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Filomena Di Filippo
Dottore Commercialista
Revisore Contabile
Oggetto: Buoni pasto deduzione professionista e ditta individuale senza dipendenti
Non vi sono dati normativi e risoluzioni o circolari della Agenzia delle Entrate che stabiliscono la
certezza che un professionista ed un imprenditore individuale possa dedurre il costo di acquisto di
buoni pasto utilizzati per se stesso nel caso in cui non abbia alcun dipendente o collaboratore.
La disciplina dei buoni pasto è stata definita dal DPCM 18.11.2005, relativo all’affidamento e
gestione dei servizi sostitutivi di mensa.
In base al citato provvedimento, l’utilizzo da parte dell’imprenditore individuale o da parte del
professionista del buono rappresenterebbe, pertanto, un uso improprio del documento stesso.
Si è dell’avviso che, in presenza di una fattura da parte della società emittente al professionista
ovvero all’imprenditore individuale si possa escludere a priori la deducibilità dei buoni pasto.
La circostanza che il DPCM preveda l’attribuzione dei buoni pasto ai soli dipendenti sembra
sufficiente ad escludere l’inerenza del costo effettivamente sostenuto.
Infatti secondo l’Agenzia delle Entrate (ris. 30.10.2006 n. 118), la disciplina del DPCM ha anche
rilevanza fiscale, ma tale precisazione dovrebbe essere riferita essenzialmente al regime di non
imponibilità in capo al dipendente di cui all’art. 51 co. 2 lett. c) del TUIR.
Anche se per completare l’argomento, parte della dottrina ha ritenuto che le spese per i buoni pasto
che il professionista (commercialista, ragioniere, ingegnere, avvocato ecc. ecc. ) utilizza nell’ambito
della propria attività vadano ricondotte alla fattispecie di cui all’art. 54 co. 5 del TUIR, con
conseguente deducibilità al 75% dei relativi importi, nel limite del 2% dei compensi ovvero nel caso
di imprenditori commerciali (tra i quali anche gli agenti di commercio) si possa applicare il dettato
dell’art. 109 Tuir ( deducibilità al 75% delle spese relative alla somministrazione di pasti e
bevande).
Il costo per l’acquisto del buono pasto, secondo l’Agenzia, rappresenterebbe il costo per
l’acquisizione di un “servizio complesso”; a ben vedere, il buono pasto non è altro che un titolo che
consente di identificare l’avente diritto alla somministrazione di alimenti e bevande,
somministrazione che soggiace ai limiti più volte ricordati previsti dall’art. 54 co. 5 del TUIR e
dall’art. 109 co. 5 del TUIR (redditi d’impresa).
Si può quindi parlare di uno sforzo interpretativo diretto a sanare un intervento legislativo non
troppo accurato che avrebbe finito per penalizzare situazioni (i buoni pasti concessi ai dipendenti)
nelle quali l’inerenza non può essere posta in dubbio.
Ci si potrebbe peraltro interrogare sull’applicabilità al caso di specie di quanto affermato dalla circ.
Agenzia delle Entrate 3.3.2009 n. 6 (§ 8), in base alla quale il limite del 75% non si applica alle
spese sostenute dal datore di lavoro per l’acquisto di buoni pasto, dal momento che tali spese
rappresentano il costo per l’acquisizione di un servizio complesso non riconducibile alla semplice
somministrazione di alimenti e bevande.
In altri termini, la disciplina introdotta dal DL 112/2008 non opererebbe nel caso in esame, con la
conseguenza che nel caso dei titolari di reddito di lavoro autonomo ( i professionisti di cui sopra) o
imprenditori le predette spese sarebbero interamente deducibili in quanto tanto il limite del 75%,
quanto il limite del 2% dei compensi si applicano alle spese relative a “somministrazione di
alimenti e bevande”.
Appare quanto meno dubbio che tale ricostruzione possa essere avallata dall’Agenzia delle Entrate,
atteso che l’interpretazione estensiva concessa dalla circ. 6/2009 nel caso di buoni pasto appare
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giustificata dalla circostanza che gli stessi vengono utilizzati dai lavoratori dipendenti.
In altri termini, il rapporto tra datore di lavoro e dipendente, improntato alla contrapposizione di
interessi, garantirebbe il rispetto del principio di inerenza.
Per queste ragioni, ed in presenza di un dato letterale orientato a limitare la deducibilità delle
predette spese, l’Agenzia ha ritenuto di consentirne l’integrale deducibilità relativamente al caso
dei buoni pasto attribuiti esclusivamente dal datore di lavoro.
In via incidentale, si può notare come, anche con riferimento al caso del datore di lavoro, il
ragionamento dell’Agenzia sembra incontrovertibile.
In definitiva, per l’ assenza di chiarimenti ufficiali, non pare plausibile la tesi sostenuta in dottrina
in base alla quale i costi in esame sono deducibili secondo le regole ordinarie, relative alla
somministrazione di alimenti e bevande, non potendosi però escludere che l’Agenzia delle Entrate,
in ragione dei limiti posti dal DPCM 18.11.2005 certamente disconoscerà la deduzione dei predetti
costi.
CIRCOLARE N. 6/E del 03 marzo 2009
Direzione Centrale Normativa e Contenzioso
1. Ticket restaurant acquistati dal datore di lavoro (con dipendenti)
D. Le spese sostenute dal datore di lavoro per l’acquisto dei ticket restaurant sono soggette alla
limitazione al 75 per cento della deducibilità, prevista dagli articoli 54, comma 5, e 109, comma 5,
del Tuir, per le spese per “somministrazioni” di alimenti e bevande?
R. Atteso che la fornitura dei ticket restaurant rappresenta un servizio sostitutivo di mensa, si
ritiene che la limitazione della deducibilità al 75 per cento non sia applicabile alle spese sostenute
dal datore di lavoro per il loro acquisto. Tali spese, infatti, analogamente a quelle relative ad una
convenzione con un esercizio pubblico, rappresentano il costo per l’acquisizione di un servizio
complesso non riducibile alla semplice somministrazione di alimenti e bevande.
In definitiva vale la regola:
Il buono ai dipendenti
Quindi se dovessimo decidere di assegnare ai nostri dipendenti i buoni pasto a fine anno potremo
sottrarre dai nostri ricavi il 100% del costo sostenuto per acquistarli. Inoltre potremo anche
detrarre regolarmente l’Iva pagata sull’acquisto (l’aliquota iva è in questo caso pari al 4% vedi
servizi di mensa aziendali; 10% negli altri casi). La condizione imprescindibile per poter
dedurre il costo di acquisto dei buoni è quindi che gli stessi siano concessi ai dipendenti o ai
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collaboratori.
Il buono pasto per noi stessi
Se invece decidessimo di utilizzare noi stessi i buoni non potremmo invece dedurre il costo di
acquisto. Questa regola vale sia se siamo lavoratori autonomi (per esempio geometri, ingegneri,
ecc.) sia se siamo imprenditori individuali (elettricisti, idraulici, ecc.).
L’unico modo perciò per dedurre il costo del pranzo è farci fare la fattura dal barista o dal
ristoratore. A questo proposito ricordiamo che l’Iva sul pranzo è detraibile (possiamo cioè sottrarla
all’Iva che abbiamo incassato sulle vendite quando facciamo la liquidazione mensile o trimestrale),
mentre il costo del ristorante può essere dedotto al 75% (se spendiamo 100 possiamo perciò dedurre
soltanto 75).
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