Articolo di Sebastiano Grasso sulla mostra "Ritmi

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Articolo di Sebastiano Grasso sulla mostra "Ritmi
Domenica 13 Novembre, 2011
LA LETTURA
C'è del colore nelle note musicali
di SEBASTIANO GRASSO Alla Fondazione Ragghianti di Lucca una retrospettiva sui rapporti
cromatici nell'opera di Luigi Veronesi
L uigi Veronesi (1908-1998) aveva un fascino straordinario che incantava l'interlocutore. Una vita intensa e
lunga; e una grandissima curiosità. Questo vecchietto dal cuore di un ragazzo se n'è andato a 90 anni, con un
compasso in mano mentre tracciava un cerchio dentro un altro cerchio appoggiato su un quadrato. Ultimo
tocco? Una piramide-rettangolo chiara, su fondo nero e grigio. Ed ecco una delle sue Costruzioni in movimento.
Musica di Eric Satie.
Musica non come sottofondo per creare un'atmosfera che potesse aiutarlo a creare, bensì per trovare una scala
musicale che corrispondesse a quella dei colori. È stata questa la grande scoperta, la sua idea geniale.
Punto di partenza, «il rapporto altezza fra nota e nota e altezza fra colore e colore». Una ricerca durata
settant'anni. «La musica di Bach è tutto un numero», diceva. Così che l'equazione colore-musica diventava
uguale a musica-numero.
Ecco perché il pittore, fotografo, scenografo, costumista, creatore di marionette Veronesi era anche un
musicista («Suoni e colori obbediscono a leggi quasi uguali»). Da qui, scelte razionali. L'emozione? Veniva
dopo.
Scenografo e creatore di marionette, s'è detto. Per anni il regno di Veronesi è stato il teatro di Gianni e Cosetta
Colla. Gli permetteva di verificare in uno «spazio reale», le ricerche fatte contemporaneamente in pittura e
fotografia, aveva spiegato a Piero Quaglino. La fotografia gli aveva fatto «capire che la scena non doveva essere
dipinta, ma costruita con la luce che diventava così un vero e proprio elemento plastico». Veronesi si rifaceva a
Moholy-Nagy (che, già nel '21, studiava la relazione luce-movimento e, negli anni Trenta, utilizzava foto,
metallo, vetro, materiali vari) e a Vantongerloo, che aveva realizzato la prima opera fondata su schemi
geometrici e formule matematiche.
Proprio sullo scandaglio del rapporto colori-musica verte la mostra di Lucca Ritmi visivi. Veronesi
nell'astrattismo europeo, curata da Bolpagni, Di Brino e Savettieri. Dipinti, collages, disegni e grafiche, oltre a
45 lavori di «visualizzazioni cromatiche della musica»: Bach (Arte della fuga), Webern (Variazioni), Satie
(Seconda sarabanda) e Skrjabin (Vers la flamme). Un'occasione persa, tre anni fa, da Milano — ricorda
Caramel in catalogo — per il centenario della nascita dell'artista.
Lucca espone anche alcune opere di Kandinsky, Klee, Moholy-Nagy, Vantongerloo, Albers, Léger, Lissitsky:
punti di riferimento di Veronesi, anche se con differenze che coinvolgevano musicisti come Schönberg e
Skrjabin. Lo stesso Kandinsky non superò mai una certa idea di arbitrarietà nella correlazione suono-colore
quando, nel 1912, pubblicò Il suono giallo. Pensavano che fosse una questione di intuito e di emozioni?
Veronesi, invece, cercava le basi scientifiche.
Presentati anche sette film (1940-1985) che l'artista milanese riteneva «pittura in movimento»: quello del 1940
venne proiettato allora nella Galleria del Milione del capoluogo lombardo. Un film dipinto a mano che
entusiasmò Leonardo Sinisgalli.
«Per un anno di seguito, un'ora al giorno — scrisse su Primato l'ingegnere-poeta — Veronesi ha segnato sulla
pellicola i suoi punti, i suoi cerchi, le sue linee, senza impazzire. Il film può far pensare al lavoro di un carcerato
ingegnoso, alle tavole di geometria (...), ma può far venire in mente anche la musica».
Veronesi comincia come figurativo (punti di riferimento: Carrà e Modigliani). E tale rimane sino ai 22 anni. Poi,
nel '30, dopo avere visto Kandinsky e Klee alla Biennale di Venezia, si dà all'astrattismo. L'esperienza parigina
— maturata nell'arco di un decennio, anche se brevi periodi alternati — gli fa inventare il fotogramma («Non è
una vera fotografia, ma la registrazione della forma, della trasparenza e delle ombre di un oggetto»), che riversa
nella pittura. Verso il 1950 comincia la sua ricerca cromatica e sonora, ma non riesce ad andare avanti.
Nel '60, mentre insegna all'università di Venezia, comincia a usare un particolare spettrometro che misurava
esattamente la lunghezza d'onda di un colore: il re era un blu di una certa onda; il do, viola; ilmi, verde; il fa,
giallo; il sol, arancione; il la, rosso; il si, rosso intenso. Veronesi si accorge che la stessa operazione poteva
avvenire col suono. E i suoi colori invasero la tastiera di un pianoforte.