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NOVEMBRE 2009
(RI)FACCIAMO SCUOLA
Tavola rotonda con
Azione Cattolica, Azione
Studentesca e UDS
ANTEPRIMA
"Marpiccolo", il nostro
Marcantonio al Festival di Roma
ESCLUSIVA
ISSN 2035-701X
Intervista al batterista dei
Deep Purple, Ian Paice
“Poste Italiane. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1, DCB Torino n° 8 Anno 2009”- € 1,20
RUBRICHE
IL MURO CHE DIVIDEVA
38
DUE MONDI
La caduta del muro di Berlino
negli scatti dei grandi fotografi
BACKSTAGE
IERI ACCADRA'
SEGNALIBRO
ANTISPOT
GIRA LA MODA
INTERNET
VOTI NOTI
FORUM
22
24
26
THE HEART OF KASH(MIR)
Emozioni da fotoreporter
di guerra
MARPICCOLO, SORPRESE
DA FESTIVAL
Anteprima
NEL GIOCO
DELL'INFORMAZIONE
Colloquio con Luca Telese
32
PEACE BOAT
Nagasaki 1945: racconto
di un Hibakusha
SEGRETI E PARADOSSI
DA PREMIO NOBEL
Incontro con
Rita Levi Montalcini
QUATTRO CHIACCHIERE
CON IAN PAICE
Esclusiva con lo storico
batterista dei Deep Purple
36
SCRIVERE LA DIFFERENZA
I consigli di Marco Ravasio
APPUNTI E SPUNTI
D'INTEGRAZIONE
Nella città dei Sassi
48
SUI LIBRI CON LO STIPENDIO
Scuola sotto i Venti
50
ABRUZZO: THE DAY AFTER
Ecco cosa ha trovato Zai.net
sul posto
53
56
62
CRUCIRIPASSO
Pronti per lingue e letterature?
TAVOLA ROTONDA
(RI)FACCIAMO
SCUOLA
46
NON SARÀ MICA
UN PELLEGRINO?
Alla scoperta della
Via Francigena
GIOVANI CRITICI
SGUARDI SULLA CITE
Speciale "Vivere di periferia"
IL MERCATO DI
PORTA PALAZZO
Piemonte a colori
UNA RICOSTRUZIONE
54
"SOLARE"
Energia pulita nelle tendopoli
EMERGENTI MA
NON TROPPO
Astenia, Broken Lies, The Sun
34
41
COSTUME E SOCIETA’
MUSICA
30
40
16
Azione Cattolica, Unione degli Studenti e
Azione Studentesca a confronto su presente
e futuro dell’istruzione nel nostro Paese
novembre
n°8
Direttore responsabile Renato Truce
Vice direttore Lidia Gattini
Coordinamento di redazione
Eleonora Fortunato
Segreteria di redazione Sonia Fiore
Redazione di Torino
Elisa Moretti
corso Allamano, 131 - 10095 Grugliasco (To)
tel. 011.7072647 / 283 - fax 011.7707005
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Redazione di Genova
Giovanni Battaglio
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Redazione di Roma
Simona Neri, Matteo Marchetti
via Nazionale, 5 - 00184 Roma
tel. 06.47881106 - fax 06.47823175
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Hanno collaborato
Marco Barbaliscia, Giovanni Battaglio, Patrizia
Battaglio, Stefania Benetti, Giulia Bernardi,
Fiammetta Bertotto, Marco Billeci, Michelangelo
Bonafede, Lorenzo Brunetti, Maria Elena Buslacchi,
Giulia Cerino, Giulia Chiantia, Martina Cipollari,
Chiara Colasanti, Lucrezia Colmayer, Emanuele
Colonnese, Indhya Contu, Riccardo Cotumaccio,
Benedetta Cutolo, Alessandra D’Acunto, Isabella
Del Bove, Ida Duretto, Simone Eusepi, Chiara
Falcone, Benedetta Gaino, Lucie Laurent, Antonio
Loquercio, Benedetta Magri, Daniele Mainelli,
Marzia Mancuso, Matteo Marchetti, Caterina
Mascolo, Ilenia Melodia, Benedetta Michelangeli,
Serena Mosso, Elena Prati, Luca Sappino, Samuele
Sicchio, Federica Zaccarelli, Jacopo Zoffoli.
Direttore dei sistemi informativi
e multimediali Daniele Truce
Impaginazione Manuela Pace,
Marianna Montalbano, Giorgia Nobile,
Gianni La Rocca
Illustrazioni Alessandro Pozzi
Fotografie e fotoservizi
Circolo di Sophia, Massimiliano T., Fotolia,
Agenzia Infophoto, Giulio Sciarappa.
Sito web: www.zai.net
Francesco Tota
Editore
Mandragola Editrice
società cooperativa di giornalisti
via Nota, 7 - 10122 Torino
Stampa Stige S.p.A. - via Pescarito, 110
10099 S. Mauro (To)
“La scuola sia di qualità ma non d’élite”: su queste parole del
Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è acceso –
dopo la tavola rotonda dello scorso mese – il secondo
dibattito tra i reporter di Zai.net e i giovani esponenti del
mondo politico e dell’associazionismo studentesco (questo
mese Azione Cattolica, Unione degli Studenti e Azione
Studentesca), di cui trovate una fedele ricostruzione a pag. 16.
Con Luca Telese, firma di punta del neonato “il Fatto
Quotidiano”, torniamo a parlare di libertà d’informazione, non
senza ottenere un gustoso spaccato della classe editrice
italiana e dell’aria che tira nelle redazioni più blasonate.
Grazie alla testimonianza di un Hibakusha (pag. 24), sopravvissuto
all’esplosione atomica di Nagasaki, abbiamo poi ricostruito uno
dei momenti più tragici dello scorso secolo, chiedendoci: come si
sta comportando l’Italia rispetto al disarmo nucleare? La risposta
purtroppo non è confortante…
Appuntamento con l’ironia e il nonsense col consueto test, che
questo mese prende spunto dall’incontro con Rita Levi Montalcini
(pag. 26) per porci di fronte all’annosa questione: sfruttiamo
davvero tutte le potenzialità del nostro cervello? O lo abbiamo
messo in svendita? (pag. 27)
Stimolante e ricca di idee per occupare al meglio il tempo libero
la sezione dei giovani critici, che questo mese hanno intervistato lo
storico batterista dei Deep Purple, Ian Paice (pag. 30). Subito dopo
Chiara ci offre un poutpourri di alcuni tra i migliori gruppi
emergenti della scena nostrana (pag. 32), mentre Lorenzo ci
segnala i film visti in anteprima al Festival del Cinema di Roma
(pag. 41): da non perdere “Io, Casanova” e “Marpiccolo”, cui
abbiamo dedicato anche la copertina.
Su e giù per l’Italia nella sezione “Costume e società”: tra le
bancarelle colorate di Porta Palazzo a Torino, Fiammetta ci
porta a conoscere, nell’appuntamento con “Piemonte a
colori” (pag. 46), uno dei luoghi simbolo dell’immigrazione
nella sua regione; con Ilenia proviamo a capire, invece, come
può essere vitale l’integrazione in una piccola città del Sud
Italia. Infine, i giovani reporter di Ronciglione (VT) ci invitano a
percorrere con loro un itinerario davvero speciale, alla
scoperta delle bellezze senza tempo della Via Francigena
(pag. 56).
Buona lettura!
Col contributo di:
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Anno VIII / n. 8 - novembre 2009
Autorizzazione del Tribunale di Roma
n°486 del 05/08/2002
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(9 numeri)
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Questa testata fruisce dei contributi statali
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Questo periodico è associato
all’Unione Stampa Periodica Italiana
In collaborazione con:
Centro Unesco di Torino
GE
A
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C
BA
Hanno contribuito a questo numero:
Claudia Pratticò
Giulia Bernardi
18 anni, vive a Reggio Calabria,
dove frequenta il primo anno di
Scienze economiche. Ama
scrivere, ha fatto parte della
redazione del giornalino della
sua scuola fin dalle medie e
quando ha scoperto Zai.net ha
subito deciso, entusiasta, di
farne parte. Nel tempo libero
ama leggere, cantare e uscire
con gli amici. Va matta per la
cioccolata, i regali, i vestiti e i
viaggi. Si definisce ottimista,
romantica e orgogliosa. Il suo
motto? Non smettere mai di
sognare!
18 anni, frequenta l’ultimo anno
al liceo classico “Augusto” di
Roma. E’ amante di qualsiasi
forma d’espressione, artistica o
comunicativa che sia, per questo
oltre a dedicarsi agli affetti
personali, coltiva la danza
classica e due lingue straniere:
inglese e spagnolo. Le piace
immaginarsi a fare un lavoro che
le permetta di ampliare sempre
di più i suoi orizzonti culturali e
creativi…. Ed è convinta che
quella del giornalista sia la
professione giusta!
Riccardo Cotumaccio
Direttore del giornale del Liceo
“Augusto” di Roma, il suo sogno è
quello di scrivere per una famosa
testata nazionale e, perché no,
diventarne direttore. Ama la musica,
in particolare i Pink Floyd e i Red
Hot Chili Peppers, suona da anni la
batteria e va pazzo per la squadra
del cuore, la Roma. Questo mese
ha intervistato per noi Ian Paice, lo
storico batterista dei Deep Purple.
Non perdetevi le sue incursioni
radiofoniche all’interno de “Il
pomeriggio con Zai.net”.
Ilenia Melodia
17 anni, vive a Matera, dove
frequenta il quarto anno del Liceo
classico “E. Duni”. Tra le cose che
ama di più ci sono gli animali,
specialmente i gatti, e la musica,
dal rock alle canzoni popolari del
Sud Italia. Tra le sue passioni,
però, anche i libri (adora quelli di
Daniel Pennac), i film e i viaggi.
Un giorno – non troppo lontano
magari – le piacerebbe visitare
Africa e America; una cosa alla
quale non rinuncerebbe mai?
I suoi amici!
Benedetta
Michelangeli
Indhya Contu
18 anni il 19 di questo mese e
una lista di progetti per
inaugurare un nuovo inizio; quale
tra le sue numerose aspirazioni
avrà la precedenza?
Sicuramente l'affannata corsa per
il tanto sognato 100 alla maturità!
Adora immergersi nel più totale
silenzio per assaporare appieno i
versi di Eraclito, Platone e
Schopenhauer, e negli attimi di
lucidità progetta interviste a
uomini e donne di scienza; ogni
tanto i sogni diventano realtà,
come testimonia il suo articolo sul
premio Nobel Rita Levi Montalcini.
Studia Lettere Moderne
all’università La Sapienza di
Roma. Nel tempo libero legge,
guarda film, scrive su Zai.net
(questo mese ci ha raccontato di
Peace Boat e della “ricostruzione
solare” in Abruzzo). Ama la
musica di Battiato, i film di Wes
Anderson e Woody Allen, i libri di
Natalia Ginzburg, l’atmosfera delle
piccole librerie, l’inverno, guidare
quando c’è poco traffico. E’ una
grande fan della giornalista e
scrittrice Natalia Aspesi; aspetta
sempre con ansia di leggere la
sua rubrica “Questioni di cuore”.
IER
IA
CC
AD
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A cura di Isabella Del Bove, 18 anni
Notizie serie e curiose selezionate dai calendari del passato
NOVEMBRE
1897 Un gruppo di studenti del
Liceo classico "Massimo D'Azeglio"
di Torino fonda lo Sport Club
Juventus.
5
14
NOVEMBRE
1889 La giornalista Nellie Bly
(Elizabeth Cochrane) inizia un
tentativo, coronato da successo, di
compiere il giro del mondo in meno
di 80 giorni.
Parker
Brothers
pubblica il
gioco da
tavola
“Monopoli”.
NOVEMBRE
1859 Il naturalista britannico
Charles Darwin pubblica L'origine
delle specie, opera in cui sostiene
che gli
organismi si
sono evoluti
gradualmente
attraverso la
selezione
naturale.
1991 Il cantante leader dei Queen,
Freddie Mercury, muore nella sua
casa londinese.
NOVEMBRE
1935 La
24
21
NOVEMBRE
1877 Thomas Edison annuncia
l'invenzione del fonografo, un
apparecchio che può registrare
suoni.
2008 Il Senatore Barack Obama è
eletto 44° Presidente degli Stati
Uniti d'America, il primo uomo di
colore nella storia.
25
NOVEMBRE
1984 36 dei più noti musicisti
23
NOVEMBRE
1889 Il primo juke box entra in
funzione nel Palais Royale Saloon
di San Francisco.
11 NOVEMBRE
1992 La Chiesa d'Inghilterra vota
per permettere alle donne di
diventare sacerdoti.
pop britannici e irlandesi si
riuniscono in uno studio di
Notting Hill come Band Aid per
registrare la canzone Do They
Know It's Christmas?. Lo scopo è
raccogliere denaro per l’Etiopia
minacciata da una grave carestia.
NOVEMBRE
1
O
IBR
L
NA
G
SE
A cura di Marzia Mancuso, 17 anni
CHI HA INCASTRATO
I CLASSICI?
TRA LE TANTE COSE SPIACEVOLI CHE IL FREQUENTARE LA SCUOLA
COMPORTA PER UNO STUDENTE, UNA DELLE PIÙ DEPRIMENTI È ASSISTERE
ALLA PROGRESSIVA FOSSILIZZAZIONE DEI CAPOLAVORI LETTERARI
hiariamo meglio: le antologie, ossia quei simpatici libroni che ogni giorno contribuiscono alla
nostra formazione letteraria tanto quanto al curvamento della nostra schiena, propongono, nel corso
degli studi, centinaia di stralci di opere da leggere, analizzare, approfondire e memorizzare. Abbondano constatazioni sullo stile e sul lessico, informazioni sullo scenario storico del testo, spesso e volentieri anche vere pippe
mentali su cosa l’autore stesse pensando, facendo o,
eventualmente, fumando nel momento in cui ebbe la felice idea di inforcare pennino e inchiostro.
Che non si fraintenda: questa non è una protesta pseudosessantottina (sapete, siamo in tempo di revival) contro
lo studio della letteratura. Si tratta, piuttosto, di un appello: non lasciamo che l’approccio ad ogni grande opera si
fermi ai passi antologizzati. Avventuriamoci a scoprire
cosa succede prima e dopo il passo riportato. Insomma,
leggiamo il libro da noi, con i nostri ritmi, lasciando perdere per un po’ le elucubrazioni dei critici e l’ansia di
conoscere ogni particolare in vista dell’interrogazione.
È molto probabile, infatti, che ogni grande autore abbia
composto la sua opera con il desiderio che i lettori ne
scoprissero da soli il significato o che, perlomeno, se ne
facessero un’idea propria, conseguenza del tipo di rapporto che loro e non altri avrebbero instaurato con il
testo.
Nella speranza che questo appello non passi come brezza nella brughiera, passiamo al consiglio di lettura per
C
questo mese. Per restare in tema, si tratta di un classico
del Romanticismo (o Preomanticismo, o Sturm und Drang,
o tutte e tre le cose insieme), il cui incontro casuale, a
pagina 38 del mio libro di letteratura, ha ispirato la lunga
premessa che vi è toccato leggere. Lasciate che I dolori
del giovane Werther, capolavoro giovanile di Goethe,
riscaldi le vostre fredde giornate novembrine con le sue
lettere colme d’amore impossibile e struggimenti vari,
stando attenti, però, a non farvi prendere da propositi
suicidi. Siate partecipi delle sofferenze di Werther: comprendete la sua genialità e non condannate troppo affrettatamente le sue scelte.
Aspetto non considerato e molto positivo di una lettura
personale è la possibilità di inveire in libertà contro personaggi particolarmente
sgraditi. Vi è permesso,
dunque, qualora lo riteneste necessario, insultare la
svenevolissima Carlotta,
arrabbiarvi per la storditaggine di Alberto o criticarne la grettezza.
Ciò che vi viene offerto
è puro romanticismo in
edizione originale d’epoca, ma anche la
libertà di farne ciò che
preferite.
A cura di Caterina Mascolo, 20 anni
AN
TIS
PO
T
CHE ESAGERAZIONE!
Pollice verso per la nuova pubblicità di “Motivi”, nota marca di
abbigliamento giovanile. La trama dello spot è davvero basilare:
una ragazza si tuffa nello shopping del suddetto negozio, acquista alcuni capi e, ben lieta, si incammina verso casa. Tutto sembra svolgersi nella maniera più elementare e semplice possibile,
ed invece ecco la tragica svolta: la bella giovane non è affatto
sola, ma perseguitata da un branco di fotografi! La quiete appare
lontana anche in autobus: agli scatti vari si aggiunge un’orda inferocita che rincorre forsennata il mezzo pubblico. Di tanto scompiglio la ragazza non si cura, anzi, sembra quasi compiaciuta dell’agitazione collettiva provocata: anche quando si trova assediata
sulla porta di casa, non si scompone affatto. Nemmeno il compagno appare infastidito, la accoglie infatti con un laconico: “Anche
oggi da Motivi?”. Capisco che la spartana compera di un maglione non abbia nulla di eccitante e quindi debba essere movimentata per una rèclame, ma inscenare addirittura una sorta di caccia
alla volpe mi pare eccessivo!
BANALITÀ A COLAZIONE
La nuova creazione della Kinder per pubblicizzare le
ben note merendine è un ottimo concentrato di retorica e buoni sentimenti formato famigliola. Anna e
Marco sono i protagonisti delle due differenti versioni: l’una è ghiotta di “Kinder Colazione Più”, l’altro
rifugge dalla prima colazione se non scorge “Kinder
Pan&Ciok”. Fin qui tutto sembra scorrere nei placidi
alvei della consunta tradizione mattiniera, ma attenzione: cosa vogliono fare da grandi questi cari ragazzi? Lei sogna di diventare una naturalista, lui un
esploratore. In cosa consistono queste pseudo-professioni? Anna vuole emulare Plinio il Vecchio e Marco aspira ad essere un novello James Cook? Noi glielo auguriamo pure, sperando che lei non finisca sommersa da ceneri e lapilli e lui non venga accoltellato a morte nelle Hawaii, solo che pare tanto una stramba trovata degli sceneggiatori piuttosto che la messa in onda dei reali desideri di un bambino qualsiasi! Un consiglio a
Marco, poi: vista la decisione di intraprendere un’attività che comporta rischi mortali ed una vita densa di peripezie, non sarebbe opportuno essere meno schizzinosi sul cibo? Il fato non voglia che il futuro Colombo si ritrovi
sprovvisto del suo dolcetto preferito!
IL PROFUMO CHE FA SCAPPARE
Torna un classico della Dior, ottimo spunto per una panoramica generale sulle pubblicità di profumi. La fragranza già si nota per il conturbante nome: “Midnight poison”, ovviamente
pronunciato, dalla voce fuori campo, con il consueto strascicato accento voluttuoso. La bella protagonista sembra anch’essa,
come le sue colleghe in altri spot, in preda a qualche isterismo:
si getta nella tromba delle scale, si lancia nel vuoto con una
corda, corre, corre, corre. Atti inconsulti? Forse, ma non isolati,
considerando che la modella dell’essenza “Miss Dior” si ritrova svolazzante nel cielo appesa a tanti palloncini colorati. Che
il profumo debba evocare fascino e sensualità non è in discussione, ma sono davvero necessarie tutte queste vicissitudini alla James Bond? Le povere fanciulle devono proprio scappare da pantere inferocite, strapparsi vestiti e gioielli di dosso
con fare forsennato, avvilupparsi su improbabili oggetti con un
onnipresente farfugliamento francese di sottofondo?
LA
A
A
R
GI OD
M
A cura di Alessandra D’Acunto, 20 anni
LONDON STYLE
IL LOOK INGLESE FA PARLARE DI SÈ IN TUTTO IL MONDO: NON A CASO
LONDRA È UNA LOCATION DA SFILATA. ANDIAMO A ESPLORARE DA VICINO
COME VESTONO I RAGAZZI OLTREMANICA
irginia, studentessa sedicenne attenta alle eco modaiole britanniche, sarà la nostra guida del mese (la vedete qui in basso a sinistra). Infatti, lo stile londinese e il suo carattere everyday life, da tutti i giorni, da
città e un po’ vissuto, è una vera e propria calamita per i giovani liceali come lei. Un look aggressivo ma incredibilmente trendy, che predilige spille e borchie a scapito di fiocchetti e bijoux. Andiamo a osservare la foto nei
dettagli: t-shirt rigorosamente di cotone con gigantografia di un idolo del passato (meglio se british), jeans, tronchetti, giacca a quadri e, tocco in più, cappello alla Frank Sinatra. Un mix da sfoggiare la sera o, perché no, durante
l’happy hour a fine giornata, per un gustoso aperitivo che spesso prosegue fino a notte inoltrata, tanto l’atmosfera invoglia a restare. Così imiterete gli inglesi non solo nel look, ma anche nelle abitudini!
Nella versione giorno, la giacca può essere sostituita da una camicia - sempre a quadri - colorata e soprattutto oversize, che ricorda un po’ i vecchi tempi, quando eravamo piccole e indossavamo quella di papà: quanto era larga!
L’effetto piace ancora, e lo testimonia la foto in basso a destra, scattata ad una giovane londinese per strada. A coronamento di tutto ciò, assolutamente immancabili gli occhiali da sole che hanno
fatto la storia: i Ray Ban Wayfarer, icona della musica rock’n’roll a partire dagli
anni ’50.
La moda oltremanica ha, però, un lato B, che lascia la bambina prepotente a
casa, per esibire quella bon ton, che usa classici trench, ossia leggeri soprabiti dai colori vellutati; lucidi stivali rasoterra e calosce, in caso di pioggia; maglioncini dalla scollatura a V, con fantasia a rombi. Insomma, una moda alla
Notting Hill.
Assoluta libertà in fatto di stile, quindi: nessun modo di vestire vince su un altro.
Che in voi si nasconda uno spirito rockettaro o un animo delicato da musica classica, l’eclettismo londinese è pronto ad accogliere tutte le vostre espressioni.
V
A cura di Marco Billeci, 22 anni
IN
TE
RN
ET
Google contro libri e news. Capitolo
primo: e-books
Il sito del mese: scrivila ancora Sam
n principio fu la musica, poi i film. Ora è la stampa
l’ennesimo campo della battaglia tra vecchi e nuovi
media. Con la differenza che stavolta il contender
non è, come in passato, un piccolo sito quasi pirata, ma
il re della rete, Google. I fronti caldi in questi mesi sono due: i libri e le news. Oggi ci occupiamo del primo,
nel prossimo numero parleremo della lotta sulle notizie
online. Partiamo dai fatti: nel settembre scorso, dopo
un lungo scontro legato ai diritti d’autore, Google e gli
editori Usa arrivano ad un accordo sulla digitalizzazione di opere bibliografiche. Pagando 125 milioni di dollari, Mountain View potrà scansionare e vendere solo i
‘libri orfani’, cioè quelli non più in commercio e il cui
detentore dei diritti non è rintracciabile. Inoltre, potrà
offrire accesso gratuito a copie elettroniche dei libri a
biblioteche ed università. L’Antitrust Americana ha però
bocciato l’intesa perché di fatto garantirebbe a Google
il monopolio del mercato. Intanto, nonostante le aperture di Google - la promessa di contattare sempre gli
editori prima di pubblicare un libro e di non vendere libri fuori commercio negli Usa ma ancora in circolo all’estero - il furore non si è placato. La paura degli editori europei, riuniti nella FEP, è di divenire soggetti all’arbitrio di Google, che potrà decidere chi far entrare
nel nuovo mercato e a che condizioni. Si teme, poi, che
i volumi stranieri saranno le prime vittime dei tanti errori di indicizzazione del sito: l’Associazione Italiana
Editori ha scoperto che 222 opere italiane sono considerate fuori commercio da Google Books, mentre in
realtà hanno un’edizione. L’Europa teme, infine, che il
monopolio della Big G tronchi le gambe ai progetti alternativi sviluppati dalla UE, come Arrow. La battaglia
sull’accordo statunitense ne nasconde una ben più
grande, quella per la creazione della libreria online di
tutto il patrimonio bibliografico dell’umanità. Questo è
l’obiettivo dichiarato di Google. Chi si schiera con il motore di ricerca afferma che è l’unico soggetto in grado di
riuscire nell’impresa. I contrari ribattono che la posta in
gioco è troppo alta per lasciarla nelle mani di un solo gigante privato. E’ un problema culturale ma non solo: la
costruzione di una Alessandria digitale nasconde anche
un grande business. (1/continua sul prossimo numero)
on so quanti di voi conoscono il nome di Fabio
Bonifacci, sono certo però che tutti conosciate
le sue storie: E allora Mambo, Notturno Bus, Si
può Fare, etc… Sceneggiatore, scrittore e autore TV e
teatrale, Bonifacci è uno dei parolieri più ispirati del cinema italiano. Una dote non da poco in un Paese dove,
come dice lui stesso, “siamo più portati a fare ragionamenti che a raccontare storie”. Adesso lo scrittore bolognese ha deciso di condividere il suo talento sul suo
blog (bonifacci.it) pubblicando un corso di scrittura gratuito, nato dallo studio sui segreti dei maestri della narrativa. L’autore intende arrivare a più di 100 pagine divise in lezioni, con tanto di esercizi e materiale didattico correlati. Un’esperienza simile è stata avviata anche
negli Usa dallo sceneggiatore John August (Big Fish, La
Fabbrica di Cioccolato) su Johnaugust.com; quelli di August, però, sono più singoli tips che un corso organico.
Interessanti le motivazioni di Bonifacci, che spiega: “da
giovane, davanti a esosi master, mi dicevo: se divento
sceneggiatore, terrò corsi gratis”. E vista la qualità di
molti di questi master aggiunge: “se non altro, nessuno
potrà dire di essere stato fregato”.
I
N
Twit & shout
Queen Rania: "Se i vostri bisogni estetici non
sono completamente soddisfatti da Roma,
allora dovete controllare se siete ancora in
vita". (Rania Al Abdullah, regina di Giordania,
durante la visita di Stato di suo marito Re
Abdullah di Giordania in Italia. 20/10/2009,
7.47 AM on Twitter).
TI
O
N
TI
VO
A cura di Lorenzo Brunetti, 19 anni
LE TELEFONISTE
o sempre trovato molto rassicurante la comunicazione telefonica, che permette di non
dover guardare l’interlocutore (e soprattutto
di non dover essere guardati noi stessi) in faccia. So
che questo ragionamento potrebbe essere tacciato come asociale (e se io e la mia rubrica vi stiamo antipatici, magari mi definirete nevrotico ed insicuro – e avreste pure ragione). Ma come non apprezzare la possibilità di svegliarsi la mattina, schiarirsi la voce e simulare al telefono un’aria presentabile quando abbiamo la
faccia che somiglia ancora ad una tartaruga con la congiuntivite e l’alito che attiva in chi ci sta accanto la reminiscenza del portiere del nostro condominio? Tuttavia,
mentre noi ci nascondiamo sapientemente dietro la cornetta, in televisione i gestori telefonici sono anni che ci
propongono testimonial mozzafiato: pare che la figura
della bella al telefono non smetta di attirare l’attenzione degli italiani (che sperano di trovarsela dall’altro capo del filo) e delle italiane (che sperano di essere loro
al capo del filo…).
Quest’anno, ad addolcire il pensiero della bolletta, troviamo Michelle Hunzinker, Belen Rodriguez e la new
entry Fiammetta. Ora mi chiedo cosa caspita gliene frega a Michelle Hunziker, che nello spot interpreta se
stessa (a differenza del povero Max Tortora, che non si
sa perché nella stessa pubblicità figura come Mario…),
di risparmiare sei centesimi al minuto, se con quello
che guadagna potrebbe permettersi di fare gli scherzi
telefonici a Hong Kong!? Tra l’altro, la bella show girl
manifesta ancora una volta (come già nello spot dei
popolari confettini) un’irritante aria euforica che normalmente si riscontra solo in chi fa uso di droghe chimiche.
Belen Rodriguez, invece, ripropone la figura, datata e
maschilista, della professoressa sexy. Pare proprio che
qualche mente bacata la trovi particolarmente convincente, visto che anche nell’ultima edizione di “Scherzi
a parte” interpretava l’insegnante porno-soft. Che tristezza! E poi, nonostante gli occhialini da maestrina
antipatica, pare faccia proprio troppa fatica (poverina…) a pronunciare parole quali “perifrastica” o “deus
ex machina”. La testimonial dedicata al pubblico giovane è stata Fiammetta con il suo scanzonato gruppo
di amici. Ci troviamo in questo caso di fronte ad un raro esempio di gravissima e completa inespressività. La
graziosa biondina, dopo aver stimolato gli istinti più
bassi dei suoi compagni nell’ultima serie di spot, ora figura nel cast di “Chiambretti night” addirittura come
pianista. Sostiene di aver suonato al conservatorio ma
non si resiste a risponderle che, evidentemente, “non le
hanno aperto”!
H
Fiammetta
Michelle Hunziker
Belen Rodriguez
Voto
5
M
RU
FO
A cura di Jacopo Zoffoli, 20 anni
HO PURE UN AMICO GAY!
QUAL È LA RADICE DELL’ODIO E DELLA VIOLENZA CONTRO GLI OMOSESSUALI? CI SI PUÒ MASCHERARE DICENDO CHE L’OMOFOBIA APPARTIENE ALLA PARTE RETRIVA DEL PAESE, QUELLA CHE RESTA SEMPRE
INDIETRO, CHE NON LEGGE, CHE GUARDA SOLO LA TV SPAZZATURA?
“Ti rispetto, ma non mi piaci”
Più che di problema di omofobia,
parlerei di atteggiamento omofobo,
che in Italia c'è da sempre, come da
sempre c'è tensione verso le
diversità, specialmente quelle che
danno l'impressione di sovvertire le
gerarchie costituite, che non
prevedono l'omosessualità tra le
proprie fila oppure, se la
prevedono, deve essere una
macchietta, che va bene nei locali
più trasgressivi o per far ridere in
Tv. Credo che questo sia aggravato
dall’interesse morboso che hanno
gli italiani nel cercare la diversità
solo su un piano molto superficiale
(voyeuristico), senza accettare le
scelte altrui in maniera saggia e non
caritatevole (tipico
dell'atteggiamento cattolico-italico
del “ti rispetto, ma non mi piaci”).
Alla base di tutto c'è, come al
solito, un serio problema culturale e
di scarsa educazione in senso lato;
bisognerebbe intervenire adesso
nelle scuole per raccogliere qualche
frutto magari tra qualche decennio,
ma la strada è ancora molto lunga.
Mike Bonafede, 20 anni
sta attraversando. L’ingombrante
tradizione ‘superstiziosa’ nostrana
appare sempre più pesante,
fastidiosa, bigotta ed ipocrita,
generando insofferenza
(giustificata) e terrore (ancor più
legittimato) in quella fetta di
popolazione che costituisce ben il
10% del totale. Se la situazione
non fosse così squallida, ci sarebbe
quasi da sorridere. Gli omofobi
sono proprio quelli che fischiano
alla vista di due donne baciarsi,
cercano video di gang bang su
internet senza trascurare materiale
con contenuti offensivi per le
donne (realmente avvilenti, e mi
riferisco a vari generi pornografici
di tendenza in Giappone) o sadomasochistici in generale.
Dunque, qual è la questione? La
solita: i panni sporchi vanno lavati
in casa propria. Due uomini per
mano in strada sono aberranti, un
mpg con convegni lesbici ed
oggettistica è invece fantastico.
Perché la fantasia si consuma tra
Harvey Milk, primo gay
dichiarato ad aver
ricoperto una carica
politica negli Stati Uniti
quattro mura, nell’intimo della
propria stanza.
Il motivo di tutta questa
insofferenza è palese: ognuno ha
tendenze bisessuali per natura, che
può appagare o reprimere a sua
discrezione, oppure accettare ed
ignorare al medesimo tempo. Ma
l’accettazione comporta una novità
che sconvolge certi “sistemi” di
certezze fondati su… basi solide?
Nah… Valori cattolici? A volte (come
se Cristo solesse randellare i
sodomiti personalmente, o
inseguirli con il carro per falciarli),
ma non si può certo generalizzare.
La radice di quest’odio risiede nella
semplice e pura superstizione degli
italiani. Un sillogismo ormai
pietosamente scontato, una catena
che tiene legati come gli sfortunati
schiavi del fortunato mito
platonico, una maledizione
miserabonda in risposta alla quale
si fa spallucce.
La soluzione? L’emigrazione: perché
“il destino si può cambiare, la
natura delle cose mai”, e qui non
si tratta certo di un periodo.
Emanuele G., 20 anni
Perché tra gli adolescenti
Incatenati dai pregiudizi
“Se la natura disapprovasse i
nostri istinti non ce li ispirerebbe”.
Donatien De Sade, il cosiddetto
Divin Marchese, uno dei
personaggi più controversi eppure
interessanti della letteratura
francese, si esprimeva così in tema
di preferenze sessuali. E non a
torto. I recenti episodi di violenza
a danno degli omosessuali nelle
nostre città non fanno che palesare
ancora una volta la regressione
culturale e sociologica che il Paese
Che tra i nostri parenti più anziani
l'omosessualità sia ancora biasimata
lo si può anche capire, ma che
addirittura tra noi giovani, figli di
tempi nuovi, moderni e di maggior
apertura mentale, ci sia ancora tanta
paura nei confronti di una diversa
tendenza sessuale risulta
inaccettabile, specialmente a fronte
dei recenti casi discriminatori nei
confronti di omosessuali, in continua
crescita nel nostro Paese stando alle
indagini di Arcigay (Associazione
lesbica e gay italiana). Il fenomeno
dell'omofobia è evidente soprattutto
15
nei maschi e sembra essere
addirittura più accentuato proprio in
noi adolescenti che, magari
spaventati del fatto che la nostra
preferenza sessuale possa essere
messa in dubbio, assumiamo
atteggiamenti ostili verso la
tendenza opposta. Ma credo che la
matrice di questa “paura” sia nei
pregiudizi derivanti dal fatto che un
tempo la distinzione tra sesso (un
fattore scientifico) e sessualità (un
fattore antropologico) fosse più
netta di quanto lo sia oggi. Se anni
fa, per esempio, l'eterosessualità era
l'unica garanzia per il concepimento
- considerata perciò "naturale" oggi non è più così, essendo
possibile la fecondazione in vitro.
Inoltre, il cammino dei diritti per gli
omosessuali sta compiendo passi da
gigante nella maggior parte del
mondo occidentale, quel mondo che
noi italiani vogliamo in tutto e per
tutto imitare, ma di cui nei fatti
non riusciamo ad afferrare le
principali condizioni sociali di
uguaglianza e libertà.
Andrea Fogliati, 17 anni
Facciamo tutti la nostra
parte
Definiamoci pure un paese civile.
Definiamoci un popolo sensibile,
un popolo che accetta qualsiasi
distinzione di pelle, nazionalità,
orientamento sessuale.
Definiamoci persone cordiali con
tutti, disposte a mettere da parte
i pregiudizi e a conoscere gli altri
per quello che sono veramente.
Non solo politically correct
Definirsi è semplice, dimostrarlo
non lo è affatto. E l’Italia deve
farlo. A dare l’esempio deve
essere sempre la fatidica
televisione, che attraverso
particolari programmi, rubriche
d’approfondimento e parole – per
una volta, sincere – può dimostrare
ai giovani d’oggi che parlare
d’omosessualità non è più una
vergogna, ma una consuetudine.
Poi, attraverso la scuola, attraverso
i vari campi lavorativi, si deve
intervenire ed impegnarsi affinché
questa tematica faccia parte di noi.
E’ una speranza che noi tutti
abbiamo, speranza che speriamo
diventi realtà il più presto
possibile.
Riccardo Cotumaccio, 17 anni
Sull’omofobia sono state spese
milioni di parole, più o meno
sincere. La mia impressione è che
si tratti la questione in modo
decisamente ipocrita. Tralasciando
i soliti – banalissimi – luoghi
comuni, spesso chi si pronuncia a
favore dei diritti degli
omosessuali, partecipando alle
manifestazioni o lanciando
accorati appelli sui social network,
tratta il tema con estrema
superficialità. Tale atteggiamento
è trasversale, dal momento che
riguarda sia chi si fa portavoce di
ideologie di destra sia coloro che
si professano di sinistra. Il
messaggio che deve arrivare
all’opinione pubblica è che una
persona nata in una società che si
considera socialmente evoluta
dovrebbe essere considerata e/o
stimata al di là delle preferenze
sessuali. È una frase pronunciata
svariate volte ma mai messa in
pratica, perché è difficile eliminare
in poco tempo pregiudizi radicati
ormai da secoli. Un primo passo
potrebbe essere quello di
smetterla di considerare i gay
come “esseri diversi”, cercando a
tutti i costi di schierarsi dalla loro
parte anche quando non lo
richiedono direttamente; talvolta
sforzarsi di essere politically
correct non significa agire nel
modo giusto, basterebbe piuttosto
credere fermamente nelle idee che
si sostengono.
Condannare la violenza omofoba,
indignarsi per la bocciatura della
Legge Concia in Parlamento non
serve a nulla se, al momento di
agire, si preferisce deridere questo
o quel “f*****”e non combattere
veramente per la tanto agognata
parità dei diritti. Senza contare
che questi appellativi
dispregiativi, affibbiati con
leggerezza e – possiamo dirlo –
ignoranza, rischiano di ferire
coloro che, essendo omosessuali,
li ascoltano. Meno falsità e
maggiore coscienza collettiva sono
le sole strade efficaci da
percorrere per fondare una società
basata realmente sul rispetto del
prossimo e non su falsi attestati
di stima fini a se stessi.
Nicolò Moriggi, 19 anni
Tavola rotonda
16
RIFACCIAMO SCUOLA
CONTINUANO I DIBATTITI NELLA NOSTRA REDAZIONE: QUESTO MESE
UNIONE DEGLI STUDENTI, AZIONE STUDENTESCA E AZIONE CATTOLICA
A CONFRONTO SU PRESENTE E FUTURO DELLA SCUOLA ITALIANA
econdo appuntamento redazionale con il mondo
della politica giovanile. Questa volta l’argomento è
stato il pane quotidiano di qualsiasi giovane rampante che si rispetti: la scuola. A confrontarsi davanti al
nostro coordinatore redazionale Matteo Marchetti sono
stati gli esponenti dell’Unione degli Studenti (organizzazione studentesca d’ispirazione sindacale e di sinistra),
dell’Azione Cattolica (giunto apposta da Catania! Grazie
ancora!) e di Azione Studentesca.
Nome, età, qualifica.
Ac: Agatino Lanzafame, 23 anni, delegato al Ministero
dell’Istruzione per l’Azione Cattolica.
As: Giorgio Rezk, 19 anni, viceresponsabile romano di
Azione Studentesca.
Uds: Tito Russo, 22 anni, coordinatore nazionale
dell’Unione degli Studenti.
All’inaugurazione dell’ultimo anno scolastico, il Presidente
della Repubblica Napolitano ha detto: la scuola pubblica
sia migliore ma non d’élite. Siete d’accordo?
Uds: La necessità di miglioramenti è evidente. Per quanto riguarda le élite, il nostro sistema scolastico presenta
da sempre canoni elitari, sia per l’accesso – tassazione
crescente, costo del materiale didattico, mancanza di
ammortizzatori sociali per chi frequenta la scuola dell’obbligo – sia per metodologie di apprendimento: abbiamo
un gran numero di studenti, ma i contenuti che vengono
insegnati diminuiscono di qualità.
Ac: Come al solito il Capo dello Stato ci richiama alle
nostre radici costituzionali, a una scuola di qualità accessibile a tutti. Ovviamente però non è solo un discorso che
riguarda gli studenti: per una scuola di qualità occorrono
strutture adeguate – perché una scuola di qualità è una
scuola sicura – e la possibilità per tutti di accedere a tutti
i canali di istruzione. Per entrambe queste questioni è
necessario un intervento della politica.
As: Anch’io condivido le parole del Presidente della
Repubblica: la scuola va migliorata, deve vedere riaffermata la meritocrazia e la responsabilità degli studenti,
S
due questioni minate dal Sessantotto insieme al prestigio
stesso dell’istituzione scolastica. Togliamoci poi dalla
testa che la scuola debba formare solo la “classe dirigente”: un Paese non è fatto unicamente di avvocati e dottori, ma anche di operai, di artigiani. Non condivido le
vostre riflessioni sul presunto elitarismo della scuola italiana: siamo un Paese dove il diritto allo studio è fortemente tutelato dalla legge; ci sono poi dei fattori che lo
limitano, penso per esempio al costo dei libri.
Del costo dei libri si lamentano un po’ tutti. Escludendo
dal discorso le situazioni di vero disagio economico (che
va combattuto duramente), non si può non notare una
deriva consumistica. Ha senso lamentarsi del costo di un
dizionario – che va comprato una volta in cinque anni – e
munire il pargolo di un cellulare da centinaia di euro?
Ac: No, ma riflette un modo di pensare molto diffuso nel
Paese: se la politica parla sempre della scuola come di un
capitolo di spesa, è logico che la cittadinanza farà altrettanto. Bisogna rimettere al centro del dibattito un’idea
dell’istruzione che sia una fase imprescindibile della formazione del cittadino.
As: Non bisogna permettere la vergognosa speculazione
che ogni anno vediamo andare in onda: i tetti ministeriali parlano di un massimo, per il primo anno di liceo classico, di 370 euro, ma da un’indagine che abbiamo condotto emergono situazioni che sforano abbondantemente
i 500. Le case editrici prosperano sulla pelle degli studenti. Detto questo, non mi sembra uno scandalo se un
ragazzo desidera più una scarpa firmata che non un libro
di testo…
Uds: Farei però un discorso, più che di costo dei libri, di
costo del materiale didattico: un dizionario di greco per il
classico, che durerà cinque anni, costerà dai cinquanta ai
cento euro; un flacone da 60 ml di solvente per i laboratori di oreficeria di un istituto tecnico costa 32 euro l’uno,
e se ne consuma almeno uno al mese: sono quasi trecento euro ogni anno che si sommano al costo già alto
dei libri. Difficile non vedere poi una convergenza di inte-
17
ressi fra case editrici e Stato, che incassa l’Iva. Perché i
libri scolastici hanno un carico fiscale del 20%, come i
beni di lusso?
Se doveste associare una parola al Ministro Gelmini?
As: Coraggiosa.
Uds: Dimissioni.
Ac: … Mmh, passo [dopo quasi un’ora di discorso, Agatino
partorirà: «Ministro dell’Istruzione»].
Il peggior ministro dell’Istruzione degli ultimi 15 anni?
As: Berlinguer.
Uds: Moratti.
Ac: Tutti, perché nessuno ha partorito una riforma della
scuola condivisa e organica.
Quale aspetto della scuola italiana avrebbe più urgente
bisogno di un intervento?
As: Bisogna dare a chi si diploma un’idea di futuro.
Uds: Sarei un po’ più concreto: l’edilizia scolastica, perché
è impossibile una scuola di qualità se ti cade a pezzi
addosso.
Ac: Tre punti: formazione dei docenti, riforma dei saperi –
rimettere mano quindi ai contenuti e non più solo alla
scatola – e diritto allo studio.
I vari tentativi di riforma hanno avuto in comune un obiettivo: la comunicazione con il mondo del lavoro. Ha senso
inseguire un mondo del lavoro in vorticoso cambiamento
– con il risultato di essere sempre in ritardo?
Uds: Nell’apertura al mondo del lavoro la scuola ha tre
impedimenti fondamentali. Innanzitutto i bassi investimenti nella ricerca, vero anello di congiunzione fra formazione e imprese. Seconda questione sono i metodi di
insegnamento, fermi, sia nei tecnici che nei licei, alla
lezione frontale. Infine, uno dei problemi è il mondo del
lavoro stesso, il precariato. L’alternanza scuola-lavoro
sarebbe un’occasione molto seria, ma senza regole è
sfruttamento; oggi non viene riconosciuta nemmeno la
copertura assicurativa in caso di infortunio. Sono però
sicuro che nessun governo, neanche di sinistra, colmerà
mai questo vuoto, perché rischierebbe di andare contro
Confindustria.
As: Come ho già detto, uno dei problemi strutturali della
scuola è la scarsa prospettiva. Dobbiamo distinguere però
l’istruzione liceale e quella tecnico-professionale: nel
primo caso, lo studente in genere si iscrive all’università;
nel secondo, invece, ci si aspetterebbe una maggiore formazione
professionale. Sappiamo che purtroppo non sempre è così; andrebbero aumentate le ore di stage, in
modo da aprire con leggero anticipo un percorso lavorativo soddisfacente. Sono d’accordo con Tito sulla
necessità di una regolamentazione
Tito Russo
più stringente degli stage.
Ac: Secondo me bisogna tornare Unione degli Studenti
ancora una volta sul ruolo della
scuola, che non serve a produrre
teste “ben piene”, ma “ben fatte”:
lo scopo della scuola è innanzitutto
formare lo studente come persona
e come cittadino. Il lavoro è solo
una conseguenza di tutto questo.
L’investimento da fare, secondo me,
è nei percorsi di orientamento.
A partire dalla contestazione degli
anni Settanta, l’autorevolezza
della scuola è venuta meno, introducendo un rapporto più paritario
fra docenti e studenti. Di recente
sembra invece tornare di moda la severità: c’è un “giusto mezzo”?
Uds: Rispetto alla prospettiva del Sessantotto è stato
fatto un passo indietro: “produrre conoscenza” significa
rielaborare in proprio i contenuti trasmessi dal docente;
dunque, studente e professore devono essere pari. Va
cambiato il concetto stesso di valutazione, non si può
esultare per l’aumento di bocciature come ha fatto il ministro quest’estate. Il rendimento dello studente non può
essere appiattito in decimali. In Europa è già così; tra l’altro, a fine anno lo studente può valutare le metodologie
d’insegnamento di docenti sempre impegnati in corsi
d’aggiornamento. La severità fine a se stessa non serve a
nulla, crea solo una scuola esclusiva.
Ac: Ricordiamo poi che nello Statuto degli studenti è scritto che “la scuola è una comunità educante”, a indicare
una corresponsabilità fra tutte le figure attive nell’istituto.
La partecipazione e il dialogo con il docente sono tanto
importanti quanto i contenuti della lezione stessa. Non
bisogna fermarsi davanti alla passività: il bravo docente è
un docente autorevole, non uno autoritario. Chi sa stimolare la partecipazione, l’amore per la materia, è un buon
docente. Non dobbiamo nasconderci che è in atto una
crisi dei modelli educativi; le associazioni studentesche
possono giocare un ruolo decisivo nel ricordare ai
ragazzi sia i loro diritti sia, però, i loro doveri. In quanto alla bocciatura, è un fallimento educativo della scuola, non può essere festeggiata.
As: Le varie iniziative di protesta, a partire dal
Sessantotto per arrivare recentemente all’Onda, hanno
avuto un approccio ideologico, un intento neanche troppo nascosto di dividere la società in classi. Hanno svilito
l’apporto della persona all’istituzione scolastica e, per
contro, causato nella stessa classe docente una contrapposizione con gli alunni. Una classe docente anch’essa in
buona parte ideologizzata, ex sessantottina, che al posto
della scuola che ha abbattuto non ha costruito nulla.
A proposito della classe docente e della sua età: non si
può ignorare che si sta andando verso una specie di
“giorno del giudizio”, visto che buona parte dei professori di ruolo è prossimo alla pensione.
Ac: Questa è una delle questioni più urgenti cui rispondere: le università e le graduatorie dei provveditorati sono
piene di giovani insegnanti appasGiorgio Rezk sionati e preparatissimi, per i quali
Azione Studentesca
la possibilità di ottenere una cattedra a tempo pieno è lontanissima,
mentre la scuola avrebbe bisogno
di queste energie. Bisogna cambiare la logica del reclutamento: non è
solo una questione di età, ma di
formazione continua. Si badi bene,
“formazione”, non “aggiornamento”. Al di là della competenza, ai
docenti si richiede la capacità di trasmettere il loro sapere.
Uds: In realtà lo spazio per i precari ci sarebbe già: pensiamo ai corsi
di recupero, che oggi sono tenuti
dai docenti titolari dell’istituto, per
questo retribuiti. Pensiamo a tutti i
Agatino Lanzafame
Azione Cattolica canali di sperpero che affliggono la
scuola italiana, prima di calare la
mannaia su 67000 persone in tre
anni: queste sarebbero tutte energie perse, sprecate. Il gran numero
di insegnanti disoccupati o precari
potrebbe essere assorbito dal piano
Tavola rotonda
18
Un momento dell’incontro
di prepensionamento del ministero; purtroppo, lo Stato
preferisce le supplenze brevi o annuali, che lo fanno
risparmiare. O almeno, così sembra: se è vero che un
supplente annuale ad agosto non viene pagato, è anche
vero che la macchina burocratica che gestisce questo
valzer ha dei costi. Siamo sicuri che siano inferiori a
quelli di un’assunzione?
As: Secondo me, invece, la parola d’ordine da tenere sempre a mente è “meritocrazia”. È triste che persone che
hanno studiato una vita si trovino di fronte a una porta
chiusa, ma non si può pensare che la scuola funga da
ammortizzatore sociale. Se si vuole dare spazio ai nuovi,
bisogna trovare il modo di cacciare chi occupa, immeritatamente, una cattedra.
Entrambi gli schieramenti, una volta arrivati al governo,
hanno operato dei tagli: ne deduco che la scuola costa
troppo. Se, come ci viene ripetuto da anni, “il sapere è il
petrolio del III millennio”, esiste un “troppo”?
As: Secondo me si fa troppo allarmismo su delle razionalizzazioni di spesa che si sono rese necessarie per fare
fronte alla crisi.
Uds: “Razionalizzazione” implicherebbe un taglio selettivo, non indiscriminato come è stato fatto…
As: Non mi sembra ci siano stati cataclismi irreparabili: i
tagli sono stati presi a pretesto dai sindacati e dai professori stessi per una mobilitazione squisitamente politica.
Uds: Mi viene da sorridere quando sento che un taglio
è un’occasione di razionalizzazione o, peggio, che bisogna adattarsi perché non ci sono risorse: lo Stato ha da
poco speso la bellezza di 14 miliardi di euro per acquistare 260 cacciabombardieri e altri 5 per ingraziarsi un
dittatore come Gheddafi.
Ac: In teoria non esiste una spesa troppo alta per il futuro del Paese. D’altro canto, però, la realtà evidente è quella di una coperta troppo corta. Il problema è tra l’altro che
i soldi spesso vengono spesi male, sia a livello generale
(penso agli sprechi degli enti locali) che poi in particolare
nel settore della scuola. Se però all’opera di riduzione del
personale si accompagna un rinnovamento delle strutture,
un miglioramento dell’offerta formativa, un investimento
educativo, allora questa “razionalizzazione” sia la benvenuta. Se i tagli sul personale fossero un gioco “a somma
zero” (risparmio sul personale e reinvesto questa cifra
nella scuola) sarebbero razionalizzazioni. Altrimenti chiamiamoli tagli.
A proposito di stipendi: si può pretendere un insegnamento di qualità da un docente sottopagato? Sarebbe uno
scandalo pagare di più i docenti migliori?
Uds: Inserire discriminazioni retributive fra i docenti inserirebbe un altro capitolo di mercimonio nel mondo dell’istruzione. È vero che gli stipendi dei professori sono
molto bassi, ma non credo alle ripercussioni negative
sulla qualità dell’insegnamento.
Sì, ma una professione poco redditizia verrà evitata da
chiunque sia abbastanza qualificato da trovarne altre,
esclusi ovviamente i nobili “missionari”.
Uds: Prima di preoccuparci dell’appetibilità della professione docente vanno riqualificate le retribuzioni di chi già
insegna.
As: Oggi gli stipendi sono uguali per tutti, ma non tutti gli
insegnanti sono uguali: perché non pagare meglio chi è
più bravo?
La più grande riforma dell’istruzione negli ultimi anni è
stata l’autonomia scolastica. Il risultato è però abbastanza strano, visto che i programmi sono rimasti nazionali; inoltre, il sistema mette in competizione istituti
pubblici, che poi rilasceranno titoli assolutamente equivalenti. Che senso ha?
Ac: Il giudizio sull’autonomia è certamente positivo, perché permette agli istituti di venire incontro a bisogni specifici del territorio. Purtroppo, quest’autonomia è solo parziale. In più, ha scatenato pratiche più commerciali che
non didattiche, con insegnanti trasformati in piazzisti
sguinzagliati nelle scuole medie per raccattare più iscritti
possibile. Il principio però resta nobile e utile, perché
coinvolge anche gli studenti e i loro progetti nell’offerta
formativa.
As: Io sono “parzialmente favorevole” all’autonomia scolastica. Un dirigente scolastico ha la possibilità di adattare l’istituto alle necessità del territorio, gli studenti quella
di arricchire il proprio curriculum. Così, in grado di offrire
attività pomeridiane, la scuola diventa un punto di riferimento per l’intera comunità. Mettere in competizione economica gli istituti, però, fa temere degenerazioni di tipo
anglosassone, dove il bilancio viene prima della formazione globale dello studente.
Sì, però almeno nei Paesi anglosassoni l’autonomia è
totale.
Ac: Cerchiamo però di andare al di là dei problemi che
sicuramente l’autonomia ha e guardiamo alla realtà positiva: l’autonomia trasforma la scuola in una casa, un
luogo dove si va non perché deportati ma per viverlo, per
vedere un film al pomeriggio o frequentare un gruppo di
studio; trasforma gli edifici scolastici in luoghi diversi da
quello che comunemente si identifica con “scuola”. Anche
per fare cose a carattere puramente ludico.
Uds: Quando parliamo di autonomia, vedo un bellissimo
progetto, che ripensava la scuola in funzione del proprio
territorio, degenerato in un fallimento. Non è vero che gli
studenti hanno tutta questa voce in capitolo riguardo al
piano dell’offerta formativa; questo sarebbe vero in teoria, ma il piano viene approvato nel primo Consiglio
d’Istituto dell’anno, che si riunisce ai primi di settembre
e, dunque, prima che gli studenti possano aver elaborato
dei loro progetti. Quand’anche li avessero preparati, le
delibere del Comitato studentesco, prima di approdare in
Consiglio d’Istituto, spesso vengono fatte passare per il
19
Collegio Docenti (diversamente da quanto previsto dalla
legge), in cui i ragazzi non sono rappresentati. E dire che
la legge istitutiva dell’autonomia, varata dall’allora ministro Luigi Berlinguer, prevede per queste situazioni apposite commissioni paritetiche, in modo da non penalizzare
la componente studentesca.
Quando fu presentato il tentativo di riforma del ministro
Moratti si parlava di “scuola-azienda”: i contrari dicevano
che era impossibile scegliere a quattordici anni se lavorare
o andare all’università. Esiste un’età giusta per questa scelta? L’obbligo formativo, nato per contrastare il lavoro minorile in un’Italia diversa da oggi, ha ancora un senso?
As: Quella di oggi mi sembra abbastanza congrua, in fin
dei conti.
Ac: Io andrei un po’ cauto a parlare di Italia “diversa”, di
“società del benessere”: facendolo dimentichiamo le
situazioni di marginalità e disagio sociale che, specie al
Sud, sono tutt’altro che debellate. Penso che una misura
come l’obbligo scolastico ribadisca la necessità di un
periodo della vita di una persona dedicata alla formazione. Anzi, cercherei di legarlo al conseguimento di un titolo di qualifica: alla fine del triennio di formazione professionale o al diploma in un liceo.
Uds: Non dimentichiamoci che l’obbligo scolastico non è
pensato solo per combattere il lavoro nero, ma anche e
soprattutto per tenere i ragazzi fuori dal giro della criminalità: la sua funzione sociale è tutt’altro che sorpassata.
Noi pensiamo a un sistema di obbligo scolastico adeguatamente finanziato (perché alzare l’obbligo costa) e che
preveda un biennio unitario per tutti gli indirizzi, al termine del quale scegliere la propria strada con cognizione
di causa e una base di partenza comune a tutti.
Beh, in realtà questo ruolo “unificatore” spetterebbe già
alla scuola media.
Uds: Hai colto nel segno. È per questo infatti che secondo noi occorre una revisione dei cicli totale.
Ac: Più che andare a inserire un nuovo biennio unitario
cercherei di ridare qualità alla scuola media, che già
basterebbe.
La politica scolastica è il vostro pane quotidiano, ma la
partecipazione di massa ai momenti istituzionali di questa
politica – assemblee, comitati studenteschi – è merce
rara. Provocazione: e se venissero aboliti i Decreti
Delegati (il provvedimento del 1974 con cui furono istituite le rappresentanze studentesche, ndr)?
Uds: Diciamo intanto che è in atto il tentativo di svuotarli,
Il ministro dell’Istruzione
Mariastella Gelmini
che sortirebbe più o meno gli stessi risultati. Gli studenti
si stanno muovendo: ad esempio, per promuovere una
partecipazione di tutti, si stanno sperimentando le assemblee d’istituto “separate” in base alla sezione o all’anno
di frequenza. Riducendo il numero di presenti, dovrebbe
essere meno difficile per un ragazzo piccolo o timido
prendere la parola.
As: Possiamo dire anche che questo è un trucco per aggirare la carenza di locali adeguati alle assemblee…
Uds: Sicuramente. Comunque devo dire che, frequentando il movimento dell’Onda dell’anno scorso, ho visto in
ampi settori di questo movimento un rifiuto della democrazia rappresentativa, delle associazioni che ne fanno
parte e dei momenti istituzionali che la compongono in
una scuola, in primis l’assemblea d’istituto. Su questa disaffezione gioca un ruolo determinante la sostanziale
impotenza dei rappresentanti in Consiglio d’Istituto (i professori hanno un numero di voti doppio rispetto agli studenti) e nei consigli di classe. Le assemblee di classe
sono ormai due ore al mese di vacanza istituzionalizzata,
i comitati studenteschi una riunione di casta impenetrabile. I comitati sarebbero invece una risorsa immensa, perché organo rappresentativo della componente più numerosa di un istituto.
I Decreti furono varati per rispondere alle necessità di
una generazione molto attiva che chiedeva di partecipare ai processi decisionali. La risposta a quella del
Duemila sarebbe la loro abrogazione. Anche perché,
oggi come oggi, gli studenti politicizzati rappresentano
una minoranza esigua che il più delle volte trascina o
indottrina gli altri.
Uds: Su questo ti do ragione. In particolare, la figura del rappresentante d’Istituto si è affermata come figura carismatica, da seguire acriticamente. Questa degenerazione finisce
per creare disaffezione e disinteresse verso i momenti decisionali, in base alla convinzione – sbagliata – che sia il rappresentante a dover decidere. Più che comprimere gli spazi,
anche solo in modo provocatorio, sarei per allargarli, per
dimostrare a tutti che possono partecipare e decidere. Un
esempio? Aumentiamo il numero di componenti del comitato studentesco. Diminuiamo le deleghe e spingiamo a partecipare: il comitato, così allargato, potrebbe fungere da
assemblea d’istituto permanente.
As: I Decreti Delegati sono una grande conquista.
Rischiano però di diventare un atto dovuto.
As: Intanto abbiamo l’obbligo di promuovere partecipazione, non tanto in termini numerici ma qualitativi.
All’interno degli organi collegiali c’è la possibilità di
confrontarsi fra coetanei, fra compagni di scuola; magari potremmo ridisegnare il giorno dell’assemblea,
sognando locali adeguati che permettano di trasformarla in un momento di socialità a tutto campo, dal dibattito al divertimento.
Ac: Secondo me bisogna partire da una presa di
coscienza: il sistema degli organi collegiali è in crisi e
ha bisogno di essere rivisto. Questa riforma, secondo
noi, deve passare attraverso due fasi: tornare a ribadire la partecipazione come un valore fondamentale della
democrazia, riscoprendo così la politica nel senso più
nobile del termine, e riscoprire i luoghi della partecipazione, rilanciando l’assemblea, i consigli di classe, i
comitati studenteschi. Questi ultimi, in particolare,
avrebbero bisogno secondo me di un regolamento
nazionale: non ci si può basare sulla condotta dei singoli istituti. Abbiamo su di noi la responsabilità di risvegliare una coscienza civile che, attenzione, non si è
addormentata solo negli studenti, ma in tutto il Paese.
La partecipazione politica si contagia.
GIORNALISTI CON UN
LO SAPEVATE CHE BASTA UN COLPO DI
MOUSE PER ENTRARE NELLA REDAZIONE DI
ZAI.NET E FAR PARTE DEL GRUPPO DI
REPORTER PIU' GIOVANI D'ITALIA?
LORO L'HANNO FATTO...
Cos’è Zai.net?
Quella che state sfogliando è la rivista mensile, che fa un po’ da
vetrina a tutte le attività e le interattività del network, che prende
vita soprattutto nel sito, nella radio, nelle varie redazioni locali
(Lazio, Liguria e Piemonte), nelle tante iniziative che coinvolgono
le scuole di tutta Italia.
Dove si trova Zai.net?
Zai.net non si compra in edicola, ma arriva direttamente a
scuola, in classe. Per ricevere la tua copia direttamente a casa,
puoi abbonarti individualmente andando sul sito www.zai.net e
seguendo le istruzioni alla voce “Abbonamenti”.
Come mai gli articoli sono scritti da studenti
e non da giornalisti?
Qui è il nodo di tutta la faccenda. Noi che siamo i coordinatori
della rivista riteniamo di dare ai ragazzi delle scuole uno
strumento in più per raccontarsi, identificarsi e confrontarsi,
nonostante le distanze geografiche e le diverse tipologie di
scuola.
Come si entra a far parte della redazione?
Basta scrivere un’email alla redazione ([email protected]),
oppure cercare il gruppo Zai.net su Facebook: noi vi teniamo al
corrente sul percorso degli articoli e vi forniamo le dritte per
svolgerli al meglio. Le distanze non contano, contano solo
l’entusiasmo e la voglia di scrivere.
Chi sceglie gli argomenti su cui scrivere?
Beh, gli stimoli ci vengono dall’attualità, ma anche dagli argomenti di studio,
dai vostri hobby, dal vostro universo. A noi spetta il compito di coordinarvi
sollecitandovi a seguire le regole principali del giornalismo.
Come si finanzia Zai.net?
Finora ha spesso contato sul contributo economico di enti pubblici e
privati che ne condividevano l’approccio innovativo e le finalità formative.
Ma la parte più cospicua dei costi è da sempre sostenuta dalla nostra
cooperativa di giornalisti, Mandragola Editrice.
Info: [email protected] - tel. 06 47881106
MATTIA, 15 ANNI
Mi sono avvicinato a Zai.Net grazie alla
mia professoressa di italiano, che lo
utilizza come un vero e proprio
laboratorio di scrittura. Dopo averlo
sfogliato, ho capito che è anche
un'occasione per dar voce alla propria
creatività. Anche se ho appena preso
contatti con la redazione, già mi sento
a casa e spero di riuscire presto a
pubblicare qualcosa di mio e a dare
un contributo. Se dovessi riassumere
Zai Net in una parola, direi Sfida.
ANGELA, 15 ANNI
Scrivere è da sempre la passione, è
dalla prima elementare che sogno di
diventare una giornalista. La cosa
ultimamente mi sembrava una specie
di utopia per mancanza di
opportunità, fin quando qualche
giorno fa la mia prof di lettere mi ha
fatto vedere Zai.net consigliandomi di
provare a farne parte, perciò eccomi
qui a presentarmi senza sapere con
precisione se sto dicendo troppo o
troppo poco. Comunque scriverò
tutto di me, giudicate voi se alcune
cose sono superflue o no, perché
sapete com' è: meglio abbondare...
GIULIO, 17 ANNI
Leggo Zai.net da quando ho messo
piede la prima volta nel mio liceo, ma
mi sono deciso da poco a
collaborare; a spingermi è stata la
prof di italiano, ritiene che io abbia
uno stile giornalistico e che per
migliorarlo mi servirebbe
un’esperienza come quella che posso
fare qui. Finora ho scritto per il forum
e per la rubrica musicale, ma presto
vorrei cimentarmi anche sulla politica,
magari facendo qualche intervista.
PartecipAzione
21
EUROPA, CI SIAMO ANCHE NOI!
DAL 23 AL 25 OTTOBRE, INCONTRO INTERNAZIONALE PER LA CONSULTA
GIOVANI DEL PIEMONTE A MARSIGLIA. ECCO IL NOSTRO DIARIO DI BORDO
di Elena Fissore, 21 anni
a Consulta Giovani del Consiglio regionale del Piemonte e la Consulta Giovanile della Città di Bra
(CN) hanno partecipato all’incontro tra Consulte
giovanili regionali di Francia e dell’Euroregione Alpi-Mediterraneo, che si è svolto a Marsiglia dal 23 al 25 ottobre 2009.
L’Euroregione Alpi-Mediterraneo, attualmente presieduta
da Mercedes Bresso, è una struttura di cooperazione
transnazionale in ambito europeo, costituita dalle Regioni Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Provence-AlpesCôte d'Azur e Rhône-Alpes.
All’iniziativa, organizzata dalla Région PACA (ProvenceAlpes-Côte d'Azur) in occasione del decimo anniversario
del proprio Consiglio regionale dei Giovani, eravamo
presenti in 220 giovani di età compresa tra i 15 e i 30
anni. Suddivisi in gruppi di lavoro, ci siamo confrontati
sui temi della cittadinanza europea, dell’ambiente, dello sport e tempo libero, temi sui quali sono state elaborate delle raccomandazioni finali.
In particolare la delegazione piemontese ha partecipato
attivamente alla scrittura di un documento propositivo
sulla partecipazione attiva a livello locale ed europeo.
L
La
documentazione
è
disponibile
sul
sito
http://crj10ans.regionpaca.fr
Molta attenzione è stata dedicata al problema dei minori stranieri non accompagnati, che in Italia sono più
di 8.000, con la partecipazione di esponenti del Réseau
Euroméditerranéen Mineurs Isolés, una rete che lavora
proprio su questo, creata nel 2002 da alcuni comuni e
regioni di Francia, Italia e Spagna: www.reseauremi.org
I ragazzi della delegazione piemontese erano, oltre alla
sottoscritta, Roberto Piumatti, rappresentante della
Consulta Giovanile di Bra presso la Consulta Giovani del
Consiglio regionale del Piemonte, Alessandra Ferraris,
Federica Gemelli, Margherita Perlo, Claudio Cravero,
Alessandro Ruberi, Paolo Scalabrino, accompagnati da
Massimo Borrelli, Assessore alle Politiche Giovanili della Città di Bra, e dalla segretaria della Consulta regionale dei giovani Giuliana Turroni.
Alla fine dell’incontro, abbiamo osservato all’unanimità:
“E’ stato molto proficuo poter conoscere e confrontarsi
con rappresentanti di organizzazioni giovanili di regioni
vicine. L’incontro ci ha inoltre permesso di constatare il
carattere eterogeneo di struttura e composizione delle
diverse consulte giovanili regionali, e di quanto le consulte giovanili piemontesi siano decisamente all’avanguardia nel panorama europeo”.
LA CONSULTA GIOVANI DEL CONSIGLIO
REGIONALE DEL PIEMONTE
Istituita dal Consiglio regionale del
Piemonte nel 1996, è composta da rappresentanti
di associazioni giovanili, consulte studentesche, istituzioni scolastiche e universitarie, consulte giovanili
degli enti locali, consulte regionali, organizzazioni
sindacali e di categoria, movimenti politici giovanili
e gruppi consiliari regionali. Svolge attività di proposizione e di consultazione nell'elaborazione degli atti
e delle leggi regionali riguardanti i giovani e promuove progetti, ricerche, incontri e dibattiti pubblici
sui temi attinenti alla condizione giovanile.
www.consiglioregionale.piemonte.it/giovani
[email protected]
Intervista
© Gerald Bruneau
22
NEL GIOCO DELL’INFORMAZIONE
FIRMA SEMPRE PIÙ PRESTIGIOSA DEL GIORNALISMO POLITICO, LUCA
TELESE CI PARLA DELLA STAMPA ITALIANA E DEI SUOI PROBLEMI, FRA
SCELTE CORAGGIOSE, CENSURE SOTTERRANEE E QUALCHE
SASSOLINO DA TOGLIERSI
di Matteo Marchetti, 21 anni
e Federica Zaccarelli, 20 anni
osca bianca” di sinistra nella redazione più
berlusconiana d’Italia (Il Giornale) per
diversi anni, Luca Telese oggi ha rotto gli
indugi ed è passato a Il Fatto Quotidiano, la nuova testata “d’assalto” in edicola da un paio di mesi. Spiritoso, dissacrante, a volte corrosivo e altre delicato, oltre a lavorare nel suo giornale è un importante saggista (Cuori neri e
Qualcuno era comunista, solo per citare alcuni suoi lavori) e conduttore televisivo (Tetris, programma di approfondimento politico di La7). Lo abbiamo incontrato nella
sua nuova redazione per una chiacchierata a tutto campo:
giornalismo, libertà di stampa, mezzi di comunicazione.
Lei è di recente passato da una testata “istituzionale”
come Il Giornale per scommettere sull’avventura editoriale de Il Fatto Quotidiano. Con quali motivazioni?
«I troppi compromessi cui i nostri colleghi sono costretti
e il “giro di vite” operato in quest’ultimo periodo mi
hanno spinto a rompere con il mondo dell’editoria di cui
facevo parte. Il 50% dei media sono di proprietà di
Berlusconi, un altro buon 20% è indirettamente nelle sue
mani; fino a qualche tempo fa, all’interno di questo gigantesco conflitto d’interessi, erano tollerati dei “non allineati”. Una volta esploso lo “scandalo di Papi” il controllo è
stato più diretto. Questa stretta ha colpito giornali, programmi, Rai, Mediaset... Sentivamo la necessità di costruire qualcosa di nuovo, di uscire dal ‘cono d’ombra’ costruito dalla proprietà su qualsiasi testata».
“M
E per farlo avete anche rischiato non poco…
«Quando abbiamo cominciato a parlare del Fatto sembrava una cosa impossibile: senza editore, pochi soldi in
cassa, ma il sogno di qualcosa di impossibile ha fatto sì
che un gruppo di professionisti ci scommettesse sopra. Ci
siamo licenziati (prima io, poi Lillo, poi Gomez e
Travaglio), qualcuno, come il nostro direttore Padellaro,
oltre alla reputazione ha investito la sua liquidazione».
Anche un po’ di paura di non riuscire?
«Eravamo in questa stanza, che una volta era un call center. Speravamo di toccare quote di sopravvivenza, dieci,
quindicimila copie. E invece, come in una fiaba, il contatore dei nostri abbonati, sempre acceso sull’unico computer (un portatile) di cui potevamo usufruire, continuava
a macinare numeri. Due, tre, dieci, ventimila abbonamenti in
bianco, senza neanche un numero da valutare, proprio in
segno di fiducia verso il progetto. Oggi abbiamo circa trentamila abbonati, che hanno finanziato questo giornale e ci
hanno permesso di essere ancora più ambiziosi, di chiamare altri giornalisti, di avere una riserva di contanti importante. Abbiamo numeri che non immaginavamo neanche, ottanta-novantamila copie, con punte di centoventimila; abbiamo
centocinquantamila “fiancheggiatori” che ogni giorno si collegano al nostro sito. Tutte queste persone ci chiedono una
cosa sola: al di là di qualche errore, o di una grafica non
impeccabile, dateci notizie».
Ha scritto: «La peggiore censura è l’autocensura».
«Il problema dell’autocensura è enorme e ricorrente. In
questo giornale è l’unico che non c’è: ne abbiamo tanti
altri, bisogna fare da sé tante piccole operazioni che nelle
23
altre redazioni sono svolte da personale apposito, ma
almeno non bisogna ogni volta stare a pesare ogni singola parola del pezzo, pensare a quello che dirà l’editore,
il direttore, i loro amici, gli investitori».
A proposito della classe editrice italiana…
«È la peggiore del mondo, sono tutti palazzinari, inquisiti, corrotti, gente che opera nel campo editoriale solo per
acquistare un’arma di pressione, per entrare in un giro di
contrabbando dei favori. Questa nostra paradossale situazione di non avere un editore è sì un rischio – stipendi
che potrebbero non arrivare, fragilità economica – ma
anche un’opportunità straordinaria, perché ci permette di
avere i lettori come unico riferimento da tenere a mente».
Oltre alla carta stampata lavori anche in televisione. A volte
si ha l’impressione di una “censura selettiva”, che colpisce
solo su alcuni mezzi: sui giornali si può scrivere di tutto, ma
guai a fare lo stesso davanti a milioni di persone…
«La televisione è una lente d’ingrandimento: può deformare, dilatare o rendere più evidente una notizia. Teniamo
a mente che su ogni mezzo di comunicazione una notizia
è inedita: qualcosa che è risaputo da mesi nel “giro” della
stampa diventa clamoroso se trasportato in tv – basta ricordare lo
scandalo che diede Travaglio quando portò il suo libro L’odore dei
soldi al programma di Luttazzi nel
2001. In televisione i controlli si
fanno più feroci, ma il “disvelamento”, il momento della verità, è più
frequente: sulla carta stampata si
può tranquillamente ripetersi dieci
volte, davanti a una telecamera
anche un “no comment” può essere dirompente».
Quando si parla di censura si immagina sempre un’azione diretta della
politica verso l’informazione. Forse è
un po’ romanzata. Quali sono le
pressioni che si incontrano?
«In realtà solitamente basta molto
meno: basta lo sguardo storto di
un capostruttura, basta un piccolo
battibecco su un qualche ospite.
Questo tipo di “filtro” diventa chiaro quando ci si accorge
che alcuni spariscono dal video e altri, purtroppo, ritornano a cicli: quando Berlusconi invade Porta a Porta è
sempre seguito da giornalisti più o meno ammaestrati,
più o meno proni. Non serve incomodare i potenti: bastano le censure “burocratiche”, come nel caso delle ultime
puntate di Annozero (imporre contraddittori impossibili da
ottenere, far arrivare contratti e documenti il più tardi possibile), o quella “indiretta” che ha dovuto subire Report
vedendosi togliere la tutela legale, senza la quale è ovvio
che potrà spingersi sempre meno alla ricerca della verità».
Ma com’è possibile far sparire le notizie?
«Ci sono numerose e fantasiose modalità. La censura
diretta è rara, anche se mi viene in mente che Travaglio
non è mai apparso su Mediaset e che Mentana ha perso
il posto per un invito di troppo a Di Pietro. Però c’è, ad
esempio, l’uso fazioso della conduzione: chi far parlare,
come reagire, quanto lasciar parlare. Se, che so, Odifreddi
dice “lì iniziarono i problemi con le voci sui ministri”,
Vespa si inalbera; se Berlusconi insulta Rosy Bindi riesce
solo a balbettare un “su, Presidente, andiamo” e poi tace
quando il premier rivendica i suoi insulti».
La stampa perde continuamente terreno rispetto ad altri
mezzi di comunicazione, come la televisione o internet.
«Io andrei un po’ cauto nell’indicare mezzi di comunica-
zione “privilegiati”: è vero che il pubblico della stampa si
sta riducendo (siamo sui cinque milioni di lettori) ma è
altrettanto vero che la stampa detta ancora tempi e temi
dell’agenda politica. Gli altri media, tra cui la televisione,
non fanno altro che inseguire».
Ed è lì che colpiscono i tentativi di controllo..
«Proprio per evitare che gli spunti della stampa arrivino a
un pubblico troppo grande. Il nostro premier, nei suoi
anni da manager tv, aveva un mantra: il palinsesto non
deve avere buchi di coerenza; con questo voleva dire che
ad un film comico non poteva seguire un dibattito culturale. Ora che fa politica, può permettersi ancora meno
“buchi” nei palinsesti televisivi: ben consapevole che i
contenuti di un programma con il 5% di share potrebbero influenzare il mainstream, vuole fermare il “contagio”.
Se Berlusconi esercita un controllo tanto ferreo non è perché è un despota, ma perché ha una logica comunicativa
coerente. Perfino un filmato autoprodotto in rete, se ricevesse molti contatti, potrebbe essere ripreso da una tv
“istituzionale”. Questo va evitato».
Ecco, la rete: sempre più persone vedono nel web il futuro dell’informazione, ma le testate
telematiche non hanno l’autorevolezza del cartaceo.
«Cerchiamo di evitare di trovare
“regine”: non esiste un mezzo “giusto”. La rete è molto potente, ma
può anche essere il luogo di bufale
pazzesche, notizie false, inventate,
tendenziose, anonime, sporche,
semiserie, semivere. Io ci lavoro
molto: trovo che i motori di ricerca
siano uno strumento fantastico;
quando una notizia è in cima ai
risultati di Google, questo le dà ai
nostri occhi una certa autorevolezza. Nessuno pensa mai che una
notizia è in cima ai risultati perché
Prima pagina FQ
cliccata più volte, ma non per forza
del 14 ottobre 2009
perché vera».
Attenzione alla rete, quindi?
«Su internet le informazioni si inseguono a una velocità pazzesca.
L’unico mondo dove tutto viene pesato, vagliato, controllato è il mondo della carta. E sai perché? Perché un sito
internet abbandonato mostra semplicemente un “404 Not
Found”; se io fra trent’anni andassi in un archivio, troverei ancora il mio articolo e magari anche i miei errori. Più
un’informazione è “tecnologica”, più è effimera. Solo la
carta stampata si mantiene bene invecchiando: a volte mi
capita che qualcuno mi invii commenti su libri che ho
scritto diversi anni fa… Internet è utilissimo, spesso dal
mio blog mi arrivano segnalazioni o integrazioni che
migliorano i miei articoli, o magari rendono meno difficoltoso trovare un’informazione. Come ho già detto, nessun
mezzo di comunicazione è giusto o sbagliato. Ogni mezzo
ha il suo linguaggio».
La rete è rapida, la carta stampata “pesata” e la televisione piatta…
«No, devo spezzare una lancia anche in favore della televisione. Basta con quest’idea della “cattiva maestra”: in tv
si finisce sotto un riflettore, è come se si parlasse con un
megafono. Usando un megafono, non si può tenere una
discussione filologica; si può fare un comizio, si possono
gridare slogan, messaggi brevi e incalzanti. In televisione
è lo stesso: i contenuti devono tenere conto del mezzo
attraverso il quale vengono trasmessi. È giusto? È sbagliato? No, semplicemente è così».
Reporter di pace
24
Tre studenti della Sung Kong Hoe
University in Korea a bordo di
Peace Boat
PEACE
BOAT
IN VIAGGIO PER RICORDARE
ALLE 11.02 DEL 9 AGOSTO 1945 LA VITA DI UN RAGAZZO DI 14 ANNI CAMBIA PER
SEMPRE. OGGI QUEL RAGAZZO È UN HIBAKUSHA E QUESTA È LA SUA STORIA
di Benedetta Michelangeli, 20 anni
due passi da Nagasaki, il 9 agosto del 1945, una
scolaresca è intenta a finire i compiti (durante la
guerra, solo gli studenti che aspirano a diventare
ufficiali possono frequentare la scuola, tutti gli altri sono
costretti a recarsi nella fabbrica di armamenti della città);
sono le 11.02 quando si sente un rumore fortissimo. Non
può essere una bomba - pensano gli scolari - Nagasaki
non ha mai subìto attacchi, in più è abitata da un’alta
concentrazione di cattolici, è al sicuro. Un ragazzo va alla
finestra e vede una luce accecante; abituato com’è alle
numerose esercitazioni militari, sa come muoversi, perciò
si getta velocemente a terra. Ma il rumore cessa e dopo
cinque secondi uno spostamento d’aria fortissimo investe
tutto: volano oggetti, vetri, mobili; lui rimane schiacciato
dagli altri compagni, respira a stento, ma questa “protezione umana” gli eviterà ferite gravissime. Insieme ad altri
cittadini si reca poi nel bunker in mezzo alla collina, dove
arrivano feriti con ustioni gravissime, corpi carbonizzati, la
pelle che pende dagli arti come uno straccio. In assenza
di bende o medicinali, ci si serve di pezzi di vestiti per
bendare le ferite; in lontananza, al centro della città, si è
alzata intanto una colonna di fuoco: è il “fungo atomico”.
Il giorno dopo il ragazzo torna a scuola: su circa 350 studenti, i presenti sono soltanto ventina. Viene mandato
insieme ad altri cinque volontari alla ricerca dei propri
compagni ancora sepolti sotto le macerie. Cammina per le
strade tra edifici crollati e incendi ancora vivi, ma non
prova compassione per i morti sulle strade, come avesse
perso qualsiasi sentimento umano; ciò che gli rimane è un
senso di vuoto, di nulla, il sentimento della guerra.
Allontana da sé i feriti che gli chiedono insistentemente
A
di poter bere dalla sua borraccia. A sessantaquattro anni
di distanza quel gesto di rifiuto rimane vivo nel suo cuore,
come una spina.
Il primo settembre 1945 il Giappone dichiarò la sconfitta,
è la fine della guerra, che porta con sé la felicità di essere ancora vivi dopo la bomba; l’effetto della radioattività
dell’uranio fu visibile solo in seguito, manifestandosi
attraverso emorragie dalla bocca, ematomi sul corpo,
caduta dei capelli, e soprattutto attraverso i tumori ereditati dalle generazioni successive. Si disse, allora, che per
sessant’anni non ci sarebbe stata più nessuna forma di
vita a Nagasaki; invece, contro ogni previsione, l’anno
successivo la terra iniziò a germogliare, portando gioia nei
giapponesi, da allora tenacemente attaccati alla speranza
trasmessa dal verde di quelle foglie.
Perché non succeda mai più
Quel ragazzo oggi ha settantotto anni, il suo nome è
Hiroshi Nishioka; il racconto che vi abbiamo appena fatto
nasce dalla testimonianza ascoltata in occasione dell’incontro organizzato a Roma ad ottobre da Peace Boat con
gli Hibakusha, i sopravvissuti ai bombardamenti atomici
del 1945 (la traduzione letterale dal giapponese sarebbe
“persona affetta dall’esplosione”).
Peace Boat è un’organizzazione non governativa nata in
Giappone nel 1983 per promuovere la pace attraverso
viaggi a bordo di grandi navi per passeggeri, cui partecipano anche gli Hibakusha (attualmente sono circa
250.000); dopo il successo del primo viaggio, avvenuto
nel 2008, gli Hibakusha sono partiti una seconda volta dal
Giappone il 26 agosto, dove torneranno l’11 dicembre
2009, dopo aver visitato 21 paesi, organizzando incontri
e dibattiti con le organizzazioni locali, i rappresentanti
della società civile, i cittadini e gli studenti, affinché la
25
Il fungo atomico a Nagasaki
GLI OBIETTIVI DEL TRATTATO DI NON
PROLIFERAZIONE
L’impegno dei “Paesi ufficialmente nucleari” affinché gli altri Stati non raggiungano la
tecnologia nucleare militare;
l’impegno dei paesi che non ne erano in
possesso a non dotarsene;
l’impegno di ciascuna parte a concludere
trattative su misure efficaci per una prossima cessazione della corsa agli armamenti
nucleari e per il disarmo nucleare.
www.archiviodisarmo.it
www.peaceboat.org
conoscenza sul nucleare sia condivisa dall’intera società,
per arrivare, con un impegno comune, all’abolizione definitiva delle armi nucleari.
Sabato 10 ottobre, Peace Boat è arrivata a Civitavecchia e
dieci Hibakusha sono stati ricevuti in Campidoglio; nell’occasione, oltre alla preziosa testimonianza del signor
Nishioki, sono state annunciate una serie di iniziative per
preservare anche nelle giovani generazioni il ricordo di ciò
che è avvenuto: dal primo “Viaggio della Memoria” ad
Hiroshima del Sindaco di Roma Gianni Alemanno con gli
studenti di alcune scuole della città - che si terrà l’anno
prossimo - all’intenzione dello stesso Comune di intitolare una strada alle vittime delle bombe.
Disarmo: l’Italia promette ma non mantiene
Un’occasione di riflessione come questa, non ha potuto
non innescare un dibattito sull’importanza del controllo
degli armamenti nucleari, tema centrale della politica
internazionale; a questo riguardo, Luigi Barbato, ricercatore presso l’Archivio Disarmo (Istituto che studia i problemi del controllo degli armamenti, della pace e della
sicurezza internazionale) ha sottolineato i segni di cambiamento positivi, certo, non trascurando però i numerosi motivi di preoccupazione. Del primo caso, è esempio la
nuova amministrazione del Presidente degli Stati Uniti
Barack Obama, che in aprile a Praga ha annunciato “un’era senza bombe nucleari”, rilanciando negoziati per il disarmo; obiettivo riproposto anche nel discorso con cui
Obama ha accolto la notizia dell’assegnazione del Premio
Hiroshi Nishioki, Hibakusha
Ciò che gli rimane è un senso
di vuoto, di nulla, il sentimento
della guerra. Allontana da sé i feriti
che gli chiedono insistentemente
di poter bere dalla sua borraccia
Nobel per la Pace, in cui ha ribadito la necessità di giungere ad un mondo senza armi atomiche perché “non possiamo tollerare un mondo dove altre nazioni ancora arriveranno a dotarsi di armi atomiche, e dove il terrore di un
olocausto nucleare metterà a rischio un maggior numero
di persone”.
Nonostante questi segnali positivi, Barbato ha mostrato
però come gli obiettivi stabiliti nel Trattato di Non
Proliferazione (TNP), firmato nel 1968 da Stati Uniti,
Unione Sovietica e Gran Bretagna, e sottoscritto da 188
Paesi, non siano stati raggiunti; non solo la Non
Proliferazione non c’è stata (si pensi a Israele, India,
Pakistan, Corea del Nord, tutti paesi che possiedono
testate nucleari), ma a ciò si sono aggiunti altri problemi,
come il mercato nero delle armi nucleari, o i rischi connessi al furto o al trafugamento di materiale nucleare.
Intervistato, poi, nel corso della trasmissione radiofonica
“Il pomeriggio con Zai.net”, Barbato ha anche ribadito
qual è la posizione dell’Italia: “per il nucleare militare il
problema è la presenza nel nostro territorio di testate atomiche, in contravvenzione al Trattato di non proliferazione nucleare firmato e ratificato dall’Italia”. Il nostro Paese
ha promesso, ma non mantiene, quindi.
Nella speranza che la situazione possa migliorare presto
e che si possa arrivare a un disarmo generalizzato, sono
numerose le iniziative che si concretizzeranno nel 2010 su
più livelli: è importante, ad esempio, che il Giappone continui a onorare i tre principi non nucleari (non produrre,
non possedere e non introdurre armi nucleari nel paese),
e che organizzazioni non governative come Peace Boat o
Mayors for Peace continuino a diffondere consapevolezza.
In attesa che queste azioni confluiscano nel Riesame del
Trattato di Non Proliferazione, previsto presso le Nazioni
Unite nel maggio del 2010 a New York.
Scienza
26
SEGRETI E PARADOSSI DA
PREMIO NOBEL
CE LI RACCONTA LA GIOVANE REPORTER DI ZAI.NET CHE HA AVUTO L’ONORE
DI CONSEGNARE A RITA LEVI MONTALCINI I REGISTRI INEDITI DATATI
1919-1922, QUANDO ERA ALLIEVA NELLA SUA STESSA SCUOLA
di Indhya Contu, 18 anni
Liceo pedagogico “D. Berti”
n nome del desiderio più forte per una donna di
scienza, quello di diffondere soprattutto tra i giovani la stessa passione per il sapere e la ricerca che
ha caratterizzato la sua intera esistenza, lo scorso 7 ottobre nell’Aula3 dell’Università di Torino ha avuto luogo
la conferenza di Rita Levi Montalcini in onore dei suoi
100 anni e 6 mesi. Ho avuto io stessa il piacere di consegnarle le copie inedite dei registri generali dei voti
datate 1919-1922, in cui sono contenute anche le sue
valutazioni nell’arco di tempo in cui è stata allieva presso la prima scuola magistrale in Italia, l’istituto “Domenico Berti” di Torino, lasciata in seguito alla scelta di
conseguire il diploma come privatista.
È stato curioso scoprire nel curriculum scolastico dell’ultimo anno del Premio Nobel per lo studio del Nerve
Growth Factor (importante inizio per la sconfitta di malattie degenerative), alcune lacune proprio nelle materie
scientifiche: un paradosso che dovrebbe essere di stimolo per ogni studente a migliorare nel quotidiano la
propria preparazione didattica, anche nei momenti in
cui le insufficienze fioccano inarrestabili.
Rita Levi Montalcini ha, poi, condiviso con tutto il pubblico la risposta che era solita dare nel momento in cui,
da giovane, le veniva posto il classico quesito “Cosa
vorresti fare da grande”. A partire dalla metafora dei
quattro bottoni – all’epoca le camicie ne avevano solo
quattro, appunto, ognuno dei quali corrispondeva ad un
sentiero di vita che le donne potevano intraprendere:
ricca, povera, monaca o sposa - lei decise di cucire il
quinto: libera pensatrice laica. Nella vita – ha ribadito
la grande scienziata - ci sono soltanto due comandamenti: il primo è contraddistinto dai valori, in assenza
dei quali non siamo neanche degni di ritenerci esseri
umani, mentre il secondo riguarda l’uso accurato e consapevole del cervello, organo splendido dalle potenzialità infinite, alcune delle quali tuttora latenti.
Alle curiosità sul suo traguardo anagrafico e sulla costanza con cui ha confessato più volte di condurre la quotidiana attività di ricerca, la Montalcini ha risposto di continuare tuttora ad alzarsi alle 4 del mattino: “A 100 anni
ci sono maggiori capacità immaginative e… dormire? Questa attività non mi appartiene in quanto è sinonimo di
perdita di tempo”. Ora, ditemi, di fronte a una simile affermazione non sorge in tutti voi un irrefrenabile desiderio verso la ricerca in ogni campo, verso la totalità del sapere stesso? E visto che, come diceva il grande Socrate,
“non è importante la ricerca, ma mettersi in cammino”,
perché non farlo subito?
I
Lei decise di cucire il quinto
bottone: libera pensatrice laica
UNA VITA PER LA SCIENZA
La scienziata e senatrice a vita Rita LeviMontalcini è nata a Torino il 22 aprile 1909;
nel 1986 le è stato consegnato il Premio
Nobel per la medicina per l'intuizione dei
fattori della crescita nello sviluppo umano.
Nella motivazione del Premio si legge: «La
scoperta del NGF all'inizio degli anni
Cinquanta è un esempio affascinante di
come un osservatore acuto possa estrarre
ipotesi valide da un apparente caos. In
precedenza i neurobiologi non avevano
idea di quali processi intervenissero nella
corretta innervazione degli organi e tessuti
dell'organismo».
Test
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CERVELLO
IN SALDO
SCONTI FINO AL
100%!
SICURI DI CONOSCERE E DI SFRUTTARE APPIENO TUTTE LE POSSIBILITÀ
DEL VOSTRO CERVELLO, “ORGANO SPLENDIDO DALLE POTENZIALITÀ
INFINITE”, COME L’HA DEFINITO RITA LEVI MONTALCINI? SCOPRITELO
ATTRAVERSO IL NOSTRO INFALLIBILE TEST E LE SUE IMPROBABILI
DOMANDE DI LOGICA
A
B
C
A
B
C
Il papà di Giovanni si è sposato molto giovane
con una bellissima donna, dalla quale ha avuto
ben tre figli: Qui, Quo e... ?
Uhm... Giovanni?
Qua – i tre nipoti di Paperino girano sempre in trio!
Chiaramente non ho nemmeno letto per intero la
domanda.
Ma che mi importa di come si chiama ’sto terzo
figlio – parliamo piuttosto della moglie bellissima!
Queste sono cose interessanti!
Il dottore ti prescrive una cura in pastiglie. Devi
prendere tre pillole, una ogni mezz'ora. Quanto
dura la tua cura?
Un'ora! Spiegazione: prendo una pastiglia adesso, la
seconda tra mezz'ora e la terza ed ultima tra un'ora, tanto ci vuole per capirlo?
E se invece facciamo supposte al posto delle pillole?
Non ne ho idea, piuttosto che farmi il calcolo preferisco morire!
A
B
C
A
B
C
A
B
C
A
A
B
C
Un archeologo dice di aver trovato una moneta
antica con sopra l'iscrizione “42 a.C.”
Dovevano essere molto informati quelli che
hanno coniato la moneta per sapere che quarantadue anni dopo sarebbe nato Cristo! O la moneta è un falso o l'archeologo un cialtrone!
Però! E’ molto antica!
Embè? Sulle nostre monete ci sta scritto 2002,
2003, 2008... e gli antichi ci scrivevano “42
a.C.”, che c'è di strano?
B
C
Chi ha ucciso il fratello di Caino?
Caino stesso?
Abele?
Freddo della banda della Magliana per una storia di
droga, mi pare.
Quanti mesi hanno ventotto giorni?
TUTTI! Qualcuno ne ha anche di più, ma almeno
28 li hanno tutti!
Febbraio sicuramente ne ha ventotto...
Non ne ho idea, io so contare soltanto fino a dieci.
Un palazzo ha 12 piani, ogni piano ha il nome di
un mese, come si chiama l'ascensore?
Con l'apposito pulsante.
Non è una domanda semplice, probabilmente avrà il
nome di un giorno della settimana o l'anno in cui è
stato fabbricato il palazzo, chi lo può sapere?
Ma che ne so, preferisco farmela a piedi.
Chi è Rita Levi Montalcini?
Rita Levi-Montalcini è una scienziata e senatrice
italiana. È stata insignita del premio Nobel per la
medicina nel 1986 ed è socia nazionale
dell'Accademia dei Lincei per la classe delle
scienze fisiche.
Quella vecchietta di cui parlava Cristina del Grande
Fratello in Tv, quel che è morta un po' di tempo
fa... quella che stava pure sulle vecchie mille lire!
È la ragazza che lavora al solarium, quella che fa
pure la ricostruzione delle unghie, no?
LEGGI IL TUO PROFILO A PAG. 59
30
ESCLUSIVA:
Intervista a Ian Paice
MUSICA
32
TALENT SCOUT:
Emergenti ma
non troppo
Musica
30
QUATTRO
CHIACCHIERE
CON
IAN
PA I C E
“CON L’ARTE FORSE
NON SI PUO’ CAMBIARE
IL MONDO, MA NOI
DOBBIAMO PROVARCI
LO STESSO”. COL
BATTERISTA DEI DEEP
PURPLE È STATO UN PO’
COME TORNARE
INDIETRO NEL TEMPO:
LA PRIMA VOLTA AD
ABBEY ROAD, GLI
ANEDDOTI SU ALCUNI
TRA I PIÙ GRANDI
MUSICISTI DI TUTTI I
TEMPI, I CONSIGLI A
QUELLI IN ERBA E
MOLTO ALTRO ANCORA
di Riccardo Cotumaccio, 18 anni, e Serena Mosso, 18 anni
Liceo classico “Augusto” e Liceo classico “Manara”
più che accontentato, visto che dopo una serie infinita di
e c’è una cosa che posso dirvi, è che sono
domande ha esclamato «Adesso fatemi suonare!».
qui ma non devo insegnarvi nulla, ho ancoSe l’esibizione live solitamente è preferita alla “chiacra da imparare moltissimo da voi». Ian Paice,
chierata” iniziale, Ian Paice riesce a far divertire il pubbacchette alla mano e traduttore al suo fianco, si offre
blico parlando di personaggi ritenuti miti della musica
così al discreto pubblico di Stazione Birra, rinomato
mondiale come fossero i suoi vicini di casa - il che, già
locale fuori Roma: occhiali da sole rigorosamente blu
di per sé, è entusiasmante. Racconta
scuro, tuta nera abbinata ad una semplicon ironia la sua prima esperienza ad
ce maglietta bianca e quella solita aria
da ragazzino che sale sul palco solo per
Se c’è una cosa Abbey Road, interpretando la parte del
principiante confuso ed emozionato al
divertirsi e divertire. Era stata definita
che posso dirvi, è suo primo giorno di scuola. «Con i
una lesson, una specie di lezione, quella
che doveva tenere inizialmente il batteri- che sono qui ma non Deep Purple arrivai agli studi di Abbey
per incidere il nuovo album, ero
sta dei Deep Purple. Da subito, però, è
devo insegnarvi Road
teso più che mai. Non solo mi trovai
diventata più una sorta di colloquio personale fra lui e il pubblico: pezzi alla bat- nulla, ho ancora da subito David Guilmor davanti, ma sucteria alternati a perle sulla sua carriera e imparare moltissimo cessivamente incontrai Paul Mc
Cartney, che per giunta mi salutò! Non
su quella di altri grandi protagonisti della
da voi
ho potuto fare altro che inchinarmi...
scena musicale mondiale.
(si inchina) Appena entrati andammo a
Era come se Ian avesse più voglia di senregistrare nello studio dove anni prima avevano regitire le curiosità del pubblico – quasi per dire “Non fatemi
strato i Beatles. Ci appostammo esattamente come fecesuonare, preferisco farmi una chiacchierata” - ed è stato
“S
31
Un consiglio: quando i
batteristi suonano, non devono
portare il tempo, devono dare
intonazione come se i colpi
fossero note
ro Lennon, Mc Cartney, Ringo e Harrison, un’emozione
che tuttora non riuscirei a descrivervi».
Alla domanda di Serena sul rapporto che i giovani degli
anni ’60 e ‘70 hanno avuto con la musica e con i Deep
Purple e su quale rapporto hanno, invece, le attuali generazioni con la musica di oggi, Ian risponde così, come non
vedesse l’ora di dire queste parole: «La musica all’epoca
era veicolo per far emergere proteste e tematiche sociali.
Molti musicisti cercavano di lanciare messaggi, come Bob
Dylan o John Lennon. Anche i Deep Purple l’hanno fatto in
alcune canzoni, come per esempio “Child In Time”. Parlare
di pace era per noi naturale, quasi scontato, perché si
trattava di un’idea condivisa da tutti, ma poi i potenti e i
militari facevano esattamente l’opposto, quindi ciò che ci
sembrava banale improvvisamente aveva bisogno di essere ribadito nelle canzoni. Poi la guerra è finita, abbiamo
vissuto trent’ anni di pace, più o meno. I giovani non
hanno più avuto molto per cui combattere, ma se non
stanno attenti presto ci sarà di nuovo bisogno di protestare. Con l’arte non si può cambiare il mondo, forse, ma
noi dobbiamo provarci lo stesso».
Curiosità non solo sugli artisti di un tempo, ma anche
su musicisti che calcano in questo momento i migliori
palcoscenici mondiali. In virtù della sua collaborazione
con Chad Smith, batterista dei Red Hot Chili Peppers,
Ian definisce sia dal punto di vista tecnico sia personale l’artista, rispondendo ad un Riccardo a dir poco entusiasta: «Sapete, Chad Smith mi ricorda John Bonham.
Un grandissimo artista, nei confronti del quale provo
tantissima stima. Ho avuto diverse occasioni per suonare con lui, ma mi rimarrà sempre impressa quella
serata al “Modern drummer weekend festival” quando
per intrattenere il pubblico ha mantenuto per cinque
minuti lo stesso ritmo; all’inizio anche io ero incredulo,
successivamente ne ho capito la difficoltà e la tecnica.
Un consiglio, quando i batteristi suonano, non devono
portare il tempo, devono dare intonazione come se i
colpi fossero note. Non devono portare solo il ritmo,
devono sentire dentro quello che suonano. Chad, dal
punto di vista personale è inimitabile. Pensate (ride),
ho avuto modo di sentirlo con i Chickenfoot - con i
quali, secondo me, si esprime meglio - e ad un certo
punto, come se niente fosse, ha scaraventato il rullante della batteria per aria… stava per colpire in pieno
Sammy Hagar (il cantante), per fortuna lui stesso si è
catapultato su di lui evitandogli una brutta botta! ».
La conversazione si sposta sul suo gruppo, i Deep
Purple: non è stato facile sostituire, in passato, il tastierista. «Il problema – chiosa – non era trovare un individuo che sostituisse il nostro vecchio tastierista a livello personale, ma che fosse tecnicamente al suo stesso
livello». Non lo ferma più nessuno, scatenato con le
parole, ha dimostrato di essere scatenato anche alla
batteria. Nel concerto con gli Hush - band tributo tutta
italiana dei Deep Purple - ha dimostrato ancora una
volta il suo talento, e il talento delle persone che lo
accompagnavano in questa straordinaria avventura italiana. Incontrare un personaggio come lui è stata un’esperienza fantastica, figuratevi stringere la sua bacchetta e portarla a casa. Irripetibile.
Musica
32
ASTENIA, BROKEN LIES, THE SUN:
emergenti ma non troppo
MAGARI HANNO VENDUTO MIGLIAIA DI DISCHI IN AMERICA E IN ITALIA NON
LI CONOSCE NESSUNO (O QUASI); MAGARI SONO ALLA RICERCA DI
UN’ETICHETTA; MAGARI HANNO SOLO CAMBIATO NOME…
SONO LORO, GLI EMERGENTI MA NON TROPPO
A cura di Chiara Colasanti, 18 anni
Astenia
Dal 2005 i poco più che ventenni Gianluca, Edoardo, Luca ed Emiliano
suonano insieme e fanno della capitale la base del loro gruppo, ormai
conosciuto in tutta Italia. Nel 2007 esce il primo ep, Geometrie
Circolari, che li aiuta a farsi conoscere sempre di più, non solo grazie
a myspace (www.myspace.com/asteniaworld), ma anche per mezzo
di radio, fanzine e webzine. Nel 2008 altra tappa importante; partecipano al video di Max Pezzali Mezzo pieno o mezzo vuoto e continuano i loro “pellegrinaggi” in vari concorsi, dove riscuotono notevole
successo. Sono ora alla ricerca di una casa discografica per la pubblicazione del primo full length, coadiuvati e sostenuti da Vinx
(Vincenzo dei Vanilla Sky), produttore artistico degli ultimi due brani, Racconti
scomodi ed Enilei, che vi consiglio caldamente di andare ad ascoltare. Per loro scrivere è una sorta di terapia;
la scelta di farlo in italiano è poi una scelta particolare, vista la nostra propensione ad ascoltare musica in inglese - seppur suonata e scritta da italiani - ma loro ne sono consapevoli e ne vanno fieri. Certo, non sono sempre
rose e fiori, la convivenza a volte è difficile e, avendo tutti e quattro un bel caratterino, vi lascio immaginare...
Non c'è molto altro da aggiungere se non: meritano, questi ragazzi meritano!
Broken Lies
Brescia dal 2005 ha visto la crescita di uno dei gruppi più rappresentativi del pop punk alternativo dell'underground italiano: Luca, Maury e Cristian ci danno dentro per far vedere a tutti quanto valgono e per farsi conoscere. Negli States grazie al primo singolo, Before
(di cui sono state vendute svariate migliaia di copie), si sono
guadagnati l'apprezzamento di moltissimi fan; nell'ultimo
anno, altri due brani hanno poi permesso loro di affermarsi
ulteriormente a livello internazionale. Sono tre ragazzi estremamente allegri e solari, “l'ideale per ogni fanciulla” (come si
dicono da soli!), disponibilissimi con le fan, che non si perderebbero mai un live. Amano dire che la loro principale occupazione è quella di salvare il mondo, ma in questo momento i
nostri supereroi sono in un periodo di riposo/creazione, dopo
due mesi di intenso tour... non perdetevi le novità che stanno per
proporci
e
seguiteli
sul
loro
myspace:
www.myspace.com/brokenlies, non ve ne pentirete!
The Sun
Ebbene sì: vi ricordate i Sun Eats Hours? Ecco, i The Sun, sono il frutto dell'evoluzione artistica della storica
band, attiva dal 1997. Alle spalle hanno quattro album autoprodotti - in Europa, Asia e Sudamerica - 300 live
tra Europa e Giappone - grazie anche alle aperture di concerti di mostri sacri quali The Offspring, The Cure,
Misfits, Muse, Afi, Ska P, Nofx, Pennywise, The Vandals e molti altri. La stampa li
nota e dedica loro attenzione; fino al 2008 non si appoggiano a
management o etichette discografiche, gestendo in maniera
autonoma i rapporti con agenzie, distributori, label ed uffici stampa. Grazie a tutto questo, e all’innegabile talento, la band viene
premiata al M.e.i. come “miglior punk rock band italiana al
mondo”. Il vecchio sound hard rock-punk si rinnova nella scelta di
scrivere i brani in italiano, e la band vicentina è pronta a travolgere con la sua notevole capacità comunicativa tutti coloro che saranno disposti a farsi trascinare dal calore solare... dei The Sun.
www.myspace.com/thesunrock
38
MOSTRA:
La libertà
oltre il muro
GIOVANI
CRITICI
41
CINEMA:
Anteprime dal
Festival di Roma
Vivere di periferia
34
SGUARDI SULLA CITÉ
IL NOSTRO FACCIA A FACCIA CON
LA FRANCIA CONTINUA QUESTO
MESE CON L’INTERVISTA
ALL’IDEATORE DEL FESTIVAL
“REGARDS JEUNES SUR LA CITE”,
PARTNER DEL CONCORSO
“VIVERE DI PERIFERIA”
di Lucie Laurent, 23 anni
e si cerca in un dizionario la parola “cité” la prima
definizione è “città”, “quartiere”; eppure per i giovani di periferia francesi quelle quattro lettere
vogliono dire un’altra cosa: la “cité” è, infatti, il loro quartiere. Da venti anni in Francia il Festival “Regards Jeunes
sur la Cité” (l’ultimo si è svolto dal 28 al 30 ottobre) chiede a questi ragazzi di cimentarsi dietro alla macchina da
presa per diventare registi della loro storia; il concorso
“Vivere di periferia / Vivre de banlieue” potrebbe essere
considerato un fratello minore dell'evento francese, con
cui c’è già una partnership, per questo abbiamo voluto
intervistare il suo direttore, Patrick Baida.
Il vostro festival è nato venti anni fa: come e perché?
«Il festival esiste dal 1989 ed è nato da una riflessione in
particolare: dare ai giovani di periferia la possibilità di
parlare del loro quartiere e del loro vivere quotidiano
attraverso il linguaggio audiovisivo. I ragazzi che partecipavano erano spesso in rottura con la scuola, o avevano
difficoltà ad esprimersi: abbiamo pensato che questo
nuovo mezzo potesse essere uno strumento di comunicazione adatto a loro».
Ha avuto subito successo?
«Sì. L’iniziativa si svolge così: pubblicizziamo il festival nei
quartieri, presso le associazioni e nei centri di animazione allo scopo di far realizzare ai ragazzi dei film e poi
S
proiettarli. Nel 1989 avevamo in competizione circa 20
film, ma da 10 anni a questa parte il festival ha preso
molta più importanza: abbiamo, in media, 100 film all’anno e circa 600 giovani che partecipano per promuovere il
loro lavoro. Non vengono solo dalla periferia parigina, ma
da tutta la Francia, e anche dalle regioni d'oltremare».
Chi partecipa?
«Quelli che sono più toccati dalla tematica della “cité”,
ma il festival è sicuramente aperto a tutti e abbiamo perciò anche il contributo di ragazzi “cittadini”».
Quali sono i criteri di selezione?
«Prima selezioniamo i film che sono in accordo con la
tematica, poi scartiamo quelli che non sono interessanti o che hanno limiti tecnici, o che veicolano messaggi
devianti. È ovvio!».
35
CREA IL TUO MELTING-SPOT
PARTECIPA ANCHE TU AL CONCORSO! QUESTO
MESE QUALCHE DRITTA PER FARE UN BUON VIDEO
Occhio all’orologio! I cortometraggi troppo lunghi non vanno bene, bisogna andare al succo.
Impugna la penna. E’ meglio scrivere la sceneggiatura prima. Non basta solo l’atmosfera: un buon
film funziona solo se anche il resto (storia, caratterizzazione dei personaggi) è solido.
Concentrati bene sul finale: non va bene che il film
finisca con un finale aperto, una “non fine”.
Dunque, pensa all’ultima scena.
Se si tratta di una storia inventata (fiction), scrivi
i dialoghi degli attori, a maggiore se sono dilettanti. Non improvvisare!.
Attenzione alle comparse: dona loro una consistenza, anche se si vedono solo per un minuto.
Non guardarti mentre giri!
Dona senso alla forma! Uno zoom o una vista
panoramica non servono solo ad abbellire.
Affila le forbici! Nella scrittura o nel montaggio,
non devi esitare a tagliare. Vai all’essenziale,
togli il superfluo, metti un po’ di mordente…
Alleggerire, modificare, perfezionare, praticamente il grosso è fatto!
Scopri il regolamento su www.viverediperiferia.it
Ho notato che i primi 4 premiati della scorsa edizione
hanno dato tutti un messaggio di speranza; li avete
scelti per questo o sono tutti così?
«La scelta dei percorsi è fatta per toccare i giovani, per
esempio, “Ici et ailleurs” (Qui e altrove) è stato pensato perché sappiamo che ci sono tanti giovani figli o nipoti di immigrati, del Maghreb o dell' Africa subsahariana. Dunque, la
questione della memoria, dell'appartenenza a una doppia
cultura sono molto presenti. Nei lavori dei ragazzi ricorrono
spesso la discriminazione, la dipendenza. Ne parlano con
sguardo critico, ma cercano sempre di farne uscire qualcosa
di buono, di dare il buon esempio. E' normale che venga
fuori un messaggio di speranza: combattono tutti i giorni
per cambiare le cose. Sono molto responsabili, si rendono
conto che esprimendosi hanno quasi una missione. Per
esempio, è possibile che in un anno in cui il contesto sociale e politico è più teso riceviamo lavori più influenzati dall'atmosfera, sarà la constatazione di un problema».
Lei nota un cambiamento di temi nei lavori proposti dai
giovani?
«Ci sono temi ricorrenti come la memoria, la doppia cultura, la discriminazione, la tossicodipendenza, l'Aids.
Ma adesso i giovani parlano anche molto dell'ambiente: su 100 film almeno 10 affrontano questo tema.
Significa che le loro preoccupazioni sono legate a quello che succede nella società, sono al passo con i tempi,
non sono sfasati».
Qual è lo scopo di questo festival?
«E' sicuramente educativo, ma siamo anche molto felici
quando riceviamo lavori di una certa qualità estetica ed
artistica. Magari potremmo scoprire i cineasti di domani:
Nelle foto, giovani al lavoro e
momenti delle passate edizioni del
festival “Regards Jeunes sur la Cité”
in molti di questi giovani si rivela un interesse autentico
per il mondo audiovisivo, in cui riescono poi a muoversi
anche senza formazione. Alcuni diventano, per esempio,
animatori nel campo dell'audiovisivo, trasmettono il loro
sapere ad altri ragazzi. Per loro la tangenziale è come una
frontiera: tutto quello che riguarda l'audiovisivo sta all'interno della città. Noi, invece, creiamo delle passerelle, ma
non era questo il nostro obiettivo all'inizio: eravamo spinti più che altro da una vocazione sociale ed educativa».
La realtà è molto cambiata dalla prima edizione del festival?
«Ci sono molte più difficoltà rispetto a tanti anni fa, ma
si parla sempre della periferia e dei suoi problemi mentre
invece ci sono migliaia di persone che ci vivono bene,
dunque non esageriamo. L'unico problema è quando si
creano i ghetti, quando non c'è abbastanza mescolanza
sociale. Questo è un problema che riguarda tutti i Paesi
europei, e l’unica soluzione può essere, a mio avviso,
spronare i giovani a costruirsi il loro futuro senza rassegnarsi già in partenza. Qualche volta questo aiuto è rappresentato, appunto, dagli animatori e dalle iniziative
come la nostra. Quello che succede in Francia non è diverso da quello che avviene in Germania, Italia o Spagna, l’unica differenza può consistere forse nel fatto che il mio
Paese ha un retaggio coloniale importante, avendo accolto negli anni ’60 e ’70 nuove popolazioni che oggi fanno
parte della nostra identità».
Le piacerebbe dare una dimensione europea al festival?
«Sì, ma dobbiamo fare dei collegamenti con quello che esiste già, c'è bisogno di iniziative locali. Io sarei molto felice
di accogliere nel nostro festival film realizzati da giovani italiani, è sempre interessante confrontarsi con altri sguardi.
Forse capiremmo di avere molte cose in comune».
Qual è il suo sguardo su “Vivere di periferia/Vivre de
banlieue”?
«Uno sguardo benevolo. Sono stato lusingato nel constatare che all'estero conoscono il nostro festival - che io
considero un piccolo festival - e speriamo che questa sia
la prima occasione per iniziare ad avere dei legami a livello europeo. Forse, chissà, tra cinque anni faremo un grande festival europeo».
Reportage dalla Scuola Holden
36
A CACCIA DI
STORIE DA
RACCONTARE:
SCRIVERE LA
DIFFERENZA
PROSEGUONO GLI INCONTRI CON
LA SCUOLA HOLDEN DI TORINO.
QUESTO MESE MARCO RAVASIO CI
PARLA DELL’IMPORTANZA DEI
“NEMICI” NEL RACCONTO E DEL
CORSO PER ASPIRANTI SCRITTORI
CHE SI SVOLGERA’ A SEGONZANO
TRA NOVEMBRE E DICEMBRE
di Michelangelo Bonafede, 20 anni
tai camminando per strada. Dall’altra parte arriva qualcuno. All’inizio è solo una sagoma scura,
un’ombra, poi a poco a poco si delinea una figura. E’ il tuo nemico. Descrivilo, incontralo, racconta la vostra
storia”: è questa l’avvincente traccia su cui dovranno cimentarsi gli aspiranti partecipanti a Cantiere 39, il corso di scrittura organizzato da Scuola Holden a Segonzano (TN) per 3
week-end, dal 20 novembre al 6 dicembre; a tenerlo sarà
Marco Ravasio, cui abbiamo rivolto qualche domanda…
Di cosa tratterà nello specifico il corso che terrà a
Segonzano?
«Il tema è il “Nemico”; gli aspiranti scrittori dovranno cercare di sviscerare una storia con l'aiuto delle loro conoscenze e potranno utilizzare la letteratura, il cinema, la tv,
i fumetti e anche la storia dell'arte. La traccia che abbiamo
dato agli aspiranti partecipanti non è nata da una scelta
casuale: in questo periodo storico sembra essere tornata la
fobia del nemico, il tutto andrebbe analizzato, prendendo
anche spunto da libri o film».
I lettori di Zai.net spesso si cimentano nella scrittura di
racconti o romanzi; vuole svelare loro qualche segreto,
qualcosa che insegna anche a lezione?
«Sicuramente bisogna cercare di avere consapevolezza
della lingua con cui si scrive. Poi è importante che ci sia
una struttura che porti avanti la storia, che si impari a
togliere il superfluo, e soprattutto è fondamentale che ci sia
un'organizzazione che crei aspettativa nel lettore. Mi raccomando: evitate i cliché, le solite cose che ormai tutti hanno
letto; cercate di trovare una voce vostra - che si acquista
soltanto scrivendo tanto - prima ispirandovi al vostro autore preferito, poi distaccandovene».
È d'accordo sul fatto che la lettura sia la cosa più propedeutica per gli aspiranti scrittori?
«Indubbiamente, scrivere senza leggere è come giocare a
calcio senza pallone. Vanno bene anche i fumetti o i blog
su internet, per passare successivamente ai grandi autori,
prendendo piccoli spunti da loro».
“S
Marco Ravasio
Ci racconti del libro che ha scritto, Passaggi e altri
abbandoni (Livello 4, 2008).
«Sono quattro storie che si intrecciano, quella di un ex-calciatore famoso che non se la passa tanto bene, un ragazzino di 10 anni molto curioso, un immigrato clandestino di
origine ucraina e un detenuto in libertà vigilata e che di
giorno lavora. C'è un rapporto che lega tra loro i personaggi, come in una sorta di scatola cinese».
So che si occupa anche di tv e di linguaggio cinematografico; secondo lei un bel film vale un bel libro, oppure sono
due cose troppo diverse?
«Sono due cose diverse, non si possono paragonare, vanno
letti e analizzati su due piani diversi. Il regista immagina le
cose in maniera diversa dallo scrittore; ci sono due metodi
diversi. Kubrick è, invece, l'esempio eclatante del regista
che ha reinterpretato il film con la propria personalità e ne
ha fatto dei capolavori».
CANTIERE HOLDEN 39
Il racconto
Scrivere la differenza
SEGONZANO (TN) novembre – dicembre
2009
3 finesettimana
Per leggere, guardare, discutere e analizzare film e racconti di grandi maestri del
Cinema e della Scrittura
Quando: 3 weekend: 20-21-22 e 27-28-29
novembre, 4-5-6 dicembre 2009-10-22
Per chi: giovani tra i 16 e i 25 anni
Costo: 50 euro
Per informazioni e iscrizioni:
[email protected]
tel 348 4794392 / 0461 699084
www.scuolaholden.it
Radio
CON
15!
LIGA
37
HO FATTO
IL GRANDE ROCK, GLI
APPUNTAMENTI CON LA STORIA,
L’ATTUALITA’, LE NEWS IN LATINO.
I CORRIDOI DI SCUOLA SEMPRE
PIU’ SIMILI A QUELLI DELLA
REDAZIONI DI UN GIORNALE.
PARDON, DI UNA VERA RADIO
a come ci sei riuscita? Semplice, l’ho placcato
all’uscita dal concerto e mi sono anche fatta
regalare la sua maglia. La maglia di Liga!!! 15
punti non ce li leva nessuno questa volta!
Giulia e Francesco sono gli animatori della TWR (Teen Webradio) della scuola. Col loro gruppo registrano interviste,
notizie, trasmissioni grazie al laboratorio radiofonico e
mandano i contributi in onda sulla radio interna all’istituto e su Zai.network, che trasmette un palinsesto di musica e di programmi di informazione e intrattenimento scelti tra le migliori proposte delle TWR delle varie scuole della regione. Questa volta hanno fatto un bel colpo, sono
riusciti a intervistare Ligabue.
Forse abbiamo dimenticato di dirvi che Giulia e Francesco
non si trovano in una scuola americana o finlandese o australiana. Siamo in Liguria e questo è più o meno quello
che succederà in tutte le scuole che da questo anno scolastico avranno una TWR.
M
Verso la radio degli studenti del Mediterraneo
Sia le scuole sia i Centri Giovani della Liguria dotati di laboratorio radiofonico (TWR) possono concorrere alla realizzazione del grande palinsesto di Radio Zai.net e rendersi contemporaneamente autonomi come vere e proprie
emittenti radiofoniche. Ogni team – formato da studenti e
giovani - è in grado di gestirsi la propria Teen Webradio
attraverso un percorso di avvicinamento alle competenze
delle professioni radiofoniche guidato da Zai.net.
L’intreccio col mondo della scuola: la programmazione è
stata pensata per rafforzare l’azione formativa proposta
alle singole TWR e consente di inserire ad ogni livello i
contributi provenienti dai team (siano essi semplici segnalazioni o veri e propri programmi).
L’esperienza dei TWR non si fermerà solo in Liguria o all’Italia, ma piano piano coinvolgerà anche le scuole di
Francia, Spagna, Grecia, Marocco e così via… per dare
vita, in questo modo, alla prima radio degli studenti del
Mediterraneo.
ECCO ALCUNI DEI NOSTRI PROGRAMMI
Il pomeriggio con Zai.net (30’ di approfondimento sull’attualità con ospiti e ragazzi in
studio in collegamento con le redazioni di
Zai.net)
Notizari giovani reporter (appuntamenti
quotidiani con l’informazione selezionata
dagli studenti)
Memoranda (appuntamento settimanale
con l’attualità… in latino)
Juke box letterario - Giovani critici (60’’ su
libri, film, musica e teatro)
Sana e robusta Costituzione (ogni puntata
un articolo della costituzione commentato e
collegato all’attualità)
Italia a colori (programma multietnico di 20’
con musica, libri, ricette e aneddoti)
Dolce & Gabbata (storie quotidiane di cuori
infranti e consigli improbabili)
Informarsi non…Costa (opportunità, consigli
e informazioni per gli studenti della regione
Liguria direttamente dalla voce del vicepresidente della Giunta)
Le interviste impossibili (omaggio a U. Eco –
le interviste ai grandi della storia e ai personaggi letterari realizzate dagli studenti)
SCOPRI COME ASCOLTARCI SU
WWW.RADIOZAI.NET
Mostra
38
I cosiddetti “Mauerspechte” impegnati
nell’abbattimento del Muro, Berlino, 11
novembre 1989 © Röhrbein / Ullstein
Bild / Archivi Alinari
IL MURO CHE DIVIDEVA
DUE MONDI
NEL VENTENNALE DALLA CADUTA DEL MURO DI BERLINO, LA REGIONE
PIEMONTE, IN COLLABORAZIONE CON GLI ARCHIVI ALINARI 24 ORE,
RICORDA CON UNA MOSTRA UNO DEGLI EVENTI SIMBOLO DEL
NOVECENTO
di Samuele Sicchio, 20 anni
erlino: la libertà oltre il muro” è una mostra
fotografica interattiva allestita nella centralissima via Cavour a Torino, in uno degli eleganti
palazzi del centro storico. Vi arrivo in un tardo pomeriggio d’ottobre, con l’ansia di scoprire cosa è successo
quando avevo solo pochi mesi di vita. L’esposizione, curata da Uliano Lucas, è allestita su due piani, entrambi arredati con grandi pannelli fotografici, ingrandimenti
di scatti storici simbolo di quel periodo e tre grandi muri
bianchi in cartongesso, sui quali i visitatori possono
lasciare i propri pensieri. Tratte dagli archivi del quotidiano Suddeutsche Zeitung e dell'agenzia Ullstein Bild, le
foto - alcune a colori, altre in bianco e nero, tutte corredate da spiegazioni bilingue italiano-inglese - ripercorrono quasi 30 anni di storia recente. Le immagini di abili e
pazienti reporter come Hiss B., Harmann, Jung, Hilde,
Leibning, Lehnartz, Becke, Stiebing H-P, Röhrbein e
Wende, attraverso un’assidua presenza lungo il perimetro
del muro, hanno offerto alla maggior parte della stampa
internazionale la rappresentazione della città divisa e
costruito negli anni il nostro immaginario sulla cortina di
ferro.
“B
L’edificazione del muro inizia nella notte fra il 12 e il 13
agosto 1961. In un anno la città viene tagliata in due da
40 chilometri di prefabbricati in cemento armato, sormontati da filo spinato e intervallati da posti di blocco e
check point, torri dotate di riflettori e feritoie per cecchini. Le finestre delle case che il muro ingloba vengono
murate, i parchi che il muro separa cementificati, le strade e i corsi tagliati in due. Simbolicamente, è il mondo
intero ad essere diviso: da una parte il capitalismo liberale, il mondo consumista, dall'altra il socialismo reale,
l'impero sovietico. In mezzo, i berlinesi che, non appena
intuiscono cosa sta succedendo, tentano di fuggire, di
attraversare la barriera fintantoché essa è in costruzione.
E’ il 17 agosto del 1962 quando Peter Fechter, 18 anni,
viene ferito a morte mentre cerca di passare nel settore
americano. Il suo corpo, ormai cadavere, viene tolto dai
cavalli di Frisia dopo un'ora di agonia. Wilhelm (detto
Willy) Block muore il 7 febbraio del 1966, ed è solo un'altra vittima di un lungo elenco. Sì, perchè i berlinesi
dell'Est cercheranno per quasi 30 anni di fuggire dall'oppressione del regime comunista verso l'Ovest, a
volte con successo, altre rimettendoci la vita.
Il conteggio "ufficiale" parla di 130 vittime, quello creato
dai parenti arriva a 240. La più giovane avrà 18 mesi, la
più anziana 80 anni. Le fughe proseguono fino al 1989,
39
Uno dei valichi praticati nel Muro dopo
l’apertura delle frontiere e la caduta del
regime comunista della DDR il 9 novembre 1989, 11 novembre 1989 © Röhrbein
/ Ullstein Bild / Archivi Alinari
Simbolicamente, è il mondo intero ad essere diviso: da una parte il
capitalismo liberale, il mondo consumista, dall'altra il socialismo reale,
l'impero sovietico
Folla riunita nei pressi della porta di
Brandeburgo per festeggiare la caduta del
Muro, Berlino, 12 novembre 1989 © ADNBildarchiv / Ullstein Bild / Archivi Alinari
l'anno destinato a vedere il crollo dell'impero sovietico: è gennaio quando il governo comunista polacco
legalizza Solidarnosc, avviando di fatto la nazione verso
una nuova fase di vita civile e politica; in primavera l'Ungheria si libera del regime comunista e vengono
proclamate libere elezioni, mentre in maggio Vaclav
Havel, leader della rivolta cecoslovacca, viene eletto
presidente della neonata Repubblica. Il governo della
DDR ignora questi avvenimenti ed Erich Hoenecker,
segretario del Partito comunista della Germania orientale, dichiara solennemente che il muro “rimarrà in piedi
altri 100 anni”. Il 9 novembre 1989, durante una conferenza stampa, il ministro della Propaganda della DDR,
annuncia per errore che ai berlinesi dell'Est sarà dato
da subito uno speciale permesso per passare ad ovest:
migliaia di persone che seguono in tivù la conferenza
scendono in strada ed iniziano ad attraversare il muro
spontaneamente. Nei giorni successivi, diviene chiara la
portata dell'evento: il muro è crollato, e non solo idealmente. I berlinesi si sono trasformati in mauerspechte,
in abbattitori di muro, e lo stanno buttando giù a martellate: il mondo assiste in tempo reale. Il governo della
DDR decide l'abbattimento ufficiale poco dopo: nessuno può ancora sapere che nei libri di storia il 9 novembre 1989 diventerà la data simbolica dell’inizio di una
libertà finalmente non più “oltre il muro”.
Fotografia
40
THE HEART OF
KASH(MIR)
KASH GABRIELE TORSELLO, ITALIANO,
CLASSE 1970, PROFESSIONE:
FOTOREPORTER SCOMODO
di Elena Prati, 17 anni
Liceo Scientifico “G. Galilei”
l mestiere del fotoreporter è pericoloso, si sa. Ti
porta in luoghi desolati, ti fa incontrare gente disperata e, nel momento in cui decidi di raccontare questi posti e queste storie, non ti fa più vivere tranquillo.
Inizi a essere ritenuto scomodo da troppe persone, a
ricevere minacce, ma mai e poi mai desidererai di aver
taciuto. Corri il rischio e, con alte probabilità, verrai
rapito, se non ucciso. Questa è anche la storia (un po’
più a lieto fine) del fotoreporter Gabriele Torsello, noto
come Kash, classe 1970, rapito il 12 ottobre 2006 sulla
strada per Kabul. L’unica traccia rimasta è un messaggio
che il fotografo è riuscito a mandare all’ospedale
Emergency di Lashkargah, dove era stato pochi giorni
prima. Per la sua liberazione, avvenuta il 3 novembre
2006, si sono mobilitati non solo Emergency e il Sismi,
ma anche l’intera opinione pubblica e i talebani stessi,
convinti che l’opera di Torsello potesse aiutare a denunciare le difficili condizioni di vita nel loro paese.
Anche se siamo partiti dalle ultime vicende, la vita di
Kash è stata tutt’altro che tranquilla. A vent’anni, infatti, lascia il paese natio per immortalare per l’eternità le
storie dei popoli in lotta per la libertà, filo conduttore
di tutta la sua lunga attività. Il primo lavoro riguarda i
senzatetto romani: per meglio comprendere le condizioni di vita dei suoi soggetti, Kash vive per un periodo
insieme a loro. Successivamente, stanco della vita nella
Capitale, si reca in India, dove inizierà la sua più nota
pubblicazione: The Heart of Kashmir (Il cuore del
Kashmir). In questo volume, pubblicato nel 2003 da
Amnesty International, sono raccolti gli scatti di denuncia della guerra dimenticata che dilania la piccola regione indiana, grazie ai quali ha vinto il prestigioso premio
British Book Design. È proprio in questo periodo che inizia a interessarsi di fotografia di guerra.
È nel 2001 che Torsello si avvicina per la prima volta alla
cultura afghana e ne rimane affascinato a tal punto da
cambiare religione. In Afghanistan prende parte a tre progetti: uno riguarda la prevenzione della morte da parto (in
collaborazione con le Nazioni Unite), il secondo la promozione dello sport fra disabili vittime delle mine e, infine, il terzo è sulla cura dei bambini. Chi non ricorda il
caso di Shabana, la bambina afghana che doveva essere
operata in Italia? Ecco, questo è una vicenda che Kash ha
particolarmente preso a cuore.
Ma Torsello non si ferma qui, la sua opera di denuncia
arriva anche in Albania, Libia, Pakistan e Nepal. Proprio
in questo paese ha trascorso alcuni mesi con i guerriglieri maoisti che combattono contro il regime di
Kathmandu. La vita del fotoreporter di guerra non è
I
Uno scatto di Kash
facile: molti pensano che, in un certo senso, le persone
che intraprendono questo mestiere “se la vanno un po’
a cercare”. Ma se non ci fossero fotografi impegnati
socialmente come Kash e molti altri, in che modo
potremmo almeno far finta di essere altruisti, di preoccuparci delle sorti del mondo? Se non ci fosse gente
testarda e coraggiosa che si addentra nel midollo dei
popoli per cercare di raccontarci la vita del civile che
subisce la guerra, come potremmo parlare di aiuti umanitari?
Se volete saperne di più, visitate il sito del fotografo:
www.kashabana.eu. Se continuate a preferire la carta
stampata, vi consiglio The Heart of Kashmir e
Contrappunti 2006.
La vita del
fotoreporter di
guerra non è
facile: molti
pensano che,
in un certo
senso, le persone che
intraprendono
questo
mestiere “se
la vanno un
po’ a cercare”
Cinema
41
MARPICCOLO, SORPRESE DA FESTIVAL…
QUEST’ANNO ALLA KERMESSE ROMANA NON SONO MANCATE LE CELEBRITÀ
E, NONOSTANTE L’ATMOSFERA UN PO’ DA FIERA E I TANTI FILM BRUTTI,
DUE O TRE CAPOLAVORI VISTI PER VOI…
di Lorenzo Brunetti, 19 anni
annes, Venezia, Berlino, Toronto. Sono queste le
città che vantano i più celebri festival cinematografici del mondo, ma da tre anni anche a Roma ci illudiamo ospitarne uno: red carpet, fotografi, telecamere, riflettori e quest’anno non sono mancati neppure gli ospiti celebri. Primi fra tutti la fantastica Maryl Streep e l’uomo del
momento, George Clooney. Eppure, nonostante l’apparato, il
Festival Internazionale del Film di Roma continua a sembrare più una fiera che un festival. Attraversando gli ambienti
dell’Auditorium, tra un film e l’altro (al 90% brutti o irrilevanti, e ad esser seri sarebbe questo il problema più grave…), è come se ci si aspettasse di incontrare il carretto dello zucchero filato o di essere rapiti dall’odore di porchetta.
La vocazione pop del festival è dichiarata dal direttore Gianluigi Rondi, che da anni propone l’apologia del film di genere insistendo sull’idea (in realtà neanche sbagliata) di dover promuovere un cinema per tutti. Il problema è che il limite tra popolare e volgare risulta spesso troppo ambiguo.
Di quest’ultima edizione dobbiamo però salvare i film
Io, Dongiovanni di Carlos Saura e The City of your final
destination di James Ivory, due veri capolavori, entrambi fuori concorso.
Una delle migliori caratteristiche della festa del cinema di
Roma è la sezione “Alice nella città”, dedicata al pubblico
più giovane. I film che vengono presentati sono tutti “di formazione”, semplici e senza troppe pretese. Quest’anno “Alice nella città” ha proposto, tra le altre, due pellicole particolarmente interessanti: Prinsessa, divertente e raffinata
produzione svedese sul tema della diversità, e Marpiccolo di
Alessandro di Robilant, una sorpresa tutta italiana.
Marpiccolo si svolge in una città poco raccontata dal cinema e della quale non si sente parlare spesso: Taranto. Proprio su questa scelta il regista dice: «Ci sono stati vari passaggi, per ragioni anche naturali. Il libro da cui è tratto il film
(Stupido di Andrea Cotti, ndr) non identifica una particolare
località. Abbiamo preso come riferimento il film brasiliano
City of God, in cui la rappresentazione degli ultimi, della
gente messa in difficoltà dalla vita, è di grande vitalità. Originariamente anche il film, quando è stato scritto, non aveva una precisa ambientazione. Napoli è stato un passaggio,
ma poi il caso ha voluto che essendo io un frequentatore
del Sud, mi sia avvicinato a Taranto e sia rimasto molto colpito dalla sua natura così contrastata: città greca, situata in
un luogo bellissimo e ferita da tante cose. Taranto, poi, è un
luogo che non è stato molto visto al cinema. Visivamente è
una città bellissima, che unisce anime diverse e le contrappone, per cui filmarla è molto interessante: in ogni inquadratura hai sempre tante cose, una diversa dall'altra. Gli sceneggiatori hanno seguito il nostro percorso, hanno guardato, hanno parlato con la gente e poi hanno prodotto l'ultima versione dello script». Ai margini di questa città, sullo
C
sfondo degli inquietanti impianti siderurgici dell’Ilva (se
uno sceglie Taranto non può evitare di parlare dell'Ilva
– dichiara di Robilant), si svolge la vicenda di Tiziano,
un diciottenne che si sente chiuso in gabbia, troppo intelligente per non finire nei guai e troppo intelligente
per non uscire dai suoi guai. Perché dentro di lui c'è
rabbia, ma a volte anche gioia e la voglia di cambiare
un destino già scritto.
Nonostante a muovere Tiziano ci sia semplicemente la voglia di preservare il proprio “diritto alla felicità”, i casi di una
vita disagiata lo porteranno a vivere anche l’esperienza del
riformatorio. Marpiccolo è un film fortemente fisico, d’azione nel senso letterale del temine; inevitabile il richiamo a
Gomorra di Matteo Garrone, ma in versione ridotta,
semplificata e di formazione, caratteristica che lo rende
particolarmente interessante per il pubblico under 30.
L’attore protagonista, Giulio Beranek, ci regala un’interpretazione d’esordio degna del migliore neorealismo,
che ben si accompagna alla colonna sonora post rock
composta dai bravissimi Mokadelic.
Una scena di Marpiccolo
Recensioni
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CINEMA
Barbarossa
Di Renzo Martinelli, Italia 2009
CINEMA
Basta che funzioni
Di Woody Allen, Usa / Francia 2009
Di nuovo nella sua New York, con il riadattamento di una sceneggiatura
scritta trent’anni fa, Woody Allen è
tornato ad essere Woody Allen. Come
non ritrovare nel protagonista Boris
Yellnikoff (interpretato da Larry David,
perfetto nel ruolo) le manie, l’espressività, la bizzarria dei protagonisti di
Provaci ancora Sam, Io e Annie, Manhattan? Boris è un cinico sessantenne con un divorzio alle spalle, ex docente universitario di Fisica, ad un passo
dal Nobel. Deluso dalla vita, schifato dalla desolazione
intellettuale che lo circonda, convinto di essere un genio – l’unico ad avere la necessaria “visione d’insieme”
delle cose, in mezzo ad un mondo di “vermetti” - conduce una vita tranquilla insegnando l’arte degli scacchi
ai bambini (i quali, più che imparare, sono continuamente rimproverati per essere troppo stupidi) e discorrendo, fra un bicchiere e l’altro, di politica, religione, vita con gli amici. L’equilibrio costruito da quest’uomo,
che con un’ironia tagliente ci rende partecipi del suo disincantato pessimismo riguardo all’esistenza, vacilla dopo l’incontro con una giovane ragazza di provincia, Melody (Eva Rachel Wood), che prima lo convince ad ospitarla in casa per qualche notte, poi a sposarla. Per uno
strano caso della fortuna - leitmotiv delle ultime pellicole del regista - il geniale Boris si ritrova accanto ad
una donna (meglio ragazzina) ingenua, poco sveglia,
“stupida oltre ogni immaginazione”, ma accetta la strana situazione ritrovando in essa un “delicato equilibrio”... purché tutto funzioni, insomma.
Un motivo per vederlo: Le argute e pungenti battute che
ci ricordano l’Allen delle prime pellicole.
Un motivo per non vederlo: Se non siete cultori dell’ironia di Woody Allen.
Benedetta Michelangeli, 20 anni
Ti siedi sulla poltrona, si spengono le
luci, finiscono le infinite pubblicità ed
ecco: comincia! Un’enorme palla infuocata parte dal centro dello schermo e
s’infrange proprio contro il pubblico, facendo prendere fuoco al titolo del film:
Barbarossa. Da un inizio così travolgente ci si aspetta che la pellicola non sia
da meno. Guerre, battaglie a suon di
colpi di spade, intrighi politici, ma anche romantici. Purtroppo, invece, nel film si presenta un lungo e a tratti noioso spaccato del dodicesimo secolo nell’Italia del Nord, con
ancora una volta l’elogio della Padania e l’attacco a “Roma ladrona”. Martinelli, il regista, più che attenersi agli
eventi reali della storia, reinterpreta soggettivamente quell’epoca. Tanto per citare una delle invenzioni, i milanesi ritrovano grazie ad una “veggente” le reliquie dei tre Re Magi sotto le fondamenta delle mura, credendo così che il Signore li sostenga nella guerra contro Federico I di Hohenstaufen per riconquistare la libertà di Milano.
Un motivo per vederlo: Se siete proprio onnivori.
Un motivo per non vederlo: E’ miscela tra grumi di credenze medioevali ed eventi storici mai accaduti.
Marco Bevilacqua, 20 anni
LIBRI
Venuto al mondo
Di Margaret Mazzantini, Editore Mondadori, 531 pp., 20 euro
Un giorno Gemma decide di salire su
quell’aereo diretto a Sarajevo, lasciando la sua città, portando con sé il figlio
sedicenne Pietro, per dare finalmente
corpo ai fantasmi del passato che per
anni hanno infestato la sua vita. Ad attenderla all’aeroporto il poeta e amico
fraterno Gojko, che nell’inverno del
1984 traghettò Gemma verso il più
grande amore della sua vita, il fotografo Diego.
Nel suo romanzo-mondo, la Mazzantini non descrive solo
le peripezie e le passioni di due amanti, ma regala al lettore una panoramica perfetta della società contemporanea. Attraverso storie di pace e di guerre l’autrice invia a
tutti noi un messaggio ben preciso, quello di avere il coraggio di decidere, se necessario di cambiare strada.
Un motivo per leggerlo: Vengono toccati temi estremamente attuali come un soffocante desiderio di maternità
che va al di là della scienza e si mescola con una guerra
che come distrugge procrea.
Un motivo per non leggerlo: Se siete alla ricerca di una lettura spensierata.
Giulia Molari, 17 anni
Z a i . n e t è p e r i l d i r i t t o d i c r i t i c a … v o t a , c o n s i g l i a , s t ro n c a f i l m ,
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OPERA
LIBRI
Le ali sotto ai piedi
Pelléas et Mélisande
Di Cesare Cremonini, Editore Rizzoli, 264 pp., 16,50 euro
Regia di Pierre Audi, Teatro dell’Opera di Roma
Fughe da scuola, pomeriggi dedicati
alla musica, i momenti di spensieratezza, ma anche quelli di tensione o di
dolore, raccontati in prima persona da
Cesare Cremonini, un ragazzo come
noi, e filtrati dalla brillante ironia che
caratterizza tutto il racconto.
I Lùnapop, la band con cui l’autore ha
esordito e il cui nome originario era
Senza Filtro, emerge ed ha immediato successo ancor
prima che i suoi membri abbiano affrontato l’esame di
maturità. La gran parte delle composizioni è frutto dell’indole creativa di Cesare che, sin da bambino, ha preso lezioni di pianoforte: sarà proprio la passione, a volte contrastata, per quello strumento a fargli capire la
strada da percorrere. Una strada che Cesare non abbandonerà più e che, anzi, seguirà con determinazione sempre maggiore, andando contro tutto e tutti – compresa
la mamma particolarmente attenta ai contemporanei
(in)successi scolastici. Poi, come in ogni “fiaba” che si rispetti, il colpo di scena: l’incontro con il produttore Walter Mameli, che intuisce subito le potenzialità di quelle
canzoni e dà piena fiducia e attenzione ai Senza Filtro,
che porterà al successo con il nome di Lùnapop.
Un motivo per leggerlo: E’ una storia giovane, fresca,
leggera: impossibile non immedesimarsi e quasi sentirsi
sui colli bolognesi… con le ali sotto ai piedi.
Un motivo per non leggerlo: Se non avete mai apprezzato la musica dei Lùnapop.
La celeberrima opera di Debussy, che racconta la sventurata storia d’amore di Pelléas,
giovane principe, e Mélisande,
figura eterea e misteriosa, è
stata riproposta dopo anni di
assenza sul palcoscenico dell’Opera di Roma. L’allestimento, firmato in collaborazione con il teatro La Monnaie di
Bruxelles, aveva la scena del celeberrimo scultore Annish
Kapoor, che ha posto al centro del palco una enorme figura in rosso non facilmente identificabile, un utero? Simbolo della gravidanza che Mélisande porta avanti per tutta l’opera? La regia di Pierre Audi, malgrado un grande lavoro di ricerca, è sembrata sommaria e a tratti poco credibile. La sera del 7 ottobre i risultati del cast sono stati poco omogenei, anche se il Pélleas di Massimiliano Gagliardo è riuscito a portare a termine la serata con buoni
risultati; buona la prova di Nathalie Manfrino nei panni di
Mélisande, ma non del tutto a suo agio nel ruolo. Purtroppo il pubblico in sala era veramente scarso, poca pubblicità e forse l’intento di non voler far fruttare la stagione
firmata della vecchia direzione del teatro, ancora sotto uno
sciocco commissariamento.
Un motivo per vederla: La musica di Debussy si potrebbe definire sensuale ed affascinante e il direttore
Gianluigi Gelmetti ha saputo valorizzarne i giusti equilibri.
Un motivo per non vederla: Insignificanti le prove dei
comprimari (fatta l’eccezione di Enzo Captano).
Alessandra D’Acunto, 20 anni
Jacopo Zoffoli, 20 anni
ANTEPRIMA
The City of your final destination
Presentato fuori concorso in anteprima mondiale alla Festa del Cinema di Roma, "The
City of your final destination" di James Ivory è un capolavoro. Omar Rezaghi, 28enne
dottorando iraniano dell'Università del Kansas, ha finalmente ottenuto un incarico prestigioso: scrivere la biografia dello scrittore uruguayano Jules Gund, autore di un unico
libro, ma di grande successo, e morto suicida con un colpo di arma da fuoco. Tuttavia,
la vedova, il fratello e l'ultima amante di Gund, che vivono tutti insieme nella tenuta di
Ochos Rìos, non hanno alcun desiderio di veder arrivare un intruso a ficcare il naso nei
loro fatti privati. Omar dovrà quindi trovare il modo di farsi accettare dalla bizzarra
famiglia Gund, grazie alla quale imparerà a capire molte cose anche di se stesso.
"The city of your final destination" segna il ritorno dietro la macchina da presa
del più europeo dei registi americani, che con questo film esplora per la prima volta i territori del Sud America attraverso
una storia intensa e sottilmente erotica; sullo sfondo, il paesaggio tropicale, con il suo clima caldo-umido, assoggetta fisicamente e psicologicamente i personaggi fino quasi a schiacciarli, anche grazie ad una fotografia e ad una colonna sonora avvolgenti. A tratti la storia sembra portare lo spettatore a scivolare nella sua trama metaletteraria (la biografia di Gund
si trasforma in quella dei suoi parenti) e, sebbene la leggerezza non sia un pregio di questa pellicola, lasciarsi cullare
dalla grazia intelligente e rigorosa di Ivory non smette in fondo di risultare piacevole. Proprio no. L’attrice Laura Linney,
nella sua severa e dolorosa alterigia, risulta davvero convincente e Charlotte Gainsbourg, un po’ randagia, ha sempre un
impatto magnetico. Anthony Hopkins colpisce e affonda, come sempre.
Lorenzo Brunetti
l i b r i , m u s i c a e a l t r o s u i s i t i w w w. z a i . n e t e w w w. s t r o n c a . n e t
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IMMIGRAZIONE:
Dal Piemonte alla Basilicata,
tutti i colori dell'integrazione
COSTUME &
SOCIETÀ
54
SPECIALE ABRUZZO:
Un esempio di
ricostruzione "solare"
Piemonte a colori
46
VIVERE A TORINO: IL MERCATO
DI PORTA PALAZZO
METTENDO DA PARTE STATISTICHE E LUOGHI COMUNI, UNA GIOVANE
REPORTER SI RECA NEL LUOGO SIMBOLO DELL’IMMIGRAZIONE A TORINO E
IN TUTTA LA REGIONE
di Fiammetta Bertotto, 21 anni
i questi tempi parlare di immigrazione e di integrazione è come parlare delle grandi categorie
universali: coinvolge la nostra percezione della
realtà, ci trascina in nuove riflessioni, ci costringe a misurarci con la parte più profonda di noi stessi. Un tema davvero difficile da trattare nella sua vastità poiché, per
quanto si tenti di affrontarlo in maniera approfondita, lascerà sempre un senso d’astratto, di non detto, di lontano. Questo, almeno, è ciò che mi ritrovo a pensare il più
delle volte leggendo o ascoltando articoli e servizi che riguardano l’immigrazione. Ecco perché, allora, nel tentativo di rendere questo mondo parallelo qualcosa di concreto, tangibile, qualcosa con cui interagire in prima persona, sono andata in uno dei quartieri simbolo della
“multietnicità torinese”: il mercato di Porta Palazzo, alias
Piazza della Repubblica.
Porta Palazzo appartiene al centro storico della città, ma
è comunemente percepito come zona di confine e quartiere popolare; contemporaneamente, è dotato di una forte identità interna, composta dalle molteplici comunità
D
www.comune.torino.it/torinoplus/english
/markets/porta-palazzo-market.html
Sito dedicato al mercato di Porta
Palazzo, il più grande d’Europa.
www.emporiononline.com/
Sito dell’Associazione dei mercati
tradizionali d’Europa, cui Porta
Palazzo aderisce.
47
etniche residenti, le quali hanno saputo far fronte all’idea
di una coscienza e di un’identità unitarie, perlomeno a livello locale. Io per prima mi sono sentita quasi una turista nella mia stessa città; mi sembrava di essere stata catapultata nel bel mezzo di una moderna Babele: tra le
bancarelle, un’esplosione di cinesi, africani, indiani con i
loro oggetti, i loro colori, le loro voci e fisionomie. Sono
state calcolate 55 diverse etnie; esse sono andate a sostituire i “vecchi immigrati” del Sud Italia.
Questa sensazione di straniamento si è poi accresciuta nel
momento in cui ho cercato di parlare con queste persone,
tentando di scoprire da quanto e come si trovassero a Torino: nella maggior parte dei casi, ho ricevuto come risposta incomprensione, ritrosia, direi addirittura timore. Alcuni
non capivano la mia lingua o, forse, fingevano di non comprenderla per paura che io estrapolassi dalle loro parole
qualcosa che non avevo il permesso di conoscere. Probabilmente gli agenti di polizia e della finanza che gironzolano perennemente nel circondario hanno insegnato a fidarsi sempre meno delle domande inaspettate. Solo in due,
tre casi c’è stata un’apertura; un ragazzo, abbastanza giovane, mi ha raccontato con gli occhi bassi di essere a Torino da due anni, ma è stato tutto quello che sono riuscita
a farmi dire. In un altro caso, invece, un ragazzo del Bangladesh mi ha raccontato di vivere a Torino da una decina
d’anni e di aver lavorato per una pizzeria della zona, prima
del mercato. Alla domanda: “Ti trovi bene qui?” ha fatto un
sorriso a 32 denti, il sorriso proprio dell’umiltà, rispondendo che si lavora poco, come dappertutto del resto, ma che,
sì, è una bella città in cui vivere.
Si organizzano tour gastronomici nella zona di Porta
Palazzo, con il patrocinio
di Turisti per Casa. Per
maggiori informazioni sulle
prossime date e costi:
Email: [email protected]
ITALIANO, PARLIAMONE!
Tra le varie iniziative piemontesi rivolte a cittadine e cittadini stranieri, emerge il progetto “Italiano, parliamone!” di cui sono
state tirate le somme nel corso di un convegno svoltosi a Torino il 22 ottobre. L’idea,
ha dichiarato l’assessore regionale al
Welfare e Lavoro, Teresa Angela Migliasso,
è quella di offrire una cultura di sopravvivenza, con particolare riguardo alla conoscenza della lingua italiana, della cultura e
dei principi fondamentali dell’educazione
civica; destinatari privilegiati, le cittadine
ed i cittadini adulti extracomunitari.
Su tutto il territorio regionale, sono stati coinvolti 71 istituti scolastici e, a Torino, i corsi
organizzati sono stati 22. Anche se l'iniziale
gran numero d’iscritti non ha poi soddisfatto pienamente le aspettative (nel solo
capoluogo piemontese su 530 iscritti solo
276 si sono presentati regolarmente alle
lezioni), il bilancio conclusivo è da considerarsi positivo, nella prospettiva che l’attenzione rivolta alle mamme e ai papà stranieri degli allievi che frequentano le scuole
della nostra regione possa favorirli in una
maggiore indipendenza e socializzazione,
che sono poi i presupposti essenziali per
una felice convivenza multietnica.
www.piemonteimmigrazione.it
www.orchestradiportapalazzo.com
Sito dedicato alla multicultura (musicale,
soprattutto) di Porta Palazzo.
Immigrazione
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Matera, vista sui Sassi
APPUNTI E SPUNTI
D’INTEGRAZIONE
NELLA CITTÀ DEI SASSI
LIBRI DEI PAESI D’ORIGINE TRADOTTI IN PIÙ LINGUE, PERCORSI DI
FORMAZIONE DI PSICOSINTESI IN KENYA, CORSI DI ITALIANO GRATUITI: NEL
CAPOLUOGO LUCANO UN VIVACE TESSUTO ASSOCIATIVO SFIDA
PREGIUDIZI E LUOGHI COMUNI
di Ilenia Melodia, 17 anni
Liceo classico “E. Duni”
numeri parlano chiaro: l’immigrazione riguarda le grandi e medie città per lo più del Centro e del Nord Italia,
quelle dove è più facile trovare un lavoro, ricevere
assistenza, essere accolti da una rete di connazionali
magari già inseriti; su Zai.net appaiono spesso testimonianze e racconti di vita da Roma, Genova, Milano, Torino,
come abbiamo visto anche nelle pagine che precedono
questo articolo. Ma che cosa succede se si decide di
esplorare questo fenomeno in un piccolo centro? Come
rispondono i suoi cittadini a un cambiamento che, seppur
in maniera ancora poco incisiva, riguarda anche loro? Che
cosa vuol dire, per esempio, parlare di integrazione a
Matera?
«Noi ci occupiamo di accogliere e valorizzare gli immigrati, cercando di capire da cosa scappano e quali sono le
loro attese e aspettative», a parlare è Graziella Cormio,
coordinatrice dei progetti dell’associazione materana
I
Tolbà che da 18 anni si occupa di integrare gli immigrati
nel territorio materano, fornendo loro un sostegno nella
ricerca di un alloggio, di un lavoro, nella sistemazione dei
documenti e nell’accesso alle cure mediche.
Ma integrare significa anche valorizzare l’immigrato, mettere
in risalto le sue capacità, aiutarlo a far fronte alle difficoltà
che trova davanti a sé, magari insegnandogli ad aiutare altri
immigrati: è questa la filosofia che anima un progetto molto
ambizioso di un’altra associazione materana, AltroVerso, il
cui presidente, Pietro Alessandro Caforio, afferma: «Nel 2007
in Africa abbiamo dato il via ad un progetto chiamato
Integrare significa valorizzare
l’immigrato, mettere in risalto le
sue capacità, aiutarlo a far fronte
alle difficoltà che trova davanti a
sé, magari insegnandogli ad
aiutare altri immigrati
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“Psicosintesi” in collaborazione con la Società Italiana di
Psicosintesi Terapeutica di Firenze; esso consiste nel formare un gruppo di rifugiati nel settore della psicosintesi, ovvero una prassi che si sviluppa dalla psicoanalisi e che mira
allo studio dell’essere umano in quanto tale. Alla fine del
progetto avremo rifugiati che aiutano altri rifugiati. Stiamo
lavorando a Nairobi, in Kenya, dove risiedono persone provenienti da Burundi, Rwanda, Congo».
Osservando la situazione italiana, Caforio ritiene che talvolta si debba pungere la macchina istituzionale, affinché
il processo di integrazione venga realmente “affidato”
alle associazioni, e non soltanto affibbiato loro.
Stranieri che offrono prima di tutto braccia, braccia per un
lavoro a volte poco tutelato, alieno dalle grandi conquiste
della lotta sindacale: «Non è detto che l’essere immigrato
giustifichi richieste di diritti in più rispetto ai lavoratori italiani, ma c’è da dire che i braccianti stranieri spesso lavorano prevalentemente nel settore agricolo e alloggiano in
strutture fatiscenti, senza alcuna assicurazione e senza alcun
diritto - continua Caforio e conclude - bisognerebbe giungere alla consapevolezza che ciascuno di noi, immigrato o no,
è prima di tutto espressione di umanità».
Le parole di Caforio sorprendono e lasciano trapelare un
profondo senso di empatia, una grande predisposizione
ad aiutare l’altro: sostenere gli immigrati nel processo di
integrazione è un’operazione difficile, ma li aiuta a sottrarsi al circolo vizioso della malavita.
La mancanza di cultura e informazione gioca un ruolo fondamentale, e qui entra in gioco il lavoro di Tolbà, che è stata
la prima associazione a tradurre in diverse lingue libri di
favole dei Paesi di provenienza degli immigrati e libri di
scrittori italiani che affrontano il tema dell’intercultura. Con
piacere Graziella Cormio ci mostra le pagine che sono state
tradotte con l’aiuto di alcuni bambini stranieri: sono piene
di colore, di vita, di speranza, di sorrisi.
Inoltre, ci spiega, è molto importante aiutare i bambini e i
giovani a conoscere e a mantenere la lingua madre; alcuni
di loro, essendo nati e cresciuti in Italia, non la conoscono
e così diventa difficile comunicare persino con i parenti rimasti in patria. Integrare, quindi, insegnando la lingua italiana
gratuitamente, come fanno entrambe le associazioni, permettendo agli stranieri di sentirsi parte del nostro Paese e
consentendo alla loro cultura di amalgamarsi alla nostra.
Eppure anche a Matera si è verificato qualche caso di intol-
Il nazionalismo è una malattia
infantile. È il morbillo dell’umanità
(Albert Einstein)
IMMIGRATI A MATERA: SPACCATO DI UNA
REALTÀ NAZIONALE
Il vicepresidente di AltroVerso, Giuseppe
Pecora: «Il primo aprile ci siamo recati
alla questura di Matera per avere dei
dati numerici alla mano. Abbiamo saputo che gli immigrati presenti sia nella Città
dei Sassi sia nella provincia sono 1.700,
tuttavia in questo numero non sono calcolati i clandestini e quelli che non hanno
rinnovato le pratiche del permesso di
soggiorno. Tale cifra, quindi, potrebbe
essere molto più alta». Dati allarmanti, se
si pensa alle condizioni nelle quali queste
persone si trovano: «Purtroppo il numero
di rifugiati della zona è intorno ai 45-50».
E in Italia? Si stima che il numero di immigrati regolari si aggiri intorno ai 4 milioni,
come si evince dal rapporto stilato dalla
fondazione Migrantes.
leranza: Graziella Cormio ci parla di una ragazza eritrea che
«frequentava le scuole superiori ed era veramente molto
brava a scuola, si era impegnata tantissimo e aveva ottimi voti, tuttavia l’istituto scolastico non ha apprezzato le
sue grandi potenzialità». Attraverso l’organizzazione della
prima Giornata del Rifugiato indetta dall Onu Tolbà ha
cercato e cerca tuttora di focalizzare l’attenzione sul diritto d’asilo e di rifugio, cercando di dare ascolto alle culture altre e favorendo il più possibile un corretto rapporto
tra italiani e immigrati. Apprendere dagli stranieri è possibile, è utile, apre la mente. A questo proposito, ci piace
ricordare un aforisma di Albert Einstein: “Il nazionalismo
è una malattia infantile. E’ il morbillo dell’umanità”.
NAIROBI, KENYA. Pietro Caforio tra gli “studenti” provenienti
da diverse zone dell’Africa centrale (Burundi, Congo,
Rwanda) nell'ambito del progetto “Psicosintesi in Africa”
Scuola sotto i Venti
50
Scene del film “La classe”
SUI LIBRI CON LO
STIPENDIO
FA DISCUTERE IN FRANCIA L’INIZIATIVA DI “STIPENDIARE” GLI STUDENTI
DELLE PERIFERIE PARIGINE PER COMBATTERE L’ASSENTEISMO E STIMOLARE
IL RENDIMENTO. SOLUZIONE CLASSISTA O STRADA DA PERCORRERE?
Dalla nostra inviata
Benedetta Cutolo, 20 anni
a scuola, si sa, è vissuta dai più come una sorta
di malattia infettiva alla stregua della varicella: si
deve fare una volta nella vita per poi non affrontarla più. Ognuno, poi, nel corso dei suoi studi, elabora tecniche più o meno raffinate per alleggerire il tanto
gravoso dovere - si passa così dalla “scopiazzatura selvaggia” dei compiti a casa, alle ormai celebri “assenze
strategiche”, che aiutano a preservare una tanto sofferta sufficienza dall’insidia di una nuova interrogazione.
Il problema dell’assenteismo, però, sembra piuttosto
grave oltralpe, dove i cugini francesi hanno deciso di
arginarlo con un’iniziativa che sta scatenando un vortice di polemiche. A partire da lunedì 5 ottobre, infatti, il
provveditore di Creteil, Jean-Michel Blanquer, ha dato il
via ad una soluzione sperimentale che riguarderà, per
ora, sei classi di tre licei delle banlieue parigine: a ciascuna di esse saranno concessi 2.000 euro ogni bimestre in base alla frequenza degli studenti e al rendimento generale della classe.
In una prospettiva ottimistica, quindi, i ragazzi arriverebbero ad accumulare alla fine dell’anno attorno ai
10.000 euro, che dovrebbero essere impiegati per attività formative o inerenti all’ambito scolastico: viaggi d’istruzione, ristrutturazione delle aule, rifornimento di
materiale informatico ecc. Si parla anche di finanziare,
attraverso questo “premio”, corsi di guida per gli studenti, nella prospettiva di un lavoro che chiederà loro
una continua ed autonoma mobilità. I sostenitori dell’iniziativa ritengono che “ci si trova nell’ambito di un progetto collettivo che per funzionare ha bisogno di una
solidarietà di gruppo” e, soprattutto, che esso favorirà
la presenza nelle scuole dei ragazzi provenienti dalle
classi sociali più disagiate, altrimenti portati ad un
abbandono prematuro degli studi.
A non aver apprezzato l’iniziativa, invece, sono in particolar modo i genitori, convinti che la posta in gioco provochi un’eccessiva pressione sui figli da parte degli altri
compagni di classe, mentre qualcuno parla addirittura di
“una società dove anche gli studenti sono in vendita”.
In realtà il progetto non è nuovo in Europa: prima della
L
Francia vi è stata la Gran Bretagna, che ancor oggi versa
degli incentivi individuali direttamente ai ragazzi. Ma è
davvero questa la strada da percorrere per arginare il
fenomeno e il formarsi, poi, di gruppi d’emarginati e
piccola delinquenza? Basterà ai ragazzi l’utopia del
denaro per rivalutare la loro posizione scolastica? Forse
è un po’ semplicistico e classista ricorrere al portafogli
per coinvolgere gli studenti dei ceti più poveri.
D’altronde, la formazione e la crescita culturale di un
ragazzo è un processo che deve essere portato avanti
quotidianamente, attraverso proposte che lo stimolino
realmente ad aspirare ad una vita migliore. Il problema
dell’istruzione nella periferia francese è stato più volte
posto all’attenzione pubblica anche attraverso il cinema,
basti pensare al film Entre les murs (in italiano “La classe”): storia di un giovane professore che si ritrova ad
insegnare in una scuola media della periferia con l’intento d’istruire e non “addomesticare” i suoi studenti.
Ma la Francia, oggi, sembra aver abbandonato ogni
idealismo romantico ed offre ai suoi ragazzi una proposta concreta sì, ma forse inadeguata in chiave pedagogica. Certo è che questa risposta all’assenteismo da noi
sarebbe pura fantascienza, in un momento in cui i tagli
finanziari stanno vessando pesantemente il sistema
scolastico italiano (anche se l'esperienza dei "maestri
di strada" a Napoli, di cui ci siamo occupati proprio su
queste pagine, sembra molto simile). Così, mentre la
nostra scuola si prepara ad un inverno di scioperi e proteste contro chi la vorrebbe diversa ma non migliore,
altrove si cercano strade alternative che, seppure discutibili, hanno comunque l'effetto di rafforzare un diritto
(quello allo studio), con tanto d’incentivi. Per ora non
resta che volgere lo sguardo oltralpe, attendendo gli
sviluppi di questa nuova “strategia del mercato scolastico”, magari prendendo esempio dall’attenzione con
la quale il resto d’Europa si rivolge ai suoi studenti.
Forse è un po’ semplicistico
ricorrere al portafogli per
coinvolgere gli studenti dei ceti più
poveri
Riflettori su
51
TALKSCHOOL: A SCUOLA SI PARLA
DI “EDUCAZIONE GLOBALE”
DAL 14 AL 22 NOVEMBRE UN
APPUNTAMENTO DA NON PERDERE
NELLE SCUOLE SUPERIORI DI TORINO
a sfida interculturale, le domande, le speranze, le
preoccupazioni e le paure dei giovani saranno al centro di una serie di appuntamenti nelle scuole superiori torinesi che vedranno protagonisti gli studenti, gli insegnanti e alcuni ospiti d'eccezione: giovani rifugiati, richiedenti asilo e immigrati, ciascuno con il proprio bagaglio
di storie più o meno drammatiche.
“Talkschool” è organizzato con la collaborazione di alcuni
istituti superiori e sarà incentrato sul tema “Food for All”,
proposto dal Centro Nord Sud del Consiglio d'Europa, nell'ambito della Global Education Week 2009.
“Abbiamo pensato di dare al motto 'Food for All' – spiega
Paola Giani, presidente dell'associazione Il Nostro Pianeta
– un senso più ampio. Il cibo della corretta informazione
come chiave per conoscere meglio noi stessi e gli altri. Un'iniziativa che vuole dar voce ai nostri ragazzi per stimolarli
ad affrontare consapevolmente i gravi problemi e la complessità del mondo globalizzato”.
Dunque, un vero e proprio talkshow itinerante che toccherà diverse scuole e si concluderà con un evento che si terrà il 19 novembre alle ore 18 presso la sala conferenze del
Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della
Guerra, dei Diritti e della Libertà a Torino in corso Valdocco 4/a. Sarà proiettato il video “Razza? Umana!” di Sergio
D’Orsi e, grazie alla partecipazione di alcuni protagonisti di
storie di migrazione, si affronteranno i temi suggeriti dalla
mostra “L'assenza dei confini, l’essenza dei confini. L’Europa tra vecchie e nuove frontiere”, ospitata dal museo dal
19 ottobre 2009 al 17 gennaio 2010 .
Per maggiori informazioni: www.ilnostropianeta.it
L
GLOBAL EDUCATION WEEK
Nel 1999 il Centro Nord Sud
del Consiglio d’Europa ha lanciato la prima Settimana dell’Educazione Interculturale
(Global Education Week) per dar
voce a iniziative educative e di sensibilizzazione alla cittadinanza attiva
degli Stati membri. Il Centro Nord Sud, sulla base dei
riscontri positivi ottenuti, invita tutti gli anni i 47 Paesi
membri del Consiglio d'Europa a partecipare alla Global Education Week, grazie all'attiva collaborazione
dei referenti nazionali del network GEW.
Il tema della Global Education Week 2009, scelto dai
coordinatori del network GEW, è stato riassunto nel
motto: Food for All. Il cambiamento climatico, le migrazioni, le colture transgeniche e il crescente dibattito sulle
superfici coltivabili per scopi alimentari e biocarburanti
rappresentano una nuova e drammatica sfida per la sicurezza alimentare.
CONSIGLIO D'EUROPA
Il Consiglio d’Europa, con sede a
Strasburgo, raggruppa oggi, con i
suoi 47 Stati membri, quasi tutti i
paesi del continente europeo.
Istituito il 5 maggio 1949 da 10 Stati fondatori, il
Consiglio d’Europa ha come obiettivo quello di favorire
la creazione di uno spazio democratico e giuridico
comune in Europa, nel rispetto della Convenzione
europea dei Diritti dell’Uomo e di altri testi di riferimento
relativi alla tutela dell’individuo. L’obiettivo principale del
Consiglio d’Europa è quello di creare uno spazio
democratico e politico comune su tutto il continente
europeo, garantendo il rispetto dei principi fondamentali:
diritti umani, democrazia e stato di diritto.
IL NOSTRO PIANETA
Il Nostro Pianeta è un’associazione che
sostiene il dialogo interculturale attraverso la realizzazione di attività culturali e formative in Italia e all’estero. Promuove l’educazione, la cittadinanza attiva e la coesione sociale, la cultura della cooperazione,
dello scambio e della pace.
È attenta al fenomeno migratorio, ai temi della costruzione europea e
dello sviluppo equo, democratico, partecipato e sostenibile. Pone al
centro della propria riflessione le trasformazioni socioculturali e i processi educativi ed è impegnata nella promozione dei diritti personali e sociali a livello locale e internazionale.
E' la referente italiana della rete Global Education Week (GEW) del Centro Nord Sud del Consiglio d’Europa.
Paola Giani,
presidente
dell'associazio
ne Il Nostro Pi
aneta
Speciale Abruzzo
53
THE DAY AFTER
NONOSTANTE SIANO PASSATI DIVERSI MESI DAL TREMENDO SISMA CHE HA
SCONVOLTO LE VITE DI MIGLIAIA DI ABRUZZESI, ALCUNE COSE SEMBRANO
RESTARE IMMUTATE. ALTRE, FORTUNATAMENTE, SONO IN FASE DI
MIGLIORAMENTO: ECCO CHE COSA HA TROVATO ZAI.NET SUL POSTO
pagate, con i dovuti interessi, nei mesi a venire. Inoltre, lo
strascico di problemi che il disastro si è portato dietro riSerena Mosso, 18 anni
mane vivo più che mai nelle vite delle persone. Gran parte
della zona centrale dell’Aquila è ancora sotto lo stretto controllo delle autorità, che vedono nelle vecchie strutture
un elevato rischio di crollo e pochi, di fronte ai nostri
alazzine diroccate, campeggi fuori programma e citmicrofoni, si sono mostrati propensi ad affrontare l’artadini spaventati: L’Aquila è esattamente ciò che ci
gomento dei campi: spaventata, ancora sotto shock, ma
si aspetta di trovare. Nonostante siano passati orsoprattutto diffidente nei confronti di
mai molti mesi dal sisma, nessuno semed estranei, la comunità
bra essere in grado di dimenticare. TanPrima di entrare giornalisti
aquilana non sembra essere ancora in
to meno qualcuno sembra in grado di
in città, la quasi
grado di affrontare serenamente la siparlare apertamente, se non coloro che
non si trovavano lì nel momento sba- totalità dei cartelloni tuazione.
ogni modo, quelle che gli intervistagliato. «Tu non puoi capire» hanno detpubblicitari riguarda Ad
ti hanno chiamato “città” sono ormai
to i concittadini ad un aquilano che, doimprese di credito completate: le imprese edili incaricate di
po la strage, è ritornato a casa – perché
occuparsi dei soccorsi hanno realizzato
la sua c’era ancora – dopo il disastro. bancario e non
entro i tempi stabiliti le nuove strutture
Dalle macerie l’eco delle grida delle poper cui si erano impegnate; in seguito
vere vittime sale ancora all’orecchio dei
alla stesura di una graduatoria, una buona parte della popassanti, ma in maniera sempre più tenue. Prima o poi,
polazione avrà un tetto sulla testa. Certo, è anche vero
anche se non verrà dimenticato, di certo non farà più noche non tutti potranno usufruire di questo servizio e che
tizia. E così, proprio come il suono di una voce va discoloro che possedevano un’abitazione di proprietà nella
perdendosi man mano che avanza, quelle grida di vencittà dovranno attendere ancora molto tempo - le stime di
detta, quelle stesse che reclamavano giustizia, non saranalcune ditte che si stanno occupando della faccenda preno mai più ascoltate.
vedono la restituzione degli immobili che è possibile riAd approfittare della situazione sono le aziende di prestrutturare non prima del 2030. Dunque, sono ancora instito: già qualche chilometro prima di entrare in città, la
certe le soluzioni che verranno adottate nei confronti di
quasi totalità dei cartelloni pubblicitari riguarda imprecoloro che si sono ritrovati esclusi dalla graduatoria. Per
se di credito bancario e non. Evidentemente, far passaora, non potranno far altro che essere ospitati da alberre considerevoli somme di denaro sotto al naso di genghi e strutture simili.
te che, da un giorno all’altro, si è ritrovata a non avere
più nulla, frutta bene.
Forse è il caso di guardare al futuro, di dimenticare. Gli
autoctoni sono diffidenti, schivi: ma come potrebbero non
esserlo? Da un giorno all’altro la Protezione Civile, quel
punto di riferimento che prima sembrava essere fatto di
tanti amici, ha cambiato faccia - la totalità dei cittadini interpellati si è dichiarata pienamente soddisfatta del servizio ricevuto, anche se nel periodo di settembre si era alzata qualche voce contraria. Alcuni usufruiranno, secondo le
graduatorie, di un’abitazione. Altri no, invece. Chi ha avuto
la fortuna di veder ancora in piedi la propria casa, anche se
inevitabilmente ha perso il lavoro, sarà comunque costretto ad ospitare anziani, invalidi, sconosciuti che non hanno
le possibilità per spostarsi. E tutto questo, senza ricevere
alcun sostegno economico da parte dello Stato.
Toccante la testimonianza di un carrozziere, incontrato
casualmente: «La vera vergogna - dice - è che cittadini
senza possibilità debbano ospitare anziani ed invalidi a
proprie spese». Altro fatto emblematico sono quelle famose
tasse che erano state abbuonate a tutti coloro che hanno
subìto i danni del terremoto: dovranno essere comunque
di Marco Barbaliscia, Daniele Mainelli,
P
Speciale Abruzzo
54
UNA RICOSTRUZIONE
SOLARE
INSTALLARE IMPIANTI DI ENERGIA PULITA NELLE TENDOPOLI SEMBRAVA
UNA SCOMMESSA FIN TROPPO ARDUA DA VINCERE. EPPURE UN GRUPPO DI
UNIVERSITARI, COMPLICE LA TECNOLOGIA, L’AMORE PER L’AMBIENTE E LA
VOGLIA DI AIUTARE LE POPOLAZIONI COLPITE, CE L’HA FATTA…
di Benedetta Michelangeli, 20 anni
n un contesto di emergenza come quello del terremoto un paese deve dimostrare di poter far fronte a
numerose situazioni critiche, investendo nel tentativo
di riportare le zone colpite dal sisma il più possibile alla
normalità. In questo senso la solidarietà fra le istituzioni,
le organizzazioni, i cittadini deve dimostrarsi forte e concreta. Nel caso dell’Abruzzo, la collaborazione tra vari settori della società, dalla cultura alla ricerca, dalla medicina
alla tecnologia è stata indispensabile per risollevare le
condizioni di paesi e cittadini. Si pensi alle iniziative di
medici, psicologi e pedagoghi che hanno aiutato - e continuano a farlo - soprattutto i bambini a elaborare il tragico evento che li ha coinvolti; appuntamenti culturali
come concerti e raccolte di fondi i cui ricavati sostengono
la ricostruzione di luoghi di aggregazione, cinema, teatri,
sale concerti. In un contesto del genere, mentre la vita
nelle tendopoli (e nelle prime “casette” consegnate agli
sfollati) scorreva tra mille difficoltà, non è mancata anche
la volontà, da parte di tanti, di adoperarsi per una ricostruzione ragionevole e lungimirante. In questo contesto,
le iniziative di volontari, associazioni, scout, ma anche
collettivi universitari, sono state numerosissime ed è proprio tra queste che si inserisce il progetto “Solarizzazione
dei campi di accoglienza post-terremoto” del CIRPS della
Sapienza di Roma (Centro Interuniversitario di Ricerca Per
lo Sviluppo Sostenibile). L’iniziativa ha un duplice scopo:
la realizzazione di impianti solari termici che garantiscono
la fornitura di acqua calda sanitaria per bagni e docce dei
campi di accoglienza e la sensibilizzazione della popolazione nei confronti di un tema sempre più attuale come
quello delle energie rinnovabili. Abbiamo incontrato
Valentina Tito, studentessa di Ingegneria Ambientale
all’Università Sapienza di Roma, che ha partecipato alla
I
realizzazione di questo progetto insieme ad altri studenti
del corso Tpaa (tecnologie per l’autonomia e l’ambiente).
Com’è nato il progetto?
«Il progetto nasce dall’esigenza primaria di acqua calda
che difficilmente è da subito disponibile in contesti di
emergenza come quello aquilano delle prime due settimane. Abbiamo saputo che mancava acqua calda in un
Comune della provincia dell’Aquila, Fossa, e dal momento che il dipartimento universitario a cui facciamo riferimento si occupa di energie rinnovabili, abbiamo subito
pensato di proporre un impianto solare termico a servizio
di bagni e docce».
Quanta fiducia c’era nel portarlo a termine? Vi aspettavate che venisse accolto con entusiasmo?
«All’inizio di un progetto non si sa mai come andrà a finire, di sicuro c’era l’intenzione di portare il nostro aiuto:
ad oggi abbiamo installato 10 impianti in 10 diverse tendopoli. Un po’ di scetticismo iniziale nei confronti dei pannelli c’è stato. Ma quando l’acqua calda ha iniziato a uscire dai rubinetti...».
Quali sono state le difficoltà di lavorare in un contesto di
emergenza come in quello delle tendopoli?
«In un contesto di emergenza tutto diventa più complicato del normale. Autorizzazioni, permessi e distanze possono essere problemi invalicabili. Allo stesso tempo bisogna considerare il particolare stato emotivo della gente
con cui si entra in contatto, facendo attenzione a non
generare stress».
Sensibilizzazione e formazione sull’energia verde. Cosa
avete fatto in proposito?
«In collaborazione con l’associazione di volontariato
“Ingegneria senza Frontiere” abbiamo tenuto delle lezioni
sull’energia rinnovabile e sulla tecnologia per la popolazione adulta, in modo tale che essa potesse trovarsi informata nel momento della prossima ricostruzione.
Parallelamente abbiamo organizzato giornate ludico-crea-
55
tive denominate “Olimpiadi del Sole” favorendo l’incontro fra bambini di diversi campi per far sì che si
divertissero imparando».
Com’è stato entrare in contatto con la popolazione
del campo?
«A questa domanda posso rispondere a livello personale; già dal primo giorno ho sentito di essere
affezionata alle persone con cui sono venuta a
Il nostro team di
progetto a lavoro
contatto, e ancora oggi è lo stesso. A tal proposito vorrei ringraziare Berta Giacomantonio,
Assessore alla Cultura del Comune di Fossa, che
ha reso possibile la nostra presenza sul territorio».
In cosa consiste il modello di ricostruzione ecosostenibile che avete proposto all’Aquila?
«Nelle situazioni di crisi bisogna che i progetti sappiano sfruttare al meglio le occasioni che si prospettano: in questo caso specifico non si può pensare di ricostruire L’Aquila non essendo rispettosi
dell’eccezionale natura che la circonda, valorizzando il patrimonio pubblico che essa rappresenta.
L’eco-sostenibilità al giorno d’oggi è una necessità
in grado di mantenere il “comfort energetico” riducendo allo stesso tempo l’impatto ambientale».
Chi vi ha fornito i pannelli solari che avete istallato?
«Molti dei pannelli solari utilizzati in questo progetnel campo di S. Rufina
Impianto solare termico
to hanno una provenienza particolare: sono stati
eria
per bagni e zona lavand
costruiti nel carcere di Rebibbia di Roma e sono il
frutto della collaborazione tra Cirps, il Ministero della
Giustizia e il Ministero dell’Ambiente, che da anni
Il CIRPS
lavorano per il “Programma Nazionale di Solarizzazione
Il
CIRPS
è
un
Centro
di
ricerca interuniversitario;
delle Carceri”. Obiettivo del programma è favorire l’utilizzo
ne
fanno
parte
300
docenti,
ricercatori, tecnici e
delle energie rinnovabili all’interno degli istituti di pena itastudenti appartenenti ad undici atenei italiani. Le
liani attraverso la collaborazione dei detenuti, che sono protagonisti di un processo di apprendimento volto al loro reinattività del Cirps sono finalizzate alla ricerca, alla
serimento nella società: vengono formati sia dal punto di
messa a punto ed alla diffusione di conoscenze
vista teorico sia da quello tecnico sui pannelli solari e poi
scientifiche, soluzioni tecnologiche e metodi di
aiutano fattivamente al lavoro di installazione dei grandi
lavoro in grado di consentire lo sviluppo sostenibiimpianti solari sui tetti delle carceri, costruiscono pannelli
le. Attraverso attività e progetti di ricerca didattica
ed entrano a far parte di cooperative sociali che si occupae intervento diretto sul territorio, dal 1988 applica
no di solare».
Qual è la situazione attuale nei territori abruzzesi?
e diffonde principi internazionalmente riconosciuti
«Le persone iniziano a rientrare nelle case agibili, noncome necessari per la realizzazione di uno svilupostante la grande paura. I cantieri vanno avanti. Lo sforpo sociale, economico e tecnologico capace di
zo della Protezione Civile è evidente. Tuttavia è ancora
garantire l’aumento e la condivisione del benesselontano il giorno in cui tutti gli aquilani potranno torre senza penalizzare l’ambiente né alcun gruppo
nare ad avere una casa».
sociale, area geografica o le generazioni future.
Impianto per una scuola materna a Pizzoli
(in collaborazione con Greenpeace)
Italia sotto i Venti
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NON SARÀ MICA
UN PELLEGRINO?
IL MESE SCORSO SIAMO ANDATI FINO A SANTIAGO DE COMPOSTELA, MA
ANCHE GIROVAGANDO PER LE VIE DI VITERBO SI POSSONO FARE INCONTRI
INTERESSANTI, SOPRATTUTTO SE POI SI HA A CHE FARE CON UNO COME
JOHN, PARTITO DA CANTERBURY CON LA SOLA FORZA DELLE GAMBE PER
ARRIVARE FINO A SAN PIETRO
di Martina Cipollari, Antonio Loquercio, Simone Eusepi, 17 anni
Liceo scientifico “A. Meucci”
carpe logore e vestiti vecchio stampo… E’ forse uscito da un libro di storia? Non sarà mica un pellegrino? Il tipo ci incuriosisce, vogliamo saperne di più:
dice di chiamarsi John, ed è proprio un pellegrino in viaggio da ben ottanta giorni. E’ partito da Canterbury con lo
scopo di percorrere tutta la Via Francigena ed arrivare a
piazza San Pietro, proprio come facevano milioni di pellegrini secoli e secoli fa: ecco svelato il mistero delle scarpe così consumate!
Ma cosa spinge un uomo del 2000 ad intraprendere un
cammino simile? Per lui si tratta di una sorta di percorso
spirituale, sta cercando di ritrovare se stesso grazie anche
alla serenità della natura, al silenzio dei luoghi sacri che
ha visitato o che incontrerà ancora nei prossimi giorni.
Non solo, ha anche un forte interesse artistico: il suo itinerario, infatti, prevede la visita a numerose e stupende
basiliche romaniche, oltre naturalmente ai siti medioevali.
Infine, si tratta anche di una sfida fisica con se stesso:
S
20-26 km al giorno con qualsiasi condizione climatica e
consecutivamente per parecchi giorni non sono uno scherzo per nessuno!
C’è voluto poco per far scattare in noi la molla della curiosità. Abbiamo deciso di provare le emozioni di John: percorreremo il tratto tra Viterbo e Roma alla scoperta delle
meraviglie del nostro territorio, meraviglie che abbiamo
costantemente sotto gli occhi ma che spesso tendiamo a
dimenticare.
Si parte alla scoperta delle bellezze della Tuscia!
Il nostro viaggio comincia da Viterbo. Attraversando le sue
vie, si capisce subito che la città, di antica origine e di
grandi tradizioni storiche - sede papale dal 1257 al 1281 conserva monumenti e opere d’arte di spiccato interesse
storico e culturale: molto suggestivo è il quartiere San
Pellegrino, intatto nella sua struttura medioevale, con la
chiesa di S. Pellegrino nella piazzetta omonima (nei
57
LA VIA FRANCIGENA
Risale al periodo della dominazione longobarda la costruzione del tracciato originario
della via Francigena: si chiamava via di
monte Bardone (una deformazione di Mons
Langobardorum) ed era un importante collegamento tra Pavia, sede del regno longobardo, e i ducati meridionali di Spoleto e
Benevento. Il cammino attraversava la val
d’Elsa e Siena e, sovrapponendosi alla
Cassia Romana, toccava Acquapendente,
Bolsena, Sutri, Montefiascone, Viterbo,
Capranica, Monterosi. Fu dopo la cacciata
dei Longobardi ad opera di Carlo Magno
che la via fu detta Francigena, perché collegava Roma ai Franchi di area francese e
di area germanica.
Nel Medioevo, dopo l’istituzione del primo
Giubileo, rappresentò l’itinerario dei pellegrinaggi penitenziali nei Luoghi Santi della religione cristiana. I pellegrini partivano in gruppo e percorrevano, rigorosamente a piedi,
circa 25 chilometri al giorno in direzione di
Roma, luogo in cui era avvenuto il martirio
dei Santi Pietro e Paolo, o in direzione di
Santiago de Compostela, dove erano conservate le spoglie mortali di San Giacomo.
Allora lungo il suo percorso sorsero strutture
difensive, conventi, ostelli, stazioni di posta,
ospedali.
Tanti furono i pellegrini che attraversarono
l’Europa attraverso la Via Francigena per
raggiungere Roma e tanti furono quelli che
la percorsero in direzione di Compostela: la
via era il punto di incontro tra gli itinerari di
tutte le “Peregrinationes maiores”.
Nel 1994 il Consiglio d'Europa, accogliendo
le richieste delle realtà locali interessate, ha
dichiarato la Via Francigena "Itinerario
Culturale Europeo".
Dopo mille anni, la strada che rappresentò
lo strumento di comunicazione tra le varie
culture e le idee dei diversi Paesi viene riscoperta da quell’Europa che oggi vede cadere le barriere, ma che già allora esprimeva,
anche attraverso i cammini lungo la Via
Francigena, il desiderio di essere unita.
Una suggestiva immagine del
Palazzo dei Papi a Viterbo
pressi sorge l’Ospedale dei Pellegrini, tra il 1150 e il
1200 dato in dono dai fondatori al clero viterbese perché vi ospitasse i viaggiatori), anche se l’attenzione è
presto catturata dal Palazzo dei Papi. In questo palazzo-fortezza, che testimonia la presenza della corte
papale a Viterbo, si svolsero ben cinque conclavi, compreso quello durato trentatré mesi e dal quale uscì eletto nel 1271 papa Gregorio X. Prendiamo un gelato in un
bar e passeggiamo per le vie dove ogni anno si svolge
il corteo storico in costume che si conclude il 3 settembre, alle ore 21, con il famoso trasporto della Macchina
di S. Rosa, una torre luminosa alta 30 metri e del peso
di 5 tonnellate sulla cui cima troneggia la statua della
Santa Patrona della città (essa viene trasportata a spalla da un centinaio di “facchini” che si preparano per
tutto l’anno alla difficile prova).
Riprendiamo la Via Francigena e, dopo aver attraversato un territorio ricco di noccioleti, incontriamo
Capranica, pittoresco abitato situato su un alto sperone
Vi piace questo sfondo? E’ il lago di Vico
Italia sotto i Venti
58
tufaceo, fondato intorno all’VIII secolo, dove Petrarca
soggiornò nel 1337, ospite di Orso dell’Anguillara.
Visitiamo subito la chiesa di S. Maria, che conserva autentici pezzi artistici: la statua della Madonna delle Grazie del
1808, una Tavola del XII-XIII sec. del Salvatore
Benedicente, un Tabernacolo del ’400 e uno straordinario
Trittico raffigurante S.Terenziano, S.Rocco e S.Sebastiano
del XV-XVI secolo.
Poi entriamo nella chiesa romanica di S. Francesco, che
spesso diventa palcoscenico per gli eventi musicali e artistici che si svolgono nel paese. E’ un’emozione visitarla:
sul fondo del presbiterio, davanti all'abside, si vede il
sepolcro marmoreo dei gemelli Francesco e Nicola
Anguillara, morti nel 1406-1408. Ci sentiamo avvolti da
un’aura particolare qui dentro.
Da Sutri a Ronciglione
La Via Francigena attraversa anche Sutri, cittadina di antiche origini, che presenta resti etruschi e monumenti del
periodo medievale, a testimonianza della sua importanza
strategica. In corrispondenza dell’abitato troviamo l’anfiteatro romano, scavato completamente nel tufo. A circa 1
km a sud di Sutri si sviluppa la necropoli urbana, costituita da 64 tombe romane, anch’esse scavate nel tufo,
come la Chiesa rupestre della Madonna del Parto che
sorge poco lontano. E’ davvero misteriosa: presenta forme
comuni a tutti i templi dedicati al dio Mitra, strutture sulle
quali la storia ha poi depositato rassicuranti immagini a
salvaguardia della cristianità. Visitiamo la cattedrale e
rimaniamo rapiti dal fascino della cripta: colonne e capitelli di epoche diverse - riutilizzati dai longobardi durante
il periodo medievale - conferiscono all’ambiente l’aspetto
di una foresta di colonne!
Siamo un po’ stanchi e pensiamo di ritornare a
Ronciglione. Sarà difficile guardare con occhi da “pellegrino del medioevo” proprio il paese in cui viviamo. Ci sentiamo contemporaneamente turisti e padroni di casa.
Cominciamo dalla piazza del Comune, dove osserviamo
l’interessante Fontana degli Unicorni (1581) attribuita da
alcuni al Vignola. Entriamo nel borgo medievale, dove
incontriamo prima i Torrioni, un castello risalente all’alto
Medioevo, a difesa del borgo, poi i resti della chiesa di S.
Andrea: colonne, capitelli e un campanile del 1463. Infine,
entriamo nell’antichissima chiesa di S. Maria della
Provvidenza per vedere un Cristo benedicente con cherubini ed angeli del 1400.
Ronciglione è conosciuta per il famoso Carnevale, durante il quale si svolgono le caratteristiche corse di cavalli “a
vuoto”, cioè senza fantino, che si possono vedere solo
qui. Dopo una sosta al vicino lago di Vico, con la sua
riserva naturale che rappresenta sempre di più un motivo
di richiamo per il turismo estivo, arriviamo davanti alla
chiesa campestre di S.Eusebio. E’ uno dei più importanti
monumenti paleocristiani della zona, edificato da monaci
basiliani fuggiti dalla Palestina nel VII-VIII secolo. Al suo
interno ci sono i graffiti lasciati dai pellegrini quale segno
tangibile della loro devozione. Il nostro viaggio termina
qui. Anche se non abbiamo le scarpe consumate, ci sembra di aver fatto un viaggio nel passato e poi… è stato
bello fare i turisti in casa nostra.
Fontana degli Unicorni
(1581) a Ronciglione
Il Carnevale di Ronciglione
Risultati test
59
Cervello in svendita? (pag. 28)
Punteggio:
per ogni risposta A:
1 punto - per ogni risposta B: 2 punti - per ogni risposta C: 3 punti
Fino a 10 punti:
Da 11 a 15 punti:
Da 16 a 21 punti:
AGGIORNATO
RAM INSUFFICIENTE
IN LIQUIDAZIONE TOTALE
Magari non sarai mai un premio
Nobel, ma bisogna dire che almeno
le basi ci sono tutte. Certo, a meno
che tu non abbia trovato le risposte
giuste su Wikipedia (e badate che
questo è il primo test al mondo dove le risposte giuste danno meno
punti di quelle sbagliate)! In ogni
modo non dormire sugli allori, ché il
cervello è un organo speciale, ma
come tutti gli altri ha bisogno di cure, va mantenuto sempre all'opera e
continuamente aggiornato! È il tuo
personale sistema operativo ed è
molto meglio di Windows Vista.
Non sei ancora a livelli sub-umani,
ma… sveglia ragazzo, prima di rispondere a una qualunque domanda bisogna PRIMA pensare e POI
parlare! Perché una cosa è la semplice ignoranza – uno le cose le sa
o non le sa -, un'altra è dimenticarsi di avere un bel po' di materia
grigia nel capoccione! Fa’ attenzione a quello che accade attorno, documentati e non sprecare i neuroni
solamente per seguire le avventure
dei concorrenti dei reality in Tv, a
tutto c’è un limite! Per inciso, quella sulle mille lire era la Montessori.
Se ti si potesse aprire la calotta
cranica probabilmente ci troveremmo soltanto un biglietto con su
scritto “Ti devo un cervello” firmato
Dio... Qualcuno ti definirebbe “le
classiche braccia tolte all'agricoltura”, anche se per fare l'agricoltore
di cervello ce ne vuole eccome, ma
è tanto per rendere l'idea con un
luogo comune che forse persino tu
riesci a capire. E poi vergogna, Rita
Levi Montalcini scambiata con la ragazza del solarium, speriamo che
questa copia di Zai.net non le arrivi
mai nelle mani!
“Sotto i Venti” è l’iniziativa editoriale che Zai.net, in collaborazione con Touring
Club Italiano, dedica agli itinerari, ai diari di bordo, alle foto dei giovani
reporter-viaggiatori. Insieme alle guide monografiche (sono già uscite quelle su
Piemonte e Liguria), ogni mese un appuntamento dedicato alle vostre terre e ai
vostri viaggi in Italia, in Europa, nel mondo.
www.sottoiventi.it
TI
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E
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A
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P
AP
NOVEMBRE
Dal
5
al
6
A cura di Caterina Mascolo, 20 anni
12
ROMA La Caritas organizza un incontro
nazionale per il progetto Scarp de’ tenis. Di cosa
si tratta? Questo è in sostanza un giornale di
strada, nel senso che ha per protagonisti gli
uomini e le donne che ci vivono
quotidianamente: i senzatetto. Interessante è
anche il processo di analisi che dunque si
compie attraverso queste testimonianze, spesso
lenti speciali per comprendere i fenomeni e le
circostanze che generano esclusione sociale e
povertà. Il 100% del ricavato è destinato alle
persone senza dimora, che ne sono anche
collaboratori e venditori. Chiunque voglia
saperne di più può visitare il sito
www.scarpdetenis.it che offre anche una bella
sezione radiofonica.
Dal
6
all’
8
NOVEMBRE
NOVEMBRE
FIDENZA Segnatevi questa data, perché aprirà la
nuova stagione di prosa al Teatro Magnani con I
ponti di Madison County, tratto dall’omonimo
romanzo di Robert James Waller. Nel 1995 di
quest’opera Clint Eastwood ne fece anche un film,
con una fantastica Meryl Streep protagonista.
L’incipit del libro? “Ci sono canzoni che nascono
dall'erba punteggiata d'azzurro, dalla polvere di
migliaia di strade di campagna. Questa ne incarna
la poesia.”
15
NOVEMBRE
RONSECCO (VERCELLI) Nel suggestivo scenario
della Chiesa di San Lorenzo si terrà, dalle 21.00
alle 22.30, un’intervista a Margherita Hack, con
tema di base l’interrogativo di cosa rappresenti
un’osservazione astronomica oggi. Si svilupperà
poi attorno a questo nucleo una discussione
sulla scienza e sui sentimenti, con evocazioni dei
mondi favolosi e mitologici che spesso hanno
concorso alla denominazione delle costellazioni.
Si promette inoltre un finale a sorpresa…
NOVEMBRE
TORINO Siete degli appassionati di arte
moderna? Non potrà certo sfuggirvi allora
Artissima, manifestazione ospitata dal Lingotto
Fiere di Torino. In questi tre giorni, dalle 12.00
alle 20.00, ammirerete moltissime opere
provenienti dalle più esclusive gallerie. Curiosi
anche gli eventi della sezione fuori-fiera, come
“Artissima fumetto”, dedicata appunto ad un
genere narrativo amato da ragazzi ed adulti. Per
l’elenco completo degli artisti partecipanti, la
photogallery e molto altro ancora vi invito a
navigare sul sito www.artissima.it!
18
NOVEMBRE
CAGLIARI Il cinema approda in Sardegna con
l’iniziativa promossa dalla Scuola Holden di Torino,
dalla casa di produzione Fandango di Roma e
dall’associazione Cagliari in cortometraggio. Circus,
questa scuola di cinema itinerante, ha come
obbiettivo primario quello di avvicinare il pubblico a
questo complesso mondo tramite seminari e
workshop tenuti dalle personalità più eclettiche e
rappresentative del panorama cinematografico. Il 18
novembre, presso il Cineclub Namaste alle 18.30,
avrà luogo la lezione inaugurale gratuita con lezioni
di Domenico Procacci e Antonello Grimaldi. Per
maggiori informazioni cliccate su www.incorto.it,
mentre per iscrivervi visitate il sito
www.scuolaholden.it.
61
18
NOVEMBRE
Dal
ASSAGO Date la caccia ai biglietti rimasti per il
Filaforum: si esibiranno qui infatti i Coldplay, nota
band britannica formatasi a Londra nel 1999 e
capitanata da Chris Martin. Dai successi come
“Green Eyes” o “The Scientist” alle ultime hit
contenute nell’album “Viva la Vida or Death and All
His Friend”, potrete ripercorrere l’intero percorso
musicale del gruppo. Una curiosità? Durante il
primo incontro della band, avvenuto nella camera
da letto di Jon Buckland, i componenti suonarono
per ore “Ode to a Deodorant” e “So Sad”, con un
nome diverso però da quello che conosciamo: gli
Starfish. Decisero poi di tramutarsi nei ben più
famosi Coldplay su suggerimento di un amico del
cantante, un pianista che aveva scartato l’ipotesi di
poter titolare così la sua futura band. Per essere
aggiornati sulle ultime interviste e dichiarazioni del
gruppo non vi resta poi che cliccare sul sito
www.coldplay.com!
Dal
20
all’ 22
26
al
29
NOVEMBRE
ROMA Storie, personaggi, situazioni, percorsi
legati ai luoghi e agli abitanti delle periferie di
ieri e di oggi: la III edizione del Visioni Fuori
Raccordo Film Festival (presso il Nuovo Cinema
Aquila) porta sul grande schermo cortometraggi
e lungometraggi inediti. Anche quest’anno
saranno due le sezioni in concorso: Periferie
Romane e Periferie Italiane, per ognuna delle
quali saranno premiate le migliori opere;
saranno inoltre assegnate due menzioni speciali:
Migranti e Memoria.
www.fuoriraccordo.it
TUTTO NOVEMBRE
ROMA In tre mesi riuscirete di certo a ritagliare
uno spazio per questa mostra dal titolo
eloquente di Roma, la Pittura di un Impero che si
tiene alle Scuderie del Quirinale. In rassegna sei
secoli della storia di Roma, dove al fermento
culturale si sovrappone lo straordinario
consolidamento delle strutture di potere.
Meraviglioso l’allestimento museale ed eccellente
la scelta delle opere: potrete ammirare ad
esempio le “Nozze Aldobrandini” ed una
sequenza di ritratti del Fayyum. La pittura antica
è in gran parte perduta… Quale migliore
occasione per contemplarla nella sua varietà e, al
contempo, completezza? Fino al 17 gennaio 2010.
CONCORSO
NOVEMBRE
FIRENZE Il Giappone in Toscana? Proprio così, a
giudicare da questa divertente ed innovativa
manifestazione! Presso la Limonaia di Villa Strozzi
si volgerà infatti l’XI Festival Giapponese.
Imperdibile lo spettacolo dei Manjushaka, che
regaleranno anche bouquet di fiori spirituali a tutte
le persone che parteciperanno alle loro
performance! Altrettanto interessanti le Mostre e gli
Angoli di artigianato provenienti da Kyoto, così
come l’Angolo dei Ninja, vera novità di quest’anno
ed eccellente occasione per addentrarsi in questa
affascinante e misteriosa storia. L’ingresso è libero!
Se avete un amico a quattro zampe e una storia
originale da raccontare su di lui, questo è il
concorso che fa per voi. In occasione dell'uscita
del libro "La vita secondo Barry" di Enrico Rolla,
l’A.I.D.A. (Associazione Italiana Disturbi d’Ansia)
e l'Istituto Watson di Torino indicono “Racconta
il tuo cane”, una competizione aperta a tutti,
senza limiti d’età. Il concorso ha per tema la
descrizione di un comportamento o di un evento
riguardante il proprio cane; i testi, con il titolo,
non dovranno superare le 2.000 battute (spazi
inclusi) e potranno essere corredati da una
fotografia del proprio cane. I racconti migliori
saranno pubblicati sul sito www.ilcanebarry.it e
verranno premiati con opere d’arte. La scadenza
è il 20 dicembre 2009, il regolamento è
disponibile sul sito www.ilcanebarry.it
Oroscopo
a cura di Cassandra
62
Ariete
Toro
21/03 - 21/04
21/04 - 21/05
Affari di cuore
Siete così sicuri di voi stessi che lo
sarà anche il partner e… vi lascerà
per un eccesso di amore. Single?
Continuate così!
Amicizia & famiglia
Non c’è che dire, i rapporti
burrascosi dello scorso mese si
stanno riappacificando ma… non
dissotterrate troppo presto
l’ascia di guerra!
Consiglio
“Domani” di Valerio Scanu.
Affari di cuore
Le vostre famose corna vi pesano
troppo, dateci un taglio… a loro e
al senso di oppressione.
Amicizia & famiglia
Le vostre stelle sono così
premurose che potreste anche
guidare a sinistra ed uscirne
illesi! Certo, volendoci provare
forse scoprirete anche chi vi
vuole veramente bene… e tenta
di fermarvi.
Consiglio
“Uprising” dei Muse.
Gemelli
21/05 - 21/06
Affari di cuore
Il vostro consueto “doppio” non vi
lascia in pace: vuole un nuovo
compagno e lo ha già adocchiato.
Andate e prendetevelo, con tutte
le armi a vostra disposizione!
Amicizia & famiglia
Non per mettere zizzania ma…
parenti serpenti (e ho detto tutto)!
Tenete sott’occhio i compiti in
classe.
Consiglio
“Estranei a partire da ieri” di
Alessandra Amoroso.
Cancro
Leone
Vergine
22/06 - 22/07
23/07 - 23/08
24/08 - 23/09
Affari di cuore
Cosa dirvi se non “Forza ragazzi!”,
siete troppo abbattuti al momento!
Eppure… non l’avete notata anche
voi quella persona che vi sorride
così gentilmente? Su!
Amicizia & famiglia
Nulla da ridire: è proprio un buon
momento sotto questo punto di
vista! Soldi in arrivo da parte del
parentado… godetevela!
Consiglio
“Bodies” di Robbie Williams.
Affari di cuore
Sì, lo so: il vostro cuore è preso
da mille volti, ma dovete scegliere
quello che lo fa battere di più!
Altrimenti vi consiglio una bella
visita da un cardiologo, ma bravo!
Amicizia & famiglia
Eh già, non è stato un periodo dei
migliori questo appena passato,
ma novembre si preannuncia più
calmo: riprendete fiato!
Consiglio
“Haven’t met you yet” di Bublè.
Affari di cuore
Continua il periodo favorevole a
voi riservato dalle stelle, ma non
vi sentite un po’ in colpa davanti
a tutta questa gente con problemi
di cuore? Mah!
Amicizia & famiglia
Le faccende di casa sono troppo
stancanti? Non è che l’inizio:
armatevi di Mastro Lindo, sennò
saranno guai!
Consiglio
“Fly with me” dei Jonas Brothers.
Bilancia
Scorpione
Segno del mese
24/9 - 22/10
23/10 - 22/11
Sagittario
Sagittario
Affari di cuore
Fino al 15 continua il periodo
propizio, dopodiché gli astri si
rifiutano di dare responsi circa il
vostro futuro.
Amicizia & famiglia
Le stelle proprio non ne vogliono
sapere di farsi interpretare sul
periodo che vi aspetta. Provate a
prendere un po’ tutto come viene,
poi fatemi sapere…
Consiglio
“Manos al aire” di Nelly Furtado.
Affari di cuore
Continuate a tenervi ben stretti il
vostro partner, lo sapete anche
voi che trovare un altro santo che
vi sopporti è un’ardua impresa…
Amicizia & famiglia
Recuperate i numeri di qualche
vecchio amico per una bella
rimpatriata - più che un consiglio
degli astri è un consiglio
personale!
Consiglio
“Celebration” di Madonna.
Affari di cuore
L’altra metà della mela la
incontrerete questo mese,
camminando per strada non
potrete non notarla.
Amicizia & famiglia
Lasciate stare per un attimo i libri
e dedicatevi alle public relation: i
vostri amici e parenti vi stanno
già dando per dispersi!
Consiglio
“Fuck you” di Lily Allen.
23 novembre - 21 dicembre
Capricorno
Acquario
Pesci
22/12 - 20/12
21/01 - 19/02
20/02 -20/03
Affari di cuore
Non potete mettervi le fette di
prosciutto sugli occhi e i tappi di
cera nelle orecchie! Date retta al
vostro partner e provate a
partecipare alla sua vita.
Amicizia & famiglia
Una domenica in campagna non
può che fare bene! Certo, magari
prima controllate il meteo!
Consiglio
“Il sole esiste per tutti” di
Tiziano Ferro.
Affari di cuore
Sì, va bene, l’autunno fa cadere le
foglie, ma non fate cadere le
braccia al partner (o ad un partner
papabile!) con la vostra mosceria!
Per favore!
Amicizia & famiglia
Siete troppo apatici, gli amici si
stanno preoccupando e molti
sono desiderosi di darvi una
bella scossa!
Consiglio
“Sopra il mondo” dei Lost.
Affari di cuore
Quando gli astri dicono certe
cose, non si può che sorridere.
Andrà tutto alla grande,
complimenti e continuate così!
Amicizia & famiglia
Non ci crederete, ma è in arrivo per
voi il periodo di relax che tanto
desideravate!
Attenti solo a non rilassarvi troppo
in pubblico… potrebbero farsi idee
sbagliate!
Consiglio
“21 guns” dei Green Day.
Cruciripasso
63
UPGRADE: LINGUE E
LETTERATURE
QUESTO MESE DOMANDE SU UNA SOLA MATERIA, MA CON UNA DIFFICOLTÀ:
UNA DEFINIZIONE DEVE ESSERE INSERITA AL CONTRARIO. SE AVETE
PROBLEMI, QUELLE IN ROSSO DOVREBBERO AIUTARVI!
ORIZZONTALI
1. La protagonista femminile dell’Adelchi
10. Preposizione articolata
13. Il processo di imitazione
14. Protagonista di una delle operette
morali di Leopardi
16. La fine dei “luoghi” del web
17. Il Ludovico per antonomasia
18. Può esserlo l’endecasillabo
21. Iniziali di una miss Italia
23. Inutili
24. M’illumino d’….
28. Insieme alle rose in “Il sabato del villaggio”
30. La città di Saba
31. Iniziali dell’autrice de “Lo scialle andaluso”
32. Ha cantato “L’arca di Noè” (in.)
33. Protagonista di un romanzo di Puskin
35. Si dice di un luogo
38. Alla fine della festa
39. Gentilezza
40. Famigerata organizzazione paramilitare
tedesca
41. Profonda
43. Congiunzione eufonica
44. Componevano il paradiso dantesco
46. Cantante dei Timoria (in.)
48. Prefisso che indica la metà
49. Le dispari in omesso
50. Lo è l’anima nell’inferno
52. Le pari di inerzia
53. Sta il cacciator fischiando, sull’...
54. Difensore del Milan (in.)
55. Ubriaca
57. Ex allenatore dell’Inter (in.)
58. Lento
61. Precettore
62. Boa senza testa
63. Opera di Puccini
64. Attore de “I Cesaroni” (in.)
65. Inetto a metà
VERTICALI
1. Così inizia “Il cinque maggio”
2. Consonanti della capitale d’Italia
3. Figura retorica
4. Lo subì Dante
5. Sì e no
6. Scure
7. La fine di Verri
8. L’amor che move il sole e l’altre stelle
9. Fenomeno linguistico
10. Le pari di innato
Una sbirciatina, piccola, alle soluzioni sul sito: www.zai.net
11. In mezzo alla cena
12. Articolo determinativo
13. Esponente del Futurismo
15. Famoso modello dell’Audi
17. Questo sol m’...
19. In... vena!
20. Recipiente metallico
21. Lo erano i Signori di Ferrara
22. L’autore de “Il pozzo e il pendolo”
24. Procedimento di ripetizione
25. Cantante napoletano (in.)
26. Le vocali in peste
27. Famoso conduttore radiofonico (in.)
29. Secondo parte della critica, una delle
tre fiere dell’inferno dantesco
34. Ardere all’imperfetto “letterario”
36. Ha scritto “Itaca per sempre”
37. Lo è la selva per eccellenza
42. Esalazione dannosa
45. Passato remoto di esibire
46. Suffisso accrescitivo plurale
47. Il nome di Coelho
50. E’ forse il sonno della morte men…
51. Interprete di “The family man” (in.)
54. Imperativo di amare
56. Rosalino Cellamare
59. Ha scritto “La tigre della Malesia” (in.)
60. Ministro per le pari opportunità (in.)