IL DESERTO DI GOBI
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IL DESERTO DI GOBI
ALDO COLLEONI ROEHRICH IL DESERTO DI GOBI EDIZIONI ITALO SVEVO - TRIESTE Aldo Colleoni, Accademico onorario dell’Accademia delle Scienze della Mongolia, della Federazione Russa, del Khazakistan, dell’Accademia Bonifaciana di Anagni, dell’Accademia Templare, dell’Accademia della Concordia di Madrid, di San Ignacio de Loyola dell’Argentina, membro del Senato Accademico e Preside dell’Istituto di Cultura Indigena dell’Ateneo di lingua e cultura Guarani, istituto Universitario riconosciuto di interesse Nazionale dal Ministero della Cultura Paraguayano. Gran Diploma d’Onore al Merito per la Cultura concesso dal Protettorato della Chiesa Cattolica Apostolica Ortodossa Orientale Assiro Caldea. Professore Emerito della Moscow University. Cavaliere Accademico con Gran Diploma al Merito per la cultura e le scienze dell’Atheneo Aragonese. Ministro d’Onore d’Italia, Console Onorario e delegato culturale per la Mongolia dell’Imperial Academy of Russia, membro del Consiglio Direttivo della Convention of World Mongolians, membro dell’Accademia di studi Sciamanici della Mongolia e dell’Istituto per studi Teosofici di Ulaanbaatar, Docente alla Zokhiomj University della Mongolia, Presidente dell’Accademia Italiana Nicolai Roehrich. Con il contributo di: In copertina: il deserto di Gobi © 2011 by Edizioni «Italo Svevo» Trieste, Corso Italia, 9 (Galleria Rossoni) 34122 Trieste - Tel. 040.630330 - 040.630388 - Fax 040.370267 http://www.librisvevo.it - e-mail: [email protected] 2 Indice Presentazione............................................................................................. pag. 7 Introduzione ..................................................................................................... 9 Il deserto di Gobi ........................................................................................... 19 La flora ........................................................................................................... 19 Le alghe .......................................................................................................... 21 Le piante medicinali del deserto di Gobi usate nella medicina tradizionale .................................................................. 21 La fauna endemica ......................................................................................... 25 Il pastore mongolo ......................................................................................... 27 Gli uccelli ....................................................................................................... 29 I rettili ............................................................................................................. 30 I dinosauri nel Gobi ....................................................................................... 30 Alla ricerca di dinosauri nel deserto di Gobi (1921-1991).......................... 41 Primi incontri nelle steppe dell’Asia centrale .............................................. 41 Le ricerche paleontologiche in Mongolia..................................................... 42 La spedizione italo-franco-mongola ............................................................. 47 Presenza antropica ......................................................................................... 49 Conclusioni..................................................................................................... 51 Allegati – Schede dinosauri........................................................................... 64 Appendice iconografica................................................................................. 85 Bibliografia................................................................................................... 119 3 A Caterina e Paola Presentazione 7 Introduzione L’IPERBOREA La Professoressa Blavatsky, più volte citata anche da Roehrich, sosteneva che nella regione artica nel 8000 a.c. le condizioni climatiche fossero tali da assicurare la possibilità di vita del popolo dei biondi, forti ariani dagli occhi azzurri e dalla statura alta che popolavano l’area artica ed in particolare il gruppo di isole vicino la penisola di Cola, Atlantide, ora chiamato arcipelago di Solovetski, parzialmente inabissato come gia scriveva Platone e oggi anche il Professor Alexander Voronin, Presidente della società Russa per lo studio dei problemi di Atlantide. La capitale dell’Impero degli Ariani si chiamava Thule e dopo la catastrofe che colpì Atlantide gli ariani si spostarono a sud in varie direzione come vedremo nelle diapositive che integreranno questa lezione particolare per gli argomenti che tratta ma non possiamo nascondere o dimenticare che molti scienziati della organizzazione “Die Schwarze Sonne” sostennero e sostengono l’origine extraterrestre del Popolo Divino della Luce, dei Sumeri, della stessa Casa Imperiale del Giappone. Uno degli studiosi più affermati era in questo settore il Professor Herman Wirth che si dedicò allo “Raum, Geist, Tod und Erbe des nordrassischen Indogermanentums”. Importanti furono i contatti tra Ahnenerbe e la cultura Tibetana Lamaista con la creazione in germania del più importante centro di studi esistente in europa di Buddismo e di rituale Tantra del Kalachakra, ma i veri depositari degli studi esoterici è senza dubbio il gruppo Die Schwarze Sonne. Anche Roehrich nel 1925 condusse ricerche parallele ad Ahnenerbe sugli Altai in Mongolia, nel deserto di Gobi ed in Tibet. L’ETÀ DELL’ASSE PERPENDICOLARE Una teoria sostiene che un tempo l’asse terrestre non fosse inclinata ma che ruotava con l’asse perpendicolare al piano della orbita attorno al Sole, pertanto l’orbita era di 360 giorni, il giorno sempre di 12 ore e il clima alla stessa latitudine costante senza stagioni come da fig.1a, mentre dopo lo spostamento dell’asse terrestre si formarono le quattro stagioni Nella prima fase l’artico era abitabile e vi si trovava Iperborea e Ataltide. Leggete su questo argomento Joscelyn Godwin. Questa teoria potrebbe 9 confermare che a nord del pianeta le condizioni ambientali consentivano ad un popolo di vivere, gli Ariani secondo alcuni, esseri eterei ed immortali secondo altri. Questa, secondo Jean Phaure era l’età dell’Oro. Ma l’età dell’asse perpendicolare finì tra immani cataclismi e anche René Guénon (1886-1951) condivise la teoria della Blavatsky sulla fine di Iperborea, del monte Meru e di Atlantide come pure Francis L. Thompson. Tutti, anche Jean-Sylvain Bailly e Jurgen Spanuth, collocarono Atlantide ed Iperborea al Polo Nord, secondo Madame Blavatsky abitata dalla Prima Razza di esseri eterei ed immortali come ricordato dallo stesso Platone. La Blavatsky scrisse: “Noi uomini abbiamo imparato a vivere in ogni clima, sia esso freddo o tropicale, ma le prime due Razze non avevano nulla da spartire con il clima né erano condizionate da qualunque temperatura o da sue modifiche. E così, ci viene insegnato, gli uomini vissero alla fine della Terza RazzaRadice, quando un’eterna primavera regnava sul mondo intero...”. Per darvi un quadro di riferimento del pensiero degli autori citati chiudiamo questa prima parte riassumendo i periodi della evoluzione secondo il loro pensiero: 62800-36880 a.c. - Età dell’Oro (Krita Yuga) prima che l’uomo assuma forma corporea. 36880-17440 a.c. - Età dell’Argento (Treta Yuga) Iperborea. 17440-4480 a.c. - Età del Bronzo (Dvapara Yuga) fine di Atlantide 10800 a.c. colonie atalantidee, inizia la scrittura. 4480 a.c.-2000 d.c. - Età del Ferro (Kali Yuga) prossimo inizio di un nuovo ciclo per il genere umano. La terra è stata quindi popolata dal Nord verso il Sud, gli Sciti sono la nazione più antica dalla quale discendono i cinesi, gli atlantidi e gli egizi. Gli sciti sono originari dai monti Altai in Mongolia da dove secondo Roehrich ha origine la vita per il grande magnetismo di provenienza celeste e di carattere esoterico dove ancor oggi vivono i Neandertal. LA PATRIA DEL NORD Dobbiamo agli studi di Jean-Sylvain Bailly (1736-1793), se sostenne che gli antichi di Egitto, Caldea, Cina, India fossere i depositari di una grande cultura che era però solo una piccola parte di una cultura superiore che proveniva dal Nord molto prima il tempo del Diluvio e che coincideva per le indicazioni astrali che vi si potevano trovare nel periodo dell’origine dello stesso zodiaco cioè nel 4600 a.c. Dalla Patria del Nord traeva origine anche il mito della Fenice che ogni anno volava dal Nord fino l’Etiopia dove 10 nidificava per poi ritornare al Nord. La Fenice simbolo del Sole moriva e rinasceva perpetuamente come il Sole scomapariva e risorgeva dopo 65 giorni nelle zone oltre il Circolo Polare Artico ove poi splendeva per 300 giorni ad una latitudine di 71°. Questa teoria è anche sostenuta da Olaus Rudbeck (1630-1702) che riprende la leggenda di Adone che viene inviato da Giove dove il Sole manca per quattro mesi all’anno cioè alla latitudine di 79°. Tutte queste leggende secondo Bailly attestavano che nelle popolazioni del Sud esisteva una memoria storica della loro origine razziale nel lontano Nord. Anche secondo gli studi del reverendo William F.Warren, rettore della università di Boston nel 1885 sostenne nel “Paradise Found” la teoria della origine polare del genero umano dove si trovava l’Eden della razza umana al Polo Nord, un continente scomparso durante il Diluvio che causò la migrazione dei superstiti verso il sud. Warren scrisse: “Chiunque cerchi come probabile localizzazione del Paradiso il luogo più celestiale sulla Terra in rapporto alla luce e all’oscurità, ed anche allo scenario celeste, deve essere pago di cercarlo al Circolo Polare Artico. Ivi è la vera Città del Sole. Ivi v’ha il solo e unico luogo della Terra cui parrebbero riferirsi le parole del Creatore, dette a proposito della sua residenza suprema: Là non vi sarà mai notte”. Warren colloca molti simboli nel Paradiso Polare quali: le Colonne di Atlante, la Spina Dorsale della Terra, la Zangola, il Tronco dell’Albero Cosmico, la Lancia di Alessandro, la Colonna Irminsul, la Torre di Crono, il Fuso della Necessità, i Sette Gradini della Scala dell’Iniziazione Mithraica. Anche Bàl Gangàdhar Tilak (1856-1920) colloca la dimora Artica nel 4500 a.c. secondo le posizioni astrali menzionate nei Veda. La cronologia nella quale Tilak colloca l’uomo artico è: 10000-8000 a.c. - Distruzione della dimora artica causata dall’ultima era glaciale. 8000-5000 a.c. - Periodo Aditi o Krita Yuga migrazioni in Nord Europa e Asia. 5000-3000 a.c. - Periodo di Orione e degli Inni Vedici. 3000-1400 a.c. - Periodo Krittika del Taittiriya Samhità e dei Bramini. 1400-500 a.c. - Periodo dei Sutra pre-Buddhista. H.S.Spencer nella sua pubblicazione “The Aryan Ecliptic Cycle” del 1965 colloca lo stanziamento degli Ariani nella loro Patria Polare durante il periodo interglaciale dal 25628 a.c. al 292 a.c. Gli Ariani furono costretti ad abbandonare le regioni Artiche con l’avanzare del freddo causato dai grandi cataclismi del 10000 a.c. che distrussero le civiltà di Atlantide e di Lemuria e attorno al Mare di Gobi provocando la discesa degli Ariani verso sud in Asia fino a conqiustare e stabilirsi verso l’8500 a.c. in Battriana con capitale Balkh. 11 THULE Già Olaus Rudbeck nel XVII secolo collocava Atlantide vicino alla Svezia, gli atlantidi o iperborei gli abitanti. Anche Tacito nel suo volume Germania scrisse: “Condivido l’opinione di coloro che reputano che i germani mai si siano uniti in matrimonio con altre nazioni; ma che siano una razza pura, non di sangue misto, e dotata d’un peculiare carattere. Da ciò una somiglianza tra i suoi membri, benchè il loro numero sia tanto grande: occhi gravi e azzurri; capelli rossastri; corpi imponenti...”. I tre studiosi che si dedicarono in modo particolare alle ricerche legate alla città e civiltà di Thule furono Guido von List (1848-1919), Jorg Lanz von Liebenfels (18741954) e Rudolph von Sebottendorff (1875-1945). Lanz nel 1907 fondò l’Ordine dei Nuovi Templari mentre von Sebottendorff creò l’Ordine di Halgadom e Walter Nauhaus il 17 agosto 1918 la Thule Gesellschaft. L’antroposofia e la teozoologia, la ariosofia e la Società del Vril furono ideate in quel periodo storico. Julius von Evola (1898-1974) contribuì a consolidare la teoria solare delle origini nordiche dei guerrieri: “Il ricordo di questa sede artica è patrimonio di molti popoli, nella forma sia di allusioni reali geografiche, sia di simboli della sua funzione e del suo significato originario, spesso passati-come si vedrà-ad un piano superiore, ovvero applicati ad altri centri suscettibili ad essere considerati come riproduzioni della prima(...)”. Soprattutto va rilevata l’interferenza del tema artico col tema atlantico, del mistero del Nord col mistero dell’Occidente, poichè la sede principale successa al Polo tradizionale originario sarebbe stata appunto atlantica. Si sa che per la causa astrofisica costituita dall’inclinazione dell’asse terrestre si ha epoca per epoca uno spostarsi dei climi.(...) In ogni modo, il gelo e la lunga notte non scesero che ad un dato momento sulla regione polare. Allora, con l’emigrazione da questa sede, che si impose, il primo ciclo si chiuse, si aprì il secondo ciclo, si iniziò la seconda grande era, il ciclo atlantico. Per quel che riguarda l’emigrazione della razza boreale vanno distinte due grandi correnti, l’una dal Nord al Sud, l’altra-successiva- da Occidente verso Oriente. Portando dovunque uno stesso spirito, uno stesso sangue, uno stesso corpo di simboli, segni e voci, gruppi di Iperborei raggiunsero dapprima l’America del Nord e le regioni settentrionali del continente euroasiatico. A distanza di decine di migliaia di anni una seconda grande emigrazione sembra essersi spinta fino all’America Centrale, ma soprattutto che sia calata in una terra oggi scomparsa situata nella regione atlantica, costituendovi un centro ad imagine di quello polare (...) A tale riguardo si deve dunque essenzialmente parlare di una gente e di una civiltà nordico-atlantica (...). 12 In “Subterranean Worlds” Walter Kafton-Minkel nel 1989 sostiene che la città sotterranea di Thule è tuttora esistente e che è stata raggiunta sul finire della seconda guerra mondiale da due aerei tedeschi al punto 103 del circoloro polare artico dove esisterebbe una città ben organizzata costruita dal Reich dalla quale partirebbero ogni tanto quegli aviogetti chiamati dai profani UFO. I rifornimenti provengono da simpatizzanti degli Stati Uniti membri della organizzazione segreta 666. La città militare di Thule continuerebbe a lavorare a pieno ritmo per preparare lo scontro con Israele. Gli Ariani di Atlantide e dell’Artide sarebbero dunque al lavoro come sostiene l’Ufficiale SS Gutmann. LA BASE ANTARTICA E AGARTTHA Dopo il grande cataclisma che distrusse Iperborea, come sostenne anche Hausohofer, una parte dei superstiti fondarono nel Gobi all’epoca abitabile Agarttha distrutta da una catastrfe naturale probabilmente sismica 2000 anni fà ma anche questa volta parte degli abitanti continuarono a vivere sottoterra probabilmente nelle cavità sotto gli Altai dove anche l’Autore sostiene esistere un popolo chiamato Almas o Neandertaliani che conviverebbe con l’Homo Primigenus così denominato da un Accademico di Mongolia. Jean Marques-Riviere sostenne nel 1930 che il centro spirituale del mondo si trovasse in Tartaria o Tibet: “Ora, il centro del potere sovrumano ha un riflesso sulla Terra; è una tradizione costante in Asia, e questo Centro è chiamato Agarttha in Asia Centrale. Ha molte altre differenti denominazioni che ora non serve ricordare. Questo Centro ha una missione, o piuttosto una sua ragione d’essere, la direzione delle attività spirituali della Terra”. Nel Bulletin des Polaires del 9 giugno 1930 troviamo che il portavoce della Blavatsky ispiratrice di Nikolaj Roehrich, parente dell’Autore, rispose alla domanda: I Tre Saggi Supremi ed Agarttha esistono? La risposta è: “I Tre Saggi esistono e sono i Custodi dei Misteri della Vita e della Morte. Dopo quaranta inverni trascorsi in penitenza per i peccati dell’umanità e come sacrificio per le sofferenze dell’umanità, si possono avere speciali missioni che permettono di entrare nel Giardino, in preparazione della scelta finale che apre le Porte di Agarttha”. Notiamo la coincidenza esoterica tra la morte in Asia Centrale di Roehrich e la nascita del pronipote figlio di Marija Jolanda Roehrich, che si recò per quaranta anni nel Gobi dal 1970 al 2010 per poi iniziare la via iniziatica e trovare sotto gli Altai il popolo delle caverne protetto dai profani di tutto il mondo in attesa che ritorni chi governerà il Mondo come dal Mito del 1206. 13 Con la teoria della terra cava molti sostengono che vi sia un collegamento tra i due poli e città sotterranee anche in sud America ancora abitate e in contatto con la base 103, Raymond Bernard. SHAMBHALA La definizione più autorevole è certamente quella data nel 1981 da Sua Santità il Quattordicesimo Dalai Lama: “Il Kalachakra Tantra è strettamente connesso al Paese di Shambhala, ai suoi novantasei distretti, ai suoi re e ai loro seguiti. Eppure, se consultate una carta geografica e cercate Shambhala, non la troverete; si tratta infatti di una terra pura che, salvo coloro i cui Karma e meriti li hanno resi degni, non può essere vista nè visitata”. Ancora nel libro di Dzyan ritroviamo la tesi che colloca sull’isola al centro del Gobi Shambhala dove anche la Blavatsky e Roehrich ritenevano fosse. “Gli ultimi superstiti dei bei figli dell’Isola Bianca erano periti ere prima. I predestinati, avevano trovato rifugio nell’isola sacra (Shambhala nel deserto dei Gobi), mentre alcune delle loro razze maledette, separandosi dal ceppo principale, vivevano ora nelle giungle e nel sottosuolo (homo primigenus negli Altai), quando la dorata razza gialla (la quarta) divenne a sua volta nera per i suoi peccati. Da Polo a Polo la terra aveva cambiato faccia per la terza volta...”. Man nel 1913 sostiene che la città venne fondata nel 70.000 a.c. dal Manu, sacerdote e re fondatore della Razza Ariana, sulle rive del Mare di Gobi con l’Isola Bianca al centro fatta di materia eterica. LA PIETRA NERA Il 5 agosto 1927, la spedizione di Roehrich in Mongolia avvista nel distretto di Kukunor un UFO è il primo avvistamento del secolo. Il Lama che era con loro disse “Giungerà qualcuno veramente grande nel 1936” e Roehrich riportò la profezia che si riferiva agli Ariani e in questo caso a Hitler nel suo “Heart of Asia”. Roehrich nella sua missione cercava la Pietra Nera o Pietra del Graal o Pietra Filosofale, in realtà era un meteorite si dice proveniente da Sirio che fino il ‘900 si trovava ad Urga poi venne trasferita nella torre di Rigden-jyepo da dove emette radiazioni benefiche per l’umanità, mentre i pezzi più piccoli della Pietra Nera circolano sulla Terra conservando il proprio legame magnetico con la parte più grande come sostiene anche Joscelyn Godwin. Sembra secondo una leggenda mongola che la pietra o parte di essa sia stata anche posseduta da Re Salomone, 14 dall’Imperatore Akhbar, da un Imperatore Cinese e da Tamerlano il Grande. Ancor oggi in quella che era Urga l’antica capitale della Mongolia oggi UlaanBaatar è attiva la Società di Studi Teosofici ed Esoterici. ANTARTIDE Gli scritti di Kircher, Serrano, l’esplorazione aerea del comandante Byrd, la scoperta di Neuschwabenland, i segreti della Terra della Regina Maud, gli studi di Oronzo Fineo, le teorie della polarità del Nord e del Sud sono tutte teorie che in qualche modo sostengono anche la presenza della cavità Antartica e che andrebbero approfondite anche dopo i viaggi organizzati dallo Zar di Russia che diedero vita all’Ordine dei Cavalieri di Ghiaccio o di Antarticland. LA SWASTIKA La swastika è un simbolo universalegià a partire dall’età del bronzo. È sufficiente rappresentare il ciclo notturno dell’Orsa Maggiore e Minore nelle quattro direzioni dello spazio e nelle quattro stagioni per poter vedere la forma della swastika. In oriente molto diffusa e in tutti i territori abitati da Ariani. In Oriente esisteva l’Ordine della Croce Mistica fondato in Tibet nel 1027 a.c. e diffuso in forma segreta in tutto il Mondo, ancor oggi presente ed attivo in un Paese dell’Asia Centrale. Può avere due significati, se rivolta a sinistra è la Ruota del Sole d’Oro mentre se rivolta a destra viene definita la Ruota del Sole Nero. Nicola Roehrich e Anagarika Govinda constatarono che la swastika con i bracci a sinistra veniva usata dalla religione Bon-Po, mentre quella rivolta a destra veniva usata dai buddhisti. Il filosofo francese Taoista Matgioi, Albert de Pouvourville trasse da questa simbologia anche la teoria dell’elica evolutiva nota anche come spirale evolutiva condivisa da molti scienziati. LO ZODIACO Alcuni sostengono come Godwin, che i nomadi e gli iperborei nel loro continuo migrare al seguito degli animali da cacciare non avessero bisogno e quindi non conoscessero la matematica, inquanto non necessaria considerando che non coltivavano la terra e di conseguenza non avevano uno 15 zodiaco. Anche Voltaire sostiene questa tesi come Giorgio de Santillana e Hertha von Dechend o Schwabe che collocarono in Mesopotamia nel V millenio a.c. l’inizio degli studi astrologici e zodiacali collegati alle necessità della agricoltura. Ma l’annuale percorso del sole e degli equinozi era ben nota agli animali che i nomadi cacciatori seguivano dai tempi degli iperborei e degli sciti e da questi gli uomini nomadi impararono e memorizzarono gli spostamenti delle costellazioni connessi prima che all’agricoltura mesopotamica alla caccia nell’artico. John Michell e Christine Rhone sostengono nel 1991 in: “Twelve-Tribe Nations and the Science of Enchanting the Landscape” che tutte le culture solari del mondo hanno origine attorno al 4000 a.c. quando Ariete divise in 12 parti lo zodiaco con 12 Dei ognuno preposto ad un segno zodiacale. Precedentemente il Guardiano dell’Orsa Maggiore era Arcturus o Artù e la Tavola Rotonda di Glastonbury era formata da sette isole sacre. Il passaggio dagli iperborei ai solari avvenne in questo periodo quando la Tavola fu trasformata in un zodiaco di 12 settori con al centro l’isola di Avalon e Artù con 12 nobili Cavalieri eroi solari. Katherine Maltwood nel 1935 sosteneva che i Celti fossero iperborei e il Re Artù derivasse da Arktos, figlio di Uther Pendragon il cui nome deriva dalla costellazione polare del Drago. Ricordiamo che ancor oggi nelle culture Celtiche e Mongole la Stella Polare, Alpha Draconis è considerata la più importante quella che indica agli umani la via da seguire. Artù come Apollo che giunse in grecia come iperboreo e poi divenne dio del Sole. Anche Mithra è un iperboreo che nasce da una pietra celeste cioè da un frammento di meteorite o coda di cometa. Noi ora sappiamo per certo che l’origine della vita sulla terra si è formata in acqua quando frammenti di code di comete portarono le prime molecole origine della vita terrestre. La mitologia confermava già alcune migliaia di anni prima di Cristo l’origine celeste della vita ed in particolare dei fatui iperborei e degli uomini in continua evoluzione. I miti asiatici che attribuiscono ancor oggi l’origine della Dinastia Imperiale del Giappone ad una discendenza solare è esatta se riferita alla luminosità solare di certe code di comete cadute sulla terra e nei mari costituitisi dallo scioglimento dei ghiacci portati dalle comete. Le sette stelle dell’Orsa Maggiore guidate dalla Stella Polare rappresentano secondo la Liturgia Mithraica le sette sfere trasparenti : Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno che l’anima doveva attraversare per compiere come descritto nel Poimandres, il tragitto dopo la morte verso Zurvan il dio al di là della circonferenza cosmica e del tempo come sostenevano i Sassanidi 226-652 d.c. e che noi chiamiamo il Grande Architetto dell’Universo. L’anima dell’iniziatico per raggiungere Zurvan deve superare i sette guardiani del Tempio, le sette sfere trasparenti che sono 16 rappresentate da Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno che possiamo definire le sette fatiche. LA CONFRATERNITA ERMETICA DI LUXOR La Blavatsky che faceva parte della Confraternità, ebbe modo di studiare le teorie di Sampson Arnold Mackey con le quali sosteneva i cicli dell’inclinazione assiale della durata di 25.000 anni durante i quali l’asse del Polo Nord traccia un cerchio attorno al Polo celeste fisso nella costellazione del Drago e contemporaneamente una diminuzione di un grado ogni 6000 anni dell’inclinazione terrestre. Secondo Mackey raggiungeremo l’Eta dell’Oro tra 150.000 anni mentre l’Età dell’Orrore tra 400.000 anni. Molte altre notizie su questa teoria condivisa dalla “Confraternita Ermetica di Luxor” di carattere esoterico sono contenute nel saggio “La Chiave Ermetica” opera del segretario della Confraternita Thomas H. Burgoyne. Molti Teosofi condividono le teoria dell’Ordine segreto anche ai giorni nostri sulle prossime mutazioni terrestri. La teoria di Alfred Wilks Drayson spigava come con un singolo movimento sia possibile il moto precessionale che la diminuzione angolare dell’obliquità elittica. I CATACLISMI DELLA BLAVATSKY E ROEHRICH Le catastrofi chiudono ogni Magnus Annus (Isis Unveiled 1877) 10.800 (Erodoto), 13.894 (Lino) o secondo la Blavatsky 12.960. I cambiamenti climatici portano terremoti, maremoti, grandi catastrofi naturali, estinzione di specie animali e umane, trasformazione in senso evolutivo di adattamento al nuovo clima per altre. La teoria della Teosofia della Blavatsky prevede infatti un ciclo di sette Razze-Radice (The Secret Doctrine 1885-1888). Tutti i cambiamenti sono dovuti allo spostamento dell’asse terrestre in modo repentino, tanto da causare la scomparsa di Iperborea per far posto a quella che viene definita terza razza o Lemuriana. “Secondo gli antichi insegnamenti, l’asse della Terra cambia gradualmente la sua inclinazione rispetto all’eclittica, e nel periodo cui si fa riferimento (albori della terza razza), quest’inclinazione era tale che un giorno polare durava per tutto il periodo della rivoluzione della Terra attorno al Sole, fin quando sopravveniva una sorta di crepuscolo di breve durata; dopo di che le terre polari riassumevano la loro posizione direttamente sotto i raggi solari. Ciò può sembrare l’opposto di quanto insegna e spiega oggi 17 l’astronomia: ma chi può dire che cambiamenti nel moto della Terra, che non hanno luogo oggi, non si verificassero milioni di anni fa ?” Ciò accade verso la fine del Miocene, 850.000 anni fà. Sarà quindi un analogo disastro come l’inversione dei Poli a por fine alla nostra civiltà. Wegener prima e poi Charles Hapgood in “The Path of the Pole (1970)” propose la teoria dei poli erranti ancora di grande attualità. Ricordiamo come fù concreto il progetto di Ordine Nero dello spostamento del polo Nord magnetico e come Horbiger creò uno schermo riflettore delle onde telluriche. Anche le previsioni di Edgar Cayce sui cambiamenti climatici si stanno puntualmente avverando anche per le attività della civiltà sedentaria industrializzata. CONCLUSIONI Ci rendiamo conto che questa introduzione è stata impegnativa, ma abbiamo voluto ricordare gli studiosi più importanti della Teosofia e Esoterismo per consentirvi di approfondire la ricerca individuale su una materia affascinante per tutto il mondo e che riflette i misteri del Grande Architetto dell’Universo e delle Sue Opere, dobbiamo lavorare alla ricerca della verità e alla nostra e vostra elevazione spirituale. 18 Il deserto di Gobi Nella lingua mongola il nome Gobi indica una depressione del suolo generalmente sabbiosa, da questo è derivato il nome del grande deserto dell’Asia centrale che si estende per quasi 3500 km. Dalla Manciuria alle falde del Pamir. Il Deserto di Gobi ha una altitudine che oscilla da un minimo di 900 m. ad un massimo di 1400 m. caratterizzato da un clima molto secco e da scarse precipitazioni. Poca pertanto l’acqua dolce mentre sono presenti piccoli laghi salati, anche le falde contengono sia acqua dolce che salata a diverse profondità. Grandi masse rocciose di colore rossastro affiorano dal terreno ghiaioso e sabbioso che caratterizza questo grande deserto che si colloca nella parte meridionale della Mongolia. L’altopiano di Gobi è percorso, durante i primi mesi dell’anno, da un forte vento che supera spesso i 150 km/ora di velocità trasportando grandi quantità di sabbia rossastra verso sud. Le precipitazioni raggiungono i 150 mm, l’escursione termica è molto elevata sia tra il giorno e la notte sia tra l’estate e l’inverno e va da –40° a + 40°. Il Gobi è diviso dalla catena dell’Altai in due parti: il Gobi occidentale e il Gobi orientale. Il primo è caratterizzato da rilievi e si colloca tra l’Altai e il Nan-shan includendo i deserti del Turkestan orientale e della Zungaria mentre il secondo, meno montagnoso e più ondulato si colloca tra l’Altai e il Khingan. Il grande deserto abitato dai mongoli, da mongol-hol il cui significato è : valorosi, è attraversato dal fiume Kerulen che garantisce acqua durante tutto l’anno, mentre altri fiumi più piccoli scompaiono nel sottosuolo per molti mesi. LA FLORA Il Gobi non è tutto desertico, vi sono estese zone semidesertiche in particolare tra gli Altai e gli Hangayn prima della steppa. In queste zone c’è vegetazione che raggiunge anche altezze di 4-5 metri come l’haloxylon ammodendron il kalidium gracile, la stipa orientalis, l’artemisia frigida, l’astragalo , nelle zone più umide il rabarbaro rheum palmatum. 19 Ciuffi di erbe xerofile sono presenti in gran parte del deserto. Dal punto di vista fito-geografico possiamo suddividere il deserto di Gobi nelle seguenti regioni: - regione della depressione dei grandi laghi costituita da steppa desertica dello Juungar-Turania; - regione di steppa desertica del Gobi orientale con vegetazione caratteristica del deserto; - regione della steppa desertica del Gov’-Altai con vegetazione desertica; - regione del deserto Gov’-Alshaan con vegetazione dell’Asia orientale; - regione del Gobi trans-altaico con vegetazione desertica dell’Asia centrale; - regione dello Juungar-Gobi con cespugli salini, deserti di efedre e artemisia. Nel Gobi è presente una vegetazione composta da: - graminacee Aristida pennata - ciperacee Carex physodes - euforbiacee Euphorbia chamaesyce Inoltre possiamo anche trovare il Convolvulus eremophilus, l’Haplophylum obtusifolium e le famiglie dell’Anabasis brevifolia e della Salsola passerina. Particolarmente importante per l’effetto antidesertificante prodotto dalle lunghe radici che per trovare l’acqua possono raggiungere i quindici metri di profondità è l’acacia delle sabbie (Ammondendron conollyi). La zona del Gobi trans-altaico si caratterizza per la presenza della specie arborea Populus diversifolia e Incarvillea potaninii e per gli arbusti saxacel (Haloxylon ammondendron), nitre (Nitraria sphaerocarpa), efedra (Ephedra przewalskii), in piccole quantità è presente la Juniperus sabina, la Iljinia regelii, la Stellaria dichotoma, la Gymnocarpos przewalskii, la Saxifraga hirculus, la Rhodiola rosea, la Saussurea involucrata, la Tugarinovia mongolica; endemica e rara la Amygdalus mongolica, la Potaninia mongolica, la Ammopiptanthus mongolicus, la Cistanche deserticola. Nella zona di Alashan Gobi cresce la Caragana brachypoda e la Oxytropis grubovii mentre nel Gobi-Altai e nel Zuungariin Gobi la Cragana gobica e nel hargiin Gobi la Halimodendron halodendron. La Peganum harmala cresce nel Trans-Altai Gobi, pure la rarissima Elaeagnus moorcroftii ha come habitat questa zona, ma le autorità della Repubblica Popolare di Mongolia hanno predisposto la coltivazione in laboratori sperimentali per evitare l’estinzione. Rischia l’estinzione anche la 20 Olgaea leucophylla ed anche in questo caso sono previste misure per la reimpiantazione. Buoni risultati sono stati raggiunti dal Giardino botanico di Ulaanbaatar nella reintroduzione del Allium altaicum in particolare nella zona del GobiAltai. In quasi tutta l’area dell’Asia centrale cresce la Cynomorium songaricum, mentre endemica è la Brachanthemum gobicum e la Jurinea mongolica. LE ALGHE Nella provincia di Dornogobi e Omnogobi crescono le alghe Nematonostoc flagelliforme vengono anche coltivate e utilizzate per uso alimentare e farmaceutico. LE PIANTE MEDICINALI DEL DESERTO DI GOBI USATE NELLA MEDICINA TRADIZIONALE Molte piante medicinali assumono grande importanza nella medicina tradizionale unitamente a sostanze di origine animale e minerale, nel Gobi sono presenti Abutilon theophrasti Aconitum barbatum Adonis sibirica Agriophyllum pungens Aleuritopteris argentea Allium altaicum Amaranthus retroflexus Ammopitanthus mongolicus Amygdalus mongolicus Androsace septentrionalis Aquilegia viridiflora Arabis pendula Arenaria capillaris Artemisia annua Artemisia argyi Artemisia frigida Artemisia macrocephala Malvaceae Ranunculceae Ranunculaceae Chenopodiaceae Liliaceae Amaranthaceae Leguminosae Rosaceae Primulaceae Ranunculaceae Cruciferae Caryophyllaceae Compositae Compositae Compositae Compositae 21 Artemisia mongolica Artemisia ordossica Artemisia pectinata Artemisia santolinifolia Artemisia scoparia Artemisia sieversiana Asparagus gobicus Astragalus mongolicus Astragalus tibetianus Atragene sibirica Berberis sibirica Calystegia hederacea Cannabis ruderalis Caragana tibetica Caryopteris mongolica Chiazospermum erectum Cistanche deserticola Clematis intricata Convolvulus arvensis Corydalis sibirica Cotoneaster mongolica Cuscuta chinensis Cymbaria dahurica Cynanchum sibiricum Cynomorium songaricum Delphinium grandiflorum Descurania sophia Dodartia orientalis Dracocephalum foetidium Elaeagnus moorckroftii Ephedra equisetina Ephedra przewalskii Ephedra sinica Equisetum hyemale Equisetum rammosissimum Eragrostis pilosa Eritrichium pauciflorum Erodium stephanianum Erysimum cheiranthoides Erysimum diffusum 22 Compositae Compositae Compositae Compositae Compositae Compositae Lilliaceae Leguminosae Leguminosae Ranunculaceae Berberidaceae Convolvulaceae Cannabaceae Compositae Verbenaceae Papaveraceae Orobanchiaceae Ranunculaceae Convolvulaceae Papaveraceae Rasaceae Convolvulaceae Scrophuliaceae Asclepiaceae Cynomoriaceae Ranunculaceae Cruciferae Scrophuliaceae Labiatae Elaeagnaceae Ephedraceae Ephedraceae Ephedraceae Equisetaceae Equisetaceae Gramineae Boraginaceae Geraniaceae Cruciferae Cruciferae Erysimum flavum Erysimum hierioifolium Euphorbia humifusa Euphorbia lunulata Euphrasia tatarica Ferula bungeana Galium verum Gentiana algida Gentiana barbata Gentiana decumbens Gentiana squarrosa Geranium collinum Geranium pratense Glycyrrhzia uralensis Gnaphalium baicalense Halerpestes sarmentosa Heracleum dissectum Heteropappus altaicus Hibiscus trionum Hippophae rhamnoides Hippuris vulgaris Hyoscysmus niger Incavillea potaninii Inula salsoloides Iris lactea Isatis tinctoria Jurinea mongolica Lagotis altaica Lappula intermedia Larix sibirica Lemna minor Leontopodium ochroleucum Leonurus deminutus Leonurus sibiricus Lepidium apetalum Lepisorus clatnratus Limonium aureum Linaria buriatica Lonicera altaica Malva mauritiana Cruciferae Cruciferae Euphorbiaceae Euphorbiaceae Scrophulariaceae Umbelliferae Rubiaceae Gentianaceae Gentianaceae Gentianaceae Gentianaceae Geraniaceae Geraniaceae Leguminosae Compositae Ranunculaceae Umbelliferae Compositae Malvaceae Elaeagnaceae Hippuridaceae Solanaseae Bignoniaceae Compositae Iridaceae Cruciferae Compositae Scrophulariaceae Boraginaceae Pinaceae Lemnaceae Compositae Labiatae Labiatae Cruciferae Polypodiaceae Plumbaginaceae Scrophuliaceae Caprifoliaceae Malvaceae 23 Melilotus suaveolens Mentha arvensis Myricaria alopecuroides Nepeta sibirica Nitraria shoberii Nitraria sibirica Olgea leucophylla Orchis salina Orobanche coerulescens Orostachys spinosa Oxyria digyna Panzeria canescens Panzeria lanata Parnassia palustris Pedicularis resupinata Peganum harmala Peganum nigellastrum Pentaphylloides fruticosa Physoclaina physaloides Plantago major Poa pratensis Polygala tenuifolia Polygonum aviculare Polygonum lapathifolium Polygonum viviparum Potentilla anserina Potentilla bifurca Primula farinosa Pugonium dolabratum Ranunculus scleratus Rheum undulatum Rheum compactum Rhodiola quadrifida Rhodiola rosea Ribes nigrum Rosa acicularis Rubia cordifolia Rumex crispus Salsola collina Saussurea amara 24 Leguminosae Labiatae Tamaricaceae Labiatae Zygophyllaceae Zygophyllaceae Compositae Orchidaceae Orobanchaceae Crassulaceae Polygonaceae Labiatae Labiatae Saxifragaceae Scrophuliaceae Zygophyllaceae Zygophyllaceae Rosaceae Solanaseae Plantaginaceae Gramineae Polygalaceae Polygonaceae Polygonaceae Polygonaceae Rosaceae Rosaceae Primulaceae Cruciferae Ranunculaceae Polygonaceae Polygonaceae Crassulaceae Crassulaceae Saxifragaceae Rosaceae Rubiaceae Polygonaceae Chenopodiaceae Compositae Saussurea involucrata Saxifraga hirculus Schizonepeta multifida Scirpus hippolytii Scorzonera divaricata Scrophularia insica Sedum aizoon Setaria glauca Setaria viridis Solanum septemlobum Sonchus arvensis Sophora alopecuroides Sphaerophysa salsola Sphallerocarpus gracilis Stellaria dichotoma Tamarix ramosissima Thalictrum foetidum Thlaspi arvense Thymus gobicus Tribulus terrestris Trollius asiaticus Ulmus macrocarpa Ulmus pumila Urtica cannabina Vaccaria segetalis Veronica anagallis-aquatica Veronica incana Xanthhhhhium sibiricum Youngia stenoma Compositae Saxifragaceae Labiatae Cyperaceae Compositae Scrophuliaceae Crassulaceae Gramineae Gramineae Solanaseae Compositae Leguminosae Leguminosae Umbelliferae Caryophyllaceae Tamaricaceae Ranunculaceae Cruciferae Labiatae Zygophyllaceae Ranunculaceae Ulmaceae Ulmaceae Urticeae Caryophyllaceae Scrophuliaceae Scrophuliaceae Compositae Compositae LA FAUNA ENDEMICA Il deserto di Gobi è abitato da numerosi animali tra i quali l’unico cavallo selvatico esistente al mondo: l’equus przewalskii da cui derivano i piccoli e resistenti cavalli mongoli utilizzati dai nomadi. Questo cavallo si trovava originariamente nella zona del Zuungariin Gobi tra le montagne di Tenger e l’Altai mongolo nella zona bagnata dai fiumi Manas e Urungu. 25 Le condizioni climatiche particolarmente difficili hanno costretto il cavallo di przewalskii tra il 1920 e il 1930 a migrazioni a nord del Gobi alla ricerca di pascoli e acqua. La caccia a questo animale è stata proibita già dal 1930 ma il numero si è ridotto anche per la caccia alla quale è sottoposto dai branchi di lupi. A partire dal 1992 è iniziato un programma per il reinserimento del Przewalskii con animali nati in cattività provenienti dai giardini zoologici di Olanda, Ucraina, Svizzera e Australia. Oggi la popolazione di Przewalskii raggiunge circa 1000 unità. Nel Gobi è presente anche l’asino selvatico emione o equus hemionus particolarmente adatto ad un clima secco con scarsa acqua e vegetazione. Questo animale si ciba prevalentemente di artemisia, anabasis, salsola, haloxylon e caragana. Come il cavallo anche l’asino selvatico migra in funzione delle condizioni climatiche. La caccia è proibita dal 1953 e attualmente è preda solo dei lupi, la popolazione di questo equide si aggira attorno alle 50.000 unità. Trovano il loro ambiente naturale nel Gobi anche il cammello habtagai (Camelus bactrianus ferus), gli argali (Ovis ammon), l’antilope delle steppe saiga tartarica e la gazzella della Mongolia gazzella gutturosa (Procapra gutturosa) la capra selvatica (Capra sibirica). Il cammello selvatico nel 1943 era stimato in 300 unità, nel 1960 in 500 unità, nel 1980 in 700, 1993 in 320 unità anche se la caccia è proibita dal 1930 ma il bracconaggio lo ha portato alla quasi estinzione. L’antilope delle steppe, presente numerosa nel Zuungariin Gobi si nutre prevalentemente di stipa, agropyron, caragana, artemisia govica, artemisia areneria, allium mongolicum, haloxylon ammodendron e kallidium foliatum. Vive in buon numero grazie anche alla proibizione della caccia datata 1930, nonostante l’elevata mortalità invernale dovuta a siccità e freddo e alla caccia a cui è sottoposta da parte dei lupi e dalle aquile numerose nella zona. L’antilope della mongolia (Saiga tatarica mongolica), si trova in gran parte del Gobi. Si nutre di anabasis brevifolia, artemisia govica e stipa glareosa e il suo habitat preferito si trova tra i 1100 e 2200 m di altitudine. Molto rara, anche se la caccia è stata proibita fin dal 1930 e proseguita illegalmente a causa del buon sapore della carne. La popolazione oggi stimata è di 1400 unità. La gazzella subgutturosa è abbondantemente presente in tutta l’area del Gobi in circa 60.000 unità e si trova fino 2700 m di altitudine sugli Altai. Si nutre prevalentemente di stipa, salsola e Haloxylon ammodedron e percorre il deserto in grandi branchi spesso falcidiati dai treni che percorrono la linea ferroviaria transmongolica che collega Ulaanbaatar e quindi Mosca e 26 l’Europa a Pechino nonostante la barriera di filo spinato, messa quale dissuasore per i branchi. Nelle steppe e sulle montagne trova il suo habitat preferito anche la pecora selvatica di montagna (Ovis ammon) la cui popolazione è di 40.000 unità. Questo resistente animale, dal quale probabilmente derivano molte delle razze di pecore di allevamento, si può trovare fino i 2500 m. di altitudine dove le temperature durante i mesi invernali raggiungono abitualmente i 40° sotto lo zero. Questa pecora selvatica rappresenta una fonte insostituibile di carne per il leopardo delle nevi, la lince, il lupo, l’aquila il cui habitat coincide con quello della pecora. Dove vive la pecora selvatica troviamo anche l’Ibex (Capra sibirica) un ungulato che raggiunge le 80.000 unità con le stesse abitudini alimentari della pecora di montagna e cacciato dagli stessi predatori. Nelle montagne di Tsagaan Bogd è presente l’orso del Gobi (Ursus arctos gobiensis ) Purtroppo in via di estinzione, nonostante non venga cacciato dal 1953 , il numero è in continua diminuzione anche per mancanza d’acqua e di risorse alimentari dovute al processo di desertificazione presente nel Tsagaan Bogd. Le rilevazioni effettuate dalle autorità della Repubblica di Mongolia attestano che nel 1960 gli Orsi di Gobi erano 20, nel 1970, 30 per poi aumentare nel 1980 a 60 ed infine ridursi solo a 30 esemplari nel 1990 e 25 nel 2006. Altrettanto precaria è la situazione del maiale selvatico (Sus scrofa nigripes) ridotto a poche centinaia di unità da una caccia spietata fino al 1970. Nel Gobi è presente nella zona della catena degli Trans-Altai Gobi. Vivono nel Gobi anche gechi, lucertole e ofidi Tra gli insetti coleotteri e lepidotteri. IL PASTORE MONGOLO Nel Gobi e in altre zone limitrofe vive il cane selvatico asiatico (Cuon alpinus) il cui numero non è noto in ogni caso è ridottissimo e rischia l’estinzione causata anche dalla caccia alla quale è stato sottoposto in passato in quanto predatore delle greggi assieme al lupo e al leopardo delle nevi. Gli ultimi avvistamenti risalgono al 1969 nella provincia di Omnogobi. Si ritiene possa ancora trovarsi anche nel Trans-Altai Gobi. La caccia a questo cane selvatico è stata proibita nel 1973. In Mongolia vive una particolare razza canina derivante dal cane selvatico: il Pastore di Mongolia, presente solo nei vasti territori delle steppe 27 e nelle zone frequentate dai nomadi, allevatori di cavalli, cammelli, renne, yak, pecore e capre del cachemire. Il pastore di Mongolia, generoso e forte, è un tipico cane da pastore che, oltre a evitare che animali affidati alla sua custodia si disperdano, protegge il bestiame dai continui attacchi dei lupi. Di taglia grossa, quasi sempre di colore nero, si riconosce facilmente per i cosiddetti “quattro occhi” che gli caratterizzano la testa. Il pastore Mongolo, pur simile al cugino pastore tibetano Garj, si differenzia sostanzialmente, costituendo una razza a parte ben conosciuta in Centro Asia e nei territori confinanti con la Mongolia. E’ un cane di ossatura grossa e cammina sempre dondolando la sua morbida e pelosa coda. Mangia tutto quello che i nomadi gli danno e non ruba nulla. Giorno e notte fa fedelmente la guardia alle macchine, alle tende e al bestiame. Durante la notte, segnala la presenza estranea abbaiando anche quando il visitatore è ancora lontano. Il pastore mongolo è pacifico e non dimostra mai cattivo temperamento sia nei confronti di altri cani che degli umani, ma se uno straniero cerca di entrare nella tenda interviene in maniera decisa. Quando sopraggiunge l’inverno trova rifugio solitamente negli allevamenti di bestiame. La gente del posto non lo porta mai via perché conosce la sua lealtà agli animali che ha in custodia e al loro proprietario, quindi lo nutre per tutto l’inverno e in cambio lui controlla le loro greggi dai lupi che girano intorno all’insediamento. Il muso sfregiato di ogni pastore mongolo “che si rispetti” è testimone dei combattimenti che ha sostenuto con i lupi. Sono stati addomesticati più di 12.000 esemplari ad uso dei nomadi sia per la caccia che per la protezione della tenda. Al momento i cani mongoli sono allevati negli aimag di: Hovd, Bayanhongor, Dornogov, Gov’Altai, Omnogov, Dundgov, Bayan, Ulgi, Ovorhangai, Arhangai e Zavkhan. Gli animali hanno solo una o due colorazioni del mantello. Nero con una macchia bianca sul torace vicino al cuore e beige con macchie sulle parti superiori delle zampe. Pesano tra i 30 e i 38 Kg. L’attività sessuale di questi cani si colloca nei mesi di dicembre-febbraio e nascono di media 5-6 cuccioli del peso di 400 grammi ciascuno. Recenti ricerche hanno evidenziato che il cane domestico fece la sua comparsa proprio in Asia centrale tra i 12 mila e 13 mila anni fa come risultato dell’addomesticamento del lupo avvenuto proprio in Mongolia circa 15 mila anni orsono. Pertanto tutte le attuali razze canine sembra derivino dal lupo mongolo prima e dal cane mongolo poi. Supporterebbe questa tesi la ricerca sul Dna di cani provenienti dall’Asia, dall’America, dall’Africa e 28 dall’Europa il cui risultato è stato che la maggior parte dei campioni ha evidenziato alcune similarità . Simili analogie le possiamo riscontrare negli uomini di molti continenti che sembra provengano tutti dall’Asia centrale. Nella regione zoogeografica del deserto di Gobi troviamo alcuni animali endemici tra i quali il ratto canguro (Euchoreutes naso), l’arvicola campestre (Lasiopodymys branditii) e il topo canguro di Kozlov (Salpingotus kozlovi). Sono molto diffusi anche l’Allactaga nataliae e sempre tra i roditori l’Allactaga bullata e il Cardiocranius paradoxus. In grande quantità sono visibili il criceto della Mongolia (Allocricetulus curtatus) il jird mongolo (Meriones unguiculatus) e il lemming przewalski ( Eolagurus przewalskii). In grandi branchi è presente la saiga mongolica (Saiga tatarica) appartenente alla sottofamiglia delle antilopi. Molto diffusa è anche il citello dell’Alaska (Citellus alaschanicus) simile alla marmotta. Il citello vive fino i 3200 m. di altitudine nel Gobi-Altai mentre l’area di distribuzione del Satunin è molto vasta ed è presente in grandi quantità. Endemico del Gobi è il ratto canguro (Euchoreutes naso) caratteristico per le lunghe zampe posteriori e per le grandi orecchie. Nel Gobi vivono due specie di topo canguro il Salpingotus crassicauda e il Dipus sagitta e i roditori jird (Meriones meridianus), il jiird tamarisk (Meriones tamariscinus) e il jird grande (Rhombomys opimus), il lemming giallo (Eolagurus luteus) e l’arvicola (Microtus lymnophylus). Tra i predatori del deserto dell’Asia centrale oltre all’orso del Gobi (Ursus pruinonus) ricordiamo il cane selvatico (Cuon alpinus) e il Vormela peregusna. GLI UCCELLI Il grande deserto è abitato anche da uccelli. La gazza di Henderson (Podoces hendersonii), ridotta di numero in quanto cacciata per le sue presunte qualità terapeutiche e vittima dei grandi incendi delle steppe. Il serrate (Syrrhaptes paradoxus), la monachella del deserto (Oenanthe deserti), il passero sassifrago (Passer ammodendri), l’otarda ubara (Chlamidotes undulata), il ciuffolotto del deserto (Bucanetes mongolicus). Il griffone Himalayano (Gyps himalayensis) è presente nelle montagne del Gobi in un limitato numero di esemplari non rilevato. Nel Gobi-Altai si trova in quantità ridotta anche il tetragallo (Tetraogallus altaicus) protetto dal 1953. Occasionalmente presente in numero limitato, 200-300 unità, è l’ubara (Chlamydotis undulata). 29 I RETTILI Anche i rettili sono presenti nel Gobi. Il serpente della steppa (Psammophie lineolata), il boa (Eryx tataricus), rettile notturno, il slender (Coluber spinalis) il geco stridente (Alsophylax pipiens), il geco przewalski (Yeratoscincus przewalskii)1, il geco del Gobi (Cyrtapodion elongatus) che vive tra le rocce ad una altitudine dai 700 ai 1300 m. I DINOSAURI NEL GOBI2 Da una ottantina d’anni a questa parte le ricerche paleontologiche in Mongolia si sono imposte all’attenzione degli esperti e del vasto pubblico. Ricordiamo le sensazionali scoperte paleontologiche effettuate all’inizio degli anni Venti nel Gobi, per quei tempi regione remotissima. Vennero rinvenuti scheletri fossilizzati di antichi animali quali dinosauri, mammiferi, coccodrilli, tartarughe, lucertole e, ritrovamento considerato il più suggestivo, uova di dinosauro. Tali scoperte coronarono le ricerche delle spedizioni in Asia centrale condotte dall’American Natural History Museum di New York. I partecipanti riconobbero il merito dell’accademico russo V.A. Obruchev che nel 1892, agli esordi della sua carriera scientifica, fu il primo studioso a scoprire dei resti di un animale antico nella Mongolia sudorientale. Secondo l’eminente geologo austriaco E. Suess si trattava di una specie di rinoceronte vissuto circa 40 milioni di anni fa. Alla scoperta dell’antica fauna centroasiatica in territorio mongolico contribuirono pertanto scienziati di vari paesi, fra i quali F.W. Richthofen (Germania) che operò in Cina per molti anni e costruì le basi della stratigrafia e della paleontologia degli invertebrati di questo paese. I lavori degli scienziati americani aprirono un varco nel mondo misterioso della storia del Gobi e rappresentarono il primo passo verso l’ampliamento degli orizzonti della paleontologia centroasiatica. 1 Molti animali e vegetali prendono il nome dal loro scopritore occidentale Nicolas Mikhailovitch Przewalski ufficiale russo in servizio in Asia centrale nella seconda metà del ottocento (1879). I mongoli conoscevano questi animali da sempre ma li identificavano con altri nomi. 2 Contributo del Professor Rinchen Barsbold dell’Accademia delle Scienze della Mongolia. 30 Ricerche successive portarono alla scoperta di una straordinaria varietà di vita organica antica nel territorio dell’Asia centrale. Gli ampi bacini lacustri e i fiumi ricchi d’acqua sono caratteristici del periodo del cretacico della storia geologica del Gobi (cioè da 130 a 65 milioni di anni fa, il periodo dello sviluppo dei dinosauri). Dopo la seconda guerra mondiale, il giacimento più importante fu scoperto dalla spedizione paleontologica dell’Accademia delle Scienze dell’URSS sotto la supervisione del paleontologo e scrittore I. A. Efremov. Il termine fino quel momento pressocchè ignoto di “Nemegetu”, che denota sia la regione del Gobi all’estremità sudoccidentale della Mongolia che il massimo giacimento euroasiatico di dinosauri, rappresenta oggi l’agognata meta dei paleontologi di tutto il mondo. Le scoperte si susseguirono apportando varietà alla tipologia dei dinosauri centroasiatici. Nessi, a malapena percettibili con fauna affine di altri continenti si definirono in modo sempre più significativo, fino a dimostrare specifici collegamenti con il Nord America attraverso l’antico istmo di Bering che univa i due continenti. I maggiori progressi nelle ricerche sui dinosauri mongolici si sono registrati negli ultimi 30 anni, con l’enorme espandersi della varietà dei ritrovamenti, grazie ai contributi di scienziati prima polacchi poi sovietici. Furono anni altresì caratterizzati dal sempre più vivo interesse dell’opinione pubblica gente per la paleontologia, l’antico mondo organico della terra; interesse forse da porsi in relazione alla crescente attenzione per la situazione ambientale del nostro pianeta. La nota, grande estinzione dei dinosauri ben prima della comparsa dell’uomo potrebbe servirci da monito, rammentandoci la fragilità degli equilibri nella vita della natura. La scoperta scientifica dei dinosauri risale a quasi un secolo e mezzo fa, un lungo periodo che ha permesso di studiare esemplari rinvenuti in Europa occidentale, America settentrionale, Africa e, da ultimo, Asia centrale. Questi straordinari animali con la loro ricca varietà comparvero sulla Terra circa 200 milioni di anni fa. Le varietà più antiche e primitive sono state rinvenute nei continenti meridionali che un tempo formavano il supercontinente Gondwana. Una delle più vaste zone a massiccio popolamento di dinosauri (negli ultimi stadi della loro evoluzione) si situava nella parte continentale dell’Asia. Il periodo cretacico sopra menzionato riflette appunto questi stadi. Prima delle scoperte in Asia centrale lo studio degli stadi finali dell’evoluzione dei dinosauri condotto sui molteplici reperti nord-americani non faceva sospettare l’esistenza di qualcosa di più ricco quanto a varietà. 31 Ciononostante, le ricerche paleontologiche in Asia centrale fecero intravedere subito, anche se in modo un po’ nebuloso, la presenza di gruppi di dinosauri maggiormente diversificati. Furono necessari il tempo e gli sforzi di molte grandi spedizioni per mettere a punto il metodo paleontologico della loro classificazione. All’eccezionale stato di conservazione delle ossa si deve sovente l’unicità di molti reperti locali che, rispetto ad altre fonti, forniscono spesso maggiori informazioni su questi rappresentanti del regno animale, interessanti soprattutto sotto il profilo biologico. A ciò si aggiunga che i dinosauri mongolici si contraddistinguono per la particolare ricchezza di forme. Le ricerche condotte in Mongolia sulla fauna centroasiatica hanno consentito di aggiungere pagine importanti alla scoperta dell’antico mondo organico della Terra. L’evoluzione dei dinosauri è uno degli esempi più entusiasmanti dello sviluppo prolungato di un gruppo caratterizzato da estrema varietà, vasta distribuzione e assimilazione di un’ampia gamma di nicchie ecologiche. Negli annali geologici dell’Asia centrale furono catalogati numerosi gruppi di dinosauri. I rappresentanti della fase più iniziale di evoluzione (triassico, circa 200 milioni di anni fa ) sono rari e comunque prevalentemente nelle zone meridionali di questa regione. Tranne una o due varietà, i dinosauri dell’Asia centrale sono complessivamente ben rappresentati dal gruppo mongolico che fornisce il quadro del variegato mondo di animali terrestri del periodo cretacico, probabilmente il più ricco di forme e indubbiamente il meglio studiato grazie alla sua lunga storia. Dei sette tipi principali (sottordini) di dinosauri tradizionalmente riconosciuti dalla scienza-Palaeopoda (prosauropoda), Sauropoda, Theropoda, Ornithopoda, Stegosauria, Ankylosauria, Ceratopsia-cinque sono presenti in Mongolia e sei in tutta l’Asia centrale. Non sono stati trovati né Paleopodi (o Prosauropodi), appartenenti ai primissimi periodi d’evoluzione, né i misteriosi Stegosauri, gruppo non ben studiato (presente in Europa, Nord America, Africa e recentemente scoperto anche nel Sud Est Asiatico) come del resto i veri “ dinosauri cornuti” assai diffusi nell’America settentrionale. Quanto però alle varietà carnivore del Cretaceo, la Mongolia è al primo posto nel mondo poiché rappresenta quasi tutte le specie note negli altri continenti oltre ad un intero gruppo trovato solo nel Gobi (comprendente circa i delle due dozzine di famiglie classificate dagli scienziati). Anche i gruppi erbivori del periodo cretacico di cui si è detto prima sono ampiamente rappresentati in Mongolia. 32 Tutto ciò sta a dimostrare che l’estremo picco evolutivo fu toccato dai dinosauri nella seconda metà del Cretaceo (dai 100 ai 65 milioni di anni fa) e l’Asia centrale sembra aver offerto condizioni più favorevoli per il loro insediamento: abbondanza di cibo vegetale e varietà di paesaggi con forte sviluppo di sistemi d’acqua dolce fornirono numerose nicchie ecologiche che furono sfruttate dai dinosauri. La regione offre inoltre buone possibilità di studiare le condizioni di interramento degli organismi animali. Questo particolare indizio scientifico sembra suscitare vasto interesse e il termine “tafonomia”- studio delle condizioni di conservazione di resti organici nelle cronache geologiche della terra – si è affermato nell’uso scientifico. Oltre a costituire un inestimabile oggetto paleontologico lo straordinario ritrovamento degli scheletri congiunti di due dinosauri, un Protoceratops (erbivoro) ed un Velociraptor (carnivoro) morti durante il combattimento, è anche il miglior esempio di un fenomeno tafonomico unico. I resti di due analoghi esemplari erano già stati rinvenuti separatamente in Mongolia, ma a questa emblematica testimonianza di “predatore-preda” (che illustra lo sviluppo della natura vivente del passato) si giunse grazie all’incredibile coincidenza dei diversi fattori che seguirono la loro morte. Paradossalmente la tafonomia, come sostiene I. A. Efremov, nega sostanzialmente ogni relazione viva fra gli esseri viventi ritrovati simultaneamente in una porzione di terreno, né l’interpretazione monosemantica di questo ritrovamento avrebbe messo in discussione questo assunto. Afferrata la testa della preda con gli artigli acuminati delle zampe anteriori, il predatore le squarciò ventre e torace con le zampe posteriori armate al secondo dito di un enorme artiglio. La funzione di questo artiglio era già stata dettagliatamente studiata da J. H. Ostrom (USA) sulla base del predatore americano definito Deinonychus, che significa “avente artigli spaventosi”. Il ritrovamento in Mongolia ha sostanziato la sua tesi, illustrando il modo in cui l’attaccante usava i suoi artigli rapaci. Resta però l’enigma del perché il combattimento finì in una patta fatale a entrambe i nemici. Tra le varie supposizioni ve n’è una che sembra avere maggiore plausibilità. Il predatore, giovane e inesperto, o per qualche ragione indebolito, conficcò troppo a fondo gli artigli nell’epidermide della vittima che cercò di trovare salvezza in un lago o palude. Qui entrambi furono rapidamente inghiottiti dal limo e dai sedimenti sabbiosi del bacino idrico dove, 80 milioni di anni più tardi, sarebbero stati riportati alla luce dai 33 paleontologi. Si tratta sicuramente della scena più eloquente della vita degli animali estinti di tutta la storia scientifica. E’ assiomatico che i mastodontici dinosauri predatori avessero zampe anteriori molto corte, come i Tarbosauri mongolici e i loro stretti parenti nordamericani, i Tirannosauri. Il tipico aspetto conferito dagli arti anteriori così minuscoli da scomparire sul tronco sormontato dal cranio massiccio con dentatura enorme, si presta alla scherzosa definizione di “bocca direttamente attaccata alle zampe anteriori” data da un paleontologo. Raggiungevano i 4/5 metri di altezza e i 10/12 metri di lunghezza. Questi giganteschi predatori potevano essere saprofagi, benchè questa supposizione contraddica la consolidata immagine di aggressori associata agli enormi dinosauri predatori. Tuttavia la struttura del cranio con ridotta mobilità di un certo numero di ossa, le deboli giunture fra le sezioni anteriore e posteriore della mandibola e la notevole riduzione delle zampe anteriori che non arrivavano alla bocca, mostrano che i Tarbosauri e tutto il gruppo dei Tirannosauri sviluppati nell’America settentrionale avevano limitate possibilità di attacco. I Tarbosauri si nutrivano esclusivamente di carogne; non sapevano cacciare animali vivi, né tanto meno aggredire prede di grosse dimensioni, anche se è questa l’idea corrente sui dinosauri. È assai probabile che ne Cretaceo non vi fosse penuria di carogne. Gli enormi e pesanti Sauropodi costituivano un cibo ideale per i predatori che assolvevano e contemporaneamente svolgevano, in quei giorni remoti, una funzione sanitaria di spazzini. In Mongolia è venuto alla luce un interessantissimo nuovo gruppo di dinosauri predatori muniti di arti anteriori giganteschi. Comprende il Therizinosaurus e il Deinocheirus (quest’ultimo significa “avere spaventose zampe anteriori”), dei quali finora però non si hanno molti reperti oltre alle ossa degli arti inferiori. Le zampe anteriori dei Deinocheirus raggiungevano i 3 metri di lunghezza e fra questi il Therizinosaurus si distingueva per gli enormi artigli, i più grandi di ogni altro animale vissuto sulla terra. Lunghi 60 centimetri, molto larghi, schiacciati ai lati e un po’ ricurvi, ricordano una spada o la lama di una falce. Letteralmente Therizinosaurus significa “Sauro falcia erba”. Non si sa quale fosse l’uso di simili artigli anche se ovviamente non servivano a tagliare l’erba. Quantunque inizialmente fossero stati erroneamente messi in relazione con le gigantesche Tartarughe di mare del Cretaceo, e quindi classificati come “Sauri simili a tartarughe”, queste specie 34 di dinosauri dagli enormi artigli furono inequivocabilmente incluse nel gruppo dei predatori solo 25 anni più tardi, in concomitanza con il recente reperimento di nuovo e più ampio materiale. Secondo A. K. Rozhdestvensky (URSS) i dinosauri “dalle spaventose zampe anteriori” potevano nutrirsi di termiti i cui nidi facevano a pezzi con i colossali artigli. Le zampe del Therizinosaurus però avevano anche muscoli e articolazioni ben sviluppati che consentivano movimenti vigorosi, come menare fendenti e lacerare rivestimenti e tessuti delle vittime. Non scarseggiavano certo i giganteschi dinosauri erbivori, pesanti dozzine di tonnellate. Se dunque i predatori con le zampe anteriori striminzite si nutrivano dei loro resti in decomposizione, i Therizinosaurus dotati com’erano di terrificanti mezzi offensivi cercavano prede da aggredire. Le cose avrebbero potuto anche andare diversamente però, dato che sulla vita dei dinosauri rimangono ancora troppi aspetti oscuri. Ancor più stupefacente è stata la recente scoperta di un Oviraptor con scheletro e cranio quasi completi avvenuta a mezzo secolo di distanza dal primo ritrovamento di un analogo esemplare non altrettanto ben conservato. Questo interessante esemplare è munito di mandibola priva di denti e di un becco massiccio simile a quello dei pappagalli giganti. La testa è munita di un elemento che ricorda una cresta ossea e l’ampio petto, come quello dello struzzo, si collega alla spalla mediante clavicola che, come negli uccelli, è arcuata e saldata. Grazie a tali peculiari caratteristiche l’Oviraptor era un dinosauro predatore alquanto diverso dai suoi consimili e, per struttura scheletrica, più simile agli uccelli. Recentemente G. Ostrom ha evidenziato in modo convincente l’affinità dei dinosauri con l’Archaeopteryx, il cui scheletro era praticamente identico a quello del dinosauro. L’Oviraptor ha dimostrato per la prima volta inequivocabilmente che molti tratti distintivi degli uccelli si sono formati inizialmente dei dinosauri predatori. Si tratta di un fatto essenziale a favore della teoria secondo cui gli uccelli presero origine dai dinosauri predatori. Il nome completo di questo dinosauro significa “mangiatore di uova di dinosauri cornuti”. La sua attribuzione al gruppo dei predatori, la mandibola senza denti ed il ritrovamento dei suoi resti su nidiate di uova di Protoceratos (“falsi” dinosauri cornuti, ossia privi di corna, dell’Asia Centrale) si deve a H. Osborn (USA). Studi successivi condotti sulla base di materiali ben conservati hanno mostrato che la mandibola priva di denti degli Oviraptor era però 35 potentissima, il che farebbe supporre un’alimentazione a base di molluschi d’acqua dolce a conchiglia dura di cui i bacini acquiferi del tardo Cretaceo abbondavano o, comunque, di cibo più consistente delle uova con il loro guscio sottile. Se l’Oviraptor non è stato rinvenuto oltre i confini del paese, e per questo viene considerato endemico della Mongolia, altri predatori senza denti, i cosiddetti dinosauri-struzzo, erano diffusi tanto in Asia Centrale che nel Nord America. Forniti di collo lungo, testa piccola, becco corneo e arti posteriori allungati, questi dinosauri avrebbero potuto ricordare davvero gli struzzi se non fosse stato per la lunga coda che ne bilanciava il corpo durante i movimenti rapidi. Si suppone che vivessero in vaste zone aperte, nutrendosi di minuscoli animali terrestri ed acquatici ma anche di vegetali. I reperti mostrano l’esistenza dell’istmo di Bering facente da ponte fra Asia e America settentrionale, lungo il quale potevano spostarsi animali di terra presenti nei due continenti. I dinosauri-struzzo costituiscono praticamente l’unico gruppo fra le varietà dei dinosauri predatori la cui evoluzione si sia potuta osservare chiaramente. Un caso estremamente interessante è quello di un rappresentante del gruppo dei dentati, ritrovato nel Gobi, l’Harpymimus (come è noto gli Ornitomimosauri sono predatori sdentati bicontinentali, presenti cioè sia in Asia centrale che in Nord America). Prima di questo ritrovamento non si conoscevano i loro stadi più primitivi. Sempre nel Gobi furono scoperti resti di Garudimimus con il primo dito del piede (fino a quel momento si riteneva che il gruppo l’avesse perduto) e infine un Garudimimus aveva conservato un piccolo residuo dentale nella parte anteriore della mandibola. È stato quindi possibile tracciare la linea filogenetica che va dall’Harpymimus (scoperto nel Cretaceo inferiore, il che significa che fu il primo ad apparire in Asia attraverso il Garudimimus – tardo Cretaceo) al Gallimimus (tardo Cretaceo, considerato più vicino alle forme americane). Supponendo che un misterioso Elaphrosaurus dell’America Settentrionale sia stato il più primitivo rappresentante di tutti i gruppi, non sarà difficile delineare un’ipotesi sulla loro evoluzione. Probabilmente vissero inizialmente nell’Africa del nord, si spostarono quindi in Asia centrale e – solo in un secondo tempo – si portarono in America attraverso Bering, dove si sono ritrovati solo Ornitomimidi molto ‘progrediti’. La storia dell’evoluzione del gruppo fu senza dubbio assai complicata ma, nonostante le disorientanti connessioni intercontinentali, i contorni 36 essenziali di un quadro definito sono comunque emersi. Le scoperte mongoliche hanno dunque reso possibile delineare gli stadi principali dello sviluppo di questo gruppo estremamente specifico. Anche la scoperta dei Segnosauri è stata una grande sorpresa per i paleontologi. Ritrovato solo in Mongolia, questo gruppo di dinosauri predatori è alquanto deviante rispetto ai tipi ‘standard’. Avevano mascelle deboli con escrescenze cornee e ‘molari’ tipici delle specie erbivore. Le zampe posteriori avevano una struttura da uccello, tratto decisamente estraneo ai predatori. Il palato del Segnosaurus derivò evidentemente dal cosiddetto palato paleognato degli uccelli non atti al volo che è diverso da quello degli altri uccelli. Si notano importanti cambiamenti nella struttura pelvica che, come è noto, costituisce la ragione fondamentale per cui i dinosauri si dividono in due grandi gruppi tassonomici dei Saurischi e degli Ornitischi, a seconda che abbiano il ‘bacino di rettile’ o il ‘bacino di uccello’. Nel cinto pelvico del Segnosauro sono compresenti gli elementi di entrambi i tipi, con in più elementi nuovi mai riscontrati in precedenza. È difficile immaginare la configurazione dell’ambiente in cui vivevano queste strane creature. Forse avevano un comportamento anfibio e si nutrivano di pesce, anche se naturalmente si tratta di una fra le varie ipotesi avanzate. Ci si è soffermati in maggior dettaglio sui dinosauri predatori perché si sono rilevate forme più varie del previsto e hanno offerto spunti di dibattito con il susseguirsi di sempre nuove e inattese ipotesi. Va però detto che il gruppo erbivoro dei dinosauri centroasiatici è ampiamente rappresentato da forme assai interessanti fra cui, per esempio, il gigantesco Opistocelicaudia, termine difficilmente pronunciabile con cui si denota un Sauropode mongolico lungo quasi 20 metri. Alla summenzionata ‘famiglia’ appartiene anche un altro gigante, il Nemegtosauro che immortala il nome della Valle di Nemegt. Il primo è rappresentato dallo scheletro privo di cranio e il secondo dal cranio, privo però sia del tronco che degli arti. Collo e coda lunghi uniti ad un corpo massiccio sono tratti tipici dei noti Sauropodi, i giganti fra i dinosauri. Questi avevano la testa sproporzionatamente piccola e un sistema dentario piuttosto debole. Secondo un’analisi al computer realizzata sulla base dei dati degli esemplari nordamericani e africani, i più grandi potevano raggiungere le 50 tonnellate di peso. Ovviamente era troppo per degli animali terrestri. Espressive raffigurazioni di Sauropodi galoppanti uscite dall’immaginazione di R.T. Bakker (USA), paleontologo americano dotato di grande talento artistico, sono di recente apparse sulla stampa. A mio 37 avviso si tratta solo di un’opera della fantasia. Il corpo gigantesco del Sauropode doveva costituire una protezione efficiente dai nemici, dato che non si è riscontrato altro mezzo di difesa e di attacco. Nella maggior parte dei casi i denti stretti e radi sembrano non prestarsi all’intenso lavoro di masticazione di cibi duri e coriacei. Pare che i Sauropodi, varianti mongoliche comprese, vivessero in grandi specchi d’acqua e, alla stregua degli odierni ippopotami, si cibassero di vegetazione acquatica tenera. Meritevoli di nota sono gli ultimi ritrovamenti di Saikhania, dinosauri corazzati che prendono il nome dalla catena montuosa Gobi-Saikhan (traducibile come ‘Monti Belli’). Nei dinosauri corazzati i ricercatori vedono il ramo più deviante che quasi supera l’ambito della famiglia dei dinosauri. Uno di essi fu scoperto con le placche ossee correttamente disposte sullo scheletro a formare una corazza. Si trattava di placche di materiale osseo poroso e rivestito di membrana cornea, a forma circolare o ellittica e con un’altra cresta. Le placche più grandi ricordano larghe sporgenze rastremate verso l’alto, simili a denti, situate simmetricamente in zone diverse del corpo a formare un intrico di linee. La coda dei dinosauri corazzati somigliava ad un’antica mazza chiodata. Possenti tendini ossificati del diametro di un dito si intrecciavano attorno alle ultime vertebre (caudali) e terminavano con un poderoso osso del diametro di una metro coperto da rivestimento corneo con grossi aculei. È molto probabile che i Saikhania si difendessero oltre che con la corazza anche con questa ‘mazza’, sicuramente usata come potente arma contro i giganteschi predatori. Sul ruolo della corazza esistono però anche altre interpretazioni. Si pensa ad esempio che servisse come dispositivo termoregolatore, in virtù del quale l’animale non aveva che da ritirarsi all’ombra o esporsi al sole. L’osso in sé era inerte al calore, ma la struttura porosa e il rivestimento corneo delle placche attesta l’abbondante irrorazione dei vasi sanguigni con funzione termoregolatrice. A questo proposito desidero anticipare che le questioni riguardanti la fisiologia dei dinosauri e la loro supposta relazione con gli uccelli – la cui discussione è estremamente attuale – sembra dare impulso all’ipotesi, condivisa dall’autore, che talune specie, molto probabilmente predatrici, avessero circolazione a sangue caldo. Ho già fatto menzione dei Protoceratops appartenenti ai dinosauri cornuti “privi di corna”. 38 Si trattava di Sauri di modeste dimensioni (fino a due, raramente tre metri di lunghezza) che avevano strutture tipiche del vasto gruppo dei Ceratopsidi vissuti alla fine del Cretaceo nell’America settentrionale. In Asia, però, non esistevano “veri” dinosauri cornuti. I Protoceratos infatti non possedevano corna ma solo una sporgenza cornea sull’osso del naso. Erano probabilmente anfibi e vivevano di solito lungo le rive dei laghi. Dozzine dei loro scheletri sono state dissotterrate nella regione di Tugrigiin, nel Gobi. La posizione in cui furono rinvenuti, poggiati sulle quattro zampe molto ravvicinate al tronco, dimostra che rimanevano impantanati nelle zone paludose ai bordi dei laghi. È questa, infatti, la tipica posizione degli animali intrappolati in un terreno paludoso; dopo la morte, nella stagione secca, i tendini si contraevano e gli arti si rattrappivano a ridosso del tronco. Mi soffermo su questi dinosauri per più ragioni. In primo luogo se ne trovano spesso nel Gobi. Negli anni ’20, per esempio, una spedizione americana rinvenne decine di esemplari, dai piccoli appena usciti dall’uovo fino agli adulti. Secondariamente, uno dei due dinosauri congiunti in combattimento di cui si è detto sopra, era un Proceratops. Per finire, alcuni scheletri di questi dinosauri mostrano che, circa 75 milioni di anni fa essi potevano rimanere imprigionati vivi in postura quadrupede dai terreni paludosi, offrendoci così una documentazione perfetta della loro architettura corporea. È anche opportuno notare che fin dagli anni ’20 ricercatori americani dimostrarono che alcuni tipi di uova trovate in grandi nidiate appartenevano a questa specie. In altre parole i Protoceratops forniscono molte informazioni sul loro tipo di vita, ambiente, condizioni di interramento, stadi di crescita compresi quelli giovanili, il che è avvenimento insolito per quanto riguarda i dinosauri. Riprendendo il titolo del famoso libro di E. Seton-Thompson, li si potrebbe davvero definire “animali eroici”. Fra gli altri ritrovamenti eccezionali vanno ricordati gli scheletri neonati dei già citati dinosauri erbivori, Protoceratops e Hadrosaurus, appena usciti dall’uovo. I minuscoli scheletri di Protoceratops, lunghi 12-14 centimetri, scoperti in Mongolia sono stati i primi nella storia della scienza. Curioso inoltre il caso degli 8-10 piccoli Hadrosaurus tutti seppelliti insieme. Erano lunghi 30-35 centimetri, e anche meno a giudicare da alcune ossa separate. La morte collettiva fa supporre che fosse avvenuta durante il letargo. Si tratta però di un’ipotesi indimostrabile. Più probabilmente i 39 piccoli morirono nel nido appena usciti dall’uovo o in seguito a circostanze sfavorevoli che colsero la covata. Ma al di là della ragione della loro morte, questi reperti attestano la tendenza alla cova connaturata a certi dinosauri e, in questo caso specifico, anche qualche elemento di cura parentale prestata alla prole dei primi periodi di vita. Tale conclusione è avvalorata da simili ritrovamenti, per quanto rari, in altre zone del globo. Come il recente dissotterramento negli USA di piccoli di Hadrosaurus di dimensioni leggermente superiori a quelli mongolici. La scoperta di nidiate di uova fossili ha dato adito a numerose ipotesi interessanti e impreviste. Fra quelle rinvenute in Asia centrale, ma soprattutto nel Gobi, si contano 12-15 tipi di uova che si differenziano per forma, misura, struttura del guscio e posizione. Alcune appartengono a dinosauri, altri a coccodrilli, tartarughe, Sauri e probabilmente anche ad uccelli. L’esatta identificazione risulta tuttavia ancora difficile. Sono state trovate per la prima volta anche uova deposte a coppie, disposte radialmente a formare svariati cerchi (in tutto 10-12 coppie e anche più). Ciò significa che le femmine dinosauro effettuavano la deposizione delle uova con movimenti alquanto elaborati, a differenza degli odierni ovipari. Ed è proprio il fenomeno della deposizione delle uova in coppia, assolutamente estraneo a rettili e uccelli dei giorni nostri, a suscitare il maggior interesse. Come si è detto, le nidiate sono state attribuite ai Proceratops, numerosi scheletri dei quali sono stati ritrovati in quei grandi strati. Non si dispone ancora però di prove più dirette. Le coppie di ghiandole sessuali dei rettili e degli uccelli moderni hanno spesso sviluppo disuguale (gli uccelli hanno ovaie ridottissime). Probabilmente i dinosauri avevano organi per la cova sviluppati simmetricamente, il che si spiegherebbe con le dimensioni piuttosto ridotte delle uova rispetto al corpo. Le dimensioni ridotte delle gonadi degli uccelli vengono solitamente spiegate con la misura delle uova, sensibilmente più grandi, in proporzione, di quelle dei dinosauri. I resti di dinosauri scoperti nella zona centrale del continente asiatico consentono dunque di esaminare una serie di questioni interessanti, comprese quelle divenute sempre più tipiche per le carie branche delle scienze naturali e lo stato dell’ambiente nei tempi antichi come. Per esempio, lo studio di animali scomparsi, eccetera. Ciò in molti casi è facilitato oltre che dalla varietà dei gruppi, dal buon livello di conservazione delle ossa. 40 Un’ultima osservazione su quella che è la principale questione ancora aperta sull’argomento, ossia se i dinosauri fossero animali a sangue freddo, come i rettili, o a sangue caldo, come uccelli e mammiferi. Il fatto è che i dinosauri si differenziavano non solo per struttura, come risulta chiaramente dalle varietà mongoliche, ma anche a livello fisiologico. Il che riguarda in modo particolare i predatori fra cui vi erano specie con alti livelli metabolici. Indirettamente forse, la varietà ecologica dei dinosauri fornisce un argomento formidabile a supporto di una loro differenziazione fisiologica. ALLA RICERCA DI DINOSAURI NEL DESERTO DI GOBI (1921-1991)3 Primi incontri nelle steppe dell’Asia centrale Il primo contattato tra l’Occidente ed il centro dell’Asia, in particolare la Mongolia, risale al XIII secolo. Gengis Khan muore nel 1227 e suo figlio Ogodei comandava le truppe che raggiunsero l’Europa fino alla costa dalmata sull’Adriatico, vale a dire quasi fino a Venezia. Per prendere contatto con i Mongoli e per tentare di trovare il reame del Prete Gianni, reame mitico che veniva situato nel cuore dell’Asia, il Papa nel 1245 mandò presso i principi mongoli le prime ambasciate cristiane che percorsero il suolo dell’Asia centrale: il Frate Giovanni da Pian del Carpine, originario dell’Umbria, doveva da Lione inoltrarsi nell’immensità praticamente sconosciuta delle steppe della Mongolia. Egli fu seguito nel 1252 dal francescano fiammingo Guillamme de Rubrouck. L’esito di questi viaggi permise di far conoscere all’Occidente le vie tradizionali degli scambi commerciali con l’Asia, in special modo la via della seta. Attraverso le grandi oasi del Turkestan l’un e l’altro raggiunsero Karakorum. I loro racconti esprimono la straordinaria impressione che provarono davanti a questi territori sterminati: che cos’è la steppa? “Un vasto deserto di trenta giornate di distesa verso Nord, senza montagne, senza rocce, ma solo erba in abbondanza”; “il deserto è esteso come un mare”, ma Rubrouck apprezza il latte fermentato di giumenta che paragona al “vinello di champagne”. Rubrouck fu grandemente sorpreso nello scoprire nel 1254 a Karakorum una moltitudine di Mongoli, Russi, Georgiani, Armeni, e un certo Guillame Boucher nato a Parigi orafo ufficiale del Khan, catturati o 3 A cura di Philippe Taquet. 41 rapiti dai Mongoli e trattenuti nel cuore della Mongolia. Bisogna attendere il 1295 col ritorno di un Veneziano travestito da Tartaro, che nel 1271 lasciò Venezia all’età di diciassette anni, per conoscere meglio l’Asia. Marco Polo incanterà, sorprenderà, affascinerà gli Occidentali con i racconti dei suoi viaggi nel Libro delle meraviglie. Il suo viaggio fino a Pechino via terra attraverso il Nord del Tibet, ed il suo ritorno via mare in compagnia di una principessa mongola, descrivono fatti nuovi e strani che impressionarono il mondo occidentale. Tutti questi viaggiatori, fra i quali un gran numero di Veneziani, arriccihirono la cartografia alla fine del Medioevo, e nel 1459 il monumentale planisfero circolare di Fra’ Mauro (conservato nella Biblioteca di San Marco) riporta il risultato dei racconti di Marco Polo. Poi, carestie e insurrezioni precluderanno la via dell’Asia fino al XVI secolo. Un’altra via fu aperta verso la Mongolia dai Cosacchi, attraverso i bacini dei grandi fiumi siberiani, punteggiata da stazioni di posta russe, fino al Lago Baikal. Il russo Nicolas Mikalovitch Prjewalsky (1839-1888) fu uno dei grandi esploratori dell’Asia. Egli realizzò il suo primo viaggio nel 1871, attraversò il deserto del Gobi, e dopo aver raggiunto il Nord-Est della Mongolia, si recò a Pechino. Quattro viaggi gli permisero di esplorare numerose catene montuose dell’Asia centrale in compagnia di una guida mongola, Tchouton-Dzamba. Prjewalsky disegnerà numerose carte e porterà a San Pietroburgo varie campionature della flora e della fauna raccolte nel corso del suo itinerario; descriverà anche il cavallo selvaggio mongolo che oggi porta il suo nome: cavallo di Prjewalsky. Le ricerche paleontologiche in Mongolia All’inizio di questo secolo il grande paleontologo Henry Fairfield Osborne, responsabile dello studio dei mammiferi fossili al Museo di Storia Naturale di New York, ipotizzò che l’Asia Centrale potesse rivelare l’origine dell’uomo e di un certo numero di gruppi di mammiferi. Questa idea fu ripresa da William Diller Matthew che sviluppò l’ipotesi con un’opera sul clima e l’evoluzione, e da Roy Chapman Andrews anch’egli collaboratore del museo newyorkese. La spedizione ebbe inizio nella primavera del 1922; vi parteciparono 26 persone fra cui un paleontologo esperto, Walter Granger, che aveva avuto l’opportunità di seguire sei campagne di scavo nei famosi giacimenti di dinosauri del Wyoming. Il problema principale era quello di scoprire la storia geologica e paleontologica dell’Asia centrale e di verificare se questa regione potesse 42 essere o meno la culla dei numerosi gruppi di mammiferi, compreso l’Uomo; si trattava di ricostruire il clima del passato, la vegetazione e le condizioni esterne legate in particolare all’evoluzione dell’Uomo. Era dunque necessario riunire in Asia centrale specialisti altamente qualificati. Era in effetti la prima spedizione di tale portata che usava questi metodi. La storia paleontologica dell’Asia centrale era completamente sconosciuta. In Cina denti e ossa fossili erano venduti da lungo tempo nelle farmacie come medicine e solo alcuni erano stati studiati da scienziati inglesi e tedeschi. L’unico vertebrato fossile conosciuto proveniente dall’altopiano centrale asiatico era rappresentato da un solo dente di rinoceronte scoperto dall’esploratore russo Obruchev fra il 1984 e il 1986. La Mongolia è isolata nel cuore di un continente. Non c’è un solo chilometro di ferrovia (e tale era la situazione nel 1921) in questo Paese esteso quanto l’Europa occidentale. Il clima è estremamente rigido, la temperatura può scendere fino a –40 o –50 gradi e l’altopiano è spazzato dai venti gelidi dell’Artico. Le ricerche paleontologiche possono svolgersi solamente dall’inizio di aprile ad ottobre. “Nel Deserto del Gobi, che occupa gran parte della Mongolia, i viveri e l’acqua sono rari e la regione è così inospitale che è scarsamente popolata Le difficoltà fisiche possono essere superate con qualche mezzo di trasporto veloce, fra cui l’automobile, che può essere utilizzata con successo perché può percorrere il deserto velocemente, quando scompare la neve, con tappe giornaliere di cento miglia, penetrare nelle regioni più remote della Mongolia e rientrare quando il freddo rende il lavoro impossibile. I cammelli utilizzati un tempo dagli esploratori percorrevano solo dieci miglia al giorno. Di conseguenza un lavoro di dieci anni può, grazie all’automobile, essere terminato in una stagione. In appoggio alla missione motorizzata partiva, parecchi mesi prima, una carovana di cammelli che trasportava viveri e benzina. La spedizione del 1925 comprendeva 125 cammelli che portavano 4000 galloni di benzina, 100 galloni d’olio, 3 tonnellate di farina, 1.5 tonnellate di riso e altri viveri in proporzione. La carovana lasciava benzina ed approvvigionamenti in due depositi ed aspettava vicino ad un pozzo sito a 800 miglia nel cuore del deserto” (Andrews 1929). La spedizione americana del 1921, proveniente dalla Cina e diretta a Ulan Bator, scopriva giacimenti non di uomini fossili ma... di dinosauri. Furono effettuati velocemente alcuni prelievi, poi la spedizione raggiunse la capitale della Mongolia per scendere poi ad Ovest verso la Cina, attraverso il Gobi. Nel corso di questo viaggio di rientro, la spedizione si fermò ai piedi di 43 magnifiche falesie di arenaria rossa chiamate Bajan Dzag, che si infiammano letteralmente ad ogni tramonto; da qui la denominazione di Flaming Cliffs data dagli americani. In questa zona furono rinvenute ossa e uova che i ricercatori classificarono inizialmente come uova di uccello. Una nuova missione fu organizzata nel 1923 e regolari scavi furono intrapresi a Iren Dabasu e a Bajan Dzag che permisero il prelievo di notevoli scheletri di un dinosauro nuovo per la scienza, un dinosauro cornuto, primitivo che fu chiamato Protoceratops andrewsi in onore del capospedizione Andrews. Per la prima volta furono anche raccolti campioni rappresentanti le diverse fasi della crescita insieme ad ossa raggruppate nei nidi, ossa che furono attribuite da Granger e dai suoi collaboratori al piccolo dinosauro Protoceratops. Un’ulteriore spedizione verrà ad arricchire queste spettacolari scoperte che ebbero grande risonanza e che oggi sono esposte nel Museo di Storia Naturale di New York. Da questa data il deserto del Gobi divenne un luogo fondamentale per la paleontologia dei dinosauri. Nel 1932 vennero pubblicati i risultati riportati dalle spedizioni americane in questa parte dell’Asia. I paleontologi russi ripresero l’iniziativa dopo il 1945. Dal 1946 al 1949 una serie di spedizioni importantissime fu organizzata dall’Accademia delle Scienze dell’URSS con numerosi mezzi di trasporto composti da camion e da veicoli leggeri fuoristrada. Tali missioni scientifiche vennero promosse dall’Accademico delle Scienze Juri Orlov e vi parteciparono eminenti studiosi fra cui I. Efremov (eccellente scrittore di fantascienza; fra le sue opere La strada dei venti del 1956), e A. Rozhdestvensky che ha narrato in uno spiritosissimo libro la sua caccia ai dinosauri nel Deserto del Gobi (1960). Nel corso di queste spedizioni, coronate da grandi successi, avvennero straordinarie scoperte nella parte più occidentale del deserto dei Gobi. I paleontologi russi raccolsero uova e scheletri di Protoceratops Bajan Dzag e campioni di un nuovo tipo di dinosauro corazzato, il Syrmosaurus. Ma le scoperte più interessanti avvennero molto più ad Occidente, nella valle di Nemegt dove furono portati alla luce scheletri completi di un grande dinosauro carnivoro, molto simile al Tirannosauro americano, che fu battezzato Tarbosaurus. Furono estratti anche grandi dinosauri Hadrosaurus (a becco d’anatra); si trattava d una specie del genere Saurolophus che si conosce anche nel Nord America. 44 A questi ritrovamenti clamorosi si aggiunsero numerosi scheletri di altri dinosauri, come i dinosauri-struzzi, gli Ornitomimidi. Centoventi tonnellate di nuovo materiale contenute in 460 casse, fra cui 10 scheletri completi dinosauri carnivori e di Adrosauri, furono raccolte e caricate sulla Transiberiana ad Ulan Bator. Dal 1952 ad oggi i colleghi russi hanno pubblicato numerose note e monografie in cui viene descritta la straordinaria fauna del Gobi. Rozhdestvensky, Shuvalov, Tumanova, Maleev, Kurzanov hanno fatto così conoscere numerosi nuovi dinosauri: dopo il Tarbosauro, l’Ornitomimide Avimimus, il Therizinosaurus, gli Ankylosauri: Maleevus, Talarurus, Schanosaurus, mentre i loro omologhi mongoli R. Barsbold e A. Perle descrivevano gli Ornitomimidi Harpymimus, Garudimimus, Adasaurus, Anserimimus, Ingenia, il mangiatore d’uova, e la strana famiglia dei Segnosauri con il genere Segnosaurus ed Enigmosaurus. A queste importanti missioni seguirono quelle di altri cacciatori di fossili dal 1963 al 1971; una serie di spedizioni fu organizzata in Mongolia dall’Istituto di Paleozoologia dell’Accademia polacca delle Scienze, allo scopo di ricercare mammiferi mesozoici negli strati del Cretaceo superiore di Bajan Dzag, grazie all’iniziativa di Roman Kozlowski. Queste missioni si svolsero in stretta collaborazione con l’Accademia delle Scienze della Mongolia; ad esse, in particolare quelle del 1964 e 1965 e successive, presero parte molte studiose polacche: Zofia Kielan-Jaworowska, Terresa Maryanska e Haliska Osmolska; il geologo Ruszard Gradzinski e, da parte locale, Rinchen Barsbold e D. Dasheveg. Durante questi tre anni i membri della spedizione polacco-mongola raccolsero un’imponente collezione di dinosauri e mammiferi, in totale 35 tonnellate di materiale e, a Bajan Dzag, una notevole campionatura di mammiferi insettivori e multitubercolati. Abbiamo uno scheletro quasi completo di un Sauropode ad Altan Ula, nel Bacino di Nemegt, ed il cranio di un altro Sauropode, pure a Nemegt (Nemegtosaurus); due scheletri completi d’Ornitomimide a Tsagan Kushu, nel Bacino di Nemegt; parecchi dinosauri corazzati dal bellissimo cranio di Pinacosaurus grangeri a Bajan Dzag; gli arti anteriori giganti (m 2,50) del Deinocheirus mirificus ad Altan Ula, nel Bacino di Nemegt; sei scheletri più o meno completi del grande dinosauro carnivoro Tarbosaurus bataar; tre crani di lucertole e due crani di coccodrilli. Poi nel 1967, 1968, 1969 tre altre spedizioni concentrarono i loro sforzi sulla ricerca a Bajan Dzag di resti di mammiferi e piccoli rettili; furono così portati alla luce venti mammiferi e venti lucertole. 45 Nel 1970 una nuova missione nella valle di Nemegt permise la raccolta di due scheletri incompleti di Tarbosauri, di uno scheletro quasi integro dell’Adrosauro Saurolophus, di numerosi elementi di scheletri di Ornitomimidi, un nuovo Pachicefalosauro, numerose tartarughe, ottanta lucertole, ventidue mammiferi fra cui crani ben conservati di multitubercolati e di insettivori. Nel 1971 si realizza una nuova spedizione ad Altan Ula nella valle di Nemegt e viene liberato lo scheletro di un grandissimo Tarbosauro, di un piccolo Saurolofo, tre scheletri di Ornitomimidi, un grandissimo Ankylosauro; poi a Khermin Tsav, uova, un centinaio di lucertole e ventiquattro mammiferi. Infine a Toogrik, scheletri e crani di Protoceratops, e il famoso combattimento fossile di un dinosauro carnivoro Velociraptor mongoliensis che stringe fra le zampe un cranio di Protoceratopo. I risultati di queste spedizioni furono pubblicati in importanti memorie di paleontologia polacca. Vennero così descritti nuovi generi di dinasauri : Borogovia, Prenocephalus, Bagaceratops, Tylocephalus, Nemegtosaurus, Opisthocoelicaudia, Tarchia, Saichaina, Barsboldia, Deinocheirus, Elmisaurus, così come un grande numero di piccoli mammiferi insettivori e multitubercolari; mentre furono sviluppati studi particolareggiati o lavori di sedimentologia e di stratigrafia con lo studio di microflora (Charophytes) e di microfauna (Ostracodes). Z. Kielann-Jaworowska ha raccontato l’avventura delle spedizioni polacco-mongole nel Deserto del Gobi in un’opera pubblicata in polacco nel 1973 e nell’articolo “A caccia di dinosauri nel Deserto dei Gobi” pubblicato nel volume Sulle orme dei dinosauri dell’Erizzo Editrice di Venezia, nel 1984. Gli strati del Cretaceo del deserto dei Gobi hanno dunque fornito nel corso di questi ultimi settant’anni una grande quantità di nuovi dati sulla storia dei rettili e dei mammiferi durante il Mesozoico. Magnifici scheletri integri hanno arricchito vari Musei nel mondo offrendo al pubblico una tale varietà e diversità di forme e di adattamento che nessun autore avrebbe mai potuto immaginare. Le ultime spedizioni dimostrano che la Mongolia ed il Deserto dei Gobi non hanno ancora finito di offrirci nuove scoperte che provano che la storia dei dinosauri e quella dei mammiferi furono grandi successi evolutivi. 46 La spedizione italo-franco-mongola del 1991 Nel luglio 1991 quattro camion con a bordo 17 persone lasciano la città di Ulan Bator, capitale della Repubblica di Mongolia, per un grande periplo scientifico attraverso le steppe del deserto dei Gobi. Una breve missione effettuata nell’ottobre del 1990 aveva permesso di predisporre il viaggio e fissare le modalità burocratiche di una collaborazione fra le autorità scientifiche mongole da una parte, il Centro Studi Ricerche Ligabue di Venezia e il Museo di Storia Naturale di Parigi dall’altra. Alla fine di giugno 1991 Giancarlo Ligabue, Presidente del Centro Studi Ricerche Ligabue, leader della spedizione, Viviano Domenici giornalista del “Corriere della Sera”, Alberto Angela naturalista e Sergio Manzoni documentarista, si incontrano a Parigi con Philippe Taquet, Direttore del laboratorio di Paleontologia del Museo di Storia Naturale di Parigi, Donald Russell, paleomammologo e Bernard Battail paleoerpetologo, per partire insieme, via Irkoutsk, verso Ulan Bator. Nella capitale mongola trovano ad attenderli Rinchen Barsbold, Direttore del Servizio Geologico della Mongolia, K. Tsogtbaatar, responsabile del dipartimento di Paleontologia del Museo Nazionale ad Ulan Bator e altri colleghi, con cui preparano questo lungo viaggio avente lo scopo di studiare i principali siti paleontologici del Cretaceo della Mongolia. Dopo aver ottenuto le necessarie autorizzazioni, effettuato i numerosi preparativi d’obbligo, messo a punto i quattro camion e acquistato viveri, l’èquipe inizia la sua marcia verso il Sud per un viaggio di oltre 3000 chilometri. I mezzi contengono materiali tecnici, viveri e acqua previsti per una sosta di un mese in un deserto impossibile e in condizioni climatiche e ambientali estreme. Il giacimento del Cretaceo inferiore di Khuren Duk, prima tappa di questo lungo percorso, racchiude le ossa di Ornitomimidi primitivi, di pesci, di una specie di tartaruga, due specie di Champosauri (rettili acquatici), un Ankylosauro e un Iguanodontide. La spedizione porta anche alla luce, nel corso di uno scavo, resti molto ben conservati di Iguanodon orientalis; è stato liberato un braccio quasi completo i cui differenti elementi erano ancora in articolazione e sono stati raccolti una mano completa, i metacarpali con falangi ed artigli. Il campo viene installato più a sud, non lontano dai giacimenti del Cretaceo inferiore di Algui Ulan Tsav che presentano la particolarità di racchiudere numerosi nidi e deposizioni di uova di dinosauri sauropodi. In un paesaggio di colline profondamente segnate dall’erosione e dalla calura torrida (oltre 40°), vengono ritrovati, racchiusi nella couche rosastra, parecchi nidi, in uno dei quali vi sono sei uva di Sauropode molto 47 ben conservate, i cui gusci pietrificati erano scivolati lungo il pendio come bocce sferiche e solide. Grazie alla loro scoperta si può tentare di ritrovare il luogo da cui provengono per portare alla luce, se possibile, la totalità di una covata, ottenendo così importanti informazioni sul comportamento dei dinosauri. Altre 17 uova raggruppate vengono scoperte dagli scienziati mongoli. Dopo la prospezione e lo studio di queste due località, l’equipe si dirige ancora più a sud, fino al capoluogo di Dalandzadgad. Poi, spostandosi verso Occidente, giunge ai piedi della famosa falesia di Bajan Dzag, denominata Flaming Cliff (rupe fiammeggiante) dalla prima spedizione americana del 1923. Una denominazione molto appropriata; infatti alla luce del tramonto la falesia si è infiammata e in uno scenario da western gli studiosi si mettono alla ricerca di esemplari fossili di piccoli mammiferi primitivi, coevi dei dinosauri. La fatica è coronata da successo; dopo alcune ore di ricerca i paleontologi raccolgono dei minuscoli crani completi di mammiferi multitubercolati, uno appartenente al genere Kryptobaatar e l’altro al genere Solanbaatar. Vengono scoperti anche numerosi crani e scheletri di Protoceratopi ancora inglobati nell’arenaria. Lasciata a malincuore questa località ricca di fossili e suggestiva, la spedizione riprende il cammino dirigendosi verso Occidente, fino all’altopiano di Toogrik che appartiene alla stessa era (Cretaceo superiore) di Bajan Dzag e il cui giacimento è altrettanto celebre perché ha fornito i più interessanti scheletri di dinosauri e, soprattutto, l’impronta fossile del famoso combattimento fra Velociraptor e Protoceratopo. Qui la sabbia è bianca, accecante sotto il riverbero del sole. L’altopiano su cui la missione si è accampata è esposto ai venti violenti del Gobi. Il plateau è segnato da una immensa falesia sul cui fianco si scoprono numerosi fossili fra cui un cranio di Protoceratopo, splendidamente fossilizzato. È disposto verticalmente su un costone di sabbia appena consolidata ed è di conseguenza molto facile liberarne il cranio e l’impalcatura delle corna. Il muso perfettamente conservato, con il becco di pappagallo, l’orbita sormontata da un piccolo osso fragile, chiamato “palpebrale”, i denti ben preservati, la mandibola ancora in articolazione stanno a testimoniare che l’animale è sprofondato lentamente nelle sabbie mobili che l’hanno coperto fino ad oggi. Questo Rettile, quasi completo, sembra guardarci ancora, muto testimone di un dramma consumatosi oltre 70 milioni di anni fa. 48 Dopo queste scoperte, fonte di intense suggestioni, il viaggio prosegue per oltre 1500 chilometri verso Sud-Ovest, attraverso catene di montagne, successioni di dune, sfilate di rocce, arrivando infine alla celebre valle di Nemegt dove gli scienziati russi prima e quelli polacchi e mongoli poi, avevano raccolto una grande quantità di fossili. L’erosione ne mette alla luce incessantemente di nuovi ed è facile trovare resti di Ornitomimidi e di Tarbosauri. Ai piedi della collina, dentro un canyon desolato e selvaggio, compaiono i resti di scheletri di Tarbosauri; uno comprende, in perfetta articolazione, tutte le vertebre della coda, le ossa del bacino e delle zampe posteriori e gli artigli; perfino l’impronta della pelle di questo impressionante Rettile emerge dai sedimenti fossili. La missione si inoltra poi verso il più remoto Ovest visitando i giacimenti di Bügyin Tsav. Automezzi e uomini attraversano questa immensa conca, un deserto lunare e minerale bruciato da un sole torrido dove il vento di sabbia mette alla luce scheletri completi di Tarbosauri. Un vero cimitero di dinosauri carnivori i cui resti, disarticolati sulla sabbia nella convulsione finale, compongono scenari fantastici. I colleghi mongoli sono fieri di mostrare agli amici europei questo sito lontano da ogni forma di vita e dalle sorgenti d’acqua. Si riparte, lasciando il deserto dei Gobi e ritornando verso Nord. Occorrono ancora molti giorni di viaggio per poter raggiungere la capitale Ulan Bator, attraverso le leggendarie steppe di Gengis Khan. PRESENZA ANTROPICA Fin dal Neolitico le popolazioni che vivevano ai margini del Gobi erano dedite all’allevamento nomadico del bestiame. I pastori nomadi seguivano le mandrie che si spostavano secondo leggi naturali basate sulle stagioni e sulla disponibilità di acqua e pascolo ripercorrendo piste utilizzate da secoli per le migrazioni. Camelidi, equidi, bovini e ovicaprini pascolano estate ed inverno in un immenso territorio che, grazie al clima rigido e secco, non viene coperto dalla neve e che per questo motivo ha reso possibile la sopravvivenza degli animali. Solo recentemente, stante i cambiamenti climatici in atto, sono aumentate le precipitazioni nevose provocando conseguentemente l’impossibilità per il bestiame di poter arrivare al terreno per nutrirsi con la conseguente morte di quasi due milioni di capi durante ogni inverno. 49 Il bestiame ha sempre garantito l’autosufficienza dell’economia dei nomadi. Dal bestiame infatti i mongoli traggono il necessario: carne fresca ed essiccata, latte e derivati incluse bevande alcoliche (airag), tende, coperte, indumenti, finimenti, mezzi di trasporto e combustibile per cucinare e riscaldare la tenda ( sterco), alcuni medicinali e oggettistica di uso quotidiano. Tra gli equidi quello maggiormente presente nel Gobi e utilizzato in passato per l’alimentazione dai nomadi è l’emione (Equus hemionus) o asino selvatico che si muove in piccoli branchi guidati dal maschio dominante. Il vero padrone del Gobi è il cammello battriano (Camelus bactrianus) con la sua mole imponente, ricoperto durante l’inverno da un folto e lungo pelo solitamente marrone, fornisce ai nomadi del deserto latte, carne, pelli, lana, e rappresenta un economico mezzo di trasporto insostituibile nell’Asia centrale. Nel Gobi è diffuso l’allevamento della capra che riesce a produrre 100 litri di latte all’anno. 50 Conclusioni In questa pubblicazione l'Autore ha voluto presentare gli aspetti geografici del deserto di Gobi nelle varie componenti, ma ha anche voluto presentare alla riflessione del lettore le esperienze dirette acquisite durante i numerosi viaggi che ha compiuto dal 1976 ad oggi nel Gobi che propone come un percorso iniziatico che contiene quasi tutte le caratteristiche dello stesso. La prima volta infatti è entrato nel Gobi dopo una accurata preparazione in quanto ignorava il deserto e quanto in esso contenuto di visibile e invisibile. Il Lama che lo preparò alla traversata del deserto gli raccomandò infatti di dimenticare le sue futili conoscenze occidentali, nel deserto non contano le cariche, le onorificenze o il denaro ma con grande umiltà si devono apprendere le regole della sopravvivenza con un clima che può passare da -40° a + 40° in poco tempo. Quello che è importante è l'acqua, la pazienza, il capire l'ambiente e assecondarlo comportandosi di conseguenza, studiare e riflettere prima di compiere un percorso che deve essere guidato dalla saggezza e, se vogliamo sopravvivere nel Gobi, dalla fratellanza e dal rispetto nei confronti di chi incontriamo perchè in ogni momento potrebbe salvarci la vita. Dobbiamo sempre seguire la luce che non ci farà perdere la via, questo uno dei pericoli maggiori per chi vuole attraversare il grande deserto che è pieno di vita e di prove che continuamente dobbiamo superare, ci sono serpenti velenosi, insetti il cui morso è mortale, lupi, aquile, orsi e tanti altri esseri viventi con i quali dobbiamo convivere durante il percorso. L'Autore immerso in un deserto infinito, dove l'orizzonte era rappresentato da miraggi di grandi distese d'acqua inesistenti, superò le alte temperature della giornata, il senso del vuoto e della solitudine e trovò la forza interiore di procedere. Durante uno dei tanti viaggi, questa volta nel mese di gennaio, con il cielo scuro senza sole e senza luce con un vento che raggiungeva i 150 Km/h con nevischio gelato che avvolgeva la UAZ che non seguiva una strada perchè non esisteva ma solo le dune del grande deserto, il motore si fermò e i due amici che accompagnavano l'A. dopo essersi guardati tra loro gli dissero " abbiamo ancora 30' di vita a -40° con questo vento che ci avvolge dandoci la sensazione di -50° lontani almeno 500 Km. dal più vicino villaggio non abbiamo alcuna possibilità di sopravvivenza. In quel momento tutta la mia vita precedente mi passò davanti come in un film rividi le scene più significative ed un grande vuoto si formò dentro di me al pensiero di non aver avuto figli, di quanto inutile e fatua era stata la mia vita e che nulla 51 avrei potuto fare per salvarmi dal congelamento che stava avvolgendo nella macchina ormai ghiacciata tutti i presenti. Improvvisamente, quando ogni speranza era svanita, il cielo plumbeo si aprì ed un fascio di luce proveniente dal meridione del deserto illuminò una mandria di un centinaio di grandi cammelli del Gobi coperti da un lunghissimo pelo preceduti da una giovane pastore nomade che sorridendoci dall'alto del suo cammello con la mano ci fece cenno di uscire dalla macchina ormai inservibile per seguirla non era per noi chiaro dove ma riflettendo sul fatto che altre scelte non avevamo e fidandoci della giovane nomade ci infilammo tra i cammelli e percorsi forse solo 100 metri ci trovammo davanti la sua tenda dalla quale spuntava un tubo fumante. Il rumore della mandria borbottante fece socchiudere la porta in legno della tenda ed il padre della ragazza ci fece cenno di entrare. Passammo la soglia senza calpestarla come da rituale dei nomadi e ci trovammo da -40° a + 18°, eravamo passati dalla morte alla vita ci sentimmo rinascere in un'oasi calda piena di vita, fratellanza, amicizia attorniati dai membri di una famiglia che ben sapeva quanto eravamo stati vicini alla morte, ma che erano felici di aver potuto salvarci da morte certa. Togliemmo gli abiti e i colbacchi e stivali ghiacciati, bevemmo il latte caldo di cammella, salato, mescolato al thè e in pochi minuti il sangue riprese a circolare nei vasi capillari, le dita delle mani e dei piedi che non sentivamo più ripresero a farsi sentire con dolori pungenti segno che la vita riprendeva e che ormai eravamo salvi. Mi sentii rinascere a nuova vita e ricordai le parole del Maestro Lama, di quanto fossero state vere, nulla mi avrebbe salvato solo la solidarietà di una famiglia che non conoscevo ma che mi accompagnerà per tutta la vita. La tenda nella quale avevamo trovato rifugio, aveva la porta verso occidente per evitare che il vento portasse dentro la neve e il freddo, l'arredamento era essenziale ma funzionale alla sopravvivenza, due colonne di legno rosse sorreggevano la parte superiore al centro un supporto di metallo con il fuoco, una grande fiamma che dava luce, riscaldava, permetteva di cucinare. Ad oriente di fronte la porta di ingresso leggermente rialzato si trovava l'anziano e saggio capofamiglia ai suoi due lati gli ospiti, noi, in segno di rispetto poi le donne ad occidente e gli uomini ad oriente. Tutto nella tenda aveva un significato, le posizioni, i colori, i simboli della antica tradizione Buddista dipinti sul legno dei mobili, infine l'altare con il Budda al centro, i guardiani ai lati, poi le fotografie dei parenti e dei cammelli più belli della mandria. Il capo famiglia iniziava con il primo sorso a bere il latte caldo poi in senso orario la tazza d'argento, antica tradizione per eliminare batteri e germi, faceva il giro dei commensali nella attesa che la minestra fatta con pezzi di capra e qualche erba aromatica si cucinasse per sfamare tutti i presenti. Il capo famiglia volle sapere le 52 nostre storie in particolare la mia perchè non aveva mai visto un italiano, poi il fumo della pipa d'argento e un lungo sonno nella attesa che la bufera finisse e che il giorno successivo non vedendoci arrivare avrebbero inviato dal villaggio una UAZ per cercarci. Mi accorsi che ogni ora durante la notte la giovane ragazza si alzava per riempire la stufa di ghisa che stava nella tenda affinchè il fuoco non si spegnesse mai per non far raffreddare la tenda. SHAMBHALA, LA RISPLENDENTE (Omaggio a Nicholas Roerich, esploratore del Gobi esoterico)4 "Lama, parlatemi di Shambhala!" "Ma voi, Occidentali, non sapete nulla di Shambhala, e non volete saperne nulla; le vostre domande, probabilmente, sono solo frutto della curiosità e pronunciate questa parola sacra senza alcun rispetto." "Lama, non è senza scopo la mia richiesta. Ovunque la gente conosce questo grande simbolo sotto nomi diversi; i nostri scienziati sono in attesa del minimo indizio su questo regno famoso. Xoma di Koros ha saputo dell'esistenza di Shambhala durante il suo lungo soggiorno nei monasteri buddhisti, Grunwedel ha tradotto il libro del famoso Tashi Lama, Pal-den yeshe su 'La via per Shambhala'. Sentiamo che una grande verità si nasconde sotto i simboli segreti; davvero il ricercatore ardente desidera sapere tutto sul Kalachakra." "Com'è possibile, quando ci sono Occidentali che profanano i nostri templi, fumano nei santuari sacri, non comprendono e non hanno alcuna voglia di riverire la nostra fede e il nostro insegnamento. Deridono e ridicolizzano i simboli di cui non comprendono il significato. Se visitassimo: i vostri templi, il nostro comportamento sarebbe del tutto diverso perché il vostro grande Bodhisattva, Issa, in verità è un essere elevato. E nessuno di noi disprezzerebbe l'insegnamento della misericordia e della virtù." "Lama, soltanto una persona molto ignorante e stupida potrebbe ridicolizzare il vostro insegnamento. Tutti gli insegnamenti della virtù sono come uniti in un solo sacro luogo, e un uomo con tutte le rotelle a posto non violerebbe i luoghi sacri. Lama, perché credete che l'essenza 4 Estratto del I cap. del volume di Nicholas Roerich Shambhala la risplendente vol. 1, edizioni Amrita pag. 15-35. 53 dell'insegnamento dell'Illuminato sia sconosciuta in Occidente? Perché credete che in Occidente non conosciamo l'esistenza di Shambhala? Lama, sul mio tavolo potete vedere il Kalachakra, l'insegnamento che il grande Atisha portò dall'India; so che se uno spirito nobile, già preparato, sente una voce proclamare 'Kalagiya' questo è il richiama di Shambhala. Sappiamo quale Tashi Lama visitò Shambhala, conosciamo il libro del gran sacerdote T'alshan, 'Il rosso sentiero per Shambhala'; conosciamo anche il canto mongolo su Shambhala. Chissà, forse sappiamo cose che sarebbero nuove per voi. Sappiamo che, molto di recente, un giovane lama mongolo ha pubblicato un nuovo libro su Shambhala." Il lama ci studia con il suo sguardo penetrante, poi dice: "La grande Shambhala è lontana, al di là dell'oceano. È il possente regno celeste. Non ha nulla a che vedere con la nostra terra; come mai e perché vi interessa tanto, voi uomini di mondo? Potete discernere i raggi splendenti di Shambhala solo in alcuni luoghi, all'Estremo Nord." "Lama, noi conosciamo la grandezza di Shambhala. Sappiamo che questo regno indescrivibile è reale, ma sappiamo anche che esiste una Shambhala terrestre. Sappiamo che alcuni grandi lama ci sono andati, e che lungo il loro cammino hanno visto le cose fisiche abituali. Conosciamo le storie del lama burlata, e come sia stato accompagnato in un passaggio segreto, strettissimo. Sappiamo che un altro visitatore ha visto la carovana della gente di montagna, carica del sale che veniva dai laghi, alle frontiere di Shambhala. Inoltre, noi stessi abbiamo visto una pietra miliare bianca che segnava la frontiera di uno dei tre avamposti di Shambhala. Allora, non parlatemi solo della Shambhala celeste, ma anche di quella che è sulla terra; perché sapete quanto me che, su questa terra, Shambhala è collegata alla sua controparte celeste e che, per mezzo di questo legame, i due mondi sono uno." Il lama si fa silenzioso. Con le palpebre semichiuse esamina i nostri volti; nella penombra del crepuscolo, comincia a raccontare: "In verità, si avvicina il tempo in cui l'Insegnamento dell'Illuminato verrà, ancora una volta, da nord verso sud. Il grande sentiero della parola di Verità, aperto a Bodhigaya, tornerà di nuovo in quegli stessi luoghi. E dobbiamo accettare questo fatto così com'è, semplicemente: il vero insegnamento lascerà il Tibet per apparire di nuovo nel sud. E, in tutti i paesi, i precetti del Buddha si manifesteranno. Veramente, si avvicinano grandi eventi. Voi venite dall'ovest, eppure portate notizie di Shambhala. In verità, è così che dobbiamo accettarlo. Il raggio che viene dalla torre di Rigden-jyepo ha probabilmente toccato tutti i paesi. La luce sulla Torre di Shambhala brilla come un diamante. Rigden-jyepo è sempre presente, instancabile, sempre a vigilare per la causa dell'umanità. I 54 suoi occhi non si chiudono mai. Nello specchio magico vede tutti gli eventi terrestri e il potere del suo pensiero penetra anche nei più lontani territori. La distanza per lui non esiste, e può dare il suo aiuto istantaneamente a chi lo merita. La sua luce possente può distruggere ogni oscurità, le sue risorse incommensurabili sono disponibili per aiutare tutti coloro che, pur essendo nel bisogno, offrono di servire la causa della virtù. Può anche modificare il karma degli esseri umani..." "Lama, mi sembra che stiate parlando del Maitreya, non è vero?" "Non dobbiamo pronunciare questo mistero! Molte cose non devono essere rivelate. Moltissime cose non devono essere cristallizzate nel suono: con il suono riveliamo il nostro pensiero; con il suono proiettiamo il nostro pensiero nello spazio e questa azione può creare dei danni gravissimi. Perché tutto ciò che viene divulgato prima della data predestinata si trasforma in un danno incalcolabile. Persino le più grandi catastrofi possono essere provocate da queste azioni inconsulte. Se Rigden-jyepo e l'Illuminato Maitreya sono una e una sola persona per voi, così sia. Non sono stato io ad averlo detto! Innumerevoli sono gli abitanti di Shambhala; numerose e splendide sono le nuove forze e i nuovi conseguimenti che laggiù si preparano per l'umanità..." "Lama, il Vedanta ci dice che ben presto nuove energie verranno date all'umanità. È vero?" "Innumerevoli sono le grandi cose predestinate e preparate. Grazie alle Sante Scritture conosciamo l'Insegnamento dell'Illuminato sugli abitanti delle stelle lontane. Dalla stessa fonte abbiamo sentito parlare dell'uccello d'acciaio che vola, dei serpenti di ferro che divorano lo spazio con fumo e fuoco. Tathagata, l'Illuminato, ha predetto tutto per il futuro. Sapeva che gli ausiliari di Rigden-jyepo si sarebbero reincarnati al momento opportuno, e che il sacro esercito avrebbe purgato Lhassa di tutte i suoi nemici infami, fondando in modo stabile il regno della virtù." "Lama, se i grandi guerrieri sono incarnati, le attività di Shambhala non si svolgeranno sulla nostra terra?" "Dappertutto; qui come nei cieli. Tutte le forze benevole si uniranno per distruggere l'oscurità. Tutti coloro che collaboreranno a questo grande compito saranno ricompensati cento volte, e su questa stessa terra, in questa incarnazione. Tutti coloro che peccheranno contro Shambhala periranno in questa stessa incarnazione, perché hanno consumato la misericordia." "Lama, voi sapete la verità. Allora, ditemi perché ci sono tanti indegni sacerdoti?" 55 "Questa non è certo una scusa, ma se gli Insegnamenti devono spostarsi verso sud, allora non c'è da sorprendersi che molti lama eruditi abbiano lasciato il Tibet. In occidente, sanno che Pan-Chen-Rinpoche (il Tashi Lama) è in contatto con Shambhala?" "Lama, sappiamo certamente che Pan-Chen-Rinpoche gode ovunque della più alta stima. In diversi paesi abbiamo sentito come non soltanto i buddhisti ma persone di tante nazioni parlano con grande rispetto di Sua Santità. Si dice anche che, nei suoi appartamenti privati, molto prima che partisse, siano .stati dipinti degli affreschi che descrivono i dettagli dei suoi viaggi futuri. Sappiano che Pan-Chen-Rinpoche segue le abitudini di tutti i grandi lama; ci è stato detto come, durante la sua fuga, i suoi discepoli e lui stesso sfuggirono a molti e grandissimi pericoli. Sappiamo che ad un certo momento i suoi perseguitatori di Lhassa gli erano davvero alle calcagna, quando una grossa valanga tagliò loro la strada. Un altro giorno, Pan-Chen-Rinpoche giunse ad un lago fra le montagne: doveva affrontare un problema difficile perché i nemici lo seguivano dappresso e, per sfuggire, avrebbe dovuto fare una lunga svolta per contornare il lago. Allora Pan-Chen-Rinpoche si sedette e restò in meditazione profonda per un po'. Quando si alzò ordinò che, malgrado il pericolo, l'intera carovana passasse la notte in riva al lago. Poi accadde l'imprevedibile. Durante la notte fece molto freddo e il lago si coprì di ghiaccio e neve, e prima del levar del sole, quando era ancora buio, Tashi Lama diede l'ordine ai suoi di avanzare rapidamente. Con i suoi trecento discepoli attraversò il lago ghiacciato, prendendo la strada più breve, sfuggendo così al pericolo. Quando i nemici arrivarono in quello stesso punto, il sole era già alto nel cielo e i raggi avevano fuso il ghiaccio. Non restò loro che fare il periplo del lago. Non andò così?" "In verità, è così che andò. Pan-Chen-Rinpoche fu aiutato dalla Santa Shambhala in tutti i suoi viaggi. Vide molti segni meravigliosi mentre attraversava le alte terre, affrettandosi verso nord." "Lama, non lontano da Ulan-Davan abbiamo visto un enorme avvoltoio nero che volava basso, vicino al nostro accampamento. Ha incrociato proprio sopra al campo la rotta di un bell'oggetto volante diretto verso sud, che brillava sotto i raggi del sole." Gli occhi del lama scintillarono. Ansioso chiese: "Avete anche sentito nel deserto il profumo dell'incenso dei templi?" "Lama, avete visto giusto. Nel deserto di pietre, a parecchi giorni da qualsiasi abitato, molti di noi hanno percepito contemporaneamente la fragranza di un profumo meraviglioso. Questo è avvenuto diverse volte. Non 56 avevamo mai sentito un profumo tanto gradevole, e a me ricordava un certo incenso che mi era stato dato un giorno da un amico in India. Non ho idea da dove egli l'avesse ottenuto." "Ah! Siete dunque protetto da Shambhala. Il grosso avvoltoio nero è il vostro nemico e vuole ad ogni costo distruggere la vostra opera, ma la forza protettiva di Shambhala vi segue in questa forma Radiante della Materia. Questa forza è sempre accanto a voi, ma non potete percepirla sempre. Solo qualche volta si manifesta per ridarvi forza e dirigervi. Avete notato la direzione vero la quale si spostava la sfera? Dovete seguire quella stessa direzione. Avete menzionato il sacro richiamo, 'Kalagiya'! Quando qualcuno ode questo richiamo imperioso, deve sapere che la via per Shambhala gli è aperta. Deve ricordarsi dell'anno in cui è stato chiamato, perché da quel momento in poi e per sempre l'Illuminato Rigden-jyepo lo assiste. Dovete soltanto conoscere e comprendere il mondo in cui le persone vengono aiutate, perché spesso esse respingono l'aiuto che è loro inviato." "Lama, ditemi, come viene aiutata la gente comune da Shambhala? Conosciamo gli adepti di Shambhala e i loro aiutanti incarnati; ma come avviene che la potenza di Shambhala si manifesti fra gli umili?" "In modi molteplici e segreti. Ognuno di coloro che, in una precedente incarnazione, hanno seguito gli insegnamenti della virtù e sono stati utili alla Causa Comune, vengono aiutati da questa stessa Causa Comune. Non molto tempo fa, durante la guerra e l'agitazione, un uomo chiese ad un lama se doveva cambiare luogo di residenza. Il lama rispose che poteva restare dov'era ancora per sei mesi ma che, in seguito, avrebbe corso grave pericolo e avrebbe dovuto fuggire immediatamente. Nei sei mesi seguenti l'uomo raggiunse l'apice del successo nel suo lavoro: tutto procedeva tranquillamente e i suoi beni si moltiplicavano. Quando i sei mesi furono trascorsi, pensò: 'Perché mai dovrei rischiare i miei beni, lasciando questo luogo tranquillo? Tutto sembra così prospero per me, e non vi è alcun apparente pericolo. Il lama probabilmente si è sbagliato'. Ma l'influsso cosmico non fu fermato, e il pericolo predestinato si manifestò all'improvviso. Le truppe nemiche si avvicinarono a quel posto a gran velocità da due direzioni, e l'uomo si rese conto che aveva perso la migliore occasione e che gli avevano tagliato la strada. Corse dal lama e gli raccontò quanto era accaduto. Il lama gli disse che era necessario, per determinate ragioni, che egli si salvasse. 'Ma - aggiunse - ora è più difficile aiutarti. Hai perso l'occasione più favorevole, tuttavia posso ancora fare qualcosa per te. Domani prendi con te la tua famiglia e cavalca verso nord. Lungo la strada incontrerai i tuoi nemici: questo è inevitabile. Quando li vedrai arrivare, allontanati dalla 57 strada e resta in silenzio. Anche se si avvicinano a te, anche se ti parlano, resta in silenzio e non muoverti finché non se ne saranno andati'. E così fu: l'uomo prese la sua famiglia e i bagagli e si mise per strada di primo mattino. Improvvisamente, nella luce tenue di quelle prime ore, essi distinsero la sagome dei soldati che rapidamente si avvicinavano. Si allontanarono dalla strada e restarono silenziosi, tesi. I soldati si facevano sempre più vicini e il pover'uomo udì uno di loro gridare: 'Sono qui. C'è della gente, qui. Ci deve essere un bel bottino per noi.' Un altro gli rispose ridacchiando: 'Amico, probabilmente hai dormito male la notte scorsa, perché non sai più distinguere le pietre dagli uomini. Le pietre sono vicine, eppure dici che non sono pietre!' Il primo insistette: 'Ma vedo anche un cavallo!' L'altro rideva: 'Non andrai lontano su un cavallo di pietra come questo. Come fai a pensare che un cavallo, sentendo tutti i nostri cavalli, se ne stia lì fermo, così?' I soldati risero di cuore e, prendendo in giro il compagno per il suo errore, passarono accanto al gruppo immobile. Scomparvero nella nebbia. Così, pur nella più difficile delle situazioni, l'uomo fu salvato. Perché era stato utile a Shambhala una sola volta. Shambhala sa tutto, ma i segreti di Shambhala sono ben custoditi." "Lama, come vengono custoditi i segreti di Shambhala? Si dice che molti di quelli che operano per Shambhala, molti messaggeri, vengano mandati in tutto il mondo. Come possono mantenere i segreti che sono loro affidati?" "I Grandi Guardiani dei misteri vegliano da vicino su tutti coloro a cui hanno affidato un compito e che sono stati investiti di alte missioni. Se devono affrontare un ostacolo inatteso, vengono aiutati immediatamente, e il tesoro loro affidato verrà custodito. All'incirca quarant'anni fa, un grande segreto fu confidato a un uomo che viveva in Mongolia, nel gran deserto del Gobi. Gli venne detto che poteva servirsi di quel segreto con uno scopo molto speciale, ma che, quando avesse sentito avvicinarsi l'ora di lasciare questo mondo, avrebbe dovuto affidare questo tesoro a qualcuno che ne fosse degno. Trascorsero molti anni e, infine, quell'uomo si ammalò; durante la malattia, una forza maligna lo avvicinò ed egli perse conoscenza. In quello stato, naturalmente, non poteva trovare qualcuno che fosse degno di ricevere il suo tesoro, ma i Grandi Protettori sono sempre vigili e all'erta e uno di essi immediatamente lasciò il grande Ashram e attraversò l'immenso Gobi, restando in sella più di sessanta ore senza mai riposarsi. Giunse dal malato in tempo e, anche se l'uomo venne rianimato per un periodo limitato, questo gli permise di trovare qualcuno a cui trasmettere il messaggio. Forse vi chiederete perché il Protettore non prese lui stesso il Tesoro, e perché dovesse prodursi questa successione. Perché il grande Karma ha le sue vie e, 58 a volte, anche i più grandi Protettori dei misteri non desiderano toccare i fili del Karma. In quanto ogni filo del Karma, se viene rotto, provoca un danno immenso." "Lama, a Turfan e in Turkestan ci sono state mostrate delle caverne con lunghi passaggi inesplorati: si possono raggiungere gli Ashram di Shambhala attraverso di essi? Ci è stato detto che, in qualche occasione, ne sono usciti degli stranieri, che poi si sono recati nelle città. Essi volevano pagare con monete antiche e strane, non più in uso." "A dir la verità, a dir la verità, gli abitanti di Shambhala emergono a volte nel mondo. Incontrano gli operatori terrestri di Shambhala. Per amore dell'umanità inviano doni preziosi, reliquie importanti. Posso raccontarvi parecchie storie sui doni meravigliosi ricevuti dallo spazio. Anche lo stesso Rigden-jyepo di quando in quando si manifesta con un corpo umano. Improvvisamente si mostra in luoghi santi, in monasteri e, nel momento predestinato, pronuncia le sue profezie. Di notte o all'alba, prima che si alzi il sole, il Reggente del Mondo arriva al Tempio, entra, e tutte le lampade si accendono da sole, contemporaneamente. Alcuni già riconoscono il Grande Straniero. I lama si riuniscono in profonda venerazione, ascoltano con la massima attenzione le profezie del futuro: una grande epoca si avvicina. Il Reggente del Mondo è pronto a combattere. Molte cose sono manifeste, il fuoco cosmico di nuovo si avvicina alla Terra. I pianeti manifestano l'era nuova. Ma molti cataclismi si produrranno prima dell'era nuova di prosperità: l'umanità sarà di nuovo messa alla prova per vedere se lo spirito è progredito sufficientemente. Ora il fuoco sotterraneo cerca il contatto con l'elemento del fuoco dell'Akasha. Se tutte le forze del bene non combinano insieme il loro potere, i più grandi cataclismi sono inevitabili. Si racconta che Rigden-jyepo si manifesta per dare ordini ai suoi messaggeri, e che il potente Reggente appare alla roccia nera, sulla strada del Ladakh. E, da tutte le direzioni, i cavalieri-messaggeri si avvicinano per ascoltare in profonda venerazione. A tutta velocità corrono ad eseguire ciò che viene ordinato dalla grande saggezza." "Lama, come mai la Shambhala della Terra non è ancora stata scoperta dai viaggiatori? Sulle carte si possono vedere tante rotte tracciate dalle spedizioni, sembra che tutte le cime siano state contrassegnate, tutte le valli e tutti i fiumi esplorati." "In verità c'è molto oro nella terra, e tantissimi diamanti e rubini nelle montagne, e tutti desiderano tanto possederli! E quanti cercano di scovarli! Ma fin qui queste persone non hanno trovato tutto, ed allo stesso modo l'uomo può pure cercare di raggiungere Shambhala senza esservi chiamato! Avete sentito parlare di fiumi avvelenati che circondano le alte terre; forse 59 avete anche visto persone morire per quei gas, quando vi si avvicinano; forse avete visto animali e uomini cominciare a tremare quando si avvicinano a certe località. Sono in molti a tentare di raggiungere Shambhala senza esservi stati chiamati, e alcuni di essi sono scomparsi per sempre. Solo pochi raggiungono il santo luogo, e soltanto se il loro karma è pronto." "Lama, parlate di un luogo santo sulla Terra. È ricco di vegetazione? Le montagne sembrano spoglie e le tempeste e il freddo devastante paiono insolitamente duri." "Nel mezzo delle montagne esistono valli chiuse, di cui non si sospetta l'esistenza. Molte sorgenti calde nutrono una ricca vegetazione, e le erbe medicinali, le piante rare prosperano in gran numero su quell'insolito suolo vulcanico. Forse avrete notato dei geyser sulle alte terre? Forse avrete sentito dire che a due soli giorni da Nagchu, dove non si vedono né piante né alberi, esiste una valle con alberi, erba e acqua tiepida. Ma chi mai conosce i labirinti di queste montagne? Sulla superficie rocciosa è impossibile distinguere tracce umane; non si può comprendere il pensiero della gente, e chi è capace di farlo, tace! Forse avete incontrato numerosi viaggiatori nei vostri spostamenti: stranieri vestiti in abiti semplici che camminano silenziosi nel deserto, nel caldo o nel freddo, verso la loro ignota destinazione; non crediate, solo perché i loro abiti sono semplici, che siano persone insignificanti! Se hanno gli occhi semichiusi, non crediate che il loro sguardo non sia penetrante. È impossibile discernere la direzione da cui sopraggiunge l'energia. Sono vani tutti gli avvertimenti, e vane tutte le profezie: soltanto percorrendo l'unico sentiero di Shambhala potete raggiungere il vostro compimento; rivolgendovi direttamente all'Illuminato Rigden-jyepo, potete avere successo." "Lama, avete detto che i nemici di Shambhala moriranno. E come moriranno?" "A dir la verità, muoiono quando è ora. Vengono distrutti dalle vili ambizioni che essi stessi alimentano. Rigden-jyepo è misericordioso, ma i peccatori si aggrediscono da soli. Chi può dire quando riceveranno la meritata paga? Chi può discernere quando l'aiuto è davvero necessario? E quale sarà, la natura di questo aiuto? Molti sconvolgimenti sono necessari, e hanno tutti il loro scopo. Fino al momento in cui il nostro umano e limitato intendimento si sarà convinto che tutto è stato distrutto, che ogni speranza è perduta: allora la mano creatrice del Reggente proietterà il suo raggio potente. Come verranno distrutti i peccatori? Un lama pittore aveva un grande talento per dipingere con incomparabile bellezza le immagini sacre; dipingeva in modo superbo le immagini di Rigden-jyepo, del Buddha 60 Illuminato e di Dukhar, Colei che Tutto Vede. Ma un altro pittore cominciò ad essere geloso di lui e, preso dalla collera, decise di fare del male al lama virtuoso. Quando cominciò a diffamarlo, la sua casa prese fuoco per un causa sconosciuta: tutto ciò che possedeva andò distrutto e le mani del diffamatore furono gravemente bruciate sicché, per molto tempo, non poté lavorare. Un altro calunniatore minacciò di distruggere tutto il lavoro di un uomo onesto; e poco dopo annegò, attraversando lo Tsanpo. Un altro, che aveva compiuto numerosi bei gesti di carità, fu aggredito da qualcuno che cercò di distruggere tutti i beni che egli aveva dedicato alla causa dell'umanità. Ma ancora una volta il possente raggio di Rigden-jyepo raggiunse l'aggressore e in un sol giorno la sua ricchezza fu spazzata via, sicché divenne un mendicante. Forse lo vedrete, ancora oggi, mendicare nel bazar di Lhassa. In tutte le città potete sentir parlare della punizione di queste indegne creature che hanno rivolto il loro veleno contro i valorosi. Solo sul sentiero di Shambhala il vostro cammino è sicuro; qualsiasi diversione da questa strada di gloria vi condurrà ai più grandi pericoli. Qualsiasi cosa sulla Terra può essere cercata e misurata. L'Illuminato non ordina né la fede né l'adorazione cieca, ma la conoscenza e l'esperienza." "Proprio così, lama. Posso anche dirvi come uno dei nostri amici più cari divenne un Fratello di Shambhala. Sappiamo che venne in India con una missione scientifica e che scomparve all'improvviso dalla carovana; molto tempo dopo, un messaggio inatteso portò la notizia che si trovava a Shambhala." "Posso dirvi che molti Antichi Credenti lasciarono il lontano Altai in cerca della cosiddetta 'Belavodye' (le Acque Bianche) e non fecero mai più ritorno. Ho udito pronunciare i nomi delle montagne, dei fiumi e dei laghi che si incontrano sulla strada per i luoghi santi. Sono segreti; alcuni di questi nomi sono corrotti, ma è possibile discernere la loro verità fondamentale. Posso dirvi che un meritevole studente di questo alto insegnamento volle recarsi a Shambhala prima che il suo tempo fosse venuto. Aveva uno spirito puro e sincero, ma non aveva esaurito il karma, e la sua missione terrestre non era compiuta. Per lui era dunque prematuro, ed uno dei Grandi Maestri gli andò incontro, a cavallo, fra le montagne, per parlare personalmente a quel viaggiatore colmo di speranza. Con misericordia e compassione lo rimandò indietro, a completare ciò che non aveva terminato. Posso parlarvi degli Ashram al di là di Shigatsè, e dirvi come i Fratelli di Shambhala siano apparsi in diverse città, e come abbiamo impedito le più gravi calamità umane quando l'umanità riuscì a comprenderli davvero..." "Lama, avete incontrato degli Azara e dei Kuthumpa?" 61 "Se tanti eventi vi sono familiari, dovete conoscere il successo nel vostro lavoro. Tutto questo sapere su Shambhala, di per sé è un fiume di purificazione. Molti di noi, nel corso della vita, hanno incontrato gli Azara e i Kuthumpa e gli uomini delle nevi che li servono. Che gli Azara non siano più visibili nelle città, è un fatto recente; si sono tutti riuniti fra le montagne. Sono molto alti, con capelli e barba lunga, e ricordano gli Indù. Un giorno, camminando lungo il Brahmaputra, vidi un Azara: cercai di raggiungerlo, ma improvvisamente svoltò dietro le rocce e scomparve. Eppure, lì non c'era né una grotta né una caverna, soltanto un piccolo 'stupa'. Probabilmente non voleva essere disturbato. I Kuthumpa, ormai, non si vedono più: una volta si mostravano abbastanza apertamente nel distretto di Tsang e a Manasarowar, quando i pellegrini andavano al santo Kailash. Anche gli uomini delle nevi ai giorni nostri si vedono di rado. Le persone comuni, nella loro ignoranza, li prendono per apparizioni. I Grandi hanno profonde ragioni per non apparire più così apertamente, ora. Il mio vecchio maestro mi ha molto parlato della saggezza degli Azara. Conosciamo diversi luoghi in cui questi Grandi Esseri risiedevano ma, per il momento, questi luoghi restano deserti. Una grande ragione, un grande mistero!" "Lama, allora è vero che gli Ashram non sono più dalle parti di Shigatsè?" "Questo mistero non va pronunciato. Ho già detto che gli Azara non si trovano più nel distretto di Tsang." "Lama, perché i monaci dicono che Shambhala si trova lontano, al di là degli oceani, mentre la Shambhala terrestre è molto più vicina? Xoma di Koros dice anche, e ne fornisce le prove, dove si trova la meravigliosa valle fra le montagne in cui avvenne l'iniziazione del Buddha." "Ho sentito dire che Xoma di Koros ha mietuto disgrazie nella sua vita, e che Grunwedel, che voi stesso avete menzionato, diventò pazzo; il fatto è che avevano toccato il grande nome di Shambhala per curiosità, senza realizzarne il significato prodigioso. Giocare col fuoco è pericoloso, ma il fuoco può essere di grande utilità per l'umanità. Probabilmente avete udito parlare di certi viaggiatori che hanno tentato di penetrare nel territorio proibito, e di come le loro guide si siano rifiutate di accompagnarli dicendo: 'Preferiamo essere uccisi'. Anche quelle persone semplici comprendevano che degli argomenti tanto elevati non potevano essere affrontati se non con la massima venerazione. Non sfidate le leggi! Aspettate lavorando con ardore finché il messaggero di Shambhala verrà a voi nel mezzo di costanti risultati. Aspettate che l'Essere dalla Voce Possente pronunci 'Kalagiya'. Allora potrete cominciare 62 senza alcun rischio ad approfondire quest'argomento meraviglioso. La vana curiosità deve essere trasformata in apprendimento sincero e applicazione dei principi più elevati nella vita quotidiana." "Lama, voi siete nomade: dove potremo incontrarvi di nuovo?" "Vi supplico, non chiedetemi il mio nome. Inoltre, se doveste incontrarmi in una città o in qualsiasi altro luogo abitato, non date segno di riconoscermi. Sarò io ad avvicinarvi." "E se dovessi avvicinarmi a voi, vi limitereste ad andarvene o mi ipnotizzereste?" "Non obbligatemi ad utilizzare queste forze naturali. Fra i Berretti Rossi è permesso usare certi poteri, ma possiamo servircene solo in casi eccezionali. Non dobbiamo infrangere le leggi della natura. L'Insegnamento essenziale del nostro Illuminato ci ingiunge di essere prudenti nella rivelazione delle nostre possibilità interiori." "Lama, ditemi ancora se avete visto Rigden-jyepo personalmente." "No, non ho ancora visto il Reggente in carne ed ossa. Ma ho udito la Sua Voce. Durante l'inverno, quando il gelo copriva le montagne, Egli mi fece dono di una rosa, un fiore di quella valle lontana. Dalle molte cose su cui mi interrogate, vedo che conoscete a fondo parecchi argomenti. Che fareste se cominciassi ad esaminarvi?" "Lama, starei zitto." Il lama sorrise: "Allora la sapete davvero lunga! Forse sapete anche come usare le forze della natura e che, in Occidente, negli ultimi anni, si sono visti molti segni, soprattutto durante la guerra, che voi, o uno di voi occidentali, ha provocato." "Lama, quel massacro di esseri umani senza precedenti deve aver fatto certamente precipitare un inatteso flusso di reincarnazioni. Molta gente è morta prima dell'ora predestinata, in quelle circostanze, e tante cose sono state snaturate e sconvolte." "Probabilmente non siete a conoscenza delle profezie che, molto tempo fa, predissero queste calamità. Se soltanto aveste saputo, non avreste mai cominciato quell'orribile olocausto. Se conoscete Shambhala, se sapete usare le vostre forze naturali latenti, allora dovete conoscere anche Namig, le Lettere Celesti. E allora saprete come ricevere le profezie del futuro." (continua) Talaï-Pho-Brang, 1928 63 ALLEGATI (Schede dinosauri) ALIORAMUS Nome e significato ALIORAMUS = ramo differente Classificazione Carnosauria, Theropoda, Saurischia Era Tardo Cretaceo Località Mongolia Il nome sta a significare che il suo ramo evolutivo è differente dal Tarbosauro. Era un Carnosauro i cui fossili sono stati ritrovati nei terreni del tardo Cretaceo della Mongolia. Bipede, carnivoro, rassomigliava al Tarbosauro ma era di dimensioni più piccole, aveva una larga testa, lunghi denti e zampe anteriori con due dita e munite di artigli. Lunghezza 6 metri circa. AMTOSAURUS Nome e significato AMTOSAURUS, da Omtgay, sito del ritrovamento Classificazione Ankylosauridae, Ankylosauria, Ornithischia Era Tardo Cretaceo Località Mongolia Ankylosauro trovato recentemente in Mongolia nei terreni del Tardo Cretaceo. Come tutti gli Ankylosauri, Dinosauri corazzati, era quadrupede ed erbivoro. ARCHAEORNITHOMIMUS Nome e ARCHAEORNITHOMIMUS, letteralmente significa: significato Archae-Ornitho = antico uccello, Mimus = mimare Classificazione Coelurosauria, Theropoda, Saurischia Era Tardo Cretaceo Località Stai Uniti e Mongolia Dinosauro-struzzo degli Ornitomimidi, vissuto durante il Tardo Cretaceo in Mongolia e in America. Bipede e onnivoro, conosciuto solo per pochi frammenti dello scheletro ritrovati, le sue misure sono sconosciute. 64 BACTROSAURUS Nome e BACTROSAURUS da Bactro = ramo + sauro, sta a significare l’inizio di una nuova linea di dinosauri significato Classificazione Hadrosauridae, Ornithopoda, Ornithischia Era Cretaceo Località Mongolia Uno dei più antichi Adrosauri a becco d’anatra conosciuti. Era un carnivoro, bipede, 4 m di lunghezza e 2 m di altezza a livello delle anche. È vissuto in Mongolia durante il Cretaceo. BAGACERATOPS Nome e significato BAGACERATOPS, dal mongolo Baga = piccolo, Ceratops = cornuto Classificazione Protoceratopsidae, Ceratopsia, Ornithischia Era Tardo Cretaceo Località Mongolia È un Protoceratops quadrupede, erbivoro, di piccole dimensioni (1 m circa) vissuto in Mongolia nel Tardo Cretaceo. CHILANTAISAURUS Nome e significato CHILANTAISAURUS, dal nome del lago Chilantai in Mongolia Classificazione Carnosauria, Theropoda, Saurischia Era Tardo Giurassico e Cretaceo inferiore Località Mongolia e Cina Un Carnosauro con artigli a gancio e zampe a 3 dita. Questo Carnosauro bipede è parente prossimo dell’Allosauro americano. È vissuto durate il Tardo Giurassico e il Cretaceo inferiore in Mongolia e in Cina. 65 DYOPLOSAURUS Nome e significato DYOPLOSAURUS Dyo-oplon = doppia armatura + sauro, alludendo alla sua forma di difesa Classificazione Ankylosauride, Ankylosauria, Ornithischia Era Tardo Cretaceo Località Mongolia e Canada Era un Ankylosauro erbivoro, quadrupede di medie dimensioni, aveva un’armatura a scaglie d’osso e una protuberanza caudale a forma di mazza con la quale si difendeva. Trovato in Mongolia e in Canada. ELMISAURUS Nome e ELMISAURUS da Elmi che in mongolo significa piede significato + sauro Classificazione Coelurosauro, Theropoda, Saurishia Era Cretaceo inferiore Località Mongolia Il nome allude alla particolarità del suo piede. Era un piccolo Celurosauro ritrovato nei sedimenti del Cretaceo inferiore in Mongolia. Conosciuto solo dai reti di n piede e di una mano. Alto circa m 1-1.5, bipede, erbivoro ERLIKOSAURUS Nome e significato ERLIKOSAURUS da erlik = un leggendario re Lamaista + sauro Classificazione Ancora incerta – Carnosauria, Theropoda, Saurischia (?) Era Tardo Cretaceo Località Mongolia Un atipico Dinosauro carnivoro recentemente trovato in Mongolia con lungo becco slanciato senza denti. Questo carnivoro aveva collo e coda lunghi; l’andatura era alternativa bipede. 66 GARUDIMIMUS Nome e significato GARUDIMIMUS dal nome dell’uccello sacro della mitologia indù Classificazione Coelurosauria, Theropoda, Saurischia Era Tardo Cretaceo Località Mongolia Un Dinosauro molto primitivo (Ornithomimide), è conosciuto per il ritrovamento di un cranio e frammenti dello scheletro, rinvenuti nel Tardo Cretaceo in Mongolia. Un aggressivo carnivoro di circa 4 m di lunghezza, bipede. HOMALOCEPHALUS Nome e HOMALOCEPHALUS da homalós + kegalé = testa significato tondeggiante Classificazione Pachycephalosauridae, Ornithopoda o Pachycephalosauria, Ornithischia Era Tardo Cretaceo Località Mongolia Un Dinosauro Pachicefalosauro con il cranio a cupola. Bipede, erbivoro, di piccole dimensioni. INGENIA Nome e significato INGENIA, significato sconosciuto Classificazione Coelurosauria, Theropoda, Saurischia Era Tardo Cretaceo Località Sud-Ovest Mongolia Un piccolo bipede Celurosauro molto simile all’Oviraptor, trovato nei depositi del Cretaceo a sud-ovest della Mongolia. Carnivoro, si cibava prevalentemente di uova come l’Oviraptor, insetti e piccoli animali. 67 MICROCERATOPS Nome e significato Classificazione Era Località MICROCERATOPS = Ceratopo di piccola taglia Protoceratopsidae, Ceratopsia, Ornithischia Tardo Cretaceo Mongolia Piccolo sauro cornuto, era un primitivo Protoceratops del Tardo Cretaceo ritrovato in Mongolia. Bipede alternativo, con il cranio a becco di pappagallo; si cibava di vegetali. Lunghezza 80 cm – 1 m circa. MONGOLOSAURUS Nome e significato MONGOLOSAURUS = Sauro della Mongolia Classificazione Sauropoda, Sauropodomorpha, Saurischia Era Tardo Cretaceo Località Mongolia Uno degli ultimi Dinosauri di grandi dimensioni, quadrupede, vissuto in Mongolia durante il Tardo Cretaceo. Conosciuto dai pochi frammenti ritrovati, è molto simile al Titanosaurus. 68 OVIRAPTOR Nome e significato OVIRAPTOR = Ladro di uova Classificazione Coelurosauria, Theropoda, Saurischia Era Tardo Cretaceo Località Mongolia Piccolo Coelurosauro del Tardo Cretaceo, questo Dinosauro era simile all’Ornithomimus ma di dimensioni molto più piccole, infatti raggiungeva al massimo 1,5 m di lunghezza. Bipede con un cranio ben articolato e un largo cervello. Aveva un potente becco senza denti che lo rendeva molto aggressivo nonostante le sue ridotte dimensioni. La sua dieta era composta prevalentemente di uova di altri Dinosauri, insetti, bacche ed era anche un probabile saprofago (mangiatore di carogne). OPISTHOCOELICAUDIA Nome e significato OPISTHOCOELICAUDIA =Coda con cavità Classificazione Sauropoda, Sauropodomorpha, Saurischia Era Tardo Cretaceo Località Mongolia Il suo nome fa riferimento alla peculiarità della sua coda. Era un enorme quadrupede, erbivoro, un Sauropode vissuto in Mongolia nel Tardo Cretaceo. 69 PINACOSAURUS Nome e significato Classificazione Era Località PINACOSAURUS ? Ankylosauridae, Ankylosauria, Ornithischia Tardo Cretaceo Mongolia Uno dei più antichi Ankylosauridi (Dinosauri corazzati), avente placche d’osso su tutto il corpo. La sua coda terminava con un osso piatto dai bordi affilati con cui si difendeva dagli attacchi dei predatori. Lungo 3,5 m, questo quadrupede vagava per le aride distese durante il Tardo Cretaceo e si cibava di piante coriacee. Ritrovato in Mongolia. PRENOCEPHALUS Nome e significato PRENOCEPHALUS = da premo + kefalé = a testa bassa Classificazione Pachycephalosauridae, Ornithopoda o Pachycephalosauria, Ornithischia Era Cretaceo Località Mongolia Era un piccolo Pachycephalosauro del Cretaceo della Mongolia. Questo dinosauro lungo circa 2 m era bipede, erbivoro ed è conosciuto per il ritrovamento di un cranio a cupola completo. 70 PROBACTROSAURUS Nome e significato PROBACTROSAURUS = Dinosauro che viene prima dei Bactrosauri Classificazione Iguanodontidae, Ornithopoda, Ornithischia Era Tardo Cretaceo Località Mongolia Era un Iguanodonte del Tardo Cretaceo e alcuni studiosi sono propensi a crederlo un antenato degli Adrosauri. Era bipede ed erbivoro. SAICHANIA Nome e significato Classificazione Era Località SAICHANIA dal mongolo = bello, alludendo alla tipologia inusuale di questo Dinosauro Ankylosauridae, Ankylosauria, Ornithischia Tardo Cretaceo Mongolia L’Ankylosauro, Dinosauro corazzato del Tardo Cretaceo, è fra i più conosciuti per i numerosi ritrovamenti dei suoi fossili. Coperto di placche ossee, la sua coda finisce in una mazza pesante con la quale si difendeva dai predatori. Erbivoro, quadrupede, raggiungeva i 7 m di lunghezza. 71 SAUROLOPHUS Nome e significato Classificazione Era Località SAUROLOPHUS = Sauro + lofos = sauro con la cresta Hadrosauridae, Ornithopoda, Ornithischia Tardo Cretaceo Canada, Mongolia Un Hadrosaurus con cranio crestato a becco d’anatra, del Tardo Cretaceo della Mongolia. Di questo bipede erbivoro, lungo circa 6/7 m e alto 5 m, è stato ritrovato uno scheletro completo in Canada e anche in Mongolia. SAURORNITHOIDES Nome e significato Classificazione Era Località SAURORNITHOIDES = sauro + ornitoide = a forma di uccello Coelurosauria, Theropoda, Saurischia Tardo Cretaceo Mongolia Sauro simile ad un uccello per la sua forma e il suo becco. 72 Era un Celurosauro del Tardo Cretaceo. Bipede, carnivoro, lungo circa 2 m, aveva lunghe dita, grandi occhi e mandibola a forma di becco, aveva inoltre un cervello di grandi dimensioni e probabilmente era fra i Dinosauri più intelligenti. Simile, se non della stessa specie, allo Stenonychosaurus del Canada, considerato uno dei più avanzati e sofisticati Celurosauri del Tardo Cretaceo. Da questo Dinosauro il paleontologo Dale Russel ha ricostruito un prototipo di Dinosauride simulando quello che sarebbe potuto succedere se i Dinosauri non fossero scomparsi. SEGNOSAURUS Nome e significato Classificazione Era Località SEGNOSAURUS = forse dal latino segnis = pigro o indolente Carnosauria?, Theropoda?, Saurischia? Tardo Cretaceo Mongolia Un nuovo tipo di Dinosauro, molto anomalo, ritrovato nei depositi del Tardo Cretaceo in Mongolia. Quadrupede, con la testa piccola e con becco senza denti, aveva collo lungo e coda corta. Le zampe degli arti anteriori avevano tre dita e quelle posteriori quattro con artigli curvi. Lungo 9 m e alto dai 2,5 ai 3 m. La sua classificazione è ancora incerta essendo un miscuglio di caratteristiche primitive e nello stesso tempo “avanzate”. 73 TALARURUS Nome e significato TALARURUS = simile a una cresta Classificazione Ankylosauridae, Ankylosauria, Ornithischia Era Tardo Cretaceo Località Mongolia Questo nome probabilmente gli è stato dato al momento della scoperta dell’insieme di costole, per la loro sistemazione. Era un Ankylosauro corazzato del Tardo Cretaceo, lungo circa 5,20 m, quadrupede ed erbivoro. Il suo corpo era ricoperto da placche ossee e la coda finiva in una mazza composta da protuberanze e da spine. TARCHIA Nome e significato Classificazione Era Località TARCHIA = termine mongolo indicante cervello Ankylosauridae, Ankylosauria, Ornithischia Tardo Cretaceo Mongolia, Deserto del Gobi Il suo nome deriva da un termine mongolo che significa cervello perché il primo resto ritrovato di questo esemplare fu un cranio. Era un Ankylosauro corazzato del Tardo Cretaceo ritrovato in Mongolia nel Deserto del Gobi. Aveva la testa triangolare e il corpo coperto di placche ossee e di spine arcuate. Considerato uno degli ultimi e più grandi Ankylosauri dell’Asia, lungo probabilmente 6 m, questo quadrupede erbivoro possedeva una coda con mazza finale che usava per difesa. 74 TYLOCEPHALUS Nome e significato TYLOCEPHALUS = tylo + kefalé = testa con protuberanze Classificazione Pachycephalosauridae, Ornithopoda o Pachycephalosauria, Ornithischia Era Cretaceo Località Mongolia Il suo nome deriva dalla forma a cupola della sua testa. Era un Pachicefalosauro i cui frammenti fossili sono stati recentemente trovati nei terreni cretacei della Mongolia. Bipede, lungo oltre 2 m, erbivoro. VELOCIRAPTOR Nome e significato Classificazione Era Località VELOCIRAPTOR = Ladro veloce Coelurosauria, Theropoda, Saurischia Tardo cretaceo Mongolia Era un aggressivo Coelurosauro del Tardo Cretaceo della Mongolia, alto circa come un uomo, bipede, provvisto di lunghe zampe era un veloce corridore e si cibava di uova, piccoli animali ed insetti. È passato alla storia della paleontologia perché è stato trovato allo stato fossile, avvinghiato ad un Protoceratopo in una morsa fatale per entrambi. 75 TARBOSAURUS BATAAR Nome e significato Tarbo = rettile aggressivo Bataar in mongolo = eroe Classificazione Carnosauria -Theropoda – Saurischia Era Maastrichtiano, Cretaceo superiore 72 milioni di anni Località Bügyin Tsav, Bayn Khongor Aimak Questo Dinosauro bipede fa parte dei Carnosauri, i più grandi animali carnivori che abbiano popolato la Terra. Il Tarbosauro è il cugino asiatico del Tirannosauro americano. Le sue membra anteriori sono atrofizzate e possiedono solamente due dite munite di 2 e 3 falangi. Di conseguenza tutta la potenza dell’animale è situata nelle sue formidabili mascelle e nelle due massicce zampe posteriori. Sul cranio, fra le narici esterne anteriori e l’orbita, si aprono due finestre pre-orbitarie. Il collo è tozzo con vertebre munite di grandi apofisi. Il bacino triradiato è formato da un pube la cui estremità inferiore è provvista di una caratteristica paletta allargata. Nella zampa posteriore i tre metatarsi si incastrano l’uno nell’altro per rinforzare la solidità del piede. Nonostante il suo aspetto aggressivo alcuni scienziati tendono a definirlo un saprofago, specializzato cioè nel divorare anche carogne. Il Tarbosauro poteva raggiungere 10-12 m di lunghezza. È stato descritto per la prima volta nel 1985 dal paleontologo russo Maleev. I resti di almeno 7 Tarbosauri furono raccolti da dai ricercatori dell’Istituto di Paleontologia dell’Accademia delle Scienze dell’Unione Sovietica. Altri scheletri furono raccolti successivamente da ricercatori polacchi e mongoli. Ci sono poche differenze anatomiche fra il Tirannosauro americano e il Tarbosauro mongolo, e alcuni studiosi sono tentati di riunire questi due generi in uno solo. Il fatto che i primi siano conservati nei Musei dell’America del Nord e gli altri nei Musei di Mosca e di Ulan Bator, è il motivo che fino a questo momento ha impedito la comparazione sistematica dei due generi. Durante la missione italo-franco-mongola del luglio 1991, numerosi resti di Tarbosauri sono stati osservati nella vallata di Nemegt nel Sud-Ovest del Deserto dei Gobi, dove è stato scavato ed esaminato un superbo scheletro con le osa in perfetta sequenza anatomica. Le condizioni di fossilizzazione eccezionale hanno permesso di osservare per la prima volta l’impronta della pelle del Tarbosauro ben conservata sui sedimenti che attorniano lo scheletro. Ad Est del Deserto dei Gobi il sito di Bügyin Tsav è particolarmente importante: situato in una delle parti più desertiche del Gobi evidenzia, scavati dall’erosione eolica ed esposti in superficie, numerosi scheletri di Dinosauro che rappresentano il 30% dei resti di altri animali fossilizzati. 76 GALLIMIMUS BULLATUS Nome e significato Galli-mimus = che imita il gallo Bullatus = in quanto la su cresta è a forma di bulbo Classificazione Ornithomimide – Coelurosauria – Theropoda – Saurischia Era Maastrichtiano, Cretaceo superiore, 72 milioni di anni Località Ulan Khongor – Tsagan Khoshu, Sud del Gobi Questo Dinosauro gracile, bipede, appartiene alla famiglia degli Ornitomimidi, creata dal celebre paleontologo americano Marsh nel 1890. La rassomiglianza con gli scheletri dei grandi uccelli corridori terrestri, come gli struzzi, spiega il termine che gli è stato dato. Il cranio alleggerito è provvisto di una accentuata mobilità: il nome di Bullatus allude alla struttura a forma di bulbo situata presso la scatola cranica di cui è dotata questa specie. Le mascelle sono provviste di denti e la mandibola era certamente ricoperta da un becco corneo. La colonna vertebrale conta 68 vertebre di cui 10 cervicali; le vertebre dorsali sono munite di cavità laterali. Le braccia sono lunghe e terminano con tre dita munite di artigli che probabilmente lo aiutavano nella predazione; le membra posteriori erano invece molto lunghe e slanciate. Gli Ornitomimidi avevano delle ossa cave e fragili, conseguentemente sono difficili da trovare e raccogliere. Il giacimento del Deserto del Gobi, famoso per le favorevoli condizioni di fossilizzazione, ha invece portato alla luce scheletri completi di cui anche i crani sono ben conservati. Questi Dinosauri si muovevano rapidamente e si stima che potessero raggiungere la velocità di 50 km all’ora. Erano probabilmente onnivori e con un’agilità che permetteva di catturare lucertole, piccoli mammiferi e insetti. Gli Ornitomimidi sono stati scoperti per la prima volta nel Cretaceo dell’America del Nord. Essi sono presenti anche in Africa, ma l’esplorazione del Deserto del Gobi ha fatto conoscere 3 nuovi generi di Ornithomimidi: il Gallimimus nel 1972 il Garudimimus nel 1981 e un genere del Cretaceo Inferiore, Harpymimus, nel 1984. In Asia sembra che i Dinosauri corazzati siano assenti dalle nicchie ecologiche che erano frequentate dagli Ornitomimidi; i motivi sono ancora sconosciuti. La loro lunghezza varia dai 3 ai 5 m con altezza di circa 2 m a livello delle anche. Le orbite sono molto larghe e la loro vista doveva essere eccellente senza però essere stereoscopica. 77 THERIZINOSAURUS CHELONIFORMIS Nome e significato Therizinos = falce – Sauro Cheloniforme = a forma di tartaruga Classificazione Segnosauridae (?) – Carnosauria (?) – Theorpoda (?) – Saurischia (?) Era Campaniano, Cretaceo superiore – 72 milioni di anni Località Khermin Tsav, Bacino di Nemegt – Sud del Gobi Questo Dinosauro carnivoro gigante è conosciuto solo per le sue immense braccia di quasi 3 m di lunghezza provviste di grandi artigli appiattiti lunghi 70 cm. Molte ipotesi si sono formulate per riuscire a conoscere il modo di vita, l’andamento, la morfologia di questo strano rettile gigante. Secondo alcuni studiosi, utilizzava questi grandi artigli per distruggere i termitai e mangiarne gli insetti. Una spedizione sino-canadese ha appena scoperto uno scheletro completo di questo Dinosauro che doveva assomigliare ad una specie di formichiere gigante bipede il cui bacino, molto specializzato, era già stato descritto da altri e collocato in una nuova famiglia: quella dei Segnosauridi. Un animale impressionante, di cui si attendono nuove scoperte e nuovi studi per definirlo morfologicamente, completarne la classificazione e comprenderne il comportamento. DEINOCHEIRUS MIRIFICUS Nome e significato Deinos = terribile, Cheirus =mano Mirificus = mirabile Classificazione Deinocheiriadae – Carnosauria? – Theropoda – Saurischia Era Campaniano – Maastrichtiano, Cretaceo superiore, 72 milioni di anni Località Formazione di Nemegt, Gobi Le braccia giganti di questo Dinosauro che misuravano m 2,60 di lunghezza sono state rinvenute dai membri della spedizione polacco-mongola nella valle di Nemegt. Questo Dinosauro è stato collocato in una famiglia particolare poiché le mani (dotate di 3 dita con potenti artigli) sembrano più prensili di quelle degli Ornitomimidi. Non si conosce il resto dello scheletro del Deinocheirus che, probabilmente, era impressionante. 78 PSITTACOSAURUS MONGOLIENSIS Nome e significato Psittako = pappagallo (sauri con becco a pappagallo) Classificazione Psittacosauridae – Ceratopsia – Ornithischia Era Aptiano – Albiano, Cretaceo inferiore, 110 milioni di anni Località Khuren Duk, Gobi centrale Questi piccoli Dinosauri (1,5 m di lunghezza) con il becco a pappagallo, fanno parte di una famiglia che ha vissuto nel Cretaceo inferiore 110 milioni di anni fa. Sono dei piccoli Dinosauri erbivori e la loro morfologia ci permette di comprendere come Dinosauri bipedi all’inizio del Cretaceo abbiano potuto dare origine a pesanti Dinosauri a corna (Ceratopsia) del Cretaceo superiore. Lo scheletro, ad eccezione del cranio, è molto primitivo: le membra anteriori e posteriori sono quelle di un bipede facoltativo. Il cranio possiede un becco di pappagallo molto caratteristico ed è munito di un osso chiamato rostrale. Scoperto per la prima volta dalle spedizioni americane in Asia, questo Dinosauro fu descritto dal paleontologo Osborn nel 1923. Gli Psittacosauri occupano un posto importante nella storia dell’origine dei Dinosauri a corna Ceratopsia (o Ceratopi). Questa importanza è stata evidenziata recentemente grazie ai nuovi studi sul materiale raccolto in Cina e in Mongolia e pubblicato da Maryanska e Osmolska (1975) e Sereno (1986). Le narici sono piccole e poste molto in alto sul cranio: i denti, con la corona smaltata, sono trancianti e presentano delle usure che indicano il regime alimentare a base di piante coriacee. In effetti alcuno gastroliti (pietre lisce che si trovavano probabilmente all’interno di un ventriglio e che aiutavano la macerazione del cibo) rinvenuti insieme a due scheletri di Psittacosauro, confermano questo tipo di alimentazione. 79 PROTOCERATOPS ANDREWSI Nome e significato Il primo Dinosauro a corna dedicato al paleontologo americano Andrews Classificazione Protoceratopsidae – Ceratopsia – Ornithischia Era Campaniano, Cretaceo superiore, 72 milioni di anni Località Bajan Dzag, Tugrogin Shireh Questi Dinosauri, che hanno per antenati gli Psittacosauri, erano quadrupedi erbivori. La loro lunghezza varia da 1 a 2,5 metri. Il loro cranio visto dorsalmente è triangolare ed è provvisto di un becco sdentato. Anteriormente il rostro possedeva una superficie rugosa che doveva portare un corno in vita. Si consoce molto bene l’anatomia di questi Dinosauri, per il gran numero di crani e scheletri che sono stati raccolti e si possono così seguire tutti gli stadi della loro crescita, dal piccolo nato fino all’adulto. Gli studi sulla variazione della forma del cranio nel corso della crescita hanno permesso di separare i crani in due categorie che evidenziano il dimorfismo sessuale nei maschi rispetto alle femmine. Il Protoceratops viveva in un ambiente fatto di dune, di laghi e di fiumi stagionali, in un clima caldo e semiarido. Alcuni studiosi pensano che una specie di gorgiera (impalcatura ossea posta all’indietro sulla testa), giocasse un ruolo di protezione del collo permettendo allo stesso tempo l’attacco dei muscoli potenti per la masticazione di piante coriacee. Alcuni di questi Protoceratopi sono stati ritrovati perfettamente fossilizzati per il fatto che erano caduti in sabbie mobili. Il Protoceratopo diventò famoso dalla spedizione polacco-mongola nel 1971, che ritrovò un fossile di questo Dinosauro avvinghiato ad un Velociraptor, che stava predando il suo nido, in una morsa fatale dove entrambi trovarono la morte. 80 ADROSAURO Esemplare di ADROSAURO (o Dinosauro a becco di anitra) appena nato Classificazione Specie sconosciuta Era Cretaceo superiore, 72 milioni di anni Località Tugrogin Shireh Esemplare eccezionalmente ben conservato di un Adrosauro appena nato. Si pensa che questi giovanissimi individui rimanessero nei pressi del nido con gli altri membri della covata e che i genitori rimanessero presso di loro per qualche tempo per proteggerli ed aiutarli a nutrirsi. PROTOCERATOPS ANDREWSI Esemplare appena nato Classificazione Protoceratopsidae – Ceratopsia – Ornithischia Era Cretaceo superiore, 72 milioni di anni Località Dzamin Khond,Sud del Gobi La dimensione di questo piccolo Protoceratops evidenzia ciò che era un Dinosauro appena nato. Numerosi esemplari, raccolti nel Gobi, permettono di seguire tutti gli stadi della crescita, dagli individui più giovani come questo, agli esemplari adulti. NIDO DI UOVA DI DINOSAURI Classificazione Specie sconosciuta Era Cretaceo inferiore, 110 milioni di anni Località Giacimento di Algui Ulan Tsav, Sud del Gobi Covata di un Sauropode sconosciuto: queste uova larghe e sferiche, disposte in più file successive, sono attribuite ad un Dinosauro Sauropode. NIDO DI PROTOCERATOPS ANDREWSI Classificazione Protoceratopsidae – Ceratopsia – Ornithischia Era Cretaceo superiore, 72 milioni di anni Località Khermin Tsav, Sud del Gobi Le uova allungate sono attribuite al Protoceratops e sono state deposte due a due; erano in posizione verticale o obliqua all’interno del nido probabilmente per permettere gli scambi gassosi fra l’uovo e l’ambiente circostante, per mezzo dei numerosi pori del guscio. 81 MAMMIFERI PRIMITIVI Sono rappresentati da vari generi che sono stati - MULTITUBERCOLATI raggruppati in famiglie, ma tutti appartenenti al sottordine dei Taeniolaboidea, definito dalla struttura della mandibola, dall’incisivo inferiore parzialmente ricoperto di smalto, dalla forma del palato e dalle proporzioni del cranio. Questi multitubercolati (simili a roditori) sono mammiferi primitivi che si evolvono soprattutto nel Cretaceo superiore e sono così chiamati per la serie di molari provvisti di molte cuspidi. SLOANBAATAR MIRABILIS 82 Kielan-Jaworowska 1970 Bajan Dzag, formazione Djadochta, Campaniano, Cretaceo superiore – 72 milioni di anni, definito a partire da un cranio, una mandibola dalla dentatura completa. Un esemplare di cranio è stato ritrovato nel 1991 dalla Missione italo-franco-mongola. Il muso anteriormente è subrettangolare con un forte allargamento a livello delle orbite che sono limitate nella parte superiore e posteriore da un leggero gancio postorbitale. La mascella inferiore è relativamente esile con un forte incisivo; lo smalto lo ricopre interamente, ma è molto sottile sulla faccia dorsomediana. Il primo incisivo superiore è di misura modesta e il secondo incisivo superiore era collocato sul palato. KRYPTOBAATAR DASHZEVEGI Bajan Dzag, formazione Djadochta, Campaniano, Cretaceo superiore. Questo mammifero multitubercolato è conosciuto per mezzo di due crani e una mandibola incompleti con dentatura integra. Un cranio è stato ritrovato dalla Missione italo-francomongola nel 1991. Misura del cranio 30 mm circa. Il muso è rettangolare, non ristretto anteriormente alle orbite che sono limitate nella parte nella parte anteriore da un live gancio post-orbitale. Le arcate zigomatiche non sono estese. La mandibola è massiccia: il primo incisivo superiore è abbastanza forte e il secondo incisivo è collocato sul palato. L’incisivo inferiore è robusto e lo smalto è limitato alla faccia ventrolaterale. Lo studio del bacino di questa specie (con l’angolo puboischiatico molto acuto), ha permesso di stabilire la viviparità dei Multitubercolati per l’estrema piccolezza del neonato. La sottoclasse dei Prototeri, alla quale appartengono insieme ai Triconodonti e agli attuali Monotremi (come l’ornitorinco e l’Echidna) è invece ovipara, rispetta cioè nella riproduzione l’origine rettiliana, depone uova ma allatta i piccoli nati come mammiferi. 83 Appendice iconografica I cammelli del Gobi, la passione dell’Autore 85 I cammelli e un accampamento di nomadi 86 Un pastore nomade di cammelli Serpente Corridore Coluber Spinalis 87 Zona stepposa-desertica (semi-deserto) Zona desertica 88 Oasi del deserto Cammello selvatico Camelus Bactrianus Ferus 89 Asino selvatico dell’Asia Equus hemionus Altai - Gobi 90 Leopardo delle nevi / Irbis Uncia Uncia Le marcate ed alte cime montuose dei Gobi Altai ospitano questo raro felino, il più grande di questa categoria animale (fino a 40 kg) scoperto in Mongolia. Il leopardo delle nevi abita anche nelle alte aree montagnose degli Altai Mongoli e le catene dei Khangai. Sembra che il raggio d’azione del leopardo delle nevi si sia ridotto in Mongolia, probabilmente a causa della caccia di frodo e quindi alla diminuzioni di alcune specie di prede quali ibex e argali. Con lo scomparire di tali prede, il leopardo delle nevi è costretto a cercare altre fonti di cibo come ad esempio animali domestici. Questo felino è stato catalogato tra le specie in pericolo dall’Unione Mondiale della Protezione (Conservazione). I ricercatori stimano la presenza di 500-700 esemplari in Mongolia, ma è necessaria un’ulteriore ricerca. Jerboa – Undici specie di jerboa popolano i due settori della riserva del Grande Gobi. Il gruppo principale di questi jerboa costituisce le specie endemiche dei deserti asiatici centrali. Questi piccoli animali notturni sono in grado di saltare fino a 3 metri di lunghezza. I jerboa hanno un udito molto fine e grandi occhi per vedere nel buio 91 Takhi/Cavallo Przewalskii Equus Przewalskii – Il Takhi, o Cavallo Przewalskii, è l’ultimo vero cavallo selvatico nel mondo, il parente selvatico dei cavalli domestici che si trovano in tutto il mondo. Quando verso la fine degli anni ’60 il Takhi scomparve dal Gobi, al mondo rimase una piccola popolazione in cattività di cavalli che provenivano solamente da 13 animali. Da allora i programmi di allevamento in zoo e riserve in tutto il mondo hanno aumentato il numero degli elementi in cattività fino a 1200 del tipo marrone dorato e dalla lunga criniera nera. Oggi vi sono programmi internazionali di reintroduzione del takhi in due zone della Mongolia. La prima a Takhiin Tal nel Gobi Dzungarian, e l’altra nella foresta stepposa nella riserva naturale del Monte Khustain. Questo programma ha portato a 60 il numero di Takhi ora presenti in Mongolia Geco dalla coda squamata Teratoscincus Przewalskii 92 Saxaul / Zag Haloxylon ammodendron Il Saxaul è un cespuglio che gioca un ruolo importante in ambito ecologico nelle zone semi-desertiche e desertiche della Mongolia. Quasi senza foglie. Gli “alberi” di saxaul crescono tra i 2 e 4 metri nella sabbia, nelle valli rocciose o sui pendii. In alcuni luoghi molti saxaul crescono in una stessa area dando luogo alle cosiddette “foreste di saxaul” che coprono circa 4,5 milioni di ettari della Mongolia meridionale. Queste foreste aiutano a proteggere i fragili suoli del Gobi da danni ed erosioni, a regolare l’apporto idrico ed a fungere da barriera al movimento della sabbia. Forniscono inoltre un habitat per gli animali e legna per la gente del luogo. Tuttavia, le foreste di saxaul in Mongolia sono minacciate dalla crescente aridità. La crescita delle foreste è calata drasticamente negli ultimi 25 anni e l’area ricoperta è notevolmente diminuita. La raccolta di arbusti di saxaul da utilizzare come legna da ardere è aumentata anche a causa dell’impennata dei prezzi del carbone e di altri combustibili. Sono necessarie fonti alternative di combustibili per ridurre la pressione sulle foreste di saxaul rimaste. 93 Parco Nazionale Gobi Gurvansaikhan (Le tre bellezze del Gobi) Gazzella mongola Procapra gutturosa – l’Area a Severa Protezione della Mongolia orientale è la locazione per uno dei più splendidi spettacoli della natura selvatica. Si calcola che tra 300.000 e 1 milione di gazzelle vivano nelle steppe orientali della Mongolia. Durante il tardo autunno mandrie di 40.000 gazzelle attraversano la riserva. I biologi stimano che soltanto 50 anni fa molti milioni di gazzelle mongole coprivano la steppa della Mongolia. Ora tuttavia il numero è di gran lunga inferiore soprattutto a causa di una limitazione di habitat e di barriere alla migrazione, compresi i recinti che si estendono lungo le linnee ferroviarie. La Riserva della Mongolia Orientale protegge solo una piccola parte dell’area stepposa originaria. La parte restante – comprese le aree critiche di riproduzione per le gazzelle – non è tutelata. 94 Cammelli Il lupo 95 Il grande deserto di Gobi 96 Nomadi allevatori di capre del chachemire 97 Il cimitero dei dinosauri 98 Il Gobi infinito 99 Il geco del Gobi Le gazzelle del Gobi 100 Le dune di sabbia 101 Il Gobi dopo le piogge 102 Cammelli dei nomadi 103 I grandi depositi di rame e terre rare Il Gobi è popolato da molti serpenti prede dei falchi L’ingresso della valle delle aquile 104 Un nomade attraversa il Gobi Le dune di sabbia 105 Accampamento di pastori di cammelli L’oasi di acqua di cammelli e nomadi 106 Un antico monastero alla fine del 1800 d.c. nel Gobi Il deserto infinito Dune e zone secche 107 I rettili popolano il grande deserto Un inverno nel Gobi 108 L’area del deserto del Gobi è particolarmente ricca di cammelli a due gobbe Aree secche 109 Una famiglia di nomadi si trasferisce Sullo sfondo il Gobi - Altai 110 Il Gobi - Altai Il Gobi - Altai 111 I branchi di cammelli al pascolo Cammelli selvatici Il cammello bianco 112 Gazzelle Gazzelle Asini selvatici I molti serpenti del deserto 113 La vegetazione trattiene l’avanzamento del deserto Pastori 114 Il porcospino divoratore di lucertole Il rarissimo orso del Gobi Mandalai dichiarato estinto, attualmente si contano 30 esemplari 115 Un miraggio Il cielo è sempre azzurro 116 Un branco di asini in fuga 117 Il saxaul, con le sue lunghe radici ferma la desertificazione della Mongolia centrale 118 Bibliografia AAVV., Mongolia nelle steppe di Chinghis Khan, Venezia, Erizzo Editrice, 1992 AAVV., Mongolian geology, Ulaanbaatar, State Publishing House, 1989 AAVV., Mongolian red book, Ministry for Nature and the Environment of Mongolia, Ulaanbaatar, 1997 AAVV., Mongolians’ wild heritage, Ed. 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