Selene - Liceo Foscarini

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Selene - Liceo Foscarini
ELISABETTA CARRARO
"Ab insidiis diaboli, libera nos, Domine"
Selene
Da quella camera e da quella casa io fuggii inorridito. L'uragano infuriava ancora in tutta la sua
collera mentre io attraversavo l'antico sentiero selciato. A un tratto rifulse sul viottolo una luce
abbagliante e io mi volsi a guardare dove poteva provenire un così insolito fulgore, poiché dietro di
me avevo soltanto l'immensa casa e le sue ombre. Il chiarore proveniva dalla luna calante, al suo
colmo, sanguigna, che ora splendeva vividamente attraverso l'unica fessura discernibile di cui ho
già parlato e che si stendeva dal tetto dell'edificio in direzione irregolare, serpeggiante, sino alla
sua base. Mentre guardavo, questa fessura rapidamente si allargò, il turbine di vento infuriò in un
supremo anelito, tutta l'orbita del satellite si rivelò improvvisa alla mia vista, il mio cervello
vacillò, mentre i miei occhi vedevano le possenti mura spalancarsi, s'intese un lungo tumultuante
urlante rumore simile al frastuono di mille acque, e il profondo stagno ai miei piedi si chiuse cupo e
silenzioso sui resti della casa.
Il vento soffiava forte nella brughiera, mi feci aiutare dallo stalliere per smontare da cavallo, gli affidai le
redini e mi feci strada con la lucerna fino alla barca. Nell'aria si respirava un odore pungente di foglie in
decomposizione, caratteristico del parco che abbracciava la proprietà. Il servo si inchinò nelle sue vesti lacere
"Che passi una buona notte signore" "Buonanotte" risposi secco. Avvolsi con decisione il mantello al mio
corpo infreddolito e alzai il cappuccio. Attesi il traghettatore, che prese dalle mie mani la lucerna e la appese.
"E stata una buona serata?" "Ottima direi, ho passato tutto il tempo con il burocrate responsabile della
proprietà, è stata davvero una stagione florida questa, venderemo il raccolto in tutta la regione." spingeva i
remi con forza, con colpi brevi ed energici. La luce del lume che colpiva le onde del lago creava luccicanti
increspature, qualche piccola goccia mi colpì sul viso, passai una mano per asciugarla. "In particolare il
vecchio Johann che gestisce quasi tutte le mie proprietà; deve aver attuato una buona politica agraria, i suoi
terreni hanno prodotto quasi dieci volte gli anni passati, è sbalorditivo." il traghettatore annuiva e rimaneva
silenzioso. Ci stavamo avvicinando all'altra riva del lago e mi preparai a sbarcare. Diede le ultime bracciate
fino al molo e legò la corda all'attracco della banchina. "Buonanotte signore, che Dio la benedica" gli lanciai
un'occhiataccia ma l'oscurità nascose il mio viso tradendone ogni espressione. Non amavo la scarsa loquacità,
mi insospettiva, soprattutto quando le uniche parole che mi venivano rivolte erano benedizioni. Mi
incamminai lento sul viottolo in salita che portava alla tenuta illuminandomi la via con la lanterna. Il mio
passo era affaticato, nemmeno il bastone riusciva a sostenermi, mi tenevo aggrappato al pomello d'oro
ansimando per la fatica. Rallentai l'andatura e presi l'occasione per ammirare con quanta grazia fosse
cresciuto il mio giardino. Sembrava davvero un miracolo, tutte le piante esotiche che avevo comprato per
soddisfare la mia passione erano cresciute rigogliose; erano il mio orgoglio. Naturalmente anche questo
prodigio merito di Johann, vi si era dedicato con grande cura, nonostante l'età avanzata. Giunsi al portone di
casa, diedi due colpi e la serva mi aprì; entrai desideroso solo di mettermi a letto.
La mia stanza era il perfetto rifugio nei momenti in cui sentivo più forte il turbamento causato dalla
solitudine. Sedetti alla scrivania e guardai chi avesse spedito la lettera che avevo ricevuto quel mattino.
Riconobbi subito la grafia, quasi fosse mia. Era mia madre. Decisi che non l'avrei aperta, non ancora. Mi
avvicinai alla finestra e spalancai i balconi, volevo osservare la mia terra, ascoltarne i rumori notturni, avevo
bisogno del contatto con lei, il silenzio. Mi venne alla mente il sorriso dolce di mia madre, il suo profumo
speziato e tutto ciò entrava in conflitto col viso austero di mio padre. E a quelle condizioni anche il prezioso
silenzio della solitudine mi appariva sconveniente e assordante. Quasi a volermi venire in aiuto, proprio
allora udii il continuo ripetersi del richiamo della civetta. La notte era umida e avvistai un pipistrello, seguii il
suo volo e mi incantai ad ammirare la forma strana della luna. Era enorme, bianca, accecante. Non sapevo
come avevo fatto a non notarla prima, illuminava tutte le cose con il suo candido pallore. Sotto la sua luce le
piante del mio giardino parevano muoversi con scatti piccoli e spasmodici, come rimati da qualche strano e
invisibile orologio biologico; ne rimasi incantato. Lo scricchiolio sinistro della porta dello studio mi risvegliò
dal mio torpore e mi accorsi di avere freddo, come se la brezza indagasse sotto il mio gilet fino a insinuarsi
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sotto la pelle, per incantarla in quel magico brulichio. Mi girai sorpreso e vidi un servo che entrava col capo
chino. Iniziò subito a balbettare in un tono mieloso, sussurrando appena, per paura di incrinare la mia pace
"Mi, mi mi scusi si- si- signore, non volevo disturbarla, so che non avrei dovuto, ma mi mi hanno pregato di
portarle questo biglietto e..." Decisi di dare fine a quel tormento "Oh, al diavolo! Posalo sul tavolo e vattene!"
dei brividi spiacevoli continuavano a percorrermi la schiena, come se la visione della campagna illuminata da
quello strano pallore mi avesse profondamente turbato e si fosse impressa nella mia mente, cancellando dal
mio cuore anche la stessa idea di serenità. Il servo fece un inchino appena abbozzato e se ne andò veloce
com'era arrivato. Chiusi i balconi e tirai la tenda. Presi il biglietto, la carta non portava nessun timbro, la aprii
con delicatezza. Era un messaggio dalla campagna, conteneva anche numerosi errori di ortografia come se
fosse stata scritta di fretta e furia da qualcuno che non conosceva bene la lingua, probabilmente un villano:
"Siamo adolorati di annunciare che stanotte è deceduto il vecchio Johann. E' stato culto da una
febbre improvvisa che lo ha consumato nel suo leto senza lasciargli scampo. Abiamo chiamato il
curato ma domattina è domenica e ha la funzione e il vespro; non ha potuto nemeno dargli
l'estrema unzione. Il funerale si terà la sera, nella stessa casa di Johann. Ne è invitato. Firmato,
famiglia Hoffmann. "
Ero letteralmente pietrificato, mi si era stretto lo stomaco in una morsa. Ricordai la faccia stanca del
contadino e mi sentii molto triste. Abitava nella mia proprietà da sempre e si era sempre fatto riconoscere per
bravura e diligenza. Strappai il biglietto e lo gettai nel caminetto spento, tra le altre carte e decisi di andare a
dormire, purtroppo non riuscii a prendere sonno facilmente, un insano senso di inquietudine mi tormentò a
lungo. E quel poco che riuscii a riposare, sognai.
Mi trovavo tra alberi d'alto fusto come non ne avevo mai visti, ma le fronde non nascondevano il mio
cammino, si spostavano lentamente come trasportate da un soffio invisibile. Ogni tanto uno scricchiolio più
forte, come un pezzo di legno che si spezzava, risuonava nell'aria e mi sorprendeva facendomi sobbalzare.
Camminavo incerto in mezzo a un malefico intrico di radici, mi appoggiavo ai tronchi degli alberi che
stavano attorno a me per mantenermi in piedi ma ad un tratto la radice sulla quale avevo poggiato il piede si
sradicò dal terreno e mi trovai catapultato a terra. Tentavo goffamente di alzarmi quando vidi uno strano
animale verde che mi fissava da un ramo lì vicino. Era una lucertola dalle dimensioni spaventose.
La cosa che più mi impauriva, era il fatto che fosse così attenta a ogni mio minimo movimento e guardasse
verso di me come se avesse qualcosa da dirmi. "Come osi fissarmi in quel modo? Smettila putrido animale,
schifosa salamandra! " questa, in tutta risposta si calò giù dal ramo con abili passi lungo la corteccia e si
avvicinò a pochi centimetri dal mio orecchio. Non ebbi il coraggio di muovermi, pensai che se l'avessi fatto
si sarebbe innervosita e mi avrebbe morso. Così, con la sua lingua umida e biforcuta iniziò a sussurrare al
mio orecchio con flebile voce: "Selene mi manda, sono il messaggero, non una stupida bestia." la salivazione
si annullò del tutto, improvvisamente sentivo la bocca impastata; "Quanto a voi, uomini mortali, cesserete di
vivere e risorgerete, questo è il destino a voi riservato, il meccanismo che era stato minato e che ora risorge."
Sentivo il suo fiato caldo e spostarsi dal mio orecchio alla mia gola, i muscoli erano paralizzati dal terrore,
percepivo i suoi artigli avvicinarsi. Un rumore cupo e roco mi destò, era il tuonare profondo del cielo. Mi
girai tra le coperte e richiusi gli occhi, sentivo la pioggia picchiare sulle finestre e il vento fischiare e ululare.
Rimasi insonne fino al mattino.
Passai il giorno nelle mie solite occupazioni e quasi dimenticai i fatti oscuri che mi avevano accompagnato
nella giornata precedente. Incolpai la mia fervida immaginazione che mi portava a fantasticare su fatti non
rilevanti e scientificamente non provati, o a baggianate riservate ai creduloni e agli indovini come i sogni. La
sera seguente la tempesta continuò a infuriare, non si era minimamente placata, così chiesi al cocchiere di
prepararmi una sella, mi avvolsi nella mantella e infilai gli stivali da pioggia. Dissi al servo che sarei tornato
presto, che la cerimonia sarebbe stata breve come era solita essere per i contadini e che non mi sarei
trattenuto a lungo. Dopodiché partii per la casa degli Hoffman.
Smontai da cavallo con difficoltà, tirava un vento fastidioso che mi scompigliava le vesti ed era riuscito a
spegnere in pochi secondi la mia lucerna. Era stato un viaggio terribile, 1' aria vibrava di una strana luce che
proveniva da una piccola fessura di luna che si rispecchiava in uno spicchio di cielo, nonostante la tempesta.
Legai il cavallo e entrai in casa, la porta era aperta. Appena entrai dentro percepii uno strano senso di
soffocamento, come se l'aria fosse pesante e si sentiva chiaro l'odore di fiori marci e di polvere. Nella stanza
adiacente udivo delle voci, ma nessuno venne ad accogliermi. Mi levai di dosso il mantello nel tentativo di
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crearmi uno spazio meno malsano per respirare e lo appoggiai con il bastone su una piccola panca di legno
intarsiato vicino alla porta d'entrata. L'atmosfera era illuminata da ceri votivi che davano un alone di luce
giallognolo e localizzato; zone di luce o ombra si alternavano sinistre nell'anticamera. Avanzai di qualche
passo verso la direzione dalla quale era venuta, dove sentivo ancora voci; quella del curato spiccava
nonostante il tono sommesso, mi accostai per origliare: "Infatti, non ce lo aspettavamo" una voce femminile
rispose "Ha sofferto tutta la notte, delirava, diceva strane cose. Mia madre non sapeva più come fare per farlo
smettere di urlare, e la febbre non accennava a scendere." "Ormai era vecchio, il suo fisico non deve aver
retto." mi schiarii la voce per manifestare la mia presenza poi entrai nella stanza e salutai il curato e la
ragazza "Buonasera"
"Oh, buonasera signore" la ragazza con un gesto veloce mise in ordine la gonna lercia, anche i suoi capelli
erano raccolti in un fazzoletto nero. Il curato aveva in mano un grande borsone, pensai contenesse il
necessario per la funzione. Anche lui mi salutò "Buonasera, sono proprio felice di vederla qui." "Si, mi ha
colpito molto la sua scomparsa, era davvero un brav'uomo." Il curato mi invitò a salire le scale per
raggiungere la stanza dove era adagiato il corpo del povero fattore. La casa era poco curata e sporca; le
pareti, una volta bianche risultavano scrostate dall' umidità e attaccate da un sottile strato di muffa scura. La
stanza da letto di Johann era molto frugale, era stata riempita di fiori e erbe profumate, ma si sentiva
chiaramente che erano state messe per coprire l'odore del corpo senza vita e del suo lento invecchiare. La
bara aperta era posta sopra il letto, il curato che mi aveva fatto strada appoggiò la sua borsa su una sedia di
vimini "La ragazza è andata a chiamare i parenti più stretti per la funzione." Annuii con un cenno del capo
ma lo spazio lì dentro era davvero limitato, mi chiesi se ci saremmo stati tutti. "Quanti sarebbero questi
parenti?" il curato si fermò d'improvviso mentre estraeva la tunica e il breviario,mi guardo con sguardo
interrogativo "Una decina, ma che differenza fa?" avevo paura che di restare senz'aria, se ci fossimo trovati in
molti dentro quella topaia puzzolente, ma non ero affatto pronto ad ammetterlo davanti al curato. "Nessuna,
era solo una mia curiosità." dopo poco arrivarono tutti i parenti in processione e si disposero attorno alla
salma per un ultimo saluto. Mi ci avvicinai anche io e fui colto da orrore, quando vidi il viso pallido del
fattore. Era un lenzuolo, teneva la mascella serrata come se i muscoli della bocca fossero rimasti bloccati
nell'ultima smorfia di sofferenza. La cosa più terribile erano gli occhi, cerchiati da una profonda linea
bluastra e ancora aperti in una espressione vacua e spaventosa. Inorridii e la ragazza vedendolo mi disse
"Non siamo riusciti a fargli richiudere gli occhi, è rimasto così per questo." annuii e non dissi nient'altro. Il
curato iniziò a leggere le preghiere dal breviario e tutti lo seguivano, a parte me. Ero rimasto a osservare la
faccia dell'uomo nella bara; sentivo i rumori del vento che battevano contro le pareti della casa e lo scrosciare
sordo della pioggia. Notai che qualcosa nel viso del fattore era cambiato, mi resi conto che si trattava della
posizione degli occhi, li stava muovendo. Mi guardai attorno, nessuno sembrava essersene accorto,
continuavano con le litanie senza battere ciglio. Quando tornai a osservare l'espressione del morto
lo fece di nuovo. Il curato prese l'aspersorio per benedire con l'acqua santa il cadavere. Quando venne colpito
dal primo spruzzo il corpo venne posseduto da un tremito, prima appena accennato, poi sempre più forte. Era
come se fosse mosso da delle potentissime convulsioni. In un primo momento i capelli bianchi gli si
rizzarono in testa, poi iniziarono a contorcersi come dei piccolissimi vermi. Le donne nella stanza urlarono,
ma non si mossero dalle loro posizioni, la fede cieca e fervente le spingeva a credere nella possibilità di un
miracolo. Io mi mostravo sempre più interessato alla vicenda, per quanto mi spaventasse. Il cadavere mutò
lentamente colore, da bianco come un lenzuolo divenne di un pallido verde. Poi una stana sostanza iniziò a
farsi strada uscendo dalle narici del fattore: un viscido filamento che si snodava lentamente dagli orifizi e
abbracciava strisciando tutto il viso. "Madonnina aiutami tu!" vedendo questo il curato si allarmò, si
asciugava il sudore che gli colava copioso dalla fronte. Il petto dell'uomo venne presto ricoperto da quella
sostanza appiccicaticcia e filamentosa, gli occhi roteavano nelle orbite e la bocca si era improvvisamente
spalancata rivelando una matassa di quella terribile sostanza pulsante. La giovane ragazza alla vista di ciò
svenne, la vedova prese ad urlare: "Curato cosa aspetta? Faccia un esorcismo qui c'è lo zampino di Satana!" il
curato prese la boccetta dell'acqua santa pronto a versarla direttamente da lì, e incominciò a scandire la
formula per l'esorcismo "Ab insidiis diaboli, libera nos, Domine". I filamenti si moltiplicavano minuto per
minuto, si calarono giù dal feretro spandendosi sul pavimento, emanavano un olezzo raccapricciante. "Ab
insidiis diaboli, libera nos, Domine". Nulla poteva fermare la crescita di quella strana sostanza che inglobò
dentro di sé il grosso corpo del curato, nemmeno le sue formule riuscirono a qualcosa contro questa. Il
liquame strisciante soffocò la ragazza svenuta a terra e attaccò la vedova, che urlava per il dolore. Ero
completamente sconvolto, cercai di farmi strada con la poca razionalità che mi era rimasta, ma quell'odore mi
stordiva, tutto ormai ne era appestato. Da quella camera e da quella casa io fuggii inorridito.
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