il jird grande (Rhombomys opimus), il lemming
giallo (Eolagurus luteus) e l’arvicola (Microtus lymnophylus).
Tra i predatori del deserto dell’Asia centrale oltre all’orso del Gobi
(Ursus pruinonus) ricordiamo il cane selvatico (Cuon alpinus) e il Vormela
peregusna.
GLI UCCELLI
Il grande deserto è abitato anche da uccelli. La gazza di Henderson
(Podoces hendersonii), ridotta di numero in quanto cacciata per le sue
presunte qualità terapeutiche e vittima dei grandi incendi delle steppe. Il
serrate (Syrrhaptes paradoxus), la monachella del deserto (Oenanthe
deserti), il passero sassifrago (Passer ammodendri), l’otarda ubara
(Chlamidotes undulata), il ciuffolotto del deserto (Bucanetes mongolicus).
Il griffone Himalayano (Gyps himalayensis) è presente nelle montagne
del Gobi in un limitato numero di esemplari non rilevato. Nel Gobi-Altai si
trova in quantità ridotta anche il tetragallo (Tetraogallus altaicus) protetto
dal 1953.
Occasionalmente presente in numero limitato, 200-300 unità, è l’ubara
(Chlamydotis undulata).
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I RETTILI
Anche i rettili sono presenti nel Gobi. Il serpente della steppa
(Psammophie lineolata), il boa (Eryx tataricus), rettile notturno, il slender
(Coluber spinalis) il geco stridente (Alsophylax pipiens), il geco przewalski
(Yeratoscincus przewalskii)1, il geco del Gobi (Cyrtapodion elongatus) che
vive tra le rocce ad una altitudine dai 700 ai 1300 m.
I DINOSAURI NEL GOBI2
Da una ottantina d’anni a questa parte le ricerche paleontologiche in
Mongolia si sono imposte all’attenzione degli esperti e del vasto pubblico.
Ricordiamo le sensazionali scoperte paleontologiche effettuate all’inizio
degli anni Venti nel Gobi, per quei tempi regione remotissima. Vennero
rinvenuti scheletri fossilizzati di antichi animali quali dinosauri, mammiferi,
coccodrilli, tartarughe, lucertole e, ritrovamento considerato il più
suggestivo, uova di dinosauro.
Tali scoperte coronarono le ricerche delle spedizioni in Asia centrale
condotte dall’American Natural History Museum di New York.
I partecipanti riconobbero il merito dell’accademico russo V.A. Obruchev
che nel 1892, agli esordi della sua carriera scientifica, fu il primo studioso a
scoprire dei resti di un animale antico nella Mongolia sudorientale.
Secondo l’eminente geologo austriaco E. Suess si trattava di una specie di
rinoceronte vissuto circa 40 milioni di anni fa.
Alla scoperta dell’antica fauna centroasiatica in territorio mongolico
contribuirono pertanto scienziati di vari paesi, fra i quali F.W. Richthofen
(Germania) che operò in Cina per molti anni e costruì le basi della
stratigrafia e della paleontologia degli invertebrati di questo paese.
I lavori degli scienziati americani aprirono un varco nel mondo
misterioso della storia del Gobi e rappresentarono il primo passo verso
l’ampliamento degli orizzonti della paleontologia centroasiatica.
1
Molti animali e vegetali prendono il nome dal loro scopritore occidentale Nicolas
Mikhailovitch Przewalski ufficiale russo in servizio in Asia centrale nella seconda metà del
ottocento (1879). I mongoli conoscevano questi animali da sempre ma li identificavano con
altri nomi.
2
Contributo del Professor Rinchen Barsbold dell’Accademia delle Scienze della
Mongolia.
30
Ricerche successive portarono alla scoperta di una straordinaria varietà di
vita organica antica nel territorio dell’Asia centrale.
Gli ampi bacini lacustri e i fiumi ricchi d’acqua sono caratteristici del
periodo del cretacico della storia geologica del Gobi (cioè da 130 a 65
milioni di anni fa, il periodo dello sviluppo dei dinosauri).
Dopo la seconda guerra mondiale, il giacimento più importante fu
scoperto dalla spedizione paleontologica dell’Accademia delle Scienze
dell’URSS sotto la supervisione del paleontologo e scrittore I. A. Efremov.
Il termine fino quel momento pressocchè ignoto di “Nemegetu”, che
denota sia la regione del Gobi all’estremità sudoccidentale della Mongolia
che il massimo giacimento euroasiatico di dinosauri, rappresenta oggi
l’agognata meta dei paleontologi di tutto il mondo.
Le scoperte si susseguirono apportando varietà alla tipologia dei
dinosauri centroasiatici. Nessi, a malapena percettibili con fauna affine di
altri continenti si definirono in modo sempre più significativo, fino a
dimostrare specifici collegamenti con il Nord America attraverso l’antico
istmo di Bering che univa i due continenti.
I maggiori progressi nelle ricerche sui dinosauri mongolici si sono
registrati negli ultimi 30 anni, con l’enorme espandersi della varietà dei
ritrovamenti, grazie ai contributi di scienziati prima polacchi poi sovietici.
Furono anni altresì caratterizzati dal sempre più vivo interesse
dell’opinione pubblica gente per la paleontologia, l’antico mondo organico
della terra; interesse forse da porsi in relazione alla crescente attenzione per
la situazione ambientale del nostro pianeta.
La nota, grande estinzione dei dinosauri ben prima della comparsa
dell’uomo potrebbe servirci da monito, rammentandoci la fragilità degli
equilibri nella vita della natura.
La scoperta scientifica dei dinosauri risale a quasi un secolo e mezzo fa,
un lungo periodo che ha permesso di studiare esemplari rinvenuti in Europa
occidentale, America settentrionale, Africa e, da ultimo, Asia centrale.
Questi straordinari animali con la loro ricca varietà comparvero sulla
Terra circa 200 milioni di anni fa. Le varietà più antiche e primitive sono
state rinvenute nei continenti meridionali che un tempo formavano il
supercontinente Gondwana. Una delle più vaste zone a massiccio
popolamento di dinosauri (negli ultimi stadi della loro evoluzione) si situava
nella parte continentale dell’Asia. Il periodo cretacico sopra menzionato
riflette appunto questi stadi.
Prima delle scoperte in Asia centrale lo studio degli stadi finali
dell’evoluzione dei dinosauri condotto sui molteplici reperti nord-americani
non faceva sospettare l’esistenza di qualcosa di più ricco quanto a varietà.
31
Ciononostante, le ricerche paleontologiche in Asia centrale fecero
intravedere subito, anche se in modo un po’ nebuloso, la presenza di gruppi
di dinosauri maggiormente diversificati. Furono necessari il tempo e gli
sforzi di molte grandi spedizioni per mettere a punto il metodo
paleontologico della loro classificazione. All’eccezionale stato di
conservazione delle ossa si deve sovente l’unicità di molti reperti locali che,
rispetto ad altre fonti, forniscono spesso maggiori informazioni su questi
rappresentanti del regno animale, interessanti soprattutto sotto il profilo
biologico. A ciò si aggiunga che i dinosauri mongolici si contraddistinguono
per la particolare ricchezza di forme.
Le ricerche condotte in Mongolia sulla fauna centroasiatica hanno
consentito di aggiungere pagine importanti alla scoperta dell’antico mondo
organico della Terra. L’evoluzione dei dinosauri è uno degli esempi più
entusiasmanti dello sviluppo prolungato di un gruppo caratterizzato da
estrema varietà, vasta distribuzione e assimilazione di un’ampia gamma di
nicchie ecologiche.
Negli annali geologici dell’Asia centrale furono catalogati numerosi
gruppi di dinosauri. I rappresentanti della fase più iniziale di evoluzione
(triassico, circa 200 milioni di anni fa ) sono rari e comunque
prevalentemente nelle zone meridionali di questa regione. Tranne una o due
varietà, i dinosauri dell’Asia centrale sono complessivamente ben
rappresentati dal gruppo mongolico che fornisce il quadro del variegato
mondo di animali terrestri del periodo cretacico, probabilmente il più ricco
di forme e indubbiamente il meglio studiato grazie alla sua lunga storia.
Dei sette tipi principali (sottordini) di dinosauri tradizionalmente
riconosciuti dalla scienza-Palaeopoda (prosauropoda), Sauropoda,
Theropoda, Ornithopoda, Stegosauria, Ankylosauria, Ceratopsia-cinque sono
presenti in Mongolia e sei in tutta l’Asia centrale.
Non sono stati trovati né Paleopodi (o Prosauropodi), appartenenti ai
primissimi periodi d’evoluzione, né i misteriosi Stegosauri, gruppo non ben
studiato (presente in Europa, Nord America, Africa e recentemente scoperto
anche nel Sud Est Asiatico) come del resto i veri “ dinosauri cornuti” assai
diffusi nell’America settentrionale.
Quanto però alle varietà carnivore del Cretaceo, la Mongolia è al primo
posto nel mondo poiché rappresenta quasi tutte le specie note negli altri
continenti oltre ad un intero gruppo trovato solo nel Gobi (comprendente
circa i delle due dozzine di famiglie classificate dagli scienziati). Anche i
gruppi erbivori del periodo cretacico di cui si è detto prima sono ampiamente
rappresentati in Mongolia.
32
Tutto ciò sta a dimostrare che l’estremo picco evolutivo fu toccato dai
dinosauri nella seconda metà del Cretaceo (dai 100 ai 65 milioni di anni fa) e
l’Asia centrale sembra aver offerto condizioni più favorevoli per il loro
insediamento: abbondanza di cibo vegetale e varietà di paesaggi con forte
sviluppo di sistemi d’acqua dolce fornirono numerose nicchie ecologiche che
furono sfruttate dai dinosauri.
La regione offre inoltre buone possibilità di studiare le condizioni di
interramento degli organismi animali. Questo particolare indizio scientifico
sembra suscitare vasto interesse e il termine “tafonomia”- studio delle
condizioni di conservazione di resti organici nelle cronache geologiche della
terra – si è affermato nell’uso scientifico. Oltre a costituire un inestimabile
oggetto paleontologico lo straordinario ritrovamento degli scheletri congiunti
di due dinosauri, un Protoceratops (erbivoro) ed un Velociraptor (carnivoro)
morti durante il combattimento, è anche il miglior esempio di un fenomeno
tafonomico unico. I resti di due analoghi esemplari erano già stati rinvenuti
separatamente in Mongolia, ma a questa emblematica testimonianza di
“predatore-preda” (che illustra lo sviluppo della natura vivente del passato)
si giunse grazie all’incredibile coincidenza dei diversi fattori che seguirono
la loro morte.
Paradossalmente la tafonomia, come sostiene I. A. Efremov, nega
sostanzialmente ogni relazione viva fra gli esseri viventi ritrovati
simultaneamente in una porzione di terreno, né l’interpretazione
monosemantica di questo ritrovamento avrebbe messo in discussione questo
assunto.
Afferrata la testa della preda con gli artigli acuminati delle zampe
anteriori, il predatore le squarciò ventre e torace con le zampe posteriori
armate al secondo dito di un enorme artiglio. La funzione di questo artiglio
era già stata dettagliatamente studiata da J. H. Ostrom (USA) sulla base del
predatore americano definito Deinonychus, che significa “avente artigli
spaventosi”. Il ritrovamento in Mongolia ha sostanziato la sua tesi,
illustrando il modo in cui l’attaccante usava i suoi artigli rapaci. Resta però
l’enigma del perché il combattimento finì in una patta fatale a entrambe i
nemici.
Tra le varie supposizioni ve n’è una che sembra avere maggiore
plausibilità. Il predatore, giovane e inesperto, o per qualche ragione
indebolito, conficcò troppo a fondo gli artigli nell’epidermide della vittima
che cercò di trovare salvezza in un lago o palude. Qui entrambi furono
rapidamente inghiottiti dal limo e dai sedimenti sabbiosi del bacino idrico
dove, 80 milioni di anni più tardi, sarebbero stati riportati alla luce dai
33
paleontologi. Si tratta sicuramente della scena più eloquente della vita degli
animali estinti di tutta la storia scientifica.
E’ assiomatico che i mastodontici dinosauri predatori avessero zampe
anteriori molto corte, come i Tarbosauri mongolici e i loro stretti parenti
nordamericani, i Tirannosauri.
Il tipico aspetto conferito dagli arti anteriori così minuscoli da scomparire
sul tronco sormontato dal cranio massiccio con dentatura enorme, si presta
alla scherzosa definizione di “bocca direttamente attaccata alle zampe
anteriori” data da un paleontologo.
Raggiungevano i 4/5 metri di altezza e i 10/12 metri di lunghezza. Questi
giganteschi predatori potevano essere saprofagi, benchè questa supposizione
contraddica la consolidata immagine di aggressori associata agli enormi
dinosauri predatori. Tuttavia la struttura del cranio con ridotta mobilità di un
certo numero di ossa, le deboli giunture fra le sezioni anteriore e posteriore
della mandibola e la notevole riduzione delle zampe anteriori che non
arrivavano alla bocca, mostrano che i Tarbosauri e tutto il gruppo dei
Tirannosauri sviluppati nell’America settentrionale avevano limitate
possibilità di attacco.
I Tarbosauri si nutrivano esclusivamente di carogne; non sapevano
cacciare animali vivi, né tanto meno aggredire prede di grosse dimensioni,
anche se è questa l’idea corrente sui dinosauri. È assai probabile che ne
Cretaceo non vi fosse penuria di carogne. Gli enormi e pesanti Sauropodi
costituivano un cibo ideale per i predatori che assolvevano e
contemporaneamente svolgevano, in quei giorni remoti, una funzione
sanitaria di spazzini.
In Mongolia è venuto alla luce un interessantissimo nuovo gruppo di
dinosauri predatori muniti di arti anteriori giganteschi. Comprende il
Therizinosaurus e il Deinocheirus (quest’ultimo significa “avere spaventose
zampe anteriori”), dei quali finora però non si hanno molti reperti oltre alle
ossa degli arti inferiori.
Le zampe anteriori dei Deinocheirus raggiungevano i 3 metri di
lunghezza e fra questi il Therizinosaurus si distingueva per gli enormi artigli,
i più grandi di ogni altro animale vissuto sulla terra. Lunghi 60 centimetri,
molto larghi, schiacciati ai lati e un po’ ricurvi, ricordano una spada o la
lama di una falce. Letteralmente Therizinosaurus significa “Sauro falcia
erba”.
Non si sa quale fosse l’uso di simili artigli anche se ovviamente non
servivano a tagliare l’erba. Quantunque inizialmente fossero stati
erroneamente messi in relazione con le gigantesche Tartarughe di mare del
Cretaceo, e quindi classificati come “Sauri simili a tartarughe”, queste specie
34
di dinosauri dagli enormi artigli furono inequivocabilmente incluse nel
gruppo dei predatori solo 25 anni più tardi, in concomitanza con il recente
reperimento di nuovo e più ampio materiale. Secondo A. K. Rozhdestvensky
(URSS) i dinosauri “dalle spaventose zampe anteriori” potevano nutrirsi di
termiti i cui nidi facevano a pezzi con i colossali artigli.
Le zampe del Therizinosaurus però avevano anche muscoli e
articolazioni ben sviluppati che consentivano movimenti vigorosi, come
menare fendenti e lacerare rivestimenti e tessuti delle vittime. Non
scarseggiavano certo i giganteschi dinosauri erbivori, pesanti dozzine di
tonnellate.
Se dunque i predatori con le zampe anteriori striminzite si nutrivano dei
loro resti in decomposizione, i Therizinosaurus dotati com’erano di
terrificanti mezzi offensivi cercavano prede da aggredire.
Le cose avrebbero potuto anche andare diversamente però, dato che sulla
vita dei dinosauri rimangono ancora troppi aspetti oscuri. Ancor più
stupefacente è stata la recente scoperta di un Oviraptor con scheletro e
cranio quasi completi avvenuta a mezzo secolo di distanza dal primo
ritrovamento di un analogo esemplare non altrettanto ben conservato.
Questo interessante esemplare è munito di mandibola priva di denti e di
un becco massiccio simile a quello dei pappagalli giganti. La testa è munita
di un elemento che ricorda una cresta ossea e l’ampio petto, come quello
dello struzzo, si collega alla spalla mediante clavicola che, come negli
uccelli, è arcuata e saldata.
Grazie a tali peculiari caratteristiche l’Oviraptor era un dinosauro
predatore alquanto diverso dai suoi consimili e, per struttura scheletrica, più
simile agli uccelli.
Recentemente G. Ostrom ha evidenziato in modo convincente l’affinità
dei dinosauri con l’Archaeopteryx, il cui scheletro era praticamente identico
a quello del dinosauro. L’Oviraptor ha dimostrato per la prima volta
inequivocabilmente che molti tratti distintivi degli uccelli si sono formati
inizialmente dei dinosauri predatori.
Si tratta di un fatto essenziale a favore della teoria secondo cui gli uccelli
presero origine dai dinosauri predatori.
Il nome completo di questo dinosauro significa “mangiatore di uova di
dinosauri cornuti”. La sua attribuzione al gruppo dei predatori, la mandibola
senza denti ed il ritrovamento dei suoi resti su nidiate di uova di Protoceratos
(“falsi” dinosauri cornuti, ossia privi di corna, dell’Asia Centrale) si deve a
H. Osborn (USA).
Studi successivi condotti sulla base di materiali ben conservati hanno
mostrato che la mandibola priva di denti degli Oviraptor era però
35
potentissima, il che farebbe supporre un’alimentazione a base di molluschi
d’acqua dolce a conchiglia dura di cui i bacini acquiferi del tardo Cretaceo
abbondavano o, comunque, di cibo più consistente delle uova con il loro
guscio sottile.
Se l’Oviraptor non è stato rinvenuto oltre i confini del paese, e per questo
viene considerato endemico della Mongolia, altri predatori senza denti, i
cosiddetti dinosauri-struzzo, erano diffusi tanto in Asia Centrale che nel
Nord America.
Forniti di collo lungo, testa piccola, becco corneo e arti posteriori
allungati, questi dinosauri avrebbero potuto ricordare davvero gli struzzi se
non fosse stato per la lunga coda che ne bilanciava il corpo durante i
movimenti rapidi.
Si suppone che vivessero in vaste zone aperte, nutrendosi di minuscoli
animali terrestri ed acquatici ma anche di vegetali. I reperti mostrano
l’esistenza dell’istmo di Bering facente da ponte fra Asia e America
settentrionale, lungo il quale potevano spostarsi animali di terra presenti nei
due continenti.
I dinosauri-struzzo costituiscono praticamente l’unico gruppo fra le
varietà dei dinosauri predatori la cui evoluzione si sia potuta osservare
chiaramente.
Un caso estremamente interessante è quello di un rappresentante del
gruppo dei dentati, ritrovato nel Gobi, l’Harpymimus (come è noto gli
Ornitomimosauri sono predatori sdentati bicontinentali, presenti cioè sia in
Asia centrale che in Nord America). Prima di questo ritrovamento non si
conoscevano i loro stadi più primitivi. Sempre nel Gobi furono scoperti resti
di Garudimimus con il primo dito del piede (fino a quel momento si riteneva
che il gruppo l’avesse perduto) e infine un Garudimimus aveva conservato
un piccolo residuo dentale nella parte anteriore della mandibola.
È stato quindi possibile tracciare la linea filogenetica che va
dall’Harpymimus (scoperto nel Cretaceo inferiore, il che significa che fu il
primo ad apparire in Asia attraverso il Garudimimus – tardo Cretaceo) al
Gallimimus (tardo Cretaceo, considerato più vicino alle forme americane).
Supponendo che un misterioso Elaphrosaurus dell’America
Settentrionale sia stato il più primitivo rappresentante di tutti i gruppi, non
sarà difficile delineare un’ipotesi sulla loro evoluzione. Probabilmente
vissero inizialmente nell’Africa del nord, si spostarono quindi in Asia
centrale e – solo in un secondo tempo – si portarono in America attraverso
Bering, dove si sono ritrovati solo Ornitomimidi molto ‘progrediti’.
La storia dell’evoluzione del gruppo fu senza dubbio assai complicata
ma, nonostante le disorientanti connessioni intercontinentali, i contorni
36
essenziali di un quadro definito sono comunque emersi. Le scoperte
mongoliche hanno dunque reso possibile delineare gli stadi principali dello
sviluppo di questo gruppo estremamente specifico.
Anche la scoperta dei Segnosauri è stata una grande sorpresa per i
paleontologi. Ritrovato solo in Mongolia, questo gruppo di dinosauri
predatori è alquanto deviante rispetto ai tipi ‘standard’. Avevano mascelle
deboli con escrescenze cornee e ‘molari’ tipici delle specie erbivore. Le
zampe posteriori avevano una struttura da uccello, tratto decisamente
estraneo ai predatori.
Il palato del Segnosaurus derivò evidentemente dal cosiddetto palato
paleognato degli uccelli non atti al volo che è diverso da quello degli altri
uccelli. Si notano importanti cambiamenti nella struttura pelvica che, come è
noto, costituisce la ragione fondamentale per cui i dinosauri si dividono in
due grandi gruppi tassonomici dei Saurischi e degli Ornitischi, a seconda che
abbiano il ‘bacino di rettile’ o il ‘bacino di uccello’.
Nel cinto pelvico del Segnosauro sono compresenti gli elementi di
entrambi i tipi, con in più elementi nuovi mai riscontrati in precedenza.
È difficile immaginare la configurazione dell’ambiente in cui vivevano
queste strane creature. Forse avevano un comportamento anfibio e si
nutrivano di pesce, anche se naturalmente si tratta di una fra le varie ipotesi
avanzate.
Ci si è soffermati in maggior dettaglio sui dinosauri predatori perché si
sono rilevate forme più varie del previsto e hanno offerto spunti di dibattito
con il susseguirsi di sempre nuove e inattese ipotesi.
Va però detto che il gruppo erbivoro dei dinosauri centroasiatici è
ampiamente rappresentato da forme assai interessanti fra cui, per esempio, il
gigantesco Opistocelicaudia, termine difficilmente pronunciabile con cui si
denota un Sauropode mongolico lungo quasi 20 metri. Alla summenzionata
‘famiglia’ appartiene anche un altro gigante, il Nemegtosauro che immortala
il nome della Valle di Nemegt. Il primo è rappresentato dallo scheletro privo
di cranio e il secondo dal cranio, privo però sia del tronco che degli arti.
Collo e coda lunghi uniti ad un corpo massiccio sono tratti tipici dei noti
Sauropodi, i giganti fra i dinosauri. Questi avevano la testa
sproporzionatamente piccola e un sistema dentario piuttosto debole. Secondo
un’analisi al computer realizzata sulla base dei dati degli esemplari
nordamericani e africani, i più grandi potevano raggiungere le 50 tonnellate
di peso. Ovviamente era troppo per degli animali terrestri.
Espressive
raffigurazioni
di
Sauropodi
galoppanti
uscite
dall’immaginazione di R.T. Bakker (USA), paleontologo americano dotato
di grande talento artistico, sono di recente apparse sulla stampa. A mio
37
avviso si tratta solo di un’opera della fantasia. Il corpo gigantesco del
Sauropode doveva costituire una protezione efficiente dai nemici, dato che
non si è riscontrato altro mezzo di difesa e di attacco.
Nella maggior parte dei casi i denti stretti e radi sembrano non prestarsi
all’intenso lavoro di masticazione di cibi duri e coriacei. Pare che i
Sauropodi, varianti mongoliche comprese, vivessero in grandi specchi
d’acqua e, alla stregua degli odierni ippopotami, si cibassero di vegetazione
acquatica tenera.
Meritevoli di nota sono gli ultimi ritrovamenti di Saikhania, dinosauri
corazzati che prendono il nome dalla catena montuosa Gobi-Saikhan
(traducibile come ‘Monti Belli’).
Nei dinosauri corazzati i ricercatori vedono il ramo più deviante che quasi
supera l’ambito della famiglia dei dinosauri. Uno di essi fu scoperto con le
placche ossee correttamente disposte sullo scheletro a formare una corazza.
Si trattava di placche di materiale osseo poroso e rivestito di membrana
cornea, a forma circolare o ellittica e con un’altra cresta.
Le placche più grandi ricordano larghe sporgenze rastremate verso l’alto,
simili a denti, situate simmetricamente in zone diverse del corpo a formare
un intrico di linee.
La coda dei dinosauri corazzati somigliava ad un’antica mazza chiodata.
Possenti tendini ossificati del diametro di un dito si intrecciavano attorno
alle ultime vertebre (caudali) e terminavano con un poderoso osso del
diametro di una metro coperto da rivestimento corneo con grossi aculei. È
molto probabile che i Saikhania si difendessero oltre che con la corazza
anche con questa ‘mazza’, sicuramente usata come potente arma contro i
giganteschi predatori.
Sul ruolo della corazza esistono però anche altre interpretazioni. Si pensa
ad esempio che servisse come dispositivo termoregolatore, in virtù del quale
l’animale non aveva che da ritirarsi all’ombra o esporsi al sole.
L’osso in sé era inerte al calore, ma la struttura porosa e il rivestimento
corneo delle placche attesta l’abbondante irrorazione dei vasi sanguigni con
funzione termoregolatrice. A questo proposito desidero anticipare che le
questioni riguardanti la fisiologia dei dinosauri e la loro supposta relazione
con gli uccelli – la cui discussione è estremamente attuale – sembra dare
impulso all’ipotesi, condivisa dall’autore, che talune specie, molto
probabilmente predatrici, avessero circolazione a sangue caldo.
Ho già fatto menzione dei Protoceratops appartenenti ai dinosauri cornuti
“privi di corna”.
38
Si trattava di Sauri di modeste dimensioni (fino a due, raramente tre metri
di lunghezza) che avevano strutture tipiche del vasto gruppo dei Ceratopsidi
vissuti alla fine del Cretaceo nell’America settentrionale.
In Asia, però, non esistevano “veri” dinosauri cornuti. I Protoceratos
infatti non possedevano corna ma solo una sporgenza cornea sull’osso del
naso. Erano probabilmente anfibi e vivevano di solito lungo le rive dei laghi.
Dozzine dei loro scheletri sono state dissotterrate nella regione di
Tugrigiin, nel Gobi. La posizione in cui furono rinvenuti, poggiati sulle
quattro zampe molto ravvicinate al tronco, dimostra che rimanevano
impantanati nelle zone paludose ai bordi dei laghi.
È questa, infatti, la tipica posizione degli animali intrappolati in un
terreno paludoso; dopo la morte, nella stagione secca, i tendini si
contraevano e gli arti si rattrappivano a ridosso del tronco.
Mi soffermo su questi dinosauri per più ragioni.
In primo luogo se ne trovano spesso nel Gobi. Negli anni ’20, per
esempio, una spedizione americana rinvenne decine di esemplari, dai piccoli
appena usciti dall’uovo fino agli adulti.
Secondariamente, uno dei due dinosauri congiunti in combattimento di
cui si è detto sopra, era un Proceratops.
Per finire, alcuni scheletri di questi dinosauri mostrano che, circa 75
milioni di anni fa essi potevano rimanere imprigionati vivi in postura
quadrupede dai terreni paludosi, offrendoci così una documentazione
perfetta della loro architettura corporea. È anche opportuno notare che fin
dagli anni ’20 ricercatori americani dimostrarono che alcuni tipi di uova
trovate in grandi nidiate appartenevano a questa specie.
In altre parole i Protoceratops forniscono molte informazioni sul loro
tipo di vita, ambiente, condizioni di interramento, stadi di crescita compresi
quelli giovanili, il che è avvenimento insolito per quanto riguarda i
dinosauri. Riprendendo il titolo del famoso libro di E. Seton-Thompson, li si
potrebbe davvero definire “animali eroici”.
Fra gli altri ritrovamenti eccezionali vanno ricordati gli scheletri neonati
dei già citati dinosauri erbivori, Protoceratops e Hadrosaurus, appena usciti
dall’uovo.
I minuscoli scheletri di Protoceratops, lunghi 12-14 centimetri, scoperti
in Mongolia sono stati i primi nella storia della scienza.
Curioso inoltre il caso degli 8-10 piccoli Hadrosaurus tutti seppelliti
insieme. Erano lunghi 30-35 centimetri, e anche meno a giudicare da alcune
ossa separate. La morte collettiva fa supporre che fosse avvenuta durante il
letargo. Si tratta però di un’ipotesi indimostrabile. Più probabilmente i
39
piccoli morirono nel nido appena usciti dall’uovo o in seguito a circostanze
sfavorevoli che colsero la covata.
Ma al di là della ragione della loro morte, questi reperti attestano la
tendenza alla cova connaturata a certi dinosauri e, in questo caso specifico,
anche qualche elemento di cura parentale prestata alla prole dei primi periodi
di vita.
Tale conclusione è avvalorata da simili ritrovamenti, per quanto rari, in
altre zone del globo. Come il recente dissotterramento negli USA di piccoli
di Hadrosaurus di dimensioni leggermente superiori a quelli mongolici.
La scoperta di nidiate di uova fossili ha dato adito a numerose ipotesi
interessanti e impreviste. Fra quelle rinvenute in Asia centrale, ma
soprattutto nel Gobi, si contano 12-15 tipi di uova che si differenziano per
forma, misura, struttura del guscio e posizione. Alcune appartengono a
dinosauri, altri a coccodrilli, tartarughe, Sauri e probabilmente anche ad
uccelli. L’esatta identificazione risulta tuttavia ancora difficile.
Sono state trovate per la prima volta anche uova deposte a coppie,
disposte radialmente a formare svariati cerchi (in tutto 10-12 coppie e anche
più). Ciò significa che le femmine dinosauro effettuavano la deposizione
delle uova con movimenti alquanto elaborati, a differenza degli odierni
ovipari.
Ed è proprio il fenomeno della deposizione delle uova in coppia,
assolutamente estraneo a rettili e uccelli dei giorni nostri, a suscitare il
maggior interesse.
Come si è detto, le nidiate sono state attribuite ai Proceratops, numerosi
scheletri dei quali sono stati ritrovati in quei grandi strati. Non si dispone
ancora però di prove più dirette. Le coppie di ghiandole sessuali dei rettili e
degli uccelli moderni hanno spesso sviluppo disuguale (gli uccelli hanno
ovaie ridottissime).
Probabilmente i dinosauri avevano organi per la cova sviluppati
simmetricamente, il che si spiegherebbe con le dimensioni piuttosto ridotte
delle uova rispetto al corpo. Le dimensioni ridotte delle gonadi degli uccelli
vengono solitamente spiegate con la misura delle uova, sensibilmente più
grandi, in proporzione, di quelle dei dinosauri.
I resti di dinosauri scoperti nella zona centrale del continente asiatico
consentono dunque di esaminare una serie di questioni interessanti,
comprese quelle divenute sempre più tipiche per le carie branche delle
scienze naturali e lo stato dell’ambiente nei tempi antichi come. Per esempio,
lo studio di animali scomparsi, eccetera.
Ciò in molti casi è facilitato oltre che dalla varietà dei gruppi, dal buon
livello di conservazione delle ossa.
40
Un’ultima osservazione su quella che è la principale questione ancora
aperta sull’argomento, ossia se i dinosauri fossero animali a sangue freddo,
come i rettili, o a sangue caldo, come uccelli e mammiferi. Il fatto è che i
dinosauri si differenziavano non solo per struttura, come risulta chiaramente
dalle varietà mongoliche, ma anche a livello fisiologico. Il che riguarda in
modo particolare i predatori fra cui vi erano specie con alti livelli metabolici.
Indirettamente forse, la varietà ecologica dei dinosauri fornisce un
argomento formidabile a supporto di una loro differenziazione fisiologica.
ALLA RICERCA DI DINOSAURI NEL DESERTO DI GOBI (1921-1991)3
Primi incontri nelle steppe dell’Asia centrale
Il primo contattato tra l’Occidente ed il centro dell’Asia, in particolare la
Mongolia, risale al XIII secolo. Gengis Khan muore nel 1227 e suo figlio
Ogodei comandava le truppe che raggiunsero l’Europa fino alla costa
dalmata sull’Adriatico, vale a dire quasi fino a Venezia.
Per prendere contatto con i Mongoli e per tentare di trovare il reame del
Prete Gianni, reame mitico che veniva situato nel cuore dell’Asia, il Papa nel
1245 mandò presso i principi mongoli le prime ambasciate cristiane che
percorsero il suolo dell’Asia centrale: il Frate Giovanni da Pian del Carpine,
originario dell’Umbria, doveva da Lione inoltrarsi nell’immensità
praticamente sconosciuta delle steppe della Mongolia. Egli fu seguito nel
1252 dal francescano fiammingo Guillamme de Rubrouck.
L’esito di questi viaggi permise di far conoscere all’Occidente le vie
tradizionali degli scambi commerciali con l’Asia, in special modo la via
della seta.
Attraverso le grandi oasi del Turkestan l’un e l’altro raggiunsero
Karakorum. I loro racconti esprimono la straordinaria impressione che
provarono davanti a questi territori sterminati: che cos’è la steppa? “Un
vasto deserto di trenta giornate di distesa verso Nord, senza montagne, senza
rocce, ma solo erba in abbondanza”; “il deserto è esteso come un mare”, ma
Rubrouck apprezza il latte fermentato di giumenta che paragona al “vinello
di champagne”. Rubrouck fu grandemente sorpreso nello scoprire nel 1254 a
Karakorum una moltitudine di Mongoli, Russi, Georgiani, Armeni, e un
certo Guillame Boucher nato a Parigi orafo ufficiale del Khan, catturati o
3
A cura di Philippe Taquet.
41
rapiti dai Mongoli e trattenuti nel cuore della Mongolia. Bisogna attendere il
1295 col ritorno di un Veneziano travestito da Tartaro, che nel 1271 lasciò
Venezia all’età di diciassette anni, per conoscere meglio l’Asia. Marco Polo
incanterà, sorprenderà, affascinerà gli Occidentali con i racconti dei suoi
viaggi nel Libro delle meraviglie. Il suo viaggio fino a Pechino via terra
attraverso il Nord del Tibet, ed il suo ritorno via mare in compagnia di una
principessa mongola, descrivono fatti nuovi e strani che impressionarono il
mondo occidentale.
Tutti questi viaggiatori, fra i quali un gran numero di Veneziani,
arriccihirono la cartografia alla fine del Medioevo, e nel 1459 il
monumentale planisfero circolare di Fra’ Mauro (conservato nella Biblioteca
di San Marco) riporta il risultato dei racconti di Marco Polo. Poi, carestie e
insurrezioni precluderanno la via dell’Asia fino al XVI secolo.
Un’altra via fu aperta verso la Mongolia dai Cosacchi, attraverso i bacini
dei grandi fiumi siberiani, punteggiata da stazioni di posta russe, fino al
Lago Baikal. Il russo Nicolas Mikalovitch Prjewalsky (1839-1888) fu uno
dei grandi esploratori dell’Asia. Egli realizzò il suo primo viaggio nel 1871,
attraversò il deserto del Gobi, e dopo aver raggiunto il Nord-Est della
Mongolia, si recò a Pechino. Quattro viaggi gli permisero di esplorare
numerose catene montuose dell’Asia centrale in compagnia di una guida
mongola, Tchouton-Dzamba.
Prjewalsky disegnerà numerose carte e porterà a San Pietroburgo varie
campionature della flora e della fauna raccolte nel corso del suo itinerario;
descriverà anche il cavallo selvaggio mongolo che oggi porta il suo nome:
cavallo di Prjewalsky.
Le ricerche paleontologiche in Mongolia
All’inizio di questo secolo il grande paleontologo Henry Fairfield
Osborne, responsabile dello studio dei mammiferi fossili al Museo di Storia
Naturale di New York, ipotizzò che l’Asia Centrale potesse rivelare l’origine
dell’uomo e di un certo numero di gruppi di mammiferi. Questa idea fu
ripresa da William Diller Matthew che sviluppò l’ipotesi con un’opera sul
clima e l’evoluzione, e da Roy Chapman Andrews anch’egli collaboratore
del museo newyorkese.
La spedizione ebbe inizio nella primavera del 1922; vi parteciparono 26
persone fra cui un paleontologo esperto, Walter Granger, che aveva avuto
l’opportunità di seguire sei campagne di scavo nei famosi giacimenti di
dinosauri del Wyoming.
Il problema principale era quello di scoprire la storia geologica e
paleontologica dell’Asia centrale e di verificare se questa regione potesse
42
essere o meno la culla dei numerosi gruppi di mammiferi, compreso l’Uomo;
si trattava di ricostruire il clima del passato, la vegetazione e le condizioni
esterne legate in particolare all’evoluzione dell’Uomo. Era dunque
necessario riunire in Asia centrale specialisti altamente qualificati. Era in
effetti la prima spedizione di tale portata che usava questi metodi. La storia
paleontologica dell’Asia centrale era completamente sconosciuta. In Cina
denti e ossa fossili erano venduti da lungo tempo nelle farmacie come
medicine e solo alcuni erano stati studiati da scienziati inglesi e tedeschi.
L’unico vertebrato fossile conosciuto proveniente dall’altopiano centrale
asiatico era rappresentato da un solo dente di rinoceronte scoperto
dall’esploratore russo Obruchev fra il 1984 e il 1986.
La Mongolia è isolata nel cuore di un continente. Non c’è un solo
chilometro di ferrovia (e tale era la situazione nel 1921) in questo Paese
esteso quanto l’Europa occidentale. Il clima è estremamente rigido, la
temperatura può scendere fino a –40 o –50 gradi e l’altopiano è spazzato dai
venti gelidi dell’Artico.
Le ricerche paleontologiche possono svolgersi solamente dall’inizio di
aprile ad ottobre.
“Nel Deserto del Gobi, che occupa gran parte della Mongolia, i viveri e
l’acqua sono rari e la regione è così inospitale che è scarsamente popolata Le difficoltà fisiche possono essere superate con qualche mezzo di trasporto
veloce, fra cui l’automobile, che può essere utilizzata con successo perché
può percorrere il deserto velocemente, quando scompare la neve, con tappe
giornaliere di cento miglia, penetrare nelle regioni più remote della
Mongolia e rientrare quando il freddo rende il lavoro impossibile. I cammelli
utilizzati un tempo dagli esploratori percorrevano solo dieci miglia al giorno.
Di conseguenza un lavoro di dieci anni può, grazie all’automobile, essere
terminato in una stagione.
In appoggio alla missione motorizzata partiva, parecchi mesi prima, una
carovana di cammelli che trasportava viveri e benzina. La spedizione del
1925 comprendeva 125 cammelli che portavano 4000 galloni di benzina, 100
galloni d’olio, 3 tonnellate di farina, 1.5 tonnellate di riso e altri viveri in
proporzione. La carovana lasciava benzina ed approvvigionamenti in due
depositi ed aspettava vicino ad un pozzo sito a 800 miglia nel cuore del
deserto” (Andrews 1929).
La spedizione americana del 1921, proveniente dalla Cina e diretta a Ulan
Bator, scopriva giacimenti non di uomini fossili ma... di dinosauri. Furono
effettuati velocemente alcuni prelievi, poi la spedizione raggiunse la capitale
della Mongolia per scendere poi ad Ovest verso la Cina, attraverso il Gobi.
Nel corso di questo viaggio di rientro, la spedizione si fermò ai piedi di
43
magnifiche falesie di arenaria rossa chiamate Bajan Dzag, che si infiammano
letteralmente ad ogni tramonto; da qui la denominazione di Flaming Cliffs
data dagli americani. In questa zona furono rinvenute ossa e uova che i
ricercatori classificarono inizialmente come uova di uccello.
Una nuova missione fu organizzata nel 1923 e regolari scavi furono
intrapresi a Iren Dabasu e a Bajan Dzag che permisero il prelievo di notevoli
scheletri di un dinosauro nuovo per la scienza, un dinosauro cornuto,
primitivo che fu chiamato Protoceratops andrewsi in onore del capospedizione Andrews.
Per la prima volta furono anche raccolti campioni rappresentanti le
diverse fasi della crescita insieme ad ossa raggruppate nei nidi, ossa che
furono attribuite da Granger e dai suoi collaboratori al piccolo dinosauro
Protoceratops.
Un’ulteriore spedizione verrà ad arricchire queste spettacolari scoperte
che ebbero grande risonanza e che oggi sono esposte nel Museo di Storia
Naturale di New York.
Da questa data il deserto del Gobi divenne un luogo fondamentale per la
paleontologia dei dinosauri. Nel 1932 vennero pubblicati i risultati riportati
dalle spedizioni americane in questa parte dell’Asia.
I paleontologi russi ripresero l’iniziativa dopo il 1945. Dal 1946 al 1949
una serie di spedizioni importantissime fu organizzata dall’Accademia delle
Scienze dell’URSS con numerosi mezzi di trasporto composti da camion e
da veicoli leggeri fuoristrada.
Tali missioni scientifiche vennero promosse dall’Accademico delle
Scienze Juri Orlov e vi parteciparono eminenti studiosi fra cui I. Efremov
(eccellente scrittore di fantascienza; fra le sue opere La strada dei venti del
1956), e A. Rozhdestvensky che ha narrato in uno spiritosissimo libro la sua
caccia ai dinosauri nel Deserto del Gobi (1960).
Nel corso di queste spedizioni, coronate da grandi successi, avvennero
straordinarie scoperte nella parte più occidentale del deserto dei Gobi. I
paleontologi russi raccolsero uova e scheletri di Protoceratops Bajan Dzag e
campioni di un nuovo tipo di dinosauro corazzato, il Syrmosaurus. Ma le
scoperte più interessanti avvennero molto più ad Occidente, nella valle di
Nemegt dove furono portati alla luce scheletri completi di un grande
dinosauro carnivoro, molto simile al Tirannosauro americano, che fu
battezzato Tarbosaurus.
Furono estratti anche grandi dinosauri Hadrosaurus (a becco d’anatra); si
trattava d una specie del genere Saurolophus che si conosce anche nel Nord
America.
44
A questi ritrovamenti clamorosi si aggiunsero numerosi scheletri di altri
dinosauri, come i dinosauri-struzzi, gli Ornitomimidi. Centoventi tonnellate
di nuovo materiale contenute in 460 casse, fra cui 10 scheletri completi
dinosauri carnivori e di Adrosauri, furono raccolte e caricate sulla
Transiberiana ad Ulan Bator.
Dal 1952 ad oggi i colleghi russi hanno pubblicato numerose note e
monografie in cui viene descritta la straordinaria fauna del Gobi.
Rozhdestvensky, Shuvalov, Tumanova, Maleev, Kurzanov hanno fatto così
conoscere numerosi nuovi dinosauri: dopo il Tarbosauro, l’Ornitomimide
Avimimus, il Therizinosaurus, gli Ankylosauri: Maleevus, Talarurus,
Schanosaurus, mentre i loro omologhi mongoli R. Barsbold e A. Perle
descrivevano gli Ornitomimidi Harpymimus, Garudimimus, Adasaurus,
Anserimimus, Ingenia, il mangiatore d’uova, e la strana famiglia dei
Segnosauri con il genere Segnosaurus ed Enigmosaurus.
A queste importanti missioni seguirono quelle di altri cacciatori di fossili
dal 1963 al 1971; una serie di spedizioni fu organizzata in Mongolia
dall’Istituto di Paleozoologia dell’Accademia polacca delle Scienze, allo
scopo di ricercare mammiferi mesozoici negli strati del Cretaceo superiore di
Bajan Dzag, grazie all’iniziativa di Roman Kozlowski.
Queste missioni si svolsero in stretta collaborazione con l’Accademia
delle Scienze della Mongolia; ad esse, in particolare quelle del 1964 e 1965 e
successive, presero parte molte studiose polacche: Zofia Kielan-Jaworowska,
Terresa Maryanska e Haliska Osmolska; il geologo Ruszard Gradzinski e, da
parte locale, Rinchen Barsbold e D. Dasheveg.
Durante questi tre anni i membri della spedizione polacco-mongola
raccolsero un’imponente collezione di dinosauri e mammiferi, in totale 35
tonnellate di materiale e, a Bajan Dzag, una notevole campionatura di
mammiferi insettivori e multitubercolati.
Abbiamo uno scheletro quasi completo di un Sauropode ad Altan Ula, nel
Bacino di Nemegt, ed il cranio di un altro Sauropode, pure a Nemegt
(Nemegtosaurus); due scheletri completi d’Ornitomimide a Tsagan Kushu,
nel Bacino di Nemegt; parecchi dinosauri corazzati dal bellissimo cranio di
Pinacosaurus grangeri a Bajan Dzag; gli arti anteriori giganti (m 2,50) del
Deinocheirus mirificus ad Altan Ula, nel Bacino di Nemegt; sei scheletri più
o meno completi del grande dinosauro carnivoro Tarbosaurus bataar; tre
crani di lucertole e due crani di coccodrilli.
Poi nel 1967, 1968, 1969 tre altre spedizioni concentrarono i loro sforzi
sulla ricerca a Bajan Dzag di resti di mammiferi e piccoli rettili; furono così
portati alla luce venti mammiferi e venti lucertole.
45
Nel 1970 una nuova missione nella valle di Nemegt permise la raccolta di
due scheletri incompleti di Tarbosauri, di uno scheletro quasi integro
dell’Adrosauro Saurolophus, di numerosi elementi di scheletri di
Ornitomimidi, un nuovo Pachicefalosauro, numerose tartarughe, ottanta
lucertole, ventidue mammiferi fra cui crani ben conservati di
multitubercolati e di insettivori.
Nel 1971 si realizza una nuova spedizione ad Altan Ula nella valle di
Nemegt e viene liberato lo scheletro di un grandissimo Tarbosauro, di un
piccolo Saurolofo, tre scheletri di Ornitomimidi, un grandissimo
Ankylosauro; poi a Khermin Tsav, uova, un centinaio di lucertole e
ventiquattro mammiferi. Infine a Toogrik, scheletri e crani di Protoceratops,
e il famoso combattimento fossile di un dinosauro carnivoro Velociraptor
mongoliensis che stringe fra le zampe un cranio di Protoceratopo.
I risultati di queste spedizioni furono pubblicati in importanti memorie di
paleontologia polacca. Vennero così descritti nuovi generi di dinasauri :
Borogovia, Prenocephalus, Bagaceratops, Tylocephalus, Nemegtosaurus,
Opisthocoelicaudia, Tarchia, Saichaina, Barsboldia, Deinocheirus,
Elmisaurus, così come un grande numero di piccoli mammiferi insettivori e
multitubercolari; mentre furono sviluppati studi particolareggiati o lavori di
sedimentologia e di stratigrafia con lo studio di microflora (Charophytes) e
di microfauna (Ostracodes).
Z. Kielann-Jaworowska ha raccontato l’avventura delle spedizioni
polacco-mongole nel Deserto del Gobi in un’opera pubblicata in polacco nel
1973 e nell’articolo “A caccia di dinosauri nel Deserto dei Gobi” pubblicato
nel volume Sulle orme dei dinosauri dell’Erizzo Editrice di Venezia, nel
1984.
Gli strati del Cretaceo del deserto dei Gobi hanno dunque fornito nel
corso di questi ultimi settant’anni una grande quantità di nuovi dati sulla
storia dei rettili e dei mammiferi durante il Mesozoico. Magnifici scheletri
integri hanno arricchito vari Musei nel mondo offrendo al pubblico una tale
varietà e diversità di forme e di adattamento che nessun autore avrebbe mai
potuto immaginare. Le ultime spedizioni dimostrano che la Mongolia ed il
Deserto dei Gobi non hanno ancora finito di offrirci nuove scoperte che
provano che la storia dei dinosauri e quella dei mammiferi furono grandi
successi evolutivi.
46
La spedizione italo-franco-mongola del 1991
Nel luglio 1991 quattro camion con a bordo 17 persone lasciano la città di
Ulan Bator, capitale della Repubblica di Mongolia, per un grande periplo
scientifico attraverso le steppe del deserto dei Gobi.
Una breve missione effettuata nell’ottobre del 1990 aveva permesso di
predisporre il viaggio e fissare le modalità burocratiche di una
collaborazione fra le autorità scientifiche mongole da una parte, il Centro
Studi Ricerche Ligabue di Venezia e il Museo di Storia Naturale di Parigi
dall’altra.
Alla fine di giugno 1991 Giancarlo Ligabue, Presidente del Centro Studi
Ricerche Ligabue, leader della spedizione, Viviano Domenici giornalista del
“Corriere della Sera”, Alberto Angela naturalista e Sergio Manzoni
documentarista, si incontrano a Parigi con Philippe Taquet, Direttore del
laboratorio di Paleontologia del Museo di Storia Naturale di Parigi, Donald
Russell, paleomammologo e Bernard Battail paleoerpetologo, per partire
insieme, via Irkoutsk, verso Ulan Bator.
Nella capitale mongola trovano ad attenderli Rinchen Barsbold, Direttore
del Servizio Geologico della Mongolia, K. Tsogtbaatar, responsabile del
dipartimento di Paleontologia del Museo Nazionale ad Ulan Bator e altri
colleghi, con cui preparano questo lungo viaggio avente lo scopo di studiare
i principali siti paleontologici del Cretaceo della Mongolia.
Dopo aver ottenuto le necessarie autorizzazioni, effettuato i numerosi
preparativi d’obbligo, messo a punto i quattro camion e acquistato viveri,
l’èquipe inizia la sua marcia verso il Sud per un viaggio di oltre 3000
chilometri. I mezzi contengono materiali tecnici, viveri e acqua previsti per
una sosta di un mese in un deserto impossibile e in condizioni climatiche e
ambientali estreme. Il giacimento del Cretaceo inferiore di Khuren Duk,
prima tappa di questo lungo percorso, racchiude le ossa di Ornitomimidi
primitivi, di pesci, di una specie di tartaruga, due specie di Champosauri
(rettili acquatici), un Ankylosauro e un Iguanodontide.
La spedizione porta anche alla luce, nel corso di uno scavo, resti molto
ben conservati di Iguanodon orientalis; è stato liberato un braccio quasi
completo i cui differenti elementi erano ancora in articolazione e sono stati
raccolti una mano completa, i metacarpali con falangi ed artigli.
Il campo viene installato più a sud, non lontano dai giacimenti del
Cretaceo inferiore di Algui Ulan Tsav che presentano la particolarità di
racchiudere numerosi nidi e deposizioni di uova di dinosauri sauropodi.
In un paesaggio di colline profondamente segnate dall’erosione e dalla
calura torrida (oltre 40°), vengono ritrovati, racchiusi nella couche
rosastra, parecchi nidi, in uno dei quali vi sono sei uva di Sauropode molto
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ben conservate, i cui gusci pietrificati erano scivolati lungo il pendio come
bocce sferiche e solide. Grazie alla loro scoperta si può tentare di ritrovare
il luogo da cui provengono per portare alla luce, se possibile, la totalità di
una covata, ottenendo così importanti informazioni sul comportamento dei
dinosauri. Altre 17 uova raggruppate vengono scoperte dagli scienziati
mongoli.
Dopo la prospezione e lo studio di queste due località, l’equipe si dirige
ancora più a sud, fino al capoluogo di Dalandzadgad. Poi, spostandosi verso
Occidente, giunge ai piedi della famosa falesia di Bajan Dzag, denominata
Flaming Cliff (rupe fiammeggiante) dalla prima spedizione americana del
1923.
Una denominazione molto appropriata; infatti alla luce del tramonto la
falesia si è infiammata e in uno scenario da western gli studiosi si mettono
alla ricerca di esemplari fossili di piccoli mammiferi primitivi, coevi dei
dinosauri.
La fatica è coronata da successo; dopo alcune ore di ricerca i paleontologi
raccolgono dei minuscoli crani completi di mammiferi multitubercolati, uno
appartenente al genere Kryptobaatar e l’altro al genere Solanbaatar.
Vengono scoperti anche numerosi crani e scheletri di Protoceratopi
ancora inglobati nell’arenaria.
Lasciata a malincuore questa località ricca di fossili e suggestiva, la
spedizione riprende il cammino dirigendosi verso Occidente, fino
all’altopiano di Toogrik che appartiene alla stessa era (Cretaceo superiore) di
Bajan Dzag e il cui giacimento è altrettanto celebre perché ha fornito i più
interessanti scheletri di dinosauri e, soprattutto, l’impronta fossile del famoso
combattimento fra Velociraptor e Protoceratopo.
Qui la sabbia è bianca, accecante sotto il riverbero del sole. L’altopiano
su cui la missione si è accampata è esposto ai venti violenti del Gobi.
Il plateau è segnato da una immensa falesia sul cui fianco si scoprono
numerosi fossili fra cui un cranio di Protoceratopo, splendidamente
fossilizzato.
È disposto verticalmente su un costone di sabbia appena consolidata ed è
di conseguenza molto facile liberarne il cranio e l’impalcatura delle corna.
Il muso perfettamente conservato, con il becco di pappagallo, l’orbita
sormontata da un piccolo osso fragile, chiamato “palpebrale”, i denti ben
preservati, la mandibola ancora in articolazione stanno a testimoniare che
l’animale è sprofondato lentamente nelle sabbie mobili che l’hanno coperto
fino ad oggi.
Questo Rettile, quasi completo, sembra guardarci ancora, muto testimone
di un dramma consumatosi oltre 70 milioni di anni fa.
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Dopo queste scoperte, fonte di intense suggestioni, il viaggio prosegue
per oltre 1500 chilometri verso Sud-Ovest, attraverso catene di montagne,
successioni di dune, sfilate di rocce, arrivando infine alla celebre valle di
Nemegt dove gli scienziati russi prima e quelli polacchi e mongoli poi,
avevano raccolto una grande quantità di fossili.
L’erosione ne mette alla luce incessantemente di nuovi ed è facile trovare
resti di Ornitomimidi e di Tarbosauri. Ai piedi della collina, dentro un
canyon desolato e selvaggio, compaiono i resti di scheletri di Tarbosauri;
uno comprende, in perfetta articolazione, tutte le vertebre della coda, le ossa
del bacino e delle zampe posteriori e gli artigli; perfino l’impronta della pelle
di questo impressionante Rettile emerge dai sedimenti fossili.
La missione si inoltra poi verso il più remoto Ovest visitando i giacimenti
di Bügyin Tsav.
Automezzi e uomini attraversano questa immensa conca, un deserto
lunare e minerale bruciato da un sole torrido dove il vento di sabbia mette
alla luce scheletri completi di Tarbosauri. Un vero cimitero di dinosauri
carnivori i cui resti, disarticolati sulla sabbia nella convulsione finale,
compongono scenari fantastici. I colleghi mongoli sono fieri di mostrare agli
amici europei questo sito lontano da ogni forma di vita e dalle sorgenti
d’acqua.
Si riparte, lasciando il deserto dei Gobi e ritornando verso Nord.
Occorrono ancora molti giorni di viaggio per poter raggiungere la
capitale Ulan Bator, attraverso le leggendarie steppe di Gengis Khan.
PRESENZA ANTROPICA
Fin dal Neolitico le popolazioni che vivevano ai margini del Gobi erano
dedite all’allevamento nomadico del bestiame.
I pastori nomadi seguivano le mandrie che si spostavano secondo leggi
naturali basate sulle stagioni e sulla disponibilità di acqua e pascolo
ripercorrendo piste utilizzate da secoli per le migrazioni. Camelidi, equidi,
bovini e ovicaprini pascolano estate ed inverno in un immenso territorio che,
grazie al clima rigido e secco, non viene coperto dalla neve e che per questo
motivo ha reso possibile la sopravvivenza degli animali. Solo recentemente,
stante i cambiamenti climatici in atto, sono aumentate le precipitazioni
nevose provocando conseguentemente l’impossibilità per il bestiame di poter
arrivare al terreno per nutrirsi con la conseguente morte di quasi due
milioni di capi durante ogni inverno.
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Il bestiame ha sempre garantito l’autosufficienza dell’economia dei
nomadi. Dal bestiame infatti i mongoli traggono il necessario: carne fresca
ed essiccata, latte e derivati incluse bevande alcoliche (airag), tende,
coperte, indumenti, finimenti, mezzi di trasporto e combustibile per cucinare
e riscaldare la tenda ( sterco), alcuni medicinali e oggettistica di uso
quotidiano.
Tra gli equidi quello maggiormente presente nel Gobi e utilizzato in
passato per l’alimentazione dai nomadi è l’emione (Equus hemionus) o
asino selvatico che si muove in piccoli branchi guidati dal maschio
dominante. Il vero padrone del Gobi è il cammello battriano (Camelus
bactrianus) con la sua mole imponente, ricoperto durante l’inverno da un
folto e lungo pelo solitamente marrone, fornisce ai nomadi del deserto latte,
carne, pelli, lana, e rappresenta un economico mezzo di trasporto
insostituibile nell’Asia centrale.
Nel Gobi è diffuso l’allevamento della capra che riesce a produrre 100
litri di latte all’anno.
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Conclusioni
In questa pubblicazione l'Autore ha voluto presentare gli aspetti
geografici del deserto di Gobi nelle varie componenti, ma ha anche voluto
presentare alla riflessione del lettore le esperienze dirette acquisite durante i
numerosi viaggi che ha compiuto dal 1976 ad oggi nel Gobi che propone
come un percorso iniziatico che contiene quasi tutte le caratteristiche dello
stesso. La prima volta infatti è entrato nel Gobi dopo una accurata
preparazione in quanto ignorava il deserto e quanto in esso contenuto di
visibile e invisibile. Il Lama che lo preparò alla traversata del deserto gli
raccomandò infatti di dimenticare le sue futili conoscenze occidentali, nel
deserto non contano le cariche, le onorificenze o il denaro ma con grande
umiltà si devono apprendere le regole della sopravvivenza con un clima che
può passare da -40° a + 40° in poco tempo. Quello che è importante è
l'acqua, la pazienza, il capire l'ambiente e assecondarlo comportandosi di
conseguenza, studiare e riflettere prima di compiere un percorso che deve
essere guidato dalla saggezza e, se vogliamo sopravvivere nel Gobi, dalla
fratellanza e dal rispetto nei confronti di chi incontriamo perchè in ogni
momento potrebbe salvarci la vita. Dobbiamo sempre seguire la luce che non
ci farà perdere la via, questo uno dei pericoli maggiori per chi vuole
attraversare il grande deserto che è pieno di vita e di prove che
continuamente dobbiamo superare, ci sono serpenti velenosi, insetti il cui
morso è mortale, lupi, aquile, orsi e tanti altri esseri viventi con i quali
dobbiamo convivere durante il percorso. L'Autore immerso in un deserto
infinito, dove l'orizzonte era rappresentato da miraggi di grandi distese
d'acqua inesistenti, superò le alte temperature della giornata, il senso del
vuoto e della solitudine e trovò la forza interiore di procedere. Durante uno
dei tanti viaggi, questa volta nel mese di gennaio, con il cielo scuro senza
sole e senza luce con un vento che raggiungeva i 150 Km/h con nevischio
gelato che avvolgeva la UAZ che non seguiva una strada perchè non esisteva
ma solo le dune del grande deserto, il motore si fermò e i due amici che
accompagnavano l'A. dopo essersi guardati tra loro gli dissero " abbiamo
ancora 30' di vita a -40° con questo vento che ci avvolge dandoci la
sensazione di -50° lontani almeno 500 Km. dal più vicino villaggio non
abbiamo alcuna possibilità di sopravvivenza. In quel momento tutta la mia
vita precedente mi passò davanti come in un film rividi le scene più
significative ed un grande vuoto si formò dentro di me al pensiero di non
aver avuto figli, di quanto inutile e fatua era stata la mia vita e che nulla
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avrei potuto fare per salvarmi dal congelamento che stava avvolgendo nella
macchina ormai ghiacciata tutti i presenti. Improvvisamente, quando ogni
speranza era svanita, il cielo plumbeo si aprì ed un fascio di luce proveniente
dal meridione del deserto illuminò una mandria di un centinaio di grandi
cammelli del Gobi coperti da un lunghissimo pelo preceduti da una giovane
pastore nomade che sorridendoci dall'alto del suo cammello con la mano ci
fece cenno di uscire dalla macchina ormai inservibile per seguirla non era
per noi chiaro dove ma riflettendo sul fatto che altre scelte non avevamo e
fidandoci della giovane nomade ci infilammo tra i cammelli e percorsi forse
solo 100 metri ci trovammo davanti la sua tenda dalla quale spuntava un
tubo fumante. Il rumore della mandria borbottante fece socchiudere la porta
in legno della tenda ed il padre della ragazza ci fece cenno di entrare.
Passammo la soglia senza calpestarla come da rituale dei nomadi e ci
trovammo da -40° a + 18°, eravamo passati dalla morte alla vita ci sentimmo
rinascere in un'oasi calda piena di vita, fratellanza, amicizia attorniati dai
membri di una famiglia che ben sapeva quanto eravamo stati vicini alla
morte, ma che erano felici di aver potuto salvarci da morte certa. Togliemmo
gli abiti e i colbacchi e stivali ghiacciati, bevemmo il latte caldo di
cammella, salato, mescolato al thè e in pochi minuti il sangue riprese a
circolare nei vasi capillari, le dita delle mani e dei piedi che non sentivamo
più ripresero a farsi sentire con dolori pungenti segno che la vita riprendeva
e che ormai eravamo salvi. Mi sentii rinascere a nuova vita e ricordai le
parole del Maestro Lama, di quanto fossero state vere, nulla mi avrebbe
salvato solo la solidarietà di una famiglia che non conoscevo ma che mi
accompagnerà per tutta la vita. La tenda nella quale avevamo trovato rifugio,
aveva la porta verso occidente per evitare che il vento portasse dentro la
neve e il freddo, l'arredamento era essenziale ma funzionale alla
sopravvivenza, due colonne di legno rosse sorreggevano la parte superiore al
centro un supporto di metallo con il fuoco, una grande fiamma che dava
luce, riscaldava, permetteva di cucinare. Ad oriente di fronte la porta di
ingresso leggermente rialzato si trovava l'anziano e saggio capofamiglia ai
suoi due lati gli ospiti, noi, in segno di rispetto poi le donne ad occidente e
gli uomini ad oriente. Tutto nella tenda aveva un significato, le posizioni, i
colori, i simboli della antica tradizione Buddista dipinti sul legno dei mobili,
infine l'altare con il Budda al centro, i guardiani ai lati, poi le fotografie dei
parenti e dei cammelli più belli della mandria. Il capo famiglia iniziava con
il primo sorso a bere il latte caldo poi in senso orario la tazza d'argento,
antica tradizione per eliminare batteri e germi, faceva il giro dei commensali
nella attesa che la minestra fatta con pezzi di capra e qualche erba aromatica
si cucinasse per sfamare tutti i presenti. Il capo famiglia volle sapere le
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nostre storie in particolare la mia perchè non aveva mai visto un italiano, poi
il fumo della pipa d'argento e un lungo sonno nella attesa che la bufera
finisse e che il giorno successivo non vedendoci arrivare avrebbero inviato
dal villaggio una UAZ per cercarci. Mi accorsi che ogni ora durante la notte
la giovane ragazza si alzava per riempire la stufa di ghisa che stava nella
tenda affinchè il fuoco non si spegnesse mai per non far raffreddare la tenda.
SHAMBHALA, LA RISPLENDENTE
(Omaggio a Nicholas Roerich, esploratore del Gobi esoterico)4
"Lama, parlatemi di Shambhala!"
"Ma voi, Occidentali, non sapete nulla di Shambhala, e non volete
saperne nulla; le vostre domande, probabilmente, sono solo frutto della
curiosità e pronunciate questa parola sacra senza alcun rispetto."
"Lama, non è senza scopo la mia richiesta. Ovunque la gente conosce
questo grande simbolo sotto nomi diversi; i nostri scienziati sono in attesa
del minimo indizio su questo regno famoso. Xoma di Koros ha saputo
dell'esistenza di Shambhala durante il suo lungo soggiorno nei monasteri
buddhisti, Grunwedel ha tradotto il libro del famoso Tashi Lama, Pal-den yeshe su 'La via per Shambhala'. Sentiamo che una grande verità si nasconde
sotto i simboli segreti; davvero il ricercatore ardente desidera sapere tutto sul
Kalachakra."
"Com'è possibile, quando ci sono Occidentali che profanano i nostri
templi, fumano nei santuari sacri, non comprendono e non hanno alcuna
voglia di riverire la nostra fede e il nostro insegnamento. Deridono e
ridicolizzano i simboli di cui non comprendono il significato. Se visitassimo:
i vostri templi, il nostro comportamento sarebbe del tutto diverso perché il
vostro grande Bodhisattva, Issa, in verità è un essere elevato. E nessuno di
noi disprezzerebbe l'insegnamento della misericordia e della virtù."
"Lama, soltanto una persona molto ignorante e stupida potrebbe
ridicolizzare il vostro insegnamento. Tutti gli insegnamenti della virtù sono
come uniti in un solo sacro luogo, e un uomo con tutte le rotelle a posto non
violerebbe i luoghi sacri. Lama, perché credete che l'essenza
4
Estratto del I cap. del volume di Nicholas Roerich Shambhala la risplendente vol. 1,
edizioni Amrita pag. 15-35.
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dell'insegnamento dell'Illuminato sia sconosciuta in Occidente? Perché
credete che in Occidente non conosciamo l'esistenza di Shambhala?
Lama, sul mio tavolo potete vedere il Kalachakra, l'insegnamento che il
grande Atisha portò dall'India; so che se uno spirito nobile, già preparato,
sente una voce proclamare 'Kalagiya' questo è il richiama di Shambhala.
Sappiamo quale Tashi Lama visitò Shambhala, conosciamo il libro del gran
sacerdote T'alshan, 'Il rosso sentiero per Shambhala'; conosciamo anche il
canto mongolo su Shambhala. Chissà, forse sappiamo cose che sarebbero
nuove per voi. Sappiamo che, molto di recente, un giovane lama mongolo ha
pubblicato un nuovo libro su Shambhala."
Il lama ci studia con il suo sguardo penetrante, poi dice: "La grande
Shambhala è lontana, al di là dell'oceano. È il possente regno celeste. Non ha
nulla a che vedere con la nostra terra; come mai e perché vi interessa tanto,
voi uomini di mondo? Potete discernere i raggi splendenti di Shambhala solo
in alcuni luoghi, all'Estremo Nord."
"Lama, noi conosciamo la grandezza di Shambhala. Sappiamo che questo
regno indescrivibile è reale, ma sappiamo anche che esiste una Shambhala
terrestre. Sappiamo che alcuni grandi lama ci sono andati, e che lungo il loro
cammino hanno visto le cose fisiche abituali. Conosciamo le storie del lama
burlata, e come sia stato accompagnato in un passaggio segreto, strettissimo.
Sappiamo che un altro visitatore ha visto la carovana della gente di
montagna, carica del sale che veniva dai laghi, alle frontiere di Shambhala.
Inoltre, noi stessi abbiamo visto una pietra miliare bianca che segnava la
frontiera di uno dei tre avamposti di Shambhala. Allora, non parlatemi solo
della Shambhala celeste, ma anche di quella che è sulla terra; perché sapete
quanto me che, su questa terra, Shambhala è collegata alla sua controparte
celeste e che, per mezzo di questo legame, i due mondi sono uno."
Il lama si fa silenzioso. Con le palpebre semichiuse esamina i nostri volti;
nella penombra del crepuscolo, comincia a raccontare:
"In verità, si avvicina il tempo in cui l'Insegnamento dell'Illuminato verrà,
ancora una volta, da nord verso sud. Il grande sentiero della parola di Verità,
aperto a Bodhigaya, tornerà di nuovo in quegli stessi luoghi. E dobbiamo
accettare questo fatto così com'è, semplicemente: il vero insegnamento
lascerà il Tibet per apparire di nuovo nel sud. E, in tutti i paesi, i precetti del
Buddha si manifesteranno. Veramente, si avvicinano grandi eventi. Voi
venite dall'ovest, eppure portate notizie di Shambhala. In verità, è così che
dobbiamo accettarlo. Il raggio che viene dalla torre di Rigden-jyepo ha
probabilmente toccato tutti i paesi.
La luce sulla Torre di Shambhala brilla come un diamante. Rigden-jyepo
è sempre presente, instancabile, sempre a vigilare per la causa dell'umanità. I
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suoi occhi non si chiudono mai. Nello specchio magico vede tutti gli eventi
terrestri e il potere del suo pensiero penetra anche nei più lontani territori. La
distanza per lui non esiste, e può dare il suo aiuto istantaneamente a chi lo
merita. La sua luce possente può distruggere ogni oscurità, le sue risorse
incommensurabili sono disponibili per aiutare tutti coloro che, pur essendo
nel bisogno, offrono di servire la causa della virtù. Può anche modificare il
karma degli esseri umani..."
"Lama, mi sembra che stiate parlando del Maitreya, non è vero?"
"Non dobbiamo pronunciare questo mistero! Molte cose non devono
essere rivelate. Moltissime cose non devono essere cristallizzate nel suono:
con il suono riveliamo il nostro pensiero; con il suono proiettiamo il nostro
pensiero nello spazio e questa azione può creare dei danni gravissimi. Perché
tutto ciò che viene divulgato prima della data predestinata si trasforma in un
danno incalcolabile. Persino le più grandi catastrofi possono essere
provocate da queste azioni inconsulte. Se Rigden-jyepo e l'Illuminato
Maitreya sono una e una sola persona per voi, così sia. Non sono stato io ad
averlo detto!
Innumerevoli sono gli abitanti di Shambhala; numerose e splendide sono
le nuove forze e i nuovi conseguimenti che laggiù si preparano per
l'umanità..."
"Lama, il Vedanta ci dice che ben presto nuove energie verranno date
all'umanità. È vero?"
"Innumerevoli sono le grandi cose predestinate e preparate. Grazie alle
Sante Scritture conosciamo l'Insegnamento dell'Illuminato sugli abitanti
delle stelle lontane. Dalla stessa fonte abbiamo sentito parlare dell'uccello
d'acciaio che vola, dei serpenti di ferro che divorano lo spazio con fumo e
fuoco. Tathagata, l'Illuminato, ha predetto tutto per il futuro. Sapeva che gli
ausiliari di Rigden-jyepo si sarebbero reincarnati al momento opportuno, e
che il sacro esercito avrebbe purgato Lhassa di tutte i suoi nemici infami,
fondando in modo stabile il regno della virtù."
"Lama, se i grandi guerrieri sono incarnati, le attività di Shambhala non si
svolgeranno sulla nostra terra?"
"Dappertutto; qui come nei cieli. Tutte le forze benevole si uniranno per
distruggere l'oscurità. Tutti coloro che collaboreranno a questo grande
compito saranno ricompensati cento volte, e su questa stessa terra, in questa
incarnazione. Tutti coloro che peccheranno contro Shambhala periranno in
questa stessa incarnazione, perché hanno consumato la misericordia."
"Lama, voi sapete la verità. Allora, ditemi perché ci sono tanti indegni
sacerdoti?"
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"Questa non è certo una scusa, ma se gli Insegnamenti devono spostarsi
verso sud, allora non c'è da sorprendersi che molti lama eruditi abbiano
lasciato il Tibet. In occidente, sanno che Pan-Chen-Rinpoche (il Tashi
Lama) è in contatto con Shambhala?"
"Lama, sappiamo certamente che Pan-Chen-Rinpoche gode ovunque
della più alta stima. In diversi paesi abbiamo sentito come non soltanto i
buddhisti ma persone di tante nazioni parlano con grande rispetto di Sua
Santità. Si dice anche che, nei suoi appartamenti privati, molto prima che
partisse, siano .stati dipinti degli affreschi che descrivono i dettagli dei suoi
viaggi futuri. Sappiano che Pan-Chen-Rinpoche segue le abitudini di tutti i
grandi lama; ci è stato detto come, durante la sua fuga, i suoi discepoli e lui
stesso sfuggirono a molti e grandissimi pericoli.
Sappiamo che ad un certo momento i suoi perseguitatori di Lhassa gli
erano davvero alle calcagna, quando una grossa valanga tagliò loro la strada.
Un altro giorno, Pan-Chen-Rinpoche giunse ad un lago fra le montagne:
doveva affrontare un problema difficile perché i nemici lo seguivano
dappresso e, per sfuggire, avrebbe dovuto fare una lunga svolta per
contornare il lago. Allora Pan-Chen-Rinpoche si sedette e restò in
meditazione profonda per un po'. Quando si alzò ordinò che, malgrado il
pericolo, l'intera carovana passasse la notte in riva al lago. Poi accadde
l'imprevedibile. Durante la notte fece molto freddo e il lago si coprì di
ghiaccio e neve, e prima del levar del sole, quando era ancora buio, Tashi
Lama diede l'ordine ai suoi di avanzare rapidamente. Con i suoi trecento
discepoli attraversò il lago ghiacciato, prendendo la strada più breve,
sfuggendo così al pericolo.
Quando i nemici arrivarono in quello stesso punto, il sole era già alto nel
cielo e i raggi avevano fuso il ghiaccio. Non restò loro che fare il periplo del
lago. Non andò così?"
"In verità, è così che andò. Pan-Chen-Rinpoche fu aiutato dalla Santa
Shambhala in tutti i suoi viaggi. Vide molti segni meravigliosi mentre
attraversava le alte terre, affrettandosi verso nord."
"Lama, non lontano da Ulan-Davan abbiamo visto un enorme avvoltoio
nero che volava basso, vicino al nostro accampamento. Ha incrociato proprio
sopra al campo la rotta di un bell'oggetto volante diretto verso sud, che
brillava sotto i raggi del sole."
Gli occhi del lama scintillarono. Ansioso chiese: "Avete anche sentito nel
deserto il profumo dell'incenso dei templi?"
"Lama, avete visto giusto. Nel deserto di pietre, a parecchi giorni da
qualsiasi abitato, molti di noi hanno percepito contemporaneamente la
fragranza di un profumo meraviglioso. Questo è avvenuto diverse volte. Non
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avevamo mai sentito un profumo tanto gradevole, e a me ricordava un certo
incenso che mi era stato dato un giorno da un amico in India. Non ho idea da
dove egli l'avesse ottenuto."
"Ah! Siete dunque protetto da Shambhala. Il grosso avvoltoio nero è il
vostro nemico e vuole ad ogni costo distruggere la vostra opera, ma la forza
protettiva di Shambhala vi segue in questa forma Radiante della Materia.
Questa forza è sempre accanto a voi, ma non potete percepirla sempre. Solo
qualche volta si manifesta per ridarvi forza e dirigervi. Avete notato la
direzione vero la quale si spostava la sfera? Dovete seguire quella stessa
direzione. Avete menzionato il sacro richiamo, 'Kalagiya'! Quando qualcuno
ode questo richiamo imperioso, deve sapere che la via per Shambhala gli è
aperta. Deve ricordarsi dell'anno in cui è stato chiamato, perché da quel
momento in poi e per sempre l'Illuminato Rigden-jyepo lo assiste. Dovete
soltanto conoscere e comprendere il mondo in cui le persone vengono
aiutate, perché spesso esse respingono l'aiuto che è loro inviato."
"Lama, ditemi, come viene aiutata la gente comune da Shambhala?
Conosciamo gli adepti di Shambhala e i loro aiutanti incarnati; ma come
avviene che la potenza di Shambhala si manifesti fra gli umili?"
"In modi molteplici e segreti. Ognuno di coloro che, in una precedente
incarnazione, hanno seguito gli insegnamenti della virtù e sono stati utili alla
Causa Comune, vengono aiutati da questa stessa Causa Comune. Non molto
tempo fa, durante la guerra e l'agitazione, un uomo chiese ad un lama se
doveva cambiare luogo di residenza. Il lama rispose che poteva restare
dov'era ancora per sei mesi ma che, in seguito, avrebbe corso grave pericolo
e avrebbe dovuto fuggire immediatamente. Nei sei mesi seguenti l'uomo
raggiunse l'apice del successo nel suo lavoro: tutto procedeva
tranquillamente e i suoi beni si moltiplicavano. Quando i sei mesi furono
trascorsi, pensò: 'Perché mai dovrei rischiare i miei beni, lasciando questo
luogo tranquillo? Tutto sembra così prospero per me, e non vi è alcun
apparente pericolo. Il lama probabilmente si è sbagliato'. Ma l'influsso
cosmico non fu fermato, e il pericolo predestinato si manifestò
all'improvviso. Le truppe nemiche si avvicinarono a quel posto a gran
velocità da due direzioni, e l'uomo si rese conto che aveva perso la migliore
occasione e che gli avevano tagliato la strada. Corse dal lama e gli raccontò
quanto era accaduto.
Il lama gli disse che era necessario, per determinate ragioni, che egli si
salvasse. 'Ma - aggiunse - ora è più difficile aiutarti. Hai perso l'occasione
più favorevole, tuttavia posso ancora fare qualcosa per te. Domani prendi
con te la tua famiglia e cavalca verso nord. Lungo la strada incontrerai i tuoi
nemici: questo è inevitabile. Quando li vedrai arrivare, allontanati dalla
57
strada e resta in silenzio. Anche se si avvicinano a te, anche se ti parlano,
resta in silenzio e non muoverti finché non se ne saranno andati'.
E così fu: l'uomo prese la sua famiglia e i bagagli e si mise per strada di
primo mattino. Improvvisamente, nella luce tenue di quelle prime ore, essi
distinsero la sagome dei soldati che rapidamente si avvicinavano. Si
allontanarono dalla strada e restarono silenziosi, tesi.
I soldati si facevano sempre più vicini e il pover'uomo udì uno di loro
gridare: 'Sono qui. C'è della gente, qui. Ci deve essere un bel bottino per noi.'
Un altro gli rispose ridacchiando: 'Amico, probabilmente hai dormito
male la notte scorsa, perché non sai più distinguere le pietre dagli uomini. Le
pietre sono vicine, eppure dici che non sono pietre!'
Il primo insistette: 'Ma vedo anche un cavallo!' L'altro rideva: 'Non andrai
lontano su un cavallo di pietra come questo. Come fai a pensare che un
cavallo, sentendo tutti i nostri cavalli, se ne stia lì fermo, così?'
I soldati risero di cuore e, prendendo in giro il compagno per il suo
errore, passarono accanto al gruppo immobile. Scomparvero nella nebbia.
Così, pur nella più difficile delle situazioni, l'uomo fu salvato. Perché era
stato utile a Shambhala una sola volta.
Shambhala sa tutto, ma i segreti di Shambhala sono ben custoditi."
"Lama, come vengono custoditi i segreti di Shambhala? Si dice che molti
di quelli che operano per Shambhala, molti messaggeri, vengano mandati in
tutto il mondo. Come possono mantenere i segreti che sono loro affidati?"
"I Grandi Guardiani dei misteri vegliano da vicino su tutti coloro a cui
hanno affidato un compito e che sono stati investiti di alte missioni. Se
devono affrontare un ostacolo inatteso, vengono aiutati immediatamente, e il
tesoro loro affidato verrà custodito. All'incirca quarant'anni fa, un grande
segreto fu confidato a un uomo che viveva in Mongolia, nel gran deserto del
Gobi. Gli venne detto che poteva servirsi di quel segreto con uno scopo
molto speciale, ma che, quando avesse sentito avvicinarsi l'ora di lasciare
questo mondo, avrebbe dovuto affidare questo tesoro a qualcuno che ne
fosse degno. Trascorsero molti anni e, infine, quell'uomo si ammalò; durante
la malattia, una forza maligna lo avvicinò ed egli perse conoscenza. In quello
stato, naturalmente, non poteva trovare qualcuno che fosse degno di ricevere
il suo tesoro, ma i Grandi Protettori sono sempre vigili e all'erta e uno di essi
immediatamente lasciò il grande Ashram e attraversò l'immenso Gobi,
restando in sella più di sessanta ore senza mai riposarsi. Giunse dal malato in
tempo e, anche se l'uomo venne rianimato per un periodo limitato, questo gli
permise di trovare qualcuno a cui trasmettere il messaggio. Forse vi
chiederete perché il Protettore non prese lui stesso il Tesoro, e perché
dovesse prodursi questa successione. Perché il grande Karma ha le sue vie e,
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a volte, anche i più grandi Protettori dei misteri non desiderano toccare i fili
del Karma. In quanto ogni filo del Karma, se viene rotto, provoca un danno
immenso."
"Lama, a Turfan e in Turkestan ci sono state mostrate delle caverne con
lunghi passaggi inesplorati: si possono raggiungere gli Ashram di Shambhala
attraverso di essi? Ci è stato detto che, in qualche occasione, ne sono usciti
degli stranieri, che poi si sono recati nelle città. Essi volevano pagare con
monete antiche e strane, non più in uso."
"A dir la verità, a dir la verità, gli abitanti di Shambhala emergono a volte
nel mondo. Incontrano gli operatori terrestri di Shambhala. Per amore
dell'umanità inviano doni preziosi, reliquie importanti. Posso raccontarvi
parecchie storie sui doni meravigliosi ricevuti dallo spazio. Anche lo stesso
Rigden-jyepo di quando in quando si manifesta con un corpo umano.
Improvvisamente si mostra in luoghi santi, in monasteri e, nel momento
predestinato, pronuncia le sue profezie.
Di notte o all'alba, prima che si alzi il sole, il Reggente del Mondo arriva
al Tempio, entra, e tutte le lampade si accendono da sole,
contemporaneamente. Alcuni già riconoscono il Grande Straniero. I lama si
riuniscono in profonda venerazione, ascoltano con la massima attenzione le
profezie del futuro: una grande epoca si avvicina. Il Reggente del Mondo è
pronto a combattere. Molte cose sono manifeste, il fuoco cosmico di nuovo
si avvicina alla Terra. I pianeti manifestano l'era nuova. Ma molti cataclismi
si produrranno prima dell'era nuova di prosperità: l'umanità sarà di nuovo
messa alla prova per vedere se lo spirito è progredito sufficientemente. Ora il
fuoco sotterraneo cerca il contatto con l'elemento del fuoco dell'Akasha. Se
tutte le forze del bene non combinano insieme il loro potere, i più grandi
cataclismi sono inevitabili. Si racconta che Rigden-jyepo si manifesta per
dare ordini ai suoi messaggeri, e che il potente Reggente appare alla roccia
nera, sulla strada del Ladakh. E, da tutte le direzioni, i cavalieri-messaggeri
si avvicinano per ascoltare in profonda venerazione. A tutta velocità corrono
ad eseguire ciò che viene ordinato dalla grande saggezza."
"Lama, come mai la Shambhala della Terra non è ancora stata scoperta
dai viaggiatori? Sulle carte si possono vedere tante rotte tracciate dalle
spedizioni, sembra che tutte le cime siano state contrassegnate, tutte le valli e
tutti i fiumi esplorati."
"In verità c'è molto oro nella terra, e tantissimi diamanti e rubini nelle
montagne, e tutti desiderano tanto possederli! E quanti cercano di scovarli!
Ma fin qui queste persone non hanno trovato tutto, ed allo stesso modo
l'uomo può pure cercare di raggiungere Shambhala senza esservi chiamato!
Avete sentito parlare di fiumi avvelenati che circondano le alte terre; forse
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avete anche visto persone morire per quei gas, quando vi si avvicinano; forse
avete visto animali e uomini cominciare a tremare quando si avvicinano a
certe località. Sono in molti a tentare di raggiungere Shambhala senza
esservi stati chiamati, e alcuni di essi sono scomparsi per sempre. Solo pochi
raggiungono il santo luogo, e soltanto se il loro karma è pronto."
"Lama, parlate di un luogo santo sulla Terra. È ricco di vegetazione? Le
montagne sembrano spoglie e le tempeste e il freddo devastante paiono
insolitamente duri."
"Nel mezzo delle montagne esistono valli chiuse, di cui non si sospetta
l'esistenza. Molte sorgenti calde nutrono una ricca vegetazione, e le erbe
medicinali, le piante rare prosperano in gran numero su quell'insolito suolo
vulcanico. Forse avrete notato dei geyser sulle alte terre? Forse avrete sentito
dire che a due soli giorni da Nagchu, dove non si vedono né piante né alberi,
esiste una valle con alberi, erba e acqua tiepida. Ma chi mai conosce i
labirinti di queste montagne? Sulla superficie rocciosa è impossibile
distinguere tracce umane; non si può comprendere il pensiero della gente, e
chi è capace di farlo, tace! Forse avete incontrato numerosi viaggiatori nei
vostri spostamenti: stranieri vestiti in abiti semplici che camminano
silenziosi nel deserto, nel caldo o nel freddo, verso la loro ignota
destinazione; non crediate, solo perché i loro abiti sono semplici, che siano
persone insignificanti! Se hanno gli occhi semichiusi, non crediate che il loro
sguardo non sia penetrante. È impossibile discernere la direzione da cui
sopraggiunge l'energia. Sono vani tutti gli avvertimenti, e vane tutte le
profezie: soltanto percorrendo l'unico sentiero di Shambhala potete
raggiungere il vostro compimento; rivolgendovi direttamente all'Illuminato
Rigden-jyepo, potete avere successo."
"Lama, avete detto che i nemici di Shambhala moriranno. E come
moriranno?"
"A dir la verità, muoiono quando è ora. Vengono distrutti dalle vili
ambizioni che essi stessi alimentano. Rigden-jyepo è misericordioso, ma i
peccatori si aggrediscono da soli. Chi può dire quando riceveranno la
meritata paga? Chi può discernere quando l'aiuto è davvero necessario? E
quale sarà, la natura di questo aiuto? Molti sconvolgimenti sono necessari, e
hanno tutti il loro scopo. Fino al momento in cui il nostro umano e limitato
intendimento si sarà convinto che tutto è stato distrutto, che ogni speranza è
perduta: allora la mano creatrice del Reggente proietterà il suo raggio
potente.
Come verranno distrutti i peccatori? Un lama pittore aveva un grande
talento per dipingere con incomparabile bellezza le immagini sacre;
dipingeva in modo superbo le immagini di Rigden-jyepo, del Buddha
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Illuminato e di Dukhar, Colei che Tutto Vede. Ma un altro pittore cominciò
ad essere geloso di lui e, preso dalla collera, decise di fare del male al lama
virtuoso. Quando cominciò a diffamarlo, la sua casa prese fuoco per un
causa sconosciuta: tutto ciò che possedeva andò distrutto e le mani del
diffamatore furono gravemente bruciate sicché, per molto tempo, non poté
lavorare.
Un altro calunniatore minacciò di distruggere tutto il lavoro di un uomo
onesto; e poco dopo annegò, attraversando lo Tsanpo. Un altro, che aveva
compiuto numerosi bei gesti di carità, fu aggredito da qualcuno che cercò di
distruggere tutti i beni che egli aveva dedicato alla causa dell'umanità. Ma
ancora una volta il possente raggio di Rigden-jyepo raggiunse l'aggressore e
in un sol giorno la sua ricchezza fu spazzata via, sicché divenne un
mendicante. Forse lo vedrete, ancora oggi, mendicare nel bazar di Lhassa.
In tutte le città potete sentir parlare della punizione di queste indegne
creature che hanno rivolto il loro veleno contro i valorosi. Solo sul sentiero
di Shambhala il vostro cammino è sicuro; qualsiasi diversione da questa
strada di gloria vi condurrà ai più grandi pericoli. Qualsiasi cosa sulla Terra
può essere cercata e misurata. L'Illuminato non ordina né la fede né
l'adorazione cieca, ma la conoscenza e l'esperienza."
"Proprio così, lama. Posso anche dirvi come uno dei nostri amici più cari
divenne un Fratello di Shambhala. Sappiamo che venne in India con una
missione scientifica e che scomparve all'improvviso dalla carovana; molto
tempo dopo, un messaggio inatteso portò la notizia che si trovava a
Shambhala."
"Posso dirvi che molti Antichi Credenti lasciarono il lontano Altai in
cerca della cosiddetta 'Belavodye' (le Acque Bianche) e non fecero mai più
ritorno. Ho udito pronunciare i nomi delle montagne, dei fiumi e dei laghi
che si incontrano sulla strada per i luoghi santi. Sono segreti; alcuni di questi
nomi sono corrotti, ma è possibile discernere la loro verità fondamentale.
Posso dirvi che un meritevole studente di questo alto insegnamento volle
recarsi a Shambhala prima che il suo tempo fosse venuto. Aveva uno spirito
puro e sincero, ma non aveva esaurito il karma, e la sua missione terrestre
non era compiuta. Per lui era dunque prematuro, ed uno dei Grandi Maestri
gli andò incontro, a cavallo, fra le montagne, per parlare personalmente a
quel viaggiatore colmo di speranza. Con misericordia e compassione lo
rimandò indietro, a completare ciò che non aveva terminato. Posso parlarvi
degli Ashram al di là di Shigatsè, e dirvi come i Fratelli di Shambhala siano
apparsi in diverse città, e come abbiamo impedito le più gravi calamità
umane quando l'umanità riuscì a comprenderli davvero..."
"Lama, avete incontrato degli Azara e dei Kuthumpa?"
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"Se tanti eventi vi sono familiari, dovete conoscere il successo nel vostro
lavoro. Tutto questo sapere su Shambhala, di per sé è un fiume di
purificazione. Molti di noi, nel corso della vita, hanno incontrato gli Azara e
i Kuthumpa e gli uomini delle nevi che li servono. Che gli Azara non siano
più visibili nelle città, è un fatto recente; si sono tutti riuniti fra le montagne.
Sono molto alti, con capelli e barba lunga, e ricordano gli Indù. Un giorno,
camminando lungo il Brahmaputra, vidi un Azara: cercai di raggiungerlo,
ma improvvisamente svoltò dietro le rocce e scomparve. Eppure, lì non c'era
né una grotta né una caverna, soltanto un piccolo 'stupa'. Probabilmente non
voleva essere disturbato.
I Kuthumpa, ormai, non si vedono più: una volta si mostravano
abbastanza apertamente nel distretto di Tsang e a Manasarowar, quando i
pellegrini andavano al santo Kailash. Anche gli uomini delle nevi ai giorni
nostri si vedono di rado. Le persone comuni, nella loro ignoranza, li
prendono per apparizioni. I Grandi hanno profonde ragioni per non apparire
più così apertamente, ora. Il mio vecchio maestro mi ha molto parlato della
saggezza degli Azara. Conosciamo diversi luoghi in cui questi Grandi Esseri
risiedevano ma, per il momento, questi luoghi restano deserti. Una grande
ragione, un grande mistero!"
"Lama, allora è vero che gli Ashram non sono più dalle parti di
Shigatsè?"
"Questo mistero non va pronunciato. Ho già detto che gli Azara non si
trovano più nel distretto di Tsang."
"Lama, perché i monaci dicono che Shambhala si trova lontano, al di là
degli oceani, mentre la Shambhala terrestre è molto più vicina? Xoma di
Koros dice anche, e ne fornisce le prove, dove si trova la meravigliosa valle
fra le montagne in cui avvenne l'iniziazione del Buddha."
"Ho sentito dire che Xoma di Koros ha mietuto disgrazie nella sua vita, e
che Grunwedel, che voi stesso avete menzionato, diventò pazzo; il fatto è
che avevano toccato il grande nome di Shambhala per curiosità, senza
realizzarne il significato prodigioso. Giocare col fuoco è pericoloso, ma il
fuoco può essere di grande utilità per l'umanità. Probabilmente avete udito
parlare di certi viaggiatori che hanno tentato di penetrare nel territorio
proibito, e di come le loro guide si siano rifiutate di accompagnarli dicendo:
'Preferiamo essere uccisi'. Anche quelle persone semplici comprendevano
che degli argomenti tanto elevati non potevano essere affrontati se non con
la massima venerazione.
Non sfidate le leggi! Aspettate lavorando con ardore finché il messaggero
di Shambhala verrà a voi nel mezzo di costanti risultati. Aspettate che
l'Essere dalla Voce Possente pronunci 'Kalagiya'. Allora potrete cominciare
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senza alcun rischio ad approfondire quest'argomento meraviglioso. La vana
curiosità deve essere trasformata in apprendimento sincero e applicazione
dei principi più elevati nella vita quotidiana."
"Lama, voi siete nomade: dove potremo incontrarvi di nuovo?"
"Vi supplico, non chiedetemi il mio nome. Inoltre, se doveste incontrarmi
in una città o in qualsiasi altro luogo abitato, non date segno di riconoscermi.
Sarò io ad avvicinarvi."
"E se dovessi avvicinarmi a voi, vi limitereste ad andarvene o mi
ipnotizzereste?"
"Non obbligatemi ad utilizzare queste forze naturali. Fra i Berretti Rossi è
permesso usare certi poteri, ma possiamo servircene solo in casi eccezionali.
Non dobbiamo infrangere le leggi della natura. L'Insegnamento essenziale
del nostro Illuminato ci ingiunge di essere prudenti nella rivelazione delle
nostre possibilità interiori."
"Lama, ditemi ancora se avete visto Rigden-jyepo personalmente."
"No, non ho ancora visto il Reggente in carne ed ossa. Ma ho udito la Sua
Voce. Durante l'inverno, quando il gelo copriva le montagne, Egli mi fece
dono di una rosa, un fiore di quella valle lontana. Dalle molte cose su cui mi
interrogate, vedo che conoscete a fondo parecchi argomenti. Che fareste se
cominciassi ad esaminarvi?"
"Lama, starei zitto." Il lama sorrise:
"Allora la sapete davvero lunga! Forse sapete anche come usare le forze
della natura e che, in Occidente, negli ultimi anni, si sono visti molti segni,
soprattutto durante la guerra, che voi, o uno di voi occidentali, ha
provocato."
"Lama, quel massacro di esseri umani senza precedenti deve aver fatto
certamente precipitare un inatteso flusso di reincarnazioni. Molta gente è
morta prima dell'ora predestinata, in quelle circostanze, e tante cose sono
state snaturate e sconvolte."
"Probabilmente non siete a conoscenza delle profezie che, molto tempo
fa, predissero queste calamità. Se soltanto aveste saputo, non avreste mai
cominciato quell'orribile olocausto.
Se conoscete Shambhala, se sapete usare le vostre forze naturali latenti,
allora dovete conoscere anche Namig, le Lettere Celesti. E allora saprete
come ricevere le profezie del futuro." (continua)
Talaï-Pho-Brang, 1928
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ALLEGATI
(Schede dinosauri)
ALIORAMUS
Nome e significato
ALIORAMUS = ramo differente
Classificazione
Carnosauria, Theropoda, Saurischia
Era
Tardo Cretaceo
Località
Mongolia
Il nome sta a significare che il suo ramo evolutivo è differente dal
Tarbosauro. Era un Carnosauro i cui fossili sono stati ritrovati nei terreni del
tardo Cretaceo della Mongolia.
Bipede, carnivoro, rassomigliava al Tarbosauro ma era di dimensioni più
piccole, aveva una larga testa, lunghi denti e zampe anteriori con due dita e
munite di artigli.
Lunghezza 6 metri circa.
AMTOSAURUS
Nome e significato
AMTOSAURUS,
da
Omtgay,
sito
del
ritrovamento
Classificazione
Ankylosauridae, Ankylosauria, Ornithischia
Era
Tardo Cretaceo
Località
Mongolia
Ankylosauro trovato recentemente in Mongolia nei terreni del Tardo
Cretaceo. Come tutti gli Ankylosauri, Dinosauri corazzati, era quadrupede
ed erbivoro.
ARCHAEORNITHOMIMUS
Nome e
ARCHAEORNITHOMIMUS, letteralmente significa:
significato
Archae-Ornitho = antico uccello, Mimus = mimare
Classificazione Coelurosauria, Theropoda, Saurischia
Era
Tardo Cretaceo
Località
Stai Uniti e Mongolia
Dinosauro-struzzo degli Ornitomimidi, vissuto durante il Tardo Cretaceo in
Mongolia e in America.
Bipede e onnivoro, conosciuto solo per pochi frammenti dello scheletro
ritrovati, le sue misure sono sconosciute.
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BACTROSAURUS
Nome e
BACTROSAURUS da Bactro = ramo + sauro, sta a
significare l’inizio di una nuova linea di dinosauri
significato
Classificazione Hadrosauridae, Ornithopoda, Ornithischia
Era
Cretaceo
Località
Mongolia
Uno dei più antichi Adrosauri a becco d’anatra conosciuti.
Era un carnivoro, bipede, 4 m di lunghezza e 2 m di altezza a livello delle anche.
È vissuto in Mongolia durante il Cretaceo.
BAGACERATOPS
Nome e significato
BAGACERATOPS, dal mongolo Baga = piccolo,
Ceratops = cornuto
Classificazione
Protoceratopsidae, Ceratopsia, Ornithischia
Era
Tardo Cretaceo
Località
Mongolia
È un Protoceratops quadrupede, erbivoro, di piccole dimensioni (1 m circa)
vissuto in Mongolia nel Tardo Cretaceo.
CHILANTAISAURUS
Nome e significato
CHILANTAISAURUS, dal nome del lago Chilantai
in Mongolia
Classificazione
Carnosauria, Theropoda, Saurischia
Era
Tardo Giurassico e Cretaceo inferiore
Località
Mongolia e Cina
Un Carnosauro con artigli a gancio e zampe a 3 dita.
Questo Carnosauro bipede è parente prossimo dell’Allosauro americano. È
vissuto durate il Tardo Giurassico e il Cretaceo inferiore in Mongolia e in
Cina.
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DYOPLOSAURUS
Nome e significato
DYOPLOSAURUS Dyo-oplon = doppia armatura +
sauro, alludendo alla sua forma di difesa
Classificazione
Ankylosauride, Ankylosauria, Ornithischia
Era
Tardo Cretaceo
Località
Mongolia e Canada
Era un Ankylosauro erbivoro, quadrupede di medie dimensioni, aveva
un’armatura a scaglie d’osso e una protuberanza caudale a forma di mazza
con la quale si difendeva. Trovato in Mongolia e in Canada.
ELMISAURUS
Nome e
ELMISAURUS da Elmi che in mongolo significa piede
significato
+ sauro
Classificazione
Coelurosauro, Theropoda, Saurishia
Era
Cretaceo inferiore
Località
Mongolia
Il nome allude alla particolarità del suo piede.
Era un piccolo Celurosauro ritrovato nei sedimenti del Cretaceo inferiore in
Mongolia.
Conosciuto solo dai reti di n piede e di una mano.
Alto circa m 1-1.5, bipede, erbivoro
ERLIKOSAURUS
Nome e significato
ERLIKOSAURUS da erlik = un leggendario re
Lamaista + sauro
Classificazione
Ancora incerta – Carnosauria, Theropoda, Saurischia
(?)
Era
Tardo Cretaceo
Località
Mongolia
Un atipico Dinosauro carnivoro recentemente trovato in Mongolia con lungo
becco slanciato senza denti.
Questo carnivoro aveva collo e coda lunghi; l’andatura era alternativa
bipede.
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GARUDIMIMUS
Nome e significato
GARUDIMIMUS dal nome dell’uccello sacro della
mitologia indù
Classificazione
Coelurosauria, Theropoda, Saurischia
Era
Tardo Cretaceo
Località
Mongolia
Un Dinosauro molto primitivo (Ornithomimide), è conosciuto per il
ritrovamento di un cranio e frammenti dello scheletro, rinvenuti nel Tardo
Cretaceo in Mongolia. Un aggressivo carnivoro di circa 4 m di lunghezza,
bipede.
HOMALOCEPHALUS
Nome e
HOMALOCEPHALUS da homalós + kegalé = testa
significato
tondeggiante
Classificazione
Pachycephalosauridae,
Ornithopoda
o
Pachycephalosauria, Ornithischia
Era
Tardo Cretaceo
Località
Mongolia
Un Dinosauro Pachicefalosauro con il cranio a cupola. Bipede, erbivoro, di
piccole dimensioni.
INGENIA
Nome e significato
INGENIA, significato sconosciuto
Classificazione
Coelurosauria, Theropoda, Saurischia
Era
Tardo Cretaceo
Località
Sud-Ovest Mongolia
Un piccolo bipede Celurosauro molto simile all’Oviraptor, trovato nei
depositi del Cretaceo a sud-ovest della Mongolia. Carnivoro, si cibava
prevalentemente di uova come l’Oviraptor, insetti e piccoli animali.
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MICROCERATOPS
Nome e significato
Classificazione
Era
Località
MICROCERATOPS = Ceratopo di piccola taglia
Protoceratopsidae, Ceratopsia, Ornithischia
Tardo Cretaceo
Mongolia
Piccolo sauro cornuto, era un primitivo Protoceratops del Tardo Cretaceo
ritrovato in Mongolia. Bipede alternativo, con il cranio a becco di
pappagallo; si cibava di vegetali. Lunghezza 80 cm – 1 m circa.
MONGOLOSAURUS
Nome e significato
MONGOLOSAURUS = Sauro della Mongolia
Classificazione
Sauropoda, Sauropodomorpha, Saurischia
Era
Tardo Cretaceo
Località
Mongolia
Uno degli ultimi Dinosauri di grandi dimensioni, quadrupede, vissuto in
Mongolia durante il Tardo Cretaceo.
Conosciuto dai pochi frammenti ritrovati, è molto simile al Titanosaurus.
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OVIRAPTOR
Nome e significato
OVIRAPTOR = Ladro di uova
Classificazione
Coelurosauria, Theropoda, Saurischia
Era
Tardo Cretaceo
Località
Mongolia
Piccolo Coelurosauro del Tardo Cretaceo, questo Dinosauro era simile
all’Ornithomimus ma di dimensioni molto più piccole, infatti raggiungeva al
massimo 1,5 m di lunghezza.
Bipede con un cranio ben articolato e un largo cervello. Aveva un potente
becco senza denti che lo rendeva molto aggressivo nonostante le sue ridotte
dimensioni. La sua dieta era composta prevalentemente di uova di altri
Dinosauri, insetti, bacche ed era anche un probabile saprofago (mangiatore
di carogne).
OPISTHOCOELICAUDIA
Nome e significato
OPISTHOCOELICAUDIA =Coda con cavità
Classificazione
Sauropoda, Sauropodomorpha, Saurischia
Era
Tardo Cretaceo
Località
Mongolia
Il suo nome fa riferimento alla peculiarità della sua coda.
Era un enorme quadrupede, erbivoro, un Sauropode vissuto in Mongolia nel
Tardo Cretaceo.
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PINACOSAURUS
Nome e significato
Classificazione
Era
Località
PINACOSAURUS ?
Ankylosauridae, Ankylosauria, Ornithischia
Tardo Cretaceo
Mongolia
Uno dei più antichi Ankylosauridi (Dinosauri corazzati), avente placche
d’osso su tutto il corpo.
La sua coda terminava con un osso piatto dai bordi affilati con cui si
difendeva dagli attacchi dei predatori.
Lungo 3,5 m, questo quadrupede vagava per le aride distese durante il Tardo
Cretaceo e si cibava di piante coriacee. Ritrovato in Mongolia.
PRENOCEPHALUS
Nome e significato PRENOCEPHALUS = da premo + kefalé = a testa
bassa
Classificazione
Pachycephalosauridae,
Ornithopoda
o
Pachycephalosauria, Ornithischia
Era
Cretaceo
Località
Mongolia
Era un piccolo Pachycephalosauro del Cretaceo della Mongolia.
Questo dinosauro lungo circa 2 m era bipede, erbivoro ed è conosciuto per il
ritrovamento di un cranio a cupola completo.
70
PROBACTROSAURUS
Nome e significato PROBACTROSAURUS = Dinosauro che viene prima
dei Bactrosauri
Classificazione
Iguanodontidae, Ornithopoda, Ornithischia
Era
Tardo Cretaceo
Località
Mongolia
Era un Iguanodonte del Tardo Cretaceo e alcuni studiosi sono propensi a
crederlo un antenato degli Adrosauri.
Era bipede ed erbivoro.
SAICHANIA
Nome e
significato
Classificazione
Era
Località
SAICHANIA dal mongolo = bello, alludendo alla
tipologia inusuale di questo Dinosauro
Ankylosauridae, Ankylosauria, Ornithischia
Tardo Cretaceo
Mongolia
L’Ankylosauro, Dinosauro corazzato del Tardo Cretaceo, è fra i più
conosciuti per i numerosi ritrovamenti dei suoi fossili.
Coperto di placche ossee, la sua coda finisce in una mazza pesante con la
quale si difendeva dai predatori.
Erbivoro, quadrupede, raggiungeva i 7 m di lunghezza.
71
SAUROLOPHUS
Nome e significato
Classificazione
Era
Località
SAUROLOPHUS = Sauro + lofos = sauro con la
cresta
Hadrosauridae, Ornithopoda, Ornithischia
Tardo Cretaceo
Canada, Mongolia
Un Hadrosaurus con cranio crestato a becco d’anatra, del Tardo Cretaceo
della Mongolia. Di questo bipede erbivoro, lungo circa 6/7 m e alto 5 m, è
stato ritrovato uno scheletro completo in Canada e anche in Mongolia.
SAURORNITHOIDES
Nome e significato
Classificazione
Era
Località
SAURORNITHOIDES = sauro + ornitoide = a
forma di uccello
Coelurosauria, Theropoda, Saurischia
Tardo Cretaceo
Mongolia
Sauro simile ad un uccello per la sua forma e il suo becco.
72
Era un Celurosauro del Tardo Cretaceo.
Bipede, carnivoro, lungo circa 2 m, aveva lunghe dita, grandi occhi e
mandibola a forma di becco, aveva inoltre un cervello di grandi dimensioni e
probabilmente era fra i Dinosauri più intelligenti.
Simile, se non della stessa specie, allo Stenonychosaurus del Canada,
considerato uno dei più avanzati e sofisticati Celurosauri del Tardo Cretaceo.
Da questo Dinosauro il paleontologo Dale Russel ha ricostruito un prototipo
di Dinosauride simulando quello che sarebbe potuto succedere se i Dinosauri
non fossero scomparsi.
SEGNOSAURUS
Nome e significato
Classificazione
Era
Località
SEGNOSAURUS = forse dal latino segnis = pigro
o indolente
Carnosauria?, Theropoda?, Saurischia?
Tardo Cretaceo
Mongolia
Un nuovo tipo di Dinosauro, molto anomalo, ritrovato nei depositi del Tardo
Cretaceo in Mongolia.
Quadrupede, con la testa piccola e con becco senza denti, aveva collo lungo
e coda corta. Le zampe degli arti anteriori avevano tre dita e quelle posteriori
quattro con artigli curvi.
Lungo 9 m e alto dai 2,5 ai 3 m.
La sua classificazione è ancora incerta essendo un miscuglio di
caratteristiche primitive e nello stesso tempo “avanzate”.
73
TALARURUS
Nome e significato
TALARURUS = simile a una cresta
Classificazione
Ankylosauridae, Ankylosauria, Ornithischia
Era
Tardo Cretaceo
Località
Mongolia
Questo nome probabilmente gli è stato dato al momento della scoperta
dell’insieme di costole, per la loro sistemazione.
Era un Ankylosauro corazzato del Tardo Cretaceo, lungo circa 5,20 m,
quadrupede ed erbivoro. Il suo corpo era ricoperto da placche ossee e la coda
finiva in una mazza composta da protuberanze e da spine.
TARCHIA
Nome e significato
Classificazione
Era
Località
TARCHIA = termine mongolo indicante cervello
Ankylosauridae, Ankylosauria, Ornithischia
Tardo Cretaceo
Mongolia, Deserto del Gobi
Il suo nome deriva da un termine mongolo che significa cervello perché il
primo resto ritrovato di questo esemplare fu un cranio.
Era un Ankylosauro corazzato del Tardo Cretaceo ritrovato in Mongolia nel
Deserto del Gobi.
Aveva la testa triangolare e il corpo coperto di placche ossee e di spine
arcuate.
Considerato uno degli ultimi e più grandi Ankylosauri dell’Asia, lungo
probabilmente 6 m, questo quadrupede erbivoro possedeva una coda con
mazza finale che usava per difesa.
74
TYLOCEPHALUS
Nome e significato
TYLOCEPHALUS = tylo + kefalé = testa con
protuberanze
Classificazione
Pachycephalosauridae,
Ornithopoda
o
Pachycephalosauria, Ornithischia
Era
Cretaceo
Località
Mongolia
Il suo nome deriva dalla forma a cupola della sua testa.
Era un Pachicefalosauro i cui frammenti fossili sono stati recentemente
trovati nei terreni cretacei della Mongolia. Bipede, lungo oltre 2 m, erbivoro.
VELOCIRAPTOR
Nome e significato
Classificazione
Era
Località
VELOCIRAPTOR = Ladro veloce
Coelurosauria, Theropoda, Saurischia
Tardo cretaceo
Mongolia
Era un aggressivo Coelurosauro del Tardo Cretaceo della Mongolia, alto
circa come un uomo, bipede, provvisto di lunghe zampe era un veloce
corridore e si cibava di uova, piccoli animali ed insetti.
È passato alla storia della paleontologia perché è stato trovato allo stato
fossile, avvinghiato ad un Protoceratopo in una morsa fatale per entrambi.
75
TARBOSAURUS BATAAR
Nome e significato
Tarbo = rettile aggressivo
Bataar in mongolo = eroe
Classificazione
Carnosauria -Theropoda – Saurischia
Era
Maastrichtiano, Cretaceo superiore 72
milioni di anni
Località
Bügyin Tsav, Bayn Khongor Aimak
Questo Dinosauro bipede fa parte dei Carnosauri, i più grandi animali
carnivori che abbiano popolato la Terra. Il Tarbosauro è il cugino asiatico del
Tirannosauro americano. Le sue membra anteriori sono atrofizzate e
possiedono solamente due dite munite di 2 e 3 falangi. Di conseguenza tutta la
potenza dell’animale è situata nelle sue formidabili mascelle e nelle due
massicce zampe posteriori. Sul cranio, fra le narici esterne anteriori e l’orbita,
si aprono due finestre pre-orbitarie. Il collo è tozzo con vertebre munite di
grandi apofisi. Il bacino triradiato è formato da un pube la cui estremità
inferiore è provvista di una caratteristica paletta allargata. Nella zampa
posteriore i tre metatarsi si incastrano l’uno nell’altro per rinforzare la solidità
del piede. Nonostante il suo aspetto aggressivo alcuni scienziati tendono a
definirlo un saprofago, specializzato cioè nel divorare anche carogne. Il
Tarbosauro poteva raggiungere 10-12 m di lunghezza. È stato descritto per la
prima volta nel 1985 dal paleontologo russo Maleev. I resti di almeno 7
Tarbosauri furono raccolti da dai ricercatori dell’Istituto di Paleontologia
dell’Accademia delle Scienze dell’Unione Sovietica. Altri scheletri furono
raccolti successivamente da ricercatori polacchi e mongoli. Ci sono poche
differenze anatomiche fra il Tirannosauro americano e il Tarbosauro mongolo,
e alcuni studiosi sono tentati di riunire questi due generi in uno solo. Il fatto
che i primi siano conservati nei Musei dell’America del Nord e gli altri nei
Musei di Mosca e di Ulan Bator, è il motivo che fino a questo momento ha
impedito la comparazione sistematica dei due generi. Durante la missione
italo-franco-mongola del luglio 1991, numerosi resti di Tarbosauri sono stati
osservati nella vallata di Nemegt nel Sud-Ovest del Deserto dei Gobi, dove è
stato scavato ed esaminato un superbo scheletro con le osa in perfetta
sequenza anatomica. Le condizioni di fossilizzazione eccezionale hanno
permesso di osservare per la prima volta l’impronta della pelle del Tarbosauro
ben conservata sui sedimenti che attorniano lo scheletro. Ad Est del Deserto
dei Gobi il sito di Bügyin Tsav è particolarmente importante: situato in una
delle parti più desertiche del Gobi evidenzia, scavati dall’erosione eolica ed
esposti in superficie, numerosi scheletri di Dinosauro che rappresentano il
30% dei resti di altri animali fossilizzati.
76
GALLIMIMUS BULLATUS
Nome e significato
Galli-mimus = che imita il gallo
Bullatus = in quanto la su cresta è a forma di
bulbo
Classificazione
Ornithomimide – Coelurosauria – Theropoda
– Saurischia
Era
Maastrichtiano, Cretaceo superiore, 72
milioni di anni
Località
Ulan Khongor – Tsagan Khoshu, Sud del
Gobi
Questo Dinosauro gracile, bipede, appartiene alla famiglia degli
Ornitomimidi, creata dal celebre paleontologo americano Marsh nel 1890.
La rassomiglianza con gli scheletri dei grandi uccelli corridori terrestri, come
gli struzzi, spiega il termine che gli è stato dato. Il cranio alleggerito è
provvisto di una accentuata mobilità: il nome di Bullatus allude alla struttura
a forma di bulbo situata presso la scatola cranica di cui è dotata questa
specie. Le mascelle sono provviste di denti e la mandibola era certamente
ricoperta da un becco corneo. La colonna vertebrale conta 68 vertebre di cui
10 cervicali; le vertebre dorsali sono munite di cavità laterali.
Le braccia sono lunghe e terminano con tre dita munite di artigli che
probabilmente lo aiutavano nella predazione; le membra posteriori erano
invece molto lunghe e slanciate. Gli Ornitomimidi avevano delle ossa cave e
fragili, conseguentemente sono difficili da trovare e raccogliere.
Il giacimento del Deserto del Gobi, famoso per le favorevoli condizioni di
fossilizzazione, ha invece portato alla luce scheletri completi di cui anche i
crani sono ben conservati. Questi Dinosauri si muovevano rapidamente e si
stima che potessero raggiungere la velocità di 50 km all’ora. Erano
probabilmente onnivori e con un’agilità che permetteva di catturare
lucertole, piccoli mammiferi e insetti. Gli Ornitomimidi sono stati scoperti
per la prima volta nel Cretaceo dell’America del Nord. Essi sono presenti
anche in Africa, ma l’esplorazione del Deserto del Gobi ha fatto conoscere 3
nuovi generi di Ornithomimidi:
il Gallimimus nel 1972
il Garudimimus nel 1981
e un genere del Cretaceo Inferiore, Harpymimus, nel 1984.
In Asia sembra che i Dinosauri corazzati siano assenti dalle nicchie
ecologiche che erano frequentate dagli Ornitomimidi; i motivi sono ancora
sconosciuti. La loro lunghezza varia dai 3 ai 5 m con altezza di circa 2 m a
livello delle anche. Le orbite sono molto larghe e la loro vista doveva essere
eccellente senza però essere stereoscopica.
77
THERIZINOSAURUS
CHELONIFORMIS
Nome e significato
Therizinos = falce – Sauro
Cheloniforme = a forma di tartaruga
Classificazione
Segnosauridae (?) – Carnosauria (?) –
Theorpoda (?) – Saurischia (?)
Era
Campaniano, Cretaceo superiore – 72
milioni di anni
Località
Khermin Tsav, Bacino di Nemegt –
Sud del Gobi
Questo Dinosauro carnivoro gigante è conosciuto solo per le sue immense
braccia di quasi 3 m di lunghezza provviste di grandi artigli appiattiti
lunghi 70 cm. Molte ipotesi si sono formulate per riuscire a conoscere il
modo di vita, l’andamento, la morfologia di questo strano rettile gigante.
Secondo alcuni studiosi, utilizzava questi grandi artigli per distruggere i
termitai e mangiarne gli insetti. Una spedizione sino-canadese ha appena
scoperto uno scheletro completo di questo Dinosauro che doveva
assomigliare ad una specie di formichiere gigante bipede il cui bacino, molto
specializzato, era già stato descritto da altri e collocato in una nuova
famiglia: quella dei Segnosauridi. Un animale impressionante, di cui si
attendono nuove scoperte e nuovi studi per definirlo morfologicamente,
completarne la classificazione e comprenderne il comportamento.
DEINOCHEIRUS
MIRIFICUS
Nome e significato
Deinos = terribile, Cheirus =mano
Mirificus = mirabile
Classificazione
Deinocheiriadae – Carnosauria? – Theropoda
– Saurischia
Era
Campaniano – Maastrichtiano, Cretaceo
superiore, 72 milioni di anni
Località
Formazione di Nemegt, Gobi
Le braccia giganti di questo Dinosauro che misuravano m 2,60 di lunghezza
sono state rinvenute dai membri della spedizione polacco-mongola nella
valle di Nemegt. Questo Dinosauro è stato collocato in una famiglia
particolare poiché le mani (dotate di 3 dita con potenti artigli) sembrano più
prensili di quelle degli Ornitomimidi. Non si conosce il resto dello scheletro
del Deinocheirus che, probabilmente, era impressionante.
78
PSITTACOSAURUS
MONGOLIENSIS
Nome e significato
Psittako = pappagallo (sauri con becco
a pappagallo)
Classificazione
Psittacosauridae – Ceratopsia –
Ornithischia
Era
Aptiano – Albiano, Cretaceo inferiore,
110 milioni di anni
Località
Khuren Duk, Gobi centrale
Questi piccoli Dinosauri (1,5 m di lunghezza) con il becco a pappagallo, fanno
parte di una famiglia che ha vissuto nel Cretaceo inferiore 110 milioni di anni
fa. Sono dei piccoli Dinosauri erbivori e la loro morfologia ci permette di
comprendere come Dinosauri bipedi all’inizio del Cretaceo abbiano potuto
dare origine a pesanti Dinosauri a corna (Ceratopsia) del Cretaceo superiore.
Lo scheletro, ad eccezione del cranio, è molto primitivo: le membra anteriori e
posteriori sono quelle di un bipede facoltativo. Il cranio possiede un becco di
pappagallo molto caratteristico ed è munito di un osso chiamato rostrale.
Scoperto per la prima volta dalle spedizioni americane in Asia, questo
Dinosauro fu descritto dal paleontologo Osborn nel 1923. Gli Psittacosauri
occupano un posto importante nella storia dell’origine dei Dinosauri a corna
Ceratopsia (o Ceratopi). Questa importanza è stata evidenziata recentemente
grazie ai nuovi studi sul materiale raccolto in Cina e in Mongolia e pubblicato
da Maryanska e Osmolska (1975) e Sereno (1986). Le narici sono piccole e
poste molto in alto sul cranio: i denti, con la corona smaltata, sono trancianti e
presentano delle usure che indicano il regime alimentare a base di piante
coriacee. In effetti alcuno gastroliti (pietre lisce che si trovavano
probabilmente all’interno di un ventriglio e che aiutavano la macerazione del
cibo) rinvenuti insieme a due scheletri di Psittacosauro, confermano questo
tipo di alimentazione.
79
PROTOCERATOPS
ANDREWSI
Nome e significato
Il primo Dinosauro a corna dedicato al
paleontologo americano Andrews
Classificazione
Protoceratopsidae
–
Ceratopsia
–
Ornithischia
Era
Campaniano, Cretaceo superiore, 72 milioni
di anni
Località
Bajan Dzag, Tugrogin Shireh
Questi Dinosauri, che hanno per antenati gli Psittacosauri, erano quadrupedi
erbivori.
La loro lunghezza varia da 1 a 2,5 metri. Il loro cranio visto dorsalmente è
triangolare ed è provvisto di un becco sdentato. Anteriormente il rostro
possedeva una superficie rugosa che doveva portare un corno in vita.
Si consoce molto bene l’anatomia di questi Dinosauri, per il gran numero di
crani e scheletri che sono stati raccolti e si possono così seguire tutti gli stadi
della loro crescita, dal piccolo nato fino all’adulto.
Gli studi sulla variazione della forma del cranio nel corso della crescita
hanno permesso di separare i crani in due categorie che evidenziano il
dimorfismo sessuale nei maschi rispetto alle femmine.
Il Protoceratops viveva in un ambiente fatto di dune, di laghi e di fiumi
stagionali, in un clima caldo e semiarido.
Alcuni studiosi pensano che una specie di gorgiera (impalcatura ossea posta
all’indietro sulla testa), giocasse un ruolo di protezione del collo
permettendo allo stesso tempo l’attacco dei muscoli potenti per la
masticazione di piante coriacee.
Alcuni di questi Protoceratopi sono stati ritrovati perfettamente fossilizzati
per il fatto che erano caduti in sabbie mobili. Il Protoceratopo diventò
famoso dalla spedizione polacco-mongola nel 1971, che ritrovò un fossile di
questo Dinosauro avvinghiato ad un Velociraptor, che stava predando il suo
nido, in una morsa fatale dove entrambi trovarono la morte.
80
ADROSAURO
Esemplare di ADROSAURO (o Dinosauro a becco di
anitra) appena nato
Classificazione
Specie sconosciuta
Era
Cretaceo superiore, 72 milioni di anni
Località
Tugrogin Shireh
Esemplare eccezionalmente ben conservato di un Adrosauro appena nato. Si
pensa che questi giovanissimi individui rimanessero nei pressi del nido con
gli altri membri della covata e che i genitori rimanessero presso di loro per
qualche tempo per proteggerli ed aiutarli a nutrirsi.
PROTOCERATOPS ANDREWSI
Esemplare appena nato
Classificazione
Protoceratopsidae – Ceratopsia –
Ornithischia
Era
Cretaceo superiore, 72 milioni di anni
Località
Dzamin Khond,Sud del Gobi
La dimensione di questo piccolo Protoceratops evidenzia ciò che era un
Dinosauro appena nato. Numerosi esemplari, raccolti nel Gobi, permettono
di seguire tutti gli stadi della crescita, dagli individui più giovani come
questo, agli esemplari adulti.
NIDO DI UOVA DI DINOSAURI
Classificazione
Specie sconosciuta
Era
Cretaceo inferiore, 110 milioni di anni
Località
Giacimento di Algui Ulan Tsav, Sud del Gobi
Covata di un Sauropode sconosciuto: queste uova larghe e sferiche, disposte
in più file successive, sono attribuite ad un Dinosauro Sauropode.
NIDO DI PROTOCERATOPS ANDREWSI
Classificazione
Protoceratopsidae – Ceratopsia – Ornithischia
Era
Cretaceo superiore, 72 milioni di anni
Località
Khermin Tsav, Sud del Gobi
Le uova allungate sono attribuite al Protoceratops e sono state deposte due a
due; erano in posizione verticale o obliqua all’interno del nido
probabilmente per permettere gli scambi gassosi fra l’uovo e l’ambiente
circostante, per mezzo dei numerosi pori del guscio.
81
MAMMIFERI PRIMITIVI Sono rappresentati da vari generi che sono stati
- MULTITUBERCOLATI raggruppati in famiglie, ma tutti appartenenti al
sottordine dei Taeniolaboidea, definito dalla
struttura della mandibola, dall’incisivo inferiore
parzialmente ricoperto di smalto, dalla forma
del palato e dalle proporzioni del cranio.
Questi multitubercolati (simili a roditori) sono
mammiferi primitivi che si evolvono soprattutto
nel Cretaceo superiore e sono così chiamati per
la serie di molari provvisti di molte cuspidi.
SLOANBAATAR MIRABILIS
82
Kielan-Jaworowska 1970 Bajan
Dzag,
formazione
Djadochta,
Campaniano, Cretaceo superiore – 72
milioni di anni, definito a partire da
un cranio, una mandibola dalla
dentatura completa.
Un esemplare di cranio è stato
ritrovato nel 1991 dalla Missione
italo-franco-mongola.
Il muso anteriormente è subrettangolare
con
un
forte
allargamento a livello delle orbite che
sono limitate nella parte superiore e
posteriore da un leggero gancio postorbitale.
La mascella inferiore è relativamente
esile con un forte incisivo; lo smalto
lo ricopre interamente, ma è molto
sottile sulla faccia dorsomediana.
Il primo incisivo superiore è di
misura modesta e il secondo incisivo
superiore era collocato sul palato.
KRYPTOBAATAR
DASHZEVEGI
Bajan Dzag, formazione Djadochta, Campaniano,
Cretaceo superiore.
Questo mammifero multitubercolato è conosciuto per
mezzo di due crani e una mandibola incompleti con
dentatura integra.
Un cranio è stato ritrovato dalla Missione italo-francomongola nel 1991. Misura del cranio 30 mm circa.
Il muso è rettangolare, non ristretto anteriormente alle
orbite che sono limitate nella parte nella parte anteriore
da un live gancio post-orbitale. Le arcate zigomatiche
non sono estese. La mandibola è massiccia: il primo
incisivo superiore è abbastanza forte e il secondo
incisivo è collocato sul palato. L’incisivo inferiore è
robusto e lo smalto è limitato alla faccia ventrolaterale. Lo studio del bacino di questa specie (con
l’angolo puboischiatico molto acuto), ha permesso di
stabilire la viviparità dei Multitubercolati per l’estrema
piccolezza del neonato. La sottoclasse dei Prototeri,
alla quale appartengono insieme ai Triconodonti e agli
attuali Monotremi (come l’ornitorinco e l’Echidna) è
invece ovipara, rispetta cioè nella riproduzione
l’origine rettiliana, depone uova ma allatta i piccoli
nati come mammiferi.
83
Appendice iconografica
I cammelli del Gobi, la passione dell’Autore
85
I cammelli e un accampamento di nomadi
86
Un pastore nomade di cammelli
Serpente Corridore Coluber Spinalis
87
Zona stepposa-desertica (semi-deserto)
Zona desertica
88
Oasi del deserto
Cammello selvatico Camelus Bactrianus Ferus
89
Asino selvatico dell’Asia Equus hemionus
Altai - Gobi
90
Leopardo delle nevi / Irbis Uncia Uncia Le marcate ed alte cime montuose dei Gobi
Altai ospitano questo raro felino, il più grande di questa categoria animale (fino a 40
kg) scoperto in Mongolia. Il leopardo delle nevi abita anche nelle alte aree
montagnose degli Altai Mongoli e le catene dei Khangai. Sembra che il raggio
d’azione del leopardo delle nevi si sia ridotto in Mongolia, probabilmente a causa
della caccia di frodo e quindi alla diminuzioni di alcune specie di prede quali ibex e
argali. Con lo scomparire di tali prede, il leopardo delle nevi è costretto a cercare altre
fonti di cibo come ad esempio animali domestici. Questo felino è stato catalogato tra
le specie in pericolo dall’Unione Mondiale della Protezione (Conservazione). I
ricercatori stimano la presenza di 500-700 esemplari in Mongolia, ma è necessaria
un’ulteriore ricerca.
Jerboa – Undici specie di jerboa popolano i due settori della riserva del Grande Gobi.
Il gruppo principale di questi jerboa costituisce le specie endemiche dei deserti asiatici
centrali. Questi piccoli animali notturni sono in grado di saltare fino a 3 metri di
lunghezza. I jerboa hanno un udito molto fine e grandi occhi per vedere nel buio
91
Takhi/Cavallo Przewalskii Equus Przewalskii – Il Takhi, o Cavallo Przewalskii, è
l’ultimo vero cavallo selvatico nel mondo, il parente selvatico dei cavalli domestici
che si trovano in tutto il mondo. Quando verso la fine degli anni ’60 il Takhi
scomparve dal Gobi, al mondo rimase una piccola popolazione in cattività di cavalli
che provenivano solamente da 13 animali. Da allora i programmi di allevamento in
zoo e riserve in tutto il mondo hanno aumentato il numero degli elementi in cattività
fino a 1200 del tipo marrone dorato e dalla lunga criniera nera. Oggi vi sono
programmi internazionali di reintroduzione del takhi in due zone della Mongolia. La
prima a Takhiin Tal nel Gobi Dzungarian, e l’altra nella foresta stepposa nella riserva
naturale del Monte Khustain. Questo programma ha portato a 60 il numero di Takhi
ora presenti in Mongolia
Geco dalla coda squamata Teratoscincus Przewalskii
92
Saxaul / Zag Haloxylon ammodendron Il Saxaul è un cespuglio che gioca un ruolo
importante in ambito ecologico nelle zone semi-desertiche e desertiche della
Mongolia. Quasi senza foglie. Gli “alberi” di saxaul crescono tra i 2 e 4 metri nella
sabbia, nelle valli rocciose o sui pendii. In alcuni luoghi molti saxaul crescono in una
stessa area dando luogo alle cosiddette “foreste di saxaul” che coprono circa 4,5
milioni di ettari della Mongolia meridionale.
Queste foreste aiutano a proteggere i fragili suoli del Gobi da danni ed erosioni, a
regolare l’apporto idrico ed a fungere da barriera al movimento della sabbia.
Forniscono inoltre un habitat per gli animali e legna per la gente del luogo.
Tuttavia, le foreste di saxaul in Mongolia sono minacciate dalla crescente aridità. La
crescita delle foreste è calata drasticamente negli ultimi 25 anni e l’area ricoperta è
notevolmente diminuita. La raccolta di arbusti di saxaul da utilizzare come legna da
ardere è aumentata anche a causa dell’impennata dei prezzi del carbone e di altri
combustibili. Sono necessarie fonti alternative di combustibili per ridurre la pressione
sulle foreste di saxaul rimaste.
93
Parco Nazionale Gobi Gurvansaikhan (Le tre bellezze del Gobi)
Gazzella mongola Procapra gutturosa – l’Area a Severa Protezione della Mongolia
orientale è la locazione per uno dei più splendidi spettacoli della natura selvatica. Si
calcola che tra 300.000 e 1 milione di gazzelle vivano nelle steppe orientali della
Mongolia. Durante il tardo autunno mandrie di 40.000 gazzelle attraversano la
riserva. I biologi stimano che soltanto 50 anni fa molti milioni di gazzelle mongole
coprivano la steppa della Mongolia. Ora tuttavia il numero è di gran lunga inferiore
soprattutto a causa di una limitazione di habitat e di barriere alla migrazione,
compresi i recinti che si estendono lungo le linnee ferroviarie. La Riserva della
Mongolia Orientale protegge solo una piccola parte dell’area stepposa originaria. La
parte restante – comprese le aree critiche di riproduzione per le gazzelle – non è
tutelata.
94
Cammelli
Il lupo
95
Il grande deserto di Gobi
96
Nomadi allevatori di capre del chachemire
97
Il cimitero dei dinosauri
98
Il Gobi infinito
99
Il geco del Gobi
Le gazzelle del Gobi
100
Le dune di sabbia
101
Il Gobi dopo le piogge
102
Cammelli dei nomadi
103
I grandi depositi di rame e terre rare
Il Gobi è popolato da molti serpenti prede dei falchi
L’ingresso della valle delle aquile
104
Un nomade attraversa il Gobi
Le dune di sabbia
105
Accampamento di pastori di cammelli
L’oasi di acqua di cammelli e nomadi
106
Un antico monastero alla fine del 1800 d.c. nel Gobi
Il deserto infinito
Dune e zone secche
107
I rettili popolano il grande deserto
Un inverno nel Gobi
108
L’area del deserto del Gobi è particolarmente ricca di cammelli a due gobbe
Aree secche
109
Una famiglia di nomadi si trasferisce
Sullo sfondo il Gobi - Altai
110
Il Gobi - Altai
Il Gobi - Altai
111
I branchi di cammelli al pascolo
Cammelli selvatici
Il cammello bianco
112
Gazzelle
Gazzelle
Asini selvatici
I molti serpenti del deserto
113
La vegetazione trattiene l’avanzamento del deserto
Pastori
114
Il porcospino divoratore di lucertole
Il rarissimo orso del Gobi Mandalai dichiarato estinto, attualmente
si contano 30 esemplari
115
Un miraggio
Il cielo è sempre azzurro
116
Un branco di asini in fuga
117
Il saxaul, con le sue lunghe radici ferma la desertificazione della Mongolia centrale
118
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