fantasy_trock vs sgorbi

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fantasy_trock vs sgorbi
SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO
AUGUSTO CAPERLE
CLASSE II B
Racconto fantasy
TROCK
VS
SGORBI
ANNO SCOLASTICO 2013-2014
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Introduzione
È il lavoro mai incominciato che
impieghi più tempo a finire
Abbiamo voluto provarci perché “certe strade, è meglio intraprenderle che
rifiutarle, anche se il loro destino è oscuro”, ma non è stato semplice. Scrivere
un racconto fantasy di classe è un’impressa complessa.
Ognuno di noi ha prima letto un libro appartenente a questo genere, poiché
volevamo apprezzarne la storia, gli espedienti e conoscerne gli aspetti tecnici,
le regole di base potremo dire.
Ne abbiamo quindi studiato le caratteristiche, poi focalizzato i punti
fondamentali: tracciare protagonisti, antagonisti e figure secondarie,
identificare una storia interessante, ma soprattutto cercare di essere credibili,
ossia resistere alla diabolica tentazione di inserire elfi e folletti ovunque e
sinceramente non sappiamo se ci siamo riusciti del tutto.
Per avere sottomano personaggi e luoghi verosimili ne abbiamo disegnato i
bozzetti, che poi abbiamo aggiunto al racconto.
Stabilito il canovaccio iniziale, il filo rosso della vicenda cui attenerci, ci siamo
quindi suddivisi in sette gruppi di lavoro, ad ognuno dei quali è stato
assegnato un capitolo. Ognuno avrebbe dovuto collaborare con gli altri per
evitare che la storia presentasse incongruenze sia di linguaggio, sia di stile,
sia di contenuto.
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Ci siamo fermati più volte a rileggere e controllare la coesione dell’intreccio.
Abbiamo scritto, cancellato, riscritto, a volte modificato la trama perché non
ci sembrava essere più adeguata alla struttura che avevamo in mente.
Abbiamo volutamente deciso che i dialoghi fossero pochi o che comunque
non eccedessero per togliere spazio alla narrazione.
In un secondo tempo, per arricchire il racconto, abbiamo inserito descrizioni
di personaggi e ambienti, attribuendo ad ognuno un colore dominante che
avrebbe dovuto caratterizzarne anche l’essenza. Così il rosso dei Trock
simboleggia l’energia vitale, contraria al nero mortale degli Sgorbi; il blu di
Nari rappresenta la tenerezza, l’affetto e la pace; il viola delle Mucche Volanti
(il nostro pezzo forte) non ha nulla a che fare con la pubblicità della famosa
cioccolata, ma significa fantasia, creatività, capacità di risolvere i problemi,
cercando soluzioni al di là della razionalità.
Ovviamente non poteva mancare una storia d’amore, che non avrebbe
dovuto prevaricare, ma avrebbe dovuto essere un gradevole elemento di
contorno, che garantisse un degno lieto fine, senza togliere la scena al
racconto fantasy in sé. Un amore nato in mezzo ad una guerra, che avrebbe
dovuto trasmettere gioia e pace, mentre tutto intorno il mondo sembrava
implodere. Come a voler dire che esiste sempre la bellezza e la dolcezza,
anche in mezzo alla tragedia e all’orrore.
Insomma ci abbiamo provato, il lavoro preparatorio è stato molto e speriamo
che alla fine abbia portato frutto, consapevoli che “pochi possono dire dove
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condurrà la via prima di essere giunti alla fine” (tutte le citazioni sono tratte
da Il Signore degli anelli).
Classe 2B e prof.ssa Wanna Bianchi
Prologo
All’inizio dei tempi, vi era soltanto distruzione e caos. Nulla era stato creato.
Poi otto maghi leggendari si riunirono insieme per dare forma al disordine.
Crearono così sette regni dai colori dell’arcobaleno.
Il rosso simboleggiava l’energia vitale; l’arancione felicità e abbondanza; il
giallo regalità e benessere; il verde la speranza e la sapienza; il blu la pace, la
calma, la tranquillità; l’indaco la conoscenza pura; il viola la creatività e la
fantasia. Tutti assieme formavano la luce dopo la confusione.
Il male era stato racchiuso in un unico regno, sperando che mai da lì potesse
fuoriuscire e intaccare gli altri. Nero come la morte era il suo colore.
Ma un mago fu preso dal desiderio di potere che lo accecò d’odio.
Allora i maghi leggendari lo allontanarono e lo rinchiusero nel mondo della
morte, dietro ad una cascata incantata.
Col tempo gli altri regni prosperarono e la loro luce rifulgeva ovunque.
Nacquero popoli diversi con aspetti difformi, ma simili nel loro desiderio di
pace.
Però un giorno il perfido mago riuscì a liberarsi, senza aver dimenticato la
sua sete di potere.
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Grazie alla sua malvagità generò un popolo crudele e un figlio altrettanto
terribile, Rulphus, cui lasciò tutti i suoi poteri.
Ora il tempo della luce e della pace era terminato, ora iniziava la guerra e
l’odio.
Capitolo uno
I Trock
Era notte fonda e nella Valle della Pace regnava il silenzio. Tutti dormivano
profondamente, dopo una normale e faticosa giornata di lavoro; tutti tranne
Chris. Lui era l’unico umano in mezzo ai Trock. Era insieme a loro da quando
aveva cinque anni, anche se ricordava quel giorno come fosse ieri. Si rivide a
vagare per il bosco, ma non aveva memoria del perché fosse arrivato fin lì, né
di chi lo avesse abbandonato. Sfinito, stanco, affamato e assetato, girovagò
finché Granpapà, il capo dei Trock, in cerca di erbe lunari per le sue pozioni,
lo aveva guardato e, inteneritosi, lo aveva portato con sé, crescendolo come
un Trock, come un vero figlio.
Si ricordò il suo volto sbalordito quando vide la Valle, una vallata con la terra
rossiccia, qualche roccia qua e là e le capanne. Capanne fatte di legna e
ricoperte di rami di pino per non fare entrare la pioggia, circondate da una
foresta fitta e verdeggiante, grande risorsa per i Trock. Pensò anche al suo
mondo e a come sarebbe stato per lui se, invece di vivere tra grassi e bassi
troll, fosse vissuto fino a quel momento in mezzo a quelli della sua specie.
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Sì, i Trock erano proprio così: bassi, grassi, pesanti, carini, coccolosi,
accoglienti, intelligenti e di colore rosso. Indossano cappelli neri e tuniche
color verde scuro che portano quasi fino ai piedi. Inoltre hanno nasi grandi e
capelli marroni a spazzola.
Il loro mondo attuale era suddiviso in otto regni, di cui solo sette buoni: il
regno dei Trock rossi, il regno dei Fiori arancioni, il regno delle Papere gialle,
quello degli Elfi verdi, il regno dei Pappagalli blu, il regno dei Pesci indaco e
quello delle Mucche Volanti viola.
E un solo, ma terribile regno cattivo: quello degli Sgorbi neri, comandati dal
perfido Rulphus.
Così immerso nelle sue riflessioni, Chris si rese conto che non sarebbe mai
riuscito ad addormentarsi con tutti questi pensieri che gli affollavano la
mente. Decise, quindi, di andare fuori a passeggiare per la foresta per
prendere una boccata d’aria. Uscì più silenziosamente possibile e si inoltrò
nel bosco. Era da tanto che non lo faceva, gli era sempre piaciuta la quiete
della notte nella boscaglia, rischiarata solo dalle pallida luce lunare che
filtrava tra le fronde degli alberi. Infatti era un ragazzo piuttosto tranquillo,
un po’ riservato e, con gli stranieri, un po’ timido.
Ad una tratto scorse uno scintillio, si girò lentamente e intravide che a circa
trenta piedi da lui c’era un piccolo laghetto che risplendeva. Sembrava uno
specchio. Affascinato, si avvicinò e si rifletté.
Rimase colpito da quanto era cambiato: aveva capelli biondo-castani, le
orecchie di media misura, gli occhi verde chiaro e una lieve barbetta che stava
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spuntando sul suo mento. Aveva una carnagione abbastanza luminosa, era
robusto e muscoloso. Rimase un bel po’ lì, immobile a riflettersi nelle limpide
acque.
Quando si rese conto che era ormai troppo tardi, si girò e ritornò al villaggio.
Passando tra le capanne, al chiarore della luna, scorse la casupola della cuoca,
quella della sarta, quella del falegname dove intravide il pennello che tanto lo
aveva affascinato e che lo affascinava ancora. Era sempre allo stesso posto,
nel portapenne a forma di cerchio sito sul tavolo marrone scuro in legno. Era
un pennello con il manico nero, la ghiera bianca, peli color arcobaleno. Era
meraviglioso! Era magico! Oltrepassata la capanna del falegname si diresse
verso la sua.
Un raggio di sole gli illuminò il viso, con uno sbadiglio si alzò. Il villaggio era
già fervente di attività. I cacciatori e i boscaioli si erano già inoltrati nel bosco,
la cuoca aveva già messo sul fuoco il pentolone, il falegname era già al lavoro.
Insomma, erano tutti impegnati.
Chris guardando quel piccolo e unito popolo sorrise e decise che non li
avrebbe mai abbandonati.
(Adele, Daniele e Giovanni)
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Capitolo due
Rulphus
Vi
era,
oltre
al
popolo
dei
Trock,
l’oscuro
mago
Rulphus.
Era un essere temibile e privo di coscienza, un semi-umano per un sigillo
arcano ideato dagli antichi Maghi, cantati nelle leggende. Per motivi
sconosciuti, era stato esiliato dal suo popolo e, forse per la rabbia o per sua
vera natura, era divenuto malvagio.
Il suo sogno era quello di conquistare gli altri sette regni per vendicarsi della
beffa che aveva subito.
Era riuscito a ottenere i poteri magici da un bastone, che gli era stato donato
da un elfo di una terra lontana, prima della fine della sua vita. Ma usava in
modo malvagio il suo potere e per questo era alleato con il popolo degli
Sgorbi, esseri tutt’altro che simpatici.
Molte leggende narrano che volesse rubare il pennello magico dei Trock fin
dal principio per poi connetterlo con il suo bastone e costruire un’arma così
invincibile, che nemmeno le migliori armi degli umani avrebbero potuto
sconfiggere.
Con il pennello avrebbe avuto il potere antico dell’invincibilità e della
sapienza assoluta che i Maghi avevano introdotto al suo interno all’alba dei
tempi, quando tutto era cominciato. Era un potere così forte che poteva, se
gestito male, distruggere le sette terre.
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Aveva bisogno di quell’arma perché, sebbene fosse molto più alto dei Trock,
aveva una corporatura gracile. Sotto la lunga veste nera, sempre rovinata e
quel cappello cupo, si notava la sua pelle rugosa, piena di piaghe.
Camminava in modo buffo con quelle sue scarpe a punta e portava con sé
sempre il bastone.
Si dice che nella sua lugubre casa sotto una cascata, praticasse magie nere.
Dalla cascata sgorgava acqua nera, corrosiva per gli altri esseri viventi che
ogni giorno si spalmava sul corpo per rendersi più potente.
Era anche il capo del popolo degli Sgorbi.
Racconti provenienti da non si sa più chi, affermavano che erano esseri
striscianti e orribili, molto numerosi, terribili a vedersi: privi di gambe, alti
meno di un metro, con una testa grossa, bitorzoluta, sanguinante, nera con
sfumature rosso spento, inquietante come il resto del loro corpo.
Il loro collo era fine e corto, ricco di escrescenze da cui spurgava una miscela
viola corrosiva. Le loro spalle erano larghe e imponenti, non molto visibili per
il fatto che strisciavano e il petto duro, fornito di piccole scaglie taglienti di un
colore marrone molto scuro. La loro schiena era scarnita, vi si potevano
intravedere le robuste ossa con particolari fibre muscolari dense, che
consentono un rapido spostamento.
Le loro braccia erano abbastanza lunghe, ma per ignoti motivi le loro gambe
erano troncate, ed è per questo che strisciavano.
L’unica cosa che li potesse sconfiggere era la luce del sole e del fuoco.
Creature disgustose con ventidue denti, affilatissimi.
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Per vivere, circa un paio di volte al mese, si dovevano riunire in piccoli
gruppi e fare visita al villaggio dei Trock. All’interno dei loro denti, vi è
situata una sostanza, che, se iniettata, mutava, in una manciata di secondi,
una qualsiasi forma vivente in grado di muoversi in Sgorbi.
Ecco perché Rulphus si era alleato con loro. Lui aveva bisogno del pennello
dei Trock, gli Sgorbi del loro sangue.
(Giulio, Davide C., Roberto, Matteo)
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Capitolo tre
Gli Sgorbi
Gli Sgorbi ora stavano strisciando, mugolando qualcosa tra sé.
Sembrava che nulla potesse fermarli, neppure gli impenetrabili alberi, così
fitti da creare un ostacolo.
Sembrava che anche la luna fosse scappata a rifugiarsi dietro a una stella
spenta.
I Trock avrebbero dovuto difendere il pennello con qualsiasi mezzo, le frecce
e le spade non sarebbero bastate.
Solo la luce li avrebbe accecati e il sole li avrebbe bruciati. Era questo il
motivo per cui i Trock accendevano tutte le sere numerose fiaccole, davanti
alle porte e attorno alla teca che conteneva il pennello: tenevano lontano gli
Sgorbi.
Le fiaccole illuminavano il paesino di una luce arancione che dava
un’atmosfera magica all’ambiente.
Gli Sgorbi si riversarono nella radura, strisciando nell’ombra, divorando e
tramutando nella loro specie tutti i Trock che cercavano di fermarli.
Fortunatamente un giovane Trock, che aspirava a diventare un valoroso
guerriero, prima di essere divorato, suonò il corno d’allarme e tutti i Trock si
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rifugiarono nella casa più capiente del paese, tranne i guerrieri che rimasero
fuori a cercare di proteggere il pennello.
Non c’era più niente da fare.
Le fiaccole non bastavano a fermare le migliaia di Sgorbi che si riversavano
sopra, morendo per cercare di spegnerle.
Ben presto nella valle calò il buio e il silenzio.
L’unico rumore che si sentiva era lo striscio degli Sgorbi sull’erba ancora
bagnata.
Dei soldati che avevano a lungo combattuto, ora non se ne vedeva nemmeno
l’ombra. Tramutati anche loro in Sgorbi.
Non c’era più nulla da fare.
All’improvviso si sentì un rumore di vetri rotti. Gli Sgorbi erano entrati nella
falegnameria e avevano rotto la teca, rubando il magico pennello.
Consegnandolo al mago Rulphus, che aspettava fuori le mura, per poi
teletrasportati nel loro paese.
L’atto che tanto si era temuto si era realizzato. Il pennello ormai era in mano a
Rulphus, l’oscuro mago.
(Lucia, Emma, Christian)
Sgorbio
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Capitolo quattro
Chris
La foresta degli Sgorbi si trova dopo tutti i sette regni.
Completamente nera di malvagità, compresi gli animali, con pozze d’acqua
sporca, che gli Sgorbi utilizzavano come discarica, circondata da paludi
umide e alberi terrificanti e carnivori che non lasciano scampo fino all’arrivo
dei mostri.
I pochi cervi coraggiosi che provavano ad oltrepassarla, dovevano correre
velocemente e sperare di non incontrare nessuno.
Nelle acque non vi erano pesci, perché non sarebbero riusciti a sopravvivere a
causa dei mostri che ci camminavano in mezzo; le rocce erano scivolose
perché ricoperte da muschio verde scuro, che non permetteva la vita agli
animali.
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Oltre a questi pericoli, gli Sgorbi costruivano trappole lungo tutta la zona,
sperando di catturare qualche preda. Al centro del loro accampamento c’era
un grande pentolone dove con un’autocombustione cuocevano le loro
vittime. I cespugli erano molti e fitti, perfetti per nascondersi e per aspettare il
nemico.
I Trock raramente attraversavano quella foresta per procurarsi cibo, erbe
medicinali e bacche medicamentose e, quando erano costretti, viaggiavano
numerosi e armati con torce, archi, spade e scudi per difendersi dai molteplici
mostri e dalle loro trappole micidiali.
Chris, perciò, non poteva credere a quello che aveva visto da una distanza di
sicurezza: la situazione laggiù era orribile e terrificante soprattutto per un
popolo pacifico come quello dei Trock. Ora doveva agire. Ora toccava a lui:
doveva salvare il suo popolo. Doveva ridare ai Trock il loro pennello, doveva
sconfiggere gli Sgorbi e riportare la pace nei sette regni.
(Andrea, Sofia, Chiara)
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Capitolo cinque
I sette regni
Presa la decisione, dopo aver visto cosa gli Sgorbi, striscianti esseri malvagi e
senza cuore, erano riusciti a fare ai suoi confratelli, Chris decise di partire.
Sapeva i rischi cui stava andando incontro, ma era consapevole che se
nessuno li avesse affrontati per loro sarebbe stata la fine.
Appena fuori dalla valle dei Trock, Chris si imbatté in un prato con enormi
Fiori Arancioni! Continuò a camminare e si nascose sempre più in quella
foresta di corolle giganti. All’improvviso saltò fuori un’ape gigantesca, che
provò subito ad infilzarlo con il suo smisurato pungiglione. Chris lo schivò e
riuscì a tranciarlo con un colpo di spada.
Uscito di corsa dalla spiacevole foresta, si ritrovò davanti uno stagno
grandissimo. Provò ad attraversarlo a nuoto, ma invano perché venne
trascinato sott’acqua da qualcosa di forte e viscido. Guardando sotto di lui, si
accorse che era un serpente acquatico! Non riusciva a liberarsene, ma
all’improvviso uno stormo di Papere Gialle venne in suo soccorso e uccisero
con il loro becco tagliente il serpente. Lo riportarono in superficie accanto
all’altra sponda, così Chris, dopo averle ringraziate, poté continuare il suo
cammino.
Dopo giorni, vide in lontananza un piccolo villaggio di Elfi. Si avvicinò e loro
gli vennero incontro, chiedendogli disperatamente aiuto. Lo portarono vicino
ad una grotta buia e spaventosa. Dissero che dentro c’era un cerbero verde
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che sputava fuoco e che li mangiava quando loro cercavano di ucciderlo.
Dissero che forse avrebbe potuto sconfiggerlo e che sul fondo dei grotta c’era
il passaggio per la foresta dei Pappagalli Blu.
Così Chris si fece coraggio ed entrò nella grotta. Improvvisamente saltò fuori
dal buio il cerbero tanto temuto con le sue zanne aguzze e i suoi artigli
taglienti. Una enorme bestia spaventosa a quattro zampe, un terribile
mangiaelfi creato da Rulphus per non riuscire a mettere in comunicazione la
terra degli Elfi con quella dei Pappagalli blu. Subito scagliò addosso a Chris
una fiammata, che per qualche centimetro non lo colpì. La bestia feroce si
lanciò all’attacco. Chris sapeva che aveva possanza di corpo, ma non
intelligenza. Così agì d’astuzia. Con balzo al di là di ogni forza, riuscì a
conficcargli la spada in un’ala. Il cerbero guaì di dolore e Chris sfruttò questo
momento di debolezza. Batté la spada contro lo scudo di ferro per produrre
un rumore sordo e prolungato tale da tramortirlo. Intontito, l’animale era
vulnerabile e Chris in una frazione di secondo ne approfittò per staccargli la
testa con un poderoso colpo di spada, appreso nei numerosi lavori pesanti,
svolti presso il villaggio dei Trock.
Corse poi in fondo alla grotta e si ritrovò nella foresta dei Pappagalli Blu.
Entrò e camminò a lungo. Ebbe subito la consapevolezza di essersi perso in
quell’intricata selva.
(Davide B., Marco, Ovidiu)
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Capitolo sei
Nari
All’improvviso uno stormo immenso di Pappagalli Blu riempirono il cielo e
cominciarono a volargli intorno. Da quel groviglio intricato scese a terra la
loro regina. Era di sembianze umane, ma con ali adatte al volo. Il suo abito
era costituito da piume multicolori, di cui una di forma allungata le adornava
il capo.
Era la creatura più bella che Chris avesse mai visto. Per lui fu amore a prima
vista.
“Tu non fai parte del mio popolo”, gli disse in tono soave. “Cosa cerchi
straniero?”. Chris le spiegò la sua missione. Anche il popolo dei Pappagalli
Blu temeva gli esiti nefasti dell’eccessivo potere degli Sgorbi. Quella nazione
oscura avrebbe ucciso la loro vivace stirpe dai colori unici e probabilmente li
avrebbe resi schiavi. Già molti Sgorbi li cacciavano per la loro carne tenera e
prelibata.
Nari, così si chiamava la regina, invitò Chris a riposarsi presso le loro
abitazioni, giganteschi nidi sugli alberi della loro foresta.
I giorni passavano e Nari e Chris impararono a conoscersi, ad apprezzarsi e a
consolarsi a vicenda. Si sentivano come gli unici in grado di risolvere la
situazione. Nari promise il suo aiuto e tutto l’appoggio possibile alla
missione.
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Sebbene Chris fosse un ragazzo timido e riservato, a volte chiuso in sé stesso,
trovò il coraggio di confessarle che il suo amore per lei rappresentava più di
ogni altra cosa. La voglia di non partire era grande, ma la promessa fatta ai
Trock e a se stesso lo vincolava alla partenza.
Recuperate così le forze, arrivò il giorno della dipartita di Chris. A Nari si
spezzò il cuore, anche lei nutriva sentimenti profondi: capiva di doverlo
lasciar andare, ma temeva di perderlo. Tra loro intercorse uno sguardo, una
promessa: se fossero usciti vivi da quella missione, si sarebbero ritrovati per
non lasciarsi mai più.
I Pappagalli Blu con il loro colore dipinsero un percorso tra gli alberi, che
indicava a Chris la via d’uscita da quel labirinto. Seguì la scia e in un
battibaleno uscì fuori dalla foresta.
(La classe 2B)
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Capitolo sette
La guerra
Prima di lasciare quell’intricato garbuglio di alberi, Chris notò un fiume nero
e sporco. Pensò subito che fosse stato Rulphus, con la sua magia oscura, a
rendere l’acqua in quello stato. Corse lungo il fiume, fino ad una gigantesca
spaccatura del terreno, grande almeno tre braccia.
Ed ecco dall’altra parte scorse gli Sgorbi, che scappavano verso la cascata di
Rulphus. Fu allora che ebbe un’idea: vicino alla foresta dei Pappagalli Blu, vi
era il regno delle Mucche Volanti Viola.
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Così ritornò indietro. Andò loro vicino e con molta calma, salì in groppa ad
una mucca. Completamente viola, con le ali che partivano dall’addome
prominente e si spalancavano con una apertura alare di un paio di braccia: la
mucca volante era l’animale più grosso di tutti gli otto regni. All’inizio si
ribellò, ma Chris la convinse della bontà della sua missione e iniziò a volare
nel cielo. Le Mucche Volanti Viola non si lasciavano catturare dagli Sgorbi,
perché sfuggivano loro volando, ma questi ne rubavano spesso il cibo e
insozzavano i loro prati.
Superata dall’alto la spaccatura, atterrò dall’altra parte.
Dopo insidie e pericoli, eccolo arrivato finalmente alla selva nera: il luogo
degli Sgorbi e del loro capo Rulphus!
Mentre si dirigeva verso loro, cercando di non farsi scoprire, si domandavano
se ce l'avrebbe mai fatta.
Stranamente non c’era nessuna minima ombra di Sgorbi.
Chris si sentì sollevato, ma al contempo preoccupato.
Si aspettava imboscate, sorprese sgradevoli, trappole e tranelli.
Era un posto oscuro, maleodorante e soprattutto immenso.
Ad un certo punto si ritrovò circondato da Sgorbi: erano strisciati di
soppiatto, muovendosi nel più assoluto silenzio. Attaccavano così:
accerchiando la preda e ghermendola quando meno se lo aspettava.
Chris partì subito all’attacco con la sua spada, cercò di fare il possibile, ma di
Sgorbi ne apparivano all’infinito, senza dargli tregua.
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Si ricordò che quel popolo malefico temeva la luce e accese la sua torcia, così
grazie alla fiamma, alla sua forza e astuzia, spadata dopo spadata eliminò un
gran numero di Sgorbi. I restanti si diedero alla fuga.
Ma ad un tratto comparve dal nulla Rulphus.
“Ti sconfiggerò maledetto!”
Disse Chris deciso.
Rulphus rispose brioso: “Togliti dalla mia strada, sporco Trock! Anzi tu non
sei nemmeno parte della tua stirpe, sei solo e senza aiutanti, vorresti sfidare
me e il mio popolo?! Se tu speri di riuscire a battermi, sei un illuso. Preparati
a combattere!"
Era il momento di affrontare la vera guerra, quella che ancora non era
iniziata.
Un gruppo di Sgorbi aveva oltrepassato le montagne che dividevano il loro
regno da quello delle Mucche Volanti Viola, uccidendo le povere creature con
una viscida sostanza, proveniente dalla cascata di Rulphus mischiata a magia
oscura, lanciata con le loro mani prensili.
Ma questo fu l’inizio della controffensiva: le poche mucche riuscite a
scappare, presero il volo e si recarono nei vari regni a chiedere aiuto.
Il miracolo riuscì: in breve tempo tutti i popoli si riunirono sotto il richiamo
delle Mucche Volanti, con a capo Nari che stava giungendo in soccorso di
Chris.
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Il perfido Rulphus stava studiando, con uno sguardo fulminante denso di
rabbia, Chris, il giovane predestinato. Erano anni che tentava di eliminarlo
senza riuscirvi.
Ora era in attesa.
Chris percepiva l’odore acido della morte. Così più agguerrito di prima,
iniziò ad avanzare, uccidendo uno Sgorbio dopo l’altro, procedendo sempre
più avanti con la torcia in mano.
Ormai Rulphus era vicino, ne percepiva l’essenza. Spaventato impugnò più
saldamente la spada e prese velocità.
Il momento era giunto: Chris e Rulphus ora si sfidavano uno di fronte l’altro.
Rulphus afferrò il suo bastone, intrecciato con il magico pennello, pronto a
sferrare il colpo finale. L’obiettivo di Chris era distruggerlo.
Sulla cima del nuovo scettro di Rulphus vi era incastonata una sfera di
cristallo nero, creata dal mago stesso, in cui era racchiusa tutta la vita degli
Sgorbi. Chris la scorse e una luce di speranza gli illuminò il viso: doveva
distruggerla, anche a costo della propria vita, doveva rompere quell’arnese
infernale. Ma per farlo prima doveva uccidere Rulphus, che proteggeva la
pietra e con lei il suo popolo, e portarlo in un luogo dove la luce si sarebbe
manifestata al massimo della potenza.
La loro stessa vita dipendeva da quel bastone.
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Ognuno dei contendenti era convinto della vittoria.
Sgorbi e Trock intanto stavano combattendo, sperando nella distruzione
dell’altro.
Chris doveva riprendere il pennello prima che Rulphus si decidesse ad
usarlo. Lo scontro avvenne: si partì subito all’attacco.
Il ragazzo, all’inizio sprovveduto, ritrovò tutto il suo coraggio e la sua forza e
si gettò contro Rulphus senza paura. Il terribile mago non immaginava che il
giovane giocasse all’attacco, né pensava potesse possedere tale energia e
audacia. Colto di sorpresa lasciò cadere il malefico scettro. L’urto fece
separare il bastone dal pennello. Un Trock lo raccolse e lo gettò a Chris che lo
utilizzò per combattere.
Rulphus riuscì a recuperare la sua arma: ora la lotta era bastone contro
pennello.
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Ma il potere del pennello era innegabilmente più forte e nello scontro il
generò una luce talmente grande che la sfera di cristallo nera si sciolse e si
ruppe.
Immediatamente tutti gli Sgorbi si dissolsero come neve al sole.
Rimasto solo, senza il suo popolo, Rulphus tentò un ennesimo attacco, ma
nulla poté contro la luce del pennello. Indebolito dal bagliore accecante e
dalla sua potente energia, cadde a terra. Le troppe magie oscure realizzate nel
corso dei secoli, alla fine lo avevano tenuto in vita, ma anche sfibrato poiché
ogni volta ne assorbivano una parte della sua essenza. Così il suo corpo si
squagliò in una pozza di liquido scuro. Unica testimonianza della sua anima
nera. La felicità dei Trock esplose indescrivibile. E si festeggio finché la notte
non lasciò spazio all’alba con danze, balli buffi, bevande mielate e pietanze
prelibate. Il pennello magico era ritornato al suo posto e ora regnava la tanto
desiderata pace.
(Martina, Federica)
Epilogo
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Le nozze
Il ritorno alla normalità aveva dell’incredibile: sembrava impossibile per i
popoli dei sette regni non doversi più preoccupare della oscura presenza
degli Sgorbi.
Il ritorno a casa fu per tutti un momento felice, un tempo in cui rallegrarsi,
ma anche riflettere. Avevano vinto perché uniti, nelle avversità avevano
trovato la forza di superare le barriere per far fronte comune contro il nemico
da sconfiggere.
Chris non aveva dimenticato la dolce Nari dal vestito di piume né Nari aveva
dimenticato il giovane coraggioso ragazzo che le aveva fatto battere il cuore.
Il loro incontro fu perciò pieno di gioia e calore.
Si stabilì di celebrare il matrimonio la prossima primavera.
Così Chris dovette attendere mesi prima di riabbracciare Nari: nella
tradizione dei Trock, non è permesso vedere la propria futura moglie prima
del matrimonio. Ma era possibile scriversi, così molte lettere si susseguirono
tra i due regni e alcuni Pappagalli Blu furono ingaggiati come postini.
Quando arrivò il giorno del tanto sospirato matrimonio, attorno all’altare
posto in mezzo alla foresta, accanto a Chris si posizionarono i suoi genitori
adottivi, due allegri Trock in lacrime e i cinque testimoni (è usanza dei Trock
avere cinque testimoni per aiutare, difendere, incoraggiare, confortare e
sostenere lo sposo).
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Nari arrivò in volo accompagnata dal suo popolo. La sua luce e i suoi colori
rischiaravano la foresta.
Si venne a porre vicino a Chris e il rito ebbe inizio.
Sulla testa di Nara fu posta una coroncina di margherite simbolo di purezza e
in mano portava un mazzo di gladioli, segno di una bellezza tutta da
scoprire.
Negli anni questa unione portò alla fusione del regno dei Trock con quello
dei Pappagalli Blu. La nascita di tre figli (Margherita, Azzurra, Lupo) fu fonte
di ulteriore gioia.
La felicità era tornata a prevalere nei sette regni, ma nessuno dimenticò mai
che era stata conquistata a caro prezzo.
(Gaia e Ilaria)
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