INTRODUZIONE EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE E DEI

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INTRODUZIONE EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE E DEI
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI - Ver.00
INTRODUZIONE: EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE E DEI MATERIALI AEROSPAZIALI
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INTRODUZIONE
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EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE
E DEI MATERIALI AEROSPAZIALI
dettagliata conoscenza dello stato di sollecitazione, i
componenti poterono così essere progettati in maniera
da
deformarsi
localmente
in
caso
di
sovrasollecitazione,
ridistribuendo
lo
sforzo,
“perdonando” errori di progettazione ed evitando
cedimenti catastrofici.
Per compiere il loro primo volo, il 17 Dicembre 1903, i
Fratelli Wright utilizzarono i materiali che fino ad
allora erano stati usati con successo per fabbricare
alianti e aquiloni: legno, cavi metallici e tela. Tale
scelta venne dettata dalla resistenza, dal peso, dal costo
e – soprattutto – dalla disponibilità. Nei vent’anni che
seguirono quell’evento storico, legno e tela regnarono
sovrani, con poche escursioni da parte dei progettisti
nel campo dei metalli. Per ottenere il minimo peso, i
primi velivoli erano strutture di cavi e puntoni ricoperte
di tela. Da un punto di vista storico, è interessante
notare che il legno è un materiale composito biologico
fatto di fibre di cellulosa immerse in una resina
naturale. Allo stesso modo, la tela è un materiale
raffinato, nel quale le fibre naturali vengono intrecciate
a formare un tessuto; dopo essere stata tesa sopra la
struttura, la tela viene impregnata con resina per
renderla impermeabile all’aria ed all’acqua. Un tale
processo ha molto in comune con le moderne
tecnologie dei materiali compositi: la sola differenza
sta nel fatto che le fibre e le matrici attuali sono
materiali sintetici ad alte prestazioni. Ciononostante, la
circostanza è significativa, e dimostra come la reale
1. Storia
L
a Fig.0.1 mostra l’evoluzione attraverso i secoli dei
materiali usati nell’ingegneria meccanica e civile. I
nostri progenitori facevano un uso estensivo di
materiali cellulari naturali come il legno, la pelle e
l’osso, unitamente a materiali relativamente fragili,
come la pietra, la selce e l’argilla. Un tale utilizzo era
basato sull’esperienza pratica, che consigliava di usare
i materiali fragili per sopportare soprattutto carichi di
compressione ed i materiali polimerici come il legno
utilizzati in maniera da sfruttare la loro elevata
resistenza a trazione ed a flessione.
Fig. 0.1 - Evoluzione dei materiali per l’ingegneria
meccanica e civile.
Con l’avvento dei metalli, si resero disponibili
materiali da costruzione dotati di un comportamento
inerentemente duttile. Pur in mancanza di una
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evoluzione in questi ultimi cento anni vada ricercata
soprattutto nella natura dei materiali.
Il legno venne gradualmente sostituito dai tubi
metallici tra il 1910 ed il 1925. Il primo monoplano
interamente metallico, che aveva un’ala in alluminio
puro, venne progettato in Germania da Hans Reissner e
volò nel 1912, seguito nel 1915 dal primo monoplano
interamente metallico con ala a sbalzo (Junkers J-1),
costruito con materiali che si dicevano essere ferro ed
acciaio. L’acciaio presentava i vantaggi di un alto
modulo elastico ed alti sforzi di snervamento e di
rottura. Sfortunatamente, essi erano accompagnati da
una densità specifica molto alta, almeno tripla rispetto
all’alluminio e dieci volte maggiore rispetto al legname
compensato. Per risparmiare peso, negli anni ’30 i
progettisti erano perciò obbligati ad utilizzare l’acciaio
in spessori sottilissimi. Preferibilmente venivano
utilizzati acciai con sforzo di snervamento di circa
1000 Mpa. Per assicurare alle lamiere sottili una
sufficiente stabilità, vennero ideate per le sezioni dei
longheroni alari delle sezioni estremamente intricate,
tipici esempi delle quali sono mostrati in Fig.0.2.
da Junkers nel 1917), tre altre cause contribuirono alla
sostituzione dell’acciaio da parte delle leghe
d’alluminio. Queste furono una migliore comprensione
dei processi di trattamento termico, l’introduzione
dell’estrusione per una grande varietà di sezioni e l’uso
della placcatura con alluminio puro per garantire una
maggiore resistenza alla corrosione.
A dire il vero, la penetrazione di tali materiali non fu
molto rapida. Infatti, ancora durante la II Guerra
Mondiale, alcuni velivoli militari ad alte prestazioni,
come il de Havilland Mosquito, gli alianti trasporto
truppe e – più tardi - lo Spruce Goose di Howard
Hughes, fecero ampio uso del legno. A partire dai
primi anni ’30 venne introdotto il rivestimento
collaborante irrigidito da correnti chiodati, che venne
adottato sia sui velivoli militari che su quelli
commerciali. I metalli cominciarono ad essere utilizzati
estensivamente nei velivoli militari ad alte prestazioni,
ma la loro penetrazione non fu completa sino alla fine
della II Guerra Mondiale. A partire da allora, le leghe
d’alluminio divennero i materiali da costruzione
predominanti per le strutture di tutti i tipi di velivoli.
Il successivo sviluppo di leghe caratterizzate da elevata
resistenza statica ed a fatica consentì ai velivoli di
volare più velocemente, più in alto, portando un
maggior carico pagante. E’ sorprendente, ma tra la
moltitudine di possibili leghe di alluminio, solo un
pugno di esse riuscì a penetrare l’industria aerospaziale
(1100, Duralium, Alcoa 17S, Alclad, 2024, 70759. A
parziale spiegazione di una così lenta transizione dei
nuovi materiali a cavallo della II Guerra Mondiale, va
ricordato che l’industria aeronautica è molto
conservativa, specie quando si tratta di introdurre nuovi
materiali in sistemi con uomini a bordo. Così, i
progettisti pretendono di possedere estesi ed affidabili
data-base prima di adottare nuovi materiali nelle
strutture e nei motori. Tale conservatorismo è
largamente giustificato, specie quando si constata
quanto poco l’adozione di nuovi materiali sia stata
responsabili di disastri nella storia dell’aeronautica;
d’altro canto, ad esso va imputata una certa mancanza
di flessibilità nello sviluppare nuovi concetti di
velivoli.
Lo sviluppo dei motori a turbina a gas, avvenuto
durante gli anni ’30, portò al volo prima del motore di
Von Ohain nel 1939 e poi di Frank Whittle nel 1941;
nonostante ciò, il brevetto originario venne attribuito a
quest’ultimo. Il motore tedesco faceva uso della lega
Fe35Ni15Cr2Ti (Tinidur) per fabbricare le palette della
turbina, a partire da lamiere piegate e saldate per
consentire il raffreddamento interno. Il motore inglese
utilizzava invece la lega Ni20Cr2.5Ti (Nimonic 80).
Tali leghe sono ancora alla base dei materiali
convenzionali attualmente utilizzati.
La massima velocità operativa dei caccia venne quasi
raddoppiata nel corso del decennio 1934-1943; entro il
1959, con l’introduzione dell’F106A (che aveva una
velocità massima di Mach 2.3 a 12.000 m), essa crebbe
di 6,5 volte in un periodo di 25 anni. Negli anni
successivi tale valore si stabilizzò, in larga misura a
causa del riscaldamento cinetico che induceva
temperature superiori ai 180 °C: l’alluminio non era
Fig. 0.2 – Sezioni tipiche per longheroni in materiale
metallico sottile
Le lamiere aveva spessori tipici che variavano da 0,25
a 1,63 mm, con composizioni chimiche che
comprendevano 0,5% C e 1,5% Mn (Acciaio DTD
137), oppure Ni e Cr (Acciaio DTD 54A), oppure 12%
Cr (Acciaio DTD 46A).
Nel 1909 in Germania, Alfred Wilm aveva
accidentalmente scoperto che una lega di alluminio
contenente il 3,5% Cu, 0,5% Mg con piccole
percentuali di impurità costituite da Si e Fe, si
indurisce spontaneamente dopo un raffreddamento
brusco da 480 °C. Il brevetto di questo materiale venne
acquistato
dalla
Durener
Metallwerke
che
commercializzò la lega con il nome di Duralumin. Per
oltre mezzo secolo questa lega è stata utilizzata nello
stato di trattamento termico ed invecchiamento
artificiale, con uno sforzo di snervamento non inferiore
ai 230 MPa, sforzo di rottura non inferiore ai 390 MPa
ed allungamento a rottura non inferiore al 15%. Il
possibile miglioramento di queste proprietà, che è
possibile ottenere grazie ad un invecchiamento
artificiale a 175 °C non venne sfruttato dall’industria
aeronautica fino al 1934. Tale lega invecchiata
artificialmente ha uno sforzo di snervamento non
inferiore ai 370 MPa, sforzo di rottura non inferiore ai
460 MPa ed allungamento a rottura non inferiore
all’8%. In aggiunta allo sviluppo del Duralumin (usato
per la prima volta come materiale strutturale principale
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più sufficiente, e nuovi metalli avrebbero dovuto essere
adottati per consentire un ulteriore miglioramento delle
prestazioni dei velivoli militari.
All’aumentare delle temperature di utilizzo, i
tradizionali metalli da costruzione raggiungono infatti
la loro resistenza limite, come mostra la Fig.0.3.
L’estrapolazione di tale tendenza porta a prevedere che
nel 2050 il bilancio annuale dell’U.S. Air Force
consentirà l’acquisto di un solo velivolo (prima legge
di Augustine).
2. Materiali del presente
L’incremento di prestazioni richiesto ai veicoli
aerospaziali richiede a sua volta un miglioramento
delle caratteristiche dei materiali da costruzione: ciò
vale sia per le strutture che per i motori. Ad esempio,
un caccia deve poter operare in un inviluppo di
combattimento più ampio (Fig.0.5), con persistenza a
velocità supersoniche, maggiori velocità di virata,
elevati fattori di carico ed alti numeri di Mach.
Fig. 1.2 - Prestazioni dei materiali tradizionali usati per
l’airframe
A causa di ciò, si è costretti a ritornare a materiali
fragili tradizionali come la ceramica oppure innovativi
come i metalli refrattari, gli intermetallici ed i
compositi carbonio/carbonio. L’utilizzo di tali materiali
richiede la conoscenza della distribuzione delle
sollecitazioni
nel
componente,
per
evitare
concentrazioni di sforzo e sfruttare appieno la
resistenza ad alta temperatura unita però alla loro
limitata duttilità.
A partire dai tardi anni ’60, i compositi a matrice
polimerica rinforzati con fibre di vetro, carbonio ed
aramidiche, cominciarono ad apparire come una valida
alternativa ai metalli come materiali strutturali. A
partire dagli anni ’80 la scelta dei materiali da
costruzione per le strutture ed i motori si è ampliata
considerevolmente. Si sono infatti resi disponibili
compositi e metalli per alte temperature, compositi a
matrice metallica, composti intermetallici, metalli
refrattari, compositi carbonio/carbonio e ceramiche
strutturali
Infine, l’aumento delle prestazioni comporta l’aumento
dei costi al decollo (Fig.0.4).
Fig. 0.5 – Inviluppo di volo per futuri velivoli da
combattimento
La Fig.0.6 mostra il ruolo giocato dai materiali ad alte
prestazioni nel ridurre il peso strutturale: esso eccede
grandemente il contributo offerto da altre tecnologie
avanzate, come le filosofie strutturali innovative, la
progettazione con l’ausilio del calcolatore, le tecniche
di controllo attivo e di soppressione del flutter.
Fig. 0.6 – Tendenza alla riduzione di peso per strutture
primarie dei velivoli militari
Generalmente il costo al decollo di un velivolo
aumenta al passare dai velivoli dell’aviazione generale
ai velivoli leggeri mono- e bi-motore, ai grandi velivoli
da trasporto, agli executive a getto o turboelica, fino ad
arrivare ai costosi velivoli militari da caccia o da
superiorità aerea (Fig.0.7). Per questo motivo è molto
più facile giustificare l’uso di un materiale
Fig. 0.4 – Cronologia dei costi di messa in esercizio
associati alle prestazioni
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particolarmente costoso in un velivolo appartenente
all’ultima categoria piuttosto che alla prima.
funzionamento non superiori ai 150 °C. Oltre questa
temperatura di regime, devono essere utilizzati il
titanio e le sue leghe (per esempio nel caso del velivolo
da pattugliamento ad alta quota SR-71, che può volare
a velocità maggiori di Mach 3).
Fig. 0.7- Variazione del costo di produzione
dell’airframe rispetto alla tipologia di velivolo.
Ciò significa che, mentre è elevata la probabilità che
grandi quantità di costosi materiali compositi (Fig.0.8)
vengano utilizzati nei velivoli militari, è altrettanto
improbabile che essi possano venir usati nei velivoli
dell’aviazione generale (Fig.0.9).
Fig. 0.10 - Passato, presente e futuro. Materiali per
applicazioni aeronautiche.
Le leghe di alluminio godono di un vantaggio
economico rispetto ai compositi a matrice polimerica,
come mostrato in Fig.0.10. I possibili miglioramenti
delle prestazioni dei metalli, che possono essere
derivati dall’ottimizzazione della chimica di alligazione
(ad esempio leghe Al-Li), dall’introduzione di tecniche
di rapida solidificazione e dal prender piede dei
compositi a matrice metallica, verranno presi in
considerazione più avanti in questo capitolo.
I compositi a matrice polimerica possiedono una
densità del 45% inferiore rispetto alle leghe di
alluminio, unita ad elevati valori di resistenza e di
rigidezza. Ciò porta a valori degli indici di efficienza
strutturale estremamente elevati e stimola fortemente lo
sviluppo di tecnologie economicamente convenienti. In
generale, l’aumento dell’efficienza strutturale comporta
un aumento nei costi di produzione (Fig.0.11).
Fig. 0.8 - Variazione dei costi di messa in esercizio in
funzione della tipologia di materiale.
Fig. 0.9 - Materiali adottati per velivoli militari odierni
e futuri
Fig. 0.11 - Effetto dell’aumento dell’efficienza
strutturale addotte al costo dei velivoli.
Il primo velivolo completamente in composito è stato
l’executive a getto Beech Starship. I materiali da
costruzione per le strutture dei velivoli sono riportati in
Fig.0.10. Per quanto riguarda i materiali metallici,
l’alluminio e le sue leghe continuano a costituire la
soluzione convenzionale per temperature di
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A differenza delle strutture metalliche, i carichi di
fatica con componenti tensionali non costituiscono un
fattore limitante per le strutture in composito (vedi ad
esempio le pale dei rotori di elicottero). Viceversa gli
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effetti di intaglio, per esempio conseguenti alle forature
dei rivetti, costituiscono il fattore limitante per la
resistenza statica dei compositi. Ulteriori limitazioni
per questi materiali risiedono nella loro intrinseca
fragilità e nella sensibilità agli effetti igrotermici, che
portano ad un degrado ambientale. L’inerente
anisotropia, originariamente guardata con sospetto,
costituisce invece la maggior peculiarità di questi
materiali, e viene sfruttata per aumentare l’efficienza
strutturale e per migliorare le proprietà aeroelastiche
della struttura. Le Figg.0.12, 0.13 mostrano le proprietà
delle fibre di rinforzo attualmente disponibili, mentre la
Fig.0.14 confronta le prestazioni delle principali leghe
metalliche e di alcuni tipi di compositi.
La Fig.0.15 mostra invece i risparmi in peso che è
possibile conseguire grazie all’utilizzo dei compositi: i
valori maggiori si registrano per i velivoli da caccia, i
minori per i grandi velivoli da trasporto. Ad esempio, il
velivolo a lungo raggio ad alta capacità Airbus A380
(capace di trasportare 650 passeggeri a 15.000 km di
distanza), fa un uso intensivo di compositi allo scopo
precipuo di ridurre il peso. Così, la struttura del
cassone centrale alare (7x8x2.4m) è in carbonio, con
un guadagno in peso di 1000 Kg, mentre il cassone
esterno è, invece, ancora costruito in alluminio (leghe
2024 e della serie 7000, nonché la nuova serie 6000).
Fig. 0.15 - Risparmio di peso raggiunto attraverso
l’utilizzo di strutture composite a matrice polimerica
Parimenti in composito sono realizzati il cono di coda
non pressurizzato, il tronco posteriore della fusoliera, la
paratia di coda e le travi del pavimento del ponte
superiore, che sono travi in carbonio pultruso della
lunghezza di 7 m. Ancora di carbonio, anziché in
metallo, sono numerosi pannelli alari prodotti per RFI
(Resin Film Infusion) 25 centine alari (ne restano 30 in
alluminio), sempre al fine di obbedire all’imperativo
del contenimento dei pesi, portando ad un guadagno di
300 Kg. Anche la deriva e gli impennaggi orizzontali
sono, infine, costruiti in carbonio, secondo una linea
ormai consolidata su altre serie di Airbus fino dagli
inizi degli anni ’80, come le superfici di comando
dell’A 310-200, la deriva in fibre di carbonio dell’A
310 e l’impennaggio orizzontale dell’A 320.
Sull’Airbus i compositi costituiscono circa il 16% del
peso strutturale ed hanno consentito un risparmio di
circa 15.000Kg rispetto ad un equivalente velivolo
interamente metallico (il peso a vuoto del velivolo si
aggira attorno alle 280 ton.). L’utilizzo dei compositi
avrebbe potuto essere anche maggiore, se il
contenimento dei costi non avesse costituito un
vincolo. La concorrente Boeing utilizza in maniera
massiccia i compositi nel twinjet B7E7 da 210-250
passeggeri: la fusoliera e la struttura alare interamente
in composito consentono di abbattere del 17% il
consumo di carburante e del 10% i costi operativi
rispetto al concorrente Airbus A330.
A causa della drastica riduzione dei budget, il settore
militare auspica la riduzione dei pesi, ma soprattutto
l’abbattimento dei costi di produzione. Per questo
motivo, gli enti tecnici militari degli Stati Uniti,
assieme con i maggiori produttori Lockeed Martin,
Boeing, GKN, BAE, EADS ed Alenia, hanno
contribuito allo sviluppo e all’adozione di tecnologie di
laminazione automatizzata, di RTM (Resin Transfer
Fig. 0.12 - Resistenza alla trazione e rigidezza per una
varietà di fibre.
Fig. 0.13 - Resistenza e rigidezza specifica per una
varietà di fibre
Fig. 0.14 - Resistenza e rigidezza specifica per alcuni
materiali isotropi e compositi.
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Moulding), di RFI (Resin Film Infusion), di
polimerizzazione electron beam con l’obiettivo di
ridurre almeno del 50% i costi di produzione. Tecniche
altamente automatizzate richiedono investimenti
rilevanti (una macchina per la laminazione
automatizzata di grandi pezzi integrati può costare sino
a 35 milioni di EURO) e la loro adozione è
conveniente solo nell’ambito di progetti internazionali,
come l’F22 Raptor, l’F35 JSF (Joint Strike Fighter),
l’Eurofighter Typhoon, l’A400M, l’RAH66 Comanche
ed il V22 Osprey, che aspirano a produzioni molto
numerose.
Un altro settore che può trarre grandi benefici dall’uso
dei compositi e dal conseguente risparmio in peso è
quello degli UAV (Unmanned Air Vehicles) e UCAV
(Unmanned Combat Air Vehicles) come l’RQ-1
Predator. Negli UAV di ultima generazione, come il
Northrop Grumman RQ-4A Global Hawk, l’adozione
dei compositi ha consentito di imbarcare una quantità
di carburante pari al 50% del peso complessivo,
aumentando l’autonomia a 34 ore, mentre i prototipi
dell’UCAV Boeing X-45A Spiral (con caratteristiche
stealth) ne hanno anche dimostrato la producibilità a
basso costo, grazie all’utilizzo combinato di tecnologie
FMC (Foam Matrix Core) e RTM (Resin Transfer
Moulding).
Gli elicotteri, anche più degli altri tipi di velivolo,
beneficiano dell’utilizzo dei compositi, il cui utilizzo
nella struttura consente la riduzione di peso e nelle pale
l’aumento della vita a fatica. Il Boeing-Sikorsky
Comanche, tra le molte altre applicazioni, utilizza
compositi quarzo-bismaleimide anche per le parti
“calde”. L’utilizzo di compositi con tecnologie di
laminazione automatizzata nella realizzazione del
convertiplano militare Boeing V22 Osprey ha
comportato riduzioni: del 65% dei costi di produzione,
del 25% del numero di componenti, del 34% del
numero di rivetti, con un risparmio globale del costo di
produzione vicino al 55%. Tale esperienza tecnologica
ha potuto essere sfruttata poi nella produzione del
convertiplano civile Bell Agusta BA609.
L’attuale egemonia dei compositi con matrice
polimerica termoindurente (resina epossidica) potrà a
breve essere insidiata dalle matrici termoplastiche
aromatiche, che sono più tenaci e resistenti all’elevata
temperatura ed ai solventi (Fig.0.16), sebbene queste
ultime siano tuttora sfavorite da prezzi più elevati. I
compositi a matrice termoplastica e fibre di vetro semipre-impregnate hanno cominciato ad essere impiegati
nel bordo di attacco fisso delle semiali dell’A 380.
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Fig. 0.16 - Confronto delle deformazioni ammissibili, a
compressione, in funzione della temperatura.
Nel seguito alcune ulteriori considerazioni specifiche
riguardo ai principali materiali “del presente”: metalli,
polimeri e compositi a matrice polimerica.
Metalli
In genere i metalli sono duttili, sufficientemente
resistenti all’elevata temperatura ed all’ambiente,
nonché moderatamente resistenti. La loro struttura
cristallina, unitamente alla presenza di difetti tipici
quali le dislocazioni, gioca un ruolo cruciale nel
determinarne le proprietà meccaniche. La posizione,
forma, dimensione e frazione volumetrica delle
particelle che costituiscono la fase secondaria, assieme
con la struttura della matrice (cioè la microstruttura) ne
influenzano pure fortemente il comportamento. Le
leghe possono così essere ingegnerizzate grazie alla
conoscenza della microstruttura e della micromeccanica che ne consegue.
I metalli primari possono essere prodotti tramite le
tecniche tradizionali di fusione in lingotto oppure per
mezzo di metodi di non equilibrio, quali la rapida
solidificazione dal fuso o direttamente dalla fase
vapore. Questi ultimi processi garantiscono una grande
flessibilità nella progettazione della microstruttura e, di
conseguenza, nelle proprietà che ne conseguono. Un
nuovo tipo di struttura metallica, che ha solo di recente
meritato attenzione, è la microstruttura stratificata
(nella quale sottili strati di metalli diversi sono
depositati successivamente) o nanostruttura. Essa apre
la possibilità pratica di ingegnerizzare il materiale,
controllandone contemporaneamente la resistenza e la
rigidezza tramite lo spessore degli strati.
Le leghe leggere d’alluminio cominciarono a dominare
l’industria aeronautica dal 1939 e, di fatto, continuano
a mantenere tale posizione di preminenza anche ai
giorni nostri. Esse appartengono principalmente a tre
gruppi, che si differenziano in base alla composizione
chimica, cui devono la propria capacità di migliorare le
proprietà meccaniche dopo un trattamento termico.
Il primo gruppo, che va sotto il nome generale di
duralumin, ha un composizione di 4% Cu, 0,5% Mg,
0,5% Mn, 0,3% Si, 0,2% Fe e rimanente di alluminio.
La versione invecchiata naturalmente è coperta dalla
specifica DTD 18 del Ministero Inglese dell’Aviazione,
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emessa nel 1924, mentre la versione invecchiata
artificialmente è coperta dalla specifica DTD 111 del
1929. Le proprietà meccaniche sono già state riportate
sopra.
Il secondo gruppo di leghe di alluminio differisce dal
duralumin principalmente in virtù dell’introduzione
dell’1-2% di Ni, un maggior contenuto di Mg ed una
possibile variazione nelle percentuali di Cu, Si e Fe. La
lega Y, il più vecchio membro del gruppo, ha una
composizione di 4% Cu, 2% Ni, 1,5% Mg e rimanente
di alluminio; essa è coperta dalla specifica DTD 58A
emessa nel 1927. La sua peculiarità consiste nella
capacità di mantenere le proprie caratteristiche
meccaniche anche ad elevate temperature, il che la
rende particolarmente adatta per la produzione dei
pistoni dei motori aeronautici, mentre il suo impiego
nelle strutture è sempre stato limitato. Successive
ricerche svolte presso la Rolls Royce e la High Duty
Alloys Ltd. portarono allo sviluppo delle leghe della
serie RR. Basate sulle leghe Y, le leghe erano
caratterizzate dalla sostituzione di parte del Ni con il Fe
e dalla riduzione del tenore di Cu. Uno dei primi tipi di
queste leghe, la RR56, aveva circa l’1% di Ni sostituito
dal Fe ed il tenore di Cu ridotto dal 4% al 2%; essa
venne utilizzata sotto forma di forgiati ed estrusi
impiegati nei motori e nelle strutture. La specifica DTD
130 emessa nel 1930 imponeva uno sforzo di
snervamento minimo di 310 MPa, uno sforzo di rottura
minimo di 400 MPa ed un allungamento a rottura
minimo del 10%.
Il terzo ed ultimo gruppo faceva dipendere dalla
presenza di zinco e di magnesio la propria elevata
resistenza. Coperte dalla specifica DTD 363 emessa nel
1937, queste leghe avevano una composizione
nominale di 2,5% Cu, 5% Zn, 3% Mg e 1% Ni, con
sforzo di snervamento di 510 MPa, sforzo di rottura di
585 MPa ed allungamento a rottura dell’8%. Nelle
versioni più recenti di questa lega è stato eliminato il
Ni, è stato aggiunto il Cr ed è stato aumentato il tenore
di Mn.
Dal 1939 in poi la costruzione delle strutture
aeronautiche ha fatto largo uso di questi tre gruppi di
leghe: 1) i duralumin privi di Ni; 2) i derivati della lega
Y; 3) le leghe Al-Zn-Mg, dando la preferenza all’uno o
all’altro in dipendenza del tipo di velivolo, civile o
militare, e dei differenti requisiti, quali la resistenza
statica, a fatica, alla corrosione dei diversi componenti.
Per realizzare strutture, rivestimenti ed in generale
componenti sollecitati sono state estensivamente usate
leghe appartenenti a ciascuno dei tre gruppi. Di volta in
volta, la scelta è stata influenzata da fattori quali la
resistenza, la duttilità, la facilità produttiva, la
resistenza alla corrosione e/o la sensibilità ai
rivestimenti protettivi, la resistenza a fatica e la
resistenza alla propagazione instabile di cricche dovute
a sforzi interni. Ovviamente, tipi diversi di velivoli
comportano tipi diversi di requisiti. Per esempio, un
velivolo militare con una vita operativa breve,
misurabile in centinaia o migliaia di ore di volo, non
richiede la stessa resistenza alla fatica ed alla
corrosione di un velivolo civile, caratterizzato da una
vita operativa di 30.000 ore e più.
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Sfortunatamente, quando una particolare proprietà di
una lega d’alluminio viene migliorata, altre,
ugualmente desiderabili, subiscono un peggioramento.
Ad esempio, la resistenza statica estremamente elevata
delle leghe Al-Zn-Mg è stata accompagnata per molti
anni dalla facilità a criccarsi, anche in assenza di
sollecitazioni meccaniche, a causa degli sforzi interni
che nascono nelle barre, nelle lamiere e nei forgiati in
conseguenza dei trattamenti termici. La modifica della
composizione di tali leghe ha praticamente risolto tale
problema, ma ha messo in rilievo altre deficienze. Alla
messa in servizio dei velivoli Viscount si verificarono
numerosi cedimenti imputabili a fenomeni di stresscorrosion degli estrusi e dei forgiati. Il problema
divenne così serio che nel 1953 venne deciso di
sostituire quanti più componenti in Al-Zn-Mg possibile
con componenti in lega Al-Cu L65, nonché di proibire
l’adozione di forgiati in Al-Zn-Mg in tutti i progetti
futuri. Negli ultimi anni si è comunque registrato un
miglioramento delle prestazioni a stress-corrosion per
le leghe Al-Zn-Mg, grazie agli sforzi dei produttori
Tedeschi, Inglesi e Statunitensi; questi ultimi due
concordano nella convenienza di aggiungere Cu, ma
non Cr e Mn, mentre i primi hanno rilevato il benefico
effetto esercitato dall’alligazione di argento. In
aggiunta, anche l’affinamento delle tecniche di colata
ha contribuito al miglioramento delle prestazioni a
stress-corrosion dei componenti.
Un’ulteriore caratteristica fastidiosa delle leghe di
alluminio allo zinco-magnesio risiede nella loro elevata
sensibilità all’intaglio, prodromica di rapidi cedimenti a
partire da cricche di fatica. Ancora una volta,
modifiche nell’alligazione e raffinamenti delle tecniche
di colata hanno parzialmente risolto tale problema,
tanto che alcuni grossi velivoli da trasporto militare
sono stati progettati interamente in lega alluminiozinco-magnesio-rame, con esiti soddisfacenti per
quanto riguarda la durabilità. Le leghe al rame
possiedono resistenze statiche inferiori rispetto alle
leghe allo zinco, ma vengono applicate nelle parti della
struttura soggette a carichi di fatica con componenti di
trazione, quali l’infradosso delle ali. Specie le leghe
invecchiate naturalmente si fanno preferire quanto a
resistenza a fatica e velocità di propagazione della
cricca. Inoltre, elevate percentuali di magnesio
conferiscono a queste leghe – nella condizione di
invecchiamento naturale – resistenze statiche
intermedie tra le leghe invecchiate naturalmente e
quelle invecchiate artificialmente. Tra di esse la 2024
(4,5% rame, 1,5% magnesio, 0,6% manganese)
costituisce un ottimo compromesso tra diverse, e
spesso conflittuali, caratteristiche meccaniche. La
resistenza di tutte le leghe d’alluminio si riduce
all’aumentare della temperatura, cosicché il loro uso è
limitato al crescere delle velocità di volo e del
conseguente riscaldamento cinetico. Ad ogni modo,
esse conservano sufficienti proprietà meccaniche sino a
velocità di volo di Mach 2,2-2,3. Fidando in futuri
affinamenti ed evoluzioni, tale soglia potrà essere
aumentata, assicurando così alle leghe di alluminio un
campo di applicabilità ancora molto ampio negli anni a
venire.
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Un nemico pericoloso delle leghe leggere d’alluminio
convenzionali è costituito dalle cricche di fatica, che
tendono a propagarsi lungo le superfici di bordo grano.
I metallurgistici stanno perciò perseguendo nuove
forme metalliche prive di una vera e propria struttura
cristallina: il DARPA negli Stati Uniti ed il DERA in
Gran Bretagna hanno messo a punto un alluminio
amorfo, che ha una resistenza tripla rispetto al
materiale tradizionale. I produttori di palette per
turbine seguono invece la strada delle strutture monocristalline, mentre un’ulteriore possibilità è fornita
dalla metallurgia delle polveri HIP (Hot Isostatic
pressing) nella quale polveri finissime vengono
compattate sino a ripristinare il metallo solido).
Quest’ultima tecnica può essere applicata anche ai getti
colata per migliorarne le caratteristiche: l’ordinata
posteriore in titanio del motore del Boeing 777 è
prodotta in questo modo. Un’ulteriore evoluzione di
questa tecnologia, chiamata PIM (Powder Injection
Moulding), può migliorare la resistenza alla corrosione
del titanio. La metallurgia delle polveri non dà luogo a
fenomeni di segregazione e consente inoltre di alligare
elementi in proporzioni non ottenibili con tecnologie
metallurgiche convenzionali: così si sono prodotti
intermetalli Ti-Al e Ni-Al (questo ultimo adottato per
lo scudo di protezione termica del velivolo SSTO
(Single-Stage-To-Orbit) X-33.
Il ruolo dell’acciaio si è andato via via riducendo, ad
eccezione degli acciai inossidabili (introdotti negli anni
’30) che sono ancora di una qualche importanza.
L’utilizzo degli acciai per le parti strutturali efficienti e
molto sollecitate, come i longheroni alari a guscio in
parete sottile, si può far risalire agli anni ’30.
Ciononostante, l’elevata densità ne ha impedito
l’impiego estensivo, limitandone l’adozione a getti,
forgiati e macchinati di relativamente piccole
dimensioni soggetti a sollecitazioni molto elevate,
dell’ordine dei 1500 MPa, quali attacchi alari,
longheroni posteriori, perni e compassi dei carrelli.
Sebbene non sia troppo difficile ottenere acciai con
resistenze statiche a trazione elevate o ultra-elevate,
normalmente ciò comporta il sacrificio di altre
caratteristiche e l’induzione di una difficile lavorabilità.
Per superare alcuni di questi inconvenienti, a partire
dagli anni ’60 sono stati sviluppati gli acciai maraging,
totalmente o quasi totalmente privi di carbonio in lega.
Infatti il carbonio, grazie al quale gli acciai
convenzionali raggiungono elevate resistenze, è anche
responsabile della fragilità e delle distorsioni dovute ai
trattamenti
termici,
distorsioni
difficilmente
correggibili tramite lavorazioni alla macchina utensile.
Per questi acciai al carbonio è altresì impraticabile lo
stampaggio a freddo e quasi impossibile la saldatura.
L’indurimento degli acciai maraging avviene invece
grazie alla presenza di altri alliganti, quali nickel (1719%), cobalto (8-9%), molibdeno (3-3,5%) e titanio
(0,15-0,25%). Il carbonio è presente allo 0,03%
massimo, con tracce di manganese, silicio, zolfo,
fosforo, alluminio, boro, calcio e zirconio. Essi
raggiungono s di 1400 MPa e moduli di rigidezza di
180 Gpa; i loro maggiori vantaggi rispetto agli acciai
convenzionali al carbonio risiedono nella maggior
G. Sala, L. Di Landro, A.Airoldi, P. Bettini
tenacità a frattura e minor sensibilità all’intaglio,
ridotte distorsioni, facilità di trattamento termico, di
saldatura e di lavorazione alla macchina utensile;
miglior resistenza alla corrosione ed all’infragilimento
da idrogeno. Per contro, gli acciai maraging hanno un
costo di tre volte superiore rispetto agli acciai
convenzionali al carbonio, maggior costo in parte
compensato dalla più facile lavorabilità. Essi vengono
usati per ganci di arresto dei velivoli imbarcati,
involucri dei motori a combustibile solido, ingranaggi
di trasmissioni, eiettori dei seggiolini Martin-Baker. In
aggiunta agli acciai maraging, vengono utilizzati gli
acciai inossidabili (con presenza di nickel e/o cromo
fino al 12-18%) nei velivoli sperimentali super- e ipersonici (velocità Mach 5-6) ove gli effetti del
riscaldamento cinetico sono rilevanti, come ad esempio
le strutture primarie del Bristol 188 e dell’X-15.
Le leghe di titanio usate nelle strutture aeronautiche
appartengono principalmente a due tipologie: le prime
contengono quantità controllate di alluminio, stagno o
zirconio; le seconde manganese, vanadio, molibdeno e
niobio. Entrambe le famiglie sono adatte alla
deformazione plastica ed alla colata e vengono usate
sempre più estensivamente sia nei motori che nelle
strutture “fredde”, sebbene esse abbiano sempre trovato
la loro tradizionale applicazione nelle palette dei
compressori e nei dischi di turbina. Alcune leghe di
titanio mantengono la propria resistenza (fino a circa
1700 MPa) ad a temperature di 400-500 °C e
possiedono un buon rapporto tra limite di fatica e
resistenza statica. Generalmente esse possiedono anche
un’apprezzabile resistenza alla corrosione ed alla
fatica-corrosione, sebbene queste caratteristiche siano
inficiate dall’esposizione all’ambiente salino in
condizioni di elevata temperatura: questa situazione
affligge particolarmente i motori dei velivoli imbarcati.
Un ulteriore svantaggio è dovuto, come per gli acciai,
ad una densità relativamente elevata, che induce
penalizzazioni ponderali rilevanti nei casi in cui tali
leghe siano usate estensivamente. Ciononostante,
l’utilizzo delle leghe di titanio è aumentato (Fig.0.17)
ed andrà aumentando nel futuro con l’incrementarsi
delle velocità di volo, estendendosi dalle applicazioni
classiche (motori, attacchi alari, paratie parafiamma)
anche ai cerchi ruota, ai pannelli, ai correnti ed agli
elementi di giunzione (rivetti e ribattini) delle strutture
in carbon-epoxy.
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un’inaccettabile fragilità a temperatura ambiente e di
una elevata pericolosità durante la lavorazione. Le
proprietà meccaniche tipiche sono r 400-700 MPa, s
275-480 MPa, r 10-20. Come materiale strutturale
aeronautico, il berillio è stato utilizzato con
apprezzabili risparmi ponderali in tutti quei
componenti caratterizzati da stati di sforzo semplici,
nei quali si è potuto ovviare all’intrinseca fragilità
tramite opportuni accorgimenti di progetto, quali il
timone del McDonnell-Douglas F-4 e le pinze freni del
Lockeed C5A; le applicazioni missilistiche annoverano
il Minuteman Spacer e l’Agena D. Appare improbabile
che il berillio possa diventare un primario materiale per
le strutture aeronautiche se non in forma alligata. Per
esempio la lockalloy, costituita dal 62% di berillio e
38% di alluminio ha lo stesso modulo elastico
dell’acciaio, la stessa densità del magnesio e lo sforzo
di rottura delle più resistenti leghe di alluminio: la
tossicità durante la manipolazione ne ha però finora
impedito l’uso.
Gli acciai inossidabili CRES (corrosion-resistant
stainless steel) per uso aerospaziale si dividono in
austenitici (347, 321), usati per serbatoi criogenici,
pompe, condotti, ugelli; semi-austenitici e martensitici,
non utilizzati per impieghi criogenici a causa della
fragilità a bassa temperatura. Con essi si realizzano
alberi, ingranaggi, valvole.
Le leghe di nickel (Inconel, Monel, Incoloy, Hastelloy)
sono apprezzate per la loro resistenza al creep ad alta
temperatura (fino a 1200 °C), all’ossidazione ed alla
corrosione: con essi si realizzano dischi e palette di
turbina, camere di combustione, condotti e iniettori.
Spesso esse contengono hafnio e sono prodotte per
solidificazione direzionale
Le leghe di rame (Berylco, NARloy) possiedono
elevata conduttività termica ed elettrica, alta resistenza
alla corrosione, sono duttili e formabili: per questo
vengono impiegate negli scambiatori di calore.
Le leghe di cobalto o superleghe (Haynes-25, MARMM) sono caratterizzate dalla resistenza alla corrosione
ad alta temperatura e sono utilizzate per dischi e palette
di turbina (single-crystal).
Il molibdeno ed il columbio hanno elevate
caratteristiche ad alta temperatura, ma non possono
essere usati per applicazioni criogeniche, a causa della
loro tendenza all’infragilimento: vengono viceversa
utilizzati per la realizzazione di ugelli di scarico.
Fig. 0.17 - Aumento dell’impiego del titanio negli
ultimi dieci anni.
L’utilizzo delle leghe di magnesio è potenzialmente
conveniente in virtù della loro ridotta densità, ma
l’applicazione è stata finora limitata a causa
dall’elevato costo e della scarsa resistenza alla
corrosione. Lo sviluppo di nuove leghe ad elevata
purezza e migliorata resistenza alla corrosione, la
disponibilità di efficaci protezioni superficiali e
l’implementazione
di
opportuni
accorgimenti
progettuali (che evitino il contatto con metalli
dissimili) potrebbero però garantire una sufficiente
durability. La gran parte delle leghe da colata (AZ8,
AZ91) contiene alluminio e piccole quantità di zinco;
le maggiori resistenze si ottengono grazie all’aggiunta
di zinco e zirconio (Z5Z), mentre i migliori
comportamenti a creep sono garantiti dalla presenza di
terre rare: magnesio, zinco, rhenio e zirconio (RZ5)
oppure magnesio, zinco, tellurio e zirconio (TZ6).
Queste leghe hanno proprietà omogenee, bassa microporosità e sono esenti da fenomeni di corrosione sotto
sforzo. Le proprietà meccaniche a temperatura
ambiente possono essere aumentate (per mezzo di
trattamenti termici) fino a quelle delle migliore leghe
d’alluminio da colata tramite l’alligazione con argento,
zirconio e terre rare. Gli elementi del carrello anteriore
del caccia anglo-francese Jaguar sono realizzati con
una lega di questo tipo (MSR-B). La resistenza alla
corrosione è invece grandemente migliorata
dall’aggiunta di yttrio. Il compromesso migliore è
raggiunto dalle leghe di magnesio con yttrio, zirconio e
terre rare (WE54), ovvero buone prestazioni a
temperatura ambiente ed elevata, soddisfacenti
colabilità e saldabilità. Alcune leghe da colata (come la
ZCM711 allo zinco-rame ) sono disponibili anche nella
forma
da
deformazione
plastica,
trattabile
termicamente e saldabile.
Nonostante
il
berillio
possieda
l’attraente
combinazione tra un elevato modulo elastico (275-300
GPa) ed una ridotta densità specifica (1,86), esso
presenta gli svantaggi di un elevato costo, di
G. Sala, L. Di Landro, A.Airoldi, P. Bettini
Polimeri
Contrariamente all’ordine della struttura cristallina dei
metalli, i polimeri consistono in lunghe catene
polimeriche costituite da anelli elementari, i monomeri.
conferiscono le prestazioni macroscopiche ai polimeri.
Il tipo ed il contenuto energetico dei legami tra i
monomeri e tra le catene polimeriche, oltre alle
caratteristiche intrinseche dei monomeri stessi, quali la
forma, la lunghezza e la sequenza delle unità funzionali
(per esempio nei polimeri a blocchi formati da
componenti immiscibili) determinano le proprietà del
polimero. In Tab.1.1 sono riportate le caratteristiche
delle due maggiori classi di polimeri attualmente di
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interesse per il settore aerospaziale: i termoindurenti
(per esempio resine epossidiche e bismaleimidiche) ed
i termoplastici (per esempio PEEK, PPS). Essi trovano
applicazione negli isolamenti (elettrici e termici),
sigillanti, adesivi) e come matrici dei materiali
compositi. I termoindurenti vanno incontro alla
reticolazione delle catene polimeriche durante il
riscaldamento, in maniera da formare una struttura tridimensionale che non può essere ri-plasmata allo stato
solido tramite l’apporto di calore. Al contrario, i
termoplastici sono caratterizzati da catene polimeriche
che rimangono chimicamente distinte le une dalle altre
e perciò possono essere resi deformabili aumentando la
temperatura. Un’attenta scelta dei costituenti del
polimero consente di massimizzare la tenacità e la
resistenza ai solventi dei termoplastici, rendendoli
adatti a soddisfare anche i più stringenti requisiti delle
costruzioni aerospaziali. La possibilità di mescolare
differenti polimeri ha aperto nuove prospettive per
quanto riguarda l’ingegnerizzazione delle prestazioni.
I polimeri più nuovi e forieri di efficienti applicazioni
sono i cosiddetti compositi molecolari. Essi sono
costituiti da una catena polimerica flessibile (per
esempio poli-amidica) combinata con travi polimeriche
rigide, in maniera da ripristinare su scala molecolare la
struttura di un composito rinforzato con fibre vere e
proprie. Questi materiali mostrano elevata rigidezza e
buon comportamento ad elevata temperatura, nonché
resistenza all’aggressione chimica.
Gli elastomeri sono polimeri in grado di allungarsi
elasticamente almeno sino al doppio della loro
lunghezza. Essi trovano utilizzo nelle tubazioni,
guarnizioni, membrane.
perciò la matrice allo stato liquido deve bagnare le
fibre (per esempio le fibre di ossido di alluminio Al2O3
e di carburo di silicio SiC sono soddisfacentemente
bagnate dai metalli fusi). Occasionalmente si rende
necessario un rivestimento superficiale per promuovere
la bagnabilità ed il conseguente sviluppo di forze
intermolecolari o reazioni chimiche atte a garantire un
legame stabile tra fibre e matrice. Generalmente non
avvengono reazioni indesiderate tra le fibre e matrici
polimeriche, mentre le alte temperature di fusione ed i
conseguenti elevati ratei di reazione possono indurre un
rilevante degrado delle proprietà nel caso di compositi
a matrice metallica.
I compositi avanzati per applicazioni aerospaziali
generalmente sono rinforzati con fibre continue
unidirezionali o tessute, in virtù della loro grande
efficienza strutturale e nel trasferimento dei carichi.
3. Evoluzione
Legno
La prima generazione di velivoli venne costruita con
tela e legno. Le essenze più utilizzate furono l’abete e
la betulla, caratterizzati da sforzi di rottura a trazione di
70 e 100 MPa, densità specifiche di 0.40, e 0.63,
moduli di Young di 9 e 14 GPa rispettivamente.
Nonostante gli eccellenti valori del rapporto
resistenza/peso, ben superiori a quelli delle attuali
leghe leggere d’alluminio, i legnami naturali da
costruzione hanno numerosi svantaggi. L’assorbimento
ed il rilascio di umidità provocati dalla variazione della
concentrazione di umidità atmosferica causano
variazioni delle forma e delle dimensioni, mentre le
loro proprietà strutturali mostrano l’intrinseca
variabilità propria di tutti i prodotti naturali. Inoltre, la
rilevante anisotropia dovuta alla loro struttura fibrosa
può indurre una variazione del valore del modulo di
Young fino ad un rapporto di 150:1 in dipendenza della
direzione di sollecitazione rispetto all’orientazione
delle fibre. In conseguenza di ciò, anche i valori del
modulo elastico trasversale e del coefficiente di
Poisson
possono
variare
in
dipendenza
dell’orientazione fino a rapporti di 20:1 e 40:1
rispettivamente.
L’introduzione del legname compensato e lo sviluppo
delle resine adesive sintetiche consentirono l’aumento
della resistenza dei longheroni e dei rivestimenti,
permisero di eliminare o perlomeno di controllare
l’anisotropia. Ciononostante, la grande quantità di
legname utilizzato per la costruzione dei velivoli
militari nel corso della Prima Guerra Mondiale mise in
luce la maggiore limitazione di questi materiali. I
semilavorati più pregiati venivano importati da oltre
oceano e richiedevano una grande disponibilità di
naviglio, che era invece necessario per il trasporto di
truppa, armi e vettovagliamento. Per evitare il crearsi
di una situazione critica anche nel futuro, nel 1924 il
Ministero dell’Aviazione Inglese proibì l’utilizzo di
legno per la costruzione dei componenti primari delle
strutture dei velivoli. Ovviamente, tale decisione
accelerò l’introduzione di materiali metallici alternativi
per la costruzione delle strutture, sebbene il legno
Compositi
Essi sono materiali a bassa densità, multi-fase, nonomogenei ed ortotropi, progettati in maniera da
possedere una combinazione di proprietà meccaniche
superiori a quelle dei singoli costituenti. Essi sono
costituiti da rinforzi (fibre) continue o discontinue, cui
sono demandate le caratteristiche meccaniche,
inglobate in una matrice, dalla quale dipendono le
caratteristiche di resistenza ambientale, alla corrosione
e la lavorabilità. La temperatura alla quale un
composito può essere utilizzato è determinante per la
scelta della matrice (polimerica, metallica, ceramica,
carbonio/carbonio in ordine di temperature crescenti).
A secondo della natura della matrice, i materiali
compositi sono definiti PMC (Polymer Matrix
Composites), MMC (Metal Matrix Composites),, CMC
(Ceramic Matrix Composites), le cui peculiarità sono
rispettivamente: l’elevata efficienza strutturale, le
elevate caratteristiche meccaniche assolute, l’elevata
resistenza alla temperatura ed alla corrosione.
Le fibre di rinforzo sono generalmente resistenti, ma
differiscono per quanto concerne altre caratteristiche
quali la rigidezza (carbonio), il costo (vetro), la tenacità
(poli-aramide). La compatibilità chimica tra le fibre e
la matrice costituisce il maggior problema dei
compositi. Nel caso di compositi a matrice polimerica
o metallica deve crearsi un legame all’interfaccia:
G. Sala, L. Di Landro, A.Airoldi, P. Bettini
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continuò a garantire il proprio contributo ancora per
lunghi anni. Infatti, durante la Seconda Guerra
Mondiale, un velivolo ad alte prestazioni di particolare
successo, il de Havilland Mosquito, venne interamente
realizzato in legno. Bisogna però ammettere che una
tale scelta venne indotta da circostanze veramente
particolari. Al tempo si venne a creare una carenza di
impianti industriali e di manodopera specializzata nelle
costruzioni metalliche, mentre l’industria dei mobili
rendeva disponibili sia gli uni che l’altra. Inoltre, il
legno poteva essere adattato a procedimenti costruttivi
particolarmente rapidi e nel frattempo i progettisti
avevano acquisito esperienza ed avevano imparato a
padroneggiare i problemi connessi con l’anisotropia del
legno non compensato. Infine l’evoluzione della
chimica e della tecnologia degli adesivi, che aveva
portato all’introduzione della colla Redux, basata sulle
resine termoindurenti fenolformaldeidi, e dei sistemi
compositi di adesivo, basati sulle resine termoplastiche
poliviniliche, consentiva di realizzare eccellenti
incollaggi legno-legno, buoni incollaggi legno-metallo
ed addirittura accettabili incollaggi metallo-metallo.
Nonostante un così brillante successo dell’uso del
legno in tempi non troppo lontani, il suo ruolo di
preminenza come materiale strutturale doveva arrivare
necessariamente ad una conclusione. L’elevato carico
alare e le complesse forme strutturali dei velivoli
moderni inducono elevate concentrazioni di sforzo per
sopportare le quali il legno non è adatto. La gestione
della sua anisotropia comporta delle difficoltà per il
progettista e, comunque, essi richiedono una maggior
manutenzione rispetto a quelli metallici. In particolare,
essi non sono adatti all’uso in ambienti tropicali, ove le
grandi variazioni di umidità atmosferica causano seri
problemi di stabilità dimensionale. Infine il possibile
attacco da parte di muffe e parassiti costituisce un
ulteriore, grave svantaggio.
questi due alliganti presi singolarmente, e comunque
resistenze significativamente maggiori rispetto a tutte
le leghe della famiglia 2XXX. Nel corso dei primi anni
’40, tali ricerche portarono allo sviluppo della 7075.
Componenti realizzati in 7075-T6 vennero montati sul
bombardiere B-29, usato nel Teatro del Pacifico
durante la Seconda Guerra Mondiale. Una lega con una
resistenza ancor maggiore, la 7178, venne sviluppata
poco dopo la Seconda Guerra Mondiale, e componenti
realizzati in 7178-T6 costituivano la parte superiore
della struttura del Boeing 707.
La tolleranza al danno divenne un aspetto importante
da quando, nel 1954, tre aerei passeggeri a getto della
Havilland Comet, che facevano largo uso della lega
7075, precipitarono per cedimento strutturale. La causa
dei cedimenti venne individuata nel cedimento
prematuro per fatica della fusoliera pressurizzata,
dovuto alle concentrazioni di sforzo in corrispondenza
degli angoli dei finestrini. Poiché le leghe 7XXX-T6
non erano tolleranti al danno come le meno prestanti
leghe 2024-T3 e 2014-T6, i costruttori Europei di
strutture aeronautiche proibirono l’uso delle leghe
7XXX, mentre i produttori Statunitensi restrinsero
l’uso di queste leghe in quei componenti dove
predominano le sollecitazioni di trazione.
Quando gli aeroplani aumentarono di dimensione,
cominciarono ad essere utilizzati componenti più
spessi: le lamiere spesse in 2024-T3, 7075-T6 ed, in
particolare, in 7079-T6 cominciarono a mostrarsi
suscettibili a fenomeni di corrosione sotto sforzo
(stress corrosion) se sollecitati nella direzione
trasversale rispetto a quella di laminazione. I
trattamenti termici di bonifica T73 e T76 vennero
sviluppati nei corso dei primi anni ’60 per rendere la
lega 7075 più resistente alla criccatura da stress
corrosion ed alla exfoliation corrosion. Tali trattamenti
termici comportano un invecchiamento artificiale a
bassa temperatura, seguito da una seconda fase a
temperatura più alta. Il trattamento a bassa temperatura
produce una distribuzione omogenea di precipitati, che
non vengono poi smiscelati durante la susseguente fase
ad alta temperatura. Il trattamento ad alta temperatura
provoca così un super-invecchiamento della lega, che
comporta una riduzione di resistenza rispetto alla
bonifica T6. Tale doppio invecchiamento porta ad una
combinazione tra i valori di resistenza meccanica e
resistenza alla corrosione migliore di quella che può
essere ottenuta, in tempi ragionevoli, tramite un singolo
invecchiamento. Durante il sovra-invecchiamento, il
rame continua a unirsi ai precipitati di bordo grano,
rendendoli più nobili (in senso elettrochimico). Come
conseguenza, il potenziale all’apice della cricca assume
anch’esso valori più nobili. La riduzione della velocità
di propagazione della cricca, se confrontata con quella
derivante dalla bonifica T6, è molto probabilmente
dovuta al decremento della velocità di dissoluzione dei
precipitati più nobili, o al decremento della velocità di
riduzione degli ioni idrogeno e adsorbimento
dell’idrogeno all’apice della cricca con un potenziale
più nobile. Poiché il miglioramento della resistenza a
corrosione è accompagnato dal peggioramento della
resistenza meccanica rispetto alla bonifica T6,
Leghe leggere d’alluminio
Dal 1903 al 1930, il minimo peso costituì il criterio
preminente per la scelta dei materiali aeronautici; tutte
le altre considerazioni furono considerate secondarie. A
partire dal 1930 fino agli anni ’60, l’obiettivo
principale divenne il miglioramento delle prestazioni e
la riduzione del peso venne finalizzata a ciò. Lo
sviluppo dei materiali per impiego aeronautico
continuò a focalizzarsi sull’alluminio e si registrò un
considerevole miglioramento nella resistenza specifica
delle lamiere, come pure lo sviluppo di altri tipi di
semilavorati, come estrusi, forgiati e lastre. Gli
esperimenti con diversi tenori degli alliganti portarono
alla lega ora nota come 2014, la quale mostrava
migliori proprietà della 2017 dopo invecchiamento
artificiale. Altri esperimenti portarono allo sviluppo
della 2024-T3, che era in grado di migliorare lo sforzo
di snervamento rispetto alla 2017-T4 tramite una
modesta deformazione a freddo seguita da
invecchiamento naturale; essa mostrava altresì una
maggior duttilità rispetto alla 2014-T6. Molti
ricercatori scoprirono che le leghe d’alluminio
contenenti sia zinco che magnesio davano luogo a
resistenze maggiori rispetto alle leghe che contenevano
G. Sala, L. Di Landro, A.Airoldi, P. Bettini
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l’aumento di durabilità e di resistenza a fatica
generalmente comportarono negli anni ’50 e ’60 delle
penalizzazioni ponderali.
Alla ricerca di prestazioni sempre migliori, negli anni
’60 si aggiunse l’obiettivo di aumentare le velocità di
volo e due imponenti programmi (uno Sovietico, l’altro
Anglo-Francese) presero l’avvio nel 1962 per
sviluppare un velivolo passeggeri supersonico
progettato per volare a Mach 2 e oltre. Il velivolo
sviluppato dal consorzio Anglo-Francese (il Concorde)
venne progettato per una vita operativa di 50.000 ore,
delle quali almeno 20.000 avrebbero dovuto essere
spese alla massima velocità di crociera di Mach 2.
Poiché la combinazione di temperatura e sollecitazione
moderatamente elevate dà luogo ad un invecchiamento
a lungo termine (perdita di resistenza e scorrimento
viscoso), il regime di Mach 2 rappresenta la massima
velocità alla quale le leghe di alluminio trattabili
termicamente possono essere utilizzate come materiali
strutturali primari. L’Hiduminium R.R.58, che è una
complessa lega Al-Cu-Mg-Ni-Fe sviluppata durante la
Seconda Guerra Mondiale per i componenti forgiati dei
motori di turbina a gas, venne allora scelta come la lega
principale per la struttura primaria, grazie alle sue
proprietà ad elevata temperatura. Ciononostante,
furono necessarie considerevoli modifiche alla lega
originaria per renderla adatta all’ambiente del trasporto
supersonico. Tra queste, lo stretto controllo del
contenuto in silicio ed il bilanciamento dei tenori di
ferro e di nickel per minimizzare le quantità di fasi
primarie contenenti Cu/Fe e Cu/Ni. La lega R.R.R.58
modificata per il Concorde, non solo aveva una
composizione controllata per ottimizzare la resistenza,
ma aveva uno stretto controllo delle dimensioni del
grano per ottimizzare la resistenza allo scorrimento
viscoso (grani di grandi dimensioni) prevenendo così
l’effetto “buccia d’arancia”. Per migliorare la
resistenza alla corrosione, la lega veniva placcata con
una lega d’alluminio all’1% di zinco, poiché le ricerche
avevano dimostrato come il forte cold working
susseguente alla tempra provocava effetti negativi sulla
resistenza a scorrimento viscoso. La lega modificata,
che possiede eccellente resistenza allo scorrimento
viscoso ed una temperatura di funzionamento
continuativo superiore a 100 °C (requisito per il regime
di Mach 2) venne designata 2618.
Negli anni ’60, lo svilupparsi della meccanica della
frattura lineare elastica mise in luce la necessità di
migliorare la combinazione tra resistenza statica e
tenacità alla frattura delle leghe d’alluminio. Nel 1978,
la certificazione di nuovi velivoli richiedeva ai
costruttori di dimostrare che le cricche di fatica
potessero essere rilevate prima di raggiungere la
lunghezza critica, ovvero prima di provocare il
cedimento catastrofico. Le caratteristiche della lega
2024-T3, in quanto a velocità di crescita della cricca ed
a lunghezza critica, erano in grado di garantire
sicurezza sufficiente ed intervalli di ispezione
economicamente accettabili, ma la sua bassa resistenza
portava ad un aggravio ponderale. D’altra parte, la
bassa tenacità alla frattura e l’insufficiente resistenza
alla propagazione a fatica della cricca impedivano alla
G. Sala, L. Di Landro, A.Airoldi, P. Bettini
lega ad alta resistenza 7057-T6 di essere presa in
considerazione per applicazioni critiche a fatica, con
predominanza di carichi di trazione. I miglioramenti
auspicati per le leghe di alluminio, che guidarono lo
sviluppo di nuovi materiali durante gli anni ’70 furono:
sviluppare una lega per lamiere ad alto spessore avente
resistenza statica, resistenza alla stress corrosion e
duttilità in direzione traversa alla laminazione almeno
pari a quelle della lega 7079-T6; sviluppare una lega
con una resistenza statica pari a quella della 7075-T6
ed una resistenza alla exfoliation corrosion pari a
quella della 7075-T76; sviluppare una lega con
resistenza statica prossima a quella della 7075-T6,
tenacità alla frattura prossima a quella della 2024-T3,
caratteristiche di crescita della cricca a fatica tali da
consentire intervalli di ispezione accettabili ed
adeguata resistenza alla exfoliation corrosion.
La lega 7050-T74 venne sviluppata per soddisfare il
bisogno di un materiale caratterizzato da alta resistenza
nelle lamiere spesse, buona resistenza alla exfoliation
corrosion e stress corrosion, nonché adeguata tenacità
alla frattura e resistenza a fatica. La sostituzione dello
0,2% Cr con lo 0,1% Zr nella lega 7075 minimizza la
sensibilità alla tempra e migliora la tenacità alla
frattura. Le fasi di equilibrio, che riducono la tenacità
alla frattura e la capacità di aumentare la resistenza in
seguito all’invecchiamento, durante il raffreddamento
non coalescono attorno alle dispersioni di zirconio così
come fanno con le dispersioni di cromo. Così, gli atomi
del soluto non vanno persi durante la tempra, ma
rimangono disponibili per formare i precipitati, che
induriscono la lega in seguito all’invecchiamento.
Questo è importante, in quanto la lega 7050 contiene
un tenore di rame maggiore rispetto alla lega 7075.
L’aumento del tenore di rame, unitamente ad una lieve
modificazione del rapporto zinco/magnesio migliorano
la resistenza alla corrosione. Il maggior tenore di rame
comporta altresì un aumento della resistenza statica.
Questa lega 7050 può essere super-invecchiata per
migliorare la resistenza alla corrosione, pur
mantenendo una resistenza statica pari ai valori
massimi della lega 7075. Le lastre ed i forgiati in 7050T74 sono attualmente i semilavorati standard per i
componenti di grosso spessore delle strutture
aeronautiche, mentre le lastre e gli estrusi in 7050-T76
godono di numerose applicazioni. Le leghe 7049 e
7010 vennero sviluppate all’incirca nello stesso
periodo, ma esse possiedono una combinazione meno
favorevole di resistenza statica e resistenza alla
corrosione, cosicché hanno trovato un minor numero di
applicazioni.
Per risparmiare peso sui velivoli Boeing 757 e 767
vennero sviluppate espressamente leghe per estrusione
e laminazione ad alto spessore. Lamiere spesse ed
estrusi in 7150-T6 costituirono il rivestimento ed i
correnti della struttura dell’estradosso. Invece, per
l’infradosso vennero adottate lamiere spesse in 2324T39 ed estrusi in 2224-T351X. Venne modificata la
composizione chimica della lega 2024 per aumentare la
tenacità a frattura, grazie alla riduzione della frazione
volumetrica dei composti intermetallici. Venne
aumentato il limite a snervamento delle lamiere
12
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INTRODUZIONE: EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE E DEI MATERIALI AEROSPAZIALI
aumentando significativamente l’entità del cold
working dopo la tempra, mentre la resistenza dei
correnti estrusi venne aumentata mantenendo la
distorsione della struttura cristallina dovuta
all’estrusione tramite il controllo termomeccanico del
processo.
La 7475 fu la prima lega di alluminio espressamente
sviluppata per offrire una tenacità a frattura migliorata.
In confronto alla 7075; tale lega ha un minor tenore di
impurità Fe e Si, un minor contenuto massimo di Cr e
lievi modifiche nei tenori di Zn, Mg e Cu. Di
conseguenza, la frazione volumetrica delle fasi
primarie, le quali costituiscono i punti di innesco della
cricca, e delle dispersioni, che ne contribuiscono alla
propagazione, risulta ridotta. Sono necessari speciali
processi produttivi per controllare la distribuzione di
particelle e per garantire così una struttura metallurgica
capace di resistere sia all’innesco che alla propagazione
della cricca. Le lamiere 7475-T6 vennero adottate per
la prima volta su di un velivolo militare Europeo,
mentre poco tempo dopo un velivolo militare della US
Air Force adottò lamiere spesse in 7475-T76.
Negli anni ’80 l’aumento del costo del carburante,
l’apprezzamento commerciale verso elevate autonomie
chilometriche ed il costo dei diritti di atterraggio legato
al peso focalizzarono l’attenzione dei tecnici verso la
riduzione del peso. Vennero compiuti studi di trade-off
per individuare quale miglioramento delle proprietà
potesse portare al maggior impatto sul risparmio in
peso. Tali studi mostrarono che la riduzione della
densità sarebbe stata la più vantaggiosa e che
l’aggiunta di litio avrebbe avuto la maggior influenza
sulla
riduzione
della
densità
dell’alluminio
(Figs.0.18a,b).
Fig. 0.18b - Effetti sulla densità delle leghe di
alluminio.
I programmi di sviluppo delle leghe Al-Li presero
l’avvio in Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia ed
Unione Sovietica. In verità, una lega Al-Li - la 2020 era già stata sviluppata nel 1950 ed era stata utilizzata
per la struttura delle ali e degli impennaggi del velivolo
da ricognizione RA5C; essa era però stata afflitta da
difficoltà nei processi produttivi e da insufficiente
tenacità a frattura, tanto da dover essere ritirata dal
mercato. Nel 1960 venne sviluppata una lega a bassa
densità Al-Li-Mg, designata 1420. La produzione
commerciale della 1420 iniziò nel 1971 e la lega venne
scelta come materiale per la fusoliera e la cabina di
pilotaggio interamente saldate del caccia supersonico
MIG-29. La lega 1420 è una lega relativamente poco
resistente, e la maggior parte degli sforzi profusi negli
Stati Uniti e nell’Europa Occidentale furono tesi allo
sviluppo di leghe a maggior resistenza, contenenti Cu
oltre a Li e Mg. L’obiettivo era quello di sviluppare
una lega che, a parità di spessore delle lamiere, potesse
sostituire le leghe convenzionali mantenendone le
proprietà, ma senza complicazioni produttive aggiunte.
Vennero sviluppate numerose leghe Al-Li contenenti
circa il 2% di Li, e tre di esse (2090, 8090 e 2091)
hanno trovato sinora un pur limitato impiego su
velivoli militari e commerciali sotto forma di lamiere,
piastre medio-sottili ed estrusi. La lega 8090 è stata
utilizzata nell’ambito di un dimostratore tecnologico
del British Aerospace EAP. Il velivolo, che ha volato
nel 1986, impiegava 80 Kg di tale lega per realizzare il
rivestimento del belly e dei flaperons. Altri due
dimostratori tecnologici hanno fatto uso di leghe Al-Li.
Il McDonnell Douglas F15SMTD aveva i pannelli alari
di estradosso macchinati da piastre spesse di 8090,
mentre il francese Raphale adottava una lega Al-Li
nella struttura di fusoliera. A tutt’oggi, problemi tecnici
consistenti in un’eccessiva anisotropia delle
caratteristiche meccaniche, deviazione nel percorso
delle cricche, bassa resistenza alla stress-corrosion e
formazione di cricche durante l’installazione dei rivetti
hanno impedito alle leghe Al-Li di essere utilizzate nei
componenti strutturali principali dei velivoli da
trasporto.
Le leghe Al-Li sono invece state utilizzate nei
componenti strutturali secondari di svariati velivoli. La
McDonnell Douglas Aerospace sta usando la lega 2090
sul velivolo da trasporto C-17 nella rampa di carico
Fig. 0.18a- Risparmio percentuale di peso nei velivoli
della Lockheed.
G. Sala, L. Di Landro, A.Airoldi, P. Bettini
13
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INTRODUZIONE: EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE E DEI MATERIALI AEROSPAZIALI
posteriore, nei portelloni di carico, nella struttura del
pavimento e nelle piattaforme di carico. I motivi per
cui la McDonnell Douglas ha deciso di perseguire
l’adozione di questa lega risiedono nella possibilità di
ridurre il peso del 12-15% senza necessità di
riprogettazione o del 17% con una lieve
riprogettazione, in una resistenza statica confrontabile
con quella della 7075, in un modulo elastico del 10%
più alto rispetto alle leghe convenzionali, in una
resistenza alla propagazione della cricca migliore
rispetto alla 7075 ed in una accettabile resistenza alla
corrosione. In realtà, la McDonnell Douglas ha
ottenuto un aumento del 7% della resistenza e del 10%
della rigidezza, con un conseguente risparmio in peso
di circa 150 Kg (pari al 7%) rispetto alla lega
convenzionale 7075 che è stata sostituita. La British
Aerospace realizza le strutture secondarie dell’ala
dell’Airbus A340 con la lega 8090 ed ha ottenuto un
risparmio in peso di 50 Kg. L’Agusta-Westland fa uso
di lamiere, estrusi e forgiati sia di 8090 che di 2091
nelle strutture primarie dell’EH101. E’ stato inoltre
portata a termine una campagna di prove a fatica fullscale su Airbus A330/A340 con componenti ed assiemi
realizzati con leghe 2090, 2091 e 8090 (Fig.0.19).
attuale consiste nello sviluppare materiali migliorati sia
nelle proprietà meccaniche che nel costo del ciclo-vita
(life-cycle-cost). Ciò richiede una stretta collaborazione
tra i produttori di materiali, i progettisti, analisti e
costruttori di strutture aeronautiche, e gli esperti
economici in maniera che le proprietà dei materiali
possano essere adattate ai requisiti specifici di ogni
singola applicazione.
La maggior parte dei recenti sviluppi connessi con
nuove leghe di alluminio è stata associata, in un modo
o nell’altro, con i costi, ovvero con l’obiettivo di
ridurre i costi operativi totali dei vettori o delle forze
aeree. Fortunatamente, le leghe migliorate in questo
senso hanno anche migliorato le prestazioni dei
velivoli.
Ci sono stati numerosi aspetti che hanno portato allo
sviluppo di nuovi materiali per l’aeronautica. Il costo
del carburante, l’importanza conferita ad autonomie
chilometriche sempre maggiori, ed i diritti di
atterraggio legati al peso hanno concentrato
l’attenzione verso la riduzione del peso. I problemi
legati ad una flotta che va sempre più invecchiando,
vale a dire la fatica, la corrosione, etc. hanno invece
stimolato il miglioramento della tolleranza al danno e
della resistenza alla corrosione. La riduzione dei ricavi
e l’aumento dei costi operativi hanno infine comportato
la riduzione dei costi di produzione e, di conseguenza,
dei costi di acquisizione. Attualmente il costo è uno dei
principali requisiti e tutti i nuovi materiali devono
“conquistarsi il posto” sui nuovi velivoli grazie ad una
convenienza economica.
Il costo di un nuovo materiale adottato per ridurre il
peso non deve eccedere i costi risparmiati grazie al
minor consumo di carburante, alla ridotta
manutenzione ed ai più bassi diritti di atterraggio. Di
conseguenza, le compagnie aeree conducono sempre
un’attenta analisi costi/benefici prima di adottare
qualsiasi nuovo materiale. Il costo totale del ciclo vita
di un velivolo è costituito dai costi di acquisizione, dai
costi operativi e da quelli di supporto. I costi di
acquisizione sono dati dalla somma dei costi ricorrenti
e dei costi non ricorrenti. I costi di sviluppo non
ricorrenti (connessi per esempio con la qualificazione
del materiale) normalmente vanno divisi per il numero
di velivoli che si intendono costruire con il nuovo
materiale e aggiungono così una quota fissa al costo
per ogni unità di peso risparmiata. La Boeing ha
sviluppato una formula che è utile quando si vuol
valutare il legame tra il possibile risparmio in peso ed il
costo ricorrente per il materiale:
Q = 1/u [P/(Wo/Wc – 1) – Po]
dove Q è la differenza di costo per unità di peso
risparmiata, Po è il prezzo per unità di peso del
materiale base, P è la differenza del prezzo per unità
di peso tra il materiale candidato ed il materiale base,
Wo è il peso del componente realizzato con il materiale
base, Wc il peso del componente realizzato con il
materiale candidato, u il coefficiente di utilizzo del
materiale, ovvero il rapporto tra il peso del componente
finito ed il peso del materiale acquistato per realizzare
il componente stesso.
Fig. 0.19 - Prova di fatica full-scale su Airbus
A330/A340.
Tali prove hanno fornito informazioni sui componenti
in Al-Li che potranno sostituire le leghe convenzionali
nei progetti futuri. Le Airbus Industries in questo
momento stanno valutando la lega Russa 14XX Al-LiMg.
Negli anni ’90, la realtà legata ad una flotta dei velivoli
commerciali che va via via invecchiando ha indotto la
comunità dei tecnici a concentrare l’attenzione
soprattutto sul miglioramento della tolleranza al danno
e della resistenza alla corrosione. Nel corso degli anni
’80 e’90 l’attenzione si era rivolta anche agli aspetti
economici della questione, vale a dire ai costi di
acquisizione (che comprendono i costi di produzione
veri e propri ed i costi dovuti all’utilizzo di processi
produttivi non nocivi per l’ambiente) ed ai costi di
manutenzione (che sono influenzati dal degrado dei
materiali, dai difetti, etc.). Oltre ad avere alta resistenza
specifica, resistenza al danno e resistenza alla
corrosione, i nuovi materiali devono potersi adattare ai
nuovi processi produttivi ed essere economicamente
convenienti (cost-effective). Di conseguenza, la sfida
G. Sala, L. Di Landro, A.Airoldi, P. Bettini
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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI - Ver.00
INTRODUZIONE: EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE E DEI MATERIALI AEROSPAZIALI
Occorre portare a termine un certo numero di passaggi
prima che un materiale nuovo o migliorato possa
conquistarsi il posto su di un nuovo aeroplano, vale a
dire il progetto iniziale della lega, la qualificazione e la
misurazione degli sforzi ammissibili, il completamento
delle prove di tolleranza al danno e di durabilità, la
valutazione della resistenza alla corrosione, le prove
strutturali, analisi degli effetti termici ed elettrici, lo
sviluppo delle tecnologie di produzione, di
assemblaggio e di protezione superficiale, l’analisi di
costi, la certificazione dei materiali e delle strutture ed
infine l’ingegnerizzazione dei processi produttivi.
Il più recente materiale per il rivestimento delle
fusoliere è una lega placcata 2XXX-T3 (denominata C188 dell’Alcoa) che viene utilizzata per il jet di linea
Boeing 777. Il materiale è stato sviluppato per
soddisfare i requisiti di resistenza e di tenacità a
frattura stabiliti dalla Boeing per un materiale
migliorato con cui realizzare il rivestimento delle
fusoliere. Inoltre, in questo materiale, le cricche di
fatica crescono ad una velocità più che dimezzata
rispetto a quanto fanno nelle lamiere di lega placcata
2024-T3, ad alti livelli di picco del fattore di
intensificazione degli sforzi (> 22 MPa m1/2). Una così
elevata tenacità e maggior resistenza alla crescita delle
cricche di fatica hanno consentito di eliminare i tear
straps nelle zone di giunzione, con rilevante risparmio
in peso. Sebbene la composizione della lega ricada
entro le specifiche della lega 2024, sono necessari
controlli molto stringenti sia sulla composizione
chimica che sui processi produttivi per soddisfare i
rigorosi requisiti del materiale.
Un nuovo processo produttivo per la lega 7150, che ha
dato luogo alla 7150-T77, ha consentito di ottenere una
resistenza più alta, con prestazioni di durabilità e
tolleranza al danno pari o superiori rispetto a quelle
della 7050-T76. La Boeing ha individuato gli estrusi in
7150-T77 come correnti ottimali per i lobi superiore ed
inferiore della fusoliera del Boeing 777, grazie
all’eccellente combinazione di resistenza meccanica,
resistenza alla corrosione ed alla stress corrosion,
nonché tenacità alla frattura. Le lamiere spesse e gli
estrusi in 7150-T77 sono utilizzati sul nuovo velivolo
cargo C-17. L’adozione di questo materiale ha
consentito notevoli risparmi in peso perché la
resistenza alla corrosione della 7150-T6 era considerata
inadeguata da parte della U.S. Air Force per questa
applicazione, mentre la resistenza meccanica della
7050-T76 è considerevolmente più bassa. La tenacità
alla frattura migliorata dei componenti realizzati in
7150-T77 può essere attribuita ad una percentuale
volumetrica controllata dei composti intermetallici più
grossolani e della struttura di grani non ri-cristallizzati,
mentre la combinazione di resistenza meccanica e di
resistenza alla corrosione va attribuita alle dimensioni,
alla distribuzione spaziale ed al tenore di rame dei
precipitati. Tali precipitati svolgono due ruoli: 1) essi
omogeneizzano la deformazione che riduce la
concentrazione di sforzo lungo le superfici di bordo
grano; 2) essi minimizzano la differenza elettrochimica
che esiste tra la matrice e le superfici di bordo grano.
G. Sala, L. Di Landro, A.Airoldi, P. Bettini
L’implementazione del trattamento termico di bonifica
T77 per la lega 7150 è stata seguita dallo sviluppo delle
nuove leghe 7XXX adatte alle strutture sollecitate a
compressione. Le lamiere spesse e gli estrusi in lega
7055-T77 offrono una resistenza aumentata del 10%
rispetto a quella della 7150-T6, ed almeno del 30% più
alta rispetto a quella della 7075-T76. Inoltre essi
possiedono un’alta resistenza alla exfoliation
corrosion, simile a quella della 7075-T76. In contrasto
con la usuale perdita di tenacità a bassa temperatura
tipica delle leghe 7XXX, la tenacità a frattura della
7055-T77 a –54 °C è paragonabile a quella che si rileva
a temperatura ambiente. La resistenza alla stress
corrosion è intermedia tra quella delle leghe 7075-T6 e
7150-T77. L’attraente combinazione di proprietà della
7055-T77 può essere attribuita ai suoi alti rapporti tra i
tenori Zn/Mg e Cu/Mg. Dopo l’invecchiamento
secondo il procedimento di bonifica T77, questa
composizione dà luogo ad una microstruttura in
corrispondenza ed in prossimità delle superfici di bordo
grano che è resistente alla frattura ed alla corrosione
intergranulare. La matrice della microstruttura
contrasta la localizzazione delle deformazioni mentre
mantiene un’elevata resistenza meccanica. La Fig.0.20.
riporta l’evoluzione cronologica dei valori dello sforzo
di snervamento delle leghe utilizzate per i pannelli di
rivestimento dell’estradosso dei velivoli commerciali,
mentre la Fig.0.21 mostra l’utilizzo delle nuove leghe
di alluminio sul Boeing 777, che ha consentito un
notevole risparmio in peso.
Fig. 0.20 - Evoluzione dello sforzo di snervamento per
le leghe di alluminio.
Fig. 0.21 - Posizione delle nuove leghe di alluminio su
Boeing 777
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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI - Ver.00
INTRODUZIONE: EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE E DEI MATERIALI AEROSPAZIALI
Le più recenti leghe Al-Li ad essere sviluppate sono
caratterizzate da un tenore di Li inferiore rispetto alle
leghe progenitrici 8090, 2090 e 2091; esse non
sembrano soffrire degli stessi inconvenienti tecnici. La
prima di questa nuova generazione è stata la Weldalite
049, che può raggiungere uno sforzo di snervamento di
700 MPa ed una corrispondente deformazione del 10%.
Un’evoluzione della lega originaria, la 2195, è stata
presa in considerazione per la produzione dei serbatoi
criogenici dello Space Shuttle. La lega 2195 offre molti
vantaggi rispetto alla 2219 per questo tipo di
applicazione. La sua maggiore resistenza meccanica,
unita al più alto modulo e minor densità, può condurre
a rilevanti risparmi in peso. Inoltre, la lega 2195
possiede buona resistenza alla corrosione, eccellenti
proprietà di fatica, ha resistenza meccanica e tenacità
alla frattura maggiori a temperature criogeniche che a
temperatura ambiente; infine i componenti possono
essere prodotti con tecnologie quasi net-shape e
possono essere saldati mettendo in atto opportune
precauzioni. Comunque, è necessario un ulteriore
sforzo di ricerca e sviluppo per individuare le
condizioni di processo ottimali, tali da garantire ai
componenti la combinazione desiderata di resistenza e
di tenacità.
Sono in corso di valutazione anche altre leghe
contenenti meno del 2% di Li. I risultati preliminari
indicano che possono essere sviluppate nuove lamiere
spesse in lega di Al-Li, in grado di fornire
un’eccellente combinazione di proprietà per le ordinate
di forza dei velivoli ad alte prestazioni. Le analisi
preliminari mostrano che i laminati piani e gli estrusi
realizzati con queste nuove leghe Al-Li potrebbero
essere competitivi addirittura con i compositi a matrice
polimerica per la struttura dello stabilizzatore dei
velivoli passeggeri. Se lo stimolo da parte dei
committenti sarà sufficientemente forte, nuove leghe
Al-Li verranno sviluppate per soddisfare queste
necessità.
Le compagnie aeree hanno perso in questi ultimi
(pochi) anni molto più denaro di quanto non ne hanno
guadagnato nell’intero corso della loro storia,
prescindendo dall’inflazione. Di conseguenza, ad esse
rimane poco denaro da investire per rinnovare le loro
flotte, che vanno sempre più invecchiando. Come
risultato, i costruttori di velivoli hanno dovuto mutare
strategia, che non è più guidata dagli aspetti
tecnologici, bensì da quelli commerciali. Boeing ha
chiarito di volersi concentrare nell’aiuto alle
compagnie aeree per contenere i costi, migliorando la
manutenibilità/affidabilità e riducendo i costi di
acquisizione e quelli operativi. Essa punta alla lega
7055-T77 per il rivestimento dell’estradosso alare ed
alla lega 7150-T77 per le solette superiori dei
longheroni alari, per i correnti di fusoliera e per le
rotaie di vincolo/posizionamento dei sedili, in maniera
da consentire la riduzione dei costi operativi (dovuti a
carburante e manutenzione) per il velivolo Boeing 777,
grazie alla loro combinazione di elevata resistenza
meccanica ed alla corrosione. Essa ha altresì ottenuto
una riduzione dei costi per le lavorazioni meccaniche
sul 777, grazie all’utilizzo di piastre pre-stirate per
G. Sala, L. Di Landro, A.Airoldi, P. Bettini
produrre
componenti
moderatamente
spessi,
sostituendo in alcuni casi i convenzionali forgiati.
Viceversa, i componenti più sollecitati e critici nei
confronti della fatica continueranno ad essere ricavati
da forgiati in stampo chiuso. Il ciclo di lavorazione di
questi componenti è stato comunque riconsiderato in
maniera da ridurre i tempi, i costi, la variabilità e la
necessità di ri-lavorazione, per riuscire a cogliere gli
obiettivi di feroce riduzione dei costi posti dai
produttori aeronautici. L’attenzione riservata dai
produttori di forgiati alla riduzione dei costi ha appena
cominciato a dare i suoi frutti. Tale successo va
attribuito all’implementazione di tecnologie innovative,
quali concurrent engineering e re-ingegnerizzazione,
simulazione 2D e 3D del prodotto e del processo, rapid
prototyping e rapid tooling, high speed machining,
processi avanzati di formatura, nonché l’applicazione
dell’intelligenza artificiale e dei nuovi sistemi di
reporting durante la progettazione dei componenti e
delle attrezzature. L’Airbus Industries ha mandato un
segnale simile a quello della Boeing. La Deutsche
Aerospace Airbus ha stabilito che la migliorata
economicità, assieme con l’elevata affidabilità
costituiranno i requisiti dominanti per lo sviluppo dei
velivoli commerciali. La struttura di questi ultimi dovrà
garantire una lunga vita operativa, un basso peso e
dovrà richiedere minimi costi di manutenzione.
L’obiettivo guida sarà inoltre quello di minimizzare la
numerosità delle parti che costituiscono la struttura.
Questa tendenza fa presumere che la prossima
generazione di jet di linea non sarà più costituita da
numerosi componenti assemblati, bensì da grandi
strutture integrali. Questo requisito potrà essere
soddisfatto disponendo di:
 piastre spesse (200 mm e più) in grado di
garantire la stessa resistenza a fatica e tenacità
a frattura delle lamiere sottili;
 lamiere deformabili superplasticamente con
ratei superiori di alcuni ordini di grandezza a
quelli consentiti dalla lega 7475, garantendo
nello stesso tempo una resistenza statica ed
una durabilità pari o superiori a quelle della
7475-T6 e 2024-T3, rispettivamente;
 leghe e processi produttivi per colata in grado
di conferire proprietà meccaniche simili a
quelle attualmente garantite dai semilavorati
da bonifica o da lavorazione plastica, in
qualsiasi
dimensione
richiesta
dal
committente;
 forgiati aventi migliorata lavorabilità alla
macchina utensile;
 tecniche di giunzione quali la friction stir
welding (saldatura per rimescolamento) che
consentano la produzione di pannelli irrigiditi
integrali di dimensioni non altrimenti
realizzabili;
 lamiere saldabili o brasabili adatte alla
costruzione di fusoliere.
In aggiunta, esiste un gran numero di tecnologie
attualmente allo studio, le quali potrebbero avere un
impatto rilevante sul progetto e la costruzione dei
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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI - Ver.00
INTRODUZIONE: EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE E DEI MATERIALI AEROSPAZIALI
velivoli del futuro. Queste consistono, ma non sono
limitate, a forgiati in leghe ad alta resistenza, nuove
leghe Al-Li capaci di ridurre ulteriormente il peso,
rivestimenti di fusoliera in leghe Al-Mg-Si resistenti
alla corrosione, in grado di migliorare la durabilità e la
manutenibilità, lamiere in leghe 7XXX resistenti alla
corrosione, anch’esse capaci di migliorare la durabilità
e la manutenibilità, rivestimenti alari in leghe formabili
per invecchiamento (economicamente più convenienti),
piastre spesse (>260 mm) in 7050 esenti da sforzi
residui ed adatte alla lavorazione integrale di macchina
(riduzione dei costi), forgiati in leghe 7XXX privi di
sforzi residui (riduzione dei costi), getti di fusione
migliorati (riduzione dei costi), i Fiber Metal
Laminates (FML) ARALL (laminato ibrido
alluminio/aramidica) e GLARE (laminato ibrido
alluminio/vetro) che conferiscono minor peso, miglior
durabilità e ridotta manutenzione. I laminati sono
costituiti da strati alternati di sottili fogli di alluminio e
di preimpregnati di resina epossidica rinforzati con
fibre di vetro o aramidiche. Una tale combinazione
garantisce l’alta resistenza statica e l’eccellente
resistenza a fatica propria dei compositi a matrice
polimerica, unita ai vantaggi dei metalli, vale a dire il
basso costo, la facile macchinabilità e formabilità,
nonché l’elevata deformazione plastica che precede il
cedimento finale.
Le potenzialità delle leghe di alluminio ad alta tenacità,
rinforzate con fibre corte o particelle in maniera da
eguagliare la resistenza e la rigidezza specifica dei
compositi in resina epossidica con fibre di carbonio,
offriranno inoltre al progettista la possibilità di
cimentarsi in applicazioni quali derive e stabilizzatori,
nonché ali ad elevato allungamento.
In questo momento sono in fase di sviluppo programmi
quali l’high speed civil transport (HSCT) che
sicuramente porranno una sfida alla scienza dei
materiali. I programmi in corso negli Stati Uniti ed in
Europa sono focalizzati verso velivoli progettati per
volare a Mach 2.0-2.4 e trasportare 250-300 passeggeri
in tre classi con un’autonomia di almeno 10.000 Km.
Perché l’HSCT sia competitivo, la massima
maggiorazione accettabile per il costo del biglietto
passeggeri è stimata essere del 10-15% rispetto a
quello dei convenzionali velivoli subsonici a lungo
raggio. Una delle sfide tecnologiche chiave, oltre
all’accettabilità ambientale, risiede nella capacità di
sviluppare una struttura a basso peso e basso consumo
energetico, capace di 60.000 ore di servizio (120.000
ore necessarie per la certificazione a fatica, pari a due
volte la vita a fatica). La massima temperatura
raggiunta da un velivolo che vola a Mach 2.4 è pari a
185 °C, valore superiore a quello normalmente ritenuto
sopportabile in continuo dalle leghe di alluminio. Al
contrario, per i velivoli che volano a Mach 2.0 (il cui
rivestimento raggiunge la massima temperatura di 100
°C), le leghe 2XXX per alta temperatura con o senza
l’alligazione di litio possono ancora essere considerate
dei candidati potenziali per rilevanti porzioni della
struttura.
L’alluminio continua comunque ad offrire numerosi
vantaggi rispetto ai materiali concorrenti per i velivoli
G. Sala, L. Di Landro, A.Airoldi, P. Bettini
subsonici. La combinazione delle buone proprietà
specifiche, del basso costo, delle caratteristiche
prevedibili ed affidabili, unite all’esperienza di molti
anni nella produzione e nel riciclo, nonché al minimo
impatto ambientale, assicurano infatti che l’alluminio
potrà continuare ad essere il materiale di prima scelta
per i velivoli subsonici, almeno nel futuro che è
possibile prevedere.
Materiali compositi
Tra i materiali compositi, quelli rinforzati con fibre di
vetro furono i primi ad essere utilizzati nelle strutture
aeronautiche. Già nel 1944 il velivolo da
addestramento Vultee BT-15 venne costruito e volò
con il rivestimento della parte posteriore della fusoliera
realizzato con pannelli sandwich di fibra di vetro e
legno di balsa. Ciononostante, mentre negli anni
successivi i compositi, specie nella forma fibre di
vetro/resina epossidica, cominciarono ad essere molto
comunemente utilizzati nelle strutture aeronautiche,
tale utilizzo rimase principalmente confinato a
componenti quali superfici di controllo, carenature,
tettucci ed allestimenti interni. In questo modo sono
stati utilizzati i materiali compositi sul Boeing 747. La
ragione per la quale questi compositi non sono stati
usati diffusamente nei componenti strutturali principali
risiede nel fatto che, mentre la loro resistenza specifica
è notevolmente superiore a quella dei metalli, la
rigidezza specifica non lo è, e la rigidezza spesso
costituisce un requisito progettuale importante almeno
quanto la resistenza, specialmente per i velivoli veloci.
Un’applicazione dei compositi vetro/epossidica che da
allora è stata estensivamente adottata è nelle pale degli
elicotteri, grazie alla loro ottima resistenza a fatica per
sollecitazioni in trazione-trazione nella direzione delle
fibre.
La possibilità di utilizzare estensivamente i compositi
subì una brusca impennata grazie all’invenzione,
avvenuta più o meno simultaneamente attorno al 1960,
delle fibre di carbonio in Gran Bretagna e delle fibre di
boro negli Stati Uniti. I cosiddetti materiali compositi
avanzati, basati su questi due tipi di fibre generalmente
immerse in una matrice epossidica, sono largamente
superiori rispetto ai materiali convenzionali per le
costruzioni aeronautiche per quanto riguarda sia la
resistenza che la rigidezza. Inizialmente, lo sviluppo
dei compositi boro/epossidica procedette più
velocemente, e virtualmente solo negli Stati Uniti.
Entro il 1970, gli Stati Uniti completarono e fecero
volare i principali dimostratori tecnologici, come
l’impennaggio orizzontale dell’F-111 ed i timoni
dell’F-4 Phantom. Sulla base dell’esperienza
guadagnata
in
questo
modo,
i
compositi
boro/epossidica vennero incorporati nei velivoli
militari ad alte prestazioni che gli Stati Uniti stavano
sviluppando in quegli anni. Così, sia il rivestimento
dell’impennaggio orizzontale dell’F-14 che gli
impennaggi orizzontale e verticale dell’F-15 furono
realizzati in boro/epossidica. Lo sviluppo dei compositi
carbonio/epossidica andò avanti molto più lentamente
in Gran Bretagna: infatti, solo piccoli dimostratori
tecnologici come le alette di trimmaggio del timone
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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI - Ver.00
INTRODUZIONE: EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE E DEI MATERIALI AEROSPAZIALI
dello Strikemaster ed i freni aerodinamici del Jaguar
vennero realizzati durante quel periodo.
Ciononostante, a metà degli anni ’70, gli Stati Uniti
decisero di passare dai compositi boro/epossidica ai
compositi carbonio/epossidica. Il motivo di tale
inversione di rotta risiedeva essenzialmente nel costo
del materiale. Nel 1979 il costo del composito
carbonio/epossidica nella forma utilizzata dai
costruttori aeronautici (cioè di pre-impregnato) era
negli Stati Uniti di 40 $/lb (circa 70 Euro/Kg), mentre
il composito boro/epossidica costava 180 $/lb (320
Euro/Kg). Dopo aver deciso un tale cambiamento, gli
Stati Uniti sono stati rapidi nell’incorporare i compositi
carbonio/epossidica nei propri velivoli militari ad alte
prestazioni. A titolo d’esempio, nell’F-16, il composito
carbonio/epossidica è utilizzato per il rivestimento
degli impennaggi orizzontale e verticale, oltre che per
altre svariate superfici di controllo: esso costituisce
oltre il 3% del peso strutturale. Un utilizzo ancor più
estensivo del composito carbonio/epossidica è stato
fatto nell’F/A-18 (Fig.0.22).
Fig.
0.22
Ubicazione
carbonio/epossidica su F/A-18.
del
Con questo tipo di composito è realizzata
l’impennaggio orizzontale, la parte posteriore della
fusoliera e svariate superfici di controllo: esso
costituisce circa il 26% del peso strutturale.
L’impennaggio strutturale completo (rivestimento,
centine e longheroni) del bombardiere B-1 sono di
carbonio/epossidica. Il rivestimento alare del
dimostratore a freccia negativa X-29 è interamente in
carbonio/epossidica. In questo caso, l’intrinseca
ortotropia dei materiali compositi ha consentito di
minimizzare i problemi di divergenza torsionale
tramite una tecnica di aeroelastic tailoring.
Per quanto riguarda i velivoli militari Europei, il
taileron (impennaggio orizzontale interamente mobile)
dell’MRCA Tornado è realizzato in carbonio/
epossidica, il Mirage 2000 fa uso di compositi con
fibre di boro e di carbonio negli impennaggi e nelle
superfici di controllo, mentre un uso molto estensivo
dei compositi viene fatto sia nell’European Fighter
Aircraft che nel Raphale.
Inizialmente l’applicazione dei compositi avanzati nei
velivoli civili è rimasta un po’ indietro rispetto ai
velivoli militari: ora l’utilizzo va rapidamente
aumentando. Svariati dimostratori tecnologici vennero
sviluppati negli Stati Uniti. Tra questi primi
componenti vanno ricordati gli spoiler del Boeing 737,
dei quali 111 vennero prodotti e montati sui velivoli di
7 compagnie aeree operanti in tutto il mondo. A metà
del 1981, uno di questi spoiler totalizzò 22.000 ore di
volo senza che nessun inconveniente fosse riscontrato.
Il rilevante risparmio di peso che può essere ottenuto
grazie all’utilizzo dei materiali compositi si traduce in
un altrettanto rilevante risparmio energetico. Per questo
motivo, un ancor più spinto sviluppo delle strutture
aeronautiche in composito venne intrapreso nell’ambito
del programma NASA ACEE (Aircraft Energy
Saving). Tale programma intendeva migliorare la
tecnologia ed aumentare la fiducia, in maniera da
convincere i produttori di velivoli civili ad utilizzare i
materiali compositi nelle loro futuri realizzazioni. Il
programma temporale prevedeva l’utilizzo dei
compositi nelle strutture secondarie entro il 1980 ed in
quelle primarie entro il 1985. I dimostratori tecnologici
sviluppati nell’ambito del programma ACEE sono
elencati nella Fig.0.24, assieme con i risparmi in peso
ottenuti rispetto agli equivalenti componenti metallici.
composito
In questo caso, il rivestimento delle ali, degli
impennaggi orizzontale e verticale, della parte dorsale
della fusoliera, le carenature dell’avionica, i freni
aerodinamici e gran parte delle superficie di controllo
sono
realizzati
in
carbonio/epossidica.
Essi
costituiscono il 9% del peso strutturale ed il 35% della
superficie bagnata. Nell’AV-8B (Fig.0.23), quasi tutta
l’ala (ovvero rivestimento, centine e longheroni) è
costituita da carbonio/epossidica.
Fig. 0.24 - Risparmio di peso per il programma ACEE.
Fig.
0.23
Posizione
carbonio/epossidica su AV-8H
G. Sala, L. Di Landro, A.Airoldi, P. Bettini
del
In conformità con tale programma temporale, anche i
velivoli Boeing 757, 767 e 777 adottano compositi
carbonio/epossidica per molte delle loro superfici di
composito
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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI - Ver.00
INTRODUZIONE: EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE E DEI MATERIALI AEROSPAZIALI
controllo (Fig.0.25), per non parlare del 787, con la
fusoliera interamente realizzata in carbonio/ epossidica.
esempio, questi compositi ibridi sono utilizzati nelle
carenature tra la fusoliera e le ali, portelli dei carrelli,
carenature delle gondole motore e pannelli del bordo
d’attacco fisso. I problemi principali che hanno limitato
l’uso dei compositi aramidici nelle strutture primarie
risiedono nella loro igroscopicità e bassa resistenza a
compressione. Quest’ultimo aspetto viene grandemente
mitigato tramite l’ibridizzazione.
In sintesi, i materiali compositi fibrosi sono già
estesamente utilizzati nelle strutture aeronautiche e
certamente amplieranno il loro impiego: la Fig.0.27
riporta una lista delle più importanti applicazioni ormai
consolidate.
Fig. 0.25 - Parti in composito per il Boeing 767.
Una citazione speciale merita altresì il Lear Fan 2100
(Fig.0.26), che è un piccolo executive, spesso
menzionato come il primo velivolo all-composite, in
quanto la quasi totalità delle sua struttura è fatta di
composito, principalmente carbonio/epossidica.
Fig. 0.27- Applicazione dei compositi in alcuni aerei.
Attualmente, carbonio/epossidica e, in misura minore,
aramidica/epossidica sono visti come i più importanti
compositi per le applicazioni strutturali aeronautiche.
Oltre a quelli per applicazioni strutturali, altri tipi di
composito vengono attualmente valutati per una varietà
di
altre
applicazioni
aeronautiche.
Un’area
particolarmente attiva è quella dei compositi a matrice
metallica (MMC), utilizzabili nei componenti dei
motori a getto. Per esempio, i compositi boro/alluminio
sono allo studio per la produzione di palette di turbina,
così come i compositi tungsteno/superleghe. Stanno
ricevendo grande attenzione anche i compositi
rinforzati non con fibre continue, bensì con particelle
discontinue, specie se queste ultime sono costituite da
whiskers, ovvero corte fibre monocristalline.
Fig. 0.26 - Lear Fan 2100
Il velivolo biposto Rutan Voyager, che ha compiuto il
giro del mondo senza scalo, ha una struttura di fatto
interamente realizzata in composito.
I materiali sono stati utilizzati anche nelle strutture dei
velivoli spaziali. La struttura reticolare dello Space
Shuttle è fatta di tubi in composito boro/epossidica, i
serbatoi sganciabili del propellente liquido sono in
composito prodotti con la tecnologia del filament
winding, mentre i portelloni della zona cargo, lunghi 15
m, sono costruiti in carbonio/epossidica. Ci sono state
molte applicazioni anche nelle strutture dei lanciatori
non riutilizzabili (carenature del carico pagante
sull’Ariane) e dei satelliti, spesso costituite da pannelli
sandwich carbonio/epossidica e nido d’ape metallico.
In questi casi, al consueto vantaggio dovuto al basso
peso, si aggiunge il basso coefficiente di dilatazione
termica, che consente il mantenimento di un’elevata
stabilità dimensionale anche in presenza di grandi
variazioni termiche.
Sino a questo punto non si è menzionato un altro tipo
di composito avanzato, quello rinforzato con fibre
aramidiche. Esso è largamente utilizzato nelle strutture
aeronautiche, ma spesso solo in applicazioni che erano
un tempo coperte dai compositi con fibre di vetro.
Ciononostante, va nascendo un grande interesse nei
confronti dei compositi ibridi carbonio/aramidica,
adatti ad utilizzi più generali. Nel Boieing 767, per
G. Sala, L. Di Landro, A.Airoldi, P. Bettini
Anche per un velivolo militare i costi di connessi con
un sistema-velivolo sono principalmente dovuti ai costi
associati all’acquisizione ed al supporto operativo,
come mostrato in Fig.0.28 per un velivolo militare.
Fig. 0.28 - Costo della vita operativa di un velivolo
militare.
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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI - Ver.00
INTRODUZIONE: EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE E DEI MATERIALI AEROSPAZIALI
Circa il 72% dei costi di acquisizione discende dalla
fabbricazione dei pezzi staccati, mentre circa il 59%
dei costi operativi deriva dal consumo di carburante.
Perciò i maggiori risparmi di costo possono essere
ottenuti attraverso il risparmio del peso e della
numerosità dei componenti. Il peso strutturale può
essere ridotto principalmente in due modi: utilizzando
materiali più leggeri e adottando progetti strutturali più
efficienti. La densità dei materiali compositi è
significativamente più bassa rispetto a quella dei
materiali convenzionali, cosicchè essi offrono
un’efficienza strutturale maggiore, inoltre le loro
tecnologie consentono una maggiore integrazione della
struttura ed una riduzione del numero dei componenti.
Risparmi significativi nel costo delle strutture
consentono di aumentare l’autonomia ed il carico
pagante e di ridurre il consumo di carburante ed il lifecycle-cost del velivolo rendendo così economicamente
profittevoli flotte più numerose. In più, le
caratteristiche dei compositi stimolano una maggiore
creatività progettuale e permettono al progettista di
adattare le caratteristiche del materiale alle specifiche
applicazioni. A fronte di tutto ciò, il costo di
produzione delle strutture in composito continua a
costituire un ostacolo alla loro estensiva adozione.
Questo è dovuto agli approcci progettuali e produttivi,
che trattano ancora i compositi come “black
aluminum”, dando luogo ad assemblaggi costituiti da
molti pezzi staccati collegati da chiodature. Viceversa,
solo una filosofia di progettazione volta a strutture
grandi ed integrate, capace di ottimizzare la
producibilità, la qualità e l’efficienza renderà le
strutture in composito convenienti anche dal punto di
vista economico. L’utilizzo corrente dei compositi ha
consentito ragguardevoli miglioramenti alle prestazioni
dei velivoli militari, nonostante la loro applicazione si
sia limitata a componenti esili o sottili a lieve
curvatura, di dimensioni relativamente contenute. Ciò è
dovuto al minor rischio tecnologico connesso ed alla
più facile riparabilità o sostituibilità in caso di difetto
produttivo o danno accidentali. Inoltre le filosofie
progettuali odierne tendono ad escludere l’utilizzo dei
compositi nelle zone di concentrazione di sforzo
(attacchi, aperture) ed in presenza di sollecitazioni
fuori dal piano (a causa dell’intrinseca debolezza
interlaminare di questi materiali). Oggigiorno
l’applicazione dei compositi alle zone fortemente
sollecitate è limitata all’ala ed al rivestimento di
fusoliera: per questo la presenza dei compositi è
limitata all’incirca al 24% in peso, come mostrato in
Fig.0.29. per un velivolo militare tipico come l’F-22 ed
in Fig.0.30. per numerosi altri velivoli. In termini di
risparmio ponderale, l’applicazione più conveniente dei
compositi nella struttura di un velivolo militare risiede
nell’intersezione ala-fusoliera.
G. Sala, L. Di Landro, A.Airoldi, P. Bettini
Fig. 0.29- Percentuali in peso dei materiali usati
nell’F-22.
Fig. 0.30 .- Trend di utilizzo dei compositi per svariati
aeroplani.
Essa costituisce la struttura più sollecitata, pesante e
costosa. La fusoliera di un velivolo militare tipo
rappresenta all’incirca il 47% del peso totale, contro il
25% dell’ala (Fig.0.31), perciò l’utilizzo in questa zona
di materiali strutturalmente più efficienti porta
immediatamente a forti risparmi in peso sul peso
strutturale totale.
Fig. 0.31 - Approccio “Building Block” per lo sviluppo
di un nuovo aeroplano.
Prima di adottare una soluzione all-composite in
un’applicazione così critica, devono però essere
preliminarmente affrontate alcune sfide-chiave di
natura progettuale e produttiva: a) capacità di
sopportare carichi fuori dal piano senza ricorrere a
componenti metallici chiodati; b) tecniche di
assemblaggio a basso costo, tipo co-bonding o cocuring; c) efficienti intersezioni strutturali tra elementi
longitudinali e trasversali, d) progettazione di flussi di
sforzo continui, ad evitare la concentrazione di
sollecitazioni; e) aumento della stabilità dei pannelli
all’aumentare del passo di diaframmi e correnti,
adottando soluzioni sandwich; f) incorporazione di
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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI - Ver.00
INTRODUZIONE: EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE E DEI MATERIALI AEROSPAZIALI
hard point ed in generale, conferimento alla struttura
integrata di caratteristiche multifunzionali. A questo
scopo devono essere implementate innovazioni
riguardo alle tecnologie produttive alternative al
costoso vacuum-bagging in autoclave, quali: a)
tecniche automatizzate di deposizione (filament
winding, tape placement); b) metodi per impregnazione
di tipo resin infusion (resin transfer moulding RTM,
vacuum-assistede resin transfer moulding VaRTM,
resin film infusion); c) soluzioni di polimerizzazione a
basso costo (con electron beam, per induzione
elettromagnetica, a bassa temperatura ed a bassa
pressione). Per consentire assemblaggi a basso costo di
strutture integrate tridimensionali resistenti ai carichi
fuori dal piano, devono essere adottate anche nuove
soluzioni di organizzazione spaziale delle fibre, quali:
rinforzi tridimensionali ottenuti per braiding o con la
tecnica Z-fiber (barrette pultruse perpendicolari al
piano della lamina), tessuti multi-assiali, tridimensionali o stitched per aumentatre la resistenza
interlaminare. Infine la resistenza all’instabilità in
maniera strutturalmente efficiente è conferita dalle
soluzioni sandwich, a patto di superare i problemi di
corrosione, assorbimento di umidità e debolezza
dell’adesione tra pelli e riempitivo. Ciò è reso possibile
all’adozione di adesivi più tenaci ed inerti al degrado
ambientale, pelli con rinforzo tridimensionale Z-fiber e
riempitivi di tipo hollow-core, insensibile alla
corrosione ed all’assorbimento di umidità.
L’utilizzo dei compositi continuerà ad estendersi nelle
strutture dei futuri velivoli civili e militari. Per
ampliare l’applicazione di questi materiali oltre la
soglia dell’attuale 25% in peso per i velivoli militari,
sarà però necessario mettere a punto linee-guida e
procedure per l’analisi, la definizione dei criteri di
resistenza, di damage tolerance e di durability. Inoltre
lo sviluppo di strutture in composito economicamente
convenienti (affordable) richiederà un approccio di tipo
design for manufacturing, attento alle specificità del
settore aerospaziale, ovvero ai bassi volumi produttivi
(design for low volume and tooling for low volume).
Infine, una spinta decisiva al successo delle strutture in
composito potrà derivare dalla loro capacità di
integrare compiti diversi, trasformandosi in sistemi
multi-funzionali.
Per ampliare l’utilizzo dei compositi andranno altresì
rimosse le barriere derivanti dai costi di produzione e
dagli oneri di certificazione. Numerosi programmi sono
stati avviati a questo fine nel corso degli anni negli
Stati Uniti dalla NASA: Advanced Composite
Technology (ACT), Composite Affordability Iniziative
(CAI) e dall’USAF: Low Cost Composite Processing
(LCCP), essenzialmente volti all’introduzione di
tecnologie automatizzate (quali per esempio l’RTM per
la produzione di parti di carrelli), eventualmente
mutuandole dall’industria automobilistica. Sono
ritenuti potenzialmente molto convenienti anche
l’utilizzo di attrezzi di formatura prodotti con tecniche
di rapid prototyping/tooling e l’adozione del virtual
manufacturing per abbattere gli oneri connessi con la
messa a punto di una specifica produzione. I materiali
compositi con fibre di carbonio e matrici
G. Sala, L. Di Landro, A.Airoldi, P. Bettini
termoplastiche (PPS, PEI e PEEK), potendo sfruttare
tecnologie low-cost ben conosciute, come la
termoformatura, potrebbero consentire un’ulteriore
riduzione dei costi di produzione. La priorità massima
per consentire la piena adozione dei compositi
nell’industria
aeronautica
risiede
comunque
nell’integrazione tra le proprietà dei materiali,
l’ottimizzazione dei processi, lo sviluppo di strumenti
di modellazione tecnico-economica e la messa a punto
di efficienti ed affidabili procedure per l’ispezione,
riparazione e manutenzione.
4. Materiali del futuro
Di fatto, ai nuovi velivoli viene richiesto di volare più
in alto, più velocemente e per una durata maggiore.
Inoltre, ad essi viene richiesto di essere più durabili,
mantenibili, ispezionabili e di possedere costi operativi
inferiori rispetto ai velivoli tradizionali. Tali requisiti
per i velivoli si traducono nei già menzionati requisiti
per i materiali, ovvero “più resistenti, più rigidi, più
prestanti ad alta temperatura e più leggeri”.
Per quanto riguarda le strutture, i velivoli del futuro
dovranno comprendere caccia, bombardieri, trasporti,
nonché velivoli transatmosferici quali il NASP ed i
lanciatori riutilizzabili. I motori dovranno essere
caratterizzati da un migliore rapporto spinta-peso.
Inoltre, in aggiunta ai soliti quattro requisiti, essi
dovranno essere costituiti da un minor numero di parti
ed essere caratterizzati da una minore complessità.
Il dibattito scientifico concernente gli attuali materiali
aerospaziali ha ormai chiarito che il futuro dovrà essere
dei materiali ingegnerizzati. Grazie alla facilità di
lavorazione offerta dai compositi a matrice polimerica
(bassa temperatura di fusione, ridotta reattività), questa
nuova era è stata raggiunta più rapidamente dai
materiali organici che da quelli metallici. Comunque,
ciò non significa che i materiali a base di carbonio
sostituiranno completamente i metalli, bensì che si
userà il materiale migliore per ogni particolare
applicazione. Un eccellente esempio di come i metalli
potranno ancora competere è costituito dal progetto
preliminare dalla deriva della prossima generazione di
caccia (Lockheed LASC), nella quale i materiali
metallici verranno scelti per soddisfare requisiti
specifici: il rivestimento sarà realizzato in alluminio
rinforzato con fibre discontinue monocristalline, i
longheroni in alluminio con fibre continue e gli
attacchi alla struttura della fusoliera in lega Ti6Al4V.
Così facendo, la comunità dei materiali metallici non
dovrà necessariamente ammettere che l’uso dei
compositi comporta un grado di libertà in più rispetto
dei metalli, grazie alla peculiare capacità di integrare il
progetto della struttura con il progetto del materiale.
Nel passato gli alchimisti non avevano nulla a che fare
con i fabbri. Oggigiorno esiste una più stretta
interazione tra chi studia i più minuti dettagli dei
materiali e chi produce i componenti (vedi gli autori di
questo libro). E’ conclamato che i materiali
posseggono una propria architettura interna; una
gerarchia di livelli strutturali sempre più fini, che
rendono ragione delle caratteristiche osservate
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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI - Ver.00
INTRODUZIONE: EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE E DEI MATERIALI AEROSPAZIALI
microscopicamente (multiscala). Tali livelli spaziano
da quello sub-atomico, a quello atomico (per esempio
l’organizzazione degli atomi in una struttura
cristallina), alle grandi coalescenze di atomi (per
esempio i grani di un metallo o di una ceramica), fino
alla struttura macroscopica che viene osservata ad
occhio nudo. Ciò significa che il comportamento di un
particolare materiale può essere previsto da un attento
studio della sua struttura intima. Compiendo un passo
in più, tale conoscenza ha portato allo sviluppo di una
grande varietà di materiali artificiali, quali i polimeri e
gli elastomeri sintetici, le fibre non naturali, le leghe
metalliche, le ceramiche ed i materiali compositi. In
ogni caso esiste una relazione tra chimica-tecnologiamicrostruttura-proprietà-applicazione.
Il ruolo chiave giocato dalle tecnologie è mostrato
chiaramente dai cosiddetti processi di non equilibrio. In
questi casi, un ampio spettro di nuove strutture può
essere ottenuto, consentendo una specializzazione delle
prestazioni normalmente non presenti in natura. Un
esempio lampante è dato dai processi di rapida
solidificazione dalla fase liquida alla fase solida.
Grazie a queste tecniche, possono essere ottenute
caratteristiche microstrutturali e funzionali tali da
garantire inaspettate combinazioni di proprietà: metalli
molto resistenti, prestanti ad alta temperatura ed al
tempo stesso leggeri; oppure polimeri nei quali il
rapido raffreddamento conferisce contemporaneamente
trasparenza ed elevata rigidezza. Di solito, il rapido
raffreddamento comporta il raggiungimento di stati
metastabili, nei quali due fasi normalmente separate
coalescono in un’unica fase. Se a ciò si aggiungono le
possibilità offerte dai materiali multi-fase, che usano
sinergicamente diversi componenti (metalli, polimeri e
ceramici) come si fa nei compositi, si configura la
molteplicità, apparentemente illimitata, dei materiali
utilizzabili per le costruzioni aerospaziali del XXI
secolo, il quale sarà testimone di una nuova era per i
mezzi e le missioni aerospaziali. I veicoli diventeranno
sia molto più piccoli che molto più grandi di quanto
non siano ora. Essi viaggeranno molto più velocemente
e si spingeranno molto più lontano di quanto oggi non
sia ritenuto possibile.
Nell’aeronautica civile, i futuri sistemi di trasporto
consisteranno in aeroplani subsonici di grandi
dimensioni (caratterizzati da architetture innovative,
dotati di interfaccia uomo-macchina semplici,
equipaggiati con sistemi per la visione artificiale e con
apparati anti-collisione), come pure in aeroplani per i
voli trans-oceanici: velivoli iper-veloci dai bordi
d’attacco taglienti, costruiti con materiali capaci di
sopportare gli alti riscaldamenti cinetici. Le linee guida
del progetto comprenderanno la sicurezza, la
convenienza economica (costo iniziale e del ciclo-vita),
nonché la compatibilità ambientale.
Per quanto riguarda i velivoli militari, l’enfasi si
sposterà dalla pura ottimizzazione delle prestazioni ad
una riduzione dei costi, compatibile con prestazioni
accettabili. Le “parole d’ordine” dei progetti militari
saranno ancora convenienza economica, aggiunta però
a flessibilità, inter-operabilità, standardizzazione,
G. Sala, L. Di Landro, A.Airoldi, P. Bettini
supporto logistico, sopravvivibilità e “letalità” degli
armamenti di bordo.
Numerose sono le architetture non convenzionali in
corso di sviluppo, come gli aeroplani “tuttala” privi di
impennaggi, gli aeroplani con due coppie di ali unite a
rombo, quelli in cui l’ala e la fusoliera sono fusi
insieme, i velivoli con capacità “multistealth”, ovvero
impossibili da rilevare con le moderne tecniche radar,
termiche, acustiche e sonore, ed infine i velivoli
ipersonici in grado di operare sia nell’atmosfera che
nello spazio, ed in grado di effettuare la transizione da
un ambiente all’altro.
Nello spazio, le grandi stazioni spaziali verranno
affiancate o sostituite da un gran numero di mini- o
micro-stazioni completamente robotizzate, dedicate
alle telecomunicazioni globali, osservazioni della terra
ed esplorazioni scientifiche dell’universo vicino.
Verranno effettuati studi scientifici approfonditi in
regioni dello spazio sempre più remote, alla ricerca di
tracce di vita nell’universo. Tali attività avranno come
obiettivi una presenza vigilante ed “intelligente” nel
sistema solare, l’esplorazione dello spazio inter-stellare
e la ricerca di pianeti simili alla Terra: a questo scopo
si utilizzeranno telescopi in grado di rilevare tracce di
vita ad una distanza di 1015 chilometri. Si svilupperà
così una strategia di esplorazione integrata uomo-robot,
di gran lunga più avanzata di quella associata
all’utilizzo delle stazioni spaziali. Una tale strategia
sarà volta all’aumento della sicurezza, al
miglioramento delle prestazioni, all’allargamento degli
obiettivi ed alla riduzione del costo del ciclo-vita dei
velivoli. Così i futuri sistemi di trasporto spaziale
saranno costituiti da navette riutilizzabili per i
trasferimenti di routine Terra-orbita. Essi garantiranno
la riduzione di un ordine di grandezza dei costi e
l’aumento di due ordini di grandezza dell’affidabilità di
tali voli.. Le sfide da vincere consisteranno nella riutilizzabilità, ri-certificabilità e minimizzazione delle
strutture operative necessarie. Verranno sviluppati
sistemi avanzati per il trasferimento rapido di esseri
umani e di robot da e per i pianeti, i più vicini corpi
stellari, nonché per le missioni interstellari. Entro la
metà del XXI secolo tali viaggi interplanetari
diventeranno di routine.
I materiali e le strutture sono stati fino ad ora tra i
maggiori responsabili del miglioramento delle
prestazioni dei sistemi di trasporto aerospaziale. La
completa maturazione delle tecniche di progettazione
computazionale e lo sviluppo dei materiali compositi
avanzati, cui abbiamo assistito nel corso degli ultimi 40
anni, hanno comportato il miglioramento delle
prestazioni strutturali, la riduzione dei rischi operativi e
l’accorciamento dei tempi di sviluppo di numerosi
sistemi di trasporto aerospaziale. Nel futuro, i materiali
e le strutture, assieme con le tecnologie ad essi
collegati, continueranno a costituire gli elementi chiave
nel determinare le prestazioni, l’affidabilità e la
convenienza economica di tali sistemi. La NASA ha
identificato sette aree tecnologiche principali, da
privilegiare nello sviluppo dei futuri velivoli civili e
militari: una di esse è costituita dalle “strutture e
materiali”. Per alcuni tra questi futuri veicoli, lo
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Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI - Ver.00
INTRODUZIONE: EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE E DEI MATERIALI AEROSPAZIALI
sviluppo e l’applicazione di nuovi strutture e materiali
avrà un impatto nel ridurre il peso massimo al decollo
ed i costi operativi ben maggiore di quelli dovuti a
qualsiasi altra aerea tecnologica (Figg.0.32,33).
convergenza di obiettivi e di tecnologie. Tale
rivoluzione sarà stimolata da tre principali fattori:
a) trasformazione dei dipartimenti di progettazione negli anni ’80, i dipartimenti di progettazione delle
industrie aerospaziali erano focalizzati sulla qualità,
che veniva perseguita tramite la riduzione dei difetti e
l’applicazione dei concetti di qualità totale. Negli anni
’90, l’attenzione venne indirizzata verso la reingegnerizzazione e l’aumento di efficienza dei
processi produttivi attraverso la progettazione virtuale
dei prodotti e la pianificazione delle risorse aziendali.
Muovendosi dall’era industriale verso l’era della
conoscenza, le dimensioni dei dipartimenti di
progettazione vanno sempre più aumentando, in
conseguenza di fusioni e di acquisizioni, e vanno
radicalmente rinnovandosi per aumentare l’efficienza
di ciascun posto di lavoro: l’attenzione si va spostando
verso la gestione della conoscenza. Il posto di lavoro si
va trasformando da un’entità statica incentrata sul
calcolatore ad un ambiente intelligente, interconesso e
distribuito che consente agli esperti di materiali e
tecnologie di collaborare in tempo reale con altri
gruppi, delocalizzati anche geograficamente;
b) pressione economica – il contrarsi dei bilanci
militari, unitamente alle richieste dei committenti, che
reclamano prodotti sempre migliori, più veloci ed
economici, hanno spinto l’industria aerospaziale dalla
produzione di massa alla customizzazione (adattamento
del prodotto alle esigenze del singolo committente) di
massa, ed all’adozione del concetto di lean production
(produzione “snella”), per avere la cosa giusta, al posto
giusto, nel momento giusto, minimizzando gli scarti e
mantenendosi aperti al cambiamento. L’industria
aerospaziale ha così integrato gli strumenti per la
progettazione e la simulazione con quelli per una snella
gestione dell’ingegnerizzazione, produzione e gestione
dei sub-fornitori;
c) impatto delle innovazioni tecnologiche – la sinergia
tra le innovazioni delle tecnologie produttive e di altre
tecnologie chiave può comportare un impatto rilevante
sul progetto dei futuri veicoli aerospaziali. Per sfruttare
il potenziale di tale sinergia, le industrie aerospaziali
dovranno garantire ai diversi gruppi di progettazione
facilità di comunicazione ed ambienti di lavoro che
contribuiscano ad una continua crescita professionale.
Non si devono attendere innovazioni epocali in tutte le
aree che appartengono al grande assieme disciplinare
delle tecnologie e dei materiali: anche un progresso
lento e graduale in tutte queste discipline, se unito alla
sinergia con altre tecnologie avanzate, potrà portare ad
un rilevante aumento di efficienza ed al miglioramento
delle prestazioni dei sistemi di trasporto aerospaziali.
Alcune di queste tecnologie innovative potranno essere
ad esempio le strutture multifunzionali, i Micro Air
Vehicles (MAV), le strutture ispirate dalla biologia.
Numerose tecnologie dei materiali, applicate a tali
concetti strutturali potranno offrire straordinarie
opportunità ai futuri sistemi aerospaziali. Tra queste
vale la pena di ricordare i materiali functionally graded
e function-integrated, i materiali bio-mimetici ed i
nano-materiali:
Fig. 0.32- Programmazione della riduzione percentuale
del costo operativo per velivoli subsonici da trasporto.
Fig. 0.33 - Pianificazione della riduzione percentuale di
peso totale per diverse categorie di aeromobili.
Sulla scorta di queste considerazioni, nel campo dei
materiali e delle tecnologie aerospaziali possono essere
identificate alcune aree strategiche di importanza
cruciale per il raggiungimento degli obiettivi futuri,
ovvero:
 materiali resistenti alla corrosione ed al degrado
ambientale;
 materiali, tecniche di produzione e di
assemblaggio per la massimizzare l’affordability;
 materiali per alte temperature, di impiego sia
strutturale che motoristico;
 materiali bio-mimetici, functionally graded, smart
materials
 materiali ad alta capacità di assorbimento di
energia;
 materiali ad integrazione multifunzionale;
 materiali per condizioni ambientali spaziali.
Nel passato, i programmi relativi ai materiali ed
alle tecnologie prendevano le mosse dalle specifiche di
missione dei velivoli. Nel futuro le specifiche
indirizzeranno le tecnologie, le quali, a loro volta,
potranno ampliare gli orizzonti delle missioni stesse. I
velivoli e le loro missioni evolveranno così grazie alla
G. Sala, L. Di Landro, A.Airoldi, P. Bettini
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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI - Ver.00
INTRODUZIONE: EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE E DEI MATERIALI AEROSPAZIALI
1) materiali functionally-graded (FGM) – nel caso
degli FGM, tramite processi tecnologici innovativi,
vengono ottenuti materiali la cui microstruttura,
composizione e proprietà variano in maniera
controllata ed ingegnerizzata, in maniera da poter
soddisfare requisiti funzionali a loro volta variabili
spazialmente all’interno di un unico componente.
L’utilizzo degli FGM può alleviare i problemi indotti
dagli elevati gradienti di sforzo indotti da campi di
deformazione incongruenti che si creano quando
materiali dissimili sono uniti a formare un unico
componente. Una tale tecnologia può consentire ai
ricercatori di sviluppare strutture complesse senza
dover ricorrere ai tradizionali metodi di giunzione.
Oltre ad essere meno costosi, i componenti realizzati
con FGM senza soluzioni di continuità sono più robusti
poiché gli sforzi sono distribuiti nell’intero volume del
materiale, piuttosto che concentrati in corrispondenza
delle giunzioni. Le applicazioni degli FGM possono
consistere in dispositivi piezoelettrici, sistemi per la
conversione di energia termoelettrica/termoionica,
giunzioni metallo/ceramica e componenti magnetici.
Per produrre gli FGM ed i compositi ceramici possono
essere utilizzati due tipi di processo: il metodo
additivo, nel quale il gradiente è ottenuto impilando il
materiale in maniera opportuna, oppure il metodo che
sfrutta il trasporto di massa, calore o fluido per creare il
gradiente all’interno del materiale. Lo scopo finale
degli FGM è quello di integrare la progettazione con la
produzione del materiale. Per poter sfruttare appieno le
potenzialità degli FGM è necessario disporre di un
modello altamente fedele della tecnologia produttiva,
della risposta e del cedimento di tali materiali, nonché
sviluppare processi produttivi a basso costo.
2) materiali function-integrated – in questi materiali,
che possono essere considerati un’estensione degli
smart materials, la capacità di rilevazione che fa uso di
fotoni, forze meccaniche, campi elettrici o magnetici è
insita nella loro stessa struttura molecolare. Tra le loro
potenziali applicazioni, vanno annoverate le batterie e
le celle solari spruzzabili o incollabili sulle ali dei
velivoli, per convertire l’energia solare in energia
elettrica e per immagazzinarla. Altro esempio è
costituito dai compositi strutturali spruzzabili, che
possiedono la funzionalità di un’antenna attivabile su
richiesta, per ricevere ed elaborare informazioni oppure
per conferire su richiesta caratteristiche di bassa
rivelabilità radar. I nano-materiali ed i materiali biomimetici, descritti nel seguito, promettono di poter
essere utilizzati come materiali function-integrated;
3) nano-materiali – essi sono prodotti tramite la
sinterizzazione di particelle ultra-fini costituite dagli
stessi tipi di atomi che costituiscono il materiale nella
forma comune. Tali atomi sono organizzati in strutture
di dimensione nanometrica, che diventano i grani
costituenti il nuovo materiale. Le dimensioni dei grani
dei materiali convenzionali variano da pochi micron ad
un millimetro di diametro e contengono parecchi
miliardi di atomi. Diversamente, i grani dei nanomateriali hanno un diametro inferiore ai 100 nanometri
e contengono meno di alcune decine di migliaia di
atomi. Le proprietà meccaniche, ottiche, chimiche,
G. Sala, L. Di Landro, A.Airoldi, P. Bettini
magnetiche ed elettriche dei nano-materiali possono
essere variate tramite il controllo delle dimensioni dei
grani costituenti per adattarsi a particolari requisiti.
Inoltre, la riduzione delle dimensioni dei grani riduce le
temperature di processo dei materiali ceramici. Questi
materiali rappresentano oggi una delle più importanti
frontiere delle tecnologie dei materiali. Le ceramiche
nano-strutturali verranno valutate come barriere
termiche per le strutture ed i sistemi propulsivi. Nanomateriali metallo-ceramici potranno altresì consentire
la realizzazione di un sistema altamente efficiente di
antenne miniaturizzate distribuite sulla superficie del
velivolo.
4) materiali bio-mimetici – la tecnologia dei materiali
bio-mimetici ha lo scopo di sviluppare nuovi materiali,
imitando la sintesi, la produzione e le proprietà dei
materiali che si trovano nei sistemi biologici. La multifunzionalità, l’organizzazione gerarchica, l’autoriparabilità, l’adattabilità e la durabilità sono alcune tra
le caratteristiche invidiabili e peculiari di questi
sistemi. Inoltre, i sistemi biologici non distinguono tra
materiale e struttura. Il progetto e sviluppo degli
organismi biologici è un processo integrato, nel quale
le funzione di ciascun componente sono multiple e
danno luogo ad una struttura efficiente e durabile, le
cui prestazioni soddisfano appieno i requisiti del
sistema vivente. Esempi recenti sono costituiti dalla
bio-mineralizzazione e dalle strutture gossamer (a tela
di ragno). I compositi biologici, come le ossa ed i denti,
sono costituiti da una matrice polimerica rinforzata da
una fase inorganica. I fattori di sintesi che stanno alla
base della bio-mineralizzazione comprendono un forte
legame dei reagenti inorganici da parte delle matrice
organica, buona capacità di solvatazione da parte del
polimero ed una struttura polimerica ordinata per
indurre la enucleazione. Tramite questo metodo è
possibile preparare a temperatura e pressione
atmosferica fasi cristalline inorganiche, che
normalmente richiedono alte temperature e pressioni.
La comprensione dei meccanismi che stanno alla base
della crescita dei tessuti biologici, unitamente
all’esperienza maturata nello sviluppare i materiali
avanzati, potrà portare allo sviluppo di sistemi
materiale/struttura grandemente superiori a quelli
attualmente usati nelle costruzioni aerospaziali.
I futuri filoni di ricerca delle tecnologie produttive
dovranno rivolgersi all’integrazione di materiali
esistenti e di materiali innovativi per costituire, assieme
alle altre tecnologie chiave, sistemi aerospaziali
caratterizzati da alta qualità e basso costo. I futuri
sforzi dovranno rivolgersi ai processi di produzione dei
materiali avanzati, alle tecnologie a basso costo ed alle
altre sfide tecnologiche che renderanno più sicuri,
efficienti, leggeri, resistenti, rigidi e durabili i velivoli
in diverse condizioni di volo, per il rientro in atmosfera
e per i voli entro il sistema solare. Queste attività
dovranno inoltre sfatare la convinzione che elevate
prestazioni possono essere ottenute solo a fronte di
elevati costi. Oggigiorno, le tecnologie di produzione
dipendono dai requisiti della missione e del velivolo.
E’ necessaria una svolta culturale, per convincersi che
le missioni e le prestazioni dei velivoli dipenderanno
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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI - Ver.00
INTRODUZIONE: EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE E DEI MATERIALI AEROSPAZIALI
da ciò che l’innovazione nelle tecnologie e nei
materiali sarà in grado di offrire. Il XXI secolo vedrà
veicoli aerospaziali realizzati con materiali progettati al
calcolatore a livello atomico/molecolare per compiere
le più svariate missioni. I materiali e le strutture
multifunzionali programmabili saranno inoltre capaci
di modificare su richiesta la propria forma e le proprie
proprietà meccaniche, elettromagnetiche, ottiche ed
acustiche.
ceramiche l’attraente peculiarità di saper resistere agli
attacchi termici e chimici, ma anche sono responsabili
del loro ben noto tallone di Achille, consistente in
un’elevata fragilità. Cosicché la sfida della ricerca sui
materiali ceramici dovrà consistere, da un lato nel
minimizzare la presenza di cricche tramite il
miglioramento dei processi tecnologici, dall’altro
nell’affinarne la composizione e la microstruttura per
eliminare il fenomeno di crescita di tali cricche.
Una via per ridurre la presenza di cricche consiste
nell’uso di precursori costituiti da polveri altamente
pure ed estremamente fini. I tre metodi attualmente allo
studio per arrestare la propagazione delle cricche (che è
dovuta alla presenza di sollecitazioni di trazione e/o di
taglio)
consistono
nella
tenacizzazione
per
trasformazione, l’interruzione delle cricche e
arrotondamento delle cricche. Nella tenacizzazione per
trasformazione, una trasformazione indotta da sforzo
(che si verifica, ad esempio, nell’ossido di zirconio
ZrO2) causa una variazione di volume del 3-5% nelle
particelle disperse nella matrice ceramica, che si
traduce in una compressione localizzata della matrice e
conseguente chiusura delle cricche. L’interruzione
delle cricche comporta la dispersione di fibre di
ceramica entro la matrice pure ceramica, le quali
interrompono le cricche e impediscono la loro crescita.
Infine l’arrotondamento delle cricche sfrutta la
presenza di una popolazione di microcricche indotte
intenzionalmente all’interno della matrice, le quali
arrotondano l’apice delle cricche e ne rallentano la
propagazione
Metalli
All’introduzione dei compositi polimerici (più
resistenti, rigidi e leggeri), la ricerca nel campo dei
metalli ha risposto migliorando le prestazioni delle
leghe leggere d’alluminio (Fig.0.34) e sviluppando:
- strutture sandwich con pelli in alluminio e core in
schiuma d’alluminio (Aluminum Foam Sandwich AFS), che hanno efficienza strutturale, resistenza al
crash ed alla fiamma, smorzamento acustico,
riciclabilità; un’alternativa alla schiuma d’alluminio è
costituita dai syntactic metals in magnesio, che
incorporano microsfere di vetro/ceramica;
- leghe Al-Li: per ogni 1% di litio, il rapporto
rigidezza/densità aumenta del 3%. I problemi risiedono
nei costi e nelle tecnologie (allo stato fuso, il contatto
con l’umidità provoca esplosioni).
- alluminio amorfo e single crystal, che consentono di
evitare l’innesco, la coalescenza e la propagazione di
cricche di fatica al bordo grano;
- intermetalli (per esempio titanium aluminide e nickel
aluminide); con questi materiali, sinterizzati con la
tecnica Hot Isostatic Pressing (HIP), è stata realizzata
la protezione termica dello spazioplano X-33;
- sinterizzazione (Powder Metallurgy – PM ): con
questa tecnologia sono state realizzate le ordinate
motore in lega di titanio del B-777. La sinterizzazione
evita la segregazione inerziale durante la fusione;
consente di realizzare leghe altrimenti impossibili
(60% Al + 40% Si). Essa può essere adottata per il
berillio, ma solo per applicazioni spaziali, dato il costo
e la tossicità;
- tecnologia Powder Injection Moulding (PIM)
Compositi a matrice polimerica
Si ritiene che i materiali compositi a matrice
termoplastica possano offrire le maggiori potenzialità
per quanto riguarda l’aspetto critico legato alla
produzione e quindi al costo, in quanto è più
conveniente riscaldare e raffreddare un materiale
anziché doverlo reticolare. Oltre i termoplastici, la
prospettiva per ulteriori miglioramenti dei compositi
polimerici è praticamente illimitata. La possibilità di
differenziare e controllare le proprietà dei compositi
ibridi consente di ingegnerizzare i materiali per
adattarli alla distribuzione di sforzi che essi devono
sopportare. Ciò comporta che la progettazione del
componente e la definizione dei requisiti del materiale
debbano fondersi per divenire due aspetti di un unico
processo. Questo richiede lo sviluppo scientifico della
tecnologia per controllare il processo di fabbricazione e
garantire una reticolazione completa ed uniforme,
minimizzare gli sforzi di origine termica, controllare il
contenuto in resina e garantire il corretto
posizionamento delle fibre. Il costo rimane uno dei
problemi principali: processi di fabbricazione a basso
costo saranno decisivi per il successo dei nuovi sistemi
di composito costituiti da matrici termoplastiche ad alte
prestazioni rinforzate con fibre continue.
Nel futuro, i compositi potranno essere rinforzati con
macromolecole rigide come fibre: una prospettiva
molto stimolante consiste nel distribuire tali molecole
rigide entro una matrice flessibile, creando così un
composito rinforzato da singole molecole. Il problema
Fig. 0.34 - Miglioramento delle caratteristiche delle
leghe di alluminio tra i prodotti di ultima generazione e
quelli precedenti.
Ceramiche
Le ceramiche sono state definite come i materiali che
non sono né metalli, ne’ polimeri. Più rigorosamente,
esse sono composti formati da metalli (o metalloidi) e
dagli elementi O, N, C e B, con forti legami ibridi
ionici-covalenti. Tali legami conferiscono alle
G. Sala, L. Di Landro, A.Airoldi, P. Bettini
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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI - Ver.00
INTRODUZIONE: EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE E DEI MATERIALI AEROSPAZIALI
è riuscire a dissolvere le molecole rigide nella matrice e
poi orientarle nella maniera desiderata. Oltre a ciò
sarebbe auspicabile disporre di matrici in grado di
sopportare alte temperature (oltre alle poli-imidi, che
possono essere utilizzate fino a circa 315 °C).
Un’ulteriore interessante possibilità risiede nell’area
delle matrici ibride. Per esempio le termoindurenti
termotropiche, che sono state sviluppate per sfruttare i
vantaggi tecnologici delle termoplastiche, unitamente
alla stabilità dimensionale ed alla resistenza ambientale
delle termoindurenti. Recenti innovazioni nelle
tecniche di produzione dei compositi hanno portato
anche alla realizzazione di nuovi tipi di rinforzi, quali
tessuti multiassiali, tessuti tubolari (braided) e tessuti
tridimensionali (knitted): tali complessità ne migliorano
le prestazioni, ma ne aumentano i costi.
Compositi a matrice ceramica
La presenza di rinforzi consente di aumentare la
tenacità e quindi la lunghezza critica delle cricche (in
quanto la lunghezza critica di cricca aumenta con il
quadrato della tenacità) dei materiali ceramici. La
presenza di particelle, fibre discontinue monocristalline
o fibre continue migliora la tenacità grazie ad almeno
tre diversi meccanismi: deviazione della direzione di
propagazione della cricca; assorbimento di energia
tramite lo strappamento delle fibre (ciò implica la
presenza di un legame debole tra fibre e matrice);
chiusura delle cricche (ovvero mantenimento a contatto
delle due facce delle cricca).
Fiber Metal Laminates
I Fiber Metal Laminates (FML), costituiti dalla
stratificazione alternata di lamiere in lega d’alluminio e
strati di composito fibre di vetro/epossidica o fibre
aramidiche/epossidica presentano caratteristiche molto
attraenti, quali una densità minore del 15% rispetto alle
leghe leggere d’alluminio con la medesima resistenza e
rigidezza; miglior resistenza alla corrosione passante e
alla fiamma (le fusoliere in lega d’alluminio bruciano
in 20/30 sec. rispetto ai 90 sec. prescritti dalle autorità
per i tempi di evacuazione); la miglior resistenza alla
fatica ed alla propagazione di cricca (100 volte più
lenta rispetto alle leghe d’alluminio) ed alla resistenza
residua dopo impatto. Inoltre essi presentano modalità
costruttive “famigliari” simili a quelle delle leghe
d’alluminio. Rispetto ai compositi, gli FML non
presentano Barely Visibile Impact Damage (BVID) e
sono meno sensibili all’assorbimento di umidità (grazie
agli strati superficiali in lega d’alluminio) nonché
all’ingresso del fulmine (in quanto sono materiali
elettroconduttivi).
I primi impieghi del GLARE furono nel 1995 le
riparazioni sul C5-A Galaxy, il pavimento cargo del B777 e l’ordinata di forza del Bombardier Learjet 45.
L’adozione del GLARE sull’A-380 (oltre 400 m2 di
pannelli dorsali di fusoliera, con un risparmio di oltre
1000 kg) ha consentito il 15% di riduzione dei costi
operativi, la possibilità di adottare pannelli più grandi
(fino a 16x6 m) grazie alla tecnologia di giunzione
splicing, ed il risparmio in peso del 25% rispetto alle
leghe d’alluminio, con un risparmio totale di 1500 kg
per velivolo. I pannelli hanno potuto essere prodotti a
semplice e doppia curvatura, ed irrigiditi integralmente,
così riducendo i tempi di assemblaggio. L’impatto
ambientale della produzione con GLARE è del 25%
minore rispetto a corrispondenti strutture macchinate.
A fine vita, gli strati in alluminio possono essere
separati per granulazione/eddy current dagli strati in
composito, in maniera da consentirne il riciclo.
Compositi a matrice metallica
I compositi a matrice metallica (MMC) offrono elevate
prestazioni ad alta temperatura fino a 500 °C, alta
resistenza, duttilità e tenacità (Fig.0.35) e nessuno dei
maggiori svantaggi dei compositi a matrice polimerica
(bassa conduttività termica, elevati coefficienti di
dilatazione termica, instabilità dimensionale, degrado
igrotermico, perdita di massa nel vuoto e suscettibilità
all’infragilimento dovuto alle radiazioni a bassa
temperatura).
Fig.0.35 - Proprietà di particelle e di fiber-reinforced
metal.
Per contro, gli svantaggi degli MMC risiedono nella
densità relativamente elevata e nella complessità e
criticità dei processi tecnologici. Questi ultimi aspetti
dipendono dai parametri tecnologici estremi che sono
necessari per circondare e bagnare le fibre con la
matrice metallica. Ciò può portare ad una estesa zona
reattiva all’interfaccia tra fibra e matrice (specie nel
caso di tecniche di fabbricazione per infiltrazione di
metallo fuso) e conseguente degrado delle proprietà.
Una soluzione innovativa per eliminare la zona reattiva
consiste nel consentire la naturale formazione in situ di
fibre (per esempio di TiB2) tramite il processo XD.
I rinforzi, che possono essere costituiti da fibre di
metallo, carburo di silicio, alumina o da monocristalliwhiskers, migliorano i rapporti resistenza/peso e
rigidezza peso dei metalli che li ospitano (alluminio e
titanio). Eurocopter ha ottenuto un risparmio in peso di
70 Kg sostituendo, nel rotore dell’NH90, l’acciaio
inossidabile con gli MMC. Questi ultimi offrono tra
l’altro migliori prestazioni a fatica.
G. Sala, L. Di Landro, A.Airoldi, P. Bettini
Compositi carbon/carbon
Questi compositi sono costituiti da una matrice di
carbonio amorfo rinforzata con fibre di carbonio semicristallino o grafite. I principali vantaggi consistono in
un ridotto degrado anche a temperature molto elevate
(2500 °C), sebbene l’ossidazione si verifichi
immediatamente se non si provvede ad un rivestimento
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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI - Ver.00
INTRODUZIONE: EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE E DEI MATERIALI AEROSPAZIALI
protettivo (per esempio un sottile strato ceramico).
Anche in questo caso le tecnologie di processo sono
estremamente complesse, in quanto comportano cicli
multipli di pirolisi (ovvero conversione di resina
fenolica in carbonio). Generalmente le fibre di grafite
sono disposte secondo onde perpendicolari tridimensionali, per cui fasci di fibre parallele o ritorte
sono orientate secondo tre assi cartesiani ortogonali.
5. Prospettive
Fig. 0.37 - Sforzo di snervamento specifico per diversi
materiali rispetto alla temperatura.
Storicamente, i materiali sono stati introdotti nei
sistemi aerospaziali quando potevano offrire al
progettista la possibilità di migliorare le prestazioni. La
Fig.0.36 riporta una lista (molto parziale) dei materiali
aerospaziali e del loro anno di adozione.
Questi materiali comprendono la lega Ti6Al4V,
Weldalite 049, Al 2618, il composito a matrice
polimerica Celion 3000/PMR-15, e tre compositi a
matrice metallica 2124/SiC/15w, 8009/SiC/11p e
2124/TiB2/15p(XD). I materiali a bassa densità
possono possedere eccellente sforzo di snervamento
specifico, anche se il loro sforzo di snervamento
assoluto è scarso. Ad esempio, la superiorità della
prestazione offerta a bassa temperatura dalla Weldalite
049, che è una lega alluminio litio, è evidente. Ed è
stata proprio questa proprietà ad attrarre nel corso
dell’ultimo ventennio l’attenzione dei progettisti verso
le leghe alluminio-litio. A temperature più alte, ed in
particolare a temperature superiori al valore
corrispondente al regime operazionale di Mach 2,4,
questa lega si comporta male e non è per niente
superiore alla lega AL2618 ed al composito a matrice
metallica 2124/TiB2/15p(XD).
D’altra parte, le tecnologie dei nuovi materiali
strutturali costituiranno un fattore determinante per il
successo del single-stage-to-orbit (SSTO) reusable
launch vehicle (RLV) del XXI secolo. Attualmente, i
materiali rappresentano il 30-50% del costo totale del
prodotto finito. I nuovi materiali, capaci di ridurre i
costi totali di produzione e di migliorare le prestazioni
possono fornire un vantaggio competitivo, specie per i
sistemi di trasporto spaziale. Negli ultimi 35 anni si
sono compiuti rilevanti passi avanti nelle tecnologie dei
materiali strutturali. Nuovi materiali come le ceramiche
ed i compositi offrono proprietà superiori (ad esempio
resistenza ad alta temperatura, elevata rigidezza, basso
peso) rispetto ai metalli tradizionali come alluminio ed
acciaio. Quel che è più importante, i materiali stessi
possono essere progettati per soddisfare le esigenze
particolari di ogni specifica applicazione. L’uso di tali
materiali avanzati conferirà al SSTO maggiori margini
per il carico pagante, migliore efficienza propulsiva,
minori costi di assemblaggio e di manutenzione ed una
più lunga vita operativa.
I cosiddetti materiali avanzati (leghe metalliche
speciali, ceramiche, compositi) esibiscono proprietà,
come ad esempio la resistenza ad alta temperatura e la
rigidezza specifica, che sono significativamente
superiori di quelle dei materiali convenzionali, come
alluminio e acciaio. In taluni casi anche nuove leghe
metalliche e polimeri non rinforzati possono
legittimamente essere considerati materiali avanzati. La
Fig. 0.36 - Anno di introduzione dei diversi materiali in
campo aeronautico.
E’ facile notare che, nel corso degli ultimi 50 anni,
sono stati introdotti solo due nuovi materiali strutturali
principali: le leghe di titanio ed i materiali compositi a
matrice polimerica. Nonostante il loro costo elevato,
entrambi sono stati introdotti perché hanno garantito un
salto di qualità in talune prestazioni. Un fattore
prestazionale che è di molto migliorato dai tempi del
legno e della tela è la resistenza specifica. I compositi
rinforzati con fibre di carbonio hanno una resistenza
specifica ben superiore anche alle leghe di titanio, e
questo spiega la grande popolarità di cui questi
materiali godono da ormai molti anni. La resistenza è
però una caratteristica che decade all’aumentare della
temperatura, cosicché materiali che forniscono
prestazioni soddisfacenti a temperatura ambiente
possono non essere più accettabile ad elevati numeri di
Mach. Questo è dimostrato dai dati riportati in
Fig.0.37, in cui lo sforzo di snervamento (specifico
rispetto alla densità) di diversi materiali è diagrammato
in funzione delle temperatura.
G. Sala, L. Di Landro, A.Airoldi, P. Bettini
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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI - Ver.00
INTRODUZIONE: EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE E DEI MATERIALI AEROSPAZIALI
Fig.0.38 confronta le massime temperature operative
delle tre principali categorie di materiali strutturali.
carburo di silicio per formare un MMC. Ancor più
attraenti sono i PMC rinforzati con fibre di carbonio,
che possono avere resistenza e rigidezza specifiche
nella direzione delle fibre di quattro volte superiori
rispetto agli acciai ed alle leghe di titanio. Tali
prestazioni rendono possibile la costruzione di strutture
in composito aventi la stessa resistenza e rigidezza
delle strutture metalliche, ma con un risparmio in peso
del 50%: vantaggio decisivo nelle applicazioni
aerospaziali.
Nonostante le proprietà fisiche e meccaniche dei
compositi e delle ceramiche siano impressionanti, ciò
che distingue veramente questi materiali è che essi
sono materiali ingegnerizzati, ovvero essi sono
realizzati a partire da costituenti per ottenere le
prestazioni richieste da una specifica applicazione.
Inoltre, una struttura in composito può essere
progettata in maniera da possedere differenti proprietà
in differenti direzioni o posizioni. L’uso giudizioso
delle fibre di rinforzo consente di aumentare la
resistenza e la rigidezza solo in quelle
posizioni/direzioni che lo richiedono. Un tale
posizionamento selettivo consente di ottenere grande
efficienza progettuale, tecnologica ed economica: le
macchine per l’avvolgimento dei compositi (filament
winding) usano il grano propellente per realizzare la
struttura esterna degli SRMC (solid racket motor case),
mentre le macchine per la deposizione automatizzata di
nastri composito sono usate routinariamente per
produrre parti di strutture aerospaziali.
Lo sviluppo dei materiali avanzati ha aperto orizzonti
interamente nuovi alla progettazione ingegneristica.
Nel passato, il progettista usava scegliere un materiale
e poi identificare i processi produttivi adatti per
trasformarlo nella struttura. Oggi, grazie ai nuovi
materiali ingegnerizzati, il progettista può prendere le
mosse dai requisiti finali del prodotto e letteralmente
creare il materiale necessario assieme alla struttura, in
un processo produttivo integrato. Così, con i materiali
ingegnerizzati, i vecchi concetti di materiale, progetto e
processo produttivo sono fusi assieme entro il nuovo
concetto di progettazione e produzione integrate.
Le tecnologie dei materiali avanzati differiscono
grandemente in quanto a livello di maturità. I PMC
sono ben oltre la fase di sviluppo, mentre i CMC
vivono ancora la loro prima infanzia. Anche le possibili
applicazioni e le opportunità commerciali per questi
materiali possono essere molto diverse.
Per convenienza, i materiali avanzati possono essere
suddivisi in due categorie, a seconda che possano
essere utilizzati solo fino a 500 °C (materiali per bassa
temperatura) oppure sopra i 500 °C (materiali per alta
temperatura). In conseguenza di ciò, i compositi
organici a matrice polimerica e le leghe di alluminio e
di magnesio ricadono nella prima categoria, le leghe di
titanio, le superleghe, gli intermetallici, i metalli
refrattari, le ceramiche e i compositi carbon/carbon
appartengono alla seconda.
Fig. 0.38 - Massime temperature di utilizzo per le
principali famiglie di materiali strutturali.
I materiali organici come i polimeri generalmente
fondono o carbonizzano attorno ai 300 °C; la maggior
parte dei metalli refrattari perde la propria resistenza
poco sopra i 1000 °C; le ceramiche, viceversa, possono
mantenere la propria resistenza anche oltre i 1600 °C e
potrebbero dimostrarsi funzionalmente utili sino a 2800
°C. Nelle applicazioni quali i motori a razzo e gli
scambiatori di calore nei quali l’efficienza migliora al
crescere della temperatura operativa, le ceramiche
offrono possibili risparmi di peso e di costo grazie a
soluzioni progettuali più semplici di quelle rese
possibili dai metalli.
La Fig.0.39 confronta la resistenza e la rigidezza
specifica di alcuni materiali avanzati con quelle dei
metalli convenzionali.
Fig. 0.39 - Confronto tra la resistenza e la rigidezza
specifica per alcuni materiali avanzati e i metalli
convenzionali.
Materiali per basse temperature
In questa categoria la maggior competizione si registra
tra le leghe leggere d’alluminio ed i compositi organici
La rigidezza specifica dell’alluminio può essere
triplicata mescolandolo con il 50% in peso di fibre di
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a matrice polimerica. Dalla fine degli anni ’90, le
matrici termoindurenti per alta temperatura epossidiche
poli-imidiche costituiscono la soluzione convenzionale,
le matrici termoplastiche hanno cominciato a prendere
piede, mentre i concetti di compositi ibridi e di
compositi molecolari sono ancora in fase di
valutazione. Nello stesso periodo, la produzione
statunitense di compositi per l’industria aerospaziale ha
superato le 2000 tonnellate annue (per la cronaca, è una
quantità grandemente inferiore a quella impiegata, nel
settore degli attrezzi sportivi, per la produzione delle
sole canne da pesca). I compositi termoplastici tenaci e
resistenti ai solventi sono disponibili nella forma usuale
di unidirezionali e tessuti pre-impregnati, come pure
sotto forma di commingled (trefoli ibridi fatti di fibre di
rinforzo e fibre di matrice) oppure da trefoli di fibre
impregnate con polvere di matrice e rivestite da una
guaina dello stesso materiale (FIT), vedi Fig.0.40. La
riduzione dei costi di produzione non potrà che
derivare da un approccio integrato di progettazione e
produzione in una “fabbrica del futuro” che sostituirà
le attuali tecnologie para-artigianali ad alta intensità di
manodopera.
giocheranno un ruolo cruciale nell’individuare le scelte
più opportune per ogni particolare applicazione. Nelle
leghe leggere Al-Li, per ogni 1% di litio, il rapporto
rigidezza/densità migliora del 3%. Le leghe Al-Li
possono contenere, oltre a Cu e Mn, fino al 2,5% di Li,
il che porta a riduzioni della densità di circa il 10%.
Altri miglioramenti attesi comprendono leghe di
magnesio resistenti alla corrosione prodotte con i
metodi IM e RS, ancor più leggere leghe Al-Li-Be,
compositi a matrice metallica grafite/alluminio e
grafite/magnesio adatti alle applicazioni in ambiente
spaziale.
Come la scelta dei materiali, anche la scelta dei
processi costruttivi è in funzione della riduzione dei
costi, per quanto riguarda sia i metodi di produzione
che le tecniche di collegamento. Ad esempio, la
saldatura laser dei pannelli inferiori della fusoliera
dell’Airbus A 380, pur non avendo sostituito
completamente la rivettatura, ha apportato un notevole
miglioramento della resistenza alla corrosione ed un
risparmio in peso superiore al 5%. L’adozione sul
medesimo velivolo del Glare (grazie alla disponibilità
di pannelli con dimensioni praticamente illimitate) ha
consentito, oltre a risparmi in peso del 15-25%, anche
risparmi nei tempi di assemblaggio e nei costi operativi
(di circa il 15%). La Fig.0.41 riporta un confronto
qualitativo tra i costi di produzione delle leghe di
alluminio e dei compositi polimerici.
Fig. 0.40- Confronto delle deformazioni ammissibili, a
compressione, in funzione della temperatura
Fig. 0.41 - Costi di produzione delle leghe di Al e dei
compositi polimerici.
Un passo decisivo in questa direzione è consistito
nell’executive Starship, primo vero velivolo all
composite realizzato da pannelli sandwich in fibra di
carbonio con resina epossidica e riempitivo in nido
d’ape aramidico. Non si tratta di black aluminum,
ovvero di una realizzazione ove l’originaria lega di
alluminio viene semplicemente sostituita da composito,
ma piuttosto di un velivolo esplicitamente progettato
per sfruttare appieno le peculiarità del composito. La
Fig.1.16 riporta altresì i risultati derivanti dall’adozione
di una miscela polimerica che promette grandi vantaggi
in termini di processabilità ed armonicità di
prestazioni.
I metalli, ed in special modo le leghe di alluminio, nel
frattempo non sono stati a guardare, con lo sviluppo
delle leghe a bassa densità Al-Li, delle leghe ad alta
resistenza per elevate temperature, dei compositi a
matrice metallica e degli FML. Lo sviluppo di processi
a basso costo (come la tecnica di colata DURAL per gli
MMC a base di alluminio) e la raggiunta maturità di
alcune classi di materiali (riproducibilità delle
prestazioni, disponibilità di affidabili data base)
Materiali per alte temperature
In questo caso si verifica una sovrapposizione tra i
materiali da costruzione dei motori del presente e del
futuro. A questo proposito, la Fig.0.42 mostra un
disegno concettuale del velivolo passeggeri ipersonico
del XXI secolo e dei possibili materiali per la
costruzione delle sua struttura.
G. Sala, L. Di Landro, A.Airoldi, P. Bettini
Fig. 0.42 - Disegno concettuale e possibili materiali
impiegabili per un velivolo ipersonico del XXI.
Poiché gli attuali materiali compositi a matrice
polimerica hanno richiesto più di venti anni per
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raggiungere un accettabile livello di maturità, è
ragionevole però supporre che tali materiali possano
richiedere almeno un uguale periodo di tempo per
essere accettati come materiali con cui realizzare la
struttura.
Tra i materiali potenzialmente candidati per la
costruzione delle future strutture si possono annoverare
le leghe di alluminio avanzate (del tipo MA o intermetalliche come la Al3Ti modificata), le leghe di
titanio avanzate (come ad esempio le leghe di tipo 
terminale prodotte per rapida solidificazione), gli
intermetallici ordinati basati su TixAl o NixAl (dove x è
uguale a 1 o 3), le superleghe avanzate, i compositi
carbon/carbon, i compositi ceramici ed i metalli
refrattari con elevata resistenza ambientale, nonché i
compositi basati su tutti questi materiali monolitici.
Una percentuale rilevante di questi materiali prefigura
processi produttivi complessi e di conseguenza un
costo prevedibilmente elevato, come accade per i
compositi carbon/carbon riutilizzabili. In quest’ultimo
caso potrà dimostrarsi conveniente utilizzare sistemi di
protezione integrata, costituiti dalla combinazione di
rivestimenti superficiali esterni, strati interni sigillanti,
matrici inibenti e rivestimenti in fibre di carbonio per
conferire una migliorata resistenza alla ossidazione
ciclica indotta dalla pressione.
Nell’ambito dei programmi per il futuro velivolo
transatmosferico HSCT (High Speed Civil Transport) e
HSR (High Speed Research) per lo sviluppo del
velivolo supersonico SSTO da 300 passeggeri, la
NASA ha identificato il composito PETI-5 (matrice
termoplastica e fibre di carbonio) come il materiale in
grado di resistere alla fatica termica derivante da
60.000 ore (25 anni di servizio) di volo a Mach 2.4.
Tale materiale offre un risparmio in peso del 30%
rispetto ai concorrenti, può essere impiegato ad una
temperatura continuativa di 177 °C, con punte di 270
°C per brevi periodi ed è 30 volte più tenace alla
propagazione di cricca rispetto alle matrici epossidiche.
Per contro, esso prefigura criticità tecnologiche
(reticolazione a 380 °C e 14 MPa) ed una dubbia
resistenza ai solventi.
Nel corso dei prossimi cinque anni, il mercato dei
sistemi di satelliti raddoppierà. Tale ampliamento
consisterà principalmente in gruppi di satelliti LEO
(Low Earth Orbit) costituiti da circa settanta satelliti
(ad esempio Iridium, Iridium Next, Skybridge e
Teledesic). Essi copriranno due settori di mercato, il
primo operante a bassa frequenza (1-2 GHz), il
secondo ad alta frequenza (Ku 12-18 KHz, Ka 27-40
KHz). Le applicazioni ad alta frequenza stanno
diventando preponderanti, prima di tutto perché finora
non sono state ancora utilizzate, in secondo luogo
perché esse offrono l’opportunità di aumentare il rateo
di trasmissione dei dati. L’aumentata numerosità dei
satelliti apre nuove prospettive nei confronti dei
materiali e delle tecnologie di produzione per ridurre i
costi di produzione. In aggiunta ai satelliti LEO,
continuano ad essere utilizzati i satelliti GEO
(Geostationary Earth Orbit) i quali, a causa della
maggior distanza dai ricevitori, richiedono maggiori
prestazioni ai loro sottostimi. In conseguenza di tutto
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ciò, i materiali ed i processi produttivi dovranno
garantire elevata conducibilità termica e stabilità
termoelastica, per garantire una sufficiente accuratezza
di funzionamento in presenza di elevati carichi
dissipativi ed elevate frequenze di trasmissione.
Nonostante la sempre più viva necessità di ridurre i
tempi ed i costi di produzione, il principale criterio
nella progettazione dei satelliti continua infatti ad
essere quello del soddisfacimento dei requisiti (per la
parte strutturale ciò significa sopportare i carichi,
minimizzando la massa). La riduzione della massa
comporta riduzione dei costi di lancio ed aumento della
vita operativa. Per le applicazioni spaziali il trade-off
massa/costo è ben maggiore rispetto a qualsiasi altro
settore, come mostrato in Fig.0.43.
Fig. 0.43 – Trade-off massa/costo (kg/E) per i diversi
settori industriali
Ciò comporta l’utilizzo di CFRP ad ultra-alto modulo
(aumento
rigidezza,
riduzioni
distorsioni
termoplastiche  -160/+40 °C); uso di fibre
poliaramidiche quando è richiesta radio-trasparenza;
uso di tessuti per conferire maggior isotropia alla
conducibilità elettrica e termica; giunzioni incollate,
minimizzando la quantità di adesivo (per ridurre le
distorsioni termoelastiche e l’outgassing). Requisito:
massimizzare la stabilità termoplastica (compositi con
matrici estero-cianati).
Per il futuro lontano si prefigura l’utilizzo di ipotetici
materiali compositi dotati di elevata temperatura di
fusione, resistenza ambientale, stabilità chimica e
buone caratteristiche meccaniche, materiali capaci di
assolvere alla loro funzione strutturale sino a
temperature di 2000 °C. Va detto per inciso che sia le
fibre che la matrice di tali materiali devono ancora
essere sviluppati.
Inoltre è implicito che tutti i materiali sin qui
menzionati debbano possedere un comportamento
prevedibile e affidabile, in maniera che la vita
operativa del componente possa essere chiaramente
definita. Infine, per limitare i costi di produzione entro
livelli accettabile, sarà necessario che l’ipotetica
“fabbrica del futuro” implementi processi tecnologici
intelligenti, ripetibili e meno labour intensive di quanto
non siano attualmente.
Processi produttivi
Tradizionalmente, i materiali sono considerati un input
(normalmente poco costoso) della lunga catena di fasi
progettuali e produttive che alla fine dà luogo al
prodotto finale. I nuovi materiali del XXI secolo
richiedono una filosofia diversa: il materiale ed il
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INTRODUZIONE: EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE E DEI MATERIALI AEROSPAZIALI
prodotto finale devono diventare indistinguibili, uniti in
un processo integrato di progettazione e produzione.
Ciò richiede una collaborazione più stretta tra
ricercatori, progettisti e responsabili della produzione,
come pure un approccio diverso nei confronti del
concetto di costo del materiale.
I materiali e la tecnologia produttiva costituiscono le
fondamenta di un veicolo aerospaziale efficiente ed a
basso costo. In particolare, le attività spaziali
richiedono basso peso e basso costo, specie per i
lanciatori non riutilizzabili. Ma anche per i lanciatori
riutilizzabili il costo rappresenta un fattore importante,
poiché i costi di sviluppo e produzione devono
comunque esse ammortati nel corso della vita operativa
del veicolo. Tre sono le aree per lo sviluppo,
rispettivamente a breve-, medio- e lungo-termine, dei
veicoli spaziali: tecnologie produttive efficienti ed a
basso costo; strutture controllabili, adattative, con
funzionalità di health monitorino/health management;
materiali efficienti ed a basso costo. In particolare, per
quanto riguarda i materiali, le aree di ricerca che fanno
sperare in elevati ritorni sono quelle legate a: a)
riduzione di densità (compositi, leghe alluminio-litio);
b) aumento della rigidezza/resistenza (materiali
prestanti, con legami covalenti e minima presenza di
micro-difetti, single-crystal e monocristallini); c)
estensione della durabilità: il B-52 rimarrà in servizio
per 90 anni, il C-130 per 75, l’F-15 per 40. I cinque
Space-Shuttle superstiti ambiscono ad una vita
operativa di 30-40 anni ed i veicoli SSTO di nuova
generazione che verranno varati alla metà del XXI
secolo dovranno rimanere operativi fino al XXII
secolo. I materiali dovranno essere damage-tolerant,
ovvero resistenti ai difetti iniziali di produzione ed ai
danni successivi dovuti all’utilizzo, oltre che alla
corrosione ed all’elevata temperatura; d) innalzamento
delle temperature operative: intermetalli e MMC fino a
500 °C, compositi carbon-carbon e CMC fino a 1500
°C, grafite single-crystal da 1500 a 3000 °C, una volta
risolti
i problemi legati alla corrosione, alla
sublimazione ed all’ossidazione, in questo coadiuvata
da rivestimenti protettivi in ossidi di alluminio o
zirconio, carburi di silicio, composti dell’hafnio o
dell’yttrio.
Le considerazioni relative alla densità, rigidezza,
resistenza meccanica e termica focalizzano l’attenzione
verso gli elementi leggeri posti al centro della tavola
periodica: alluminio, magnesio, carbonio, berillio,
silicio, titanio, yttrio ed i loro ossidi e nitruri.
L’aggiunta di tali elementi leggeri al titanio al niobio
per ottenere composti intermetallici consente di
ottenere contemporaneamente bassa densità e buona
resistenza alla corrosione ed alle alte temperature. In
ogni caso le proprietà dei materiali dipendono
fortemente dalla loro composizione, struttura cristallina
e legami atomici. Per questo motivo la capacità di
controllare la microstruttura potrà consentire di
ottenere nuove ed esaltanti proprietà, nel campo dei
materiali nanostrutturati (metallici, ceramici e
polimeri), dei materiali functionally-graded (le
caratteristiche dei quali cambiano con continuità), dei
nanotubi di carbonio e del fullerene (che, essendo
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costituiti solo da legami atomici carbonio-carbonio,
possono raggiungere resistenze specifiche 600 volte
superiori a quelle dell’acciaio).
Dal punto di vista dei processi di fabbricazione, nel
settore aerospaziale, caratterizzato dalla produzione in
piccola serie di parti complesse, il costo del materiale
costituisce una frazione ridotta del costo totale finale:
per questo motivo, processi integrati di sviluppo e
produzione, capaci di trasformare il materiale in
prodotto finito con il minimo ausilio di impianti
attrezzature e manodopera sono altamente auspicabili.
Ciò ha stimolato a) l’evoluzione dalle tradizioni
tecniche di prototipizzazione (lunghe, costose e labourintensive),
verso
il
virtual
prototyping
(CAD/CAE/CAM) ed il rapid prototyping/tooling
(stereolitografia, selective laser sintering, electron
beam melting, fused deposition, laminate object
manufacturing); b) l’implementazione delle tecnologie
minimum touch labour altamente automatizzabili, quali
filament winding, braiding, pultrusione, resin reaction
injection moulding, nonché foam-in-place e nonautoclave curing (UV ed e-beam) con polimeri a bassa
temperatura; c) l’adozione della filosofia produttiva
lean manufacturing, che persegue la minimizzazione
degli sprechi e dei tempi morti tramite l’applicazione di
sei principi fondamentali: 1) trasparenza (controllo
visuale del flusso produttivo); 2) design for
manufacturing
(adozione
preliminare
degli
accorgimenti atti al miglioramento della producibilità);
3) focalizzazione sul processo (e non sulle singole fasi
produttive); 4) just-in-time (produzione solo di ciò che
è
necessario);
5)
controllo
di
processo
(responsabilizzazione di ciascun addetto rispetto ai
requisiti di qualità), 6) standardizzazione (conseguente
all’identificazione dei processi più efficienti).
In queste pagine si è descritto il passato, accennato al
presente ed investigato il futuro dei materiali da
costruzione per l’industria aerospaziale. L’originaria
“Era dei Materiali di Base” è alle spalle e si tratta di
entrare nell’ “Era dei Materiali Ingegnerizzati”.
L’intendimento è quello di progredire tecnicamente,
senza però trascurare gli aspetti legati alla fattibilità ed
alla convenienza economica.
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