Financial Times - Filtea

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Financial Times - Filtea
Dipartimento Internazionale
RASSEGNA STAMPA
INTERNAZIONALE
23 - 27 marzo 2009
A cura di Maria Teresa Polico
DIPARTIMENTO INTERNAZIONALE CGIL
RASSEGNA STAMPA INTERNAZIONALE
23 - 27 marzo 2009
INDICE
ARGOMENTO
Unione europea
TESTATA
Germania
I sindacati tedeschi trovano nuovi alleati nella crisi
La coalizione tedesca litiga sull’Opel, forse inevitabilmente
International Herald Tribune
International Herald Tribune
Irlanda
L’ICTU rimanda lo sciopero nazionale
Reé News
Economia internazionale
Non poi tanto libero commercio
Financial Times
Asia
Gli incentivi alla vendita interna non sono una soluzione di lungo termine
Financial Times
Medio e Vicino Oriente
Il leader del commercio: dobbiamo creare più posti di lavoro per i
palestinesi
The Jerusalem Post
Stati Uniti
La strada non presa
The Economist
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International Herald Tribune
25/03/09
I sindacati tedeschi trovano nuovi alleati nella crisi
Reuters
Di Kerstin Gehmlich
Anna ha lavorato per il conglomerato tedesco Siemens AG per oltre 20 anni e non ha mai visto il
bisogno di aderire a un sindacato, fino ad oggi.
Dopo che la società l’ha spinta ad andare in pensione anticipata volontariamente, Anna si è iscritta
all’IG Metall, il più grande sindacato tedesco, e non era la sola.
A 40 anni è una degli oltre 2.000 lavoratori a Berlino che hanno aderito al sindacato
metalmeccanico nell’ultimo anno, dando alla categoria locale l’aumento degli iscritti dalla
riunificazione tedesca quasi 20 anni fa.
“Vorrei avere qualcuno forte che mi sostiene in questi tempi”, ha affermato, rifiutando di dare il
nome per preservare l’anonimato dato dal sindacato.
“Accettare (pensionamento anticipato) significa che sarò una disoccupata a partire da maggio. Non
voglio questo. Dove troverò un nuovo posto di lavoro in questa crisi?”.
In Europa, i sindacati – la cui forza nella contrattazione collettiva è stata indebolita dalla
disponibilità del lavoro poco costoso nei mercati emergenti – stanno riguadagnando influenza nella
crisi, radunando grandi folle per invitare i governi a tutelare i lavoratori.
Dalla Francia alla Grecia, dal Portogallo alla Gran Bretagna, i sindacati hanno organizzato raduni
per protestare contro le politiche del governo, e chiedono più tutela dei posti di lavoro, o di aiutare i
poveri.
In Germania, poche proteste sindacali sono state dirette fino ad oggi contro il governo. La crisi ha
invece spinto i politici e i datori di lavoro in un’inusuale alleanza con i gruppi lobbisti.
Dopo anni di declino, i due più grandi sindacati tedeschi, IG Metall e il sindacato dei servizi Verdi
hanno visto i loro iscritti tenere duro lo scorso anno rispettivamente a 2 milioni e 300 mila e 2
milioni e 200 mila.
“I nuovi iscritti ci dicono di essere preoccupati per l’intera situazione economica”, ha affermato
Klaus Abel della categoria di Berlino dell’IG Metall. “Molti vogliono affrontare questioni più vaste
collegate alla crisi, ad esempio come regolare il capitalismo”.
La sfida per i sindacati tedeschi nei prossimi anni futuri sarà far durare il recente aumento degli
iscritti e tradurre i successi in risultati concreti nei negoziati sui salari – una missione difficile contro
lo sfondo della crisi economica globale.
ALLEATI IMPROBABILI
L’influenza politica dei sindacati è stata sostenuta dal nuovo sostegno proveniente dai principali
partiti e attraverso le alleanze con datori di lavoro precedentemente guardinghi verso il sindacato,
che si stanno schierando con i gruppi lobbisti nel loro impegno condiviso di aiuto statale nella crisi.
Nella casa produttrice dell’Opel, la direzione e i sindacati hanno unito le forze per chiedere al
governo un aiuto per l’unità della General Motors in lotta.
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La vedova miliardaria Maria-Elisabeth Schaeffler ha fatto un raduno unitamente ai sindacati nella
sua casa di famiglia, chiedendo allo stato di aiutare il suo gruppo, che è pesantemente indebitato
dopo aver acquistato il controllo di parti auto della Continental.
Schaeffler, che da tempo ha respinto gli inviti a dare maggiore importanza al lavoratore nel gruppo
che occupa 220.000 lavoratori, ha invertito il corso e ha concluso un accordo con l’IG Metall lo
scorso mese.
“Si tratta di una mossa tattica”, ha affermato Heiner Dribbusch, ricercatore senior presso l’Istituto di
Economia e di Ricerca Sociale.
“Le società come Schaeffler, che non erano particolarmente favorevoli ai sindacati prima della crisi,
ora scoprono i benefici di un buon partenariato con i sindacati…Ma è ancora aperto se questo
diventerà un orientamento”.
Alcuni politici, ad eccezione forse del partito di opposizione a favore dell’impresa, FDP, sono
anch’essi trascinati nella lite.
“Tutti i partiti, ad eccezione dei Democratici Liberi stanno facendo uno sforzo per avvicinarsi ai
sindacati”, afferma Dribbusch.
Sei mesi prima delle elezioni generali, i politici della grande coalizione tedesca dei Social
Democratici (SPD) e i conservatori del cancelliere Angela Merkel, sembravano aver già
abbracciato alcune idee sindacali ed essersi avvicinati a loro.
Lo sfidante del SPD della Merkel, il ministro degli esteri Frank-Walter Steinmeier, si è rivolto lo
scorso mese ai lavoratori dell’Opel, chiarendo che era dalla loro parte.
“Non siete stati voi a causare questa confusione”, ha affermato. “Avete preparato l’Opel per il
futuro. Il personale e la direzione ha fatto questo. Voi avete provato che cosa possono ottenere
sindacati forti e comitati aziendali forti”.
Hagen Lesch dell’istituto economico ha affermato che i sindacati avevano tratto beneficio dalle
recenti decisioni del governo: “L’opinione pubblica osserva che il governo si sta occupando delle
richieste sindacali e questo rinforza la percezione della competenza dei sindacati”.
RISCHI
Ma la crisi non è senza rischi per i sindacati, come mostrano gli esempi dai vicini tedeschi.
Con le società che iniziano a tagliare i posti di lavoro, il più grande sindacato spagnolo, le CC.OO,
hanno affermato che alcuni iscritti hanno fermato il pagamento delle quote sindacali.
In Francia e in Italia, le divisioni latenti tra i movimenti sindacali sulle strategie riguardo la crisi
rischiano di aggravarsi.
Con l’opposizione politica di centro sinistra divisa in Italia, la confederazione sindacale più grande
e più militante, la CGIL, è diventata la principale attenzione dell’opposizione del paese al governo
e ha accusato i sindacati moderati della CISL e della UIL di essere “filo-governativi”.
In Francia, il piccolo sindacato radicale Sud ha raddoppiato il suo punteggio nelle elezioni dei
tribunali del lavoro di dicembre, sostenendo il suo potenziale per spingere i sindacati più grandi a
diventare più radicali.
L’esperto sindacale Lesch ha affermato che la principale sfida dei sindacati tedeschi è stata fare
che l’attuale ripresa del tesseramento continui.
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“Per avere un impatto sostenuto sulla politica salariale, i sindacati hanno bisogno di maggiori
iscritti. E’ importante per i sindacati raggiungere nuovi settori”, ha affermato, aggiungendo che i
sindacati dovrebbero cercare di reclutare coloro più duramente colpiti dalla crisi – come i lavoratori
a termine.
(Ulteriori informazioni di Gavin Jopnesda Roma e Andrew Hay da Madrid; redazione di Louise
Ireland e Sara Ledwith)
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International Herald Tribune
22/03/09
La coalizione tedesca litiga sull’Opel, forse inevitabilmente.
Di Judy Dempsey
Berlino. In una delle peggiori liti della coalizione fino ad oggi, i democratici cristiani del cancelliere
Angela Merkel, si stanno scontrando con i loro partner social democratici riguardo il fatto se il
governo debba farsi carico di un pacchetto azionario nella casa automobilistica in difficoltà, l’Opel,
che dà lavoro a 25.000 persone in Germania.
I funzionari delle due parti dicono che il contrasto riguardo al futuro della filiale europea della
General Motors è diventato il gambetto d’apertura di una campagna elettorale federale, nella quale
i candidati cercheranno di definire chi potrà meglio affrontare la crisi economica. Le elezioni
dovranno avere luogo a settembre.
L’Opel, situata a Russelcheim, vicino a Francoforte, rischia la bancarotta o persino la chiusura a
causa di immensi problemi affrontati dalla General Motors negli Stati Uniti.
La General Motors presenterà la prossima settimana piani di ristrutturazione all’amministrazione
del presidente Obama, e si pensa che l’amministrazione decida quali misure prendere entro la fine
di questo mese che riguarderanno a loro volta l’Opel.
Ma gli analisti dicono che i partners della coalizione, invece di fare quadrato attorno al futuro
dell’Opel, la stanno utilizzando per vantaggi elettorali. Le due parti ammettono che il mantenimento
di qualsiasi unità interna a quella che è sempre stata una coalizione impacciata da quando si è
formata alla fine del 2005, non è più possibile.
Le differenze sono diventate così grandi, come mostra l’esempio dell’Opel, che entro la fine della
scorsa settimana le due parti non sono riuscite neanche a mettersi d'accordo sull’agenda dell’
l’incontro settimanale.
Il contrasto sull’Opel si è inasprito durante il fine settimana quando il ministro del lavoro Olaf
Scholz, social democratico, ha affermato domenica che è responsabilità dello stato salvare l’Opel.
L’Opel dà lavoro ad oltre 50.000 persone in Europa.
“Non ho paura di un’azione dello stato nell’Opel”, ha affermato Scholz in un’intervista con il
quotidiano a larga diffusione Bild am Sonntag. “Lasciare morire l’Opel sarebbe più che un errore.
Sarebbe un imperdonabile fallimento del governo”.
Ma Volker Kauder, leader parlamentare del blocco conservatore della Merkel, ha avvisato che il
governo non è pronto a fare eccezioni alle società che affrontano seri problemi economici.
“Ci dovrebbero essere le stesse regole per ogni società”, ha affermato Kauder a Leipziger
Volkszeitung. “Non ci dovrebbero essere speciali condizioni per nessuno. Non c’è dubbio che lo
stato vi entri direttamente”.
Ma il governo ha minacciato di assumere il controllo della bancarotta della banca Hypo Real Estate,
spiegando che il suo fallimento causerebbe ulteriori bancarotte nel settore finanziario. Kauder ha
affermato che il governo sta ancora aspettando un “salvataggio convincente” della General Motors.
“Senza nuovi investitori e senza un sostegno della sua stessa banca, l’Opel non può sperare in un
aiuto”, ha aggiunto.
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Karl-Theodor zu Guttemberg, ministro conservatore dell’economia, ha affermato che lo stato non
sarebbe in grado di valutare l’assunzione del controllo dell’Opel perché è così intrecciata con la
General Motors. In primo luogo, non esiste la garanzia che qualsiasi aiuto statale non finisca nelle
sedi della General Motors a Detroit, ha affermato. Secondo, la General Motors aveva fissato i diritti
di brevetto per le sue divisioni contro qualsiasi possibile piano di salvataggio da parte
dell’amministrazione Barack, rendendo, secondo il ministro tedesco dell’economia, persino più
difficile separare l’Opel dalla General Motors.
Per svariate settimane, i social democratici hanno intensificato i loro tentativi di allontanarsi dal
blocco della Merkel e di fissare la loro identità mentre si avvicinano le elezioni. I membri più anziani
del partito, mentre cercano di sollecitare il sostegno dei sindacati riguardo alla posizione sull’Opel,
hanno anche iniziato ad interrogarsi pubblicamente sulla dirigenza della Merkel e sulla sua
gestione della crisi economica.
Includonmo il ministro delle finanze Peer Steinbruck, che fino ad oggi si era astenuto dal criticare il
cancelleire e aveva lavorato strettamente sulla crisi economica con lei; il ministro degli esteri
Frank-Walter Steinmeier, che correrà contro la Merkel per il cancelliere; e Peter Struck, leader
parlamentare dei social democratici.
Tutti e tre hanno rilasciato interviste la scorsa settimana alle agenzie stampa nelle quali erano
fortemente critici della Merkel. Nel frattempo, la dirigenza cristiano democratica, che è stata
pubblicamente critica verso il cancelliere, si è stretta dietro di lei mentre i sociali democratici
iniziano la loro campagna elettorale.
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Financial Times
24/03/09
Non poi tanto libero commercio
Di Chris Cook
Sono stati fatti paragoni tra gli aspetti dell’attuale crisi e gli errori della Grande Depressione nei
recenti mesi. La politica fiscale ha confidato molto sul pensiero dell’economista John Maynard
keynes e dell’industriale Andrew Mellon, mentre la politica monetaria è ricorsa alle analisi di Milton
Friedman e Anna Jacobson Schwartz nel loro libro del 1963, A Monetary History of the United
States. Ma coloro che sono apparsi i più grandi nel dibattito sull’economia mondiale sono Willis C.
Hawley e il senatore Reed Smoot.
Questi due legislatori americani erano gli sponsor del protezionismo al congresso – lo SmootHawley Tariff Act del 1930. Questa legge ha cercato di obbligare gli americani ad esaurire la
debole capacità dell’economia nazionale aumentando il prezzo delle importazioni. Piuttosto
prevedibile, ha aggravato la depressione americana e spinto il mondo in una spirale protezionista.
Altri paesi hanno reagito erigendo barriere alle frontiere e il clima economico è peggiorato.
I parallelismi con l’attuale rallentamento sono chiari: allora, come oggi, gli economisti erano
ampiamente uniti a favore del libero commercio; allora, come oggi, l’umore popolare stava
reagendo contro il libero mercato. Persino Alan Greenspan, l’ex presidente della Federal Reseve e
sostenitore di una lieve regolamentazione, sta ora chiedendo una nazionalizzazione delle banche.
Il ciclo dei negoziati di Doha si è bloccato. Le critiche relazioni bilaterali tra gli Stati Uniti e la Cina
sono state danneggiate dalle critiche americane, soprattutto riguardo la manipolazione della valuta.
Ci sono, inoltre, preoccupazioni riguardo sussidi nascosti e deboli protezioni del lavoro e
ambientali. L’Unione europea ha utilizzato costantemente i suoi poteri “anti dumping” – le tasse
imposte sulle importazioni sembrano essere ingiustamente basse – come lotta contro Washington
e Pechino.
Allo stesso tempo, la politica ha avuto occasionalmente un tono mercantilista. I pacchetti di
inventivi fiscali hanno incontrato maggiore resistenza in Germania rispetto alle altre economie dei
paesi avanzati perché il governo teme di essere rimbalzato nel salvataggio dei suoi partners
commerciali. Le condizioni “Compra Americano” negli incentivi fiscali americani sono destinate a
limitare l’ammontare della domanda che perderebbe all’estero.
Nelle economie di mercato dei paesi emergenti, ci sono stati un mucchio di divieti all’esportazione
di prodotti alimentari. Lo scorso anno, la Russia, il Kazakhistan, l’Indonesia, la Cambogia, il Brasile,
l’India, la Cina l’Egitto, la Tanzania, il kenya e molti paesi dell’Africa sub sahariana hanno ristretto
le esportazioni di prodotti alimentari. Grande parte delle tasse sanitarie ora dipendono per il 35%
dal dazio sui semi di soia.
Sebbene la rapida liberalizzazione dei recenti anni giungerà indubbiamente ad una fase di stallo, le
brusche barriere alle frontiere non sono probabilmente le armi scelte dai moderni protezionisti.
Nonostante le noiose minacce, esiste una leggera consapevolezza che questo sia un preludio ad
un ciclo di seri aumenti delle tariffe.
Sebbene molte economie dei paesi dei mercati emergenti abbiano dato spazio all’aumento di
tariffe mentre stanno all’interno dei limiti fissati dall’Organizzazione Mondiale del Commercio, pochi
lo vorranno, e l’innalzamento delle barriere occhio per occhio che ebbe luogo negli anni ’30 è
improbabile che si ripeta. La maggior parte dei paesi emergenti sarà poco incline a disperdere le
sue prospettive come stato membro dell’Unione europea in questo modo.
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Le economie dell’Asia sudorientale confidano largamente sul fatto di far parte di lunghe e
complesse catene logistiche. Lo stesso pezzo di tecnologia potrebbe passare in decine di paesi
prima di raggiungere i consumatori. Nessun paese in questa catena desidera aumentare le tariffe,
dal momento che l’aumento del prezzo delle importazioni aumenterebbe semplicemente il prezzo
delle loro esportazioni e quindi minaccerebbe il loro reddito.
Secondo Razze Sally e Fredrik Erixon del Centro europeo per la Politica Economica Internazionale,
un centro di ricerca con sede a Bruxelles, gli anni ’70 rappresentano un precedente storico più
appropriato che mostra i pericoli per il commercio derivanti dalla crisi. Dopo il crollo dell’oro e del
petrolio, le tariffe doganali rimasero basse, ma aumentarono altri ostacoli per il libero commercio.
La Francia notoriamente ha insistito sul fatto che i video cassette giapponesi siano entrate nel
paese attraverso Poitiers – a 90 miglia dal più vicino porto. I sussidi erano profusi in lungo e largo
mentre le industrie cercavano la protezione dalla concorrenza straniera. Gli interventi con effetti
distorcenti sul commercio hanno prolungato la stagnazione.
Sally e Erixon hanno sicuramente ragione. Invece, è impressionante come alcune società che
hanno imparato come tirare l’acqua dal pozzo pubblico in quel periodo, siano, ancora una volta, in
attesa del sostegno statale. La Chrysler e la Renault – veterani cacciatori di sussidi – sono ritornati
all’aiuto pubblico.
Gran parte del nuovo protezionismo di oggi sta emergendo come una risposta alla crisi finanziaria.
Fingendo di aiutare le grandi imprese a far fronte i mercati creditizi, i governi nei paesi in via di
sviluppo stanno sovvenzionando alcune società – in particolare nel settore auto. Le case
automobilistiche avranno una capacità a livello mondiale sproporzionata e i posti di lavoro in
qualche modo si perderanno. Ma, mentre la domanda crolla, i governi le stanno sostenendo per
essere certi che qualunque sia il rafforzamento, questo avvenga altrove.
Nicolas Sarkozy, presidente francese, è stato più sfrontato che mai. Ha apertamente suggerito che
le case automobilistiche del paese avrebbero dovuto ridurre la loro forza lavoro nell’Europa
orientale. Quando accettò un pacchetto di prestiti per la Renault e la Peugeot-Citroen, ricevette
l’impegno da parte delle industrie che non ci sarebbero stati esuberi in Francia per due anni.
Questo tipo di approccio è particolarmente doloroso per le economie dei paesi emergenti, che
sono condannate a perdere nella corsa ai sussidi. Diversamente dalle economie occidentali. La
maggior parte delle economie dei paesi emergenti può fare poco per sostenere le loro industrie. Il
prestito è molto più difficile per i governi che hanno un classamento creditizio più debole –
specialmente quando queste sono recentemente peggiorate ulteriormente. L’agenzia di
classamento creditizio, Fitch, ha screditato la Bulgaria, l’Ungheria, il Kazakhstan e la Romania a
novembre.
Ma persino i più forti incontreranno delle difficoltà quando crescerà l’emissione di titoli delle più forti
economie sviluppate: i titoli dei mercati emergenti potrebbero essere molto meno attraenti in
paragone. Le necessità fiscali potrebbero scoraggiare le economie dei mercati emergenti dal
perseguire schemi che prevedono sussidi sconsiderati.
Un altro fronte in favore del protezionismo apertosi di recente che colpirà i mercati emergenti è la
ristrutturazione delle banche mondiali.
Ad ottobre, mentre i governi del mondo sviluppato contemplavano il crollo della Lehman Brothers,
la banca per l’investimento, i politici si impegnavano a non permettere che le grandi istituzioni
fossero inadempienti dei loro titoli.
Questo significa, giustamente, assumere un certo controllo gestionale, per essere sicuri che non si
possa abusare delle garanzie del governo e che si continui a fare prestiti nelle loro economie
nazionali.
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Di conseguenza, i ministri delle finanze stanno nervosamente assistendo a massicce perdite che
dovranno arrestare, e dovranno avere del tempo per sostenere gli impegni d’oltremare delle
banche. Si pensa che gli uomini d'affari rimpatrino il capitale, sotto la pressione dei loro azionisti
statali.
Per le economie dei paesi emergenti che hanno una vasta presenza di banche occidentali, questo
provocherà dei problemi. I mercati dell’Europa orientale dovrebbero essere trattati relativamente
bene perché sembra che ci sia una crescente comprensione tra i governi dell’Europa occidentale
che un crollo del sistema bancario sulla soglia di casa loro colpirebbe l’intero continente. Ma è
scarsa una preoccupazione simile riguardo al resto del mondo.
La fuga di capitali – o la paura che possano fuggire – potrebbe condurre le economie dei paesi
emergenti ad impostare, a reimpostare, o persino a rafforzare i controlli del capitale. Questo
consentirebbe le politiche economiche nazionali a concentrarsi su un’attività economica senza
doversi preoccupare del crollo della valuta. Le aree a rischio di crisi dei conti con l’estero
dovrebbero adottarli.
L’America del Sud è probabile che assisterà ad una limitazione alla fuga di capitali e Willem Buiter,
professore di economia alla London School of Economics ed ex membro della Bank of England
Monetary Policy Committee, ha previsto che “per lo meno alcune economie dei paesi emergenti
dell’Europa centrale ed orientale e il Commonwealth di Stati Indipendenti imporranno i controlli del
capitale per molto tempo”.
I governi dei mercati dei paesi emergenti, in alcuni casi, potrebbero inasprire le regole sulla
capitalizzazione delle istituzioni finanziarie locali. Ma i governi potrebbero persino utilizzare il
timore della fuga di capitali per insistere su misure più pesanti – e autorizzare condizioni a favore
di istituzioni straniere. Questo potrebbe iniziare nel settore finanziario, ma una volta radicato, si
diffonderà sicuramente.
Allo stesso tempo, la Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo ha registrato un
aumento di nuovi leggi che non sono favorevoli all’investimento diretto estero. Nel 1992, il 7.5% di
nuove leggi importanti vietò l’investimento diretto estero. Il numero è aumentato a un quarto.
Queste leggi tendono a concentrarsi sull’energia ma si stanno diffondendo anche ad altri settori. La
Cina, ad esempio, sta utilizzando entrambi i tipi di tariffe per proteggere alcuni campioni del settore
industriale, energetico e dei servizi.
Alcuni mercati dei paesi emergenti, naturalmente, sono più a rischio di altri. L’Europa occidentale è
più interessata all’Europa orientale di quanto non lo sia il mondo sviluppato verso i paesi emergenti
dell’Asia. Alcune industrie sono meno rischiose di altre. Come regola, una stretta partecipazione
nel sistema bancario o alimentare è pericoloso. Ma se i governi sono decisi a proteggere le loro
industrie nazionali, troveranno una strada. L’Indonesia, ad esempio, ha imposto una normativa che
dà la preferenza al cemento o alle acciaierie indonesiane a meno che non sia assegnato un prezzo
con il 15% in più di un offerta proveniente da un offerente straniero.
La spinta generale verso mercati aperti si è certamente fermata e questa crisi lascerà che le paure
continuino. Ciononostante, una corsa generale alla protezione sembra ancora improbabile.
Come dice Erixon: “Il nuovo protezionismo è meno preoccupante degli aumenti delle tariffe occhio
per occhio degli anni ’30, ma danneggiano gravemente il commercio. I governi dovranno spendere
dieci anni in negoziati sul commercio per liberarsi del protezionismo imposto durante la crisi”.
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Rté News
25/03/09
L’ICTU rimanda lo sciopero nazionale
Il Consiglio esecutivo del Congresso Irlandese dei Sindacati ha annunciato che sta per rinviare la
“giornata di azione” programmata per il prossimo lunedì.
La notizia giunge mentre i dirigenti sindacali hanno deciso di ritornare ai negoziati con il governo
sul pacchetto di misure per la ripresa dell’economia.
Il segretario generale dell’ICTU, David Begg, ha affermato che i sindacati vogliono che il governo si
impegni sui dieci punti del piano per la ripresa economica.
Begg ha riferito a RTE’ News at One che la misura per le pensioni nel servizio pubblico non è stato
il solo argomento trattato e che i sindacati vogliono discutere una serie di questioni che riguardano
le tutele dei lavoratori, i mutui, il welfare sociale e una giusta riorganizzazione del sistema fiscale.
I quattro sindacati degli insegnanti hanno votato per rimandare lo sciopero in seguito alla decisione
dell’ICTU.
INTO, ASTI,TUI e IFUT hanno tutti votato per rimandare lo sciopero programmato di una giornata.
Il ministro degli Affari Esteri, Micheal Martin, ha accolto la decisione di revocare la “giornata di
azione” e di riavviare i negoziati sul pacchetto di misure per la ripresa economica.
Martin, parlando a Drivetime della RTE’ ha affermato che il governo è ansioso di sviluppare
l’approccio societario collettivo verso quelle che ha definito le sfide più significative e più serie che
il paese sta affrontando.
L’azione di lunedì ha minacciato di creare seri disagi, in particolare al trasporto, alla sanità e ai
servizi scolastici.
Ma nei recenti anni, la campagna ha ricevuto un arresto significativo, quando gli iscritti di IMPACT,
il sindacato più grande del settore pubblico, non riuscirono a raggiungere la maggioranza richiesta
per sostenere l’azione.
La scorsa notte, il 40 – 60% dell’Associazione dei Dipendenti Pubblici ha votato contro la
partecipazione allo sciopero.
L’invito ai negoziati di Taoiseach Brian Cowen è stato accolto da entrambi i sindacati e
dall’organismo datoriale IBEC.
I sindacati hanno continuamente criticato la strategia del governo per contrastare la crisi
economica per aver colpito in modo sproporzionato la gente e i piccoli percettori di reddito.
Taoiseach Brian Cowen ha affermato che I datori di lavoro e I sindacati hanno fatto la cosa giusta
e che una giornata nazionale di azione avrebbe causato danni esterni.
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Financial Times
27/03/09
Gli incentivi al commercio interno non sono una soluzione di lungo
termine
Di Song Jung-a, John Reed e Bernard Simon
Ieri, la Corea del Sud ha annunciato che gli incentivi fiscali incoraggeranno i consumatori a
vendere le loro vecchie automobili – una misura che i governi nel mondo stanno valutando per
stimolare i mercati moribondi dell’auto.
Gli incentivi a vendere le vecchie automobili da rottamare hanno dato uno scossone alla domanda
in Germania, dove l’immatricolazione delle automobili è aumentata lo scorso mese del 21.5%.
Ma le critiche dicono che gli incentivi, sostenendo artificialmente la domanda, distorcono la
concorrenza e preparano la strada al crollo futuro delle vendite.
Negli Stati Uniti, il mercato auto più grande al mondo, gli sponsor della legge “in contanti-per-l’auto
vecchia” stanno cercando di forgiare un consenso tra i diversi interessi prima di prendere la misura
da votare al Congresso.
Ieri, il governo della Corea del Sud ha detto che ha programmato la riduzione delle tasse
sull’acquisto e sulla registrazione del 70% per i clienti che sostituiscono le automobili registrate
prima del 2000.
Gli incentivi fiscali si applicano a circa 5 milioni e mezzo di veicoli – un terzo circa del totale del
paese – e entreranno in vigore tra maggio e dicembre.
Il governo della Corea del Sud prevede anche di introdurre una liquidità finanziando le società ed
espandendo il sostegno alla ricerca e all’aumento di nuovi automobili.
La banca statale per lo sviluppo della Corea e altri investitori fisseranno un fondo di 1.000 miliardi
di won (750 milioni di dollari) per incoraggiare un consolidamento dei produttori di parti auto.
Le misure dicono che è la prima volta che Seul si è offerta di sostenere l’industria auto in difficoltà,
che dà lavoro al 6.7% di forza lavoro della Corea del Sud e conta oltre il 10% delle esportazioni.
La legge americana, introdotta la scorsa settimana da Betty Sutton, un rappresentante
democratico dell’OHIO, presenterà da 3.000 a 5.000 dollari di incentivi per la vendita di auto ad
alto consumo che hanno per lo meno otto anni contro una nuova automobile che consuma meno.
Saranno presentati anche vouchers per il trasporto pubblico.
La misura, nota come Legge di Assistenza al Consumatore per il Riciclo e il Risparmio, è
sostenuta dalla General Motors, dalla Ford Motor e dalla Chrysler, e dal sindacato dei Lavoratori
dell’Auto.
I produttori esteri e i loro rivenditori nutrono dei timori, soprattutto perché gli incentivi si
applicherebbero soltanto per l’acquisto di automobili costruire nel Nord America, incluso il Messico.
Così, la popolare Prius della Toyota, che è assemblata in Giappone, non si qualificherà, anche se
è tra le automobili a basso consumo sulla strada.
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Un portavoce di Sutton ha affermato che gli sponsor della legge miravano a presentarla ai comitati
per il trasporto, l’energia e il commercio della Camera dei rappresentanti entro le prossime
settimane.
In Europa, la Germania, la Francia, l’Italia, l’Austria, il Portogallo e la Spagna hanno tutti raschiato
incentivi da diverse parti.
Nel Regno Unito la Society of Motor and Traders sta spingendo il governo per introdurre 2.000
sterline per automobile.
La Renault questo mese ha aumentato la produzione della Twingo e della Clio in risposta agli
incentivi alla domanda racimolando bonus in Europa.
In Germania, che questa settimana ha deciso di estendere il suo programma, gli autisti ricevono
2.500 euro se vendono automobili di nove o più anni.
Alcuni produttori auto si sono uniti agli analisti dell’industria nel criticare gli incentivi.
I produttori di auto tedesche, Daimler e BMW, sostengono che dalle misure hanno tratto beneficio i
concorrenti come la Fiat, la Renault e l’Opel.
Christian Streiff, direttore generale della Peugeot Citroen francese, questo mese ha descritto i
bonus come uno “strumento pericoloso”, affermando di essere preoccupato dell’ “effetto contrario”
una volta finite le vendite.
Pete Kelly, esperto in previsioni economiche europee della JD Power and Associates, ha affermato:
“provocano un aumento di attività, ma non appena gli incentivi sono tolti, i numeri tornano alla
situazione precedente”.
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The Jerusalem Post
20/03/09
Il leader del commercio: dobbiamo creare più posti di lavoro
per i palestinesi
Di Brenda Gazzar
La cosa più importante che Israele può fare per sviluppare l’economia palestinese è
aiutare a creare posti di lavoro, ha affermato mercoledì il vice presidente della
Camera di Commercio israeliana
Folla di palestinesi che riceve aiuti alimentari al Centro di distribuzione delle Nazioni
Unite nel campo profughi di Shati a Gaza City
Netanyahu ha parl Arie Zeif, che ha tenuto una conferenza sulla questione ospitata dal
Centro israelo-palestinese per la Ricerca e l’Informazione a Gerusalemme, ha affermato
che il numero dei lavoratori palestinesi licenziati all’interno di Israele aumenterà e la
Camera di Commercio prevede di proporre al primo ministro designato Benjamin
Netanyahu che dovranno essere creati nuovi posti di lavoro e che dovranno essere
attenuate le limitazioni agli spostamenti.
Netanyahu ha parlato di un piano di pace economico che svilupperebbe l’economia
palestinese in modo che un giorno sarà maturo per un accordo permanente con Israele.
Netanyahu ha incontrato giovedì l’inviato del Quartetto, Tony Blair, per discutere di questo
e di altri temi.
“Se la gente lavorerà e avrà danaro, e se spenderà, il commercio migliorerà e l’intera
economia funzionerà bene”, ha affermato Zeif.
“Credo che aiuterà il processo di pace”, ha aggiunto. “Se ci sarà calma, se ci sarà
occupazione e un modo per guadagnarsi da vivere, ci sarà un contesto migliore per
dialogare. Sarà meno faticoso, e forse poi [sarà possibile] portare soluzione creative – ma
questo è un passo politico, e abbiamo bisogno che il governo faccia questo”.
Mentre ci sono stati periodi in cui oltre 100.000 lavoratori palestinesi provenienti dalla
Cisgiordania e dalla Striscia di Gaza avevano permessi per lavorare all’interno di Israele,
oggi ci sono circa 23.000 provenienti dalla Cisgiordania che hanno permessi per lavorare
all’interno del paese e altri 23.000 ai quali è permesso lavorare negli insediamenti, ha
affermato Zeif.
“Se il numero di coloro che lavorano all’interno di Israele dovrà aumentare del 50% nel
primo anno, ciò andrà molto bene”, ha affermato.
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Inoltre, la camera proporrà anche di cambiare il costoso “sistema di trasporto con camion
a catena” tra Israele e la Cisgiordania, in cui i prodotti sono trasferiti all’interno dei territori
palestinesi su camion palestinesi e all’interno di Israele con camion israeliani.
Forse una società di trasporto potrebbe essere utilizzata nei due territori per incoraggiare
a ridurre le barriere tra le due parti, sebbene le questioni relative alla sicurezza dovrebbero
essere affrontate.
Anche con la creazione di zone industriali, Israele potrebbe incoraggiare a sveltire il
trasferimento di merci nel porto di Ashdod e ad attenuare le restrizioni sugli uomini
d’affari e su altre risorse umane.
Molte proposte, però, saranno sottoposte a condizioni di sicurezza e alla situazione
politica del momento. Il nuovo governo avrà a che fare non solo con l’economia israeliana,
ma con l’economia della Cisgiordania, con l’economia della Striscia di Gaza controllata da
Hamas, e con un nuovo sistema economico che dovrà essere sviluppato tra i due territori
palestinesi.
Zeif è membro del partito del Likud, ma ha sottolineato di aver parlato soltanto come
rappresentante della Camera di Commercio.
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The Economist
19/03/09
La strada non presa
Una volta gli americani si spostavano dove c’erano i posti di lavoro. Ma ora i proprietari di
casa e le assicurazioni sanitarie congelano molti di loro sul posto.
Neely Whites ha acquistato una vecchia casa rovinata nel New Orleans e l’ha ristrutturata.
Sembrava veramente carina quando l’uragano Katrina la colpì. A seguito della tempesta, il
quartiere dove ha vissuto è diventato persino più rozzo di prima. Stanco degli assassinii commessi
sparando da un’auto in corsa, Whites si è spostato a Long Beach, nel Missisipi, e ha comprato una
casa lì nel settembre del 2006.
Non è stato il tempo migliore. Il mercato immobiliare è crollato subito. Dopo la fuga da una città
che era letteralmente sotto acqua, Whites ora è bloccata in una casa che si definisce tale in senso
figurativo. Gradirebbe avvicinarsi al suo nuovo lavoro come consulente finanziario, riducendo il
pendolarismo giornaliero di un’ora a un qualcosa di meno faticoso. Ma non può vendere casa sua.
Una casa identica alla sua è rimasta in vendita nel mercato per anni a 125.000 dollari e non ha
trovato acquirenti. Il mutuo della signora Whites è superiore a 160.000 dollari. A peggiorare le cose,
è il fatto che si trova nel mezzo di un divorzio. La mancata vendita della casa prolunga quel
processo doloroso.
La mobilità fa parte del sogno americano. Nel “The Grapes of Wrath”, quando la fattoria di Tom
Joad nell’Oklaoma fu riacquistata, mise la sua famiglia in un camion scoppiettante e partì per la
California. Le cose non andarono poi così bene per l’eroe John Steinbeck. Ma nel corso della
storia, gli americani hanno affrontato le crisi economiche rialzandosi e spostandosi. La loro mobilità
mina il mercato del lavoro americano flessibile e dinamico. Ora, la mobilità fa fronte a due minacce.
Uno è il blocco degli alloggi. I prezzi delle case sono crollati del 27% dal loro picco nel 2006. Da
dicembre dello scorso anno, un quinto di proprietari di case con mutui dovevano più del valore
delle loro case. Queste persone probabilmente sono soltanto la metà di coloro che si spostano tra
quelli che hanno casa, stima Joseph Gyouko e Fernado Ferreira della Wharton School of Business.
Alcuni non possono affatto vendere le loro case. Altri potrebbero, ma non vogliono assumersi una
grande perdita di un investimento che pensavano fosse sicuro come le case. In entrambi i casi,
sono bloccati. Se un buon posto di lavoro arriva in un’altra città, non possono prenderlo. Questo
effetto è in parte compensato dall’impatto della preclusione. Lo scorso mese soltanto 291.000 case
hanno ricevuto un avviso di preclusione. I nuovi sfrattati non sono solo soltanto liberi, ma sono
obbligati a spostarsi. Questo è un peccato, ma anche se si tratta di posti di lavoro che sono scarsi
quasi ovunque, la mobilità perlomeno aumenta le possibilità di trovarne uno.
Dieci anni fa, Andrew Oswald dell’università di Warwick in Gran Bretagna spiegò che l’uso
eccessivo della proprietà della casa uccide il lavoro. Ha osservato che, in Europa, i paesi con un
alto tasso di proprietà di case, come la Spagna, avevano tassi di disoccupazione più elevati di
quelli in cui gli affitti erano più alti, come la Svizzera. Ha scoperto che questo effetto era più forte
delle aliquote fiscali o del diritto del lavoro.
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Se ci sono poche case in affitto, ha sostenuto, i giovani disoccupati che vivono con i genitori
trovano difficile uscire e trovare lavoro. I lavoratori fissi si attaccano ai posti di lavoro verso i quali
sono mal disposti, il che è inefficiente: fa lievitare i prezzi, riduce redditi e rende alcuni lavori
antieconomici. Le aree con alte proprietà di case spesso hanno un forte ethos “non nel mio cortile”,
con i residenti che si oppongono al nuovo sviluppo. I proprietari di casa si spostano più lontano
degli affittuari, il che causa congestione e fa diventare il lavoro che richiede tempo più costoso per
tutti. Oswald ha esortato i governi a smettere di finanziare la casa di proprietà. Pochi hanno
ascoltato.
L’America finanzia più del necessario. Gli occupanti proprietari di solito non pagano la tassa sui
guadagni in conto capitale e possono detrarre gli interessi ipotecari dal loro reddito al netto delle
imposte di legge. Fannie Mae e Freddie Mac, due aziende sostenute dal governo, hanno sprecato
una fortuna nel promuovere la proprietà della casa tra coloro che hanno pochi crediti.
L’altra minaccia alla mobilità è l’assicurazione sanitaria. Una società può acquistare l’assicurazione
sanitaria per i propri dipendenti al lordo delle imposte; un individuo può acquistarla soltanto al netto
delle imposte. Quindi, anche se un cospicuo aumento dei premi sta portando molte aziende ad
abbandonare o a limitare la copertura, la maggior parte degli americani ottiene ancora la loro
assicurazione sanitaria dai loro posti di lavoro.
Questo rende difficile per chiunque con un figlio malato chiudere ed avviare una nuova impresa. Si
rende, inoltre, più difficile passare ad altri posti di lavoro, nonostante una legge che aiuta i
lavoratori a restare nei piani dell’azienda per 18 mesi dopo il loro congedo. Scott Adams
dell’università del Wisconsin-Milwaukee ha scoperto che gli uomini sposati senza fonte alternativa
di assicurazione avevano il 22% in meno di probabilità di passare ad altri posti di lavoro rispetto a
quelli che, ad esempio, potevano avere la copertura dal datore di lavoro della loro moglie.
L’assistenza sanitaria abbinata a un posto di lavoro può legare le persone a un posto di lavoro che
odiano. Gerry Stover, che ora gestisce un gruppo di medici nella Virginia occidentale, ricorda il
momento in cui la moglie era incinta e lui non poteva avere l’assicurazione sanitaria in una società
privata. E’ diventato una guardia carceraria. Come dipendente pubblico, la sua famiglia era coperta
dall’assistenza sanitaria. Ma il lavoro non è stato soddisfacente e non ha fatto buon uso dei suoi
talenti. “Hai una radio e sei messo in una stanza con 70 criminali”. “Se ti mettono le mani al collo,
premere il pulsante [panico]”, spiega. Alcune persone rimangono persino in matrimonio non riusciti
perché hanno bisogno dell’assistenza sanitaria del loro coniuge. Come Alain Enthoven della
Stanford University, ammette, questo dà un nuovo significato alla parole “matrimonio”.
La recessione sembra aver rallentato la migrazione interna. Solo l’11,9% degli americani ha
cambiato casa tra il 2007 e il 2008 – il ritmo più lento dagli anni ’40. Ma nessuno è stato
immobilizzato. Il servizio postale incoraggia i dipendenti a spostarsi acquistando le loro case e
vendendole in perdita. Un dirigente delle poste della Caroline del Sud ha recentemente venduto al
suo datore di lavoro per 1 milione e 200 mila dollari. “Non c’è da meravigliarsi se i francobolli
costano così tanto”, si lamenta un blogger.
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