Il Granello di Sabbia
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Granello di Sabbia n°125 pag. 1 (7 ) Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia possibile. Il Granello di Sabbia n°125 – venerdì 26 marzo 2004 LA G R A N D E LIQUIDAZIONE Indice degli argomenti UNA PETIZIONE PER ATTAC TUNISIA 1 - Il grande inganno della previdenza privata: nes sun Tfr nei fondi di Gruppo di lavoro Fondi pensioni Attac Italia Parlare di pensioni e di riforma del sistema con argomenti meramente contabili è un'operazione che non si addice ad una società che voglia definirsi civile. La quantità di risorse che una comunità decide di dedicare a sostenere la vecchiaia di chi ha lavorato una vita è infatti una scelta prevalentemente politica. 2 - Grande liquidazione: oligopoli 2003 di Silvia Ribeiro Secondo i dati della Banca Mondiale, nel 2003 si è mantenuta la tendenza iniziata nel nuovo millennio: delle cento maggiori economie del pianeta, 51 sono gruppi societari transnazionali e 49 sono nazioni. (…)Traduzione a cura di Sonia Chialastri, Traduttori per la Pace 3 - L'enorme aspiratore della ricchezza globale di Red del Tercer Mundo "L'economia mondiale agisce come un'enorme aspiratore che inghiotte tutte le risorse dei paesi poveri per poi rovesciarle negli Stati Uniti", sostiene una nuova inchiesta fatta dalla New Economic Foundation (NEF) con sede a Londra. (…)Traduzione di Ilaria Maccaroni 4 - Globalizzazione: due o tre cose che sappiamo in proposito di Christian Chavagneux Per quanto imprecise, le statistiche disponibili non lasciano alcun dubbio: l’economia non è mai stata così globalizzata come oggi. Tutti gli indicatori sono concordi in merito … Resta allora da capire il significato di questa evoluzione, ed è qui che le cose cominciano a complicarsi. (…)Traduzione a cura di Valentina Barbieri (Traduttori per la Pace) 5 - Gli alimenti transgenici invadono il Sud di Edith Papp Malgrado l'inquietudine provocata dal loro possibile impatto negativo sulla salute umana e sull'ambiente, nei Paesi in via di sviluppo gli alimenti geneticamente modificati stanno guadagnando terreno a un ritmo inimmaginabile prima d'ora. (…) Traduzione a cura di Daniela Grima, Traduttori per la Pace 6 - UE, brevetti sul software più vicini di Puntoinformatico Il gruppo Proprietà Intellettuale di ATTAC rilancia la battaglia per impedire che la UE si doti delle nuove forme di brevetto all'americana, accusate di ostacolare la libertà di sviluppo. UNA PETIZIONE PER ATTAC TUNISIA L'Associazione "RAID Attac Tunisia", gruppo per una alternativa internazionale allo sviluppo, è un'associazione pacifica, che rispetta la legge tunisina delle associazioni, ma, nonostante la sua domanda di legalizzazione del 9/9/1999, non ha ancora ricevuto conferma del deposito del suo dossier. Dalla sua creazione ha continuato a fare attività in collaborazione con altre associazioni come il Consiglio delle libertà in Tunisia, è stata a Genova con Attac con il Forum contadino nel sud e in tutti i Forum sociali mondiali e europei. Il problema è che i suoi membri rischiano la prigione nel loro paese. Per il suo diritto fondamentale, garantito dalla costituzione tunisina, noi, cittadini del mondo, richiediamo: 1) il diritto di Attac Tunisia di avere il suo statuto legale 2) il diritto al finanziamento pubblico. 3) il diritto di accesso ai mass media. http://www.petitiononline.com/sofinos1/petition.html 1 - Il grande inganno della previdenza privata: [email protected] - http://attac.org/ - Per abbonarsi: http://attac.org/listit.htm Il Granello di Sabbia è realizzato da un gruppo di traduttori e traduttrici volontari/e e dalla redazione di ATTAC Italia Granello di Sabbia n°125 pag. 2 (7 ) Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia possibile. nessun Tfr nei fondi di Gruppo di lavoro Fondi pensioni Attac Italia Parlare di pensioni e di riforma del sistema con argomenti meramente contabili è un'operazione che non si addice ad una società che voglia definirsi civile. La quantità di risorse che una comunità decide di dedicare a sostenere la vecchiaia di chi ha lavorato una vita è infatti una scelta prevalentemente politica. Giustificare l'attacco alle pensioni pubbliche con l'argomentazione che la spesa pensionistica è troppo elevata è un'operazione ingannevole. Se si conteggiano le spese previdenziali separatamente da quelle assistenziali, infatti, si scopre che i conti non sono affatto in rosso. La spesa sociale italiana, in rapporto al Pil, è inferiore alla media europea di un buon 2,3% ed anche in prospettiva, quando si giungerà alla cosiddetta "gobba", l'incremento massimo della spesa sarebbe pari al 2,1% del Pil, contro un aumento medio europeo del 3,2%. Dire che bisogna aumentare l'età di pensionamento perché si sta verificando un innalzamento della speranza di vita, significa trasmettere il concetto che vivere di più è un problema. La questione va invece vista ripensando il nostro modello di sviluppo fondato sulla centralità del mercato e dei profitti. Una politica efficace, non solo previdenziale, dovrebbe mirare ad aumentare le entrate spostando risorse da rendite e profitti al salario, redistribuendo gli aumenti di produttività, combattendo la disoccupazione, eliminando le tipologie di lavoro precario attualmente in vigore, non creando nuovi fenomeni di decontribuzione e colpendo l'evasione contributiva ed il lavoro nero. Le riforme delle pensioni realizzate e annunciate, invece, stanno andando nella direzione di tagliare sempre di più le prestazioni della pensione pubblica, soprattutto per i giovani, spingendo lavoratori e lavoratrici verso la previdenza privata costituita dai Fondi Pensione. Uno degli strumenti principali per realizzare questo passaggio è il trasferimento ad essi del Tfr. Ma, tra il 1921 ed il 1996, nel 50% dei casi il rendimento reale dei mercati azionari dei diversi paesi, al netto dei dividendi, è stato inferiore allo 0,8%. I Fondi Pensione italiani nel triennio 2000 - 2002, hanno avuto un rendimento medio prossimo allo 0%, contro un 14% offerto dal Tfr. Del resto, sostenere che il mercato azionario nel lungo periodo offra rendimenti reali superiori non avrebbe in ogni caso senso a riguardo della previdenza a causa delle forti oscillazioni dello stesso mercato e se si ha la sfortuna di andare in pensione dopo una fase di discesa dei prezzi, si rischia di veder compromessa seriamente la propria rendita pensionistica. Con questa operazione, inoltre, si sottrae ai lavoratori quella parte del salario - il Tfr appunto - accantonato per garantire la disponibilità di una somma nei periodi tra la perdita di un lavoro e una successiva occupazione, perdita importante vista l'assenza di adeguati sostegni economici ai disoccupati e l'aumento della mobilità e della precarietà nel lavoro imposte con la manomissione del mercato del lavoro aggravata dal varo della legge 30. Li si priva di una somma certa, parzialmente rivalutata in base all'inflazione, per far decollare con gli esiti incerti e rischiosi propri dei mercati finanziari, la previdenza privata. Senza contare che per le imprese, la perdita del Tfr non potrà che essere giustificata solo a fronte di adeguati rimborsi e, se pare saltata l'originale proposta di decontribuzione che avrebbe impoverito ulteriormente i bilanci dell'Inps, quali che siano le ipotesi alternative che si possono fare è certo che uno sgravio per le imprese rappresenterà un ulteriore aggravio per i bilanci pubblici ed un ulteriore manovra di spostamento dai redditi da lavoro al capitale. Il meccanismo del silenzio assenso, in un quadro generale di disinformazione e acquiescente silenzio è, da questo punto di vista, solo una forma ipocrita per assicurarsi il successo pressoché totale dell'operazione. Per questo motivo, perché è necessario opporsi alla privatizzazione della previdenza difendendo la pensione pubblica, come Attac Italia proporremo al movimento, ai sindacati, a tutte le associazioni e le organizzazioni interessate una campagna contro il meccanismo del silenzio assenso, chiedendo ai lavoratori di non conferire il loro Tfr ai Fondi Pensione. Per informazioni e [email protected] [email protected] contatti: Fabrizio Mattia Valli Pelli 2 - Grande liquidazione: oligopoli 2003 di Silvia Ribeiro* Secondo i dati della Banca Mondiale, nel 2003 si è mantenuta la tendenza iniziata nel nuovo millennio: delle cento maggiori economie del pianeta, 51 sono gruppi societari transnazionali e 49 sono nazioni. I paesi primi della lista, in base al loro prodotto interno lordo (PIL), sono: Stati Uniti, Giappone, Germania, Regno Unito, Francia, Cina, Italia, Canada, Spagna, Messico, India, Corea, Brasile, Olanda, Australia, Russia, Svizzera, e Belgio. Segue la catena di supermercati Wal-Mart, con vendite del valore di 246 mila 525 milioni di dollari nel corso del 2002, superiori persino al PIL di Svizzera, Austria o Norvegia. E ancora la General Motors, la Exxon Mobil, la Shell, la BP, la Ford, la Daimler Chrysler, la Toyota, la General Electric, la Mitsubishi, Citigroup, ING Group, la IBM ecc. Le società petrolifere e le case automobilistiche sono state per decenni le principali economie del pianeta. Ad esse si sono aggiunte da diverso tempo le aziende di elettronica e i grandi gruppi finanziari, quali le società [email protected] - http://attac.org/ - Per abbonarsi: http://attac.org/listit.htm Il Granello di Sabbia è realizzato da un gruppo di traduttori e traduttrici volontari/e e dalla redazione di ATTAC Italia Granello di Sabbia n°125 pag. 3 (7 ) Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia possibile. assicuratrici e le banche. Dall'inizio del secolo, la Wal-Mart è l'impresa più grande del pianeta e lascia dietro di sé tutte le altre. Altre grandi catene di ipermercati, come Carrefour, SA, e Royal Ahold, stanno risalendo rapidamente la classifica con volumi di vendita superiori al PIL di paesi come Perù e Nuova Zelanda. Le seguono molto da vicino le aziende alimentari e di bevande quali Nestlè e Vivendi, mentre hanno fatto la loro entrata tra le cento maggiori economie globali le multinazionali farmaceutiche, con Merck & Co. al 99° posto sulla base delle vendite del 2002. Durante il 2003, la fusione dei giganti farmaceutici Pfizer e Pharmacia ha garantito loro una posizione molto più avanzata nella classifica, collocandosi un 40 % al di sopra di Merck quanto a volume di vendite. Dal 1990 ad oggi, le fusioni e le acquisizioni imprenditoriali hanno moltiplicato dieci volte il loro volume. Fusioni avvenute sia verticalmente (tra imprese dello stesso settore) sia orizzontalmente (tra settori differenti ma collegati) hanno dato vita a gruppi di fortissimo potere economico, in grado di controllare enormi porzioni di mercato, sia per il volume sia per la dipendenza generata con il fine di tenere sotto controllo una catena di prodotti. Completa il quadro il controllo oligopolistico delle nuove tecnologie e la loro convergenza (biotecnologia, nanotecnologia, informatica, neuroscienze), nella ricerca e nel campo delle applicazioni industriali. Il potere di queste megacorporazioni sui paesi, sulle loro economie (investimenti, impieghi, risorse, infrastrutture, tecnologie, commercio internazionale) e sulla definizione di politiche che le favoriscono è enorme, attraverso mezzi legali o illegali. La Wal-Mart, con una politica aziendale che non ammette sindacati e che paga salari da fame, è la compagnia di vendita al dettaglio più grande negli Stati Uniti, Canada e Messico. Dal 1995 sono stati avviati negli Stati Uniti ben 65 procedimenti legali per attività antisindacali. Il New York Times ha dichiarato in un editoriale che la "wal-martizzazione della forza lavorativa... minaccia di portare migliaia di statunitensi alla povertà" (NYT, 15/11/2003). In Messico è il gruppo che impiega attualmente il maggior numero di persone, dietro i nomi di Bodegas Aurrerà, Superama, Suburbia, i ristoranti Vips, El Portón e Ragazzi, i magazzini Sam's Club, Wal-Mart e Home- Mart. Negli ultimi due anni sono stati resi pubblici casi scandalosi di truffe nei confronti di pubblico, lavoratori, azionisti e contribuenti. Enron, WorldCom, Tyco International vengono presentate come "mele marce", quando in realtà la corruzione e il marcio sono elementi strutturali del sistema dei grandi gruppi. Ovvio che è più probabile vedere nelle liste dei corrotti i governi del terzo mondo: quante volte sono gli stessi esecutivi che pagano le tangenti a denunciare la corruzione! Il Gruppo ETC ha iniziato a seguire questi processi sin dagli anni '70, in particolar modo nei settori agricoli ed alimentari. Per prima cosa, le imprese chimiche hanno brevettato delle sementi, per cercare di creare la dipendenza dell'agricoltore vendendogli in un unico pacchetto semi e prodotti agrochimici. Poi hanno dato il via ad una serie di fusioni o di accordi di cooperazione nei settori farmaceutici a cominciare soprattutto dalla condivisione della ricerca biotecnologica. Il "sogno" della dipendenza è stato plasmato nel campo delle coltivazioni transgeniche che tollerano l'erbicida prodotto dalla stessa ditta: attualmente i tre quarti degli organismi transgenici in circolazione. I nomi delle maggiori imprese di agrotransgenica mostrano chiaramente il processo: Monsanto, Syngenta (Novartis più AstraZeneca), Bayer, Dupont, Dow, le cui vendite nel campo della biotecnologia hanno superato, nel 2001, i 3 milioni di dollari. Queste stesse imprese hanno esteso il loro dominio con acquisizioni o accordi con imprese di prodotti veterinari, di genomica, biotecnologia e recentemente con investimenti nella nanotecnologia. Nel settore della veterinaria, le vendite maggiori si riscontrano per i prodotti per animali domestici, superando l'insieme delle materie prime agropecuarie. I prodotti farmaceutici per uso umano vengono brevettati con un altro nome aggiungendo l'uso veterinario, sono poi le imprese ad inventare patologie degli animali domestici. La Novartis vende un antidepressivo per uso umano con un nome diverso per curare l'"ansia da separazione canina". Il dipartimento di salute animale della Novartis afferma che più di sette milioni di cani negli Stati Uniti soffrono di ansia da separazione. La Pfizer vende prodotti per il morbo di Parkinson, ribattezzati "per cani con problemi di vecchiaia". Tra i prodotti annunciati, ci sono medicine per l'incontinenza dei gatti e la "fobia dei tuoni" dei cani... La concentrazione si verifica anche tra le imprese alimentari e di bevande, e infine tra quelle che vendono tutti questi prodotti direttamente al consumatore: i supermercati, i quali per il loro volume e ampiezza dell'offerta (alimenti, farmacie, abbigliamento, empori ecc.) sono capaci di dettare condizioni a tutti gli altri. *L'autrice è ricercatrice del Gruppo ETC. L'articolo si basa sulla relazione Oligopoly, Inc. www.etcgroup.org Alai-Amlantina, 9/2/2004 Traduzione a cura di Sonia Chialastri, Traduttori per la Pace 3 - L'enorme aspiratore della ricchezza globale di Red del Tercer Mundo "L'economia mondiale agisce come un'enorme [email protected] - http://attac.org/ - Per abbonarsi: http://attac.org/listit.htm Il Granello di Sabbia è realizzato da un gruppo di traduttori e traduttrici volontari/e e dalla redazione di ATTAC Italia Granello di Sabbia n°125 pag. 4 (7 ) Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia possibile. aspiratore che inghiotte tutte le risorse dei paesi poveri per poi rovesciarle negli Stati Uniti", sostiene una nuova inchiesta fatta dalla New Economic Foundation (NEF) con sede a Londra. I ricercatori del NEF hannp reso pubblici i dati raccolti nello stesso periodo in cui si svolgevano gli incontri annuali della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, dati che figurano nel libro intitolato "Real World Economic Outlook" (Le vere prospettive economiche mondiali). L'editrice Ann Pettiford ha dichiarato : "Nonostante la montatura delle statistiche riportate, l'effetto domino non è stato dimostrato. Al contrario, come sottolineano i dati della stessa Banca Mondiale, i paesi poveri agiscono da prestasoldi nei confronti dei ricchi e finanziano involontariamente l'opulento tenore di vita degli Stati Uniti e di altri paesi". I testi sacri ci dicono che con la liberalizzazione finanziaria il capitale si trasferirà dai luoghi in cui abbonda a quelli in cui scarseggia. Sfortunatamente, ciò che accade è l'esatto contrario. Si tratta di un escamotage per depredare i paesi poveri della terra, e ci aiuta a spiegare la ragione delle crescenti tensioni a livello globale. "I paesi poveri sono obbligati a finanziare i consumi degli Stati Uniti mantenendo le proprie riserve monetarie in dollari. Essi vengono biasimati se, come nel caso della Cina, accrescono queste riserve, e vengono condannati dai mercati di capitali in caso di rifiuto". Gli studi generalmente condotti dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale prendono in considerazione solo una parte della ricchezza globale. La relazione del NEF analizza invece anche le disponibilità liquide comparandole con l'aumento dei livelli di indebitamento delle famiglie, delle imprese e dei governi. Secondo la relazione, "l'effetto aspiratutto" dell'economia globale viene conseguito per lo più attraverso una struttura finanziaria globale realizzata appositamente per servire gli interessi dei paesi ricchi. La costruzione del sistema finanziario internazionale guidato dal dollaro fa in modo che sia i paesi ricchi che i paesi poveri continuino a finanziare in egual misura il disavanzo degli Stati Uniti attraverso l'acquisizione di Buoni del Tesoro. A causa della mancanza di un "padrone del mondo", i Buoni del Tesoro statunitense svolgono la stessa funzione che svolgeva l'oro nell'economia globale. Tale sistema, secondo il NEF, ha prodotto un crescente trasferimento di risorse dai paesi poveri e una concentrazione di ricchezza nei paesi ricchi. Attualmente le uscite nette provenenti dai settori più poveri che convergono in quelli più ricchi ammontano a 48 miliardi di dollari, cifra nettamente al di sopra di quella stanziata per gli aiuti, che ha raggiunto i 32 miliardi di dollari. Anche la fuga di capitali e i deflussi realizzati tramite il concetto degli Investimenti Diretti Esteri che ammontano a 97.800 miliardi di dollari l'anno comporta un flusso di denaro proveniente dai paesi poveri che viene depositato nelle banche di Svizzera, Gran Bretagna e Stati Uniti in particolare. Le rimesse degli utili ottenuti dalle filiali delle multinazionali impiantate nei paesi in via di sviluppo e che queste spediscono alle sedi centrali nei paesi ricchi hanno rappresentato, solo nel 2002, un'uscita di più di 55 miliardi di dollari. Fonte: www.rebelion.org Traduzione di Ilaria Maccaroni 4 - Globalizzazione: due sappiamo in proposito o tre cose che di Christian Chavagneux Per quanto imprecise, le statistiche disponibili non lasciano alcun dubbio: l’economia non è mai stata così globalizzata come oggi. Tutti gli indicatori sono concordi in merito: la quota degli scambi, degli investimenti e dello stock di attivi finanziari collocati all’estero raggiunge, in proporzione alle ricchezze nazionali, un totale che non ha avuto precedenti fino ad oggi. La globalizzazione, a cui il 64% degli europei si diceva favorevole ad ottobre 2003, è dunque una vera e propria realtà. Resta allora da capire il significato di questa evoluzione, ed è qui che le cose cominciano a complicarsi, perché dalla copiosa letteratura sulla globalizzazione se ne deducono alcune ferme convinzioni… su ciò che non è. Innanzitutto non è nuova. Il miglioramento del livello di istruzione, associato alla rivoluzione tecnologia e al battello a vapore, faceva pensare all’allora presidente degli Stati Uniti Ulysse Grant, che il mondo, nel 1873, stesse per diventare una nazione unica. Da molto tempo, le élite dei paesi industrializzati erano consapevoli di abitare uno stesso pianeta. Pertanto quando all’inizio del XIX secolo i seguaci di Saint-Simon (i modernisti dell’epoca) crearono un giornale decisero di chiamarlo Le Globe . Dalle opere di storici economisti di ieri, come Fernand Braudel, a quelle degli economisti storici di oggi come Jeffrey G. Williamson, Kevin O’Rourke, Michael D. Bordo, Alan M. Taylor e altri, tutti confermano la tendenza di lunga durata del capitalismo a operare in uno spazio che va al di là delle frontiere politiche delle nazioni. Allo stesso modo, Dominique Martin, Jean- Luc Metzger et Philippe Pierre in Les métamorphoses du monde. Sociologie de la mondialisation (ed. du Seuil), mostrano che i sociologi riflettono da tempo sulle [email protected] - http://attac.org/ - Per abbonarsi: http://attac.org/listit.htm Il Granello di Sabbia è realizzato da un gruppo di traduttori e traduttrici volontari/e e dalla redazione di ATTAC Italia Granello di Sabbia n°125 pag. 5 (7 ) Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia possibile. conseguenze che il moltiplicarsi degli scambi internazionali ha sulle società. «Sottolineando al contempo il ruolo di attori privilegiati (imprenditori, decisori politici) e il carattere quasi automatico dell’allargamento internazionale dei raggruppamenti sociali, insistendo sull’interdipendenza delle dimensioni economiche, culturali e immaginarie», i padri fondatori della sociologia riflettono da tempo sui concetti chiave di comprensione del cambiamento sociale nella globalizzazione. Né mondiale né liberista La globalizzazione non è nuova né tantomeno mondiale. Dal contadino cinese al boscimano africano, una grossa fetta della popolazione del pianeta non vive al passo del tempo mondiale. Una caratteristica che non è solo dei paesi del sud. Fernand Braudel aveva già notato che anche tra le zone più colpite dalla globalizzazione sono «scavati miriadi di pozzi al di fuori del tempo del mondo». Potrà sembrarci strano, ma alla domanda «avete già sentito parlare di globalizzazione?» il 39% dei Lussemburghesi, il 38% dei Britannici, il 14% dei Francesi e il 23% degli Europei risponde in modo negativo. Ecco una realtà interessante da analizzare per i sociologi. La globalizzazione non è nemmeno liberista . L’evidenza è tale che ci si chiede in che modo i due termini abbiano potuto essere associati, sia dai suoi sostenitori che dai suoi oppositori. I due grandi periodi caratterizzati dalla globalizzazione, all’inizio del XX e del XXI secolo, sono segnati da una progressione rapida per il primo periodo e da un peso importante dei prelievi obbligatori per il secondo. Oggi circa la metà delle ricchezze prodotte nelle economie dei paesi industrializzati è prelevata dallo Stato per essere ridistribuita. La Francia non è l’ultima in questo gioco, cosa che non le impedisce – o le permette? – di figurare tra i primi beneficiari dei flussi internazionali di investimento. In modo generale, i paesi ricchi sono lungi dall’essere fedeli ai discorsi liberisti intonati con regolarità dai loro dirigenti se consideriamo le politiche commerciali protezioniste, la difesa dei campioni nazionali, il rifiuto di ogni ingerenza fiscale internazionale, il livello elevato delle sovvenzioni agricole e i vincoli sulla circolazione delle persone. Allo stesso modo, i paesi del sud che sono riusciti nella liberalizzazione, siano essi la Corea del Sud, la Cina, il Brasile o altri, hanno organizzato il loro sviluppo in modo autoritario. E coloro che non hanno applicato la liberalizzazione hanno inventato negli ultimi venti anni ogni sorta di astuzia possibile per far credere alle istituzioni internazionali che obbedivano alle loro ingiunzioni di liberalizzazione, pur continuando a manipolare i mercati degli scambi oltre che i processi di privatizzazione. Quanto alle istituzioni multilaterali, internazionali o europee, restano segnate dagli effetti del dominio tra gli Stati che le compongono. Il falso aspetto del liberismo è anche presente sul volto delle imprese private. Numerosi settori sono ormai nelle mani dei quasi-monopoli mondiali, quali Microsoft, o di oligopoli, la cui prima strategia è quella di minimizzare per quanto possibile la concorrenza. E i cartelli internazionali hanno vita facile. A livello generale, le imprese realmente globali restano assai poche, poiché le funzioni così essenziali come la ricerca- svilupo o il finanziamento a lungo termine restano largamente ancorati agli spazi nazionali di origine. C’è voluta tutta la forza di convincimento degli ideologi liberali per farci credere che la globalizzazione fosse la realizzazione dei loro sogni. Né naturale né rullo compressore culturale La globalizzazione non è nemmeno questo rullo compressore culturale che farà di ogni abitante del pianeta uno Yankee obeso, rimpinzato di Coca- Cola e di hamburger e obnubilato dal dover salvare il pianeta dell’Impero del male, alla stregua di Sylvester Stallone, Arnold Schwarzenegger, Tom Cruise, Bruce Willis e degli eroi magici di Disney! Le culture si nutrono e si costruiscono con i loro contatti con l’estero. La loro capacità di resistenza e di recupero locale dei messaggi globali resta forte, come lo dimostrano i comportamenti delle popolazioni dei paesi dell’Est, dopo la caduta dell’URSS, o quelle dei paesi che hanno conosciuto il giogo coloniale. La globalizzazione non uccide la diversità del mondo: i capitalismi nazionali restano diversi gli uni dagli altri, lo stesso dicasi per le modalità di gestione all’interno di ogni filiale della stessa multinazionale, e la serie Dallas era percepita come una produzione televisiva sediziosa in alcune parti del mondo, tanto metteva alla luce le turpitudini del capitalismo americano e del suo modello familiare. E per finire la globalizzazione non è naturale. È il frutto di compromessi, di scelte e non scelte politiche, che mettono in scena un certo numero di attori importanti. Di scontri che non si riassumono in una battaglia tra Stati, mercati e società civile internazionale. La storia, le teorie politiche e l’evoluzione recente del mondo mostrano che attori pubblici e privati vivono in simbiosi più che in opposizione. Le trasformazioni degli stati, delle società e del capitalismo non obbediscono a delle logiche contraddittorie, ma a dinamiche congiunte. In tutto ciò gli Stati Uniti svolgono un ruolo determinante, ma non sono certo i soli responsabili dello stato del mondo. I grandi attori privati internazionali (investitori, multinazionali) possono arrivare a orientare la globalizzazione nella direzione che essi auspicano. Così il 62% degli europei pensa che le multinazionali esercitino un’influenza troppo forte sulla globalizzazione e il 59% pensa la stessa cosa degli ambienti finanziari (41% dei britannici, 67% dei francesi). Infine non bisogna dimenticare la «globalizzazione dal basso» , [email protected] - http://attac.org/ - Per abbonarsi: http://attac.org/listit.htm Il Granello di Sabbia è realizzato da un gruppo di traduttori e traduttrici volontari/e e dalla redazione di ATTAC Italia Granello di Sabbia n°125 pag. 6 (7 ) Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia possibile. che Alain Tarrius descrive in La mondialisation par le bas (éd. Balland), quella dei nomadi degli scambi informali, con il rispetto della parola data, la capacità di integrare le differenze culturali e le relazioni ambigue con la società, le imprese e i poteri locali. La globalizzazione non è tuttavia il risultato di alcun complotto. I suoi diversi attori (Stati, mercati, società) la ricevono così come la fanno. Ecco tutto ciò che non è la globalizzazione. Ma oggi per noi che cosa è? Lo storico Frederick Cooper fa notare che «dietro la moda della “globalizzazione” c’è l’ambizione di comprendere l’interconnessione tra diverse parti del mondo, di spiegare i nuovi meccanismi che regolano i movimenti di capitali, uomini e culture e di inventare le istituzioni capaci di regolarli». Un programma che resta di attualità. Traduzione a cura di Valentina Barbieri (Traduttori per la Pace) 5 - Gli alimenti transgenici invadono il Sud di Edith Papp Malgrado l'inquietudine provocata dal loro possibile impatto negativo sulla salute umana e sull'ambiente, nei Paesi in via di sviluppo gli alimenti geneticamente modificati stanno guadagnando terreno a un ritmo inimmaginabile prima d'ora, complici le aggressive campagne di commercializzazione delle principali multinazionali del settore. In base ai dati dell'ultimo rapporto dell'ISAA (Servizio Internazionale per l'Acquisizione di Applicazioni di Agrobiotecnologia) - un'organizzazione che promuove il trasferimento di metodi biotecnologici alle nazioni del Sud- , fra il 2002 e il 2003 la superficie destinata a coltivazioni transgeniche è aumentata del 28% nei Paesi in via sviluppo, ma solo dell'11% nei Paesi industrializzati del Nord. Nel documento, pubblicato alla fine di gennaio, si evidenzia che nel 2003 un gruppo ridotto di sei Paesi, che vede gli Stati Uniti in testa seguiti da Argentina, Canada, Brasile, Cina e Repubblica Sudafricana, ha contribuito per il 99% alla produzione mondiale di alimenti transgenici. Di questo gruppo leader, la Cina e la Repubblica Sudafricana mostrano i livelli più elevati di crescita annuale, registrando entrambe un aumento del 33% delle superfici coltivate a prodotti geneticamente modificati. Solo in Cina le coltivazioni di cotone transgenico occupano il 58% della superficie mondiale destinata a questa coltura; il Sudafrica, invece, si distingue, oltre che per la produzione di cotone, anche per la produzione di mais, che nel 2001 occupava un'estensione di appena 6.000 ettari, mentre all'inizio di quest'anno aveva già raggiunto gli 84.000 ettari. L'anno scorso, Brasile e Filippine hanno ufficialmente approvato per la prima volta la coltivazione di piante transgeniche, sebbene in Brasile la loro produzione sia cominciata molto tempo prima con il contrabbando di semi dalla vicina Argentina. I due Paesi si sono così uniti ad altri 16 che coltivano piante geneticamente modificate, dei quali 11 sono Paesi in via di sviluppo e soltanto 7 appartengono al Nord industrializzato. Il numero di queste nazioni è in costante aumento dal 1996: i 6 Paesi che hannoper primi autorizzato ufficialmente questo tipo di colture sono diventati 9 nel 1998, 13 nel 2001 e 18 nel 2003. Attualmente, i tre Paesi più densamente popolati dell'Asia - Cina, India e Indonesia - (con una popolazione totale di 2.500 milioni di persone), le tre maggiori economie dell'America Latina - Argentina, Brasile e Messico (con 300 milioni di abitanti)-, e l'economia più forte del continente africano - quella della Repubblica Sudafricana (45 milioni di abitanti) sono importanti produttori di alimenti geneticamente modificati. Secondo quanto esposto nello stesso documento, la superficie destinata alle colture transgeniche a livello mondiale è aumentata 40 volte dal 1996, raggiungendo i 67,7 milioni di ettari nel 2003, di cui un terzo si trova in Paesi del Sud. Si tratta principalmente di coltivazioni di soia (41,4 milioni di ettari, il 61% della superficie totale coltivata a piante geneticamente modificate), mais (15,5 milioni di ettari, il 23% del totale) e cotone (7,2 milioni di ettari, l'11% del totale). Le statistiche indicano anche un incremento delle varietà transgeniche: della superficie totale coltivata a soia nel 2003 (76 milioni di ettari a livello mondiale) un 55% era geneticamente modificata, rispetto al 51% del 2002. Nel caso del cotone, il 21% dei 34 milioni di ettari era transgenico, mentre per quanto riguarda i 140 milioni di ettari di mais in tutto il mondo, l'11% era destinato a varietà ottenute con metodi biotecnologici. Il veloce aumento delle superfici occupate da colture manipolate geneticamente ha suscitato le proteste degli ecologisti in vari Paesi del Sud, come nel caso del Brasile, dove i progetti di sfruttamento del Cerrado una delle eco- regioni meno protette della conca amazzonica - trovano l'opposizione sempre maggiore dei cittadini. L'espansione delle zone coltivate verso l'interno della foresta tropicale minaccia l'habitat di numerose specie vegetali, mettendo così a repentaglio la biodiversità. Inoltre, la monocoltura impoverisce il suolo, per non parlare dell'inquinamento delle falde acquifere dovuto all'uso e all'abuso di pesticidi ed erbicidi che garantiscono fino a tre raccolti l'anno e che sono prodotti, sia detto per inciso, dalle stesse multinazionali che promuovono le colture transgeniche nel Sud come soluzione ai problemi di povertà e insicurezza alimentare di quei Paesi. [email protected] - http://attac.org/ - Per abbonarsi: http://attac.org/listit.htm Il Granello di Sabbia è realizzato da un gruppo di traduttori e traduttrici volontari/e e dalla redazione di ATTAC Italia Granello di Sabbia n°125 pag. 7 (7 ) Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia possibile. Mentre pochi si arricchiscono, la sicurezza alimentare del Sud diventa sempre fragile. L'invasione degli alimenti transgenici nei Paesi in via di sviluppo è un esempio delle politiche sbagliate che istituzioni internazionali e governi locali stanno portando avanti per combattere fame e povertà; errori che avranno ripercussioni inimmaginabili sul futuro del sistema alimentare mondiale. Fonte: AIS - Agenzia de informaciòn Solidaria Traduzione a cura di Daniela Grima, Traduttori per la Pace 6 - UE, brevetti sul software più vicini di Puntoinformatico Il gruppo Proprietà Intellettuale di ATTAC rilancia la battaglia per impedire che la UE si doti delle nuove forme di brevetto all'americana, accusate di ostacolare la libertà di sviluppo. Il quadro e la mobilitazione 16/03/04 - News - Roma - Il Consiglio della UE ha ribaltato le norme con cui lo scorso settembre il Parlamento europeo aveva dato il suo ok a forme limitate di brevetto sul software, un via libera che aveva alimentato nuove speranze per i sostenitori delle libertà digitali. Sulla scelta del Consiglio, ora, l'associazione internazionale ATTAC rilancia la battaglia, per impedire che la UE in adotti via definitiva una forma di brevetto illimitato sulle "invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici". La scelta del Consiglio, secondo ATTAC, forma e consolida i monopoli nel settore dell'informatica oltre a tradire la volontà espressa dal Parlamento di Strasburgo. In una lettera trasmessa ai parlamentari europei, l'associazione ricorda come "i programmi informatici sono oggetti finalizzati ad elaborare, manipolare in forme logico-ordinative specifiche unità informatici sono degli algoritmi, potenti e flessibili per la formazione e lo sviluppo di tutti i settori della cultura; il loro valore ed impatto sulla civiltà è imprescindibile ed universale, brevettarli sarebbe di ostacolo al libero sviluppo della cultura e della civiltà". ATTAC sottolinea anche l'importante effetto che avrebbe l'estensione del brevetto sul software su tutti gli sviluppatori indipendenti e le piccole aziende del settore, impossibilitati a competere con le grandi multinazionali e destinati a dover dare conto di soluzioni informatiche nella programmazione oggi di uso comune e libere . Contro questa estensione dei brevetti che, come detto, sembrava superata dal voto parlamentare in prima lettura, a cui ora seguirà un altro voto basato però sul testo come uscito dal Consiglio, si sono nei mesi scorsi pronunciati in tanti, anche in Italia. Una mobilitazione internazionale che prosegue sul sito della Foundation for a Free Information Infrastructure. Secondo ATTAC, il problema è anche capire perché il Consiglio della UE ha deciso di trasformare radicalmente il senso del voto del Parlamento "lasciando adito al sospetto di collusioni non confessabili". L'associazione ricorda anche come tutto questo accade in uno scenario nel quale è appena stata approvata dal Parlamento europeo la contestatissima direttiva sulla protezione della proprietà Intellettuale e nel quale la UE ha richiamato ufficialmente l'Italia per la non applicazione della direttiva che spazza via il prestito gratuito dei libri da parte delle biblioteche, "una disposizione oscurantista - commenta ATTAC - che esaspera il conflitto tra poteri economici e società e che deve trovare la più ferma e larga opposizione". Un quadro dettato, conclude l'associazione, da una "deriva della UE verso la mercificazione dell'intelligenza umana". d'informazione: i bit, per poi tradurle in nessi e sistemi intelligibili ed uti-lizzabili, per questo si possono assimilare agli algoritmi matematici come anche ai codici linguistici e musicali. Coerenza logica vuole che, come non sono brevettabili gli algoritmi matematici e i codici linguistici e musicali, altrettanto non lo debbano essere quelli informatici, quale che sia il loro impiego. Se al tempo dell'introduzione della scrittura fonetica fosse esistita la legislazione dei brevetti, l'inventore/i avrebbe potuto brevettarla; ma allora quale sarebbe stato lo sviluppo della cultura, della filosofia, dell'arte e della scienza occidentali?". "La domanda è retorica - continua ATTAC - ma aiuta a mettere a fuoco il tema centrale. I programmi [email protected] - http://attac.org/ - Per abbonarsi: http://attac.org/listit.htm Il Granello di Sabbia è realizzato da un gruppo di traduttori e traduttrici volontari/e e dalla redazione di ATTAC Italia