quali risposte nella presa in carico dei conflitti familiari?

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quali risposte nella presa in carico dei conflitti familiari?
GIORNATA DI STUDIO
“PERCHE’ E COME GESTIRE I
CONFLITTI NELLE RELAZI ONI
FAMILIARI”
Melzo, 11 NOVEMBRE 2010
QUALI RISPOSTE NELLA PRESA IN
CARICO DEI CONFLITTI FAMILIARI?
A cura della Dr.ssa Laura Fino
QUALI RISPOSTE NELLA PRESA IN CARICO DEI
CONFLITTI FAMILIARI?
Il diffondersi di comportamenti conflittuali richiede
agli operatori ed alle famiglie:
Ø maggiori capacità di comprensione delle situazioni
di crisi che sfociano nel conflitto disfunzionale
Ø efficaci strategie tese a contenere/risolvere la
conflittualità, al fine di mantenere un clima
relazionale che non pregiudichi lo sviluppo ed il
benessere dei suoi membri.
CARATTERISTICHE DEI CONFLITTI
Il conflitto non ha di per sé una connotazione negativa,
può avere un valore mobilizzante, evolutivo, occasione di
confronto, riconoscimento ed integrazione delle
differenze.
I conflitti possono avere diverse caratteristiche:
• Simmetrici (conflitto aperto): situazione di confronto
diretto, in cui le posizioni sono paritarie.
• Complementari (conflitto coperto): situazione nella
quale un soggetto richiama l’altro all’adattamento (attivopassivo). Nelle interazioni complementari si hanno due
tipi di posizioni: dominanza (one-up) e subordinazione
(one-down).
QUANDO IL CONFLITTO DIVENTA
PATOLOGICO
Ø L’aspetto problematico non è il conflitto in sé, quanto la
sua “gestione”,che può essere caratterizzata da
cooperazione o antagonismo.
Ø Il conflitto diventa patologico quando è duraturo e si
cronicizza.
Ø Gli effetti maggiormente negativi del conflitto non
dipendono di solito dal “contenuto”, ma dalla qualità della
relazione entro cui hanno luogo.
Ø Sviluppi potenzialmente patologici possono presentarsi
sia in sistemi relazionali complementari che in quelli
simmetrici.
Nei conflitti simmetrici la dimensione patologica è data
dall’escalation, dalla natura distruttiva della competizione,
da uno stato di “guerra” cronico, nel quale l’obiettivo finale è
quello di vincere contro l’altro: si manifestano con litigi
ripetuti, ostilità, biasimo, disprezzo, rifiuto reciproco,
rivendicazioni, desiderio di rivalsa o di vendetta.
Nei conflitti complementari la dimensione patologica è
data dalla rigidità, che può creare sofferenza e tensioni, un
crescente senso di frustrazione e disperazione in uno o più
soggetti coinvolti nel conflitto: si manifesta spesso con un
partner critico (“one-up”), che disconferma o squalifica
l’altro, solitamente sintomatico (quello in posizione “onedown”, subordinato).
Esiste, inoltre, una terza tipologia di conflitti, quelli silenti,
in cui vengono negati esplicitamente la conflittualità e il
disaccordo, in nome di un accordo perfetto. In queste
situazioni le difficoltà relazionali sono percepibili o intuibili
attraverso la comunicazione analogica e non verbale, che
disconferma il livello verbale ed esplicito. Possono essere
quelli più insidiosi e l’unico campanello d’allarme è la
problematica o la sintomatologia di un membro della
famiglia, solitamente un figlio, per il quale viene chiesto
aiuto.
CONSEGUENZE ED ESITI DISFUNZIONALI DEI
CONFLITTI PATOLOGICI
•
Discussioni continue, incomprensioni, difficoltà ad ascoltare l’altro o
ad essere ascoltati, difficoltà a controllare le proprie reazioni
(chiusura, sfide, provocazioni, comportamenti oppositivi,
prevaricazioni, ecc.) possono causare:
sofferenza e disagio psicologico in uno o più membri della famiglia
(tristezza, delusione, rabbia, rassegnazione, sbalzi d’umore,
estraneità)
•
blocchi evolutivi (difficoltà scolastiche e relazionali)
•
comparsa di comportamenti sintomatici e/o devianti (ansia,
depressione, disturbi del comportamento alimentare, disturbi
dell’area della dipendenza, disturbi oppositivi e della condotta,
disturbi psicosomatici, maltrattamento e violenza).
QUALI OBIETTIVI NELLA PRESA IN CARICO DELLE
SITUAZIONI CONFLITTUALI
Premessa e obiettivo generale
Ø attivare le risorse e le competenze dei soggetti che portano il
problema
Ø aiutare le persone ad essere protagoniste attive del cambiamento
all’interno del proprio contesto di vita e di relazioni
Ø guidarle a trovare la “loro” soluzione più adeguata (che può anche
non essere “la più adeguata” nella testa degli operatori), nel rispetto
delle individualità e delle differenze
Dimensione etica della relazione d’aiuto
Obiettivi più specifici:
•
•
•
•
•
•
•
•
Espressione e comprensione della sofferenza di ognuno
Comprensione del significato del proprio e altrui agire
Chiarimento malintesi e fraintendimenti, rilettura e ridefinizione
dei diversi vissuti
Co-responsabilità, riconoscimento del proprio contributo al
malessere della coppia o famiglia
Motivazione al cambiamento personale
Sviluppo empatia
Possibilità di negoziazione e cooperazione (cedere parte del proprio
individualismo, senza pensare di essere sconfitti)
Riconciliazione: il perdono reciproco aiuta a ridurre la rabbia, l’odio,
la tristezza, l’ansia, la depressione
TIPOLOGIA DEI CONFLITTI INCONTRATI PIU’
FREQUENTEMENTE
Quando si parla di conflittualità familiare si
presta particolare attenzione ai
Ølivelli intergenerazionali (conflitti
genitoriali o tra genitori e figli)
Øpari generazionali (conflitti coniugali o tra
fratelli)
Øtrans-generazionali (conflitti tra famiglia
nucleare e famiglia d’origine)
Variabili o dimensioni che guidano l’operatore verso una
definizione del problema e l’individuazione degli obiettivi di
intervento:
● dimensione strutturale: si riferisce ai confini, regole e ruoli
all’interno della famiglia. In questo senso possiamo trovare due
modelli di famiglie disfunzionali:
Ø famiglie disimpegnate: distanza emotiva eccessiva, confini e
gerarchie troppo rigide tra i sottosistemi, scarsa attenzione reciproca,
debole mutuo sostegno e protezione
Ø famiglie invischiate: confini e gerarchie troppo deboli e inefficaci,
basso livello di differenziazione, eccessiva preoccupazione, elevate
richieste di lealtà e protezione. Il cambiamento di un membro
provoca resistenza e dissenso
● dimensione del potere e della equità degli scambi: si
riferisce alla distribuzione del potere e delle alleanze all’interno della
coppia o della famiglia, agli eventuali aspetti di sacrificalità,
sbilanciamento o ingiustizia
● dimensione della guida e della preoccupazione
genitoriale: si riferisce alla capacità dei genitori di assumere un ruolo
di guida e controllo (controllo iperprotettivo/controllo basato sulla
critica), e alla preoccupazione nei confronti di un problema del figlio
(drammatizzazione/minimizzazione)
● dimensione della trascuratezza/maltrattamento: è
presente nei casi di importanti carenze genitoriali o di violenza (assistita
o subita), dove manca l’aspetto di protezione.
Queste dimensioni vanno sempre inserite nella cornice
temporale del ciclo di vita e delle sue fasi.
QUALI INTERVENTI NELLA PRESA IN CARICO DI
SITUAZIONI CONFLITTUALI
La presa in carico di situazioni conflittuali dovrà necessariamente
avere caratteristiche di flessibilità e multidisciplinarietà.
Così potremo avere una diversificazione degli interventi in base a:
Ø
Ø
Ø
Ø
problemati ca portata (educativa, sociale, psicologica)
obiettivi individuati (consulenza, terapia, mediazione)
formato più indicato (individuale, di coppia, familiare)
strumenti utilizzati (colloquio, convocazioni familiari, tecniche non
verbali o esperienziali)
Ø operatori coinvolti (consulenti familiari, psicopedagogisti, assistenti
sociali, psicologi, mediatori familiari).
A volte il processo di presa in carico abbraccia
trasversalmente diverse tematiche ed obiettivi e per questo è
importante un lavoro di monitoraggio e rivalutazione, sia tra
i diversi operatori, che con gli utenti stessi. L’équipe
multidisciplinare è caratteristica e risorsa peculiare del
Consultorio, come già indicato nella normativa, e consente
di realizzare un modello di intervento integrato e
cooperativo .
ALCUNE ESEMPLIFICAZIONI CLINICHE
Una famiglia troppo disimpegnata: Teresa, 58 anni, vedova da 4, due figli di 25
e 28 anni, chiede di essere aiutata a gestire la relazione conflittuale coi figli, dai quali si
sente continuamente aggredita. Dopo una breve consultazione individuale, che ha
permesso di raccogliere la storia della signora e individuare alcuni suoi nodi problematici
(tra cui il grande bisogno di riconoscimento), si sono effettuate alcune sedute familiari, che
hanno messo in luce le problematiche di una famiglia troppo “disimpegnata”: i figli
accusano la madre di dedicare troppo tempo ad attività esterne alla famiglia (volontariato),
con una richiesta troppo precoce di una loro autonomia e di un loro svincolo, la madre
accusa i figli di non riconoscere quello che fa. Ognuno sperimenta la frustrazione di una
comunicazione inefficace e di mancanza di attenzioni reciproche. E’ evidente l’escalation
nella loro relazione: più i figli la rimproverano di esserci poco, più la signora cerca fuori casa
il riconoscimento di cui ha bisogno; più lei cerca fuori il riconoscimento, più i figli la
rimproverano di non esserci. Durante le sedute familiari ci si è posti l’obiettivo di diminuire
la distanza tra loro, aiutandoli ad esprimere con più chiarezza la propria sofferenza e le
attese deluse e stimolandoli ad assumersi la responsabilità di un cambiamento nel proprio
atteggiamento, che aveva contribuito al malessere della relazione. L’intervento ha mirato
anche a ristabilire i livelli generazionali, ridefinendo compiti e ruoli, necessariamente
diversi tra genitori e figli. Porre l’attenzione anche alle qualità e alle risorse che ognuno
poteva riconoscere nell’altro è stato importante per non perdere il buono che c’è stato.
L’autocritica e l’impegno di ciascuno ha permesso di stemperare il conflitto e di
sperimentare una nuova dimensione familiare.
Una coppia in cr isi trova un punto d’incontro sulla genitorialità: Angela, 45
anni, sposata con Alberto, 53, un figlio di 16 anni, si presenta al Consultorio chiedendo un aiuto
individuale per disturbi d’ansia e attacchi di panico. Durante la consultazione individuale, oltre a
tematiche più personali relative ai rapporti con la famiglia d’origine, emergono difficoltà di coppia:
tradimenti reciproci, problemi legati alla sessualità, insoddisfazione e delusione. Angela lamenta un
senso di solitudine, alle sue richieste di confronto il marito reagisce con il silenzio e lunghi musi. Viene
proposto un allargamento della consultazione anche al marito, per verificare la possibilità di un lavoro
con la coppia. Il marito conferma il quadro riportato dalla moglie, ma non si sente pronto ad affrontare
un lavoro più approfondito sulla coppia. Durante questo incontro si trovano però d’accordo nel rilevare
che in questo clima scarsamente cooperativo stanno incontrando grosse difficoltà a gestire il figlio
adolescente, che esprime il suo disagio con uno scarso impegno scolastico, ambito nel quale aveva
sempre trovato grandi soddisfazioni, e senso di inadeguatezza nelle relazioni. Alberto si rende
disponibile, insieme alla moglie, ad intraprendere un lavoro sulla genitorialità, che viene gestito dalla
psicopedagogista. Durante gli incontri emerge che Alberto tende da una parte ad essere eccessivamente
richiedente sulle prestazioni scolastiche del figlio, dall’altra ad essere critico e squalificante verso di lui,
minimizzando il suo possibile disagio. Angela, che ha sempre avuto col figlio un rapporto molto stretto
e iperprotettivo (essendosi dedicata a lui quasi completamente, a fronte di una relazione coniugale
insoddisfacente), ora si mostra eccessivamente ansiosa e preoccupata, e cede spesso sulle regole per
paura di reazioni negative del figlio. D’accordo con le indicazioni della psicopedagogista, la coppia si
impegna ad una maggiore collaborazione e sinergia sui temi educativi, che permette loro di gestire
meglio la relazione col figlio e di affrontare in modo più fisiologico le problematiche legate
all’adolescenza. La questione coniugale è stata per il momento accantonata, ma certamente è stato
importante rinforzarli sulle competenze genitoriali che hanno saputo esprimere.
Una giovane coppi a in balìa degli even ti: Giorgio e Anna, 23 e 22 anni, si
rivolgono al Consultorio per essere aiutati a gestire una forte conflittualità tra di loro. Sono
in attesa di un bimbo, la gravidanza non era stata programmata. Non sono sposati, né
conviventi, ognuno ha alle spalle difficili storie familiari. Alternano periodi di convivenza
dalle rispettive famiglie d’origine, cosa che li rende ulteriormente nervosi e irritabili.
Appare subito evidente che molti fattori intervengono nella loro conflittualità: importanti
problematiche personali, un debole progetto di coppia, grossi problemi economici ed
abitativi, scarso supporto e protezione dalle famiglie d’origine. Risulta chiaro che sarà
necessario attuare un intervento integrato su più livelli: sociale, educativo e psicologico,
oltre che sanitario, dal momento che Anna è sprovvista anche di un ginecologo di
riferimento. L’assistente sociale si preoccupa di aiutarli a fare domanda per le case popolari
e, successivamente alla nascita del bambino, domanda per il nido; Anna viene vista dalla
ginecologa prima e dopo il parto; la giovane coppia viene nel contempo seguita dalla
psicologa che li aiuta a comprendere i motivi del conflitto, le ragioni e le aspettative di
ognuno, riconoscere la sofferenza e la delusione, la fatica di entrambi di adattarsi a
cambiamenti di vita e di progetti troppo rapidi e imprevisti, trovando nuove modalità
comunicative e di ascolto. Dopo la nascita del bambino si concorda con loro un sostegno
educativo che li accompagni nella nuova esperienza genitoriale.
In questa situazione, accogliere e ridefinire la loro conflittualità come esito di diverse
problematiche – anche concrete – ha permesso di ridimensionare la crisi, di mettere in
campo impegno e risorse con un maggior senso di competenza. Un eventuale lavoro sulle
difficoltà personali si potrà proporre solo in un secondo momento.
Una coppi a che rinuncia alla coppia, ma chiede aiuto per i figli:
Caterina e Angelo, 35 e 36 anni, due figli di 7 e 5 anni, si rivolgono al Consultorio per una
pesante crisi di coppia. Dalla nascita della secondogenita i rapporti tra loro si sono
raffreddati, Angelo non ha accettato i cambiamenti di Caterina (è riuscita a ridurre di
molto il suo sovrappeso, si è dedicata maggiormente al lavoro e ha ripreso a frequentare
alcune amiche) e Caterina non tollera più l’atteggiamento simbiotico di Angelo e la sua
forte dipendenza con la famiglia d’origine. Durante il lavoro con la coppia si è cercato di
comprendere le ragioni della profonda delusione, a partire da una iniziale “illusione” di
cura reciproca, e di attivare nuove risorse per rilanciare la coppia su presupposti nuovi.
Purtroppo entrambi hanno fatto molta fatica ad assumersi la propria parte di
responsabilità, rimanendo bloccati su un atteggiamento di critica e rifiuto dell’altro,
considerato il maggiore responsabile della crisi di coppia. Non essendo più motivati a
recuperare la dimensione della coniugalità Caterina e Angelo decidono di separarsi, ma
chiedono un aiuto per comunicare ai figli tale scelta e per riuscire a gestire eventuali
difficoltà di questi ultimi. Si è avviato con loro un lavoro psicoeducativo e di mediazione
(che ha previsto incontri di coppia, familiari e tra i figli e ciascun genitore): questo nuovo
percorso è stato utile per contenere il conflitto, esplicitare ed affrontare la sofferenza di
tutti per la situazione creatasi, tenendo alta l’attenzione sulle questioni legate ai figli.
Quando le problematiche i ndividuali non rendono praticabile i l lavoro di coppia:
Patrizia e Leonardo, entrambi 47 anni, due figli di 19 e 15 anni, ci contattano per una
terapia di coppia “atipica”. Sposati da 20 anni, separati legalmente da 2, non riescono a
separarsi emotivamente: si vedono, si frequentano, ritrovano intimità e puntualmente
litigano e si allontanano. Alla base del conflitto emergono antiche aspettative deluse, che si
ripresentano con forza nel presente. Leonardo accusa Patrizia di essere stata affettivamente
distante e un po’ formale, alimentando in lui la frustrazione e il dolore di non essere “visto”
o cercato. Patrizia accusa Leonardo di essere prevaricante ed impulsivo, alimentando in lei
la paura ed il blocco emotivo. Chiedono di essere aiutati a capire cosa li lega, per poter
decidere più chiaramente in che direzione andare rispetto alla loro relazione. Durante i
colloqui di raccolta e approfondimento della storia di coppia, i toni si fanno più accesi ed
emergono profonde problematiche personali di entrambi: Leonardo ha alle spalle una
storia di trascuratezza e di grande confusione dei ruoli familiari; Patrizia racconta una
storia di maltrattamento fisico e psicologico da lei subìto in famiglia. Nella relazione di
coppia ognuno rivive dolorosi temi antichi: la trascuratezza e la prevaricazione. Dal
momento che le problematiche individuali risultano essere troppo ingombranti per la
coppia, e da loro ancora non ben elaborate, si suggeriscono due percorsi individuali
paralleli. Entrambi si rivelano molto motivati a lavorare su di sé, individuando
cambiamenti personali necessari, al di là della questione di coppia. Questo li ha nel tempo
portati a riavvicinarsi senza le rivendicazioni passate e con un maggior senso di
responsabilità verso l’altro. Sono tornati a vivere insieme.
LA SFIDA DELLA COMPLESSITA’: PENSARE ED AGIRE
IN TERMINI MULTIDISCIPLINARI
● Il raggiungimento degli obiettivi di intervento prevede un lavoro
complesso , che intreccia diversi livelli e competenze
(psicoeducativo, sociale, psicologico-relazionale, di mediazione)
● Il pensare e agire in termini multidisciplinari permette di:
Ø avere una visione più ampia del problema e delle soluzioni
Ø intervenire su vari livelli, tutti ugualmente importanti: la psicoterapia
non è la risposta a tutti i problemi ed ogni intervento d’aiuto può
avere un risvolto “terapeutico”, se ben indirizzato.
Non è la potenza di un solo punto di vista a fare la
differenza, ma la sinergia tra diversi livelli di
osservazione
e di intervento , ognuno dei quali contribuisce in modo
originale alla risoluzione del problema.
Una sinergia e capacità di cooperazione
che, in fondo,non sono diverse
da quelle che suggeriamo
ai nostri utenti
come risoluzione del conflitto.
“Sono salito sulla
cattedra
per ricordare a me
stesso che dobbiamo
guardare le cose
sempre da angolazioni
diverse”
(Robin Williams in
“L’attimo fuggente ”
di Peter Weir)
Illustrazione di Escher