1 DISPENSA II (parte seconda) INTERNET E LIBERTA

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1 DISPENSA II (parte seconda) INTERNET E LIBERTA
S.Sbordoni "Web, Libertà e Diritto"©
DISPENSA II (parte seconda)
INTERNET E LIBERTA’: CARATTERISTICHE DI UNA “COMUNITA’ VIRTUALE”
SEMPRE PIU’ DISTINTA DALLA “COMUNITA’ MATERIALE”
Diversi studi sono dedicati al binomio Internet - libertà.
Pensiamo a quelli pubblicati da Freedom House1 nel 2011 e nel 2012.
In “Freedom on the Net 2011: A Global Assessment of Internet and Digital
Media” si indicano, tra le minacce più forti alla libertà di Internet, la censura politica,
il controllo statale sulle infrastrutture Internet e gli attacchi informatici.
Lo studio analizza la situazione della libertà sul web negli anni 2009 - 2010 con
riferimento a 37 Stati del mondo e sulla base di alcuni parametri, tra i quali la
censura, le violazioni dei diritti degli utenti e la possibilità di accedere al web per tutti i
cittadini, li classifica in: “Paesi liberi”, “Paesi parzialmente liberi” e “Paesi non
liberi”.
Nella comparazione delle condizioni registrate nei vari paesi, l’Estonia ottiene il primo
posto, qualificandosi come il paese più libero, agli antipodi rispetto all'Iran,
caratterizzato dalla totale assenza di libertà in rete.
I Paesi in cui non esiste la libertà in rete risultano essere: Thailandia, Bahrein,
Bielorussia, Etiopia, Arabia Saudita, Vietnam, Tunisia, Cina, Cuba, Birmania e Iran2.
Una posizione particolare assume la Cina, che, oltre ad essere classificata come paese
non libero, è la nazione con i metodi di repressione “più sofisticati”, con tendenza ad
un sempre maggiore inasprimento delle misure restrittive, ove i social network
Facebook e Twitter risultano bloccati in modo permanente.
Parzialmente libere risultano 18 nazioni come Messico, Corea del Sud, Kenya,
Egitto, Turchia, Russia, pur avendo questi ultimi due inasprito i controlli rispetto al
2009.
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Associazione di Washington che monitora la libertà di stampa nel mondo
Secondo il rapporto, le autorità iraniane a partire dalle proteste che seguirono le contestate elezioni presidenziali del
12 giugno 2009, hanno portato avanti una campagna repressiva della libertà su Internet, con vere e proprie
intimidazioni e minacce ai dissidenti della rete. Ciò nonostante il regime iraniano abbia avuto un rapporto ambivalente
con Internet considerandolo, da un lato, come un catalizzatore per lo sviluppo economico ma, dall'altro, come una
minaccia dei “ritenuti” valori sociali, religiosi e politici dello stato.
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Otto sono invece gli Stati che vengono classificati “liberi”: al primo posto, come
detto, l'Estonia, addirittura davanti agli Stati Uniti; al terzo posto la Germania e poi
l'Australia, il Regno Unito e l'Italia, il Sud Africa ed il Brasile.
Per quanto riguarda l’Italia, Internet pare avere raggiunto quasi il 49% della
popolazione, non esistono forme di censura politica in rete, utenti e blogger hanno
ampio spazio, i social network vedono moltiplicarsi i loro “iscritti”.
Nonostante questo, però, Freedom House evidenzia come negli ultimi anni il Governo
italiano abbia varato alcuni decreti che “pongono gravi sfide alla libertà di
espressione online”, prevedendo normative destinate, ad esempio, a “rendere i siti
responsabili per i video messi online dagli utenti” o ad imporre l’ “obbligo di onerose
registrazioni per le comunicazioni online”.
In particolare, il rapporto rileva come l’azione tesa a limitare la libertà di Internet
deriva in parte dalla struttura della proprietà dei media in Italia.
“Il primo ministro Silvio Berlusconi”, scrive Freedom House, “detiene, direttamente o
indirettamente, un grande conglomerato privato di mezzi di comunicazione e la sua
posizione politica gli dà una notevole influenza sulla nomina dei funzionari della
televisione di Stato”. Ciò posto, prosegue il report, “tale dominio finanziario e
editoriale dei media può costituire un incentivo a limitare la libera circolazione di
informazioni online”.
Peraltro, Freedom House riconosce, anche, come negli ultimi tempi sul web sia stato
possibile partecipare alle più svariate discussioni, politiche e non, esprimendo
liberamente le proprie opinioni e facendo critica, senza incontrare alcuna limitazione
rispetto ad altri contesti offerti da mezzi di comunicazione quale, ad esempio, la
stampa3.
Il più recente report annuale di Freedom House, “Freedom on the Net 2012: a
global assessment of Internet and digital media” rileva alcuni progressi riferiti
alla libertà di Internet, pur evidenziando il permanere di gravi limitazioni e la presenza
di nuove e sofisticate tecniche adottate da alcuni governi con il chiaro obiettivo di
reprimere la libertà dell’informazione in Rete.
Anche per il 2012 Estonia, Usa e Germania sono i paesi che garantiscono
maggiormente la libertà di Internet.
Invece Iran, Cuba e Cina confermano il punteggio più basso (in compagnia di Russia,
Pakistan, Egitto e Azerbaijan).
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Cfr. articolo su www.ilcambiamento.it, “Freedom on the net 2011: “Internet, tra libertà e censura”, del 21 Aprile
2011.
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Italia e Regno Unito rimangono tra i primi dieci paesi con il web più libero, ma
ottengono il peggiore risultato a livello europeo sotto il profilo della “penetrazione di
Internet”.
Quanto agli Stati Uniti, essi riportano un punteggio alto, sebbene non sia sottovalutata
la portata delle recenti proposte di legge avanzate, sia alla Camera che al Senato, che
in un prossimo futuro potrebbero limitare la libertà di espressione online negli Usa.
Il report segnala poi diverse “piccole vittorie” nella lotta per la protezione dei
diritti degli utenti della rete, posto che per quattordici paesi viene rilevata una
maggiore libertà di stampa online: in particolare Tunisia e Birmania ottengono i
migliori risultati.
Tuttavia, Sania Kelly, direttrice del progetto Freedom on Net, sottolinea:“I risultati
dimostrano chiaramente come i pericoli per la libertà di Internet si siano moltiplicati...
Più le autorità vedono come la messa offline dei siti e gli arresti su larga scala
scatenano l’indignazione su un piano locale e internazionale, più sono spinte a trovare
nuovi e più subdoli metodi per controllare le conversazioni online” (si pensi, tra le
tecniche repressive adottate da vari governi, l’interruzione delle connessioni in
occasione
di
proteste
ovvero
l’infiltrazione
nelle
chat
e
message
board
con
commentatori pagati per postare contenuti favorevoli al governo).
Inoltre, nonostante i progressi in Medio Oriente e in Africa settentrionale, il report
segnala censure, arresti e violenze contro i blogger e sanzioni contro i social media e
gli organi di informazione; ed ancora per 19 paesi evidenzia la promulgazione, nel
corso del 2011, di leggi restrittive della libertà di espressione e, per la maggior parte
delle nazioni, un progressivo peggioramento negli ultimi sei anni della libertà in rete 4.
Di particolare attualità in molti paesi è poi il tema dei limiti al consumo della banda
larga (oltre che dell’opportunità di garantire agli utenti un accesso a Internet senza
limiti e a costi ragionevoli).
La situazione dell’Italia non è delle migliori, posto che meno della metà delle famiglie
italiane ha accesso alla banda larga (48,9% secondo il dato Ocse 2010, a fronte del
75% della Germania, del 67% della Francia e di una media del 61% dei 27 Paesi
dell’Unione Europea; senza contare che anche Paesi come la Polonia ed il Portogallo
registrano una percentuale superiore, rispettivamente del 56,8% e del 50,3%).
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Sul punto: “Freedom House identifica nuove minacce per la libertà di internet”, articolo di Michael Wise del
31.10.2012 su EJO Eoropean Journalism Observatory
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In Francia, si è molto discusso sulla questione della connotazione o meno di Internet
come diritto oppure come bene di lusso che solo alcuni, anche se in larga scala, si
possono permettere.
Ed ecco allora apparire la Federazione francese delle telecomunicazioni (che riunisce
tre dei cinque maggiori operatori del settore, tra cui Telecom) con il progetto di un
“plafond de consommation”, sistema che prevede limiti di consumo della banda
larga fissa, così come già accade con quella mobile (sia in Francia che, ad esempio, in
Italia).
Dunque un progetto di limitazione, motivato dal fatto che detti operatori, come
altri, investono risorse mentre le “società della rete” (con in testa Google, YouTube e
Facebook) raccolgono i frutti!
Argomento cui si è replicato da più fronti rilevando come, sotto altro profilo, la
domanda di banda è strettamente legata e dipende dall’interesse ad Internet,
interesse legato a servizi come, appunto Google, YouTube, Facebook ecc….
La questione è stata affrontata anche in Italia dalla stessa Telecom che ha
sottolineato5 come la banda larga italiana sia ingolfata a causa dei video di YouTube,
di servizi come e-Mule, Torrent ecc… per scaricare gratis (ma anche illegittimamente)
musica e film.
Di qui l’idea che anche i fornitori di servizi come YouTube debbano sottostare alle
medesime regole degli operatori.
Affermazioni queste che portano inevitabilmente a riflettere su problematiche
attinenti
all’inopportunità
di
un
eccessivo
controllo
sulla
rete,
sulla
libertà
d’innovazione e sulla libertà di espressione, ma anche a valutare problemi non meno
gravi, che incidono sul nostro sistema economico e non solo, come quello
dell’eccessiva occupazione della banda larga – che appartiene alla collettività e come
tale dovrebbe essere agevolmente utilizzata da tutti6 – nonché, sotto altro profilo,
degli abusi perpetrati attraverso Internet.
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Relazione tenuta nel corso dell’incontro dell’Osservatorio permanente Giovani-Editori tenutosi nel 2010.
Il problema potrebbe essere, ad esempio, risolto intervenendo contro coloro che abusano della banda larga fissa ed
adottando la medesima strategia utilizzata dagli operatori italiani con Internet mobile: la c.d. Fair Usage Policy, che
rallenta fino a 65k coloro che creano traffico anomalo.
In tal modo, si potrebbero, almeno parzialmente, risolvere i problemi prospettati, evitando più pesanti interferenze
sull’accesso ad Internet della popolazione, garantendo magari un accesso al mondo del web senza limiti ed a costi
ragionevoli.
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