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NOVEMBRE 2009 (RI)FACCIAMO SCUOLA Tavola rotonda con Azione Cattolica, Azione Studentesca e UDS ANTEPRIMA "Marpiccolo", il nostro Marcantonio al Festival di Roma ESCLUSIVA ISSN 2035-701X Intervista al batterista dei Deep Purple, Ian Paice “Poste Italiane. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1, DCB Torino n° 8 Anno 2009”- € 1,20 RUBRICHE IL MURO CHE DIVIDEVA 38 DUE MONDI La caduta del muro di Berlino negli scatti dei grandi fotografi BACKSTAGE IERI ACCADRA' SEGNALIBRO ANTISPOT GIRA LA MODA INTERNET VOTI NOTI FORUM 22 24 26 THE HEART OF KASH(MIR) Emozioni da fotoreporter di guerra MARPICCOLO, SORPRESE DA FESTIVAL Anteprima NEL GIOCO DELL'INFORMAZIONE Colloquio con Luca Telese 32 PEACE BOAT Nagasaki 1945: racconto di un Hibakusha SEGRETI E PARADOSSI DA PREMIO NOBEL Incontro con Rita Levi Montalcini QUATTRO CHIACCHIERE CON IAN PAICE Esclusiva con lo storico batterista dei Deep Purple 36 SCRIVERE LA DIFFERENZA I consigli di Marco Ravasio APPUNTI E SPUNTI D'INTEGRAZIONE Nella città dei Sassi 48 SUI LIBRI CON LO STIPENDIO Scuola sotto i Venti 50 ABRUZZO: THE DAY AFTER Ecco cosa ha trovato Zai.net sul posto 53 56 62 CRUCIRIPASSO Pronti per lingue e letterature? TAVOLA ROTONDA (RI)FACCIAMO SCUOLA 46 NON SARÀ MICA UN PELLEGRINO? Alla scoperta della Via Francigena GIOVANI CRITICI SGUARDI SULLA CITE Speciale "Vivere di periferia" IL MERCATO DI PORTA PALAZZO Piemonte a colori UNA RICOSTRUZIONE 54 "SOLARE" Energia pulita nelle tendopoli EMERGENTI MA NON TROPPO Astenia, Broken Lies, The Sun 34 41 COSTUME E SOCIETA’ MUSICA 30 40 16 Azione Cattolica, Unione degli Studenti e Azione Studentesca a confronto su presente e futuro dell’istruzione nel nostro Paese novembre n°8 Direttore responsabile Renato Truce Vice direttore Lidia Gattini Coordinamento di redazione Eleonora Fortunato Segreteria di redazione Sonia Fiore Redazione di Torino Elisa Moretti corso Allamano, 131 - 10095 Grugliasco (To) tel. 011.7072647 / 283 - fax 011.7707005 e-mail: [email protected] Redazione di Genova Giovanni Battaglio e-mail: [email protected] Redazione di Roma Simona Neri, Matteo Marchetti via Nazionale, 5 - 00184 Roma tel. 06.47881106 - fax 06.47823175 e-mail: [email protected] Hanno collaborato Marco Barbaliscia, Giovanni Battaglio, Patrizia Battaglio, Stefania Benetti, Giulia Bernardi, Fiammetta Bertotto, Marco Billeci, Michelangelo Bonafede, Lorenzo Brunetti, Maria Elena Buslacchi, Giulia Cerino, Giulia Chiantia, Martina Cipollari, Chiara Colasanti, Lucrezia Colmayer, Emanuele Colonnese, Indhya Contu, Riccardo Cotumaccio, Benedetta Cutolo, Alessandra D’Acunto, Isabella Del Bove, Ida Duretto, Simone Eusepi, Chiara Falcone, Benedetta Gaino, Lucie Laurent, Antonio Loquercio, Benedetta Magri, Daniele Mainelli, Marzia Mancuso, Matteo Marchetti, Caterina Mascolo, Ilenia Melodia, Benedetta Michelangeli, Serena Mosso, Elena Prati, Luca Sappino, Samuele Sicchio, Federica Zaccarelli, Jacopo Zoffoli. Direttore dei sistemi informativi e multimediali Daniele Truce Impaginazione Manuela Pace, Marianna Montalbano, Giorgia Nobile, Gianni La Rocca Illustrazioni Alessandro Pozzi Fotografie e fotoservizi Circolo di Sophia, Massimiliano T., Fotolia, Agenzia Infophoto, Giulio Sciarappa. Sito web: www.zai.net Francesco Tota Editore Mandragola Editrice società cooperativa di giornalisti via Nota, 7 - 10122 Torino Stampa Stige S.p.A. - via Pescarito, 110 10099 S. Mauro (To) “La scuola sia di qualità ma non d’élite”: su queste parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è acceso – dopo la tavola rotonda dello scorso mese – il secondo dibattito tra i reporter di Zai.net e i giovani esponenti del mondo politico e dell’associazionismo studentesco (questo mese Azione Cattolica, Unione degli Studenti e Azione Studentesca), di cui trovate una fedele ricostruzione a pag. 16. Con Luca Telese, firma di punta del neonato “il Fatto Quotidiano”, torniamo a parlare di libertà d’informazione, non senza ottenere un gustoso spaccato della classe editrice italiana e dell’aria che tira nelle redazioni più blasonate. Grazie alla testimonianza di un Hibakusha (pag. 24), sopravvissuto all’esplosione atomica di Nagasaki, abbiamo poi ricostruito uno dei momenti più tragici dello scorso secolo, chiedendoci: come si sta comportando l’Italia rispetto al disarmo nucleare? La risposta purtroppo non è confortante… Appuntamento con l’ironia e il nonsense col consueto test, che questo mese prende spunto dall’incontro con Rita Levi Montalcini (pag. 26) per porci di fronte all’annosa questione: sfruttiamo davvero tutte le potenzialità del nostro cervello? O lo abbiamo messo in svendita? (pag. 27) Stimolante e ricca di idee per occupare al meglio il tempo libero la sezione dei giovani critici, che questo mese hanno intervistato lo storico batterista dei Deep Purple, Ian Paice (pag. 30). Subito dopo Chiara ci offre un poutpourri di alcuni tra i migliori gruppi emergenti della scena nostrana (pag. 32), mentre Lorenzo ci segnala i film visti in anteprima al Festival del Cinema di Roma (pag. 41): da non perdere “Io, Casanova” e “Marpiccolo”, cui abbiamo dedicato anche la copertina. Su e giù per l’Italia nella sezione “Costume e società”: tra le bancarelle colorate di Porta Palazzo a Torino, Fiammetta ci porta a conoscere, nell’appuntamento con “Piemonte a colori” (pag. 46), uno dei luoghi simbolo dell’immigrazione nella sua regione; con Ilenia proviamo a capire, invece, come può essere vitale l’integrazione in una piccola città del Sud Italia. Infine, i giovani reporter di Ronciglione (VT) ci invitano a percorrere con loro un itinerario davvero speciale, alla scoperta delle bellezze senza tempo della Via Francigena (pag. 56). Buona lettura! Col contributo di: Concessionaria esclusiva pubblicità: Mandragola ADV corso Allamano, 131 - 10095 Grugliasco (To) tel. 011.7707002 - fax 011.7707005 e-mail: [email protected] Zai.net Lab Anno VIII / n. 8 - novembre 2009 Autorizzazione del Tribunale di Roma n°486 del 05/08/2002 Abbonamento sostenitore: 10 euro Abbonamento annuale studenti: 7 euro (9 numeri) Servizio Abbonamenti MANDRAGOLA Editrice società cooperativa di giornalisti versamento su c/c postale n° 73480790 via Nazionale, 8 - 00184 Roma tel 06.47881106 - fax 06.47823175 La rivista è stampata su carta riciclata E 2000, Cartiere Cariolaro Questa testata fruisce dei contributi statali diretti della legge 7 agosto 1990, n. 250. Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana In collaborazione con: Centro Unesco di Torino GE A ST K C BA Hanno contribuito a questo numero: Claudia Pratticò Giulia Bernardi 18 anni, vive a Reggio Calabria, dove frequenta il primo anno di Scienze economiche. Ama scrivere, ha fatto parte della redazione del giornalino della sua scuola fin dalle medie e quando ha scoperto Zai.net ha subito deciso, entusiasta, di farne parte. Nel tempo libero ama leggere, cantare e uscire con gli amici. Va matta per la cioccolata, i regali, i vestiti e i viaggi. Si definisce ottimista, romantica e orgogliosa. Il suo motto? Non smettere mai di sognare! 18 anni, frequenta l’ultimo anno al liceo classico “Augusto” di Roma. E’ amante di qualsiasi forma d’espressione, artistica o comunicativa che sia, per questo oltre a dedicarsi agli affetti personali, coltiva la danza classica e due lingue straniere: inglese e spagnolo. Le piace immaginarsi a fare un lavoro che le permetta di ampliare sempre di più i suoi orizzonti culturali e creativi…. Ed è convinta che quella del giornalista sia la professione giusta! Riccardo Cotumaccio Direttore del giornale del Liceo “Augusto” di Roma, il suo sogno è quello di scrivere per una famosa testata nazionale e, perché no, diventarne direttore. Ama la musica, in particolare i Pink Floyd e i Red Hot Chili Peppers, suona da anni la batteria e va pazzo per la squadra del cuore, la Roma. Questo mese ha intervistato per noi Ian Paice, lo storico batterista dei Deep Purple. Non perdetevi le sue incursioni radiofoniche all’interno de “Il pomeriggio con Zai.net”. Ilenia Melodia 17 anni, vive a Matera, dove frequenta il quarto anno del Liceo classico “E. Duni”. Tra le cose che ama di più ci sono gli animali, specialmente i gatti, e la musica, dal rock alle canzoni popolari del Sud Italia. Tra le sue passioni, però, anche i libri (adora quelli di Daniel Pennac), i film e i viaggi. Un giorno – non troppo lontano magari – le piacerebbe visitare Africa e America; una cosa alla quale non rinuncerebbe mai? I suoi amici! Benedetta Michelangeli Indhya Contu 18 anni il 19 di questo mese e una lista di progetti per inaugurare un nuovo inizio; quale tra le sue numerose aspirazioni avrà la precedenza? Sicuramente l'affannata corsa per il tanto sognato 100 alla maturità! Adora immergersi nel più totale silenzio per assaporare appieno i versi di Eraclito, Platone e Schopenhauer, e negli attimi di lucidità progetta interviste a uomini e donne di scienza; ogni tanto i sogni diventano realtà, come testimonia il suo articolo sul premio Nobel Rita Levi Montalcini. Studia Lettere Moderne all’università La Sapienza di Roma. Nel tempo libero legge, guarda film, scrive su Zai.net (questo mese ci ha raccontato di Peace Boat e della “ricostruzione solare” in Abruzzo). Ama la musica di Battiato, i film di Wes Anderson e Woody Allen, i libri di Natalia Ginzburg, l’atmosfera delle piccole librerie, l’inverno, guidare quando c’è poco traffico. E’ una grande fan della giornalista e scrittrice Natalia Aspesi; aspetta sempre con ansia di leggere la sua rubrica “Questioni di cuore”. IER IA CC AD RA ’ A cura di Isabella Del Bove, 18 anni Notizie serie e curiose selezionate dai calendari del passato NOVEMBRE 1897 Un gruppo di studenti del Liceo classico "Massimo D'Azeglio" di Torino fonda lo Sport Club Juventus. 5 14 NOVEMBRE 1889 La giornalista Nellie Bly (Elizabeth Cochrane) inizia un tentativo, coronato da successo, di compiere il giro del mondo in meno di 80 giorni. Parker Brothers pubblica il gioco da tavola “Monopoli”. NOVEMBRE 1859 Il naturalista britannico Charles Darwin pubblica L'origine delle specie, opera in cui sostiene che gli organismi si sono evoluti gradualmente attraverso la selezione naturale. 1991 Il cantante leader dei Queen, Freddie Mercury, muore nella sua casa londinese. NOVEMBRE 1935 La 24 21 NOVEMBRE 1877 Thomas Edison annuncia l'invenzione del fonografo, un apparecchio che può registrare suoni. 2008 Il Senatore Barack Obama è eletto 44° Presidente degli Stati Uniti d'America, il primo uomo di colore nella storia. 25 NOVEMBRE 1984 36 dei più noti musicisti 23 NOVEMBRE 1889 Il primo juke box entra in funzione nel Palais Royale Saloon di San Francisco. 11 NOVEMBRE 1992 La Chiesa d'Inghilterra vota per permettere alle donne di diventare sacerdoti. pop britannici e irlandesi si riuniscono in uno studio di Notting Hill come Band Aid per registrare la canzone Do They Know It's Christmas?. Lo scopo è raccogliere denaro per l’Etiopia minacciata da una grave carestia. NOVEMBRE 1 O IBR L NA G SE A cura di Marzia Mancuso, 17 anni CHI HA INCASTRATO I CLASSICI? TRA LE TANTE COSE SPIACEVOLI CHE IL FREQUENTARE LA SCUOLA COMPORTA PER UNO STUDENTE, UNA DELLE PIÙ DEPRIMENTI È ASSISTERE ALLA PROGRESSIVA FOSSILIZZAZIONE DEI CAPOLAVORI LETTERARI hiariamo meglio: le antologie, ossia quei simpatici libroni che ogni giorno contribuiscono alla nostra formazione letteraria tanto quanto al curvamento della nostra schiena, propongono, nel corso degli studi, centinaia di stralci di opere da leggere, analizzare, approfondire e memorizzare. Abbondano constatazioni sullo stile e sul lessico, informazioni sullo scenario storico del testo, spesso e volentieri anche vere pippe mentali su cosa l’autore stesse pensando, facendo o, eventualmente, fumando nel momento in cui ebbe la felice idea di inforcare pennino e inchiostro. Che non si fraintenda: questa non è una protesta pseudosessantottina (sapete, siamo in tempo di revival) contro lo studio della letteratura. Si tratta, piuttosto, di un appello: non lasciamo che l’approccio ad ogni grande opera si fermi ai passi antologizzati. Avventuriamoci a scoprire cosa succede prima e dopo il passo riportato. Insomma, leggiamo il libro da noi, con i nostri ritmi, lasciando perdere per un po’ le elucubrazioni dei critici e l’ansia di conoscere ogni particolare in vista dell’interrogazione. È molto probabile, infatti, che ogni grande autore abbia composto la sua opera con il desiderio che i lettori ne scoprissero da soli il significato o che, perlomeno, se ne facessero un’idea propria, conseguenza del tipo di rapporto che loro e non altri avrebbero instaurato con il testo. Nella speranza che questo appello non passi come brezza nella brughiera, passiamo al consiglio di lettura per C questo mese. Per restare in tema, si tratta di un classico del Romanticismo (o Preomanticismo, o Sturm und Drang, o tutte e tre le cose insieme), il cui incontro casuale, a pagina 38 del mio libro di letteratura, ha ispirato la lunga premessa che vi è toccato leggere. Lasciate che I dolori del giovane Werther, capolavoro giovanile di Goethe, riscaldi le vostre fredde giornate novembrine con le sue lettere colme d’amore impossibile e struggimenti vari, stando attenti, però, a non farvi prendere da propositi suicidi. Siate partecipi delle sofferenze di Werther: comprendete la sua genialità e non condannate troppo affrettatamente le sue scelte. Aspetto non considerato e molto positivo di una lettura personale è la possibilità di inveire in libertà contro personaggi particolarmente sgraditi. Vi è permesso, dunque, qualora lo riteneste necessario, insultare la svenevolissima Carlotta, arrabbiarvi per la storditaggine di Alberto o criticarne la grettezza. Ciò che vi viene offerto è puro romanticismo in edizione originale d’epoca, ma anche la libertà di farne ciò che preferite. A cura di Caterina Mascolo, 20 anni AN TIS PO T CHE ESAGERAZIONE! Pollice verso per la nuova pubblicità di “Motivi”, nota marca di abbigliamento giovanile. La trama dello spot è davvero basilare: una ragazza si tuffa nello shopping del suddetto negozio, acquista alcuni capi e, ben lieta, si incammina verso casa. Tutto sembra svolgersi nella maniera più elementare e semplice possibile, ed invece ecco la tragica svolta: la bella giovane non è affatto sola, ma perseguitata da un branco di fotografi! La quiete appare lontana anche in autobus: agli scatti vari si aggiunge un’orda inferocita che rincorre forsennata il mezzo pubblico. Di tanto scompiglio la ragazza non si cura, anzi, sembra quasi compiaciuta dell’agitazione collettiva provocata: anche quando si trova assediata sulla porta di casa, non si scompone affatto. Nemmeno il compagno appare infastidito, la accoglie infatti con un laconico: “Anche oggi da Motivi?”. Capisco che la spartana compera di un maglione non abbia nulla di eccitante e quindi debba essere movimentata per una rèclame, ma inscenare addirittura una sorta di caccia alla volpe mi pare eccessivo! BANALITÀ A COLAZIONE La nuova creazione della Kinder per pubblicizzare le ben note merendine è un ottimo concentrato di retorica e buoni sentimenti formato famigliola. Anna e Marco sono i protagonisti delle due differenti versioni: l’una è ghiotta di “Kinder Colazione Più”, l’altro rifugge dalla prima colazione se non scorge “Kinder Pan&Ciok”. Fin qui tutto sembra scorrere nei placidi alvei della consunta tradizione mattiniera, ma attenzione: cosa vogliono fare da grandi questi cari ragazzi? Lei sogna di diventare una naturalista, lui un esploratore. In cosa consistono queste pseudo-professioni? Anna vuole emulare Plinio il Vecchio e Marco aspira ad essere un novello James Cook? Noi glielo auguriamo pure, sperando che lei non finisca sommersa da ceneri e lapilli e lui non venga accoltellato a morte nelle Hawaii, solo che pare tanto una stramba trovata degli sceneggiatori piuttosto che la messa in onda dei reali desideri di un bambino qualsiasi! Un consiglio a Marco, poi: vista la decisione di intraprendere un’attività che comporta rischi mortali ed una vita densa di peripezie, non sarebbe opportuno essere meno schizzinosi sul cibo? Il fato non voglia che il futuro Colombo si ritrovi sprovvisto del suo dolcetto preferito! IL PROFUMO CHE FA SCAPPARE Torna un classico della Dior, ottimo spunto per una panoramica generale sulle pubblicità di profumi. La fragranza già si nota per il conturbante nome: “Midnight poison”, ovviamente pronunciato, dalla voce fuori campo, con il consueto strascicato accento voluttuoso. La bella protagonista sembra anch’essa, come le sue colleghe in altri spot, in preda a qualche isterismo: si getta nella tromba delle scale, si lancia nel vuoto con una corda, corre, corre, corre. Atti inconsulti? Forse, ma non isolati, considerando che la modella dell’essenza “Miss Dior” si ritrova svolazzante nel cielo appesa a tanti palloncini colorati. Che il profumo debba evocare fascino e sensualità non è in discussione, ma sono davvero necessarie tutte queste vicissitudini alla James Bond? Le povere fanciulle devono proprio scappare da pantere inferocite, strapparsi vestiti e gioielli di dosso con fare forsennato, avvilupparsi su improbabili oggetti con un onnipresente farfugliamento francese di sottofondo? LA A A R GI OD M A cura di Alessandra D’Acunto, 20 anni LONDON STYLE IL LOOK INGLESE FA PARLARE DI SÈ IN TUTTO IL MONDO: NON A CASO LONDRA È UNA LOCATION DA SFILATA. ANDIAMO A ESPLORARE DA VICINO COME VESTONO I RAGAZZI OLTREMANICA irginia, studentessa sedicenne attenta alle eco modaiole britanniche, sarà la nostra guida del mese (la vedete qui in basso a sinistra). Infatti, lo stile londinese e il suo carattere everyday life, da tutti i giorni, da città e un po’ vissuto, è una vera e propria calamita per i giovani liceali come lei. Un look aggressivo ma incredibilmente trendy, che predilige spille e borchie a scapito di fiocchetti e bijoux. Andiamo a osservare la foto nei dettagli: t-shirt rigorosamente di cotone con gigantografia di un idolo del passato (meglio se british), jeans, tronchetti, giacca a quadri e, tocco in più, cappello alla Frank Sinatra. Un mix da sfoggiare la sera o, perché no, durante l’happy hour a fine giornata, per un gustoso aperitivo che spesso prosegue fino a notte inoltrata, tanto l’atmosfera invoglia a restare. Così imiterete gli inglesi non solo nel look, ma anche nelle abitudini! Nella versione giorno, la giacca può essere sostituita da una camicia - sempre a quadri - colorata e soprattutto oversize, che ricorda un po’ i vecchi tempi, quando eravamo piccole e indossavamo quella di papà: quanto era larga! L’effetto piace ancora, e lo testimonia la foto in basso a destra, scattata ad una giovane londinese per strada. A coronamento di tutto ciò, assolutamente immancabili gli occhiali da sole che hanno fatto la storia: i Ray Ban Wayfarer, icona della musica rock’n’roll a partire dagli anni ’50. La moda oltremanica ha, però, un lato B, che lascia la bambina prepotente a casa, per esibire quella bon ton, che usa classici trench, ossia leggeri soprabiti dai colori vellutati; lucidi stivali rasoterra e calosce, in caso di pioggia; maglioncini dalla scollatura a V, con fantasia a rombi. Insomma, una moda alla Notting Hill. Assoluta libertà in fatto di stile, quindi: nessun modo di vestire vince su un altro. Che in voi si nasconda uno spirito rockettaro o un animo delicato da musica classica, l’eclettismo londinese è pronto ad accogliere tutte le vostre espressioni. V A cura di Marco Billeci, 22 anni IN TE RN ET Google contro libri e news. Capitolo primo: e-books Il sito del mese: scrivila ancora Sam n principio fu la musica, poi i film. Ora è la stampa l’ennesimo campo della battaglia tra vecchi e nuovi media. Con la differenza che stavolta il contender non è, come in passato, un piccolo sito quasi pirata, ma il re della rete, Google. I fronti caldi in questi mesi sono due: i libri e le news. Oggi ci occupiamo del primo, nel prossimo numero parleremo della lotta sulle notizie online. Partiamo dai fatti: nel settembre scorso, dopo un lungo scontro legato ai diritti d’autore, Google e gli editori Usa arrivano ad un accordo sulla digitalizzazione di opere bibliografiche. Pagando 125 milioni di dollari, Mountain View potrà scansionare e vendere solo i ‘libri orfani’, cioè quelli non più in commercio e il cui detentore dei diritti non è rintracciabile. Inoltre, potrà offrire accesso gratuito a copie elettroniche dei libri a biblioteche ed università. L’Antitrust Americana ha però bocciato l’intesa perché di fatto garantirebbe a Google il monopolio del mercato. Intanto, nonostante le aperture di Google - la promessa di contattare sempre gli editori prima di pubblicare un libro e di non vendere libri fuori commercio negli Usa ma ancora in circolo all’estero - il furore non si è placato. La paura degli editori europei, riuniti nella FEP, è di divenire soggetti all’arbitrio di Google, che potrà decidere chi far entrare nel nuovo mercato e a che condizioni. Si teme, poi, che i volumi stranieri saranno le prime vittime dei tanti errori di indicizzazione del sito: l’Associazione Italiana Editori ha scoperto che 222 opere italiane sono considerate fuori commercio da Google Books, mentre in realtà hanno un’edizione. L’Europa teme, infine, che il monopolio della Big G tronchi le gambe ai progetti alternativi sviluppati dalla UE, come Arrow. La battaglia sull’accordo statunitense ne nasconde una ben più grande, quella per la creazione della libreria online di tutto il patrimonio bibliografico dell’umanità. Questo è l’obiettivo dichiarato di Google. Chi si schiera con il motore di ricerca afferma che è l’unico soggetto in grado di riuscire nell’impresa. I contrari ribattono che la posta in gioco è troppo alta per lasciarla nelle mani di un solo gigante privato. E’ un problema culturale ma non solo: la costruzione di una Alessandria digitale nasconde anche un grande business. (1/continua sul prossimo numero) on so quanti di voi conoscono il nome di Fabio Bonifacci, sono certo però che tutti conosciate le sue storie: E allora Mambo, Notturno Bus, Si può Fare, etc… Sceneggiatore, scrittore e autore TV e teatrale, Bonifacci è uno dei parolieri più ispirati del cinema italiano. Una dote non da poco in un Paese dove, come dice lui stesso, “siamo più portati a fare ragionamenti che a raccontare storie”. Adesso lo scrittore bolognese ha deciso di condividere il suo talento sul suo blog (bonifacci.it) pubblicando un corso di scrittura gratuito, nato dallo studio sui segreti dei maestri della narrativa. L’autore intende arrivare a più di 100 pagine divise in lezioni, con tanto di esercizi e materiale didattico correlati. Un’esperienza simile è stata avviata anche negli Usa dallo sceneggiatore John August (Big Fish, La Fabbrica di Cioccolato) su Johnaugust.com; quelli di August, però, sono più singoli tips che un corso organico. Interessanti le motivazioni di Bonifacci, che spiega: “da giovane, davanti a esosi master, mi dicevo: se divento sceneggiatore, terrò corsi gratis”. E vista la qualità di molti di questi master aggiunge: “se non altro, nessuno potrà dire di essere stato fregato”. I N Twit & shout Queen Rania: "Se i vostri bisogni estetici non sono completamente soddisfatti da Roma, allora dovete controllare se siete ancora in vita". (Rania Al Abdullah, regina di Giordania, durante la visita di Stato di suo marito Re Abdullah di Giordania in Italia. 20/10/2009, 7.47 AM on Twitter). TI O N TI VO A cura di Lorenzo Brunetti, 19 anni LE TELEFONISTE o sempre trovato molto rassicurante la comunicazione telefonica, che permette di non dover guardare l’interlocutore (e soprattutto di non dover essere guardati noi stessi) in faccia. So che questo ragionamento potrebbe essere tacciato come asociale (e se io e la mia rubrica vi stiamo antipatici, magari mi definirete nevrotico ed insicuro – e avreste pure ragione). Ma come non apprezzare la possibilità di svegliarsi la mattina, schiarirsi la voce e simulare al telefono un’aria presentabile quando abbiamo la faccia che somiglia ancora ad una tartaruga con la congiuntivite e l’alito che attiva in chi ci sta accanto la reminiscenza del portiere del nostro condominio? Tuttavia, mentre noi ci nascondiamo sapientemente dietro la cornetta, in televisione i gestori telefonici sono anni che ci propongono testimonial mozzafiato: pare che la figura della bella al telefono non smetta di attirare l’attenzione degli italiani (che sperano di trovarsela dall’altro capo del filo) e delle italiane (che sperano di essere loro al capo del filo…). Quest’anno, ad addolcire il pensiero della bolletta, troviamo Michelle Hunzinker, Belen Rodriguez e la new entry Fiammetta. Ora mi chiedo cosa caspita gliene frega a Michelle Hunziker, che nello spot interpreta se stessa (a differenza del povero Max Tortora, che non si sa perché nella stessa pubblicità figura come Mario…), di risparmiare sei centesimi al minuto, se con quello che guadagna potrebbe permettersi di fare gli scherzi telefonici a Hong Kong!? Tra l’altro, la bella show girl manifesta ancora una volta (come già nello spot dei popolari confettini) un’irritante aria euforica che normalmente si riscontra solo in chi fa uso di droghe chimiche. Belen Rodriguez, invece, ripropone la figura, datata e maschilista, della professoressa sexy. Pare proprio che qualche mente bacata la trovi particolarmente convincente, visto che anche nell’ultima edizione di “Scherzi a parte” interpretava l’insegnante porno-soft. Che tristezza! E poi, nonostante gli occhialini da maestrina antipatica, pare faccia proprio troppa fatica (poverina…) a pronunciare parole quali “perifrastica” o “deus ex machina”. La testimonial dedicata al pubblico giovane è stata Fiammetta con il suo scanzonato gruppo di amici. Ci troviamo in questo caso di fronte ad un raro esempio di gravissima e completa inespressività. La graziosa biondina, dopo aver stimolato gli istinti più bassi dei suoi compagni nell’ultima serie di spot, ora figura nel cast di “Chiambretti night” addirittura come pianista. Sostiene di aver suonato al conservatorio ma non si resiste a risponderle che, evidentemente, “non le hanno aperto”! H Fiammetta Michelle Hunziker Belen Rodriguez Voto 5 M RU FO A cura di Jacopo Zoffoli, 20 anni HO PURE UN AMICO GAY! QUAL È LA RADICE DELL’ODIO E DELLA VIOLENZA CONTRO GLI OMOSESSUALI? CI SI PUÒ MASCHERARE DICENDO CHE L’OMOFOBIA APPARTIENE ALLA PARTE RETRIVA DEL PAESE, QUELLA CHE RESTA SEMPRE INDIETRO, CHE NON LEGGE, CHE GUARDA SOLO LA TV SPAZZATURA? “Ti rispetto, ma non mi piaci” Più che di problema di omofobia, parlerei di atteggiamento omofobo, che in Italia c'è da sempre, come da sempre c'è tensione verso le diversità, specialmente quelle che danno l'impressione di sovvertire le gerarchie costituite, che non prevedono l'omosessualità tra le proprie fila oppure, se la prevedono, deve essere una macchietta, che va bene nei locali più trasgressivi o per far ridere in Tv. Credo che questo sia aggravato dall’interesse morboso che hanno gli italiani nel cercare la diversità solo su un piano molto superficiale (voyeuristico), senza accettare le scelte altrui in maniera saggia e non caritatevole (tipico dell'atteggiamento cattolico-italico del “ti rispetto, ma non mi piaci”). Alla base di tutto c'è, come al solito, un serio problema culturale e di scarsa educazione in senso lato; bisognerebbe intervenire adesso nelle scuole per raccogliere qualche frutto magari tra qualche decennio, ma la strada è ancora molto lunga. Mike Bonafede, 20 anni sta attraversando. L’ingombrante tradizione ‘superstiziosa’ nostrana appare sempre più pesante, fastidiosa, bigotta ed ipocrita, generando insofferenza (giustificata) e terrore (ancor più legittimato) in quella fetta di popolazione che costituisce ben il 10% del totale. Se la situazione non fosse così squallida, ci sarebbe quasi da sorridere. Gli omofobi sono proprio quelli che fischiano alla vista di due donne baciarsi, cercano video di gang bang su internet senza trascurare materiale con contenuti offensivi per le donne (realmente avvilenti, e mi riferisco a vari generi pornografici di tendenza in Giappone) o sadomasochistici in generale. Dunque, qual è la questione? La solita: i panni sporchi vanno lavati in casa propria. Due uomini per mano in strada sono aberranti, un mpg con convegni lesbici ed oggettistica è invece fantastico. Perché la fantasia si consuma tra Harvey Milk, primo gay dichiarato ad aver ricoperto una carica politica negli Stati Uniti quattro mura, nell’intimo della propria stanza. Il motivo di tutta questa insofferenza è palese: ognuno ha tendenze bisessuali per natura, che può appagare o reprimere a sua discrezione, oppure accettare ed ignorare al medesimo tempo. Ma l’accettazione comporta una novità che sconvolge certi “sistemi” di certezze fondati su… basi solide? Nah… Valori cattolici? A volte (come se Cristo solesse randellare i sodomiti personalmente, o inseguirli con il carro per falciarli), ma non si può certo generalizzare. La radice di quest’odio risiede nella semplice e pura superstizione degli italiani. Un sillogismo ormai pietosamente scontato, una catena che tiene legati come gli sfortunati schiavi del fortunato mito platonico, una maledizione miserabonda in risposta alla quale si fa spallucce. La soluzione? L’emigrazione: perché “il destino si può cambiare, la natura delle cose mai”, e qui non si tratta certo di un periodo. Emanuele G., 20 anni Perché tra gli adolescenti Incatenati dai pregiudizi “Se la natura disapprovasse i nostri istinti non ce li ispirerebbe”. Donatien De Sade, il cosiddetto Divin Marchese, uno dei personaggi più controversi eppure interessanti della letteratura francese, si esprimeva così in tema di preferenze sessuali. E non a torto. I recenti episodi di violenza a danno degli omosessuali nelle nostre città non fanno che palesare ancora una volta la regressione culturale e sociologica che il Paese Che tra i nostri parenti più anziani l'omosessualità sia ancora biasimata lo si può anche capire, ma che addirittura tra noi giovani, figli di tempi nuovi, moderni e di maggior apertura mentale, ci sia ancora tanta paura nei confronti di una diversa tendenza sessuale risulta inaccettabile, specialmente a fronte dei recenti casi discriminatori nei confronti di omosessuali, in continua crescita nel nostro Paese stando alle indagini di Arcigay (Associazione lesbica e gay italiana). Il fenomeno dell'omofobia è evidente soprattutto 15 nei maschi e sembra essere addirittura più accentuato proprio in noi adolescenti che, magari spaventati del fatto che la nostra preferenza sessuale possa essere messa in dubbio, assumiamo atteggiamenti ostili verso la tendenza opposta. Ma credo che la matrice di questa “paura” sia nei pregiudizi derivanti dal fatto che un tempo la distinzione tra sesso (un fattore scientifico) e sessualità (un fattore antropologico) fosse più netta di quanto lo sia oggi. Se anni fa, per esempio, l'eterosessualità era l'unica garanzia per il concepimento - considerata perciò "naturale" oggi non è più così, essendo possibile la fecondazione in vitro. Inoltre, il cammino dei diritti per gli omosessuali sta compiendo passi da gigante nella maggior parte del mondo occidentale, quel mondo che noi italiani vogliamo in tutto e per tutto imitare, ma di cui nei fatti non riusciamo ad afferrare le principali condizioni sociali di uguaglianza e libertà. Andrea Fogliati, 17 anni Facciamo tutti la nostra parte Definiamoci pure un paese civile. Definiamoci un popolo sensibile, un popolo che accetta qualsiasi distinzione di pelle, nazionalità, orientamento sessuale. Definiamoci persone cordiali con tutti, disposte a mettere da parte i pregiudizi e a conoscere gli altri per quello che sono veramente. Non solo politically correct Definirsi è semplice, dimostrarlo non lo è affatto. E l’Italia deve farlo. A dare l’esempio deve essere sempre la fatidica televisione, che attraverso particolari programmi, rubriche d’approfondimento e parole – per una volta, sincere – può dimostrare ai giovani d’oggi che parlare d’omosessualità non è più una vergogna, ma una consuetudine. Poi, attraverso la scuola, attraverso i vari campi lavorativi, si deve intervenire ed impegnarsi affinché questa tematica faccia parte di noi. E’ una speranza che noi tutti abbiamo, speranza che speriamo diventi realtà il più presto possibile. Riccardo Cotumaccio, 17 anni Sull’omofobia sono state spese milioni di parole, più o meno sincere. La mia impressione è che si tratti la questione in modo decisamente ipocrita. Tralasciando i soliti – banalissimi – luoghi comuni, spesso chi si pronuncia a favore dei diritti degli omosessuali, partecipando alle manifestazioni o lanciando accorati appelli sui social network, tratta il tema con estrema superficialità. Tale atteggiamento è trasversale, dal momento che riguarda sia chi si fa portavoce di ideologie di destra sia coloro che si professano di sinistra. Il messaggio che deve arrivare all’opinione pubblica è che una persona nata in una società che si considera socialmente evoluta dovrebbe essere considerata e/o stimata al di là delle preferenze sessuali. È una frase pronunciata svariate volte ma mai messa in pratica, perché è difficile eliminare in poco tempo pregiudizi radicati ormai da secoli. Un primo passo potrebbe essere quello di smetterla di considerare i gay come “esseri diversi”, cercando a tutti i costi di schierarsi dalla loro parte anche quando non lo richiedono direttamente; talvolta sforzarsi di essere politically correct non significa agire nel modo giusto, basterebbe piuttosto credere fermamente nelle idee che si sostengono. Condannare la violenza omofoba, indignarsi per la bocciatura della Legge Concia in Parlamento non serve a nulla se, al momento di agire, si preferisce deridere questo o quel “f*****”e non combattere veramente per la tanto agognata parità dei diritti. Senza contare che questi appellativi dispregiativi, affibbiati con leggerezza e – possiamo dirlo – ignoranza, rischiano di ferire coloro che, essendo omosessuali, li ascoltano. Meno falsità e maggiore coscienza collettiva sono le sole strade efficaci da percorrere per fondare una società basata realmente sul rispetto del prossimo e non su falsi attestati di stima fini a se stessi. Nicolò Moriggi, 19 anni Tavola rotonda 16 RIFACCIAMO SCUOLA CONTINUANO I DIBATTITI NELLA NOSTRA REDAZIONE: QUESTO MESE UNIONE DEGLI STUDENTI, AZIONE STUDENTESCA E AZIONE CATTOLICA A CONFRONTO SU PRESENTE E FUTURO DELLA SCUOLA ITALIANA econdo appuntamento redazionale con il mondo della politica giovanile. Questa volta l’argomento è stato il pane quotidiano di qualsiasi giovane rampante che si rispetti: la scuola. A confrontarsi davanti al nostro coordinatore redazionale Matteo Marchetti sono stati gli esponenti dell’Unione degli Studenti (organizzazione studentesca d’ispirazione sindacale e di sinistra), dell’Azione Cattolica (giunto apposta da Catania! Grazie ancora!) e di Azione Studentesca. Nome, età, qualifica. Ac: Agatino Lanzafame, 23 anni, delegato al Ministero dell’Istruzione per l’Azione Cattolica. As: Giorgio Rezk, 19 anni, viceresponsabile romano di Azione Studentesca. Uds: Tito Russo, 22 anni, coordinatore nazionale dell’Unione degli Studenti. All’inaugurazione dell’ultimo anno scolastico, il Presidente della Repubblica Napolitano ha detto: la scuola pubblica sia migliore ma non d’élite. Siete d’accordo? Uds: La necessità di miglioramenti è evidente. Per quanto riguarda le élite, il nostro sistema scolastico presenta da sempre canoni elitari, sia per l’accesso – tassazione crescente, costo del materiale didattico, mancanza di ammortizzatori sociali per chi frequenta la scuola dell’obbligo – sia per metodologie di apprendimento: abbiamo un gran numero di studenti, ma i contenuti che vengono insegnati diminuiscono di qualità. Ac: Come al solito il Capo dello Stato ci richiama alle nostre radici costituzionali, a una scuola di qualità accessibile a tutti. Ovviamente però non è solo un discorso che riguarda gli studenti: per una scuola di qualità occorrono strutture adeguate – perché una scuola di qualità è una scuola sicura – e la possibilità per tutti di accedere a tutti i canali di istruzione. Per entrambe queste questioni è necessario un intervento della politica. As: Anch’io condivido le parole del Presidente della Repubblica: la scuola va migliorata, deve vedere riaffermata la meritocrazia e la responsabilità degli studenti, S due questioni minate dal Sessantotto insieme al prestigio stesso dell’istituzione scolastica. Togliamoci poi dalla testa che la scuola debba formare solo la “classe dirigente”: un Paese non è fatto unicamente di avvocati e dottori, ma anche di operai, di artigiani. Non condivido le vostre riflessioni sul presunto elitarismo della scuola italiana: siamo un Paese dove il diritto allo studio è fortemente tutelato dalla legge; ci sono poi dei fattori che lo limitano, penso per esempio al costo dei libri. Del costo dei libri si lamentano un po’ tutti. Escludendo dal discorso le situazioni di vero disagio economico (che va combattuto duramente), non si può non notare una deriva consumistica. Ha senso lamentarsi del costo di un dizionario – che va comprato una volta in cinque anni – e munire il pargolo di un cellulare da centinaia di euro? Ac: No, ma riflette un modo di pensare molto diffuso nel Paese: se la politica parla sempre della scuola come di un capitolo di spesa, è logico che la cittadinanza farà altrettanto. Bisogna rimettere al centro del dibattito un’idea dell’istruzione che sia una fase imprescindibile della formazione del cittadino. As: Non bisogna permettere la vergognosa speculazione che ogni anno vediamo andare in onda: i tetti ministeriali parlano di un massimo, per il primo anno di liceo classico, di 370 euro, ma da un’indagine che abbiamo condotto emergono situazioni che sforano abbondantemente i 500. Le case editrici prosperano sulla pelle degli studenti. Detto questo, non mi sembra uno scandalo se un ragazzo desidera più una scarpa firmata che non un libro di testo… Uds: Farei però un discorso, più che di costo dei libri, di costo del materiale didattico: un dizionario di greco per il classico, che durerà cinque anni, costerà dai cinquanta ai cento euro; un flacone da 60 ml di solvente per i laboratori di oreficeria di un istituto tecnico costa 32 euro l’uno, e se ne consuma almeno uno al mese: sono quasi trecento euro ogni anno che si sommano al costo già alto dei libri. Difficile non vedere poi una convergenza di inte- 17 ressi fra case editrici e Stato, che incassa l’Iva. Perché i libri scolastici hanno un carico fiscale del 20%, come i beni di lusso? Se doveste associare una parola al Ministro Gelmini? As: Coraggiosa. Uds: Dimissioni. Ac: … Mmh, passo [dopo quasi un’ora di discorso, Agatino partorirà: «Ministro dell’Istruzione»]. Il peggior ministro dell’Istruzione degli ultimi 15 anni? As: Berlinguer. Uds: Moratti. Ac: Tutti, perché nessuno ha partorito una riforma della scuola condivisa e organica. Quale aspetto della scuola italiana avrebbe più urgente bisogno di un intervento? As: Bisogna dare a chi si diploma un’idea di futuro. Uds: Sarei un po’ più concreto: l’edilizia scolastica, perché è impossibile una scuola di qualità se ti cade a pezzi addosso. Ac: Tre punti: formazione dei docenti, riforma dei saperi – rimettere mano quindi ai contenuti e non più solo alla scatola – e diritto allo studio. I vari tentativi di riforma hanno avuto in comune un obiettivo: la comunicazione con il mondo del lavoro. Ha senso inseguire un mondo del lavoro in vorticoso cambiamento – con il risultato di essere sempre in ritardo? Uds: Nell’apertura al mondo del lavoro la scuola ha tre impedimenti fondamentali. Innanzitutto i bassi investimenti nella ricerca, vero anello di congiunzione fra formazione e imprese. Seconda questione sono i metodi di insegnamento, fermi, sia nei tecnici che nei licei, alla lezione frontale. Infine, uno dei problemi è il mondo del lavoro stesso, il precariato. L’alternanza scuola-lavoro sarebbe un’occasione molto seria, ma senza regole è sfruttamento; oggi non viene riconosciuta nemmeno la copertura assicurativa in caso di infortunio. Sono però sicuro che nessun governo, neanche di sinistra, colmerà mai questo vuoto, perché rischierebbe di andare contro Confindustria. As: Come ho già detto, uno dei problemi strutturali della scuola è la scarsa prospettiva. Dobbiamo distinguere però l’istruzione liceale e quella tecnico-professionale: nel primo caso, lo studente in genere si iscrive all’università; nel secondo, invece, ci si aspetterebbe una maggiore formazione professionale. Sappiamo che purtroppo non sempre è così; andrebbero aumentate le ore di stage, in modo da aprire con leggero anticipo un percorso lavorativo soddisfacente. Sono d’accordo con Tito sulla necessità di una regolamentazione Tito Russo più stringente degli stage. Ac: Secondo me bisogna tornare Unione degli Studenti ancora una volta sul ruolo della scuola, che non serve a produrre teste “ben piene”, ma “ben fatte”: lo scopo della scuola è innanzitutto formare lo studente come persona e come cittadino. Il lavoro è solo una conseguenza di tutto questo. L’investimento da fare, secondo me, è nei percorsi di orientamento. A partire dalla contestazione degli anni Settanta, l’autorevolezza della scuola è venuta meno, introducendo un rapporto più paritario fra docenti e studenti. Di recente sembra invece tornare di moda la severità: c’è un “giusto mezzo”? Uds: Rispetto alla prospettiva del Sessantotto è stato fatto un passo indietro: “produrre conoscenza” significa rielaborare in proprio i contenuti trasmessi dal docente; dunque, studente e professore devono essere pari. Va cambiato il concetto stesso di valutazione, non si può esultare per l’aumento di bocciature come ha fatto il ministro quest’estate. Il rendimento dello studente non può essere appiattito in decimali. In Europa è già così; tra l’altro, a fine anno lo studente può valutare le metodologie d’insegnamento di docenti sempre impegnati in corsi d’aggiornamento. La severità fine a se stessa non serve a nulla, crea solo una scuola esclusiva. Ac: Ricordiamo poi che nello Statuto degli studenti è scritto che “la scuola è una comunità educante”, a indicare una corresponsabilità fra tutte le figure attive nell’istituto. La partecipazione e il dialogo con il docente sono tanto importanti quanto i contenuti della lezione stessa. Non bisogna fermarsi davanti alla passività: il bravo docente è un docente autorevole, non uno autoritario. Chi sa stimolare la partecipazione, l’amore per la materia, è un buon docente. Non dobbiamo nasconderci che è in atto una crisi dei modelli educativi; le associazioni studentesche possono giocare un ruolo decisivo nel ricordare ai ragazzi sia i loro diritti sia, però, i loro doveri. In quanto alla bocciatura, è un fallimento educativo della scuola, non può essere festeggiata. As: Le varie iniziative di protesta, a partire dal Sessantotto per arrivare recentemente all’Onda, hanno avuto un approccio ideologico, un intento neanche troppo nascosto di dividere la società in classi. Hanno svilito l’apporto della persona all’istituzione scolastica e, per contro, causato nella stessa classe docente una contrapposizione con gli alunni. Una classe docente anch’essa in buona parte ideologizzata, ex sessantottina, che al posto della scuola che ha abbattuto non ha costruito nulla. A proposito della classe docente e della sua età: non si può ignorare che si sta andando verso una specie di “giorno del giudizio”, visto che buona parte dei professori di ruolo è prossimo alla pensione. Ac: Questa è una delle questioni più urgenti cui rispondere: le università e le graduatorie dei provveditorati sono piene di giovani insegnanti appasGiorgio Rezk sionati e preparatissimi, per i quali Azione Studentesca la possibilità di ottenere una cattedra a tempo pieno è lontanissima, mentre la scuola avrebbe bisogno di queste energie. Bisogna cambiare la logica del reclutamento: non è solo una questione di età, ma di formazione continua. Si badi bene, “formazione”, non “aggiornamento”. Al di là della competenza, ai docenti si richiede la capacità di trasmettere il loro sapere. Uds: In realtà lo spazio per i precari ci sarebbe già: pensiamo ai corsi di recupero, che oggi sono tenuti dai docenti titolari dell’istituto, per questo retribuiti. Pensiamo a tutti i Agatino Lanzafame Azione Cattolica canali di sperpero che affliggono la scuola italiana, prima di calare la mannaia su 67000 persone in tre anni: queste sarebbero tutte energie perse, sprecate. Il gran numero di insegnanti disoccupati o precari potrebbe essere assorbito dal piano Tavola rotonda 18 Un momento dell’incontro di prepensionamento del ministero; purtroppo, lo Stato preferisce le supplenze brevi o annuali, che lo fanno risparmiare. O almeno, così sembra: se è vero che un supplente annuale ad agosto non viene pagato, è anche vero che la macchina burocratica che gestisce questo valzer ha dei costi. Siamo sicuri che siano inferiori a quelli di un’assunzione? As: Secondo me, invece, la parola d’ordine da tenere sempre a mente è “meritocrazia”. È triste che persone che hanno studiato una vita si trovino di fronte a una porta chiusa, ma non si può pensare che la scuola funga da ammortizzatore sociale. Se si vuole dare spazio ai nuovi, bisogna trovare il modo di cacciare chi occupa, immeritatamente, una cattedra. Entrambi gli schieramenti, una volta arrivati al governo, hanno operato dei tagli: ne deduco che la scuola costa troppo. Se, come ci viene ripetuto da anni, “il sapere è il petrolio del III millennio”, esiste un “troppo”? As: Secondo me si fa troppo allarmismo su delle razionalizzazioni di spesa che si sono rese necessarie per fare fronte alla crisi. Uds: “Razionalizzazione” implicherebbe un taglio selettivo, non indiscriminato come è stato fatto… As: Non mi sembra ci siano stati cataclismi irreparabili: i tagli sono stati presi a pretesto dai sindacati e dai professori stessi per una mobilitazione squisitamente politica. Uds: Mi viene da sorridere quando sento che un taglio è un’occasione di razionalizzazione o, peggio, che bisogna adattarsi perché non ci sono risorse: lo Stato ha da poco speso la bellezza di 14 miliardi di euro per acquistare 260 cacciabombardieri e altri 5 per ingraziarsi un dittatore come Gheddafi. Ac: In teoria non esiste una spesa troppo alta per il futuro del Paese. D’altro canto, però, la realtà evidente è quella di una coperta troppo corta. Il problema è tra l’altro che i soldi spesso vengono spesi male, sia a livello generale (penso agli sprechi degli enti locali) che poi in particolare nel settore della scuola. Se però all’opera di riduzione del personale si accompagna un rinnovamento delle strutture, un miglioramento dell’offerta formativa, un investimento educativo, allora questa “razionalizzazione” sia la benvenuta. Se i tagli sul personale fossero un gioco “a somma zero” (risparmio sul personale e reinvesto questa cifra nella scuola) sarebbero razionalizzazioni. Altrimenti chiamiamoli tagli. A proposito di stipendi: si può pretendere un insegnamento di qualità da un docente sottopagato? Sarebbe uno scandalo pagare di più i docenti migliori? Uds: Inserire discriminazioni retributive fra i docenti inserirebbe un altro capitolo di mercimonio nel mondo dell’istruzione. È vero che gli stipendi dei professori sono molto bassi, ma non credo alle ripercussioni negative sulla qualità dell’insegnamento. Sì, ma una professione poco redditizia verrà evitata da chiunque sia abbastanza qualificato da trovarne altre, esclusi ovviamente i nobili “missionari”. Uds: Prima di preoccuparci dell’appetibilità della professione docente vanno riqualificate le retribuzioni di chi già insegna. As: Oggi gli stipendi sono uguali per tutti, ma non tutti gli insegnanti sono uguali: perché non pagare meglio chi è più bravo? La più grande riforma dell’istruzione negli ultimi anni è stata l’autonomia scolastica. Il risultato è però abbastanza strano, visto che i programmi sono rimasti nazionali; inoltre, il sistema mette in competizione istituti pubblici, che poi rilasceranno titoli assolutamente equivalenti. Che senso ha? Ac: Il giudizio sull’autonomia è certamente positivo, perché permette agli istituti di venire incontro a bisogni specifici del territorio. Purtroppo, quest’autonomia è solo parziale. In più, ha scatenato pratiche più commerciali che non didattiche, con insegnanti trasformati in piazzisti sguinzagliati nelle scuole medie per raccattare più iscritti possibile. Il principio però resta nobile e utile, perché coinvolge anche gli studenti e i loro progetti nell’offerta formativa. As: Io sono “parzialmente favorevole” all’autonomia scolastica. Un dirigente scolastico ha la possibilità di adattare l’istituto alle necessità del territorio, gli studenti quella di arricchire il proprio curriculum. Così, in grado di offrire attività pomeridiane, la scuola diventa un punto di riferimento per l’intera comunità. Mettere in competizione economica gli istituti, però, fa temere degenerazioni di tipo anglosassone, dove il bilancio viene prima della formazione globale dello studente. Sì, però almeno nei Paesi anglosassoni l’autonomia è totale. Ac: Cerchiamo però di andare al di là dei problemi che sicuramente l’autonomia ha e guardiamo alla realtà positiva: l’autonomia trasforma la scuola in una casa, un luogo dove si va non perché deportati ma per viverlo, per vedere un film al pomeriggio o frequentare un gruppo di studio; trasforma gli edifici scolastici in luoghi diversi da quello che comunemente si identifica con “scuola”. Anche per fare cose a carattere puramente ludico. Uds: Quando parliamo di autonomia, vedo un bellissimo progetto, che ripensava la scuola in funzione del proprio territorio, degenerato in un fallimento. Non è vero che gli studenti hanno tutta questa voce in capitolo riguardo al piano dell’offerta formativa; questo sarebbe vero in teoria, ma il piano viene approvato nel primo Consiglio d’Istituto dell’anno, che si riunisce ai primi di settembre e, dunque, prima che gli studenti possano aver elaborato dei loro progetti. Quand’anche li avessero preparati, le delibere del Comitato studentesco, prima di approdare in Consiglio d’Istituto, spesso vengono fatte passare per il 19 Collegio Docenti (diversamente da quanto previsto dalla legge), in cui i ragazzi non sono rappresentati. E dire che la legge istitutiva dell’autonomia, varata dall’allora ministro Luigi Berlinguer, prevede per queste situazioni apposite commissioni paritetiche, in modo da non penalizzare la componente studentesca. Quando fu presentato il tentativo di riforma del ministro Moratti si parlava di “scuola-azienda”: i contrari dicevano che era impossibile scegliere a quattordici anni se lavorare o andare all’università. Esiste un’età giusta per questa scelta? L’obbligo formativo, nato per contrastare il lavoro minorile in un’Italia diversa da oggi, ha ancora un senso? As: Quella di oggi mi sembra abbastanza congrua, in fin dei conti. Ac: Io andrei un po’ cauto a parlare di Italia “diversa”, di “società del benessere”: facendolo dimentichiamo le situazioni di marginalità e disagio sociale che, specie al Sud, sono tutt’altro che debellate. Penso che una misura come l’obbligo scolastico ribadisca la necessità di un periodo della vita di una persona dedicata alla formazione. Anzi, cercherei di legarlo al conseguimento di un titolo di qualifica: alla fine del triennio di formazione professionale o al diploma in un liceo. Uds: Non dimentichiamoci che l’obbligo scolastico non è pensato solo per combattere il lavoro nero, ma anche e soprattutto per tenere i ragazzi fuori dal giro della criminalità: la sua funzione sociale è tutt’altro che sorpassata. Noi pensiamo a un sistema di obbligo scolastico adeguatamente finanziato (perché alzare l’obbligo costa) e che preveda un biennio unitario per tutti gli indirizzi, al termine del quale scegliere la propria strada con cognizione di causa e una base di partenza comune a tutti. Beh, in realtà questo ruolo “unificatore” spetterebbe già alla scuola media. Uds: Hai colto nel segno. È per questo infatti che secondo noi occorre una revisione dei cicli totale. Ac: Più che andare a inserire un nuovo biennio unitario cercherei di ridare qualità alla scuola media, che già basterebbe. La politica scolastica è il vostro pane quotidiano, ma la partecipazione di massa ai momenti istituzionali di questa politica – assemblee, comitati studenteschi – è merce rara. Provocazione: e se venissero aboliti i Decreti Delegati (il provvedimento del 1974 con cui furono istituite le rappresentanze studentesche, ndr)? Uds: Diciamo intanto che è in atto il tentativo di svuotarli, Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini che sortirebbe più o meno gli stessi risultati. Gli studenti si stanno muovendo: ad esempio, per promuovere una partecipazione di tutti, si stanno sperimentando le assemblee d’istituto “separate” in base alla sezione o all’anno di frequenza. Riducendo il numero di presenti, dovrebbe essere meno difficile per un ragazzo piccolo o timido prendere la parola. As: Possiamo dire anche che questo è un trucco per aggirare la carenza di locali adeguati alle assemblee… Uds: Sicuramente. Comunque devo dire che, frequentando il movimento dell’Onda dell’anno scorso, ho visto in ampi settori di questo movimento un rifiuto della democrazia rappresentativa, delle associazioni che ne fanno parte e dei momenti istituzionali che la compongono in una scuola, in primis l’assemblea d’istituto. Su questa disaffezione gioca un ruolo determinante la sostanziale impotenza dei rappresentanti in Consiglio d’Istituto (i professori hanno un numero di voti doppio rispetto agli studenti) e nei consigli di classe. Le assemblee di classe sono ormai due ore al mese di vacanza istituzionalizzata, i comitati studenteschi una riunione di casta impenetrabile. I comitati sarebbero invece una risorsa immensa, perché organo rappresentativo della componente più numerosa di un istituto. I Decreti furono varati per rispondere alle necessità di una generazione molto attiva che chiedeva di partecipare ai processi decisionali. La risposta a quella del Duemila sarebbe la loro abrogazione. Anche perché, oggi come oggi, gli studenti politicizzati rappresentano una minoranza esigua che il più delle volte trascina o indottrina gli altri. Uds: Su questo ti do ragione. In particolare, la figura del rappresentante d’Istituto si è affermata come figura carismatica, da seguire acriticamente. Questa degenerazione finisce per creare disaffezione e disinteresse verso i momenti decisionali, in base alla convinzione – sbagliata – che sia il rappresentante a dover decidere. Più che comprimere gli spazi, anche solo in modo provocatorio, sarei per allargarli, per dimostrare a tutti che possono partecipare e decidere. Un esempio? Aumentiamo il numero di componenti del comitato studentesco. Diminuiamo le deleghe e spingiamo a partecipare: il comitato, così allargato, potrebbe fungere da assemblea d’istituto permanente. As: I Decreti Delegati sono una grande conquista. Rischiano però di diventare un atto dovuto. As: Intanto abbiamo l’obbligo di promuovere partecipazione, non tanto in termini numerici ma qualitativi. All’interno degli organi collegiali c’è la possibilità di confrontarsi fra coetanei, fra compagni di scuola; magari potremmo ridisegnare il giorno dell’assemblea, sognando locali adeguati che permettano di trasformarla in un momento di socialità a tutto campo, dal dibattito al divertimento. Ac: Secondo me bisogna partire da una presa di coscienza: il sistema degli organi collegiali è in crisi e ha bisogno di essere rivisto. Questa riforma, secondo noi, deve passare attraverso due fasi: tornare a ribadire la partecipazione come un valore fondamentale della democrazia, riscoprendo così la politica nel senso più nobile del termine, e riscoprire i luoghi della partecipazione, rilanciando l’assemblea, i consigli di classe, i comitati studenteschi. Questi ultimi, in particolare, avrebbero bisogno secondo me di un regolamento nazionale: non ci si può basare sulla condotta dei singoli istituti. Abbiamo su di noi la responsabilità di risvegliare una coscienza civile che, attenzione, non si è addormentata solo negli studenti, ma in tutto il Paese. La partecipazione politica si contagia. GIORNALISTI CON UN LO SAPEVATE CHE BASTA UN COLPO DI MOUSE PER ENTRARE NELLA REDAZIONE DI ZAI.NET E FAR PARTE DEL GRUPPO DI REPORTER PIU' GIOVANI D'ITALIA? LORO L'HANNO FATTO... Cos’è Zai.net? Quella che state sfogliando è la rivista mensile, che fa un po’ da vetrina a tutte le attività e le interattività del network, che prende vita soprattutto nel sito, nella radio, nelle varie redazioni locali (Lazio, Liguria e Piemonte), nelle tante iniziative che coinvolgono le scuole di tutta Italia. Dove si trova Zai.net? Zai.net non si compra in edicola, ma arriva direttamente a scuola, in classe. Per ricevere la tua copia direttamente a casa, puoi abbonarti individualmente andando sul sito www.zai.net e seguendo le istruzioni alla voce “Abbonamenti”. Come mai gli articoli sono scritti da studenti e non da giornalisti? Qui è il nodo di tutta la faccenda. Noi che siamo i coordinatori della rivista riteniamo di dare ai ragazzi delle scuole uno strumento in più per raccontarsi, identificarsi e confrontarsi, nonostante le distanze geografiche e le diverse tipologie di scuola. Come si entra a far parte della redazione? Basta scrivere un’email alla redazione ([email protected]), oppure cercare il gruppo Zai.net su Facebook: noi vi teniamo al corrente sul percorso degli articoli e vi forniamo le dritte per svolgerli al meglio. Le distanze non contano, contano solo l’entusiasmo e la voglia di scrivere. Chi sceglie gli argomenti su cui scrivere? Beh, gli stimoli ci vengono dall’attualità, ma anche dagli argomenti di studio, dai vostri hobby, dal vostro universo. A noi spetta il compito di coordinarvi sollecitandovi a seguire le regole principali del giornalismo. Come si finanzia Zai.net? Finora ha spesso contato sul contributo economico di enti pubblici e privati che ne condividevano l’approccio innovativo e le finalità formative. Ma la parte più cospicua dei costi è da sempre sostenuta dalla nostra cooperativa di giornalisti, Mandragola Editrice. Info: [email protected] - tel. 06 47881106 MATTIA, 15 ANNI Mi sono avvicinato a Zai.Net grazie alla mia professoressa di italiano, che lo utilizza come un vero e proprio laboratorio di scrittura. Dopo averlo sfogliato, ho capito che è anche un'occasione per dar voce alla propria creatività. Anche se ho appena preso contatti con la redazione, già mi sento a casa e spero di riuscire presto a pubblicare qualcosa di mio e a dare un contributo. Se dovessi riassumere Zai Net in una parola, direi Sfida. ANGELA, 15 ANNI Scrivere è da sempre la passione, è dalla prima elementare che sogno di diventare una giornalista. La cosa ultimamente mi sembrava una specie di utopia per mancanza di opportunità, fin quando qualche giorno fa la mia prof di lettere mi ha fatto vedere Zai.net consigliandomi di provare a farne parte, perciò eccomi qui a presentarmi senza sapere con precisione se sto dicendo troppo o troppo poco. Comunque scriverò tutto di me, giudicate voi se alcune cose sono superflue o no, perché sapete com' è: meglio abbondare... GIULIO, 17 ANNI Leggo Zai.net da quando ho messo piede la prima volta nel mio liceo, ma mi sono deciso da poco a collaborare; a spingermi è stata la prof di italiano, ritiene che io abbia uno stile giornalistico e che per migliorarlo mi servirebbe un’esperienza come quella che posso fare qui. Finora ho scritto per il forum e per la rubrica musicale, ma presto vorrei cimentarmi anche sulla politica, magari facendo qualche intervista. PartecipAzione 21 EUROPA, CI SIAMO ANCHE NOI! DAL 23 AL 25 OTTOBRE, INCONTRO INTERNAZIONALE PER LA CONSULTA GIOVANI DEL PIEMONTE A MARSIGLIA. ECCO IL NOSTRO DIARIO DI BORDO di Elena Fissore, 21 anni a Consulta Giovani del Consiglio regionale del Piemonte e la Consulta Giovanile della Città di Bra (CN) hanno partecipato all’incontro tra Consulte giovanili regionali di Francia e dell’Euroregione Alpi-Mediterraneo, che si è svolto a Marsiglia dal 23 al 25 ottobre 2009. L’Euroregione Alpi-Mediterraneo, attualmente presieduta da Mercedes Bresso, è una struttura di cooperazione transnazionale in ambito europeo, costituita dalle Regioni Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Provence-AlpesCôte d'Azur e Rhône-Alpes. All’iniziativa, organizzata dalla Région PACA (ProvenceAlpes-Côte d'Azur) in occasione del decimo anniversario del proprio Consiglio regionale dei Giovani, eravamo presenti in 220 giovani di età compresa tra i 15 e i 30 anni. Suddivisi in gruppi di lavoro, ci siamo confrontati sui temi della cittadinanza europea, dell’ambiente, dello sport e tempo libero, temi sui quali sono state elaborate delle raccomandazioni finali. In particolare la delegazione piemontese ha partecipato attivamente alla scrittura di un documento propositivo sulla partecipazione attiva a livello locale ed europeo. L La documentazione è disponibile sul sito http://crj10ans.regionpaca.fr Molta attenzione è stata dedicata al problema dei minori stranieri non accompagnati, che in Italia sono più di 8.000, con la partecipazione di esponenti del Réseau Euroméditerranéen Mineurs Isolés, una rete che lavora proprio su questo, creata nel 2002 da alcuni comuni e regioni di Francia, Italia e Spagna: www.reseauremi.org I ragazzi della delegazione piemontese erano, oltre alla sottoscritta, Roberto Piumatti, rappresentante della Consulta Giovanile di Bra presso la Consulta Giovani del Consiglio regionale del Piemonte, Alessandra Ferraris, Federica Gemelli, Margherita Perlo, Claudio Cravero, Alessandro Ruberi, Paolo Scalabrino, accompagnati da Massimo Borrelli, Assessore alle Politiche Giovanili della Città di Bra, e dalla segretaria della Consulta regionale dei giovani Giuliana Turroni. Alla fine dell’incontro, abbiamo osservato all’unanimità: “E’ stato molto proficuo poter conoscere e confrontarsi con rappresentanti di organizzazioni giovanili di regioni vicine. L’incontro ci ha inoltre permesso di constatare il carattere eterogeneo di struttura e composizione delle diverse consulte giovanili regionali, e di quanto le consulte giovanili piemontesi siano decisamente all’avanguardia nel panorama europeo”. LA CONSULTA GIOVANI DEL CONSIGLIO REGIONALE DEL PIEMONTE Istituita dal Consiglio regionale del Piemonte nel 1996, è composta da rappresentanti di associazioni giovanili, consulte studentesche, istituzioni scolastiche e universitarie, consulte giovanili degli enti locali, consulte regionali, organizzazioni sindacali e di categoria, movimenti politici giovanili e gruppi consiliari regionali. Svolge attività di proposizione e di consultazione nell'elaborazione degli atti e delle leggi regionali riguardanti i giovani e promuove progetti, ricerche, incontri e dibattiti pubblici sui temi attinenti alla condizione giovanile. www.consiglioregionale.piemonte.it/giovani [email protected] Intervista © Gerald Bruneau 22 NEL GIOCO DELL’INFORMAZIONE FIRMA SEMPRE PIÙ PRESTIGIOSA DEL GIORNALISMO POLITICO, LUCA TELESE CI PARLA DELLA STAMPA ITALIANA E DEI SUOI PROBLEMI, FRA SCELTE CORAGGIOSE, CENSURE SOTTERRANEE E QUALCHE SASSOLINO DA TOGLIERSI di Matteo Marchetti, 21 anni e Federica Zaccarelli, 20 anni osca bianca” di sinistra nella redazione più berlusconiana d’Italia (Il Giornale) per diversi anni, Luca Telese oggi ha rotto gli indugi ed è passato a Il Fatto Quotidiano, la nuova testata “d’assalto” in edicola da un paio di mesi. Spiritoso, dissacrante, a volte corrosivo e altre delicato, oltre a lavorare nel suo giornale è un importante saggista (Cuori neri e Qualcuno era comunista, solo per citare alcuni suoi lavori) e conduttore televisivo (Tetris, programma di approfondimento politico di La7). Lo abbiamo incontrato nella sua nuova redazione per una chiacchierata a tutto campo: giornalismo, libertà di stampa, mezzi di comunicazione. Lei è di recente passato da una testata “istituzionale” come Il Giornale per scommettere sull’avventura editoriale de Il Fatto Quotidiano. Con quali motivazioni? «I troppi compromessi cui i nostri colleghi sono costretti e il “giro di vite” operato in quest’ultimo periodo mi hanno spinto a rompere con il mondo dell’editoria di cui facevo parte. Il 50% dei media sono di proprietà di Berlusconi, un altro buon 20% è indirettamente nelle sue mani; fino a qualche tempo fa, all’interno di questo gigantesco conflitto d’interessi, erano tollerati dei “non allineati”. Una volta esploso lo “scandalo di Papi” il controllo è stato più diretto. Questa stretta ha colpito giornali, programmi, Rai, Mediaset... Sentivamo la necessità di costruire qualcosa di nuovo, di uscire dal ‘cono d’ombra’ costruito dalla proprietà su qualsiasi testata». “M E per farlo avete anche rischiato non poco… «Quando abbiamo cominciato a parlare del Fatto sembrava una cosa impossibile: senza editore, pochi soldi in cassa, ma il sogno di qualcosa di impossibile ha fatto sì che un gruppo di professionisti ci scommettesse sopra. Ci siamo licenziati (prima io, poi Lillo, poi Gomez e Travaglio), qualcuno, come il nostro direttore Padellaro, oltre alla reputazione ha investito la sua liquidazione». Anche un po’ di paura di non riuscire? «Eravamo in questa stanza, che una volta era un call center. Speravamo di toccare quote di sopravvivenza, dieci, quindicimila copie. E invece, come in una fiaba, il contatore dei nostri abbonati, sempre acceso sull’unico computer (un portatile) di cui potevamo usufruire, continuava a macinare numeri. Due, tre, dieci, ventimila abbonamenti in bianco, senza neanche un numero da valutare, proprio in segno di fiducia verso il progetto. Oggi abbiamo circa trentamila abbonati, che hanno finanziato questo giornale e ci hanno permesso di essere ancora più ambiziosi, di chiamare altri giornalisti, di avere una riserva di contanti importante. Abbiamo numeri che non immaginavamo neanche, ottanta-novantamila copie, con punte di centoventimila; abbiamo centocinquantamila “fiancheggiatori” che ogni giorno si collegano al nostro sito. Tutte queste persone ci chiedono una cosa sola: al di là di qualche errore, o di una grafica non impeccabile, dateci notizie». Ha scritto: «La peggiore censura è l’autocensura». «Il problema dell’autocensura è enorme e ricorrente. In questo giornale è l’unico che non c’è: ne abbiamo tanti altri, bisogna fare da sé tante piccole operazioni che nelle 23 altre redazioni sono svolte da personale apposito, ma almeno non bisogna ogni volta stare a pesare ogni singola parola del pezzo, pensare a quello che dirà l’editore, il direttore, i loro amici, gli investitori». A proposito della classe editrice italiana… «È la peggiore del mondo, sono tutti palazzinari, inquisiti, corrotti, gente che opera nel campo editoriale solo per acquistare un’arma di pressione, per entrare in un giro di contrabbando dei favori. Questa nostra paradossale situazione di non avere un editore è sì un rischio – stipendi che potrebbero non arrivare, fragilità economica – ma anche un’opportunità straordinaria, perché ci permette di avere i lettori come unico riferimento da tenere a mente». Oltre alla carta stampata lavori anche in televisione. A volte si ha l’impressione di una “censura selettiva”, che colpisce solo su alcuni mezzi: sui giornali si può scrivere di tutto, ma guai a fare lo stesso davanti a milioni di persone… «La televisione è una lente d’ingrandimento: può deformare, dilatare o rendere più evidente una notizia. Teniamo a mente che su ogni mezzo di comunicazione una notizia è inedita: qualcosa che è risaputo da mesi nel “giro” della stampa diventa clamoroso se trasportato in tv – basta ricordare lo scandalo che diede Travaglio quando portò il suo libro L’odore dei soldi al programma di Luttazzi nel 2001. In televisione i controlli si fanno più feroci, ma il “disvelamento”, il momento della verità, è più frequente: sulla carta stampata si può tranquillamente ripetersi dieci volte, davanti a una telecamera anche un “no comment” può essere dirompente». Quando si parla di censura si immagina sempre un’azione diretta della politica verso l’informazione. Forse è un po’ romanzata. Quali sono le pressioni che si incontrano? «In realtà solitamente basta molto meno: basta lo sguardo storto di un capostruttura, basta un piccolo battibecco su un qualche ospite. Questo tipo di “filtro” diventa chiaro quando ci si accorge che alcuni spariscono dal video e altri, purtroppo, ritornano a cicli: quando Berlusconi invade Porta a Porta è sempre seguito da giornalisti più o meno ammaestrati, più o meno proni. Non serve incomodare i potenti: bastano le censure “burocratiche”, come nel caso delle ultime puntate di Annozero (imporre contraddittori impossibili da ottenere, far arrivare contratti e documenti il più tardi possibile), o quella “indiretta” che ha dovuto subire Report vedendosi togliere la tutela legale, senza la quale è ovvio che potrà spingersi sempre meno alla ricerca della verità». Ma com’è possibile far sparire le notizie? «Ci sono numerose e fantasiose modalità. La censura diretta è rara, anche se mi viene in mente che Travaglio non è mai apparso su Mediaset e che Mentana ha perso il posto per un invito di troppo a Di Pietro. Però c’è, ad esempio, l’uso fazioso della conduzione: chi far parlare, come reagire, quanto lasciar parlare. Se, che so, Odifreddi dice “lì iniziarono i problemi con le voci sui ministri”, Vespa si inalbera; se Berlusconi insulta Rosy Bindi riesce solo a balbettare un “su, Presidente, andiamo” e poi tace quando il premier rivendica i suoi insulti». La stampa perde continuamente terreno rispetto ad altri mezzi di comunicazione, come la televisione o internet. «Io andrei un po’ cauto nell’indicare mezzi di comunica- zione “privilegiati”: è vero che il pubblico della stampa si sta riducendo (siamo sui cinque milioni di lettori) ma è altrettanto vero che la stampa detta ancora tempi e temi dell’agenda politica. Gli altri media, tra cui la televisione, non fanno altro che inseguire». Ed è lì che colpiscono i tentativi di controllo.. «Proprio per evitare che gli spunti della stampa arrivino a un pubblico troppo grande. Il nostro premier, nei suoi anni da manager tv, aveva un mantra: il palinsesto non deve avere buchi di coerenza; con questo voleva dire che ad un film comico non poteva seguire un dibattito culturale. Ora che fa politica, può permettersi ancora meno “buchi” nei palinsesti televisivi: ben consapevole che i contenuti di un programma con il 5% di share potrebbero influenzare il mainstream, vuole fermare il “contagio”. Se Berlusconi esercita un controllo tanto ferreo non è perché è un despota, ma perché ha una logica comunicativa coerente. Perfino un filmato autoprodotto in rete, se ricevesse molti contatti, potrebbe essere ripreso da una tv “istituzionale”. Questo va evitato». Ecco, la rete: sempre più persone vedono nel web il futuro dell’informazione, ma le testate telematiche non hanno l’autorevolezza del cartaceo. «Cerchiamo di evitare di trovare “regine”: non esiste un mezzo “giusto”. La rete è molto potente, ma può anche essere il luogo di bufale pazzesche, notizie false, inventate, tendenziose, anonime, sporche, semiserie, semivere. Io ci lavoro molto: trovo che i motori di ricerca siano uno strumento fantastico; quando una notizia è in cima ai risultati di Google, questo le dà ai nostri occhi una certa autorevolezza. Nessuno pensa mai che una notizia è in cima ai risultati perché Prima pagina FQ cliccata più volte, ma non per forza del 14 ottobre 2009 perché vera». Attenzione alla rete, quindi? «Su internet le informazioni si inseguono a una velocità pazzesca. L’unico mondo dove tutto viene pesato, vagliato, controllato è il mondo della carta. E sai perché? Perché un sito internet abbandonato mostra semplicemente un “404 Not Found”; se io fra trent’anni andassi in un archivio, troverei ancora il mio articolo e magari anche i miei errori. Più un’informazione è “tecnologica”, più è effimera. Solo la carta stampata si mantiene bene invecchiando: a volte mi capita che qualcuno mi invii commenti su libri che ho scritto diversi anni fa… Internet è utilissimo, spesso dal mio blog mi arrivano segnalazioni o integrazioni che migliorano i miei articoli, o magari rendono meno difficoltoso trovare un’informazione. Come ho già detto, nessun mezzo di comunicazione è giusto o sbagliato. Ogni mezzo ha il suo linguaggio». La rete è rapida, la carta stampata “pesata” e la televisione piatta… «No, devo spezzare una lancia anche in favore della televisione. Basta con quest’idea della “cattiva maestra”: in tv si finisce sotto un riflettore, è come se si parlasse con un megafono. Usando un megafono, non si può tenere una discussione filologica; si può fare un comizio, si possono gridare slogan, messaggi brevi e incalzanti. In televisione è lo stesso: i contenuti devono tenere conto del mezzo attraverso il quale vengono trasmessi. È giusto? È sbagliato? No, semplicemente è così». Reporter di pace 24 Tre studenti della Sung Kong Hoe University in Korea a bordo di Peace Boat PEACE BOAT IN VIAGGIO PER RICORDARE ALLE 11.02 DEL 9 AGOSTO 1945 LA VITA DI UN RAGAZZO DI 14 ANNI CAMBIA PER SEMPRE. OGGI QUEL RAGAZZO È UN HIBAKUSHA E QUESTA È LA SUA STORIA di Benedetta Michelangeli, 20 anni due passi da Nagasaki, il 9 agosto del 1945, una scolaresca è intenta a finire i compiti (durante la guerra, solo gli studenti che aspirano a diventare ufficiali possono frequentare la scuola, tutti gli altri sono costretti a recarsi nella fabbrica di armamenti della città); sono le 11.02 quando si sente un rumore fortissimo. Non può essere una bomba - pensano gli scolari - Nagasaki non ha mai subìto attacchi, in più è abitata da un’alta concentrazione di cattolici, è al sicuro. Un ragazzo va alla finestra e vede una luce accecante; abituato com’è alle numerose esercitazioni militari, sa come muoversi, perciò si getta velocemente a terra. Ma il rumore cessa e dopo cinque secondi uno spostamento d’aria fortissimo investe tutto: volano oggetti, vetri, mobili; lui rimane schiacciato dagli altri compagni, respira a stento, ma questa “protezione umana” gli eviterà ferite gravissime. Insieme ad altri cittadini si reca poi nel bunker in mezzo alla collina, dove arrivano feriti con ustioni gravissime, corpi carbonizzati, la pelle che pende dagli arti come uno straccio. In assenza di bende o medicinali, ci si serve di pezzi di vestiti per bendare le ferite; in lontananza, al centro della città, si è alzata intanto una colonna di fuoco: è il “fungo atomico”. Il giorno dopo il ragazzo torna a scuola: su circa 350 studenti, i presenti sono soltanto ventina. Viene mandato insieme ad altri cinque volontari alla ricerca dei propri compagni ancora sepolti sotto le macerie. Cammina per le strade tra edifici crollati e incendi ancora vivi, ma non prova compassione per i morti sulle strade, come avesse perso qualsiasi sentimento umano; ciò che gli rimane è un senso di vuoto, di nulla, il sentimento della guerra. Allontana da sé i feriti che gli chiedono insistentemente A di poter bere dalla sua borraccia. A sessantaquattro anni di distanza quel gesto di rifiuto rimane vivo nel suo cuore, come una spina. Il primo settembre 1945 il Giappone dichiarò la sconfitta, è la fine della guerra, che porta con sé la felicità di essere ancora vivi dopo la bomba; l’effetto della radioattività dell’uranio fu visibile solo in seguito, manifestandosi attraverso emorragie dalla bocca, ematomi sul corpo, caduta dei capelli, e soprattutto attraverso i tumori ereditati dalle generazioni successive. Si disse, allora, che per sessant’anni non ci sarebbe stata più nessuna forma di vita a Nagasaki; invece, contro ogni previsione, l’anno successivo la terra iniziò a germogliare, portando gioia nei giapponesi, da allora tenacemente attaccati alla speranza trasmessa dal verde di quelle foglie. Perché non succeda mai più Quel ragazzo oggi ha settantotto anni, il suo nome è Hiroshi Nishioka; il racconto che vi abbiamo appena fatto nasce dalla testimonianza ascoltata in occasione dell’incontro organizzato a Roma ad ottobre da Peace Boat con gli Hibakusha, i sopravvissuti ai bombardamenti atomici del 1945 (la traduzione letterale dal giapponese sarebbe “persona affetta dall’esplosione”). Peace Boat è un’organizzazione non governativa nata in Giappone nel 1983 per promuovere la pace attraverso viaggi a bordo di grandi navi per passeggeri, cui partecipano anche gli Hibakusha (attualmente sono circa 250.000); dopo il successo del primo viaggio, avvenuto nel 2008, gli Hibakusha sono partiti una seconda volta dal Giappone il 26 agosto, dove torneranno l’11 dicembre 2009, dopo aver visitato 21 paesi, organizzando incontri e dibattiti con le organizzazioni locali, i rappresentanti della società civile, i cittadini e gli studenti, affinché la 25 Il fungo atomico a Nagasaki GLI OBIETTIVI DEL TRATTATO DI NON PROLIFERAZIONE L’impegno dei “Paesi ufficialmente nucleari” affinché gli altri Stati non raggiungano la tecnologia nucleare militare; l’impegno dei paesi che non ne erano in possesso a non dotarsene; l’impegno di ciascuna parte a concludere trattative su misure efficaci per una prossima cessazione della corsa agli armamenti nucleari e per il disarmo nucleare. www.archiviodisarmo.it www.peaceboat.org conoscenza sul nucleare sia condivisa dall’intera società, per arrivare, con un impegno comune, all’abolizione definitiva delle armi nucleari. Sabato 10 ottobre, Peace Boat è arrivata a Civitavecchia e dieci Hibakusha sono stati ricevuti in Campidoglio; nell’occasione, oltre alla preziosa testimonianza del signor Nishioki, sono state annunciate una serie di iniziative per preservare anche nelle giovani generazioni il ricordo di ciò che è avvenuto: dal primo “Viaggio della Memoria” ad Hiroshima del Sindaco di Roma Gianni Alemanno con gli studenti di alcune scuole della città - che si terrà l’anno prossimo - all’intenzione dello stesso Comune di intitolare una strada alle vittime delle bombe. Disarmo: l’Italia promette ma non mantiene Un’occasione di riflessione come questa, non ha potuto non innescare un dibattito sull’importanza del controllo degli armamenti nucleari, tema centrale della politica internazionale; a questo riguardo, Luigi Barbato, ricercatore presso l’Archivio Disarmo (Istituto che studia i problemi del controllo degli armamenti, della pace e della sicurezza internazionale) ha sottolineato i segni di cambiamento positivi, certo, non trascurando però i numerosi motivi di preoccupazione. Del primo caso, è esempio la nuova amministrazione del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che in aprile a Praga ha annunciato “un’era senza bombe nucleari”, rilanciando negoziati per il disarmo; obiettivo riproposto anche nel discorso con cui Obama ha accolto la notizia dell’assegnazione del Premio Hiroshi Nishioki, Hibakusha Ciò che gli rimane è un senso di vuoto, di nulla, il sentimento della guerra. Allontana da sé i feriti che gli chiedono insistentemente di poter bere dalla sua borraccia Nobel per la Pace, in cui ha ribadito la necessità di giungere ad un mondo senza armi atomiche perché “non possiamo tollerare un mondo dove altre nazioni ancora arriveranno a dotarsi di armi atomiche, e dove il terrore di un olocausto nucleare metterà a rischio un maggior numero di persone”. Nonostante questi segnali positivi, Barbato ha mostrato però come gli obiettivi stabiliti nel Trattato di Non Proliferazione (TNP), firmato nel 1968 da Stati Uniti, Unione Sovietica e Gran Bretagna, e sottoscritto da 188 Paesi, non siano stati raggiunti; non solo la Non Proliferazione non c’è stata (si pensi a Israele, India, Pakistan, Corea del Nord, tutti paesi che possiedono testate nucleari), ma a ciò si sono aggiunti altri problemi, come il mercato nero delle armi nucleari, o i rischi connessi al furto o al trafugamento di materiale nucleare. Intervistato, poi, nel corso della trasmissione radiofonica “Il pomeriggio con Zai.net”, Barbato ha anche ribadito qual è la posizione dell’Italia: “per il nucleare militare il problema è la presenza nel nostro territorio di testate atomiche, in contravvenzione al Trattato di non proliferazione nucleare firmato e ratificato dall’Italia”. Il nostro Paese ha promesso, ma non mantiene, quindi. Nella speranza che la situazione possa migliorare presto e che si possa arrivare a un disarmo generalizzato, sono numerose le iniziative che si concretizzeranno nel 2010 su più livelli: è importante, ad esempio, che il Giappone continui a onorare i tre principi non nucleari (non produrre, non possedere e non introdurre armi nucleari nel paese), e che organizzazioni non governative come Peace Boat o Mayors for Peace continuino a diffondere consapevolezza. In attesa che queste azioni confluiscano nel Riesame del Trattato di Non Proliferazione, previsto presso le Nazioni Unite nel maggio del 2010 a New York. Scienza 26 SEGRETI E PARADOSSI DA PREMIO NOBEL CE LI RACCONTA LA GIOVANE REPORTER DI ZAI.NET CHE HA AVUTO L’ONORE DI CONSEGNARE A RITA LEVI MONTALCINI I REGISTRI INEDITI DATATI 1919-1922, QUANDO ERA ALLIEVA NELLA SUA STESSA SCUOLA di Indhya Contu, 18 anni Liceo pedagogico “D. Berti” n nome del desiderio più forte per una donna di scienza, quello di diffondere soprattutto tra i giovani la stessa passione per il sapere e la ricerca che ha caratterizzato la sua intera esistenza, lo scorso 7 ottobre nell’Aula3 dell’Università di Torino ha avuto luogo la conferenza di Rita Levi Montalcini in onore dei suoi 100 anni e 6 mesi. Ho avuto io stessa il piacere di consegnarle le copie inedite dei registri generali dei voti datate 1919-1922, in cui sono contenute anche le sue valutazioni nell’arco di tempo in cui è stata allieva presso la prima scuola magistrale in Italia, l’istituto “Domenico Berti” di Torino, lasciata in seguito alla scelta di conseguire il diploma come privatista. È stato curioso scoprire nel curriculum scolastico dell’ultimo anno del Premio Nobel per lo studio del Nerve Growth Factor (importante inizio per la sconfitta di malattie degenerative), alcune lacune proprio nelle materie scientifiche: un paradosso che dovrebbe essere di stimolo per ogni studente a migliorare nel quotidiano la propria preparazione didattica, anche nei momenti in cui le insufficienze fioccano inarrestabili. Rita Levi Montalcini ha, poi, condiviso con tutto il pubblico la risposta che era solita dare nel momento in cui, da giovane, le veniva posto il classico quesito “Cosa vorresti fare da grande”. A partire dalla metafora dei quattro bottoni – all’epoca le camicie ne avevano solo quattro, appunto, ognuno dei quali corrispondeva ad un sentiero di vita che le donne potevano intraprendere: ricca, povera, monaca o sposa - lei decise di cucire il quinto: libera pensatrice laica. Nella vita – ha ribadito la grande scienziata - ci sono soltanto due comandamenti: il primo è contraddistinto dai valori, in assenza dei quali non siamo neanche degni di ritenerci esseri umani, mentre il secondo riguarda l’uso accurato e consapevole del cervello, organo splendido dalle potenzialità infinite, alcune delle quali tuttora latenti. Alle curiosità sul suo traguardo anagrafico e sulla costanza con cui ha confessato più volte di condurre la quotidiana attività di ricerca, la Montalcini ha risposto di continuare tuttora ad alzarsi alle 4 del mattino: “A 100 anni ci sono maggiori capacità immaginative e… dormire? Questa attività non mi appartiene in quanto è sinonimo di perdita di tempo”. Ora, ditemi, di fronte a una simile affermazione non sorge in tutti voi un irrefrenabile desiderio verso la ricerca in ogni campo, verso la totalità del sapere stesso? E visto che, come diceva il grande Socrate, “non è importante la ricerca, ma mettersi in cammino”, perché non farlo subito? I Lei decise di cucire il quinto bottone: libera pensatrice laica UNA VITA PER LA SCIENZA La scienziata e senatrice a vita Rita LeviMontalcini è nata a Torino il 22 aprile 1909; nel 1986 le è stato consegnato il Premio Nobel per la medicina per l'intuizione dei fattori della crescita nello sviluppo umano. Nella motivazione del Premio si legge: «La scoperta del NGF all'inizio degli anni Cinquanta è un esempio affascinante di come un osservatore acuto possa estrarre ipotesi valide da un apparente caos. In precedenza i neurobiologi non avevano idea di quali processi intervenissero nella corretta innervazione degli organi e tessuti dell'organismo». Test 28 CERVELLO IN SALDO SCONTI FINO AL 100%! SICURI DI CONOSCERE E DI SFRUTTARE APPIENO TUTTE LE POSSIBILITÀ DEL VOSTRO CERVELLO, “ORGANO SPLENDIDO DALLE POTENZIALITÀ INFINITE”, COME L’HA DEFINITO RITA LEVI MONTALCINI? SCOPRITELO ATTRAVERSO IL NOSTRO INFALLIBILE TEST E LE SUE IMPROBABILI DOMANDE DI LOGICA A B C A B C Il papà di Giovanni si è sposato molto giovane con una bellissima donna, dalla quale ha avuto ben tre figli: Qui, Quo e... ? Uhm... Giovanni? Qua – i tre nipoti di Paperino girano sempre in trio! Chiaramente non ho nemmeno letto per intero la domanda. Ma che mi importa di come si chiama ’sto terzo figlio – parliamo piuttosto della moglie bellissima! Queste sono cose interessanti! Il dottore ti prescrive una cura in pastiglie. Devi prendere tre pillole, una ogni mezz'ora. Quanto dura la tua cura? Un'ora! Spiegazione: prendo una pastiglia adesso, la seconda tra mezz'ora e la terza ed ultima tra un'ora, tanto ci vuole per capirlo? E se invece facciamo supposte al posto delle pillole? Non ne ho idea, piuttosto che farmi il calcolo preferisco morire! A B C A B C A B C A A B C Un archeologo dice di aver trovato una moneta antica con sopra l'iscrizione “42 a.C.” Dovevano essere molto informati quelli che hanno coniato la moneta per sapere che quarantadue anni dopo sarebbe nato Cristo! O la moneta è un falso o l'archeologo un cialtrone! Però! E’ molto antica! Embè? Sulle nostre monete ci sta scritto 2002, 2003, 2008... e gli antichi ci scrivevano “42 a.C.”, che c'è di strano? B C Chi ha ucciso il fratello di Caino? Caino stesso? Abele? Freddo della banda della Magliana per una storia di droga, mi pare. Quanti mesi hanno ventotto giorni? TUTTI! Qualcuno ne ha anche di più, ma almeno 28 li hanno tutti! Febbraio sicuramente ne ha ventotto... Non ne ho idea, io so contare soltanto fino a dieci. Un palazzo ha 12 piani, ogni piano ha il nome di un mese, come si chiama l'ascensore? Con l'apposito pulsante. Non è una domanda semplice, probabilmente avrà il nome di un giorno della settimana o l'anno in cui è stato fabbricato il palazzo, chi lo può sapere? Ma che ne so, preferisco farmela a piedi. Chi è Rita Levi Montalcini? Rita Levi-Montalcini è una scienziata e senatrice italiana. È stata insignita del premio Nobel per la medicina nel 1986 ed è socia nazionale dell'Accademia dei Lincei per la classe delle scienze fisiche. Quella vecchietta di cui parlava Cristina del Grande Fratello in Tv, quel che è morta un po' di tempo fa... quella che stava pure sulle vecchie mille lire! È la ragazza che lavora al solarium, quella che fa pure la ricostruzione delle unghie, no? LEGGI IL TUO PROFILO A PAG. 59 30 ESCLUSIVA: Intervista a Ian Paice MUSICA 32 TALENT SCOUT: Emergenti ma non troppo Musica 30 QUATTRO CHIACCHIERE CON IAN PA I C E “CON L’ARTE FORSE NON SI PUO’ CAMBIARE IL MONDO, MA NOI DOBBIAMO PROVARCI LO STESSO”. COL BATTERISTA DEI DEEP PURPLE È STATO UN PO’ COME TORNARE INDIETRO NEL TEMPO: LA PRIMA VOLTA AD ABBEY ROAD, GLI ANEDDOTI SU ALCUNI TRA I PIÙ GRANDI MUSICISTI DI TUTTI I TEMPI, I CONSIGLI A QUELLI IN ERBA E MOLTO ALTRO ANCORA di Riccardo Cotumaccio, 18 anni, e Serena Mosso, 18 anni Liceo classico “Augusto” e Liceo classico “Manara” più che accontentato, visto che dopo una serie infinita di e c’è una cosa che posso dirvi, è che sono domande ha esclamato «Adesso fatemi suonare!». qui ma non devo insegnarvi nulla, ho ancoSe l’esibizione live solitamente è preferita alla “chiacra da imparare moltissimo da voi». Ian Paice, chierata” iniziale, Ian Paice riesce a far divertire il pubbacchette alla mano e traduttore al suo fianco, si offre blico parlando di personaggi ritenuti miti della musica così al discreto pubblico di Stazione Birra, rinomato mondiale come fossero i suoi vicini di casa - il che, già locale fuori Roma: occhiali da sole rigorosamente blu di per sé, è entusiasmante. Racconta scuro, tuta nera abbinata ad una semplicon ironia la sua prima esperienza ad ce maglietta bianca e quella solita aria da ragazzino che sale sul palco solo per Se c’è una cosa Abbey Road, interpretando la parte del principiante confuso ed emozionato al divertirsi e divertire. Era stata definita che posso dirvi, è suo primo giorno di scuola. «Con i una lesson, una specie di lezione, quella che doveva tenere inizialmente il batteri- che sono qui ma non Deep Purple arrivai agli studi di Abbey per incidere il nuovo album, ero sta dei Deep Purple. Da subito, però, è devo insegnarvi Road teso più che mai. Non solo mi trovai diventata più una sorta di colloquio personale fra lui e il pubblico: pezzi alla bat- nulla, ho ancora da subito David Guilmor davanti, ma sucteria alternati a perle sulla sua carriera e imparare moltissimo cessivamente incontrai Paul Mc Cartney, che per giunta mi salutò! Non su quella di altri grandi protagonisti della da voi ho potuto fare altro che inchinarmi... scena musicale mondiale. (si inchina) Appena entrati andammo a Era come se Ian avesse più voglia di senregistrare nello studio dove anni prima avevano regitire le curiosità del pubblico – quasi per dire “Non fatemi strato i Beatles. Ci appostammo esattamente come fecesuonare, preferisco farmi una chiacchierata” - ed è stato “S 31 Un consiglio: quando i batteristi suonano, non devono portare il tempo, devono dare intonazione come se i colpi fossero note ro Lennon, Mc Cartney, Ringo e Harrison, un’emozione che tuttora non riuscirei a descrivervi». Alla domanda di Serena sul rapporto che i giovani degli anni ’60 e ‘70 hanno avuto con la musica e con i Deep Purple e su quale rapporto hanno, invece, le attuali generazioni con la musica di oggi, Ian risponde così, come non vedesse l’ora di dire queste parole: «La musica all’epoca era veicolo per far emergere proteste e tematiche sociali. Molti musicisti cercavano di lanciare messaggi, come Bob Dylan o John Lennon. Anche i Deep Purple l’hanno fatto in alcune canzoni, come per esempio “Child In Time”. Parlare di pace era per noi naturale, quasi scontato, perché si trattava di un’idea condivisa da tutti, ma poi i potenti e i militari facevano esattamente l’opposto, quindi ciò che ci sembrava banale improvvisamente aveva bisogno di essere ribadito nelle canzoni. Poi la guerra è finita, abbiamo vissuto trent’ anni di pace, più o meno. I giovani non hanno più avuto molto per cui combattere, ma se non stanno attenti presto ci sarà di nuovo bisogno di protestare. Con l’arte non si può cambiare il mondo, forse, ma noi dobbiamo provarci lo stesso». Curiosità non solo sugli artisti di un tempo, ma anche su musicisti che calcano in questo momento i migliori palcoscenici mondiali. In virtù della sua collaborazione con Chad Smith, batterista dei Red Hot Chili Peppers, Ian definisce sia dal punto di vista tecnico sia personale l’artista, rispondendo ad un Riccardo a dir poco entusiasta: «Sapete, Chad Smith mi ricorda John Bonham. Un grandissimo artista, nei confronti del quale provo tantissima stima. Ho avuto diverse occasioni per suonare con lui, ma mi rimarrà sempre impressa quella serata al “Modern drummer weekend festival” quando per intrattenere il pubblico ha mantenuto per cinque minuti lo stesso ritmo; all’inizio anche io ero incredulo, successivamente ne ho capito la difficoltà e la tecnica. Un consiglio, quando i batteristi suonano, non devono portare il tempo, devono dare intonazione come se i colpi fossero note. Non devono portare solo il ritmo, devono sentire dentro quello che suonano. Chad, dal punto di vista personale è inimitabile. Pensate (ride), ho avuto modo di sentirlo con i Chickenfoot - con i quali, secondo me, si esprime meglio - e ad un certo punto, come se niente fosse, ha scaraventato il rullante della batteria per aria… stava per colpire in pieno Sammy Hagar (il cantante), per fortuna lui stesso si è catapultato su di lui evitandogli una brutta botta! ». La conversazione si sposta sul suo gruppo, i Deep Purple: non è stato facile sostituire, in passato, il tastierista. «Il problema – chiosa – non era trovare un individuo che sostituisse il nostro vecchio tastierista a livello personale, ma che fosse tecnicamente al suo stesso livello». Non lo ferma più nessuno, scatenato con le parole, ha dimostrato di essere scatenato anche alla batteria. Nel concerto con gli Hush - band tributo tutta italiana dei Deep Purple - ha dimostrato ancora una volta il suo talento, e il talento delle persone che lo accompagnavano in questa straordinaria avventura italiana. Incontrare un personaggio come lui è stata un’esperienza fantastica, figuratevi stringere la sua bacchetta e portarla a casa. Irripetibile. Musica 32 ASTENIA, BROKEN LIES, THE SUN: emergenti ma non troppo MAGARI HANNO VENDUTO MIGLIAIA DI DISCHI IN AMERICA E IN ITALIA NON LI CONOSCE NESSUNO (O QUASI); MAGARI SONO ALLA RICERCA DI UN’ETICHETTA; MAGARI HANNO SOLO CAMBIATO NOME… SONO LORO, GLI EMERGENTI MA NON TROPPO A cura di Chiara Colasanti, 18 anni Astenia Dal 2005 i poco più che ventenni Gianluca, Edoardo, Luca ed Emiliano suonano insieme e fanno della capitale la base del loro gruppo, ormai conosciuto in tutta Italia. Nel 2007 esce il primo ep, Geometrie Circolari, che li aiuta a farsi conoscere sempre di più, non solo grazie a myspace (www.myspace.com/asteniaworld), ma anche per mezzo di radio, fanzine e webzine. Nel 2008 altra tappa importante; partecipano al video di Max Pezzali Mezzo pieno o mezzo vuoto e continuano i loro “pellegrinaggi” in vari concorsi, dove riscuotono notevole successo. Sono ora alla ricerca di una casa discografica per la pubblicazione del primo full length, coadiuvati e sostenuti da Vinx (Vincenzo dei Vanilla Sky), produttore artistico degli ultimi due brani, Racconti scomodi ed Enilei, che vi consiglio caldamente di andare ad ascoltare. Per loro scrivere è una sorta di terapia; la scelta di farlo in italiano è poi una scelta particolare, vista la nostra propensione ad ascoltare musica in inglese - seppur suonata e scritta da italiani - ma loro ne sono consapevoli e ne vanno fieri. Certo, non sono sempre rose e fiori, la convivenza a volte è difficile e, avendo tutti e quattro un bel caratterino, vi lascio immaginare... Non c'è molto altro da aggiungere se non: meritano, questi ragazzi meritano! Broken Lies Brescia dal 2005 ha visto la crescita di uno dei gruppi più rappresentativi del pop punk alternativo dell'underground italiano: Luca, Maury e Cristian ci danno dentro per far vedere a tutti quanto valgono e per farsi conoscere. Negli States grazie al primo singolo, Before (di cui sono state vendute svariate migliaia di copie), si sono guadagnati l'apprezzamento di moltissimi fan; nell'ultimo anno, altri due brani hanno poi permesso loro di affermarsi ulteriormente a livello internazionale. Sono tre ragazzi estremamente allegri e solari, “l'ideale per ogni fanciulla” (come si dicono da soli!), disponibilissimi con le fan, che non si perderebbero mai un live. Amano dire che la loro principale occupazione è quella di salvare il mondo, ma in questo momento i nostri supereroi sono in un periodo di riposo/creazione, dopo due mesi di intenso tour... non perdetevi le novità che stanno per proporci e seguiteli sul loro myspace: www.myspace.com/brokenlies, non ve ne pentirete! The Sun Ebbene sì: vi ricordate i Sun Eats Hours? Ecco, i The Sun, sono il frutto dell'evoluzione artistica della storica band, attiva dal 1997. Alle spalle hanno quattro album autoprodotti - in Europa, Asia e Sudamerica - 300 live tra Europa e Giappone - grazie anche alle aperture di concerti di mostri sacri quali The Offspring, The Cure, Misfits, Muse, Afi, Ska P, Nofx, Pennywise, The Vandals e molti altri. La stampa li nota e dedica loro attenzione; fino al 2008 non si appoggiano a management o etichette discografiche, gestendo in maniera autonoma i rapporti con agenzie, distributori, label ed uffici stampa. Grazie a tutto questo, e all’innegabile talento, la band viene premiata al M.e.i. come “miglior punk rock band italiana al mondo”. Il vecchio sound hard rock-punk si rinnova nella scelta di scrivere i brani in italiano, e la band vicentina è pronta a travolgere con la sua notevole capacità comunicativa tutti coloro che saranno disposti a farsi trascinare dal calore solare... dei The Sun. www.myspace.com/thesunrock 38 MOSTRA: La libertà oltre il muro GIOVANI CRITICI 41 CINEMA: Anteprime dal Festival di Roma Vivere di periferia 34 SGUARDI SULLA CITÉ IL NOSTRO FACCIA A FACCIA CON LA FRANCIA CONTINUA QUESTO MESE CON L’INTERVISTA ALL’IDEATORE DEL FESTIVAL “REGARDS JEUNES SUR LA CITE”, PARTNER DEL CONCORSO “VIVERE DI PERIFERIA” di Lucie Laurent, 23 anni e si cerca in un dizionario la parola “cité” la prima definizione è “città”, “quartiere”; eppure per i giovani di periferia francesi quelle quattro lettere vogliono dire un’altra cosa: la “cité” è, infatti, il loro quartiere. Da venti anni in Francia il Festival “Regards Jeunes sur la Cité” (l’ultimo si è svolto dal 28 al 30 ottobre) chiede a questi ragazzi di cimentarsi dietro alla macchina da presa per diventare registi della loro storia; il concorso “Vivere di periferia / Vivre de banlieue” potrebbe essere considerato un fratello minore dell'evento francese, con cui c’è già una partnership, per questo abbiamo voluto intervistare il suo direttore, Patrick Baida. Il vostro festival è nato venti anni fa: come e perché? «Il festival esiste dal 1989 ed è nato da una riflessione in particolare: dare ai giovani di periferia la possibilità di parlare del loro quartiere e del loro vivere quotidiano attraverso il linguaggio audiovisivo. I ragazzi che partecipavano erano spesso in rottura con la scuola, o avevano difficoltà ad esprimersi: abbiamo pensato che questo nuovo mezzo potesse essere uno strumento di comunicazione adatto a loro». Ha avuto subito successo? «Sì. L’iniziativa si svolge così: pubblicizziamo il festival nei quartieri, presso le associazioni e nei centri di animazione allo scopo di far realizzare ai ragazzi dei film e poi S proiettarli. Nel 1989 avevamo in competizione circa 20 film, ma da 10 anni a questa parte il festival ha preso molta più importanza: abbiamo, in media, 100 film all’anno e circa 600 giovani che partecipano per promuovere il loro lavoro. Non vengono solo dalla periferia parigina, ma da tutta la Francia, e anche dalle regioni d'oltremare». Chi partecipa? «Quelli che sono più toccati dalla tematica della “cité”, ma il festival è sicuramente aperto a tutti e abbiamo perciò anche il contributo di ragazzi “cittadini”». Quali sono i criteri di selezione? «Prima selezioniamo i film che sono in accordo con la tematica, poi scartiamo quelli che non sono interessanti o che hanno limiti tecnici, o che veicolano messaggi devianti. È ovvio!». 35 CREA IL TUO MELTING-SPOT PARTECIPA ANCHE TU AL CONCORSO! QUESTO MESE QUALCHE DRITTA PER FARE UN BUON VIDEO Occhio all’orologio! I cortometraggi troppo lunghi non vanno bene, bisogna andare al succo. Impugna la penna. E’ meglio scrivere la sceneggiatura prima. Non basta solo l’atmosfera: un buon film funziona solo se anche il resto (storia, caratterizzazione dei personaggi) è solido. Concentrati bene sul finale: non va bene che il film finisca con un finale aperto, una “non fine”. Dunque, pensa all’ultima scena. Se si tratta di una storia inventata (fiction), scrivi i dialoghi degli attori, a maggiore se sono dilettanti. Non improvvisare!. Attenzione alle comparse: dona loro una consistenza, anche se si vedono solo per un minuto. Non guardarti mentre giri! Dona senso alla forma! Uno zoom o una vista panoramica non servono solo ad abbellire. Affila le forbici! Nella scrittura o nel montaggio, non devi esitare a tagliare. Vai all’essenziale, togli il superfluo, metti un po’ di mordente… Alleggerire, modificare, perfezionare, praticamente il grosso è fatto! Scopri il regolamento su www.viverediperiferia.it Ho notato che i primi 4 premiati della scorsa edizione hanno dato tutti un messaggio di speranza; li avete scelti per questo o sono tutti così? «La scelta dei percorsi è fatta per toccare i giovani, per esempio, “Ici et ailleurs” (Qui e altrove) è stato pensato perché sappiamo che ci sono tanti giovani figli o nipoti di immigrati, del Maghreb o dell' Africa subsahariana. Dunque, la questione della memoria, dell'appartenenza a una doppia cultura sono molto presenti. Nei lavori dei ragazzi ricorrono spesso la discriminazione, la dipendenza. Ne parlano con sguardo critico, ma cercano sempre di farne uscire qualcosa di buono, di dare il buon esempio. E' normale che venga fuori un messaggio di speranza: combattono tutti i giorni per cambiare le cose. Sono molto responsabili, si rendono conto che esprimendosi hanno quasi una missione. Per esempio, è possibile che in un anno in cui il contesto sociale e politico è più teso riceviamo lavori più influenzati dall'atmosfera, sarà la constatazione di un problema». Lei nota un cambiamento di temi nei lavori proposti dai giovani? «Ci sono temi ricorrenti come la memoria, la doppia cultura, la discriminazione, la tossicodipendenza, l'Aids. Ma adesso i giovani parlano anche molto dell'ambiente: su 100 film almeno 10 affrontano questo tema. Significa che le loro preoccupazioni sono legate a quello che succede nella società, sono al passo con i tempi, non sono sfasati». Qual è lo scopo di questo festival? «E' sicuramente educativo, ma siamo anche molto felici quando riceviamo lavori di una certa qualità estetica ed artistica. Magari potremmo scoprire i cineasti di domani: Nelle foto, giovani al lavoro e momenti delle passate edizioni del festival “Regards Jeunes sur la Cité” in molti di questi giovani si rivela un interesse autentico per il mondo audiovisivo, in cui riescono poi a muoversi anche senza formazione. Alcuni diventano, per esempio, animatori nel campo dell'audiovisivo, trasmettono il loro sapere ad altri ragazzi. Per loro la tangenziale è come una frontiera: tutto quello che riguarda l'audiovisivo sta all'interno della città. Noi, invece, creiamo delle passerelle, ma non era questo il nostro obiettivo all'inizio: eravamo spinti più che altro da una vocazione sociale ed educativa». La realtà è molto cambiata dalla prima edizione del festival? «Ci sono molte più difficoltà rispetto a tanti anni fa, ma si parla sempre della periferia e dei suoi problemi mentre invece ci sono migliaia di persone che ci vivono bene, dunque non esageriamo. L'unico problema è quando si creano i ghetti, quando non c'è abbastanza mescolanza sociale. Questo è un problema che riguarda tutti i Paesi europei, e l’unica soluzione può essere, a mio avviso, spronare i giovani a costruirsi il loro futuro senza rassegnarsi già in partenza. Qualche volta questo aiuto è rappresentato, appunto, dagli animatori e dalle iniziative come la nostra. Quello che succede in Francia non è diverso da quello che avviene in Germania, Italia o Spagna, l’unica differenza può consistere forse nel fatto che il mio Paese ha un retaggio coloniale importante, avendo accolto negli anni ’60 e ’70 nuove popolazioni che oggi fanno parte della nostra identità». Le piacerebbe dare una dimensione europea al festival? «Sì, ma dobbiamo fare dei collegamenti con quello che esiste già, c'è bisogno di iniziative locali. Io sarei molto felice di accogliere nel nostro festival film realizzati da giovani italiani, è sempre interessante confrontarsi con altri sguardi. Forse capiremmo di avere molte cose in comune». Qual è il suo sguardo su “Vivere di periferia/Vivre de banlieue”? «Uno sguardo benevolo. Sono stato lusingato nel constatare che all'estero conoscono il nostro festival - che io considero un piccolo festival - e speriamo che questa sia la prima occasione per iniziare ad avere dei legami a livello europeo. Forse, chissà, tra cinque anni faremo un grande festival europeo». Reportage dalla Scuola Holden 36 A CACCIA DI STORIE DA RACCONTARE: SCRIVERE LA DIFFERENZA PROSEGUONO GLI INCONTRI CON LA SCUOLA HOLDEN DI TORINO. QUESTO MESE MARCO RAVASIO CI PARLA DELL’IMPORTANZA DEI “NEMICI” NEL RACCONTO E DEL CORSO PER ASPIRANTI SCRITTORI CHE SI SVOLGERA’ A SEGONZANO TRA NOVEMBRE E DICEMBRE di Michelangelo Bonafede, 20 anni tai camminando per strada. Dall’altra parte arriva qualcuno. All’inizio è solo una sagoma scura, un’ombra, poi a poco a poco si delinea una figura. E’ il tuo nemico. Descrivilo, incontralo, racconta la vostra storia”: è questa l’avvincente traccia su cui dovranno cimentarsi gli aspiranti partecipanti a Cantiere 39, il corso di scrittura organizzato da Scuola Holden a Segonzano (TN) per 3 week-end, dal 20 novembre al 6 dicembre; a tenerlo sarà Marco Ravasio, cui abbiamo rivolto qualche domanda… Di cosa tratterà nello specifico il corso che terrà a Segonzano? «Il tema è il “Nemico”; gli aspiranti scrittori dovranno cercare di sviscerare una storia con l'aiuto delle loro conoscenze e potranno utilizzare la letteratura, il cinema, la tv, i fumetti e anche la storia dell'arte. La traccia che abbiamo dato agli aspiranti partecipanti non è nata da una scelta casuale: in questo periodo storico sembra essere tornata la fobia del nemico, il tutto andrebbe analizzato, prendendo anche spunto da libri o film». I lettori di Zai.net spesso si cimentano nella scrittura di racconti o romanzi; vuole svelare loro qualche segreto, qualcosa che insegna anche a lezione? «Sicuramente bisogna cercare di avere consapevolezza della lingua con cui si scrive. Poi è importante che ci sia una struttura che porti avanti la storia, che si impari a togliere il superfluo, e soprattutto è fondamentale che ci sia un'organizzazione che crei aspettativa nel lettore. Mi raccomando: evitate i cliché, le solite cose che ormai tutti hanno letto; cercate di trovare una voce vostra - che si acquista soltanto scrivendo tanto - prima ispirandovi al vostro autore preferito, poi distaccandovene». È d'accordo sul fatto che la lettura sia la cosa più propedeutica per gli aspiranti scrittori? «Indubbiamente, scrivere senza leggere è come giocare a calcio senza pallone. Vanno bene anche i fumetti o i blog su internet, per passare successivamente ai grandi autori, prendendo piccoli spunti da loro». “S Marco Ravasio Ci racconti del libro che ha scritto, Passaggi e altri abbandoni (Livello 4, 2008). «Sono quattro storie che si intrecciano, quella di un ex-calciatore famoso che non se la passa tanto bene, un ragazzino di 10 anni molto curioso, un immigrato clandestino di origine ucraina e un detenuto in libertà vigilata e che di giorno lavora. C'è un rapporto che lega tra loro i personaggi, come in una sorta di scatola cinese». So che si occupa anche di tv e di linguaggio cinematografico; secondo lei un bel film vale un bel libro, oppure sono due cose troppo diverse? «Sono due cose diverse, non si possono paragonare, vanno letti e analizzati su due piani diversi. Il regista immagina le cose in maniera diversa dallo scrittore; ci sono due metodi diversi. Kubrick è, invece, l'esempio eclatante del regista che ha reinterpretato il film con la propria personalità e ne ha fatto dei capolavori». CANTIERE HOLDEN 39 Il racconto Scrivere la differenza SEGONZANO (TN) novembre – dicembre 2009 3 finesettimana Per leggere, guardare, discutere e analizzare film e racconti di grandi maestri del Cinema e della Scrittura Quando: 3 weekend: 20-21-22 e 27-28-29 novembre, 4-5-6 dicembre 2009-10-22 Per chi: giovani tra i 16 e i 25 anni Costo: 50 euro Per informazioni e iscrizioni: [email protected] tel 348 4794392 / 0461 699084 www.scuolaholden.it Radio CON 15! LIGA 37 HO FATTO IL GRANDE ROCK, GLI APPUNTAMENTI CON LA STORIA, L’ATTUALITA’, LE NEWS IN LATINO. I CORRIDOI DI SCUOLA SEMPRE PIU’ SIMILI A QUELLI DELLA REDAZIONI DI UN GIORNALE. PARDON, DI UNA VERA RADIO a come ci sei riuscita? Semplice, l’ho placcato all’uscita dal concerto e mi sono anche fatta regalare la sua maglia. La maglia di Liga!!! 15 punti non ce li leva nessuno questa volta! Giulia e Francesco sono gli animatori della TWR (Teen Webradio) della scuola. Col loro gruppo registrano interviste, notizie, trasmissioni grazie al laboratorio radiofonico e mandano i contributi in onda sulla radio interna all’istituto e su Zai.network, che trasmette un palinsesto di musica e di programmi di informazione e intrattenimento scelti tra le migliori proposte delle TWR delle varie scuole della regione. Questa volta hanno fatto un bel colpo, sono riusciti a intervistare Ligabue. Forse abbiamo dimenticato di dirvi che Giulia e Francesco non si trovano in una scuola americana o finlandese o australiana. Siamo in Liguria e questo è più o meno quello che succederà in tutte le scuole che da questo anno scolastico avranno una TWR. M Verso la radio degli studenti del Mediterraneo Sia le scuole sia i Centri Giovani della Liguria dotati di laboratorio radiofonico (TWR) possono concorrere alla realizzazione del grande palinsesto di Radio Zai.net e rendersi contemporaneamente autonomi come vere e proprie emittenti radiofoniche. Ogni team – formato da studenti e giovani - è in grado di gestirsi la propria Teen Webradio attraverso un percorso di avvicinamento alle competenze delle professioni radiofoniche guidato da Zai.net. L’intreccio col mondo della scuola: la programmazione è stata pensata per rafforzare l’azione formativa proposta alle singole TWR e consente di inserire ad ogni livello i contributi provenienti dai team (siano essi semplici segnalazioni o veri e propri programmi). L’esperienza dei TWR non si fermerà solo in Liguria o all’Italia, ma piano piano coinvolgerà anche le scuole di Francia, Spagna, Grecia, Marocco e così via… per dare vita, in questo modo, alla prima radio degli studenti del Mediterraneo. ECCO ALCUNI DEI NOSTRI PROGRAMMI Il pomeriggio con Zai.net (30’ di approfondimento sull’attualità con ospiti e ragazzi in studio in collegamento con le redazioni di Zai.net) Notizari giovani reporter (appuntamenti quotidiani con l’informazione selezionata dagli studenti) Memoranda (appuntamento settimanale con l’attualità… in latino) Juke box letterario - Giovani critici (60’’ su libri, film, musica e teatro) Sana e robusta Costituzione (ogni puntata un articolo della costituzione commentato e collegato all’attualità) Italia a colori (programma multietnico di 20’ con musica, libri, ricette e aneddoti) Dolce & Gabbata (storie quotidiane di cuori infranti e consigli improbabili) Informarsi non…Costa (opportunità, consigli e informazioni per gli studenti della regione Liguria direttamente dalla voce del vicepresidente della Giunta) Le interviste impossibili (omaggio a U. Eco – le interviste ai grandi della storia e ai personaggi letterari realizzate dagli studenti) SCOPRI COME ASCOLTARCI SU WWW.RADIOZAI.NET Mostra 38 I cosiddetti “Mauerspechte” impegnati nell’abbattimento del Muro, Berlino, 11 novembre 1989 © Röhrbein / Ullstein Bild / Archivi Alinari IL MURO CHE DIVIDEVA DUE MONDI NEL VENTENNALE DALLA CADUTA DEL MURO DI BERLINO, LA REGIONE PIEMONTE, IN COLLABORAZIONE CON GLI ARCHIVI ALINARI 24 ORE, RICORDA CON UNA MOSTRA UNO DEGLI EVENTI SIMBOLO DEL NOVECENTO di Samuele Sicchio, 20 anni erlino: la libertà oltre il muro” è una mostra fotografica interattiva allestita nella centralissima via Cavour a Torino, in uno degli eleganti palazzi del centro storico. Vi arrivo in un tardo pomeriggio d’ottobre, con l’ansia di scoprire cosa è successo quando avevo solo pochi mesi di vita. L’esposizione, curata da Uliano Lucas, è allestita su due piani, entrambi arredati con grandi pannelli fotografici, ingrandimenti di scatti storici simbolo di quel periodo e tre grandi muri bianchi in cartongesso, sui quali i visitatori possono lasciare i propri pensieri. Tratte dagli archivi del quotidiano Suddeutsche Zeitung e dell'agenzia Ullstein Bild, le foto - alcune a colori, altre in bianco e nero, tutte corredate da spiegazioni bilingue italiano-inglese - ripercorrono quasi 30 anni di storia recente. Le immagini di abili e pazienti reporter come Hiss B., Harmann, Jung, Hilde, Leibning, Lehnartz, Becke, Stiebing H-P, Röhrbein e Wende, attraverso un’assidua presenza lungo il perimetro del muro, hanno offerto alla maggior parte della stampa internazionale la rappresentazione della città divisa e costruito negli anni il nostro immaginario sulla cortina di ferro. “B L’edificazione del muro inizia nella notte fra il 12 e il 13 agosto 1961. In un anno la città viene tagliata in due da 40 chilometri di prefabbricati in cemento armato, sormontati da filo spinato e intervallati da posti di blocco e check point, torri dotate di riflettori e feritoie per cecchini. Le finestre delle case che il muro ingloba vengono murate, i parchi che il muro separa cementificati, le strade e i corsi tagliati in due. Simbolicamente, è il mondo intero ad essere diviso: da una parte il capitalismo liberale, il mondo consumista, dall'altra il socialismo reale, l'impero sovietico. In mezzo, i berlinesi che, non appena intuiscono cosa sta succedendo, tentano di fuggire, di attraversare la barriera fintantoché essa è in costruzione. E’ il 17 agosto del 1962 quando Peter Fechter, 18 anni, viene ferito a morte mentre cerca di passare nel settore americano. Il suo corpo, ormai cadavere, viene tolto dai cavalli di Frisia dopo un'ora di agonia. Wilhelm (detto Willy) Block muore il 7 febbraio del 1966, ed è solo un'altra vittima di un lungo elenco. Sì, perchè i berlinesi dell'Est cercheranno per quasi 30 anni di fuggire dall'oppressione del regime comunista verso l'Ovest, a volte con successo, altre rimettendoci la vita. Il conteggio "ufficiale" parla di 130 vittime, quello creato dai parenti arriva a 240. La più giovane avrà 18 mesi, la più anziana 80 anni. Le fughe proseguono fino al 1989, 39 Uno dei valichi praticati nel Muro dopo l’apertura delle frontiere e la caduta del regime comunista della DDR il 9 novembre 1989, 11 novembre 1989 © Röhrbein / Ullstein Bild / Archivi Alinari Simbolicamente, è il mondo intero ad essere diviso: da una parte il capitalismo liberale, il mondo consumista, dall'altra il socialismo reale, l'impero sovietico Folla riunita nei pressi della porta di Brandeburgo per festeggiare la caduta del Muro, Berlino, 12 novembre 1989 © ADNBildarchiv / Ullstein Bild / Archivi Alinari l'anno destinato a vedere il crollo dell'impero sovietico: è gennaio quando il governo comunista polacco legalizza Solidarnosc, avviando di fatto la nazione verso una nuova fase di vita civile e politica; in primavera l'Ungheria si libera del regime comunista e vengono proclamate libere elezioni, mentre in maggio Vaclav Havel, leader della rivolta cecoslovacca, viene eletto presidente della neonata Repubblica. Il governo della DDR ignora questi avvenimenti ed Erich Hoenecker, segretario del Partito comunista della Germania orientale, dichiara solennemente che il muro “rimarrà in piedi altri 100 anni”. Il 9 novembre 1989, durante una conferenza stampa, il ministro della Propaganda della DDR, annuncia per errore che ai berlinesi dell'Est sarà dato da subito uno speciale permesso per passare ad ovest: migliaia di persone che seguono in tivù la conferenza scendono in strada ed iniziano ad attraversare il muro spontaneamente. Nei giorni successivi, diviene chiara la portata dell'evento: il muro è crollato, e non solo idealmente. I berlinesi si sono trasformati in mauerspechte, in abbattitori di muro, e lo stanno buttando giù a martellate: il mondo assiste in tempo reale. Il governo della DDR decide l'abbattimento ufficiale poco dopo: nessuno può ancora sapere che nei libri di storia il 9 novembre 1989 diventerà la data simbolica dell’inizio di una libertà finalmente non più “oltre il muro”. Fotografia 40 THE HEART OF KASH(MIR) KASH GABRIELE TORSELLO, ITALIANO, CLASSE 1970, PROFESSIONE: FOTOREPORTER SCOMODO di Elena Prati, 17 anni Liceo Scientifico “G. Galilei” l mestiere del fotoreporter è pericoloso, si sa. Ti porta in luoghi desolati, ti fa incontrare gente disperata e, nel momento in cui decidi di raccontare questi posti e queste storie, non ti fa più vivere tranquillo. Inizi a essere ritenuto scomodo da troppe persone, a ricevere minacce, ma mai e poi mai desidererai di aver taciuto. Corri il rischio e, con alte probabilità, verrai rapito, se non ucciso. Questa è anche la storia (un po’ più a lieto fine) del fotoreporter Gabriele Torsello, noto come Kash, classe 1970, rapito il 12 ottobre 2006 sulla strada per Kabul. L’unica traccia rimasta è un messaggio che il fotografo è riuscito a mandare all’ospedale Emergency di Lashkargah, dove era stato pochi giorni prima. Per la sua liberazione, avvenuta il 3 novembre 2006, si sono mobilitati non solo Emergency e il Sismi, ma anche l’intera opinione pubblica e i talebani stessi, convinti che l’opera di Torsello potesse aiutare a denunciare le difficili condizioni di vita nel loro paese. Anche se siamo partiti dalle ultime vicende, la vita di Kash è stata tutt’altro che tranquilla. A vent’anni, infatti, lascia il paese natio per immortalare per l’eternità le storie dei popoli in lotta per la libertà, filo conduttore di tutta la sua lunga attività. Il primo lavoro riguarda i senzatetto romani: per meglio comprendere le condizioni di vita dei suoi soggetti, Kash vive per un periodo insieme a loro. Successivamente, stanco della vita nella Capitale, si reca in India, dove inizierà la sua più nota pubblicazione: The Heart of Kashmir (Il cuore del Kashmir). In questo volume, pubblicato nel 2003 da Amnesty International, sono raccolti gli scatti di denuncia della guerra dimenticata che dilania la piccola regione indiana, grazie ai quali ha vinto il prestigioso premio British Book Design. È proprio in questo periodo che inizia a interessarsi di fotografia di guerra. È nel 2001 che Torsello si avvicina per la prima volta alla cultura afghana e ne rimane affascinato a tal punto da cambiare religione. In Afghanistan prende parte a tre progetti: uno riguarda la prevenzione della morte da parto (in collaborazione con le Nazioni Unite), il secondo la promozione dello sport fra disabili vittime delle mine e, infine, il terzo è sulla cura dei bambini. Chi non ricorda il caso di Shabana, la bambina afghana che doveva essere operata in Italia? Ecco, questo è una vicenda che Kash ha particolarmente preso a cuore. Ma Torsello non si ferma qui, la sua opera di denuncia arriva anche in Albania, Libia, Pakistan e Nepal. Proprio in questo paese ha trascorso alcuni mesi con i guerriglieri maoisti che combattono contro il regime di Kathmandu. La vita del fotoreporter di guerra non è I Uno scatto di Kash facile: molti pensano che, in un certo senso, le persone che intraprendono questo mestiere “se la vanno un po’ a cercare”. Ma se non ci fossero fotografi impegnati socialmente come Kash e molti altri, in che modo potremmo almeno far finta di essere altruisti, di preoccuparci delle sorti del mondo? Se non ci fosse gente testarda e coraggiosa che si addentra nel midollo dei popoli per cercare di raccontarci la vita del civile che subisce la guerra, come potremmo parlare di aiuti umanitari? Se volete saperne di più, visitate il sito del fotografo: www.kashabana.eu. Se continuate a preferire la carta stampata, vi consiglio The Heart of Kashmir e Contrappunti 2006. La vita del fotoreporter di guerra non è facile: molti pensano che, in un certo senso, le persone che intraprendono questo mestiere “se la vanno un po’ a cercare” Cinema 41 MARPICCOLO, SORPRESE DA FESTIVAL… QUEST’ANNO ALLA KERMESSE ROMANA NON SONO MANCATE LE CELEBRITÀ E, NONOSTANTE L’ATMOSFERA UN PO’ DA FIERA E I TANTI FILM BRUTTI, DUE O TRE CAPOLAVORI VISTI PER VOI… di Lorenzo Brunetti, 19 anni annes, Venezia, Berlino, Toronto. Sono queste le città che vantano i più celebri festival cinematografici del mondo, ma da tre anni anche a Roma ci illudiamo ospitarne uno: red carpet, fotografi, telecamere, riflettori e quest’anno non sono mancati neppure gli ospiti celebri. Primi fra tutti la fantastica Maryl Streep e l’uomo del momento, George Clooney. Eppure, nonostante l’apparato, il Festival Internazionale del Film di Roma continua a sembrare più una fiera che un festival. Attraversando gli ambienti dell’Auditorium, tra un film e l’altro (al 90% brutti o irrilevanti, e ad esser seri sarebbe questo il problema più grave…), è come se ci si aspettasse di incontrare il carretto dello zucchero filato o di essere rapiti dall’odore di porchetta. La vocazione pop del festival è dichiarata dal direttore Gianluigi Rondi, che da anni propone l’apologia del film di genere insistendo sull’idea (in realtà neanche sbagliata) di dover promuovere un cinema per tutti. Il problema è che il limite tra popolare e volgare risulta spesso troppo ambiguo. Di quest’ultima edizione dobbiamo però salvare i film Io, Dongiovanni di Carlos Saura e The City of your final destination di James Ivory, due veri capolavori, entrambi fuori concorso. Una delle migliori caratteristiche della festa del cinema di Roma è la sezione “Alice nella città”, dedicata al pubblico più giovane. I film che vengono presentati sono tutti “di formazione”, semplici e senza troppe pretese. Quest’anno “Alice nella città” ha proposto, tra le altre, due pellicole particolarmente interessanti: Prinsessa, divertente e raffinata produzione svedese sul tema della diversità, e Marpiccolo di Alessandro di Robilant, una sorpresa tutta italiana. Marpiccolo si svolge in una città poco raccontata dal cinema e della quale non si sente parlare spesso: Taranto. Proprio su questa scelta il regista dice: «Ci sono stati vari passaggi, per ragioni anche naturali. Il libro da cui è tratto il film (Stupido di Andrea Cotti, ndr) non identifica una particolare località. Abbiamo preso come riferimento il film brasiliano City of God, in cui la rappresentazione degli ultimi, della gente messa in difficoltà dalla vita, è di grande vitalità. Originariamente anche il film, quando è stato scritto, non aveva una precisa ambientazione. Napoli è stato un passaggio, ma poi il caso ha voluto che essendo io un frequentatore del Sud, mi sia avvicinato a Taranto e sia rimasto molto colpito dalla sua natura così contrastata: città greca, situata in un luogo bellissimo e ferita da tante cose. Taranto, poi, è un luogo che non è stato molto visto al cinema. Visivamente è una città bellissima, che unisce anime diverse e le contrappone, per cui filmarla è molto interessante: in ogni inquadratura hai sempre tante cose, una diversa dall'altra. Gli sceneggiatori hanno seguito il nostro percorso, hanno guardato, hanno parlato con la gente e poi hanno prodotto l'ultima versione dello script». Ai margini di questa città, sullo C sfondo degli inquietanti impianti siderurgici dell’Ilva (se uno sceglie Taranto non può evitare di parlare dell'Ilva – dichiara di Robilant), si svolge la vicenda di Tiziano, un diciottenne che si sente chiuso in gabbia, troppo intelligente per non finire nei guai e troppo intelligente per non uscire dai suoi guai. Perché dentro di lui c'è rabbia, ma a volte anche gioia e la voglia di cambiare un destino già scritto. Nonostante a muovere Tiziano ci sia semplicemente la voglia di preservare il proprio “diritto alla felicità”, i casi di una vita disagiata lo porteranno a vivere anche l’esperienza del riformatorio. Marpiccolo è un film fortemente fisico, d’azione nel senso letterale del temine; inevitabile il richiamo a Gomorra di Matteo Garrone, ma in versione ridotta, semplificata e di formazione, caratteristica che lo rende particolarmente interessante per il pubblico under 30. L’attore protagonista, Giulio Beranek, ci regala un’interpretazione d’esordio degna del migliore neorealismo, che ben si accompagna alla colonna sonora post rock composta dai bravissimi Mokadelic. Una scena di Marpiccolo Recensioni 42 CINEMA Barbarossa Di Renzo Martinelli, Italia 2009 CINEMA Basta che funzioni Di Woody Allen, Usa / Francia 2009 Di nuovo nella sua New York, con il riadattamento di una sceneggiatura scritta trent’anni fa, Woody Allen è tornato ad essere Woody Allen. Come non ritrovare nel protagonista Boris Yellnikoff (interpretato da Larry David, perfetto nel ruolo) le manie, l’espressività, la bizzarria dei protagonisti di Provaci ancora Sam, Io e Annie, Manhattan? Boris è un cinico sessantenne con un divorzio alle spalle, ex docente universitario di Fisica, ad un passo dal Nobel. Deluso dalla vita, schifato dalla desolazione intellettuale che lo circonda, convinto di essere un genio – l’unico ad avere la necessaria “visione d’insieme” delle cose, in mezzo ad un mondo di “vermetti” - conduce una vita tranquilla insegnando l’arte degli scacchi ai bambini (i quali, più che imparare, sono continuamente rimproverati per essere troppo stupidi) e discorrendo, fra un bicchiere e l’altro, di politica, religione, vita con gli amici. L’equilibrio costruito da quest’uomo, che con un’ironia tagliente ci rende partecipi del suo disincantato pessimismo riguardo all’esistenza, vacilla dopo l’incontro con una giovane ragazza di provincia, Melody (Eva Rachel Wood), che prima lo convince ad ospitarla in casa per qualche notte, poi a sposarla. Per uno strano caso della fortuna - leitmotiv delle ultime pellicole del regista - il geniale Boris si ritrova accanto ad una donna (meglio ragazzina) ingenua, poco sveglia, “stupida oltre ogni immaginazione”, ma accetta la strana situazione ritrovando in essa un “delicato equilibrio”... purché tutto funzioni, insomma. Un motivo per vederlo: Le argute e pungenti battute che ci ricordano l’Allen delle prime pellicole. Un motivo per non vederlo: Se non siete cultori dell’ironia di Woody Allen. Benedetta Michelangeli, 20 anni Ti siedi sulla poltrona, si spengono le luci, finiscono le infinite pubblicità ed ecco: comincia! Un’enorme palla infuocata parte dal centro dello schermo e s’infrange proprio contro il pubblico, facendo prendere fuoco al titolo del film: Barbarossa. Da un inizio così travolgente ci si aspetta che la pellicola non sia da meno. Guerre, battaglie a suon di colpi di spade, intrighi politici, ma anche romantici. Purtroppo, invece, nel film si presenta un lungo e a tratti noioso spaccato del dodicesimo secolo nell’Italia del Nord, con ancora una volta l’elogio della Padania e l’attacco a “Roma ladrona”. Martinelli, il regista, più che attenersi agli eventi reali della storia, reinterpreta soggettivamente quell’epoca. Tanto per citare una delle invenzioni, i milanesi ritrovano grazie ad una “veggente” le reliquie dei tre Re Magi sotto le fondamenta delle mura, credendo così che il Signore li sostenga nella guerra contro Federico I di Hohenstaufen per riconquistare la libertà di Milano. Un motivo per vederlo: Se siete proprio onnivori. Un motivo per non vederlo: E’ miscela tra grumi di credenze medioevali ed eventi storici mai accaduti. Marco Bevilacqua, 20 anni LIBRI Venuto al mondo Di Margaret Mazzantini, Editore Mondadori, 531 pp., 20 euro Un giorno Gemma decide di salire su quell’aereo diretto a Sarajevo, lasciando la sua città, portando con sé il figlio sedicenne Pietro, per dare finalmente corpo ai fantasmi del passato che per anni hanno infestato la sua vita. Ad attenderla all’aeroporto il poeta e amico fraterno Gojko, che nell’inverno del 1984 traghettò Gemma verso il più grande amore della sua vita, il fotografo Diego. Nel suo romanzo-mondo, la Mazzantini non descrive solo le peripezie e le passioni di due amanti, ma regala al lettore una panoramica perfetta della società contemporanea. Attraverso storie di pace e di guerre l’autrice invia a tutti noi un messaggio ben preciso, quello di avere il coraggio di decidere, se necessario di cambiare strada. Un motivo per leggerlo: Vengono toccati temi estremamente attuali come un soffocante desiderio di maternità che va al di là della scienza e si mescola con una guerra che come distrugge procrea. Un motivo per non leggerlo: Se siete alla ricerca di una lettura spensierata. Giulia Molari, 17 anni Z a i . n e t è p e r i l d i r i t t o d i c r i t i c a … v o t a , c o n s i g l i a , s t ro n c a f i l m , 43 OPERA LIBRI Le ali sotto ai piedi Pelléas et Mélisande Di Cesare Cremonini, Editore Rizzoli, 264 pp., 16,50 euro Regia di Pierre Audi, Teatro dell’Opera di Roma Fughe da scuola, pomeriggi dedicati alla musica, i momenti di spensieratezza, ma anche quelli di tensione o di dolore, raccontati in prima persona da Cesare Cremonini, un ragazzo come noi, e filtrati dalla brillante ironia che caratterizza tutto il racconto. I Lùnapop, la band con cui l’autore ha esordito e il cui nome originario era Senza Filtro, emerge ed ha immediato successo ancor prima che i suoi membri abbiano affrontato l’esame di maturità. La gran parte delle composizioni è frutto dell’indole creativa di Cesare che, sin da bambino, ha preso lezioni di pianoforte: sarà proprio la passione, a volte contrastata, per quello strumento a fargli capire la strada da percorrere. Una strada che Cesare non abbandonerà più e che, anzi, seguirà con determinazione sempre maggiore, andando contro tutto e tutti – compresa la mamma particolarmente attenta ai contemporanei (in)successi scolastici. Poi, come in ogni “fiaba” che si rispetti, il colpo di scena: l’incontro con il produttore Walter Mameli, che intuisce subito le potenzialità di quelle canzoni e dà piena fiducia e attenzione ai Senza Filtro, che porterà al successo con il nome di Lùnapop. Un motivo per leggerlo: E’ una storia giovane, fresca, leggera: impossibile non immedesimarsi e quasi sentirsi sui colli bolognesi… con le ali sotto ai piedi. Un motivo per non leggerlo: Se non avete mai apprezzato la musica dei Lùnapop. La celeberrima opera di Debussy, che racconta la sventurata storia d’amore di Pelléas, giovane principe, e Mélisande, figura eterea e misteriosa, è stata riproposta dopo anni di assenza sul palcoscenico dell’Opera di Roma. L’allestimento, firmato in collaborazione con il teatro La Monnaie di Bruxelles, aveva la scena del celeberrimo scultore Annish Kapoor, che ha posto al centro del palco una enorme figura in rosso non facilmente identificabile, un utero? Simbolo della gravidanza che Mélisande porta avanti per tutta l’opera? La regia di Pierre Audi, malgrado un grande lavoro di ricerca, è sembrata sommaria e a tratti poco credibile. La sera del 7 ottobre i risultati del cast sono stati poco omogenei, anche se il Pélleas di Massimiliano Gagliardo è riuscito a portare a termine la serata con buoni risultati; buona la prova di Nathalie Manfrino nei panni di Mélisande, ma non del tutto a suo agio nel ruolo. Purtroppo il pubblico in sala era veramente scarso, poca pubblicità e forse l’intento di non voler far fruttare la stagione firmata della vecchia direzione del teatro, ancora sotto uno sciocco commissariamento. Un motivo per vederla: La musica di Debussy si potrebbe definire sensuale ed affascinante e il direttore Gianluigi Gelmetti ha saputo valorizzarne i giusti equilibri. Un motivo per non vederla: Insignificanti le prove dei comprimari (fatta l’eccezione di Enzo Captano). Alessandra D’Acunto, 20 anni Jacopo Zoffoli, 20 anni ANTEPRIMA The City of your final destination Presentato fuori concorso in anteprima mondiale alla Festa del Cinema di Roma, "The City of your final destination" di James Ivory è un capolavoro. Omar Rezaghi, 28enne dottorando iraniano dell'Università del Kansas, ha finalmente ottenuto un incarico prestigioso: scrivere la biografia dello scrittore uruguayano Jules Gund, autore di un unico libro, ma di grande successo, e morto suicida con un colpo di arma da fuoco. Tuttavia, la vedova, il fratello e l'ultima amante di Gund, che vivono tutti insieme nella tenuta di Ochos Rìos, non hanno alcun desiderio di veder arrivare un intruso a ficcare il naso nei loro fatti privati. Omar dovrà quindi trovare il modo di farsi accettare dalla bizzarra famiglia Gund, grazie alla quale imparerà a capire molte cose anche di se stesso. "The city of your final destination" segna il ritorno dietro la macchina da presa del più europeo dei registi americani, che con questo film esplora per la prima volta i territori del Sud America attraverso una storia intensa e sottilmente erotica; sullo sfondo, il paesaggio tropicale, con il suo clima caldo-umido, assoggetta fisicamente e psicologicamente i personaggi fino quasi a schiacciarli, anche grazie ad una fotografia e ad una colonna sonora avvolgenti. A tratti la storia sembra portare lo spettatore a scivolare nella sua trama metaletteraria (la biografia di Gund si trasforma in quella dei suoi parenti) e, sebbene la leggerezza non sia un pregio di questa pellicola, lasciarsi cullare dalla grazia intelligente e rigorosa di Ivory non smette in fondo di risultare piacevole. Proprio no. L’attrice Laura Linney, nella sua severa e dolorosa alterigia, risulta davvero convincente e Charlotte Gainsbourg, un po’ randagia, ha sempre un impatto magnetico. Anthony Hopkins colpisce e affonda, come sempre. Lorenzo Brunetti l i b r i , m u s i c a e a l t r o s u i s i t i w w w. z a i . n e t e w w w. s t r o n c a . n e t 46 IMMIGRAZIONE: Dal Piemonte alla Basilicata, tutti i colori dell'integrazione COSTUME & SOCIETÀ 54 SPECIALE ABRUZZO: Un esempio di ricostruzione "solare" Piemonte a colori 46 VIVERE A TORINO: IL MERCATO DI PORTA PALAZZO METTENDO DA PARTE STATISTICHE E LUOGHI COMUNI, UNA GIOVANE REPORTER SI RECA NEL LUOGO SIMBOLO DELL’IMMIGRAZIONE A TORINO E IN TUTTA LA REGIONE di Fiammetta Bertotto, 21 anni i questi tempi parlare di immigrazione e di integrazione è come parlare delle grandi categorie universali: coinvolge la nostra percezione della realtà, ci trascina in nuove riflessioni, ci costringe a misurarci con la parte più profonda di noi stessi. Un tema davvero difficile da trattare nella sua vastità poiché, per quanto si tenti di affrontarlo in maniera approfondita, lascerà sempre un senso d’astratto, di non detto, di lontano. Questo, almeno, è ciò che mi ritrovo a pensare il più delle volte leggendo o ascoltando articoli e servizi che riguardano l’immigrazione. Ecco perché, allora, nel tentativo di rendere questo mondo parallelo qualcosa di concreto, tangibile, qualcosa con cui interagire in prima persona, sono andata in uno dei quartieri simbolo della “multietnicità torinese”: il mercato di Porta Palazzo, alias Piazza della Repubblica. Porta Palazzo appartiene al centro storico della città, ma è comunemente percepito come zona di confine e quartiere popolare; contemporaneamente, è dotato di una forte identità interna, composta dalle molteplici comunità D www.comune.torino.it/torinoplus/english /markets/porta-palazzo-market.html Sito dedicato al mercato di Porta Palazzo, il più grande d’Europa. www.emporiononline.com/ Sito dell’Associazione dei mercati tradizionali d’Europa, cui Porta Palazzo aderisce. 47 etniche residenti, le quali hanno saputo far fronte all’idea di una coscienza e di un’identità unitarie, perlomeno a livello locale. Io per prima mi sono sentita quasi una turista nella mia stessa città; mi sembrava di essere stata catapultata nel bel mezzo di una moderna Babele: tra le bancarelle, un’esplosione di cinesi, africani, indiani con i loro oggetti, i loro colori, le loro voci e fisionomie. Sono state calcolate 55 diverse etnie; esse sono andate a sostituire i “vecchi immigrati” del Sud Italia. Questa sensazione di straniamento si è poi accresciuta nel momento in cui ho cercato di parlare con queste persone, tentando di scoprire da quanto e come si trovassero a Torino: nella maggior parte dei casi, ho ricevuto come risposta incomprensione, ritrosia, direi addirittura timore. Alcuni non capivano la mia lingua o, forse, fingevano di non comprenderla per paura che io estrapolassi dalle loro parole qualcosa che non avevo il permesso di conoscere. Probabilmente gli agenti di polizia e della finanza che gironzolano perennemente nel circondario hanno insegnato a fidarsi sempre meno delle domande inaspettate. Solo in due, tre casi c’è stata un’apertura; un ragazzo, abbastanza giovane, mi ha raccontato con gli occhi bassi di essere a Torino da due anni, ma è stato tutto quello che sono riuscita a farmi dire. In un altro caso, invece, un ragazzo del Bangladesh mi ha raccontato di vivere a Torino da una decina d’anni e di aver lavorato per una pizzeria della zona, prima del mercato. Alla domanda: “Ti trovi bene qui?” ha fatto un sorriso a 32 denti, il sorriso proprio dell’umiltà, rispondendo che si lavora poco, come dappertutto del resto, ma che, sì, è una bella città in cui vivere. Si organizzano tour gastronomici nella zona di Porta Palazzo, con il patrocinio di Turisti per Casa. Per maggiori informazioni sulle prossime date e costi: Email: [email protected] ITALIANO, PARLIAMONE! Tra le varie iniziative piemontesi rivolte a cittadine e cittadini stranieri, emerge il progetto “Italiano, parliamone!” di cui sono state tirate le somme nel corso di un convegno svoltosi a Torino il 22 ottobre. L’idea, ha dichiarato l’assessore regionale al Welfare e Lavoro, Teresa Angela Migliasso, è quella di offrire una cultura di sopravvivenza, con particolare riguardo alla conoscenza della lingua italiana, della cultura e dei principi fondamentali dell’educazione civica; destinatari privilegiati, le cittadine ed i cittadini adulti extracomunitari. Su tutto il territorio regionale, sono stati coinvolti 71 istituti scolastici e, a Torino, i corsi organizzati sono stati 22. Anche se l'iniziale gran numero d’iscritti non ha poi soddisfatto pienamente le aspettative (nel solo capoluogo piemontese su 530 iscritti solo 276 si sono presentati regolarmente alle lezioni), il bilancio conclusivo è da considerarsi positivo, nella prospettiva che l’attenzione rivolta alle mamme e ai papà stranieri degli allievi che frequentano le scuole della nostra regione possa favorirli in una maggiore indipendenza e socializzazione, che sono poi i presupposti essenziali per una felice convivenza multietnica. www.piemonteimmigrazione.it www.orchestradiportapalazzo.com Sito dedicato alla multicultura (musicale, soprattutto) di Porta Palazzo. Immigrazione 48 Matera, vista sui Sassi APPUNTI E SPUNTI D’INTEGRAZIONE NELLA CITTÀ DEI SASSI LIBRI DEI PAESI D’ORIGINE TRADOTTI IN PIÙ LINGUE, PERCORSI DI FORMAZIONE DI PSICOSINTESI IN KENYA, CORSI DI ITALIANO GRATUITI: NEL CAPOLUOGO LUCANO UN VIVACE TESSUTO ASSOCIATIVO SFIDA PREGIUDIZI E LUOGHI COMUNI di Ilenia Melodia, 17 anni Liceo classico “E. Duni” numeri parlano chiaro: l’immigrazione riguarda le grandi e medie città per lo più del Centro e del Nord Italia, quelle dove è più facile trovare un lavoro, ricevere assistenza, essere accolti da una rete di connazionali magari già inseriti; su Zai.net appaiono spesso testimonianze e racconti di vita da Roma, Genova, Milano, Torino, come abbiamo visto anche nelle pagine che precedono questo articolo. Ma che cosa succede se si decide di esplorare questo fenomeno in un piccolo centro? Come rispondono i suoi cittadini a un cambiamento che, seppur in maniera ancora poco incisiva, riguarda anche loro? Che cosa vuol dire, per esempio, parlare di integrazione a Matera? «Noi ci occupiamo di accogliere e valorizzare gli immigrati, cercando di capire da cosa scappano e quali sono le loro attese e aspettative», a parlare è Graziella Cormio, coordinatrice dei progetti dell’associazione materana I Tolbà che da 18 anni si occupa di integrare gli immigrati nel territorio materano, fornendo loro un sostegno nella ricerca di un alloggio, di un lavoro, nella sistemazione dei documenti e nell’accesso alle cure mediche. Ma integrare significa anche valorizzare l’immigrato, mettere in risalto le sue capacità, aiutarlo a far fronte alle difficoltà che trova davanti a sé, magari insegnandogli ad aiutare altri immigrati: è questa la filosofia che anima un progetto molto ambizioso di un’altra associazione materana, AltroVerso, il cui presidente, Pietro Alessandro Caforio, afferma: «Nel 2007 in Africa abbiamo dato il via ad un progetto chiamato Integrare significa valorizzare l’immigrato, mettere in risalto le sue capacità, aiutarlo a far fronte alle difficoltà che trova davanti a sé, magari insegnandogli ad aiutare altri immigrati 49 “Psicosintesi” in collaborazione con la Società Italiana di Psicosintesi Terapeutica di Firenze; esso consiste nel formare un gruppo di rifugiati nel settore della psicosintesi, ovvero una prassi che si sviluppa dalla psicoanalisi e che mira allo studio dell’essere umano in quanto tale. Alla fine del progetto avremo rifugiati che aiutano altri rifugiati. Stiamo lavorando a Nairobi, in Kenya, dove risiedono persone provenienti da Burundi, Rwanda, Congo». Osservando la situazione italiana, Caforio ritiene che talvolta si debba pungere la macchina istituzionale, affinché il processo di integrazione venga realmente “affidato” alle associazioni, e non soltanto affibbiato loro. Stranieri che offrono prima di tutto braccia, braccia per un lavoro a volte poco tutelato, alieno dalle grandi conquiste della lotta sindacale: «Non è detto che l’essere immigrato giustifichi richieste di diritti in più rispetto ai lavoratori italiani, ma c’è da dire che i braccianti stranieri spesso lavorano prevalentemente nel settore agricolo e alloggiano in strutture fatiscenti, senza alcuna assicurazione e senza alcun diritto - continua Caforio e conclude - bisognerebbe giungere alla consapevolezza che ciascuno di noi, immigrato o no, è prima di tutto espressione di umanità». Le parole di Caforio sorprendono e lasciano trapelare un profondo senso di empatia, una grande predisposizione ad aiutare l’altro: sostenere gli immigrati nel processo di integrazione è un’operazione difficile, ma li aiuta a sottrarsi al circolo vizioso della malavita. La mancanza di cultura e informazione gioca un ruolo fondamentale, e qui entra in gioco il lavoro di Tolbà, che è stata la prima associazione a tradurre in diverse lingue libri di favole dei Paesi di provenienza degli immigrati e libri di scrittori italiani che affrontano il tema dell’intercultura. Con piacere Graziella Cormio ci mostra le pagine che sono state tradotte con l’aiuto di alcuni bambini stranieri: sono piene di colore, di vita, di speranza, di sorrisi. Inoltre, ci spiega, è molto importante aiutare i bambini e i giovani a conoscere e a mantenere la lingua madre; alcuni di loro, essendo nati e cresciuti in Italia, non la conoscono e così diventa difficile comunicare persino con i parenti rimasti in patria. Integrare, quindi, insegnando la lingua italiana gratuitamente, come fanno entrambe le associazioni, permettendo agli stranieri di sentirsi parte del nostro Paese e consentendo alla loro cultura di amalgamarsi alla nostra. Eppure anche a Matera si è verificato qualche caso di intol- Il nazionalismo è una malattia infantile. È il morbillo dell’umanità (Albert Einstein) IMMIGRATI A MATERA: SPACCATO DI UNA REALTÀ NAZIONALE Il vicepresidente di AltroVerso, Giuseppe Pecora: «Il primo aprile ci siamo recati alla questura di Matera per avere dei dati numerici alla mano. Abbiamo saputo che gli immigrati presenti sia nella Città dei Sassi sia nella provincia sono 1.700, tuttavia in questo numero non sono calcolati i clandestini e quelli che non hanno rinnovato le pratiche del permesso di soggiorno. Tale cifra, quindi, potrebbe essere molto più alta». Dati allarmanti, se si pensa alle condizioni nelle quali queste persone si trovano: «Purtroppo il numero di rifugiati della zona è intorno ai 45-50». E in Italia? Si stima che il numero di immigrati regolari si aggiri intorno ai 4 milioni, come si evince dal rapporto stilato dalla fondazione Migrantes. leranza: Graziella Cormio ci parla di una ragazza eritrea che «frequentava le scuole superiori ed era veramente molto brava a scuola, si era impegnata tantissimo e aveva ottimi voti, tuttavia l’istituto scolastico non ha apprezzato le sue grandi potenzialità». Attraverso l’organizzazione della prima Giornata del Rifugiato indetta dall Onu Tolbà ha cercato e cerca tuttora di focalizzare l’attenzione sul diritto d’asilo e di rifugio, cercando di dare ascolto alle culture altre e favorendo il più possibile un corretto rapporto tra italiani e immigrati. Apprendere dagli stranieri è possibile, è utile, apre la mente. A questo proposito, ci piace ricordare un aforisma di Albert Einstein: “Il nazionalismo è una malattia infantile. E’ il morbillo dell’umanità”. NAIROBI, KENYA. Pietro Caforio tra gli “studenti” provenienti da diverse zone dell’Africa centrale (Burundi, Congo, Rwanda) nell'ambito del progetto “Psicosintesi in Africa” Scuola sotto i Venti 50 Scene del film “La classe” SUI LIBRI CON LO STIPENDIO FA DISCUTERE IN FRANCIA L’INIZIATIVA DI “STIPENDIARE” GLI STUDENTI DELLE PERIFERIE PARIGINE PER COMBATTERE L’ASSENTEISMO E STIMOLARE IL RENDIMENTO. SOLUZIONE CLASSISTA O STRADA DA PERCORRERE? Dalla nostra inviata Benedetta Cutolo, 20 anni a scuola, si sa, è vissuta dai più come una sorta di malattia infettiva alla stregua della varicella: si deve fare una volta nella vita per poi non affrontarla più. Ognuno, poi, nel corso dei suoi studi, elabora tecniche più o meno raffinate per alleggerire il tanto gravoso dovere - si passa così dalla “scopiazzatura selvaggia” dei compiti a casa, alle ormai celebri “assenze strategiche”, che aiutano a preservare una tanto sofferta sufficienza dall’insidia di una nuova interrogazione. Il problema dell’assenteismo, però, sembra piuttosto grave oltralpe, dove i cugini francesi hanno deciso di arginarlo con un’iniziativa che sta scatenando un vortice di polemiche. A partire da lunedì 5 ottobre, infatti, il provveditore di Creteil, Jean-Michel Blanquer, ha dato il via ad una soluzione sperimentale che riguarderà, per ora, sei classi di tre licei delle banlieue parigine: a ciascuna di esse saranno concessi 2.000 euro ogni bimestre in base alla frequenza degli studenti e al rendimento generale della classe. In una prospettiva ottimistica, quindi, i ragazzi arriverebbero ad accumulare alla fine dell’anno attorno ai 10.000 euro, che dovrebbero essere impiegati per attività formative o inerenti all’ambito scolastico: viaggi d’istruzione, ristrutturazione delle aule, rifornimento di materiale informatico ecc. Si parla anche di finanziare, attraverso questo “premio”, corsi di guida per gli studenti, nella prospettiva di un lavoro che chiederà loro una continua ed autonoma mobilità. I sostenitori dell’iniziativa ritengono che “ci si trova nell’ambito di un progetto collettivo che per funzionare ha bisogno di una solidarietà di gruppo” e, soprattutto, che esso favorirà la presenza nelle scuole dei ragazzi provenienti dalle classi sociali più disagiate, altrimenti portati ad un abbandono prematuro degli studi. A non aver apprezzato l’iniziativa, invece, sono in particolar modo i genitori, convinti che la posta in gioco provochi un’eccessiva pressione sui figli da parte degli altri compagni di classe, mentre qualcuno parla addirittura di “una società dove anche gli studenti sono in vendita”. In realtà il progetto non è nuovo in Europa: prima della L Francia vi è stata la Gran Bretagna, che ancor oggi versa degli incentivi individuali direttamente ai ragazzi. Ma è davvero questa la strada da percorrere per arginare il fenomeno e il formarsi, poi, di gruppi d’emarginati e piccola delinquenza? Basterà ai ragazzi l’utopia del denaro per rivalutare la loro posizione scolastica? Forse è un po’ semplicistico e classista ricorrere al portafogli per coinvolgere gli studenti dei ceti più poveri. D’altronde, la formazione e la crescita culturale di un ragazzo è un processo che deve essere portato avanti quotidianamente, attraverso proposte che lo stimolino realmente ad aspirare ad una vita migliore. Il problema dell’istruzione nella periferia francese è stato più volte posto all’attenzione pubblica anche attraverso il cinema, basti pensare al film Entre les murs (in italiano “La classe”): storia di un giovane professore che si ritrova ad insegnare in una scuola media della periferia con l’intento d’istruire e non “addomesticare” i suoi studenti. Ma la Francia, oggi, sembra aver abbandonato ogni idealismo romantico ed offre ai suoi ragazzi una proposta concreta sì, ma forse inadeguata in chiave pedagogica. Certo è che questa risposta all’assenteismo da noi sarebbe pura fantascienza, in un momento in cui i tagli finanziari stanno vessando pesantemente il sistema scolastico italiano (anche se l'esperienza dei "maestri di strada" a Napoli, di cui ci siamo occupati proprio su queste pagine, sembra molto simile). Così, mentre la nostra scuola si prepara ad un inverno di scioperi e proteste contro chi la vorrebbe diversa ma non migliore, altrove si cercano strade alternative che, seppure discutibili, hanno comunque l'effetto di rafforzare un diritto (quello allo studio), con tanto d’incentivi. Per ora non resta che volgere lo sguardo oltralpe, attendendo gli sviluppi di questa nuova “strategia del mercato scolastico”, magari prendendo esempio dall’attenzione con la quale il resto d’Europa si rivolge ai suoi studenti. Forse è un po’ semplicistico ricorrere al portafogli per coinvolgere gli studenti dei ceti più poveri Riflettori su 51 TALKSCHOOL: A SCUOLA SI PARLA DI “EDUCAZIONE GLOBALE” DAL 14 AL 22 NOVEMBRE UN APPUNTAMENTO DA NON PERDERE NELLE SCUOLE SUPERIORI DI TORINO a sfida interculturale, le domande, le speranze, le preoccupazioni e le paure dei giovani saranno al centro di una serie di appuntamenti nelle scuole superiori torinesi che vedranno protagonisti gli studenti, gli insegnanti e alcuni ospiti d'eccezione: giovani rifugiati, richiedenti asilo e immigrati, ciascuno con il proprio bagaglio di storie più o meno drammatiche. “Talkschool” è organizzato con la collaborazione di alcuni istituti superiori e sarà incentrato sul tema “Food for All”, proposto dal Centro Nord Sud del Consiglio d'Europa, nell'ambito della Global Education Week 2009. “Abbiamo pensato di dare al motto 'Food for All' – spiega Paola Giani, presidente dell'associazione Il Nostro Pianeta – un senso più ampio. Il cibo della corretta informazione come chiave per conoscere meglio noi stessi e gli altri. Un'iniziativa che vuole dar voce ai nostri ragazzi per stimolarli ad affrontare consapevolmente i gravi problemi e la complessità del mondo globalizzato”. Dunque, un vero e proprio talkshow itinerante che toccherà diverse scuole e si concluderà con un evento che si terrà il 19 novembre alle ore 18 presso la sala conferenze del Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà a Torino in corso Valdocco 4/a. Sarà proiettato il video “Razza? Umana!” di Sergio D’Orsi e, grazie alla partecipazione di alcuni protagonisti di storie di migrazione, si affronteranno i temi suggeriti dalla mostra “L'assenza dei confini, l’essenza dei confini. L’Europa tra vecchie e nuove frontiere”, ospitata dal museo dal 19 ottobre 2009 al 17 gennaio 2010 . Per maggiori informazioni: www.ilnostropianeta.it L GLOBAL EDUCATION WEEK Nel 1999 il Centro Nord Sud del Consiglio d’Europa ha lanciato la prima Settimana dell’Educazione Interculturale (Global Education Week) per dar voce a iniziative educative e di sensibilizzazione alla cittadinanza attiva degli Stati membri. Il Centro Nord Sud, sulla base dei riscontri positivi ottenuti, invita tutti gli anni i 47 Paesi membri del Consiglio d'Europa a partecipare alla Global Education Week, grazie all'attiva collaborazione dei referenti nazionali del network GEW. Il tema della Global Education Week 2009, scelto dai coordinatori del network GEW, è stato riassunto nel motto: Food for All. Il cambiamento climatico, le migrazioni, le colture transgeniche e il crescente dibattito sulle superfici coltivabili per scopi alimentari e biocarburanti rappresentano una nuova e drammatica sfida per la sicurezza alimentare. CONSIGLIO D'EUROPA Il Consiglio d’Europa, con sede a Strasburgo, raggruppa oggi, con i suoi 47 Stati membri, quasi tutti i paesi del continente europeo. Istituito il 5 maggio 1949 da 10 Stati fondatori, il Consiglio d’Europa ha come obiettivo quello di favorire la creazione di uno spazio democratico e giuridico comune in Europa, nel rispetto della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo e di altri testi di riferimento relativi alla tutela dell’individuo. L’obiettivo principale del Consiglio d’Europa è quello di creare uno spazio democratico e politico comune su tutto il continente europeo, garantendo il rispetto dei principi fondamentali: diritti umani, democrazia e stato di diritto. IL NOSTRO PIANETA Il Nostro Pianeta è un’associazione che sostiene il dialogo interculturale attraverso la realizzazione di attività culturali e formative in Italia e all’estero. Promuove l’educazione, la cittadinanza attiva e la coesione sociale, la cultura della cooperazione, dello scambio e della pace. È attenta al fenomeno migratorio, ai temi della costruzione europea e dello sviluppo equo, democratico, partecipato e sostenibile. Pone al centro della propria riflessione le trasformazioni socioculturali e i processi educativi ed è impegnata nella promozione dei diritti personali e sociali a livello locale e internazionale. E' la referente italiana della rete Global Education Week (GEW) del Centro Nord Sud del Consiglio d’Europa. Paola Giani, presidente dell'associazio ne Il Nostro Pi aneta Speciale Abruzzo 53 THE DAY AFTER NONOSTANTE SIANO PASSATI DIVERSI MESI DAL TREMENDO SISMA CHE HA SCONVOLTO LE VITE DI MIGLIAIA DI ABRUZZESI, ALCUNE COSE SEMBRANO RESTARE IMMUTATE. ALTRE, FORTUNATAMENTE, SONO IN FASE DI MIGLIORAMENTO: ECCO CHE COSA HA TROVATO ZAI.NET SUL POSTO pagate, con i dovuti interessi, nei mesi a venire. Inoltre, lo strascico di problemi che il disastro si è portato dietro riSerena Mosso, 18 anni mane vivo più che mai nelle vite delle persone. Gran parte della zona centrale dell’Aquila è ancora sotto lo stretto controllo delle autorità, che vedono nelle vecchie strutture un elevato rischio di crollo e pochi, di fronte ai nostri alazzine diroccate, campeggi fuori programma e citmicrofoni, si sono mostrati propensi ad affrontare l’artadini spaventati: L’Aquila è esattamente ciò che ci gomento dei campi: spaventata, ancora sotto shock, ma si aspetta di trovare. Nonostante siano passati orsoprattutto diffidente nei confronti di mai molti mesi dal sisma, nessuno semed estranei, la comunità bra essere in grado di dimenticare. TanPrima di entrare giornalisti aquilana non sembra essere ancora in to meno qualcuno sembra in grado di in città, la quasi grado di affrontare serenamente la siparlare apertamente, se non coloro che non si trovavano lì nel momento sba- totalità dei cartelloni tuazione. ogni modo, quelle che gli intervistagliato. «Tu non puoi capire» hanno detpubblicitari riguarda Ad ti hanno chiamato “città” sono ormai to i concittadini ad un aquilano che, doimprese di credito completate: le imprese edili incaricate di po la strage, è ritornato a casa – perché occuparsi dei soccorsi hanno realizzato la sua c’era ancora – dopo il disastro. bancario e non entro i tempi stabiliti le nuove strutture Dalle macerie l’eco delle grida delle poper cui si erano impegnate; in seguito vere vittime sale ancora all’orecchio dei alla stesura di una graduatoria, una buona parte della popassanti, ma in maniera sempre più tenue. Prima o poi, polazione avrà un tetto sulla testa. Certo, è anche vero anche se non verrà dimenticato, di certo non farà più noche non tutti potranno usufruire di questo servizio e che tizia. E così, proprio come il suono di una voce va discoloro che possedevano un’abitazione di proprietà nella perdendosi man mano che avanza, quelle grida di vencittà dovranno attendere ancora molto tempo - le stime di detta, quelle stesse che reclamavano giustizia, non saranalcune ditte che si stanno occupando della faccenda preno mai più ascoltate. vedono la restituzione degli immobili che è possibile riAd approfittare della situazione sono le aziende di prestrutturare non prima del 2030. Dunque, sono ancora instito: già qualche chilometro prima di entrare in città, la certe le soluzioni che verranno adottate nei confronti di quasi totalità dei cartelloni pubblicitari riguarda imprecoloro che si sono ritrovati esclusi dalla graduatoria. Per se di credito bancario e non. Evidentemente, far passaora, non potranno far altro che essere ospitati da alberre considerevoli somme di denaro sotto al naso di genghi e strutture simili. te che, da un giorno all’altro, si è ritrovata a non avere più nulla, frutta bene. Forse è il caso di guardare al futuro, di dimenticare. Gli autoctoni sono diffidenti, schivi: ma come potrebbero non esserlo? Da un giorno all’altro la Protezione Civile, quel punto di riferimento che prima sembrava essere fatto di tanti amici, ha cambiato faccia - la totalità dei cittadini interpellati si è dichiarata pienamente soddisfatta del servizio ricevuto, anche se nel periodo di settembre si era alzata qualche voce contraria. Alcuni usufruiranno, secondo le graduatorie, di un’abitazione. Altri no, invece. Chi ha avuto la fortuna di veder ancora in piedi la propria casa, anche se inevitabilmente ha perso il lavoro, sarà comunque costretto ad ospitare anziani, invalidi, sconosciuti che non hanno le possibilità per spostarsi. E tutto questo, senza ricevere alcun sostegno economico da parte dello Stato. Toccante la testimonianza di un carrozziere, incontrato casualmente: «La vera vergogna - dice - è che cittadini senza possibilità debbano ospitare anziani ed invalidi a proprie spese». Altro fatto emblematico sono quelle famose tasse che erano state abbuonate a tutti coloro che hanno subìto i danni del terremoto: dovranno essere comunque di Marco Barbaliscia, Daniele Mainelli, P Speciale Abruzzo 54 UNA RICOSTRUZIONE SOLARE INSTALLARE IMPIANTI DI ENERGIA PULITA NELLE TENDOPOLI SEMBRAVA UNA SCOMMESSA FIN TROPPO ARDUA DA VINCERE. EPPURE UN GRUPPO DI UNIVERSITARI, COMPLICE LA TECNOLOGIA, L’AMORE PER L’AMBIENTE E LA VOGLIA DI AIUTARE LE POPOLAZIONI COLPITE, CE L’HA FATTA… di Benedetta Michelangeli, 20 anni n un contesto di emergenza come quello del terremoto un paese deve dimostrare di poter far fronte a numerose situazioni critiche, investendo nel tentativo di riportare le zone colpite dal sisma il più possibile alla normalità. In questo senso la solidarietà fra le istituzioni, le organizzazioni, i cittadini deve dimostrarsi forte e concreta. Nel caso dell’Abruzzo, la collaborazione tra vari settori della società, dalla cultura alla ricerca, dalla medicina alla tecnologia è stata indispensabile per risollevare le condizioni di paesi e cittadini. Si pensi alle iniziative di medici, psicologi e pedagoghi che hanno aiutato - e continuano a farlo - soprattutto i bambini a elaborare il tragico evento che li ha coinvolti; appuntamenti culturali come concerti e raccolte di fondi i cui ricavati sostengono la ricostruzione di luoghi di aggregazione, cinema, teatri, sale concerti. In un contesto del genere, mentre la vita nelle tendopoli (e nelle prime “casette” consegnate agli sfollati) scorreva tra mille difficoltà, non è mancata anche la volontà, da parte di tanti, di adoperarsi per una ricostruzione ragionevole e lungimirante. In questo contesto, le iniziative di volontari, associazioni, scout, ma anche collettivi universitari, sono state numerosissime ed è proprio tra queste che si inserisce il progetto “Solarizzazione dei campi di accoglienza post-terremoto” del CIRPS della Sapienza di Roma (Centro Interuniversitario di Ricerca Per lo Sviluppo Sostenibile). L’iniziativa ha un duplice scopo: la realizzazione di impianti solari termici che garantiscono la fornitura di acqua calda sanitaria per bagni e docce dei campi di accoglienza e la sensibilizzazione della popolazione nei confronti di un tema sempre più attuale come quello delle energie rinnovabili. Abbiamo incontrato Valentina Tito, studentessa di Ingegneria Ambientale all’Università Sapienza di Roma, che ha partecipato alla I realizzazione di questo progetto insieme ad altri studenti del corso Tpaa (tecnologie per l’autonomia e l’ambiente). Com’è nato il progetto? «Il progetto nasce dall’esigenza primaria di acqua calda che difficilmente è da subito disponibile in contesti di emergenza come quello aquilano delle prime due settimane. Abbiamo saputo che mancava acqua calda in un Comune della provincia dell’Aquila, Fossa, e dal momento che il dipartimento universitario a cui facciamo riferimento si occupa di energie rinnovabili, abbiamo subito pensato di proporre un impianto solare termico a servizio di bagni e docce». Quanta fiducia c’era nel portarlo a termine? Vi aspettavate che venisse accolto con entusiasmo? «All’inizio di un progetto non si sa mai come andrà a finire, di sicuro c’era l’intenzione di portare il nostro aiuto: ad oggi abbiamo installato 10 impianti in 10 diverse tendopoli. Un po’ di scetticismo iniziale nei confronti dei pannelli c’è stato. Ma quando l’acqua calda ha iniziato a uscire dai rubinetti...». Quali sono state le difficoltà di lavorare in un contesto di emergenza come in quello delle tendopoli? «In un contesto di emergenza tutto diventa più complicato del normale. Autorizzazioni, permessi e distanze possono essere problemi invalicabili. Allo stesso tempo bisogna considerare il particolare stato emotivo della gente con cui si entra in contatto, facendo attenzione a non generare stress». Sensibilizzazione e formazione sull’energia verde. Cosa avete fatto in proposito? «In collaborazione con l’associazione di volontariato “Ingegneria senza Frontiere” abbiamo tenuto delle lezioni sull’energia rinnovabile e sulla tecnologia per la popolazione adulta, in modo tale che essa potesse trovarsi informata nel momento della prossima ricostruzione. Parallelamente abbiamo organizzato giornate ludico-crea- 55 tive denominate “Olimpiadi del Sole” favorendo l’incontro fra bambini di diversi campi per far sì che si divertissero imparando». Com’è stato entrare in contatto con la popolazione del campo? «A questa domanda posso rispondere a livello personale; già dal primo giorno ho sentito di essere affezionata alle persone con cui sono venuta a Il nostro team di progetto a lavoro contatto, e ancora oggi è lo stesso. A tal proposito vorrei ringraziare Berta Giacomantonio, Assessore alla Cultura del Comune di Fossa, che ha reso possibile la nostra presenza sul territorio». In cosa consiste il modello di ricostruzione ecosostenibile che avete proposto all’Aquila? «Nelle situazioni di crisi bisogna che i progetti sappiano sfruttare al meglio le occasioni che si prospettano: in questo caso specifico non si può pensare di ricostruire L’Aquila non essendo rispettosi dell’eccezionale natura che la circonda, valorizzando il patrimonio pubblico che essa rappresenta. L’eco-sostenibilità al giorno d’oggi è una necessità in grado di mantenere il “comfort energetico” riducendo allo stesso tempo l’impatto ambientale». Chi vi ha fornito i pannelli solari che avete istallato? «Molti dei pannelli solari utilizzati in questo progetnel campo di S. Rufina Impianto solare termico to hanno una provenienza particolare: sono stati eria per bagni e zona lavand costruiti nel carcere di Rebibbia di Roma e sono il frutto della collaborazione tra Cirps, il Ministero della Giustizia e il Ministero dell’Ambiente, che da anni Il CIRPS lavorano per il “Programma Nazionale di Solarizzazione Il CIRPS è un Centro di ricerca interuniversitario; delle Carceri”. Obiettivo del programma è favorire l’utilizzo ne fanno parte 300 docenti, ricercatori, tecnici e delle energie rinnovabili all’interno degli istituti di pena itastudenti appartenenti ad undici atenei italiani. Le liani attraverso la collaborazione dei detenuti, che sono protagonisti di un processo di apprendimento volto al loro reinattività del Cirps sono finalizzate alla ricerca, alla serimento nella società: vengono formati sia dal punto di messa a punto ed alla diffusione di conoscenze vista teorico sia da quello tecnico sui pannelli solari e poi scientifiche, soluzioni tecnologiche e metodi di aiutano fattivamente al lavoro di installazione dei grandi lavoro in grado di consentire lo sviluppo sostenibiimpianti solari sui tetti delle carceri, costruiscono pannelli le. Attraverso attività e progetti di ricerca didattica ed entrano a far parte di cooperative sociali che si occupae intervento diretto sul territorio, dal 1988 applica no di solare». Qual è la situazione attuale nei territori abruzzesi? e diffonde principi internazionalmente riconosciuti «Le persone iniziano a rientrare nelle case agibili, noncome necessari per la realizzazione di uno svilupostante la grande paura. I cantieri vanno avanti. Lo sforpo sociale, economico e tecnologico capace di zo della Protezione Civile è evidente. Tuttavia è ancora garantire l’aumento e la condivisione del benesselontano il giorno in cui tutti gli aquilani potranno torre senza penalizzare l’ambiente né alcun gruppo nare ad avere una casa». sociale, area geografica o le generazioni future. Impianto per una scuola materna a Pizzoli (in collaborazione con Greenpeace) Italia sotto i Venti 56 NON SARÀ MICA UN PELLEGRINO? IL MESE SCORSO SIAMO ANDATI FINO A SANTIAGO DE COMPOSTELA, MA ANCHE GIROVAGANDO PER LE VIE DI VITERBO SI POSSONO FARE INCONTRI INTERESSANTI, SOPRATTUTTO SE POI SI HA A CHE FARE CON UNO COME JOHN, PARTITO DA CANTERBURY CON LA SOLA FORZA DELLE GAMBE PER ARRIVARE FINO A SAN PIETRO di Martina Cipollari, Antonio Loquercio, Simone Eusepi, 17 anni Liceo scientifico “A. Meucci” carpe logore e vestiti vecchio stampo… E’ forse uscito da un libro di storia? Non sarà mica un pellegrino? Il tipo ci incuriosisce, vogliamo saperne di più: dice di chiamarsi John, ed è proprio un pellegrino in viaggio da ben ottanta giorni. E’ partito da Canterbury con lo scopo di percorrere tutta la Via Francigena ed arrivare a piazza San Pietro, proprio come facevano milioni di pellegrini secoli e secoli fa: ecco svelato il mistero delle scarpe così consumate! Ma cosa spinge un uomo del 2000 ad intraprendere un cammino simile? Per lui si tratta di una sorta di percorso spirituale, sta cercando di ritrovare se stesso grazie anche alla serenità della natura, al silenzio dei luoghi sacri che ha visitato o che incontrerà ancora nei prossimi giorni. Non solo, ha anche un forte interesse artistico: il suo itinerario, infatti, prevede la visita a numerose e stupende basiliche romaniche, oltre naturalmente ai siti medioevali. Infine, si tratta anche di una sfida fisica con se stesso: S 20-26 km al giorno con qualsiasi condizione climatica e consecutivamente per parecchi giorni non sono uno scherzo per nessuno! C’è voluto poco per far scattare in noi la molla della curiosità. Abbiamo deciso di provare le emozioni di John: percorreremo il tratto tra Viterbo e Roma alla scoperta delle meraviglie del nostro territorio, meraviglie che abbiamo costantemente sotto gli occhi ma che spesso tendiamo a dimenticare. Si parte alla scoperta delle bellezze della Tuscia! Il nostro viaggio comincia da Viterbo. Attraversando le sue vie, si capisce subito che la città, di antica origine e di grandi tradizioni storiche - sede papale dal 1257 al 1281 conserva monumenti e opere d’arte di spiccato interesse storico e culturale: molto suggestivo è il quartiere San Pellegrino, intatto nella sua struttura medioevale, con la chiesa di S. Pellegrino nella piazzetta omonima (nei 57 LA VIA FRANCIGENA Risale al periodo della dominazione longobarda la costruzione del tracciato originario della via Francigena: si chiamava via di monte Bardone (una deformazione di Mons Langobardorum) ed era un importante collegamento tra Pavia, sede del regno longobardo, e i ducati meridionali di Spoleto e Benevento. Il cammino attraversava la val d’Elsa e Siena e, sovrapponendosi alla Cassia Romana, toccava Acquapendente, Bolsena, Sutri, Montefiascone, Viterbo, Capranica, Monterosi. Fu dopo la cacciata dei Longobardi ad opera di Carlo Magno che la via fu detta Francigena, perché collegava Roma ai Franchi di area francese e di area germanica. Nel Medioevo, dopo l’istituzione del primo Giubileo, rappresentò l’itinerario dei pellegrinaggi penitenziali nei Luoghi Santi della religione cristiana. I pellegrini partivano in gruppo e percorrevano, rigorosamente a piedi, circa 25 chilometri al giorno in direzione di Roma, luogo in cui era avvenuto il martirio dei Santi Pietro e Paolo, o in direzione di Santiago de Compostela, dove erano conservate le spoglie mortali di San Giacomo. Allora lungo il suo percorso sorsero strutture difensive, conventi, ostelli, stazioni di posta, ospedali. Tanti furono i pellegrini che attraversarono l’Europa attraverso la Via Francigena per raggiungere Roma e tanti furono quelli che la percorsero in direzione di Compostela: la via era il punto di incontro tra gli itinerari di tutte le “Peregrinationes maiores”. Nel 1994 il Consiglio d'Europa, accogliendo le richieste delle realtà locali interessate, ha dichiarato la Via Francigena "Itinerario Culturale Europeo". Dopo mille anni, la strada che rappresentò lo strumento di comunicazione tra le varie culture e le idee dei diversi Paesi viene riscoperta da quell’Europa che oggi vede cadere le barriere, ma che già allora esprimeva, anche attraverso i cammini lungo la Via Francigena, il desiderio di essere unita. Una suggestiva immagine del Palazzo dei Papi a Viterbo pressi sorge l’Ospedale dei Pellegrini, tra il 1150 e il 1200 dato in dono dai fondatori al clero viterbese perché vi ospitasse i viaggiatori), anche se l’attenzione è presto catturata dal Palazzo dei Papi. In questo palazzo-fortezza, che testimonia la presenza della corte papale a Viterbo, si svolsero ben cinque conclavi, compreso quello durato trentatré mesi e dal quale uscì eletto nel 1271 papa Gregorio X. Prendiamo un gelato in un bar e passeggiamo per le vie dove ogni anno si svolge il corteo storico in costume che si conclude il 3 settembre, alle ore 21, con il famoso trasporto della Macchina di S. Rosa, una torre luminosa alta 30 metri e del peso di 5 tonnellate sulla cui cima troneggia la statua della Santa Patrona della città (essa viene trasportata a spalla da un centinaio di “facchini” che si preparano per tutto l’anno alla difficile prova). Riprendiamo la Via Francigena e, dopo aver attraversato un territorio ricco di noccioleti, incontriamo Capranica, pittoresco abitato situato su un alto sperone Vi piace questo sfondo? E’ il lago di Vico Italia sotto i Venti 58 tufaceo, fondato intorno all’VIII secolo, dove Petrarca soggiornò nel 1337, ospite di Orso dell’Anguillara. Visitiamo subito la chiesa di S. Maria, che conserva autentici pezzi artistici: la statua della Madonna delle Grazie del 1808, una Tavola del XII-XIII sec. del Salvatore Benedicente, un Tabernacolo del ’400 e uno straordinario Trittico raffigurante S.Terenziano, S.Rocco e S.Sebastiano del XV-XVI secolo. Poi entriamo nella chiesa romanica di S. Francesco, che spesso diventa palcoscenico per gli eventi musicali e artistici che si svolgono nel paese. E’ un’emozione visitarla: sul fondo del presbiterio, davanti all'abside, si vede il sepolcro marmoreo dei gemelli Francesco e Nicola Anguillara, morti nel 1406-1408. Ci sentiamo avvolti da un’aura particolare qui dentro. Da Sutri a Ronciglione La Via Francigena attraversa anche Sutri, cittadina di antiche origini, che presenta resti etruschi e monumenti del periodo medievale, a testimonianza della sua importanza strategica. In corrispondenza dell’abitato troviamo l’anfiteatro romano, scavato completamente nel tufo. A circa 1 km a sud di Sutri si sviluppa la necropoli urbana, costituita da 64 tombe romane, anch’esse scavate nel tufo, come la Chiesa rupestre della Madonna del Parto che sorge poco lontano. E’ davvero misteriosa: presenta forme comuni a tutti i templi dedicati al dio Mitra, strutture sulle quali la storia ha poi depositato rassicuranti immagini a salvaguardia della cristianità. Visitiamo la cattedrale e rimaniamo rapiti dal fascino della cripta: colonne e capitelli di epoche diverse - riutilizzati dai longobardi durante il periodo medievale - conferiscono all’ambiente l’aspetto di una foresta di colonne! Siamo un po’ stanchi e pensiamo di ritornare a Ronciglione. Sarà difficile guardare con occhi da “pellegrino del medioevo” proprio il paese in cui viviamo. Ci sentiamo contemporaneamente turisti e padroni di casa. Cominciamo dalla piazza del Comune, dove osserviamo l’interessante Fontana degli Unicorni (1581) attribuita da alcuni al Vignola. Entriamo nel borgo medievale, dove incontriamo prima i Torrioni, un castello risalente all’alto Medioevo, a difesa del borgo, poi i resti della chiesa di S. Andrea: colonne, capitelli e un campanile del 1463. Infine, entriamo nell’antichissima chiesa di S. Maria della Provvidenza per vedere un Cristo benedicente con cherubini ed angeli del 1400. Ronciglione è conosciuta per il famoso Carnevale, durante il quale si svolgono le caratteristiche corse di cavalli “a vuoto”, cioè senza fantino, che si possono vedere solo qui. Dopo una sosta al vicino lago di Vico, con la sua riserva naturale che rappresenta sempre di più un motivo di richiamo per il turismo estivo, arriviamo davanti alla chiesa campestre di S.Eusebio. E’ uno dei più importanti monumenti paleocristiani della zona, edificato da monaci basiliani fuggiti dalla Palestina nel VII-VIII secolo. Al suo interno ci sono i graffiti lasciati dai pellegrini quale segno tangibile della loro devozione. Il nostro viaggio termina qui. Anche se non abbiamo le scarpe consumate, ci sembra di aver fatto un viaggio nel passato e poi… è stato bello fare i turisti in casa nostra. Fontana degli Unicorni (1581) a Ronciglione Il Carnevale di Ronciglione Risultati test 59 Cervello in svendita? (pag. 28) Punteggio: per ogni risposta A: 1 punto - per ogni risposta B: 2 punti - per ogni risposta C: 3 punti Fino a 10 punti: Da 11 a 15 punti: Da 16 a 21 punti: AGGIORNATO RAM INSUFFICIENTE IN LIQUIDAZIONE TOTALE Magari non sarai mai un premio Nobel, ma bisogna dire che almeno le basi ci sono tutte. Certo, a meno che tu non abbia trovato le risposte giuste su Wikipedia (e badate che questo è il primo test al mondo dove le risposte giuste danno meno punti di quelle sbagliate)! In ogni modo non dormire sugli allori, ché il cervello è un organo speciale, ma come tutti gli altri ha bisogno di cure, va mantenuto sempre all'opera e continuamente aggiornato! È il tuo personale sistema operativo ed è molto meglio di Windows Vista. Non sei ancora a livelli sub-umani, ma… sveglia ragazzo, prima di rispondere a una qualunque domanda bisogna PRIMA pensare e POI parlare! Perché una cosa è la semplice ignoranza – uno le cose le sa o non le sa -, un'altra è dimenticarsi di avere un bel po' di materia grigia nel capoccione! Fa’ attenzione a quello che accade attorno, documentati e non sprecare i neuroni solamente per seguire le avventure dei concorrenti dei reality in Tv, a tutto c’è un limite! Per inciso, quella sulle mille lire era la Montessori. Se ti si potesse aprire la calotta cranica probabilmente ci troveremmo soltanto un biglietto con su scritto “Ti devo un cervello” firmato Dio... Qualcuno ti definirebbe “le classiche braccia tolte all'agricoltura”, anche se per fare l'agricoltore di cervello ce ne vuole eccome, ma è tanto per rendere l'idea con un luogo comune che forse persino tu riesci a capire. E poi vergogna, Rita Levi Montalcini scambiata con la ragazza del solarium, speriamo che questa copia di Zai.net non le arrivi mai nelle mani! “Sotto i Venti” è l’iniziativa editoriale che Zai.net, in collaborazione con Touring Club Italiano, dedica agli itinerari, ai diari di bordo, alle foto dei giovani reporter-viaggiatori. Insieme alle guide monografiche (sono già uscite quelle su Piemonte e Liguria), ogni mese un appuntamento dedicato alle vostre terre e ai vostri viaggi in Italia, in Europa, nel mondo. www.sottoiventi.it TI N E M A NT U P AP NOVEMBRE Dal 5 al 6 A cura di Caterina Mascolo, 20 anni 12 ROMA La Caritas organizza un incontro nazionale per il progetto Scarp de’ tenis. Di cosa si tratta? Questo è in sostanza un giornale di strada, nel senso che ha per protagonisti gli uomini e le donne che ci vivono quotidianamente: i senzatetto. Interessante è anche il processo di analisi che dunque si compie attraverso queste testimonianze, spesso lenti speciali per comprendere i fenomeni e le circostanze che generano esclusione sociale e povertà. Il 100% del ricavato è destinato alle persone senza dimora, che ne sono anche collaboratori e venditori. Chiunque voglia saperne di più può visitare il sito www.scarpdetenis.it che offre anche una bella sezione radiofonica. Dal 6 all’ 8 NOVEMBRE NOVEMBRE FIDENZA Segnatevi questa data, perché aprirà la nuova stagione di prosa al Teatro Magnani con I ponti di Madison County, tratto dall’omonimo romanzo di Robert James Waller. Nel 1995 di quest’opera Clint Eastwood ne fece anche un film, con una fantastica Meryl Streep protagonista. L’incipit del libro? “Ci sono canzoni che nascono dall'erba punteggiata d'azzurro, dalla polvere di migliaia di strade di campagna. Questa ne incarna la poesia.” 15 NOVEMBRE RONSECCO (VERCELLI) Nel suggestivo scenario della Chiesa di San Lorenzo si terrà, dalle 21.00 alle 22.30, un’intervista a Margherita Hack, con tema di base l’interrogativo di cosa rappresenti un’osservazione astronomica oggi. Si svilupperà poi attorno a questo nucleo una discussione sulla scienza e sui sentimenti, con evocazioni dei mondi favolosi e mitologici che spesso hanno concorso alla denominazione delle costellazioni. Si promette inoltre un finale a sorpresa… NOVEMBRE TORINO Siete degli appassionati di arte moderna? Non potrà certo sfuggirvi allora Artissima, manifestazione ospitata dal Lingotto Fiere di Torino. In questi tre giorni, dalle 12.00 alle 20.00, ammirerete moltissime opere provenienti dalle più esclusive gallerie. Curiosi anche gli eventi della sezione fuori-fiera, come “Artissima fumetto”, dedicata appunto ad un genere narrativo amato da ragazzi ed adulti. Per l’elenco completo degli artisti partecipanti, la photogallery e molto altro ancora vi invito a navigare sul sito www.artissima.it! 18 NOVEMBRE CAGLIARI Il cinema approda in Sardegna con l’iniziativa promossa dalla Scuola Holden di Torino, dalla casa di produzione Fandango di Roma e dall’associazione Cagliari in cortometraggio. Circus, questa scuola di cinema itinerante, ha come obbiettivo primario quello di avvicinare il pubblico a questo complesso mondo tramite seminari e workshop tenuti dalle personalità più eclettiche e rappresentative del panorama cinematografico. Il 18 novembre, presso il Cineclub Namaste alle 18.30, avrà luogo la lezione inaugurale gratuita con lezioni di Domenico Procacci e Antonello Grimaldi. Per maggiori informazioni cliccate su www.incorto.it, mentre per iscrivervi visitate il sito www.scuolaholden.it. 61 18 NOVEMBRE Dal ASSAGO Date la caccia ai biglietti rimasti per il Filaforum: si esibiranno qui infatti i Coldplay, nota band britannica formatasi a Londra nel 1999 e capitanata da Chris Martin. Dai successi come “Green Eyes” o “The Scientist” alle ultime hit contenute nell’album “Viva la Vida or Death and All His Friend”, potrete ripercorrere l’intero percorso musicale del gruppo. Una curiosità? Durante il primo incontro della band, avvenuto nella camera da letto di Jon Buckland, i componenti suonarono per ore “Ode to a Deodorant” e “So Sad”, con un nome diverso però da quello che conosciamo: gli Starfish. Decisero poi di tramutarsi nei ben più famosi Coldplay su suggerimento di un amico del cantante, un pianista che aveva scartato l’ipotesi di poter titolare così la sua futura band. Per essere aggiornati sulle ultime interviste e dichiarazioni del gruppo non vi resta poi che cliccare sul sito www.coldplay.com! Dal 20 all’ 22 26 al 29 NOVEMBRE ROMA Storie, personaggi, situazioni, percorsi legati ai luoghi e agli abitanti delle periferie di ieri e di oggi: la III edizione del Visioni Fuori Raccordo Film Festival (presso il Nuovo Cinema Aquila) porta sul grande schermo cortometraggi e lungometraggi inediti. Anche quest’anno saranno due le sezioni in concorso: Periferie Romane e Periferie Italiane, per ognuna delle quali saranno premiate le migliori opere; saranno inoltre assegnate due menzioni speciali: Migranti e Memoria. www.fuoriraccordo.it TUTTO NOVEMBRE ROMA In tre mesi riuscirete di certo a ritagliare uno spazio per questa mostra dal titolo eloquente di Roma, la Pittura di un Impero che si tiene alle Scuderie del Quirinale. In rassegna sei secoli della storia di Roma, dove al fermento culturale si sovrappone lo straordinario consolidamento delle strutture di potere. Meraviglioso l’allestimento museale ed eccellente la scelta delle opere: potrete ammirare ad esempio le “Nozze Aldobrandini” ed una sequenza di ritratti del Fayyum. La pittura antica è in gran parte perduta… Quale migliore occasione per contemplarla nella sua varietà e, al contempo, completezza? Fino al 17 gennaio 2010. CONCORSO NOVEMBRE FIRENZE Il Giappone in Toscana? Proprio così, a giudicare da questa divertente ed innovativa manifestazione! Presso la Limonaia di Villa Strozzi si volgerà infatti l’XI Festival Giapponese. Imperdibile lo spettacolo dei Manjushaka, che regaleranno anche bouquet di fiori spirituali a tutte le persone che parteciperanno alle loro performance! Altrettanto interessanti le Mostre e gli Angoli di artigianato provenienti da Kyoto, così come l’Angolo dei Ninja, vera novità di quest’anno ed eccellente occasione per addentrarsi in questa affascinante e misteriosa storia. L’ingresso è libero! Se avete un amico a quattro zampe e una storia originale da raccontare su di lui, questo è il concorso che fa per voi. In occasione dell'uscita del libro "La vita secondo Barry" di Enrico Rolla, l’A.I.D.A. (Associazione Italiana Disturbi d’Ansia) e l'Istituto Watson di Torino indicono “Racconta il tuo cane”, una competizione aperta a tutti, senza limiti d’età. Il concorso ha per tema la descrizione di un comportamento o di un evento riguardante il proprio cane; i testi, con il titolo, non dovranno superare le 2.000 battute (spazi inclusi) e potranno essere corredati da una fotografia del proprio cane. I racconti migliori saranno pubblicati sul sito www.ilcanebarry.it e verranno premiati con opere d’arte. La scadenza è il 20 dicembre 2009, il regolamento è disponibile sul sito www.ilcanebarry.it Oroscopo a cura di Cassandra 62 Ariete Toro 21/03 - 21/04 21/04 - 21/05 Affari di cuore Siete così sicuri di voi stessi che lo sarà anche il partner e… vi lascerà per un eccesso di amore. Single? Continuate così! Amicizia & famiglia Non c’è che dire, i rapporti burrascosi dello scorso mese si stanno riappacificando ma… non dissotterrate troppo presto l’ascia di guerra! Consiglio “Domani” di Valerio Scanu. Affari di cuore Le vostre famose corna vi pesano troppo, dateci un taglio… a loro e al senso di oppressione. Amicizia & famiglia Le vostre stelle sono così premurose che potreste anche guidare a sinistra ed uscirne illesi! Certo, volendoci provare forse scoprirete anche chi vi vuole veramente bene… e tenta di fermarvi. Consiglio “Uprising” dei Muse. Gemelli 21/05 - 21/06 Affari di cuore Il vostro consueto “doppio” non vi lascia in pace: vuole un nuovo compagno e lo ha già adocchiato. Andate e prendetevelo, con tutte le armi a vostra disposizione! Amicizia & famiglia Non per mettere zizzania ma… parenti serpenti (e ho detto tutto)! Tenete sott’occhio i compiti in classe. Consiglio “Estranei a partire da ieri” di Alessandra Amoroso. Cancro Leone Vergine 22/06 - 22/07 23/07 - 23/08 24/08 - 23/09 Affari di cuore Cosa dirvi se non “Forza ragazzi!”, siete troppo abbattuti al momento! Eppure… non l’avete notata anche voi quella persona che vi sorride così gentilmente? Su! Amicizia & famiglia Nulla da ridire: è proprio un buon momento sotto questo punto di vista! Soldi in arrivo da parte del parentado… godetevela! Consiglio “Bodies” di Robbie Williams. Affari di cuore Sì, lo so: il vostro cuore è preso da mille volti, ma dovete scegliere quello che lo fa battere di più! Altrimenti vi consiglio una bella visita da un cardiologo, ma bravo! Amicizia & famiglia Eh già, non è stato un periodo dei migliori questo appena passato, ma novembre si preannuncia più calmo: riprendete fiato! Consiglio “Haven’t met you yet” di Bublè. Affari di cuore Continua il periodo favorevole a voi riservato dalle stelle, ma non vi sentite un po’ in colpa davanti a tutta questa gente con problemi di cuore? Mah! Amicizia & famiglia Le faccende di casa sono troppo stancanti? Non è che l’inizio: armatevi di Mastro Lindo, sennò saranno guai! Consiglio “Fly with me” dei Jonas Brothers. Bilancia Scorpione Segno del mese 24/9 - 22/10 23/10 - 22/11 Sagittario Sagittario Affari di cuore Fino al 15 continua il periodo propizio, dopodiché gli astri si rifiutano di dare responsi circa il vostro futuro. Amicizia & famiglia Le stelle proprio non ne vogliono sapere di farsi interpretare sul periodo che vi aspetta. Provate a prendere un po’ tutto come viene, poi fatemi sapere… Consiglio “Manos al aire” di Nelly Furtado. Affari di cuore Continuate a tenervi ben stretti il vostro partner, lo sapete anche voi che trovare un altro santo che vi sopporti è un’ardua impresa… Amicizia & famiglia Recuperate i numeri di qualche vecchio amico per una bella rimpatriata - più che un consiglio degli astri è un consiglio personale! Consiglio “Celebration” di Madonna. Affari di cuore L’altra metà della mela la incontrerete questo mese, camminando per strada non potrete non notarla. Amicizia & famiglia Lasciate stare per un attimo i libri e dedicatevi alle public relation: i vostri amici e parenti vi stanno già dando per dispersi! Consiglio “Fuck you” di Lily Allen. 23 novembre - 21 dicembre Capricorno Acquario Pesci 22/12 - 20/12 21/01 - 19/02 20/02 -20/03 Affari di cuore Non potete mettervi le fette di prosciutto sugli occhi e i tappi di cera nelle orecchie! Date retta al vostro partner e provate a partecipare alla sua vita. Amicizia & famiglia Una domenica in campagna non può che fare bene! Certo, magari prima controllate il meteo! Consiglio “Il sole esiste per tutti” di Tiziano Ferro. Affari di cuore Sì, va bene, l’autunno fa cadere le foglie, ma non fate cadere le braccia al partner (o ad un partner papabile!) con la vostra mosceria! Per favore! Amicizia & famiglia Siete troppo apatici, gli amici si stanno preoccupando e molti sono desiderosi di darvi una bella scossa! Consiglio “Sopra il mondo” dei Lost. Affari di cuore Quando gli astri dicono certe cose, non si può che sorridere. Andrà tutto alla grande, complimenti e continuate così! Amicizia & famiglia Non ci crederete, ma è in arrivo per voi il periodo di relax che tanto desideravate! Attenti solo a non rilassarvi troppo in pubblico… potrebbero farsi idee sbagliate! Consiglio “21 guns” dei Green Day. Cruciripasso 63 UPGRADE: LINGUE E LETTERATURE QUESTO MESE DOMANDE SU UNA SOLA MATERIA, MA CON UNA DIFFICOLTÀ: UNA DEFINIZIONE DEVE ESSERE INSERITA AL CONTRARIO. SE AVETE PROBLEMI, QUELLE IN ROSSO DOVREBBERO AIUTARVI! ORIZZONTALI 1. La protagonista femminile dell’Adelchi 10. Preposizione articolata 13. Il processo di imitazione 14. Protagonista di una delle operette morali di Leopardi 16. La fine dei “luoghi” del web 17. Il Ludovico per antonomasia 18. Può esserlo l’endecasillabo 21. Iniziali di una miss Italia 23. Inutili 24. M’illumino d’…. 28. Insieme alle rose in “Il sabato del villaggio” 30. La città di Saba 31. Iniziali dell’autrice de “Lo scialle andaluso” 32. Ha cantato “L’arca di Noè” (in.) 33. Protagonista di un romanzo di Puskin 35. Si dice di un luogo 38. Alla fine della festa 39. Gentilezza 40. Famigerata organizzazione paramilitare tedesca 41. Profonda 43. Congiunzione eufonica 44. Componevano il paradiso dantesco 46. Cantante dei Timoria (in.) 48. Prefisso che indica la metà 49. Le dispari in omesso 50. Lo è l’anima nell’inferno 52. Le pari di inerzia 53. Sta il cacciator fischiando, sull’... 54. Difensore del Milan (in.) 55. Ubriaca 57. Ex allenatore dell’Inter (in.) 58. Lento 61. Precettore 62. Boa senza testa 63. Opera di Puccini 64. Attore de “I Cesaroni” (in.) 65. Inetto a metà VERTICALI 1. Così inizia “Il cinque maggio” 2. Consonanti della capitale d’Italia 3. Figura retorica 4. Lo subì Dante 5. Sì e no 6. Scure 7. La fine di Verri 8. L’amor che move il sole e l’altre stelle 9. Fenomeno linguistico 10. Le pari di innato Una sbirciatina, piccola, alle soluzioni sul sito: www.zai.net 11. In mezzo alla cena 12. Articolo determinativo 13. Esponente del Futurismo 15. Famoso modello dell’Audi 17. Questo sol m’... 19. In... vena! 20. Recipiente metallico 21. Lo erano i Signori di Ferrara 22. L’autore de “Il pozzo e il pendolo” 24. Procedimento di ripetizione 25. Cantante napoletano (in.) 26. Le vocali in peste 27. Famoso conduttore radiofonico (in.) 29. Secondo parte della critica, una delle tre fiere dell’inferno dantesco 34. Ardere all’imperfetto “letterario” 36. Ha scritto “Itaca per sempre” 37. Lo è la selva per eccellenza 42. Esalazione dannosa 45. Passato remoto di esibire 46. Suffisso accrescitivo plurale 47. Il nome di Coelho 50. E’ forse il sonno della morte men… 51. Interprete di “The family man” (in.) 54. Imperativo di amare 56. Rosalino Cellamare 59. Ha scritto “La tigre della Malesia” (in.) 60. Ministro per le pari opportunità (in.)